Disclaimers: santa sunrise, uso i tuoi bimbi senza scopo di lucro, don’t worry

Note:  la dedico a choco, hana e a tutte le serate passate a fare le sceme guardando GW rendendoci conto ke è una serie yaoi =PPP


Love is rough!

Mission I

di Alexiel


 

***Fly me to the moon

And let me play among the stars***

[frank sinatra]

 

 

Un tiepido raggio del sole primaverile di giugno attraversò il vetro e le leggere tende di lino, andando ad accarezzare il volto del ragazzo addormentato, che strinse gli occhi infastidito. Appoggiò l’avambraccio sul viso per schermare la luce indesiderata, per poi voltarsi verso il calore irradiato dal corpo disteso accanto al suo.

Morbidi boccoli biondi incorniciavano un viso da bambino, bellissimo, dai lineamenti delicati, cesellati perfettamente come scolpiti da un maestro dal talento indiscusso. La bocca era semichiusa e lasciava passare l’aria con una cadenza regolare quanto il ritmico sollevarsi del petto.

Tutto in Quatre era musicale, persino il leggero russare quando si addormentava a pancia in su… Trowa si sporse verso quell’angelo e gli passò delicatamente l’indice sulla gota rosata, poi si piegò per svegliarlo nella sua maniera preferita. La lingua di Trowa sporse appena andando ad inumidire le labbra di Quatre, che si mosse, non ancora completamente cosciente. Quando il bacio si fece più esigente, il giovane pilota arabo aprì gli occhi assonnati e si ritrovò perso in due pozze verde sottobosco.

Riabbassò le palpebre, godendosi il momento e ricambiando il bacio, avvolgendo delicatamente le braccia attorno al collo di Trowa, che si adagiò accanto al biondino, senza mostrare la benchè minima intenzione di interrompere il contatto con quella bocca sensualmente umida e calda.

Alla fine Trowa si staccò da quel corpo che era diventato come una droga per lui.

 

-Buongiorno amore… sei delizioso stamattina.-

 

Quatre ridacchiò arrossendo per il complimento e si rannicchiò tra le braccia dell’alto pilota castano, che se lo strinse contro con tenerezza, strofinando il naso contro i capelli profumati e soffici come zucchero filato.

 

*()---*---()*

 

Un’altra stanza, un’altra coppia.

Respiri appesantiti dal desiderio e dalla passione riempivano l’aria, già viziata dall’odore di sesso e sudore.

Corpi nervosi e snelli avvinghiati l’uno all’altro e urla silenziose soffocate da baci aggressivi che chiedevano di più, e di più.

 

-Dio, Heero… uhnn…-

 

Duo era una visione: il corpo color ambra imperlato di sudore, gli occhi indaco semichiusi e lucidi per il piacere, il labbro inferiore imprigionato tra gli incisivi, le braccia abbandonate ai lati del bel viso a forma di cuore che ancora non aveva perso le rotondità fanciullesche e il corpo curvato come un sottile arco elfico, tanto era il piacere che la bocca golosa di Heero gli stava offrendo.

Il ragazzo giapponese torturò con studiata lentezza la punta del sesso di Duo, sfiorandola appena con la lingua.

 

-Sei mio, Maxwell… solo mio!-, disse, prima di inghiottirlo completamente, come se volesse assorbirlo, assorbire il suo corpo, il suo essere, la sua anima.

 

-Si.. tuo.. tutto quello che vuoi amore mio…-, sussurrò Duo impercettibilmente, mentre sentiva l’orgasmo pervaderlo dalla punta dei piedi fino al cranio, per poi confluire con potenza inaudita nel bacino ed esplodere nel preciso istante in cui Heero spostò il viso dall’inguine del suo amante.

Il respiro del ragazzino con la treccia era affannoso e rauco, ma sazio.

Heero però non era soddisfatto.

Sollevò Duo tra le braccia e lo portò nel bagno adiacente la loro stanza, entrando col suo leggero fardello nel box doccia; aprì il rubinetto dell’acqua e lasciò che Duo scivolasse dalle sue braccia, fino a toccare la porcellana con le piante dei piedi. Lo fece voltare e appoggiò le proprie mani ai lati della testa del longilineo pilota americano, spostò la treccia e gli morse la nuca, poi scese con le dita per prepararlo ad essere accolto.

 

-Dimmi che mi vuoi, Duo.-, sussurrò con voce roca all’orecchio del ragazzo.

 

Lacrime bollenti rigavano le guance del fanciullo dagli occhi violetti, che però si lasciò andare e sospirò, la guancia accaldata appoggiata alle piastrelle gelide.

 

-Ti.. uh.. ti voglio..-

 

-Dove mi vuoi?-

 

Duo singhiozzò e cercò di abituarsi alle spinte poco delicate delle dita lunghe e forti di Heero.

 

-Dentro di me, Heero… ti voglio dentro di me…-

 

Heero fece come gli era stato detto e scivolò dentro l’amante, mordendogli la pelle delicata delle spalle e del collo e schiacciandolo contro la parete della doccia fino a raggiungere un orgasmo appagante e… silenzioso.

 

*()---*---()*

 

Chang Wufei emerse da sotto una mezza tonnellata di lenzuola e coperte, sistemandosi i lunghi, liscissimi capelli corvini dietro agli orecchi con un aristocratico gesto delle dita agili. Passò i palmi delle mani sul petto nudo e si stiracchiò come un grosso gatto siamese, emettendo suoni simili a fusa dalle profondità della gola.

Infine strofinò i sottili occhi a mandorla con le nocche, prima di alzarsi e dirigersi in bagno per la doccia mattutina.

Quando Quatre bussò alla sua porta per avvertirlo che era ora di colazione, Wufei stava leggendo un grosso libro scritto in eleganti caratteri cinesi, gli occhiali dalla sottile montatura nera appoggiati al ponte del nasino un po’schiacciato, un perfetto triangolino di creta finemente scolpito in un viso perfetto.

 

-Xiexie, Quatre… vi raggiungo tra un attimo-, rispose il cinesino con voce nasale.

Infilò una canottiera, le ciabattine di seta nera e uscì dalla sua stanza, non senza aver prima rassettato il letto ed aver aperto l’alta finestra per far cambiare l’aria.

 

Gli altri piloti erano già seduti a tavola: Heero sorseggiava il suo caffè, nero come il suo umore; Duo chiacchierava allegramente con Quatre sgranocchiando biscotti al cioccolato: aveva un grosso livido violaceo sul polso e ogni tanto tirava giù la manica per coprirlo, sperando che nessuno lo notasse.

Quatre era luminoso e dolce come al solito, in sua presenza chiunque si sentiva sereno, soprattutto il cupo Trowa, che versò del profumato the al gelsomino in una tazza e lo porse a Wufei con un educato cenno del capo.

 

-Buongiorno Wufei, ben svegliato-, lo apostrofò il pilota dell’Heavyarms con la sua voce di miele.

 

Wufei sorrise e fece un grazioso inchino, piegandosi all’altezza del bacino e portandosi la mano sul cuore, prima di accettare la tazza che gli veniva offerta e sedersi insieme agli altri.

Quatre rivolse il viso color avorio verso il sole che bagnava con la sua luce di tiepida primavera tutto il salone e sorrise, chiudendo gli occhi e perdendosi per un attimo nei suoi pensieri, dopodichè fece un grandissimo sorriso e battè le mani:

 

-Ragazzi! Ho un’idea… perchè oggi pomeriggio non ce ne andiamo da qualche parte tutti insieme, dato che è così una bella giornata e i nostri Gundam sono al controllo meccanico? Non avremo da fare almeno per un paio di giorni, organizziamo una gita o qualcosa del genere!! Andiamo al Luna Park!!!-

 

Gli occhi di Trowa si riempirono di tenerezza: solo Quatre con la sua innocenza e gentilezza riusciva a far illuminare il viso del silenzioso adolescente. Il ragazzo gli accarezzò una mano e sussurrò:

 

-Perché no?-

 

Duo era esaltatissimo. Abbracciò Quatre e gli stampò un rumoroso bacio sulla guancia… solo Wufei si accorse della smorfia infastidita di Heero a quel gesto di puro affetto.

 

-Sì, sì, definitivamente SI’!!!! Ti adoro signorino Winner!!!-  

 

Wufei sorrise con accondiscendenza… pensò che in fondo erano ancora tutti dei bambini che avevano bisogno di un tutore per evitare di cacciarsi nei guai. Chi meglio di lui, nobile letterato di un’antica dinastia cinese, avrebbe potuto assolvere quel gravoso compito?

Così decise di organizzare l’uscita, spedendo tutti i compagni a vestirsi e dettando un orario preciso, avvertendo Rashid di preparare la macchina.

Se a sistemare le cose era Chang Wufei, tutti si sentivano tranquilli.

 

*()---*---()*

 

Alle undici in punto i cinque ragazzini erano pronti all’entrata della grande tenuta Winner. Heero era ombroso e silenzioso… non amava i posti rumorosi ed affollati, ma Duo aveva insistito tanto, sciorinando al seccato giapponesino tutti i benefici di un giro al Luna Park insieme ai loro *unici* amici.

Così il moretto si era infilato un paio di jeans sbiaditi e una magliettina aderente scollata a V, che metteva in evidenza i pettorali e i bei bicipiti tonici e sviluppati. Duo invece si era strizzato in un paio di jeans neri svasati, abbinandoli ad una camicia immacolata di leggerissima garza. Prima di uscire dalla stanza Heero lo aveva spinto contro la pesante porta di legno, soffocandolo con un bacio infuocato, mentre le forti mani callose vagavano fameliche sotto la camicia inconsistente.

 

-Il primo che ti poggia gli occhi addosso si ritrova con una pallottola nel cranio. Tu sei solo *MIO*, chiaro?-

 

Duo riprese un po’ di fiato dopo quel bacio devastante e appoggiò la fronte velata di sudore a quella di Heero, sfiorandogli le labbra col tocco delicato di un dito.

 

-Lascia che mi guardino, Heero… io amo solo te… tu sei la mia vita e degli altri non mi importa un fico secco.-

 

Heero bofonchiò ‘ti conviene’, poi afferrò rudemente il polso del compagno e se lo tirò dietro, senza fare caso ai lamenti sommessi di Duo.

 

Quatre sprizzava gioia da tutti i pori, il colorito luminoso messo in evidenza dalla polo rosa chiaro e dai pantaloni bianchi oversize che lo facevano sembrare ancora più piccolo. Trowa invece sembrava appena uscito da una rivista di moda maschile, fasciato in un paio di pantaloni di pelle nera a vita bassa sovrastati da una camicia a maniche corte di cotone stropicciato bordeaux che palesava in maniera quasi indecente la corda muscolosa della sua schiena. Quatre lo guardava ammirato cercando di non farsi notare troppo, ma senza riuscirci, suscitando l’ilarità negli altri piloti.

Alla fine arrivò Wufei, con le chiavi della jeep che tintinnavano tra le dita sottili.

Il cinesino era imprigionato in un aderentissimo completo di jeans blu scuro, pantaloni e casacchina con scollo alla coreana, abbottonata da alamari di seta rossa.

I cinque piloti salirono sulla grossa jeep di Rashid, e partirono alla volta del parco, rallegrati (per così dire) dalle sciocche canzoni che Duo e Quatre si divertivano a storpiare e stonare.

Alla fine, tra urla e pistole puntate alla tempia, i ragazzini giunsero alla loro meta e cominciarono a girare in gruppo, poi pian piano si divisero.

Trowa viziò schifosamente Quatre, comprandogli tutta una serie di dolciumi: mele caramellate, cioccolata alle mandorle, zucchero filato. Si fecero le foto adesive, si nascosero in ogni angolo a baciarsi, finchè gli altri li persero di vista.

Wufei si fermava ad ogni baracchino di tirassegno, collezionando tutta una serie di peluches con i quali alla fine della giornata seppellì il povero Quatre che non riuscì a dire di no alla gentilezza dell’amico!

Anche Duo ed Heero si allontanarono insieme… Duo voleva salire su tutte le giostre: le luci, la musica lo facevano eccitare e si sentiva finalmente come un ragazzo della sua età… per qualche ora stava riuscendo a lasciarsi alle spalle tutto lo schifo della guerra, degli imbrogli governativi, tutto il lerciume che quella situazione aveva portato con sé.

Per un giorno era tornato un bambino spensierato ed allegro, gli occhi splendenti come ametiste e il sorriso stampato sul bel viso a forma di cuore.

Ma Heero non aveva una grande pazienza.

Dopo aver seguito il compagno sulle montagne russe e sugli autoscontri, cominciò a brontolare, dicendo che a lui quelle cose non interessavano, che il suo unico divertimento era infrangere la barriera del suono con il Wing e infilare bombe nelle fortezze di OZ.

Duo inizialmente aveva messo sul ridere l’atteggiamento indifferente e insofferente di Heero, ma si stava pian piano snervando.

Finchè non ne potè più, afferrò Heero per un braccio e lo portò lontano dalla folla per dirgliene quattro.

 

-Senti Heero… posso capire che tu sia un soldato scrupoloso, ma per l’amor di dio, cerca di divertirti!! Cavolo, almeno oggi… cosa ti costa? Non devi farlo per me, ma per te stesso… stacca un po’, getta la maschera da soldatino perfetto… non sei mica un automa!!!-

 

Poi sul suo viso si disegnò un sorriso dolcissimo, che prese il posto del  precedente cipiglio… non era da Duo rimanere arrabbiato per più di un paio di minuti.

 

-Scusa amore, non volevo aggredirti così… però mi dispiace vedere che non riesci a rilassarti nemmeno oggi che abbiamo deciso di prenderci una vacanza…-

 

Così dicendo si sporse per posargli un bacio leggero sulle labbra, ma Heero lo spinse con prepotenza e gli afferrò gli avambracci con una forza tale che Duo sentì le ossa scricchiolare.

 

-Io non ho *deciso* proprio niente.-

 

La voce di Heero era fredda e tagliente. La voce di un assassino. La voce di un terrorista.

 

-Qui non siamo alle colonie estive: c’è una guerra in corso se non te ne fossi accorto. Io non ho bisogno di rilassarmi con queste stronzate da mocciosi. Io mi rilasso quando vengo dentro di te, quando ti sbatto fino a farti urlare. E adesso ce ne andiamo, torniamo alla base, prendiamo i nostri Gundam e organizziamo qualcosa di serio in attesa di ordini dal Dottor J. Chiaro?-

 

Duo guardò il ragazzo che amava sopra ogni altra cosa, persino più di se stesso, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata  per l’orrore.

Heero era sempre stato abbastanza aggressivo con lui, ma credeva che al di là dei modi un po’ grezzi ci fosse un sentimento sincero nel cuore del ragazzo.

Invece ora, quelle parole vomitate in faccia con astio e rancore significavano che lui per Heero altro non era che un antistress, un bambolotto da usare quando aveva voglia di distrarsi.

Sentì il naso pungere e gli occhi riempirsi di lacrime… non poteva credere a quelle parole terribili! Quello non era il *suo* Heero, la persona che gli aveva fatto perdere la testa dal primo momento in cui gli aveva posato gli occhi addosso… la persona con cui divideva la stanza e il letto da mesi ormai… la persona che gli copriva le spalle in battaglia, la persona con cui sognava di tornare sulle colonie a guerra finita…

Heero gli aveva fatto vedere uno spiraglio di speranza nel domani… lo aveva mostrato a lui, a un orfano senza passato né futuro… e adesso si stava rimangiando tutto, si stava riprendendo tutte le speranze a cui Duo si era appigliato con tanta veemenza…

 

-No, Heero… io non vengo da nessuna parte con te.-

 

Heero ruggì, aggrottando ferocemente le sopracciglia:

 

-Maxwell non scherzare. Tu fai quello che ti dico io senza discutere.-

 

Duo, trattenendo strenuamente le lacrime, si impettì, voltò le spalle ad Heero e si allontanò dignitosamente.

 

Il giapponese, stizzito ed irritato oltre ogni dire, tirò un calcio alla staccionata presso la quale si erano fermati a discutere spaccando il palo di legno massiccio in milioni di schegge e se ne andò senza profferire una parola.

 

*()---*---()*

 

Duo pianse tutte le sue lacrime tra le braccia di Quatre, che guardava impotente ora la testa castana dell’amico, ora il viso rassicurante di Trowa, seduto sulla poltrona accanto a loro.

Quando erano tornati a casa il Wing era sparito e così il suo pilota.

Wufei aveva consolato e coccolato l’amico a modo suo, con un pittoresco stile tutto orientale, sciorinando perle di saggezza che avevano distratto Duo per un po’, ma non lo avevano aiutato molto ad uscire dalla depressione in cui era caduto. Nemmeno gli abbracci rassicuranti del cinesino e le sue carezze impacciate avevano sortito effetti positivi e Wufei aveva deciso di andarsene per un po’ con Nataku, lasciando la situazione nelle mani sicuramente molto più abili del sensibile Quatre, dal momento che lui, in quella situazione, non era di alcuna utilità.

E Wufei *odiava* sentirsi inutile.

Così, dopo aver trafficato un po’ con la mappa satellitare, il ragazzino dai capelli d’ebano rintracciò il nascondiglio del suo più acerrimo nemico: Treize Kushrenada, il giovane, aristocratico, elegante e seducente generale delle truppe di OZ.

Il suo nemico giurato… già: lo odiava.

Avrebbe voluto vederlo morto, stramazzato in un lago del suo stesso sangue, con la gola tagliata dalla sua spada!

Avrebbe voluto calpestarlo con Nataku fino a ridurlo in poltiglia.

Avrebbe voluto darlo alle fiamme con il suo cannone di fuoco.

Avrebbe voluto mettergli una bomba sotto il letto e farlo saltare in aria.

E invece…

Invece ogni volta che lo incontrava non riusciva a non rimanere incantato dai suoi modi, dalla sua raffinatezza, dalla classe che emanava ad ogni movimento e con ogni parola.

E non riusciva ad ucciderlo.

Wufei non si sentiva *degno* di un nemico come Kushrenada.

Lo odiava e lo rispettava e per colpa di questo ossimoro sentimentale ogni volta che si trovava al suo cospetto, scappava.

Si faceva battere come un cadetto e scappava, dovendo inoltre subire l’umiliazione estrema di avere salva la vita grazie alla magnanimità del nobiluomo.

E anche stavolta sarebbe andata così… solo che stavolta Wufei non cercava il duello. La prossima volta che avrebbe affrontato Kushrenada sarebbe stato per batterlo e adesso non era ancora pronto, né fisicamente, né psicologicamente.

Quella sera cercava la base del potente generale di OZ per lasciargli, diciamo così, un cadeau.

Una lettera di sfida scritta in perfetta calligrafia, ampi svolazzi alle maiuscole, inchiostro carminio… legata al collo di un piccolo draghetto di peluche che il ragazzino aveva vinto durante il pomeriggio al parco.

Wufei voleva sfidare se stesso e l’impianto di sicurezza della villa di Treize, entrare in camera del generalissimo e lasciare il suo omaggio sul cuscino dell’uomo. La cosa lo stuzzicava fino all’inverosimile… se riusciva a trovare il modo, sarebbe anche rimasto all’interno della stanza per godersi l’espressione di Kushrenada quando si fosse accorto del suo scherzetto!!

Già immaginava gli aristocratici lineamenti incupirsi, il viso sempre pacato assumere i toni crèmisi dell’ira… Wufei pregustava quel momento come fosse un banchetto.

Così nascose Nataku tra le rocce calcaree delle colline che circondavano Villa Kushrenada, scese dall’abitacolo con grazia felina e corse in mezzo al bosco senza sollevare nemmeno una foglia, leggero come un fantasma.

Scavalcò le mura calcolando le distanze degli infrarossi con precisione certosina e stando attento all’orario di cambio della guardia… quel maledetto volpone aveva un apparato di sicurezza oltremodo degno di tale nome!

Ma Wufei era impeccabile, perfetto e furbo. Pignolo e organizzato, quindi il suo piano andò a buon fine, tanto che nel giro di mezz’ora il ragazzino si trovò accucciato sul balcone barocco della camera di Treize.

L’interno della ricca stanza era deserto, non un rumore, non una presenza.

Wufei entrò furtivamente e individuò il letto: un maestoso baldacchino drappeggiato di broccato blu oltremare che riprendeva le damascature del copriletto, mollemente poggiato su lenzuola di splendida seta color crema.

Wufei strabuzzò gli occhi e rimase a bocca aperta per la meraviglia, ma si riprese subito dalla sua trance. Si avvicinò a quell’opera d’arte e appoggiò il suo giocattolo sul cuscino, non resistendo alla tentazione di accarezzare la stoffa morbida, che emanava un intossicante profumo di rose.

 

-Buonasera, giovane Dragone… sono lusingato che siate venuto a farmi visita sprecando per me un po’ del vostro preziosissimo tempo…-

 

Wufei trasalì al suono della voce stillante miele alle sue spalle. Si voltò con gli occhi spalancati che alla vista di Treize si spalancarono, se possibile, ancora di più: il generale era appena uscito dal bagno, il corpo adulto, perfettamente strutturato, muscoloso, senza nemmeno un grammo di grasso e arrossato per il calore della doccia era avvolto in uno striminzito asciugamano celeste chiarissimo che gli copriva *a malapena* i fianchi.

A Wufei venne un’irresistibile voglia di sprofondare.

 

*TSUZUKU*






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