Lost (and found you, today)

 

Di N

 

Chapter 8 - Ends

“Kaede”

è il richiamo sottile di Midori. So che è rivolto a me. Lo capisco dal suo tono. Serio, ma non arrabbiato. Quasi pensieroso.

“Dimmi” rispondo, mentre mi appoggio al tavolo della cucina.

“Posso farti una domanda?” inconsciamente tremo. Beh, non molto inconsciamente.

“Dimmi” ripeto.

“Secondo te, Hana ce la farebbe veramente in NBA?” mi chiede, seria come non mai. Attenta ad ogni mio piccolo cambio di espressione. Come se mai ce ne fossero…

“Sì” è la mia risposta, semplice. Non credo le interessino le motivazioni.

La vedo perdersi nei suoi pensieri.

“E tu ci tornerai lunedì” mormora, quasi a se stessa.

“Sì”. Ma credo che in realtà non abbia nemmeno sentito la mia risposta.

È lì, assorta sul suo bicchiere di limonata. Persa in questa serata calda, in cui Hana non c’è. È ad allenarsi, domani giocherà contro il temuto Shiro.

Rimango lì, a fissarla, in attesa. Alla fine, lei alza la testa con uno sguardo deciso e mi fissa.

“E sia.”

Cosa non è dato saperlo, perché esce quasi di corsa dalla stanza.

 

Mi sveglio perché ho sete. Faccio per avviarmi in cucina. Arrivato quasi alla porta, sento delle voci. Hana e Midori. Ma non stanno semplicemente chiacchierando.

“Hanamichi Sakuragi, questo è un ordine!”

“Cooosa?” “abbassa la voce! Sì, Hana. Devi smetterla con il tuo ‘basket clandestino’.”

“perché? Sono il migliore… domani sconfiggerò Shiro e dopo sarà palese a tutti. Fatta!!”

“domani sconfiggi e Shiro e ritirati, per favore. Se lo fai tu, lo faranno anche Taro e Lucas. Non avete più 18 anni. Taro ha una bambina e Lucas rischia di rimanere gambizzato, se continua… e poi…”

“e poi, che?” chiede lui corrucciato.

“credo che per la nostra famiglia, presto ci sarà un piccolo cambiamento…”

“Cosa intendi?” chiede lui, allarmato. Lo sento dal suo tono, che possiede un’agitazione diversa, da quella veemente di prima.

“Per ora, nulla. Devo mettere a posto alcune cosucce. Poi ti spiegherò. Fidati. Ma domani sera ritirati.”

“Non è così semplice.”

“lo è. Se vinci.”

“non puoi chiedermi questo. Lo sai”

“è quello che ho appena fatto”

“no”

“Hana…”

“Midori. Non puoi farmi rinunciare a questo. Non puoi!”

“Se continui così, finirai in guai molto grossi! Non capisci?”

“Sei tu che non capisci! È tutto sotto controllo! Non finirò in nessun guaio. E non mi ritirerò.”

“E io cosa dirò, la prossima volta che Kaede mi chiederà dove ti sei fatto i lividi che ti lascia ogni incontro? Sta crescendo, Hana. Inizia a notare quando sei diverso. Quando sei stanco, o nervoso per l’imminente incontro…”

“Ritirati.”

“Ho bisogno del basket, Midori. Ne ho bisogno, per sentirmi vivo.”

“Ma hai bisogno del basket vero! Non di questo surrogato violento!”

“ma questo, è ciò che posso avere.”

discorso chiuso. Lui si volta verso la finestra e le dà le spalle. Lei sembra voler aggiungere qualcosa, ma desiste.

E si avvia fuori dalla stanza. Mi nota. Ci fissiamo un secondo.

“Convincilo tu.”

“non posso. Non posso chiedergli di rinunciare anche a questo.”

“ti prego, Kaede. È pericoloso, non capisci?”

“è vitale, non capisci?”

“io… fidati di me.” Mi dice lei. Decisa.

Fidati di me. Quasi un ordine.

E un’invocazione. Fidati di me.

L’ha detto anche ad Hana, pochi istanti fa. Come se in testa avesse un piano chiaro solo lei.

Un piano che ci coinvolge.

Cosa cavolo starà architettando? Perché non ce lo vuole dire?

Sto per chiederglielo; ma lei, veloce, si dirige verso il piano di sopra.

Discorso chiuso.

 

Entro in cucina e Hana sta ancora guardando fuori. La sua schiena appare leggermente incurvata. Nel silenzio, non percepisco nulla di lui, come se si fosse scordato pure di respirare. Lo raggiungo e lo abbraccio da dietro, facendo combaciare la sua schiena al mio torace.

Non diciamo nulla. Semplicemente lo stringo, mentre si perde nei suoi pensieri.

 

 

“Vengo con te.”

“eh?” mi guarda senza capire.

“Sei sordo? Vengo con te, alla partita.”

“Mai!”

“Perché?”

“Perché?! Mica è un incontro aperto al pubblico! E tu non puoi fare sforzi. E ti riconoscerebbero.”

“Sai benissimo che so passare inosservato. Ormai sono guarito! Lunedì mi tolgono il gesso! E non mi riconosceranno.”

“Sanno che sei qui. Ti ricordi un certo articolo di giornale? Tu resti a casa.” detto questo, si allontana correndo, in modo che io non riesca a seguirlo.

“Capra, scimmia, do’aho, decelerato, mongolo, stronzo…” inizio a maledirlo sussurrando, mentre lo guardo sparire dietro un angolo.

“Uhm… conversazione interessante?” mi raggiunge la voce velata di ironia di Midori.

“è un idiota.” Dico lapidariamente

“vero.-afferma lei sorridendomi- Veramente te la sentiresti di camminare un po’?”

“Certo. Perché?”

“Perché so dove giocano. Hana parla sempre troppo forte…”

“Andiamo”

 

Mi scarica distante dal luogo dell’appuntamento per evitare di dare nell’occhio. Indosso una tuta larga e un cappellino. Ho lasciato a casa la stampella, per nascondere il più possibile il gesso.

Mi avvio con passo lento verso la direzione indicatami da Midori!!!!. Devo assolutamente cercare di non zoppicare.

Arrivo al campetto, che è già pieno di gente. Evidentemente stasera è in programma un evento.

La gente schiamazza e, da qualche parte, qualcuno ha acceso uno stereo a tutto volume. Ma qui, nessuno si lamenterà certo del baccano. Siamo in un angolo dimesso del porto. Nessuno mai penserebbe che qui ci possa essere un campo da basket, eppure c’è. Niente parquet, ma cemento. E le linee sono molto sbiadite.

Mi metto in un angolo in penombra da dove si può vedere bene il campo. Speriamo che giochino in questo canestro.

Mi osservo intorno. Belle facce, veramente… ad un tratto noto, dall’altra parte, una zazzera conosciuta. Hana sta parlando con un ometto di cui non riesco bene a vedere il viso. Sembrano discutere animatamente, ma, alla fine, Hana la spunta. Lo capisco da come l’ometto alza le mani in segno di resa e poi parlotta con un tizio al suo fianco. Questi guarda truce prima lui e poi Hana, che non si sposta di un millimetro. Infine fa un cenno d’assenso con il capo.

Dopo pochi minuti, l’ometto entra nel campo e tutti si zittiscono.

“Buonasera” grida lui “stasera, per festeggiare l’estate, ci sarà un incontro eccezionale: Shiro ha accettato la sfida del Tensai!” e tutti scoppiano ad urlare la propria gioia, alla notizia.

Shiro ha accettato? Il Tensai?? Sbuffo. Che situazione stupida. Solo Hana si poteva impelagare in un guaio simile.

L’ometto va avanti con la presentazione, e io mi perdo. Non mi interessano le quote, mi interessa solo una persona. Che seguo con lo sguardo, istante dopo istante. Ad un certo punto lui si volta e pare fissarmi, ma credo che sia solo la mia immaginazione a suggerirmelo. Infatti, Hana non ha mosso un muscolo, mentre guardava da questa parte: se mi avesse scorto, non sarebbe certo rimasto così impassibile.

“..ed ora: Shiro!” l’ometto mi riscuote e io vedo, per la prima volta, il temibile avversario di Hana.

Entra in campo con calma. Ha un mezzo sorriso sicuro in faccia e si porta vicino all’ometto, alzando una mano in segno di saluto alla gente che lo sta acclamando. È peggio che al Madison, qui.

Poi è la volta di Hana, che entra spavaldo e chiassoso, pur senza dire nulla. La gente scoppia… è veramente il migliore, a quanto pare. Il sorriso sicuro di Shiro vacilla.

Si danno la mano e si avvicinano a un canestro per la palla a due. Sfortunatamente è il canestro più lontano. Non mi sposto per evitare di essere notato.

E la partita inizia. Shiro è bravo. Alto e potente, è anche agile. Ed esperto. Capisco da dove Hana ha preso alcune delle sue giocate, ora. Ma solo alcune.

All’inizio, lo scontro è equilibrato. Sembrano quasi studiarsi come in un normalissimo one- on- one. Ma in un attimo di distrazione di Hana, Shiro ne approfitta e gli tira una gomitata diretta allo sterno. Poi scatta e segna. Ora capisco cosa voleva dire Hana sulla “libertà dei giocatori”… “libertà di fare male”…

Vedo Hana boccheggiare un attimo, poi guardare l’altro, con espressione fiammeggiante. Mi aspetto una capocciata, ma lui mi sorprende rimettendosi in posizione, senza proferire parola.

La partita continua e continuano i falli ‘non visti’ di quello stronzo. Tuttavia Hana non risponde che  con canestri. Ora è in svantaggio di soli 4 punti. Si gioca a tempo. Mancano 3 minuti.

Il Do’aho è lanciato e sta saltando per schiacciare; quando l’altro salta e, mentre cerca di stopparlo, fa partire un calcio potente e diretto alla caviglia di Hana. Lui urla, ma segna comunque. Nel ricadere però, si lascia andare; e, come un sacco, frana a terra. Meno due.

Idiota. Mongolo idiota. Ormai, nella mia testa ci sono solo insulti. Non proverò pietà per quello stupido, che si sta praticamente facendo ammazzare… lo vedo alzarsi barcollante e avvicinarsi a Shiro… gli sibila qualcosa. Mi meraviglio che non l’abbia già steso con una capocciata. Lo scontro verbale finisce e il gioco riprende.

Shiro segna, di nuovo. Stavolta però lo fa con una bella azione. Pulita. Come per dimostrare che non ha bisogno di scorrettezze. Allora, perché le ha usate?

Hana risponde con un tiro da tre. Manca pochissimo, Hana deve impedire a Shiro di segnare e farlo a propria volta, se vuole vincere.

Subito prima che Shiro scatti nella sua ultima azione, Hana guarda verso questa parte e sorride. Non può essere... Non può sapere che sono qui! Per un attimo, il mio cervello si ferma, ma si riattiva con lo scatto di Shiro. Hana lo stoppa e poi si dirige in velocità verso la linea dei tre punti, per poter rendere valida la propria azione. Poi scatta e si lancia a canestro. Salta per schiacciare e Shiro fa per bloccarlo. Ma. Lui, all’ultimo, fa un giro su se stesso e schiaccia di lato rispetto all’avversario.

Canestro. Punto. Vittoria.

L’intero campetto è gelato. Pure io, lo sono. Quella schiacciata… il campetto esplode in urla contrastanti e io mi allontano.

 

Telefono a Midori per farmi venire a prendere, poi mi reco al luogo dell’appuntamento. Mentre l’aspetto, mi torna in mente la schiacciata di prima… l’abbiamo imparata insieme.

 

“Scommetto che la schiacciata, che abbiamo visto ieri sera alla tv, non la sai fare, Kitsune!”

“Hn!”

“Ti sfido a farla!”

“Do’aho”

Ma la schiacciata non mi riuscì.

“Te l’avevo detto, stupida Kitsune! E ora guarda il Tensai”

Ma nemmeno a lui riuscì.

Passammo la mezz’ora successiva a tentare, in una sfida, insultandoci…

“Kitsune, ti giri male!” eh?

“Sì, devi girare stando dritto!”un consiglio…

“Hn” ma seguendolo, mi accorsi che la cosa stava per funzionare.

“Do’aho, le braccia…”

e anche lui, ci andò più vicino…

dopo un’altra mezz’ora, tra insulti e consigli, ci riuscimmo. Entrambi. Insieme.

“E vai!!! La devo usare in partita!! Così tutti capiranno il mio genio!! E ora, a festeggiare.”

E mi trascinò, prima a cambiarci e poi a mangiare fuori.

Erano i giorni prima del torneo estivo del secondo anno, quello che vincemmo. Dove lui la fece, quella schiacciata, in semifinale. Mi ricordo ancora il suo sorriso soddisfatto e l’ovazione del pubblico. Anche se questo ricordo mi appare molto più sfocato del sorriso che aveva quella sera in cui la imparammo, quella benedetta schiacciata.

Era il tempo in cui eravamo… beh, era prima che lui si trasferisse. Eravamo felici. Credo proprio lo fossimo. C’erano le frecciatine degli amici, i nostri litigi, gli allenamenti supplementari… e quella strana complicità senza capo né coda, che a volte ci univa. Per imparare una schiacciata da campioni, insieme. Per prendere in giro Miyagi e Ayako. Per vincere un campionato. Per…

 

Arriva Midori e io salgo in fretta.

“Come è andata?”

“ha vinto.”

“è il migliore, quindi?”

“lo è sempre stato. Qui.”

“Allora presto si annoierà… non avrà più nulla da dimostrare…”

“hn?”

“Dovrebbe trovare una sfida nuova e più grande, non credi?”

La fisso. Non capisco. Lei continua:

“Oh, lo so. Non oggi. Né domani. Ma presto si annoierà. Hana è fatto così. Dovrebbe avere una nuova sfida, davanti…”

“Pensavo, Kaede… a volte mi chiedo se, poi, la mia vita qui sia il massimo. Se non possa chiedere di più, in nessun altro luogo. Oppure chiederlo per Kaede… o Hana.”

Mi guarda. Oh, sì che c’è quel luogo. Ma.

“Sai. Ci vorrebbe un gran coraggio.”

A fare che? Stai parlando di quello che penso io? Di quello che spero?

Impossibile.

“Un gran coraggio, davvero. E tempo. Non sono mica cose che si possono fare dall’oggi al domani, cambiare il proprio mondo e il proprio vivere…”

“Di cosa stai parlando, Midori?”

“lo sai.”

No, non lo so. Ovvero: lo ipotizzo, ma non ci voglio credere. Non ci voglio sperare. Voglio allontanare ogni barlume di pensiero, da questo proposito, per non rischiare di affogarci dentro.

“Lo farò, Kaede. Ci riuscirò, prima o poi. Fidati di me.”

 

 

Sono sdraiato nel mio letto, aspettando che Hana rientri. Dovrebbe arrivare a momenti, ormai è notte fonda. Avrà avuto dei problemi? Perché non sono rimasto… Oh, accidenti! Cosa mi preoccupo a fare? L’unica cosa in cui il Do’aho è veramente un genio è fare a botte!

Sento dei rumori in casa. È arrivato. Lo sento andare in bagno e aggirarsi per la cucina.

Forse non verrà qui. Forse se ne andrà nella sua stanza.

Ma la porta della stanza si apre, contraddicendomi.

Lo sento entrare e sdraiarsi al mio fianco.

“Inutile che fingi di dormire, volpaccia dispettosa” mi sussurra sulle labbra, prima di baciarmi.

Per una volta, ha ragione lui. Rispondo al bacio.

 

“Noto con piacere che, con il tempo, sei diventato più ubbidiente.” Dice, con tono ironico.

“Hn?” Ubbidiente? Che cazzo di parola è?

“ti avevo ordinato di non venire alla partita” dice, calcando sulla parola ordinato.

“Io non accetto ordini da nessuno. E non sono venuto”

“No? Allora ho perso un’occasione… c’era un tipo fichissimo, che non ha fatto altro che fissarmi. In effetti… non potevi essere tu, lui era decisamente più alto e bello…” declama lui, scherzosamente.

“hn”

“Pensa che, quando ho fatto la ‘mia’ schiacciata, ha urlato dall’emozione…”

“Hn??”

“..e quando Shiro mi ha fatto un brutto fallo, sembrava volesse entrare in campo e ucciderlo.”

È vero, la sua caviglia!

“Come sta la tua caviglia?” chiedo preoccupato.

“e tu come facevi a sapere che il fallo era sulla caviglia?”

“pff… Do’aho”

lui ride e mi stringe. “Sta bene. Piaciuta la partita?” dice leggero, ma.

“mmm… niente di speciale.”

“Kitsune…” mormora lui, come se in realtà stesse ringhiando…

“e poi quella schiacciata, Hana… pure i liceali la sanno fare…” dico con tono indifferente…

“A Midori regalerò un stola di volpe…” sibila.

“Ma non siamo in stagione” replico io.

“Lo saremo presto…” “Do’aho” “Grrr”

 

“Kaede…”

“Hn”

“Sei stato attento, vero? Non hai parlato con nessuno?”

“No.”

“Bene. Non che mi preoccupassi per te, stupida Volpe. Tu non parli mai. Figurati, se avessi iniziato a farlo stasera…”

“Hn”

“Appunto.”

“Sono il migliore, ora. Ci ho pensato molto, mentre tornavo a casa. Ecco perché ci ho messo tanto. Sai, Midori mi aveva chiesto di mollare.”

È perso nei suoi ragionamenti e non si accorge del mio inconscio tremore.

“In fondo ha ragione. Non posso continuare così. Kaede sta crescendo, iniziando a fare domande. E io mi sto pian piano inguaiando, lo so. E poi… ormai sto invecchiando!”

“Pff…”

“Ok, proprio invecchiando, no. Ma. Ora non devo più dimostrarmi nulla. Credo. E posso scegliere cosa fare della mia vita. Ora che sono abbastanza in alto, per poter decidere; e non troppo in alto, per essere ricattato.

E ho scelto di piantarla. Ora sarò un allenatore. E basta”

La sua voce si incrina su quel ‘e basta’.

Improvvisamente mi rendo conto che lui ha appena –definitivamente- detto addio al basket. O almeno, a quello che gli rimaneva di esso. Vorrei gridare.

Di nuovo questa furia mi prende, come già è accaduto, in questo ultimo mese.

Vorrei dirgli, ordinargli, di venire con me in America.

Trascinarlo sul mio volo e poi nella palestra della mia squadra.

E ‘fanculo tutti.

Ma non si può. Lo so. Ormai anch’io mi sento responsabile per Midori e Kaede e non posso portargli via Hana, così.

“Hana…”

“Lo so, Kitsune. Lo so… ti amo anch’io.”

 

“Kaede…”

“Hn?”

“Ecco… vedi, io…”

“Cosa c’è?”

“Hai presente quando sei stato ricoverato in ospedale?”

“hn”

“vedi… ho guardato nel tuo portafoglio… non volevo farlo, ho DOVUTO! Tu eri incosciente e non sapevo chi contattare…”

“era la cosa più logica…”

“ecco.. ho visto la foto che ci tenevi dentro.”

“hn”

lo sapevo. L’ho sempre saputo, in questo mese, che lui l’aveva vista. Non è niente di che. Solo una foto, che ci hanno fatto durante la premiazione del torneo estivo che abbiamo vinto. Siamo noi due. Lui ride ed ha un braccio attorno al mio collo. Io ho la mia solita espressione. Ma i miei occhi brillano.

“Volevo chiederti se potevi aggiungerne un’altra…”

lo guardo incuriosito. Lui pare imbarazzato.. salta giù dal letto e raccatta la sua sacca. Ci fruga dentro per trovare il portafoglio e, da questo, estrae qualcosa.

Me la porge. È un ritratto della famiglia Sakuragi. Hana ha sulle spalle un Kaede non molto più piccolo di ora e al suo fianco c’è Midori, sorridente.

“Direi che si può fare…”

“Baka…”

“Do’aho”

Abbraccio.

 

 

 

Vengo svegliato da Hana che si muove. È la prima volta che, al mio risveglio, lui è ancora qui nel mio letto. Ma solo perché è domenica, ed è molto presto.

Lunedì partirò. Ovvero domani. Tra poco più di 24 ore.

Non avrò molto bagaglio con me. In questo mese, spesso ho usato roba di Hana.

Ne avrò tantissimo. Avrò le marachelle di Kaede, lo sguardo materno di Midori, le notti con lui.

Lo accarezzo piano sui capelli corti e incasinati.

Vorrei fotografare il suo profumo, per non rischiare di perderlo tra il ciarpame che spesso occupa la mia memoria.

Mi torna in mente ora questa frase, letta chi sa dove. Vorrei farlo veramente.

 

Continuo ad osservarlo. Devo imprimermi bene tutto questo nella memoria.

Il suo corpo, rannicchiato contro il mio. Il suo calore, che mi ha riscaldato per così poco…

Lo accarezzo leggero.

Avrò la foto che mi ha appena dato. Ma. In realtà non avrò bisogno di foto.

Perché la cosa che più mi mancherà di lui sarà la sua pelle.

Non basterà un’immagine per ricordarmene la morbidezza, né una boccetta del suo profumo per risentirne il sapore sulle labbra.

Con un dito, traccio immaginarie linee sulla sua spalla. Sperando che non si svegli e allo stesso tempo che lo faccia.

Mi torna in mente la discussione con Midori, quando mi ha chiesto delle possibilità di Hana in NBA.

Per un momento, vorrei che lei avesse veramente il coraggio che a noi manca. Che decidesse di fidarsi di lui, di noi. Come noi dobbiamo farlo di lei…

E mollasse tutto, per venire in America.

In questa calda notte, mi perdo a immaginare una vita nuova, per tutti noi.

Crescere Kaede, vedere i capelli di Midori imbiancarsi…

Stringo piano Hana. Lui, inconsciamente, risponde all’abbraccio.

In questa lunga calda notte, me ne torna in mente un’altra, fredda.

La sera in cui, per la prima volta, capii cosa volesse dire ‘perdere qualcuno’.

Quella in cui lui uscì dalla mia vita.

Lunedì, sarò io ad uscire dalla sua. Mi viene da sorridere pensando che così saremo pari…

Lo perderò di nuovo. Cazzo. Sarebbe stato meglio non averlo mai avuto!

 

No. Almeno ora so che saremmo stati felici. Che siamo stati felici.

E chi sa. Forse lo saremo ancora.

 

“è stato meglio amarci e doverci lasciare, che non esserci amati affatto”*

 

End chapter 8 - Ends

 

 

* adattamento al testo della celebre:

E' stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati.(F. De Andrè)

 

I personaggi appartengono al loro creatore

 

 

Nota: questo capitolo è stato fonte di molte controversie. Sia Ely che il "mio fratellino", unici ad averlo letto fino ad ora, mi hanno ampiamente insultato per esso. Probabilmente starete dandogli ragione. E mi hanno convinto a modificarlo. Solo un po', però, che sono pur sempre una scrittrice pigra.

In realtà, all'inizio, si doveva avere una fine diversa. Ely, unica ad esserne in possesso (accidenti a me e alla mia fretta di farle leggere ciò che scrivo)  continua a ripetermi di mettere un annuncio del tipo: spedirò il primo finale a chi me lo chiederà alla seguente mail (goblinem@libero.it) ... Inutile cercarla di corrompere con la vaga promessa di un last chapter...

ma. Mi piaceva troppo finirla così...

però. Forse un last chapter...

                                                    chi sa.

 

cipo! N

 

 

 



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