Rieccomi! Speravate di esservi liberate di me, vero? ^^''
Lovely
Master
parte
IV
di
Naika
Pow Lilian
Abbiamo pranzato in carrozza, visto il brutto tempo, e questo ci
ha consentito di arrivare alla nostra prossima meta con un certo anticipo.
La nostra nuova dimora per la notte è un grosso castello più
largo che alto in cui sembra vigere la legge dell’opulenza.
Il suo proprietario è un grassone viscido e servile che non ha
fatto altro che inchinarsi a Lahanna per poi fissare tutti gli altri come
insetti.
E, come se non bastasse, ha due figli che sembrano uno più scemo
dell’altro.
Sono bellocci ma non abbastanza da giustificare tutte le arie che
si danno.
Gironzolo tra i corridoi guardandomi intorno distrattamente.
Questo posto non mi piace.
In ogni angolo c’è un vaso o una statua.
Tutti i muri sono tappezzati d’arazzi.
Ogni centimetro di spazio è intasato da qualcosa e tutto
rigurgita un’esagerata quantità di particolari.
Tutta immagine e niente sostanza.
Per non parlare del gusto!
Rosso, verde, giallo, viola.
I colori sono accostati in maniera assurda.
Mi chiedo se il proprietario sia cieco o solo pazzo.
Terrificante.
Adesso me ne torno in camera!
Non che lì sia meglio, eh!
L’arredamento è parimenti orrido e l’abbinamento di colori fa
venire il mal di testa solo a guardarli!
E per di più sono da solo perchè Ludovic, come consigliere della
regina, è stato costretto a partecipare ad una noiosissima riunione indetta dal
nostro ospite per motivi che mi sfuggono.
A giudicare dall’espressione che ha fatto Lahanna, quando è stata
invitata a presenziare, sfuggono anche a lei.
Ludovic sembrava seccato.
Non è saggio seccare Ludovic.
E Lahanna lo sa.
Magari potremmo insegnarlo anche al padrone di casa.
Ridacchio tra me e me, gingillandomi con l’idea.
Se tutto va bene, l’importantissima riunione ha il solo
scopo di permettere al lumacone di vantarsi ancora.
Da quando siamo arrivati non fa altro che quello... e adulare
Lahanna, naturalmente.
Odio i tipi come lui.
“Guarda, guarda... ti sei perso piccolo mezzosangue?”
Il respiro mi si blocca in gola nell’udire quella parola, sputata
con meliflua velenosità.
Quante volte sono stato chiamato così?
Fa sempre male alla stessa maniera.
Perchè deve essere sbagliato essere diverso?
Non faccio male a nessuno.
Perchè mi guardano come se fossi uno scherzo della natura?
La mia è davvero una colpa tanto grande?
Non è comunque questo il momento di mettersi a rifletterci sopra.
Fissò Kraden, il maggiore dei figli del duca, cercando di mantenere un
espressione neutra per non mostrargli quanto le sue parole mi abbiano ferito.
“No, non mi sono perso, stavo tornando alla mia stanza” mormoro
muovendomi verso di lui, deciso ad oltrepassarlo in fretta, per rifugiarmi in
camera.
Non mi piacciono quelli come lui e suo fratello.
Da quando siamo arrivati non ha fatto altro che lanciarmi
occhiate a cui non sono riuscito a dare un significato ma che mi hanno messo
addosso uno spiacevole disagio.
Mi disprezza.
Glielo leggo chiaramente negli occhi.
Non che faccia niente per nasconderlo, naturalmente.
Ma, oltre al disprezzo c’è qualcos’altro.
Una luce viscida, ardente.
Devo andare via di qui.
E in fretta.
“Oh oh... che tono altezzoso per uno scricciolo con gli occhi
così grandi...” sussurra una voce mielosa alle mie spalle.
Non posso fare a meno di sussultare.
E quest’altro da dove spunta?
Ero così concentrato sul maggiore che non ho sentito l’altro
arrivare.
Non mi piace questa situazione, non mi piace per niente!
Ne ho uno davanti e uno dietro e tutti e due vengono verso di me.
“Hai l’aria spaventata piccolo demian...” mormora Kraden “...ma
non ne hai davvero motivo, vero Gord?”
“Vero, fratello.” risponde l’altro con tono untuoso facendosi
troppo vicino, sfiorandomi un braccio.
Rabbrividisco e mi scosto troppo in fretta, senza fare
attenzione, finendo dritto tra le braccia di Kraden.
M***a!
Dalla padella alla brace!
Ho già detto che non mi piace questa situazione?
E non mi piace come mi guardano.
C’è qualcosa di malsano nei loro occhi.
Qualcosa che mi fa sentire “sporco” per il semplice fatto di
essere vicino a loro.
“Abbiamo saputo che sei figlio di un demian della Lussuria”
sussurra Gord avvicinando il viso al mio.
Il suo alito sa di vino.
M***a!
Perchè cavolo si è informato su che tipo di demian sono?
Perchè ha sottolineato in quel modo la parola “lussuria”.
Devo trovare il modo di svignarmela, e in fretta!
Cerco di mantenere un apparenza di indifferenza facendo un cauto
passo in avanti ma la mano del maggiore cala a serrarmi il braccio, bloccandomi.
“E noi ci annoiamo tanto in queste tristi giornate di pioggia...”
mi mormora all’orecchio Kraden con tono roco, facendo scivolare l’altra mano sul
mio petto fino allo stomaco.
M***a! M***a! M***a!
Sono di “quelli”!
Quelli che credono che chi venera Lussuria sia disposto a darsi a
chiunque!
Ma non è così.
Anche noi siamo selettivi.
A volte siamo anche molto più selettivi degli umani.
E’ solo che quando cominciamo... eh bhe... Lu ne sa qualcosa.
Ah! Ma non è il momento di pensare a queste cose.
Due bifolchi come questi riuscirebbero ad eccitarmi solo se
tentassero di buttarsi da una torre di questo orrido castello!
“La.. lasciatemi andare!”
Maledizione!
Perchè la voce mi deve uscire in un pigolio proprio adesso!
Un incantesimo!
Ho bisogno di un incantesimo!
In quanto a forza fisica non ho nessuna possibilità contro di
loro, sono entrambi il doppio di me, e, all’interno del castello non possiamo
girare armati perchè è ritenuto “scortese” verso il nostro ospite, ma se
riuscissi a richiamare la bolla di luce, magari, ed ad accecarli concedendomi
così il tempo per la fuga...
“Non vuoi giocare con noi demonietto?” insinua Gord allungando
una mano verso i miei pantaloni.
Mi divincolo con forza ma la presa di Kraden è ferrea e il mio
tentativo di gridare viene bloccato sul nascere quando il maggiore dei figli del
duca mi tappa prontamente la bocca con la sua mano enorme.
E’ stringe pure.
Deficiente, mi fai male!
Cerco di mordergliela senza successo mentre gli occhi mi si
riempiono di lacrime furenti.
“Oh non aver paura piccolo, ti piacerà...” sussurra Gord
fraintendendo i miei occhi lucidi “...ti piacerà così tanto che ci supplicherai
di non smettere!” sentenzia.
Ma quando mai!
Con quel lombrichino che hai nei pantaloni non riusciresti a
soddisfare nemmeno una gallina!
Devo fare qualcosa.
Devo fare qualcosa prima che sia troppo tardi.
Kraden sta spingendo la mano dentro la mia camicia, incurante dei
bottoni che sta facendo saltare e del mio lamento di dolore quando stringe un
po’ troppo la presa per impedirmi di divincolarmi.
Il sangue comincia a pulsarmi nelle orecchie, dolorosamente.
Così non posso concentrarmi!
Non ci riesco neanche normalmente, figuriamoci in una situazione
simile!!
Gord è quasi riuscito a slacciarmi i pantaloni.
No, no, no.
Non può succedere davvero.
Non voglio!
Che razza di situazione!
Possibile che non ci sia nessuno in giro.
Neanche una guardia?
Qualcuno?
Chiunque!?
“Guarda che pelle delicata...” ansima Gord sciogliendo un altro
laccio, scoprendo un lembo della mia pelle chiara.
I pantaloni mi scivolano lungo le cosce e io sento l’aria
accarezzarmi le gambe.
Ho paura.
Non riesco a fermarli e non arriva nessuno.
Se riuscissero davvero a...
No.
Non posso permetterlo.
C’è una sola persona che ha il permesso di toccarmi.
Una sola in tutto questo maledetto mondo.
Lu...
Mi basta invocare il suo nome, sebbene solo con il pensiero, per
ritrovare la mia combattività.
Non posso permettere a questi due bifolchi di toccarmi!
Piuttosto la morte!!
Mi agito con maggior foga costringendo Kraden a raddoppiare gli
sforzi per tenermi fermo e Gord impreca sonoramente quando gli arriva un calcio
negli stinchi.
Così va bene!
Giù le mani schifosi bastardi!!
“Lasciatelo andare, vermi!”
Per un momento penso che Kraden abbia spostato la mano,
permettendomi di parlare, ma non è così.
Questa voce maliziosa e vagamente roca non è la mia.
Appartiene ad un ragazzo sottile, dalla pelle di un caldo color
dorato, inguainato in un vestito nero che sembra pennellato sul suo corpo tanto
è stretto.
I capelli nero-pece gli cadono in ciocche ribelli, fino alle
spalle, a velare due occhi gialli dalla pupilla felina.
Sussulto notando un particolare: sul capo gli spuntano due
piccole corna.
E’ un demone!
E un demone di discreto rango, per di più, a giudicare dall’aura
nera che lo avvolge come fumo senziente.
Che cosa ci fa un demone qui?
Chi l’ha chiamato?
“Il vostro comportamento non può essere perdonato!”
Una nuova voce, dolce, melodiosa.
Questa appartiene ad un ragazzo alto, muscoloso, con l’aria da
paladino ma l’espressione innocente di un bambino.
I corti capelli biondo cenere, i grandi occhi azzurro cielo e
l’ampia veste di un candore quasi accecante lo identificano, senza ombra di
dubbio, come un dio.
E a giudicare dal suo lungo scettro dorato e dall’alone
iridescente che lo avvolge si tratta di un dio dal potere considerevole.
Prima un demone e ora un dio?
Kraden e Gord sembrano stupiti quanto me.
Forse più di me.
Meglio approfittarne.
Rifilo un deciso pestone sul piede del mio aguzzino, con il
tallone, e questi sussulta, lasciando finalmente la presa.
Guizzo veloce lontano da lui appoggiandomi pesantemente al muro
quando mi accorgo che le gambe mi reggono a fatica.
Noto distrattamente che rischio di inciampare nei pantaloni.
Li tiro su alla bell’e meglio, tenendoli con una mano mentre un
lieve tremito comincia a scuotermi tutto il corpo.
Non posso lasciarmi andare allo shock, non ancora.
Devo uscire da questa situazione, chiudermi la porta della camera
da letto alle spalle, a doppia mandata e poi, al massimo, crollo.
“La violenza non è mai la soluzione” mormora il dio fissandomi
con lieve rimprovero prima di voltarsi verso i due duchi e puntare contro di
loro il lungo scettro dorato “Tuttavia il vostro comportamento non può essere
perdonato!” sancisce.
“Bla, bla, bla...” sbotta il demone, facendogli il verso con un
ghigno sul volto attraente “Facciamoli a pezzi e finiamola!” dice estraendo dal
nulla una lunga sciabola dalla lama rosso sangue.
Kraden e Gord sono ancora lì, imbambolati, con la bocca
spalancata come pesci scaraventati fuori dall’acqua.
A quanto pare sono sotto shock.
Più sotto shock di me, comunque.
“Privare della vita questi uomini, per quanto deprecabili siano
le loro azioni, va contro...” comincia il dio bloccandosi quando l’altro emette
un suono disgustato, vagamente osceno.
“Preferirei che ti esprimessi in modo più consono Yorak!!” sbotta
il biondo fissando la sua nemesi.
“Sei una palla Xanael!” ringhia Yorak, prima di fare una cosa che
mi lascia di stucco: con un balzo felino vola tra le braccia del dio
avvinghiandogli le braccia al collo e le gambe ai fianchi.
“Dovresti imparare ad essere meno rigido.” gli soffia con occhi
roventi “A parte qui...” miagola strofinandosi contro il suo basso ventre
“...questa è una parte del corpo che preferisco rigida” sussurra malizioso.
Xanael diventa prima rosso, poi verde e infine di un indefinito
colore, miscuglio dei due, cominciando a fumare come un vulcano prossimo
all’esplosione.
“Yorak!” ansima lottando forsennatamente con l’altro nel
tentativo di staccarselo di dosso.
La sua espressione è così comicamente imbarazzata che per un
momento ridacchio, dimentico di tutto.
“Ma tu guarda e io che sono corso qui, preoccupato per te...”
Conosco
questa voce sensualmente profonda.
E' la sua
voce.
Mi volto di scatto e mi trovo ad affondare lo sguardo nelle iridi
argento di Ludovic, negligentemente appoggiato contro il muro, a qualche metro
da noi.
Non l’ho visto arrivare!
E a quanto pare nemmeno gli altri.
Kraden e Gord sono ancora due statue di sale.
In compenso anche Yorak e Xanael ora sono leggermente pallidi.
Ma a me non importa più di loro.
Non mi importa più di niente.
Ludovic mi sta guardando.
E i suoi occhi scivolano su di me in un’attenta carezza sfiorando
il segno lasciato dalla mano di Kraden, sul mio viso, quando mi ha serrato le
guance per impedirmi di urlare, scendendo sulla camicia sgualcita e strappata,
fermandosi sui pantaloni slacciati che reggo maldestramente.
E io mi rendo completamente conto di quello che sarebbe potuto
accadere.
Non che non lo sapessi anche qualche istante fa ma ero troppo
impegnato a cercare di liberarmi, prima, e troppo sorpreso dalla comparsa di due
esseri celesti, dopo, per fermarmi a rifletterci sopra.
Invece ora... mentre lo sguardo di Ludovic diventa sempre più
scuro, la paura, l’angoscia, la vergogna, la rabbia, l’impotenza tornano a
travolgermi come un fiume in piena.
Senza nemmeno rendermene conto mi getto tra le braccia del mio
sposo e scoppio in singhiozzi violenti.
Pow Ludovic
Lilian piange.
Piange contro il mio petto, tremando, il respiro spezzato dai
singhiozzi.
Lo stringo forte a me chiamando piano il suo nome,
accarezzandogli la schiena con dolcezza, cullandolo.
Avverto i suoi sentimenti riversarsi nelle sue lacrime mentre lo
prendo in braccio, avvolgendolo nel mio mantello come ho fatto solo poche ore fa
nella carrozza.
“Lord Ludovic...”
La voce di Xanael è esitante, spaventata.
Lo fisso per un istante e lui abbassa il capo in fretta, incapace
di sostenere il mio sguardo.
“Non è... non è successo niente, siamo arrivati in tempo!!”
borbotta Yorak ma la sua voce non suona arrogante come avrebbe voluto e, quando
sposto lo sguardo su di lui, fa un passo indietro, impallidendo.
“In tempo?” chiedo con gelida calma.
Xanael rabbrividisce stringendo lo scettro dorato fino a far
sbiancare le nocche “Lord Ludovic...” tenta nuovamente ma io non lo lascio
finire.
Sapevo che Dei e Demoni avevano preso le loro precauzioni.
Seppure senza esserne a conoscenza Lilian ha, dal giorno del mio
annuncio al Regno Celeste, due invisibili guardie del corpo.
La cosa non mi dispiaceva.
Quando io e Lilian siamo insieme si ritirano, quando è da solo
vegliano su di lui al posto mio.
Contavo, seppure non completamente, sulla loro protezione.
Ma
dov’erano loro quando questi due rifiuti hanno allungato le mani sul mio sposo?
“In tempo?” ripeto mentre dentro di me la rabbia monta, ruggendo
“Se aveste fatto in tempo” ringhio “Lilian non starebbe piangendo!”
“Lord Lud...”
Pow Lilian
“Lord Lud...”
La voce di Xanael si spegne a metà, candendo nel silenzio.
Uno strano, assoluto, silenzio.
E’ piacevole.
E’ come essere avvolti in un grande bozzolo protettivo.
C’è un bel tepore.
E io sto bene accoccolato contro il petto di Ludovic.
Mi sento al sicuro.
E anche un po’ insonnolito.
Piangere mi ha permesso di sfogarmi e ora mi sento meglio ma sono
anche stanco.
Vorrei solo addormentarmi e dimenticare tutto.
Cancellare questa giornata, questo luogo e i suoi brutti ricordi.
Sì, vorrei cancellare tutto.
Lu continua ad accarezzarmi e a chiamare piano il mio nome.
La sua voce è così calda e dolce in questa crisalide di silenzio,
e sembra così preoccupata.
“Sto bene.” soffio contro il suo petto, strofinando la guancia
contro la sua camicia, in cerca di coccole.
“Sto bene, adesso” ripeto piano prima di sollevare il capo e
fissarlo.
Resto senza fiato.
Quello che mi tiene tra le braccia non è Ludovic.
O meglio, è Ludovic, ma nella sua vera forma.
“Lu...?” mormoro piano, la gola improvvisamente secca, gli occhi
sgranati.
Perchè ha ripreso il suo aspetto originario?
Non mi aveva detto, una volta, che questo mondo non può sostenere
la sua Essenza in forma pura?
La
consapevolezza di ciò che è appena accaduto mi colpisce come una secchiata di
acqua gelida.
Oh ca**o!
No...
calma... non può averlo fatto davvero, giusto?
Sì, insomma
era arrabbiato ma...
Ho quasi
paura di controllare.
Mi stacco leggermente da lui, guardandomi attorno cautamente.
E’ buio.
Un buio diverso da quello notturno.
Un buio assoluto, totale, abissale.
Lontano, ad una distanza che non riesco a calcolare, in quello
che potrebbe essere il cielo, come la terra, in questo Nulla privo di qualsiasi
punto di riferimento, brilla un enorme massa iridescente che vortica su se
stessa, lentamente, sparpagliando schegge incandescenti e firmamenti di
scintille attorno a se.
Ma a parte la grande nebulosa di luce... non c’è niente.
Ne sopra, ne sotto, ne attorno a noi.
Siamo sospesi nel Vuoto.
Dov’è finito il pavimento?
Dov’è finito il castello?!
E il paese?!?
E IL NOSTRO PIANETA?!?!?
“Lu...” gracchio, voltandomi con lentezza incredula a fissarlo.
“Lu...” ansimo piano osservando con occhi enormi il calmo, dolce,
sorriso che gli incurva le labbra “...che cosa hai fatto?”
continua...
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