Luce ed ombra

Parte II

di CastaliaRimu



Un'imponente villa in legno massiccio e un giardino tanto grande da occupare lo spazio di un'intera palazzina, si stagliarono di fronte alla figura 
pietrificata di Lian.
"Ma quanti soldi ha questo qui?!"
Fu l'unico pensiero più o meno coerente che riuscì a formulare a confronto con quella magnificenza.
-Coraggio, entra.-
Il moro si volse vero la longilinea figura di Nicholas che lo fissava con evidente irritazione oltre il cancello appena spalancato.
Mosse con fatica la gamba rovinata, affiancandoglisi col fiatone.
Lo sguardo dell'albino si fissò sulla sua figura tremante dal dolore, osservandolo per qualche secondo.
Poi sbuffò e lo sollevò di nuovo, stavolta infilandogli un braccio sotto le ginocchia e uno dietro le spalle, stringendolo contro il petto e avviandosi con gesto lento e misurato verso la porta della villa.
Lian era così preso dal dolore che lo percorreva che non si accorse neppure di quello che gli stava accadendo.
Poco dopo si sentì appoggiare su qualcosa di fresco e morbido e perse totalmente conoscenza.

*****

Quel ragazzino era conciato davvero male.
La gamba aveva una ferita profonda, probabilmente causata da un coltello.
Aveva un labbro spaccato che stava diventando di un colore violaceo e una lacerazione a livello dello zigomo sinistro.
Nicholas si alzò in piedi e uscì dalla sua camera, dirigendosi in quella di Keith, probabilmente intento a studiare su uno di quei suoi manuali di erbe medicinali o quello che fossero.
Fece scorrere la porta a soffietto e lo vide chino sulla scrivania con un libro di anatomia e uno di genetica.
-Buonasera, Nicholas.-
Disse soltanto e l'albino richiuse la porta alle sue spalle, accomodandosi sulla sedia accanto alla sua.
-Ho una cosa da chiederti fratello. -
L'altro si volse verso di lui con gesto tranquillo.
-Lo immaginavo.Non vieni mai da me se non succede qualcosa.-
-Ho un ragazzo ferito di là in camera.Voi dargli un'occhiata?-
Keith sbarrò gli occhi verdi.
-Che hai combinato stavolta?-
Nicholas storse il naso.
-Io proprio niente. Sai bene che..-
-Non ti abbasseresti mai a una cosa del genere, lo so,lo so..Forza, andiamo.-
Il ragazzo dai corti capelli neri rimase allibito, non appena vide le condizioni in cui era il sottile ragazzino raggomitolato nelle lenzuola.
Tremava in maniera spaventosa e il tessuto bianco che lo copriva iniziava a tingersi di rosso in un paio di punti.
Gli mise una mano sulla fronte sudata.
"Scotta!"
Si voltò di scatto verso il fratello che lo fissava con la sua solita calma glaciale.
-Muoviti Nicholas, vammi a prendere le medicine che tengo nella cassettiera!-
L'altro uscì senza battere ciglio, come se il fratello gli avesse chiesto di andargli a preparare il caffè.
"Io quel ragazzo non lo capirò mai.."

………………..
Erano ormai un paio d'ore che Keith si affaccendava intorno a Lian, che non la smetteva un attimo di tremare o sudare copiosamente.
Dopo un'ultima mezz'ora di lavoro il ragazzo moro si accasciò sulla poltrona di pelle nera che dominava la camera di Nicholas, appoggiando, poi, con un profondo sospiro di stanchezza un piede al tavolino di cristallo.
-Leva quel piede da lì.-
L'albino, che ora sedeva al fianco di Lian, glielo intimò come se, in caso di disubbidienza a quell'ordine, lo avrebbe ucciso.
Keith colse l'avvertimento per niente velato e si sbrigò ad ubbidire.
"Già…il tavolino di papà.."
Pensò il moro con una fitta al cuore, dandosi dello stupido per quella sua leggerezza di comportamento.
-Come sta,ora?-
-Non saprei dire con esattezza…tutto sta in come supera questa notte. 
Speriamo che le ferite non s'infettino, altrimenti dovremo ricorrere all'ospedale..-
Keith voltò il capo verso il fratello, sollevando un sopracciglio.
-Ancora non capisco perché tu non l'abbia fatto subito, a proposito.-
L'albino scostò una ciocca di capelli umidi dalla fronte di Lian, senza sollevare lo sguardo verso il proprio interlocutore.
-Non mi fido dei dottori, dovresti saperlo Keith.-
-Hmm, sì, ancora questi discorsi paranoici…Guarda che i medici non sono tutti come..-
-Taci!Non t'azzardare ad andare avanti. Non mi piace questo discorso e non ho certo intenzione di incominciarlo per l'ennesima volta.-
I due occhi rossi dietro le lenti blu scintillarono pericolosi e taglienti come la lama di un coltello.
Il moro alzò una mano sventolandola avanti e indietro per fargli capire che non c'era stata affatto quell'intenzione, ma dalla sua bocca scappò un seccato:
-Bah!-

………………
Verso le quattro del mattino il sole iniziò ad entrare placidamente dalle finestra, dolcemente mitigato dalle tende nere come la notte.
Quella luce chiara quasi come quella della luna che si mostrava ancora in cielo accarezzò una guancia di Lian che con un piccolo sussulto delle 
palpebre, aprì gli occhi, mostrando due luccicanti pupille grigie.
"Ma..Dove…?"
Poi una lunga ciocca bianca che gli si posava lieve su un braccio gli fece prendere coscienza dell'accaduto.
Voltando il capo pulsante dal dolore, vide l'elegante figura di Nicholas appoggiata per metà su un lembo del letto, alla sua destra.
Era stato lì seduto per tutta la notte?
Non senza un piccolo sussulto mosse una mano sottile a posarsi su una delle sue in una leggera carezza, mentre un sorriso pallido si tingeva sulle sue labbra.
-Padre..-
Un sussurro che incoscientemente sortì dalle labbra dell'albino, mentre una piccola lacrima argentea sfuggiva dalle palpebre abbassate.
Lian era a dir poco allibito.
La mano gli si ritrasse dal contatto con quella dell'altro come se si fosse scottato, ma si tranquillizzò immediatamente dopo, sorridendo tristemente a quella sua dimostrazione di umanità.
Passò la carezza dalla mano al capo, mentre l'altro si risvegliava con un mugolio di disapprovazione.
"Anche tu sai piangere, dunque.."
-Buon giorno, Nicholas.-
*****

L'albino rimase immobile al suo sorriso radioso e a quella carezza tiepida e dolce che gli scorreva ritmicamente sul capo.
Si sentiva come intrappolato, incatenato a una forza che si irradiava da lui e non lo lasciava andare, anche perché, in quel momento, non era nemmeno intenzionato a liberarsi da essa.
Keith apparve in quel momento dalla soglia della porta, con un grosso termos che emanava odore di caffè e due tazze azzurre infilate in un dito.
-Finalmente ti sei svegliato, Lian!-
Il moretto sdraiato nel letto lo fissò con aria decisamente confusa, spostando lo sguardo da lui a Nicholas due o tre volte.
Alla fine aggrottò la fronte e rimase a fissarlo con aria circospetta.
Il ragazzo dagli occhi verdi rise di gusto a quella sua espressione buffissima, mettendosi alla poltrona a versare il caffè nelle tazze.
-Dato che quel cafone di mio fratello non si decide a presentarmi lo faccio io!-
Sorrise ampiamente, porgendogli una tazza azzurra che emanava una leggera scia di fumo grigiastro.
-Io sono il fratello di Nicholas, il mio nome è Keith Igraahm e mi sto specializzando in genetica dopo aver conseguito la laurea in medicina, proprio alla stessa scuola in cui state studiando voi due.-
Lian buttò giù una lunga sorsata del liquido bollente, procurandosi un piacevolissimo senso di calore lungo la gola.
-Piacere, io sono Lian Matthews. Dunque sei tu che devo ringraziare per…questo?-
E con un dito si indicò i cerotti e le fasciature che lo ricoprivano.
-Sure!Ma credo che tu debba dire grazie anche a questo qui, che ti ha portato in spalla dai giardini!-
Lian fissò lo sguardo nelle lenti blu del compagno di classe.
-Lo so. Grazie Nicholas, spero di poter ricambiare un giorno..-
E di nuovo un sorriso così radioso e dolce che l'albino si sentì un nodo allo stomaco.
-Non voglio ringraziamenti ne ricompense. La gratitudine di qualcuno non mi è affatto utile, specialmente perché quel che ho fatto è stata una mia decisone.-
Keith ridacchiò sommessamente a quella dichiarazione di altezzoso orgoglio, mentre l'altro, sempre sorridendo, rispose solo:
-Sì.-
Passarono alcune ore in cui Lian poté finalmente riposare dopo la notte tormentata che aveva passato.
I due fratelli avevano discusso parecchio sulla giustificazione da dare alla madre, o comunque alla famiglia di Matthews, considerando il fatto che per la notte non era rientrato.
Ma appena chiamarono al numero trovato sull'elenco non ricevettero altro che una risposta seccata, dicendo che non conoscevano nessun Lian Matthews.
-Dici che abbiamo sbagliato numero Nicholas?-
L'albino diede una scorsa rapida all'elenco.
-No.E' l'unico cognome presente nella lista.-
-Qui c'è qualcosa che non quadra…Vai dal nostro amico di sopra e chiedigli spiegazioni. Non voglio rischiare di trovarmi la polizia alla porta per tentato rapimento!-
-Sì..sì, vado, vado..-
Nicholas percorse con una certa punta di curiosità le scale, intenzionato ad arrivare a fondo della faccenda, indipendentemente dalle blaterazioni di suo fratello.
Batté la mano sulla porta ma nessuno rispose.
Lo fece ancora una paio di volte con colpi più energici e alla fine una voce assonnata rispose:
-Avanti..-
La porta scorse lieve sui cardini e si aprì, lasciando senza parole l'albino.
Il ragazzo che ora stava seduto nel letto, era la visione più deliziosa che avesse mai visto.
I boccoli castani erano spettinati e luccicavano di riflessi dorati sotto la tenue luce del sole che filtrava dalle tende. Gli occhi sembravano argento liquido e quella stanchezza che gli rilassava i lineamenti lo rendeva ancora più affascinante.
Nicholas si scosse.
Come poteva fare certi pensieri?!
Per un essere umano, poi! Quelli che lui aveva sempre odiato, quelli che lo temevano e lo maltrattavano semplicemente perché non era come loro.
E poi quello..era un uomo!
"Recupera la ragione, devi aver dimenticato la testa nel cassetto con le medicine balorde che ti tocca ingurgitare ogni giorno!"
Recuperata la calma(Più o meno..) si sedette sul bordo del letto accanto a Lian che non aveva abbandonato il suo sguardo per un solo attimo.
-Ho una cosa da chiederti. Ce la fai?-
Un sorriso.
-Certo.Dimmi pure !-
-Ho cercato sull'elenco telefonico assieme a mio fratello il numero di casa tua, ma mi hanno detto di non conoscerti. Altri Matthews non ce ne sono in città. Gradirei una spiegazione, non ci teniamo particolarmente a finire nei guai con chi di dovere.-
Il ragazzo castano ebbe un sussulto e i suoi occhi si fecero vacui e spenti.
-Quella era mia madre, ma mi ha cacciato di casa diverso tempo fa. Non avrete guai, lo prometto. A lei non interessa nulla di me, per lei non esisto più.-
Un risolino amaro.
-Pensa che addirittura fecero il funerale a una tomba vuota…Per i miei parenti io sono morto.-
Nicholas era allibito.
-Perché?-
Chiese solo, tenendo la voce chiara e alta. Voleva sapere di lui, di quella persona, l'unica in tutta la vita che fosse riuscita a smuovere un barlume di umanità in lui.
L'altro chinò il capo fissandosi le mani inerti lungo le gambe.
-Lian, quante volte devo ripetermi perché tu capisca le mie parole?-
E il moretto rialzò lo sguardo verso di lui, lacrime gelide e silenziose gli rigavano le guance.
Sembravano scendere senza che il proprietario se ne accorgesse, perché quando rispose la sua voce non portava traccia del pianto che vedeva.
-Quando..ero piccolo, non avevo problemi con la mia famiglia. Ero amato, stavo bene con tutti.
Avevo una sorellina di nome Alyssa, era sempre buona e gentile con tutti, ma nostro padre la odiava, perché era figlia di un altro uomo.
Papà lasciò la mamma quando io avevo dieci anni e Alyssa nove.
Lei si sentiva in colpa, credeva di essere la causa della sofferenza di tutti e, persa nel suo dolore, una volta che mamma era fuori al lavoro.. lei doveva fare gli straordinari per mantenerci tutti… Mia sorella..beh, si buttò dal balcone di casa.
Io ero in cortile che giocavo a palla con un mio amico del palazzo e sentendo il suo urlo mi precipitai a prenderla prima che toccasse terra.
Ma..ero…un bambino…come potevo…beh..le braccia e le gambe mi si ruppero per l'impatto e nonostante tutto, non potei impedirle di battere la testa sul selciato.
Morì..tra le mie braccia..mi disse.."Fratello perdonami…adesso starai meglio.."
Mia madre non mi perdonò l'averla lasciata morire in quel modo e non ci parlammo praticamente per anni…quando poi scoprì che sono gay..beh, trovò finalmente un pretesto per cacciarmi di casa.-
Nicholas non sapeva che dire. Era totalmente senza parole e i polmoni si erano come seccati.
Anche il respirare gli veniva faticoso.
Non sapendo che altro fare, gli posò una mano su un braccio e gli fece appoggiare la testa contro il petto, mentre il pianto diventava sempre più prepotente e il suo corpo sottile venne scosso dai singhiozzi.
-Perdonami, non volevo.-
La fronte dell'altro si sfregò in senso di diniego contro il suo petto, mentre passava le braccia ad allacciarsi contro la schiena dell'albino.
-Ne so qualcosa di odio, Lian…Mio padre era esattamente come me, un albino. 
Mia madre ha sempre e solo amato Keith, che è uguale a lei.
Ma si sa…quelli come noi vivono poco, dato il grado che possediamo di albinismo. Mio padre non c'è più da tanti anni.-
Nicholas prese a parlare quasi senza rendersene conto, come se quel fagotto profumato contro di lui avesse sciolto il suo cuore dopo anni di gelo e nero.
-Sai cos'è un albino, Lian?-
Altro silenzioso diniego.
-E' un essere umano che al momento della nascita ha qualcosa in meno degli altri. Il mio organismo non è in grado di metabolizzare la melanina, per questo non posso esporre la pelle al sole e gli occhi devono avere costantemente la protezione degli occhiali. Tutto in me è sottile e fragile, come dovessi spezzarmi da un momento all'altro. Ma noi abbiamo una cosa che nessuno ha, sai cos'è? Lo spirito. Noi possediamo una forza di spirito più forte di quella di chiunque altro, che ci permette di guardare la vita con una specie di serenità,nonostante tutto.-
Gli prese il mento in una mano e sollevò quelle iridi chiare nelle sue.
-Questa è una forza che, stranamente, possiedi anche tu. Per questo sei riuscito a tirare fuori umanità anche da un cuore avvizzito e secco com'è il mio, Lian.-
E, forse per la prima volta in vita sua, dopo tanti anni, sorrise.
A Lian sembrò che il cuore avesse smesso di battere, sgranando inconsciamente gli occhi fino al limite.
Nicholas gli aveva parlato di sé, aveva scoperto sé stesso per cercare di consolarlo dalla ferita che portava dentro, e che sapevano entrambi, non se ne sarebbe mai andata.
Aveva riaperto la propria per sanare la sua. Che altro poteva dire?
Si allungò verso di lui e gli posò un piccolo bacio sulle labbra, veloce e rapido come il tocco di una farfalla.
L'altro ora lo fissava serio, riacquistando la sua immensa freddezza.
Ma non c'era rabbia nel suo sguardo.
Nicholas si alzò in piedi, dirigendosi senza più voltarsi verso la porta.
-Grazie, Lian, adesso è tutto a posto. Torna a dormire, nel pomeriggio, se te la sentirai, ti riaccompagnerò a casa.-
-Sì..Grazie Nicholas..-



 

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