Disclaimers: i personaggi appartengono alla
Namco ed io li uso solo per divertirmi, anche perché se Kazuya sospettasse che
voglio fare soldi sfruttando la sua immagine finirei in guai seri!
Note: Ava è un personaggio di *mia* creazione, indi per cui ne faccio ciò che
voglio; il background di Lee e Kazuya rende questi due personaggi MOLTO ambigui:
nel foglietto illustrativo del Tekken 2 si racconta che il piccolo Lee è rimasto
sempre *fedele* a suo fratello adottivo, anche se, quando Heihachi è *tornato*
(sembrava proprio che Kaz fosse riuscito a sbarazzarsi di lui, gettandolo da un
dirupo alla fine del primo torneo... Bella famigliola, eh?!?!) lui non ha
esitato a mantenere contatti anche con lui. E' anche vero che nel finale di Lee,
sempre del Tekken due, si vede il bel fratellino di Hong Kong sognare ad occhi
aperti di far finire dietro le sbarre sia Kazuya sia il paparino dolce...
Insomma, contorsioni mentali di un ragazzo virtuale che spingono una ragazza
reale a slashare alla grande! *_______*
*Lee: e poi il contorto sarei io... -____-
*Choco: non tu! Kazuya! ^////////^
*Lee: guarda che gli specchi sono scivolosi...
*Choco: BASTA! Adesso voglio serietà! Stiamo per leggere una storia TRISTE!!!
Abbassiamo le luci... Facciamo silenzio... Ed immergiamoci nella melassa!!!
Lost Angels
Parte I -
Thank you
di Chocolat
Kazuya se ne stava lì, in
piedi, proprio sulla porta.
Guardò a lungo suo fratello, senza dire una parola.
Sembrava più triste del solito, e meno 'arrabbiato-con-il-mondo-intero',
al tempo stesso.
La sua voce era stranamente morbida, quando parlò a Lee.
"Lee..."
Lee non si voltò ad affrontarlo. Continuava a prendere i suoi vestiti dll'armadio,
buttandoli sul letto, tirando su col naso ogni tanto, la vista annebbiata
dalle lacrime che gli brillavano negli occhi.
"Lee, ascoltami."
"E perché dovrei?!?" Rispose, infine, ringhiando. "Non sei mai stato
interessato a me! Lasciami in pace!"
"Io lo so come ti senti..."
"Oh, davvero?!?"
"Anche io ho perso mia madre, ricordi?"
Le lacrime cominciarono a cadere dagli occhi di Lee, scendendogli sul
viso. Lui era sempre stato *L'emotivo*, fin da bambino. Non come *lui*.
Non come il freddo, impassibile Kazuya. Non come suo fratello.
*Fratello*...
Quella parola gli sembrava così poco familiare...
"Che cosa vuoi da me, adesso? Mi hai sempre trattato di *merda*... Ed io
sono sempre stato così stupido da credere che tu saresti stato in grado di
considerarmi un *vero* fratello, un giorno. Invece mi hai sempre guardato
come se fossi stato un insetto fastidioso... Perché vorresti parlarmi,
ora? Ti faccio pena, solo perché mamma è morta? Beh, non ho bisogno di te,
adesso, Kazuya!!!"
Kazuya mosse un passo dentro alla stanza.
"Si, invece."
Lee girò su se stesso questa volta, quasi rabbioso; alcune ciocche di
capelli argentate nascondevano i suoi occhi dall'intenso sguardo di suo
fratello.
"Io... Penso di averle voluto bene anche io, Lee", continuò Kazuya. "Io...
avevo imparato a conoscerla, e aveva cominciato a piacermi... Moltissimo.
Era come un raggio di sole in questa casa... Credo che Heihachi ci tenesse
davvero moltissimo, a lei. Non l'ho mai visto tanto triste... *Nemmeno per
mia madre."
"Già ed ora... Ora che lei non c'è più... Me ne andrò anche io. "Lee
ritornò ai suoi vestiti, continuando a fare i bagagli. "Ho paura... No,
sono terrorizzato da *lui*, adesso che non c'è più mamma a proteggermi.
Lui è... E' *spaventoso*."
"Non puoi andartene da qui..."
"Certo, che posso. Me ne torno a *casa*... A Hong Kong. La sorella di
mamma, zia May, abita ancora lì e sarà più che felice di prendersi cura di
me." Lee tirò di nuovo su col naso, asciugandosi il viso con il dorso
della mano.
Ava Chaolan era morta.
Sua madre non era più con lui... La sua mamma, l'unica amica che avesse
mai avuto. L'unica persona che l'aveva sempre amato e protetto... La
piccola e graziosa ragazza di Hong Kong che aveva sposato Heihachi Mishima
quattro anni prima e aveva portato suo figlio con sé, in Giappone, in
quella grandissima e tetra casa... La spogliarellista che era riuscita a
diventare una Mishima... Quasi come una Cenerentola.
Lee *sapeva* quello che pensava la maggiorparte del genere umano riguardo
ad Ava, ma non gli importava nulla. Era stata una madre esemplare e aveva
tentando di esserlo anche per Kazuya, ma aveva fallito. Si era ammalata...
*Gravemente* ammalata, qualche mese prima. Tutti i soldi di Heihachi non
erano riusciti a salvarla...
"Adesso... Tu hai bisogno di me. E penso di aver anch'io bisogno di te."
Lee si voltò di nuovo, guardando suo fratello incredulo, aggrottando le
sopracciglia.
"*Cosa* stai dicendo?!? E che *diavolo* significa, tutta questa
preoccupazione nei miei confronti?!? Perché sono improvvisamente diventato
tuo fratello, eh, *Niisan*?!?" Chiese, quasi ruggendo.
"E'... Successo qualcosa. Non so perché, ma riesco a vederti sotto
un'altra luce, adesso. Io... Riesco a vedere... a *sentire* il tuo dolore,
la tua paura... Mi piacerebbe poterti aiutare, in qualche modo", disse
Kazuya, nel suo solito, apatico tono.
Lee esalò un lungo sospiro, per poi lasciarsi cadere a peso morto sul suo
letto.
Quel ragazzo riusciva sempre a sconvolgerlo.
'E' successo qualcosa'... Forse si stava riferendo a *quello*.
Già...
Era stato due giorni prima, il giorno del funerale di Ava.
Lee stava cercando di concentrarsi e di non piangere, durante la
cerimonia; Heihachi non avrebbe tollerato delle lacrime sul viso di uno
dei suoi figli... E l'ultima cosa che voleva, in quel momento, era
mettersi a discutere con suo padre.
Si sentiva... Disperato. E triste, così triste che pensava di poter
sentire il cuore spezzarsi da un momento all'altro.
Era così solo... Come se tutta quella gente non fosse lì.
Non aveva nemmeno notato Kazuya, fino a che non sentì passi leggeri
avvicinarglisi e lunghe dita calde toccare la sua mano gelida... Aveva
guardato in alto e si era trovato di fianco Kazuya, vestito completamente
di nero, con lo sguardo fisso solennemente al pavimento e la sua solita,
indecifrabile espressione.
E poi... Poi, quelle dita forti si erano allacciate alle sue e Kazuya gli
aveva stretto la mano, forte, senza guardarlo nemmeno in faccia eppure
dandogli più conforto di qualsiasi vuota parola.
Lee aveva chiuso gli occhi, sciogliendosi nel calore di quella mano che
gli era stata offerta e che gli trasmetteva tutta la sua forza ed il suo
potere. Aveva risposto a quella stretta, aggrappandosi a Kazuyaa, come se
fosse stato l'unico che avrebbe potuto salvarlo da un naufragio.
E poi... Era tutto finito, troppo in fretta.
Kazuya gli aveva lasciato la mano, scomparendo, così com'era venuto.
Ma l'aveva fatto, in ogni caso. Era andato da lui. E gli aveva stretto la
mano...
"Si, hai ragione, Kazuya... E' successo qualcosa *a te*", ammise alla fine
Lee, fissando il pavimento. "Non riuscivo a crederci, quando ho sentito le
tue dita che toccavano le mie... Mi ero sempre chiesto se tu non avessi
mai toccato qualcuno, in vita tua... Senza fargli del male, intendo... Oh,
scusa... Cavolo, sono un po' confuso dal tuo comportamento, Kazuya..."
Lee si passò una mano tra i capelli, senza scollare gli occhi dal parquet
della sua stanza. "Voglio dire... Io sono sempre stato... affascinato da
te, sin dalla prima volta che ti vidi, quel giorno di cinque anni fa. Mi
facevi paura, all'inizio... Eri sempre così... così silenzioso... Avevi...
c'era sempre così tanta rabbia e tristezza, dentro ai tuoi occhi..."
Il ragazzo provò a sollevare un attimo gli occhi e a guardare nelle due
pozze d'ebano che erano quelli di suo fratello; distolse immediatamente lo
sugardo, tornando alle assicelle di legno del pavimento.
"...quando ho capito che era a causa di Heihachi, del modo in cui ti
trattava..." Lee fece una piccola pausa, guardando di nuovo negli occhi di
suo fratello, prima di andare avanti: "...Cominciai a considerarti una
specie di forte, orgoglioso guerriero. Ero un bambino e tu eri come il
personaggio di un romanzo di avventura, per me... Un eroe che cercava di
andare avanti per la sua strada, nonostante le avversità... Ammiravo la
tua devozione verso il Karate, ero... Ero (attratto) dal modo in cui non
abbassavi *mai* lo sguardo, nemmeno quando parlavi a nostro padre."
Kazuya ascoltava in silenzio, senza muovere nemmeno un muscolo e senza
che, sul suo viso, trasparisse la benché minima emozione... Come sempre,
del resto. Lee continuò.
"Speravo di riuscire a diventare un *vero* fratello, per te, un giorno...
Cercavo in ogni modo di conquistare la tua amicizia... Ma tu... Tu, Kazuya..."
Lee guardò di nuovo il pavimento, mentre altre lacrime minacciavano di
sgorgargli dagli occhi arrossati.
Kazuya si passò una mano fra i capelli in un piccolo gesto di
nervosismo... Abbastanza strano, per uno come lui.
"Mi dispiace, Lee."
La sua voce era stata soltanto un mormorio, però l'aveva detto.
Lee lo guardò con gli occhi spalancati. non poteva credere alle sue
orecchie.
"Okay... Siediti un attimo, Kazuya", disse a suo fratello con la voce che
gli tremava leggermente "Dobbiamo parlare."
Kazuya prese la sedia del tavolo da studio di Lee e sedette di fronte a
lui, sostenendo il suo sguardo.
"Mi ero... Sbagliato sul tuo conto, Lee", cominciò. "Mia madre... Lo sai,
è morta quando non avevo nemmeno otto anni e non sono mai stato capace di
dimenticarla... Quando seppi che Heihachi aveva sposato un'altra donna, in
uno dei suoi viaggi d'affari a Hong Kong... Non potei proprio accettarlo.
La *odiavo*... Perché aveva preso il posto di mia madre. E anche perché
Heihachi sembrava così tanto affezionato a tutti e due voi."
Kazuya incrociò le braccia sul petto, prima di continuare: "Ava era così
gentile con me, nonostante tutto... Io non me lo meritavo. Ha cercato di
essere una madre, in ogni modo possibile... E io l'ho rifiutata ancora di
più, quando me ne sono reso conto... Ma... Sapevo che era una persona
molto buona... E sapevo che amava *davvero* Heihachi. Non ne capisco
davvero il motivo, ma lo amava."
"Si", rispose Lee, "Altrimenti non sarebbe stata capace di vivergli
accanto... non avrebbe tollerato un uomo come lui. Era uno spirito libero.
Mi ha cresciuto da sola e le uniche due persone con le quali ha vissuto
prima di incontrare Outosan siamo state io e mia zia May."
"*Outosan*... Persisti a chiamarlo così..."
C'era una nota stridula nella voce di Kazuya, quando pronunciò quella
frase, a dispetto dell'espressione assolutamente incolore del suo viso.
"Cerca di capirmi, Kazuya... So molto bene quanto è stato... *crudele*,
con te. Ma *amava* mia madre e... Mi accolto in casa sua come un figlio.
Io... Io mi sento davvero in colpa, a volte, quando penso a te e al tuo
rapporto con lui, ma... Non ci riesco proprio ad odiarlo. Mi dispiace."
"Si, Lee, si... Capisco. Capisco *tutto*, adesso."
Lee deglutì dolorosamente, prima di ricominciare a piangere piano. Le
frasi ermetiche e l'insopportabile autocontrollo di Kazuya lo
esasperavano, il suo improvviso interessamento nei suoi confronti lo
confondeva...
"Perché... Perché solo adesso, Kazuya?" Chiese, con un filo di voce; cercò
di sostenere lo sguardo di suo fratello, ma era così difficile riuscire a
guardare Kazuya negli occhi... Persino in quel momento, seduto lì a
parlare di un argomento tanto delicato qual'era la morte di sua madre, il
suo viso era davvero inespressivo... Soltanto la sua voce, profonda e
limpida, era un po' più dolce del solito.
Kazuya sospirò profondamente.
"Quando ti ho visto così... Quando ho visto la salma di Ava, i suoi occhi
chiusi che non avrebbero più rivisto il tuo viso... Quando ho pensato che
*tu* non avresti più potuto guardare in quegli occhi... Ho ricordato. Mi
sono ricordato di Kasumi, la mia mamma... E' stato come se mi
risvegliassi, dopo tanti anni... E ho visto me stesso, guardando te. E
improvvisamente... Non eri più mio nemico. Eri diventato un'altra
persona... Non eri più quello che mi aveva rubato anche quel poco affetto
che mio padre, se mai ha nutrito nei miei confronti, non mi ha comunque
mai dimostrato... In quel momento tu, per me, sei diventato un altro
figlio di Heihachi Mishima... Un'altra *vittima*. Qualcuno come *me*.
Finalmente ho capito... Quanto sono stato stupido, egoista e testardo. Non
riesco più a vedere un mio rivale, se ti guardo negli occhi, al
contrario... Penso che, forse, noi due... Potremmo completarci a vicenda.
Tu potresti darmi qualcosa che io non ho... Ed io potrei fare lo stesso
per te."
Lee non poteva fare a meno di piangere, mentre ascoltava quelle parole;
cominciò a singhiozzare in modo incontrollato, coprendosi gli occhi con
una mano.
Non sapeva se quella reazione era scatenata alla tristezza o, piuttosto,
da quello che aveva appena udito. Sapeva soltanto che *doveva* dire
qualcosa...
"Cosa... Cosa dovrei fare, adesso?" Domandò, più a se stesso che a suo
fratello. Si sentiva come un cucciolo abbandonato in mezzo ad una strada.
"Dovresti restare qui." Fu la risposta, perentoria, di Kazuya.
"Si, per forza che resterò... Heihachi non mi lascerebbe andare via,
comunque. Mi sento così stupido... Sono spaventato a morte... Ho tanta
paura, Kazuya..." Lee nascose il viso fra le mani, piangendo ancora più
forte e tremando leggermente. Sentì Kazuya sospirare nuovamente.
"Lee... Non molto tempo fa, quel giorno che ti accusai di essere un
dannato leccapiedi di Heihachi... Tu mi dicesti di non possedere il mio
coraggio e la mia forza e, per questo, non avresti mai potuto
fronteggiarlo come faccio io... Bene... Adesso io ti dico che a me mancano
la tua gentilezza, la tua dolcezza... La tua capacità di essere amato
dalle persone che ti sono vicine."
Kazuya prese fiato.
"Qualche giorno fa ho visto... Ho visto Midori che ti serviva la
colazione. Tu l'hai ringraziata con un bacio sulla guancia... In quel
momento mi sono chiesto perché mai avresti dovuto baciare una domestica
solo perché aveva fatto il suo lavoro, ma... Allo stesso tempo, ho pensato
che dev'essere meraviglioso riuscire a fare qualcosa del genere con quella
spontaneità..."
Lee abbassò le mani, scoprendosi il volto; cercava di guardare in faccia
suo fratello, ma le lacrime, che continuavano a scorrergli impietose sulle
guance, gli offuscavano la vista. Tirò su col naso un paio di volte,
cercando di asciugarsi gli occhi con la manica della maglia che indossava.
Non disse nulla... Voleva che Kazuya andasse fino in fondo.
"Ecco... Vedi, Lee, per me non è mai stato così. Non sono... Non sono
capace di esternare i miei sentimenti positivi... Nessuno me l'ha mai
insegnato. Ho imparato soltanto ad odiare. Ma non mi piace essere così...
Davvero non mi piace."
La voce di Kazuya si era fatta un po' più grave, sull'ultima frase. Si
fermò, guardando in basso, solo per pochi secondi.
"Avevi ragione, pochi minuti fa... Quando hai detto che forse non sono
nemmeno capace di *toccare* qualcuno. Se non per fare del male..." Kazuya
si fermò di nuovo e Lee asciugò ancora una volta le lacrime, cercando
sempre di guardarlo negli occhi. Era *troppo* triste... Troppo triste,
quello che stava cercando di dirgli suo fratello... Eppure, l'espressione
del suo viso non era ancora cambiata. Marmoreo, inespressivo... Quasi
statuario.
"Tu... Sei proprio uguale a *lei*", continuò Kazuya. "Penso... Che
potresti aiutarmi. Adesso per Ava è troppo tardi, ma... Non lo è per te,
Lee. *Insegnami*. Insegnami a... Ad essere gentile... A piacere agli
altri. Insegnami ad *amare*."
Le sopracciglia sottili di Lee si sollevarono.
"Cosa...", mormorò, sbalordito.
"*Per favore*. Non sarà difficile... Devi solo restare qui con me, in
questa casa. Io ti proteggerò sempre, te lo prometto. Ti donerò la mia
forza, farò tutto ciò di cui avrei bisogno. E tu... Mi darai il tuo amore.
Ce la possiamo fare, insieme... Possiamo *sconfiggerlo*."
Lee era sempre più spiazzato. Un Kazuya che si comportava fuori dagli
schemi era ancora più difficile da affrontare che non Heihachi stesso.
Eppure, non poteva fare a menodi sentirsi stupidamente felice.
"Credi... Sei sicuro che qualcosa come l'amore si possa insegnare, Kazuya?"
Chiese, cercando forse una risposta per se stesso.
"Non lo so, Lee... Ma so che non mi piace per niente il Kazuya Mishima che
sono adesso... E che *questo* Kazuya non piacerà mai a nessuno, se rimarrà
così com'è."
Lee sollevò il mento con aria di sfida. Bene... Se Kazuya voleva davvero
il suo aiuto, lui non si sarebbe certo tirato indietro. Non aveva molto da
perdere, ormai... Ma voleva metterlo alla prova...
"Bene. Allora, cominciamo. Vuoi davvero fare qualcosa per me, adesso? E
anche qualcosa per te stesso?"
"Si, se posso."
"*Certo*, che puoi. Devi solo abbracciarmi..."
La richiesta di Lee colse Kazuya di sorpresa; rimase immobile, fissando
Lee negli occhi freddamente, senza nemmeno un battito di ciglia.
Lee sospirò, sentendosi di nuovo sull'orlo del pianto.
" *Lei* mi manca... Mi mancano i suoi abbracci, le sue parole dolci, mi
manca la sua presenza... Abbracciami, Kazuya. Sei mio fratello, no? Hai
appena detto che mi avresti aiutato. Aiutami *adesso*", insistette, con
una nota di disperazione nella voce.
Kazuya non si mosse.
Lee sorrise, amaramente; si alzò dal letto e si voltò, guardando fuori
dalla finestra. Teneva i pugni serrati, le braccia tese lungo i fianchi.
Le sue spalle erano rigide.
"Non ci riesci proprio, vero? Non ci riesci..." Sospirò pesantemente e
sentì le lacrime salirgli agli occhi, ancora una volta.
Poi, improvvisamente... Avvertì una paio di braccia forti stringerglisi
attorno, il viso di Kazuya premuto contro la schiena... Venne trascinato
all'indietro, quasi con violenza e cadde in braccio a suo fratello.
Calde lacrime rigarono il viso di Lee per la terza volta in pochi minuti,
quella sera, scendendo lungo le guance delicate in due rivoletti bollenti.
Era scioccato, non sapeva più cosa fare e non credeva che stesse accadendo
tutto sul serio... Kazuya lo stava stringendo talmente forte che riusciva
appena a respirare.
Dopo un primo momento di attonimento, Lee cercò di girarsi nella stretta
di Kazuya per guardarlo in faccia; Kazuya lo lasciò fare, rilasciando un
poco il suo abbraccio soffocante e Lee si ritrovò seduto a cavalcioni su
di lui, senza però riuscire a scorgere il suo viso che, in quell'istante,
era affondato nell'incavo della sua spalla.
Il respiro di Kazuya era pesante, tremante, come se stesse piangendo. Lee
gli gettò le braccia al collo, stringendolo a sua volta; permise ad una
mano affusolata di passare tra i capelli di Kazuya, accarezzandoli.
Rimasero così per qualche minuto, senza dire una parola; gli unici suoni a
riempire il silenzio della stanza erano i singhiozzi delicati di Lee, che
non riusciva a trattenersi.
"*Perdonami*..."
Fu Kazuya a rompere il silenzio, pronunciando quelle parole in un
sussurro.
Lee si sentì stringere il cuore.
"Non essere sciocco, *niisan* Non hai niente da farti perdonare...",
rispose, con la voce più ferma che riuscì a modulare.
Era troppo bello per essere vero.
Era tanto disperato e adesso... Aveva appena trovato un fratello,
finalmente... Meglio ancora, un *amico*. Forse un alleato... Kazuya.
Era sicuro che suo fratello non sarebbe mai stato capace di aprire il suo
cuore... Soprattutto a lui.
"Allora... Cosa si prova a essere abbracciati da qualcuno?" Chiese,
cercando di sorridere almeno un po' tra tutte quelle lacrime, anche se
sapeva che tanto Kazuya non poteva vederlo.
"E' bello almeno quanto la sensazione di tenere te tra le braccia..."
Rispose Kazuya. "Non avrei mai pensato che... Qualcosa di così *semplice*
potesse essere tanto meraviglioso... Mi sento... Mi sento *normale*,
sai..."
Kazuya sciolse il loro abbraccio, cercando gli occhi di Lee; erano gonfi e
rossi a causa dei ripetuti pianti e lui non poté fare a meno di
sogghignare nel suo solito modo, a quella vista.
Sollevò una mano e asciugò le tracce lasciate dalle lacrime sugli zigomi
di Lee.
"Sei davvero *troppo* emotivo, Lee." Sentenziò, dolcemente.
"Oh, si, lo sono, *niisan*. Ma tu faresti meglio a guardarti allo
specchio. Io... Non posso credere ai miei occhi. La tua espressione... E'
*cambiata*... Davvero! C'è... qualcosa di nuovo nei tuoi occhi... Posso
leggerci dentro, adesso... Vedo le tue emozioni, i tuoi pensieri, i tuoi
sentimenti..." Lee abbassò gli occhi; non riusciva a sostenere lo sguardo
di Kazuya troppo a lungo, erano come un fuoco ardente...
Arrossì un poco, rendendosi conto solo in quel momento che erano seduti in
una posizione alquanto... *imbarazzante*.
"Penso... Che ci deve essere qualcosa di davvero speciale, dentro di te.
Devi solo lasciarlo uscire, Kazuya. Voglio dire... Riesci a dire delle
cose così belle, quando vuoi... Tu possiedi dei sentimenti... E sei già
capace di esprimerli. Li stai mostrando a me, proprio ora... Devi... Devi
solo cercare di non avere paura della gente. Non sono tutti come Heihachi,
sai?"
Le labbra di Kazuya si incresparono in un mezzo sorriso. Strinse Lee in un
altro, veloce abbraccio e lui arrossì,di nuovo.
'Perché mi sento così... *strano*? Provo quasi vergogna ad essere seduto
in braccio a lui, in questo modo... forse perché è la prima volta che
stiamo *davvero* parlando...', pensò, compiaciuto al tempo stesso dalla
vista delle guance piene di Kazuya segnate da due piccole fossette.
'No... Sono *sempre* stato turbato solo dal fatto di stare nella stessa
stanza con lui. E adesso...'
Si sentì felice, solo per un attimo. Pensò che, se solo sua madre fosse
stata ancora viva, avrebbe davvero potuto sentirsi... *completo*.
"Sei carino, quando sorridi...", disse Lee a suo fratello, in tono
semi-scherzoso.
Il viso di Kazuya ritornò improvvisamente serio; ma, prima che Lee potesse
anche solo pensare di aver detto qualcosa di sbagliato, su fratello
maggiore parlò.
Solo due parole.
"Grazie... Lee."
Fine del primo capitolo.
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