Lost Angels

Parte III - A dream in the Future (Chocolat as Quentin Tarantino)

di Chocolat

Lee si svegliò all'improvviso, spalancando gli occhi ma senza muovere un muscolo.
Il suo corpo era bloccato in un groviglio di dolore e paura, i suoi muscoli tesi in un unico, spasmodico nodo.
Gli ci volle qualche attimo prima di realizzare che era al sicuro nel suo letto, nella sua stanza, in casa di suo padre... E molti, molti anni dopo gli eventi che aveva appena sognato.
Realizzò di stare stringendo una persona tra le braccia: la schiena di qualcuno era appoggiata al suo torace... Non una donna, però... Indossava un pigiama...
Ah, si...
Il *piccolo* Jin.
Lee sospirò pesantemente.
Il ragazzo era andato da lui quella notte... Era davvero sconvolto.
Gli aveva raccontato di aver avuto un incubo; piangeva, tremando così forte che era riuscito a malapena a parlare, per chiedergli se avrebbe potuto rimanere con lui per un po'.
A Lee sembrava di avere il cuore trafitto da un pugnale, ogni volta che vedeva Jin in quello stato... Il che accadeva abbastanza di frequente.
Lee aveva deciso di lavorare a Hong Kong, per la sede locale del Mishima Zaibatsu. Era letteralmente *scappato* da Tokyo: c'erano troppi ricordi tristi in quella città, in quella casa... E, ogni volta che si trovava a guardare negli occhi di Heihachi, non poteva fare a meno di ricordare.
Nonostante tutta la gratitudine, tutto l'affetto che poteva provare per l'uomo che aveva amato sua madre così tanto, accogliendolo come un vero figlio, non avrebbe mai potuto dimenticare quello che aveva fatto a Kazuya... E a lui stesso.
Non avrebbe mai potuto perdonarlo... *mai*.
In ogni caso, Lee cercava di tornare a Tokyo ogni volta che poteva, da quando Jin era apparso nella loro vita...
...Jin. Il figlio di Kazuya. L'unica ragione per cui Lee era riuscito a trovare la forza di andare avanti, dopo la morte di suo fratello.
Sapeva che Jun era incinta... Aveva rispettato il desiderio di lei, non dicendo mai una parola ad Heihachi riguardo alla gravidanza.
Quando suo padre comunque lo scoprì, si era rifiutato di rivelargli il luogo dove la ragazza si stava nascondendo; sapeva che se Heihahci avesse voluto l'avrebbe trovata facilmente, ma forse nel cuore dell'uomo c'era, dopotutto, un briciolo di umanità, dato che aveva deciso di lasciarla in pace.
Lee aveva sempre desiderato di poter conoscere il bambino, un giorno. Solo, avrebbe preferito incontrarlo in altre circostanze...
E adesso il *piccolo* Jin era lì con lui, dormiva tra le sue braccia come un bimbo indifeso.
Aveva già quasi diciannove anni ed era più alto di lui, con uno splendido corpo muscoloso ed un viso così simile e, al tempo stesso, così diverso da quello di Kazuya, con gli occhi scuri più grandi ed espressivi... Un uomo fatto, da un punto di vista fisico, con un'anima da cucciolo solo e spaventato.
Quasi come lui... Un vecchio ragazzo di quarantacinque anni che viveva ancora nei ricordi della sua fanciullezza tranquilla e dell'adolescenza dolce_amara... E di quegli ultimi, convulsi, angoscianti giorni che avevano preceduto la morte di suo fratello.
Nonostante tutto quello che aveva passato, Lee sembrava ancora un ragazzino, anche se il suo viso aveva guadagnato la classica aria vissuta ed i suoi occhi non ridevano più...
...E soffriva di incubi, anche lui come Jin.
Dopo tutti quegli anni, continuava a sognare di quel giorno... Qualche volta.
Cercò di rilassarsi, allentando un poco la stretta intorno al corpo di Jin.
'Divertente... E' venuto da me perché lo consolassi, mentre sono io quello che ha più bisogno di conforto...'
Jin si lamentò impercettibilmente nel sonno, ma senza agitarsi; Lee si sollevò su un gomito per guardare in ragazzo in faccia: aveva un'espressione pacifica, totalmente rilassata.
'Ok, è a posto... Magari riuscirà a dormire tranquillo per il resto della notte, stavolta...'
Lee sorrise tra se e se. Jin sembrava nutrire davvero tanta fiducia nei suoi confronti e gli piaceva stare in sua compagnia.
Anche lui avrebbe voluto passare più tempo con il ragazzo... Ma gli era così *dannatamente* doloroso...
Jin gli ricordava *troppo* Kazuya. Lo faceva pensare a come sarebbero potute andare le cose, se solo suo fratello fosse stato un poco diverso... Un po' più simile a suo figlio...
E poi... Poi, Jin gli chiedeva spesso di suo padre. Ovviamente. E Lee proprio non se la sentiva di parlare di Kazuya... Cosa avrebbe potuto dirgli? Che suo padre era diventato una specie... Una specie di demone dagli occhi rossi, le gambe pelose e due ali da pipistrello?!? Poteva forse dirgli che suo nonno aveva ucciso il suo stesso figlio, o forse che la strana creatura che aveva messo sottosopra tutta la sua vita e ucciso sua madre aveva di sicuro qualcosa a che fare con lo strano potere di Kazuya?!?
No... Sarebbe stato troppo... Troppo *assurdo*.
Jin non gli avrebbe neppure creduto, comunque...
E così, Lee aveva continuato a passare la maggior parte del suo tempo a Hong Kong, anche se questo lo faceva sentire terribilmente in colpa... Sapeva che Jin aveva bisogno di lui.
Quel ragazzo era così solo... Heihachi per fortuna non lo trattava male, ma certamente non era il più amorevole dei nonni; e non era che Jin avesse molti amici: Lee lo sapeva bene che era oltremodo difficile farsi della amicizie, quando ci si trovava nella posizione di un giovane rampollo miliardario membro della famiglia più importante del Giappone... Di una delle più importanti dell'intero mondo, al momento.
Era stato facile affezionarsi a Jin... Aveva un carattere dolce e tranquillo, forse anche un po' timido; le arti marziali sembravano essere la sua sola passione, oltre ad un modo per onorare la memoria di sua madre.
Lee chiuse gli occhi, sospirando; pochi secondi dopo, era nuovamente addormentato.

***

"Jin-chan... Hey, che ti succede?!?"
"Zio... Zio Lee... T... Ti ho s... Ti ho svegliato?"
"No, non preoccuparti, stavo leggendo... Oh, Jin... Vieni qui."
Jin si avvicinò, stringendosi al petto il cuscino che teneva tra le braccia. Lee gli afferrò un lembo della casacca del pigiama, tirandolo verso di lui per farlo sedere sul letto.
"Mi... Mi dispiace, Lee...A... Adesso penserai che sono solo un idiota...", balbettò Jin, senza guardare suo zio in faccia.
Lee scostò una ciocca di capelli dagli occhi del ragazzo.
"Dimmi cosa c'è che non va..."
Jin alzò lo sguardo, così carico di paura e tristezza che Lee pensò di morire in quell'istante.
"Ho... Ho avu... avuto ancora... Quell'incubo... M... Ma stavolta... Era di... Diverso. Zio Lee, ho paura... Ho *tanta* paura..." Jin scoppiò in lacrime, incassando la testa nelle spalle, vergognandosi a morte di essersi lasciato appena andare in quel modo.
Lee lo abbracciò e cominciò a cullarlo piano.
"Ssssh... Va tutto bene... Sei qui con me, adesso... Perché non me lo racconti? Magari ti sentirai meglio, dopo... Però..." Lee sciolse l'abbraccio, per poi prendere il viso di Jin tra le mani. "...Per favore... Asciuga quegli occhi... E non piangere più... Perché..." Pulì via alcune lacrime dalle guance di Jin. "Davvero non ce la faccio a vederti piangere. OK?"
Jin si sforzò in un piccolissimo sorriso a beneficio di suo zio, il quale gli tolse gentilmente il cuscino dalle braccia, sistemandolo sul letto accanto al suo.
"Dai, sdraiati... Qui, a pancia in giù."disse Lee, sorridendo. Aveva un bel sorriso, anche con quel piccolo difetto dell'incisivo destro che si accavallava leggermente sul sinistro... Quel sorriso aveva sempre funzionato con Kazuya e persino con Heihachi; l'avrebbe fatto funzionare anche con Jin.
Il ragazzo abbassò di nuovo gli occhi imbarazzato, divertendo molto Lee; in ogni caso, fece ciò che gli era stato chiesto senza porre alcuna domanda al riguardo: era troppo esausto per mettersi a discutere.
Le mani di Lee si posarono gentilmente sulla schiena di Jin, sopra alla seta della casacca del pigiama, cominciando un leggero massaggio.
"Parlami del sogno", chiese Lee dolcemente; avvertì i muscoli di Jin irrigidirsi un poco; il ragazzo sospirò, prima di cominciare a parlare con la voce che gli tremava:
"Era... Sempre la stessa cosa. Quel... Quel mostro... Che rompe la finestra... Entra in casa nostra... solo che questa volta, io non sono corso via... Non ho sentito, come al solito, solo le urla della mamma... Ho visto... Ho visto... Quella *cosa* afferrarla per i capelli... e... La sua testa..." La voce di Jin si spezzò, mentre lui soffocava un singhiozzo sul cuscino.
Lee non disse nulla; cercò solo di trasformare il suo massaggio in una gentile carezza, aspettando che il ragazzo fosse di nuovo in grado di parlare.
Jin continuò: "Poi... Quella specie di... di bestia mi si è avvicinata... Era di fronte a me e mi guardava, con quegli occhi... Quei brucianti occhi rossi... Ha sollevato una zampa artigliata verso di me... e... E poi, improvvisamente... Qualcosa è apparso tra lui e me... Sembrava... Un'altra specie di demone... Mi dava la schiena, così non potevo vedergli il volto, ma ricordo che aveva due ali da pipistrello... E la pelle di uno strano viola scuro... Ha ringhiato al mostro, emettendo un suono terrificante, poi si è girato verso di me e... e... Zio Lee?"
Le mani di Lee si erano fermate all'improvviso.
"...E aveva le fattezze di tuo padre...", disse in un sussurro, nemmeno conscio di aver pronunciato quelle parole ad alta voce. Sentì il cuore battergli talmente forte da sfondargli il petto.
'Lo stesso sogno... Oh, Dio... Oh, mio Dio... Kazuya...'
"Come lo sai?" Chiese Jin, voltandosi per guardare suo zio e fissandolo con sguardo interrogativo.
"Oh... Io... Io stavo solo ipotizzando...", rispose Lee, cercando di sorridere, "E... Il sogno finiva in quel modo?"
"Si... Mi sono svegliato all'improvviso..." Jin si accasciò sul letto supino, guardando negli occhi lo zio; quest'ultimo gli si sdraiò a fianco, in silenzio.
"Zio Lee... Mi dispiace, davvero... Non avrei dovuto venire da te...", disse Jin dopo qualche istante. "Adesso penserai che non sono altro che un bambino un po' scemo... Se Heihachi sapesse che ho pianto..."
"Non lo saprà mai... certo non da me", lo assicurò Lee, "Inoltre... Sai, quando ero più giovane piangevo spesso anche io... *Molto* spesso. Ero peggio di una ragazza!" Disse, sorridendo e facendo scorrere le dita tra i capelli neri di Jin. 'I suoi capelli... Sono così simili...' Pensò, mentre il suo sorriso si addolciva.
"Davvero?"Chiese Jin, sorridendo a sua volta, debolmente. "E il nonno lo sapeva?"
"Beh... Facevo del mio meglio per non mettermi a piangere di fronte a lui, anche se ora come ora credo che non gli sarebbe importato poi molto: sapeva perfettamente com'ero fatto. Ero... molto sensibile, allora. Era Kaz... *tuo padre*, quello forte, tra noi due."
"Mio padre... Ho sempre e soltanto sentito cose terribili sul suo conto... Era davvero una persona così spregevole? Mi chiedo come abbia potuto mia madre innamorarsi di un tipo del genere, se solo la metà di quel che si dice di lui è vero..."
...Ed ecco che ci era ricascato. Le loro conversazioni giungevano sempre alla stessa destinazione.
"Lui... Per me non era tanto spregevole. E penso non lo fosse nemmeno per Jun", si risolse a rispondere Lee, molto diplomaticamente.
Il viso di Jin si fece nuovamente serio; si rigirò sul letto, dando le spalle allo zio e raggomitolandosi su se stesso come un grosso riccio. Sospirò profondamente, prima di ricominciare a parlare, con una nota di disperazione nella voce.
"Perché non vuoi parlarmi di lui? Cosa c'è di male? Era mio padre, dopo tutto... Credo di avere il diritto di sapere qualcosa al riguardo... Se continui ad avere questo atteggiamento ogni volta che tocchiamo l'argomento, finirò per convincermi che ci sia davvero qualcosa di *troppo* orribile.."
Lee si sollevò su un gomito e si sporse ad osservare il viso di Jin. La tristezza di poco prima stava svanendo lentamente, lasciando il posto alla rabbia e all'esasperazione; le sopracciglia del ragazzo erano aggrottate, le labbra strette e gli occhi fissavano freddamente un punto indefinito sulla parete di fronte.
Si... Proprio come Kazuya... Come suo padre, ogni volta che cercava di nascondere se stesso dal resto del mondo, chiudendosi in quel suo dannato guscio...
Lee si risdraiò sul fianco, cercando di insinuare le braccia attorno al corpo accanto al suo; attirò Jin verso di se, stringendolo forte, premendogli il petto contro alla schiena muscolosa e lasciando che la guancia sinistra riposasse sul capo del ragazzo.
Avvertì i muscoli di Jin tendersi, ma suo nipote non fece nulla per fermarlo; Lee allora gli avvicinò le labbra all'orecchio, sussurrando piano: "Non voglio parlare di tuo padre perché mi fa male... *molto* male. Ti prego, non... " Deglutì, quasi dolorosamente, sentendo stringersi la gola. "Non mi chiedere più nulla. *Ti prego*. O continuerò a scappare da te per sempre, quando invece vorrei così tanto starti vicino..."

<Ho bisogno di te, Lee...>

"Forse, un giorno... Sarò... Sarò in grado di dirti tutto... Ma non sono pronto, adesso. Non ancora."
'Non piangere, non piangere... Le lacrime sono per le ragazze...'
Gli occhi di Jin si spalancarono, mentre la sua espressione cambiò un'altra volta. Non si mosse, ma Lee lo sentì chiaramente rilassarsi fra le sue braccia, prima che una delle mani del ragazzo si posasse sulla sua.
"Zio Lee...", cominciò Jin, non sapendo bene quello che voleva dire, "...Niente." Concluse.
"Jin-chan... Ascoltami bene, adesso. So cosa diceva la gente riguardo a tuo padre e me... Dicevano che eravamo *rivali*, mortali nemici, che eravamo sempre pronti a saltare uno alla gola dell'altro... Questo è il genere di chiacchiere con cui sopravvivono i media e che divertono chi le ascolta... Ma le cose erano *davvero* diverse... Questo, almeno, lo devi sapere. Io volevo... Davvero bene, a tuo padre."
'Lo amo ancora...'
"E... So che lui provava lo stesso per me. Te lo puoi immaginare, che Heihachi non era il più dolce dei papà... E noi avevamo bisogno l'uno dell'altro, per affrontarlo, ogni giorno... Noi eravamo amici."
'Bugiardo...'
Jin deglutì. "Lo avevo... Immaginato", disse piano.
Lee sollevò le sopracciglia, un po' sorpreso. "Oh... Davvero?" Domandò.
Jin abbozzò ad un sorriso. "Si... Quando mi guardi... La tua espressione è sempre così... Così *dolce*. I primi tempi non capivo... ho pensato che fossi stato anche tu innamorato di mia madre; oppure, che magari ti ricordavo mio padre, però, se si trattava della seconda ipotesi... Allora non *potevate* esservi odiati, no?"
Lee strinse un po' di più Jin contro di lui. "Già", rispose, "Proprio così."
"Zio Lee... Perché da bambini tutti ci dicono che i mostri non esistono?" Chiese quindi Jin, quasi sottovoce, come se avesse paura di farsi sentire da qualcuno... O da *qualcosa*. Il cuore di Lee mancò un battito a quella domanda.
"Io... Non lo so, Jin. Forse perché gli adulti non credono ai mostri. Non vogliono ammettere che in realtà questi... *mostri*... Sono fra di noi. *Vivono* fra di noi..."
"Già... anche mamma diceva lo stesso. Mi diceva che i *veri* mostri ce li abbiamo dentro, che non sono quelli delle fiabe... Però, zio Lee... Io l'ho *visto*. Era... Un *orco*... Una specie. Era vivo, proprio lì, in carne ed ossa... Non era fatto solo di intenzioni malvagie o sentimenti crudeli... Era una creatura *vivente*... E ha ucciso mia madre."
"Lo so, Jin..."
"Nessuno crederebbe mai ad una storia del genere. E allora perché tu e il nonno mi avete creduto?"
Lee chiuse gli occhi, senza rispondere. Jin proseguì: "Forse... E' perché avete visto un mostro anche *voi*? Un *vero* mostro?"
"Jin, ti prego..."
"Credo di aver capito, adesso, che tipo di mostro avete visto..."
"Jin..."
"...Ma, allora, perché mia madre mi diceva quelle cose? Che i mostri non esistono? Non l'ha forse *visto* anche lei?"
"..."
"...Non l'ha visto anche lei, Lee?"
Ma Lee continuava a non rispondere.
Non poteva, anche se sapeva che non poteva neppure continuare a nascondere la verità ancora per molto.
Inspirò profondamente, cercando di prepararsi mentalmente a quello che avrebbe cercato di spiegare a Jin.
"Cosa credi che voglia dire, il sogno che ho fatto?" Insistette il ragazzo.
"Io... Ho fatto lo stesso sogno tante volte", ammise infine Lee, con la voce che gli tremava; sentì il corpo di Jin fremere, tendersi, pronto a scattare per voltarsi dalla sua parte, ma lui strinse di più il suo abbraccio, tenendolo fermo.
"Ssssh... Stai buono... Non c'è niente di cui avere paura."
"Ma..."
"Penso... No, sono sicuro... Che significhi che tuo padre, ovunque sia adesso... Veglierà su di te. E ti proteggerà sempre."
'Come ha sempre fatto con me...'

<Veglia su di lui, Lee...>
<Lui chi?!? Di che stai parlando, Kaz?!?>

"...Cosa stai dicendo?!?" Chiese Jin a metà tra l'arrabbiato ed il commosso, con la voce malferma, quasi urlando. "Quello che dici non ha senso! E' *morto*! E di certo non ha protetto mia madre, comunque... Dato che è morta anche lei!!!"
"Shh, shh... Io non so tutto quanto, Jin, ma... *Credimi*. E, ti prego... Non *odiarlo*. Lui ha sofferto abbastanza... E non si merita anche questo."
"... E' ancora vivo?" La domanda di Jin fu solo un rauco sussurro, di nuovo come se il ragazzo avesse paura di poter essere udito... Lee si prese un'altra, profondissima boccata d'aria.
"Io... Proprio non lo so, Jin-chan."
"... Comunque... Io ti credo, zio Lee."
Lee sospirò, chiudendo gli occhi. "Cerca di dormire, adesso, Jin. Hai bisogno di calmarti... Domattina ti sentirai meglio."
"Posso... Posso rimanere qui... Così?"
Lee sorrise, concedendosi di posare un piccolo bacio fra i capelli di Jin.
"Certo, Jin-chan", acconsentì, ritirando un braccio solo per un momento, in modo da poter spegnere l'abat-jour sul comodino e abbracciando di nuovo suo nipote subito dopo.
Chiuse nuovamente gli occhi, ed entrambi rimasero così, tranquilli ed in silenzio per diversi minuti, senza parlare, godendosi quell'abbraccio che li confortava e rassicurava entrambi.
"Zio Lee...", sussurrò poi Jin, all'improvviso.
"Hai?"
"...Arigato."
"Dormi... Baka."
"OK."
Di nuovo, la stanza venne avvolta dal silenzio notturno.
Lee era certo che Jin si fosse finalmente addormentato, quando, tutto ad un tratto, sentì le dita del ragazzo allacciarsi con le sue; trovò quel gesto piuttosto *strano*, da parte di Jin e si sentì improvvisamente in imbarazzo. Non sapeva cosa fare, l'istinto era quello di ritirare la mano, di *scappare*, letteralmente... Ma non voleva rischiare di ferirlo...
"Jin... Jin!"Chiese, tentativamente. "Sei ancora sveglio?"
"<Lee-chan...>"
Lee sussultò, sentendosi il cuore balzare in gola. Quella voce...
"Jin?!?" Chiamò, quasi incapace di trovare la voce.
"<Lee-chan... Grazie.>"
"Ka... Kazuya?!?" Era più una constatazione che una domanda.
Lee era paralizzato, ma trovò la forza di muovere il braccio e riaccendere la lampada.
Deglutì, sporgendosi a guardare, con circospezione, il viso di Jin; era lui, suo nipote, pacificamente addormentato nel suo letto.
Lee sorrise, a dispetto dei due grossi lacrimosi che stavano percorrendo la loro strada lungo le sue guance delicate.
'Lee, Lee...", si redarguì, mentalmente, asciugandosi il viso con la manica del pigiama, 'Sei davvero peggio di una ragazza!'
Abbracciò stretto suo nipote e, continuando a sorridere, chiuse gli occhi...

- end of charter three -



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