Lost
(and found you, today)
Di N
Chapter 5 -
His life
Apro piano un occhio,
infastidito dalla luce del mattino. Sono sdraiato tra le lenzuola
sgualcite. Ho già una risposta alla mia muta domanda, ma comunque tendo
la mano verso l’altra metà del letto. Vuota. Tengo ancora un attimo gli
occhi chiusi. Cerco di ricacciare indietro… cosa? Delusione? Rabbia?…
Dolore?
Non mi riconosco più.
Ieri sera l’ho aggredito di domande… e poi. Il poi non lo voglio
ricordare. Troppo bello. Irreale. Mi sento strano, quasi malinconico.
Qui, nel mattino caldo, da solo.
Basta! Apro gli occhi
di scatto, spinto da una forza che potrei definire quella dell’orgoglio
e mi alzo a sedere. Vorrei far finta di nulla, ma lo sguardo mi scivola,
dispettoso, dove poche ore prima c’era lui. Ma c’era veramente? Appoggio
la testa sul suo cuscino e respiro il suo odore.
Non ho sognato. Ma ciò
non impedisce che tutto questo non si possa trasformare in un incubo.
Mi alzo deciso. Ho
indugiato in pensieri anche troppo. Non è da me.
Non è successo nulla di
importante. Ora continueremo ad ignorarci e presto me ne tornerò in
America, alla squadra, a casa.
Mi vesto in fretta e
ignoro il nostro profumo che impregna l’aria. Apro la finestra per
eliminarlo. Come se si potessero così cancellare anche i ricordi nella
mia testa.
Sto uscendo per fare
colazione, quando sento il telefono squillare e
Midori rispondere. Poco dopo mi chiama
“Rukawa-san,
c’è una chiamata per lei. Dall’America!”
Rispondo con calma.
Visto che quello str***o mi costringe ad aspettare altri 15 giorni per
rientrare, lui può tranquillamente aspettare qualche istante.
“Hallo,
Rukawa. Come va? Ti godi le vacanze?”
Io odio l’ironia
americana. Comunque non lo mando al diavolo e ascolto paziente le sue
istruzioni. La preparazione è iniziata e i giornalisti si sono accorti
della mia assenza. Lui ha detto dell’infortunio e del fatto che sono in
Giappone. E aggiunge anche che mi devo preparare ad essere tartassato di
telefonate…
“Non credo. Non mi
troveranno”
“Io ci sono riuscito…”
“Lei sapeva il nome dell’ospedale… e lì le avranno dato questo numero
solo perché è il mio allenatore…”
“Non sottovalutare
troppo i giornalisti, ragazzo mio. Sono una razza infida! Comunque,
goditi il resto della vacanza. Ci vediamo al tuo ritorno: dopo aver
tolto il gesso. Se torni prima…beh evita di tornare: delle due, è
meglio!”
“Hn”
Che bella situazione: ho appena passato la notte con il mio rivale d’un
tempo –amore di un tempo- che si è volatilizzato come neve al sole del
mattino, il mio coach mi impedisce di
tornare a casa con le minacce e, da un momento all’altro, i giornalisti
–quei rompic…- potrebbero trovarmi e
subissarmi di domande. Che cavolo può succedere ancora?
“Kitsune,
sei sveglio? Giochi con me??!!! Dai.. l’asilo è chiuso e io mi annoio!”
Ecco cosa può
succedere.
Ma sto veramente
sorridendo?
“Cappellino, fazzoletti… Merendina…palla…Ok, c’è tutto! Siamo pronti
per il parco!”
Osservo, comodamente seduto sul divano, uno dei momenti della vita di
questa casa che più mi piacciono. Si chiama “vestizione di
Kaede” e serve per preparare la peste ad
uscire… di solito per andare al parco con Hana…
la prima volta che l’ho osservata mi è quasi venuto da ridere… il
Do’aho sembrava un militare impegnato in
un’importante missione. Anche ora, li sto guardando con pigro
divertimento.
Stanno per uscire. Vuol dire che avrò un po’ di tempo da passare in
solitudine, visto che Midori è in negozio. I
primi giorni attendevo questo momento, come un prigioniero attende l’ora
d’aria.
Ora, non so.
Kaede
mi guarda e poi si illumina… deve avere avuto un’altra delle sue idee
geniali: siamo sicuri che Hana sia
veramente solo lo zio? … oppure sono la dimostrazione che l’educazione
conta molto nel carattere di una persona…
“Kitsune!
Vieni con noi?” la sua vocetta squillante mi
toglie dai miei pensieri. E anche l’udito per un po’…
“Kaede...
lui fa fatica a camminare, non credo che riuscirebbe a venire fino al
parco…”
Inizia Sakuragi, per me. Ma io odio che si
risponda al posto mio, sono stufo di stare qui, come un relegato,
e.
E,
in realtà, non mi va di star solo…
“Ok, vengo. Solo che dovrai aspettarmi, perché avrò le stampelle”
Il
bimbo si illumina, mentre il Do’aho mi
guarda con occhi sgranati.
“Non mi sembra…”
“risparmia il fiato. Sono stufo di stare qui.”
E
così mi ritrovo al parco dell’incidente, a guardare i ragazzini giocare
e Kaede costruire l’ennesima torre da
abbattere. Mentre, ovviamente, mi descrive ogni bambino in un
chiacchiericcio continuo. Io mi godo la frescura del parco, il
sottofondo di Kaede, la vista del corpo del
Do’aho…
E
penso che sono passati due giorni, dalla notte che. E non ne abbiamo più
parlato. Non abbiamo parlato, in generale. Non ce n’è stata mai
l’occasione. E nessuno dei due ha mai cercato di crearla.
“Tensai!
Ma guarda, guarda… finalmente hai capito che puoi giusto vincere con i
bambini…”
“Oh, il Tricheco! Sei venuto a prendere lezioni pure tu?”
Vicino al campo è apparso un ragazzo enorme. È alto e grosso come
Uozomi e, con fare scherzoso e bonario, ha
iniziato a insultare il Do’aho. Che ha
ancora la mania dei soprannomi animali, noto.
“Ragazzi, che ne dite di vedere come si gioca veramente a basket?”
Un
coro di sì entusiasti accoglie la domanda del “Tricheco” e
Hana sorride felice.
Devono essere amici.
“Ok. Cosa vuoi scommettere, stavolta?”
“Chi perde paga la cena.”
“Ok. Palla allo sconfitto del match precedente o a quello che ha perso
più spesso? Oh, dimenticavo che sei sempre tu…” sorride angelico il
Do’aho…
e
iniziano a giocare.
Nonostante la mole, lo sconosciuto è agile. È bravo anche nei tiri in
sospensione, ma.
Ma
non è lui che mi fa spalancare la bocca. È Hana.
Con me non ha giocato così. È preciso, veloce, letale.
Si
è trattenuto. Giocando con me, si è trattenuto.
Kami
Sama. Brutto figlio di
put… bastardo. Chi c@**o si crede di essere per non impegnarsi
confrontandosi con me?? Lui brutto figlio di.. str°**o…
Io lo ammazzo. Gli faccio perdere a pugni quel
sorrisetto sicuro, io. È un cretino, uno sbruffone, un
do’aho.
È
magnifico.
Lo
vedo studiare l’avversario con un'espressione ironica, da predatore, poi
partire. Con potenza, superarlo e poi andare a schiacciare.
Cosa ci fai qui? Cosa c@**o ci hai fatto qui, per tutti questi anni? Tu…
potevi… tu DOVEVI essere con me. Nei campionati, in nazionale. In
America.
Perché sei qui, k’so, in un campetto anonimo
e non in un grande palazzetto a far urlare
migliaia di tifosi? Perché sì, stupido Do’aho,
avrebbero urlato per un’azione come questa. Per quella tua espressione
sfrontata e sicura. Migliaia di persone si sarebbero perse nella visione
del tuo corpo forte e veloce.
Invece sei qui. Perché? PERCHE’?
Una risata mi riscuote. Giro la testa e vedo Kaede
che ha abbattuto la torre.
Ecco il perché.
Dovrei odiarti, bambino. Mi hai portato via lui. E la mia felicità. E la
sua. Senza nemmeno chiederci permesso. Né scusa. Senza di te, lui
avrebbe continuato a giocare. Sarebbe stato ancora mio. Non avrei mai
provato il sottile dolore che mi ha accompagnato ogni giorno per tutto
questo tempo. Se tu non fossi mai esistito...
Ma
sorrido al piccolo. Lui non c’entra. Hana
non è mai stato mio. E sempre lui ha scelto tutto questo.
Stupido Do’aho. Stupido io che te l'ho
permesso.
“Ahahahahah!
Il Tensai colpisce, ancora! Tricheco mio,
non mi batterai mai! Sono il migliore!”
quest’urlo mi trapana orecchie e anima. E mi riscuote.
Hana sta festeggiando la vittoria prendendo
in giro l’amico e facendo volare Kaede.
Scemo. Non posso impedirmi di pensare che stai sprecando la tua vita,
così.
“Allora, piccolo… cosa vuoi per cena? Tanto, oggi offre lo zio
Tricheco!”
“Ehi… non mi sembrava di aver detto che avrei offerto la cena anche a
lui!”
“E
lo vorresti lasciar morire di fame? Il tuo nipotino prediletto? Sangue
del mio sangue? Sei senza cuore!” Lo prende in giro
Hana. Poi il suo sguardo finisce sulla panchina dove sono seduto
io. Non su di me. Sono due giorni che cerca, in tutti i modi, di evitare
il contatto visivo diretto con me.
“Ah! E poi c’è anche lui, ma non ti preoccupare… lui non mangia, finge!”
E
l’amico si volta verso di me. Prima non mi aveva notato, ma ora mi fissa
sgranando gli occhi e poi posando uno sguardo allucinato verso
Hana.
“Taro ‘Tricheco’ Hayuhara ,
Kaede ‘Kitsune’
Rukawa” dice lui, con tranquillità
“quee
quel Rukawa?” domanda l’altro, guardandolo
fisso.
“non so. Io, di Rukawa, conosco solo lui…”
l’altro lo guarda e biascica qualcosa, poi si volta verso di me “Onorato
di fare la sua conoscenza”
“Sua??? Ma tricheco, è più giovane di te!!! Ma per favore!”
“Sakuragi
ha ragione. Piacere”
“Ok.. per oggi, sono buono.. non dovrai offrirci la cena. Ora però
andiamo, perché Midori sarà quasi arrivata…
salutami Tome e la piccola. Come stanno?”
“bene, visto che sono al mare…io le raggiungerò solo domani. Ero passato
a salutarti”
“allora, bisogna festeggiare. Vieni a mangiare da noi!”
“ma…” “Tricheco… lascia perdere. Tanto lo so, che era la cucina di
Midori il tuo vero scopo…”
L’altro scoppia a ridere e gli dà ragione.
Io
mi sento di nuovo estraneo. E una volta di più, ho la conferma che
Hana qui si è fatto una vita completamente
diversa da quella che conduceva a Kanagawa.
Ma non ho tempo di perdermi nei miei contorti vagare, perché
Tri… Hayuhara
mi chiede della gamba… e Kaede risponde
per me.
Dopo cena io, Hana e
Hayuhara ci mettiamo in giardino a chiacchierare.
Kaede è con Midori
che lo sta facendo addormentare e noi ci godiamo il fresco della sera.
Tricheco non mi ha chiesto molto sul perché sia qui, su come ci siamo
conosciuti io e Hana e altre cose del
genere. Ho avuto l’impressione che, più che non esserne curioso, sapesse
già tutto. Hanno chiacchierato della sua famiglia, della sua figlioletta
di 3 anni, del suo lavoro in un market. Io ho ascoltato e, in alcuni
punti, ho quasi riso. Quasi.
Ma
ho la sensazione che Hayuhara voglia parlare
anche di altro. Non in mia presenza, però.
Con la scusa di prendere qualcosa da bere, mi allontano per lasciarli
parlare in pace.
Gironzolo per la cucina, bevo, vado in camera… quando penso che sia
passato abbastanza tempo, faccio per uscire. Ma ciò che sento mi blocca
sulla porta.
“Allora, come stai?”
“Bene, Taro. Perché?”
“Hana…
è da te da giorni… e so benissimo cosa rappresenti per te. E ormai ti
conosco, Scimmia”
“Sto bene. Non è successo nulla. E lui non rappresenta più nulla, per
me.”
“sì.. certo. Infatti non è per lui, che ancora non hai un compagno. Che
ti alleni come un disperato, notte dopo notte. Che guardi le sue partite
fino, a rovinare i nastri… “
“Taro, piantala! Io… non ora. Tra poco, lui se ne tornerà in America. E
tutto tornerà come prima.”
“cambiare le cose, Tensai, no? Magari anche
lui… l’America non è un brutto posto, per viverci. E tu ce la faresti
come giocatore…”
“Ma perché ti diverti sempre a fare il fratello maggiore con me?”
“perché ne hai un dannato bisogno, ecco perché!”
“Io ho bisogno che tu faccia il tuo dovere di centro in partita e che mi
lasci in pace, negli altri momenti…”
Io
ascolto imbambolato. Ciò che ho sentito… inutile, sono sconvolto.
Allora, anche lui… Non mi ero sbagliato. Lui, io… K’so.. perché diavolo
è andata in questo modo di m… perché diavolo non me l’hai detto? Tu lo
sapevi, tu l’avevi capito che io… dovevi averlo capito che ti amavo!
Perché cavolo sei venuto qua? Perché non mi hai mai cercato, chiamato?
Hai rovinato entrambi!
Una vocina mi dice che anch’io non ho fatto nulla, per noi. Ma che
cavolo, lui se n’è andato in un’altra città! Mica potevo seguirlo! –no?-
Il
silenzio tra i due viene rotto dal più anziano:
“Hana…
c’è un problema. Shiro”
Sento il tono di Hana farsi tremendamente
serio mentre chiede cosa voglia.
“Una rivincita. Mercoledì notte. Ha mandato la Biscia a riferirmelo”
“Ma che fortuna! L’hai schiacciata, vero?”
“Mi sarebbe piaciuto, ma. Che si fa? Lucas è
ancora in convalescenza. Credo che se gli dicessimo..”
“oh, certo! Giocherebbe. Così quelli potrebbero finire di disintegrargli
il ginocchio… che palle! Ok. Domani chiamo Hojo.
Stavolta potrà organizzare le sue scommesse su un bel one on one…”
“Shiro
non accetterà mai, lo sai.”
“Io non voglio coinvolgere Lucas e te,
stavolta. Lui è ancora malconcio dall’ultimo fallo della Biscia e tu…
non dovevi andare al mare?”
“Ma..”
“niente ‘ma’. O Shiro accetta il one on one,
o è ufficialmente un codardo! E io sarò sempre l’unico e solo
Tensai!”
“Scemo… ma Rukawa, dov’è? È un pezzo che è
andato…”
“Si sarà addormentato da qualche parte… si è fatto tardi…”
Ma
Rukawa non è addormentato.
No. Anzi.
Non sono mai stato più sveglio di così. Mi siedo in cucina e aspetto.
Dopo poco sento la porta di casa chiudersi. So che
Hana verrà qui per controllare la porta finestra. È proprio ciò
che voglio.
Entra senza nemmeno accendere la luce e non mi nota. Macchia scura in un
ambiente buio.
Mentre è voltato, mi decido a parlare.
“Chi diavolo è Shiro? E cosa centrano le
scommesse?”
Lui sussulta e impreca. “K’so, Ru. Ma la
pianti di comparirmi alle spalle? Vuoi forse uccidermi? E poi, non so di
cosa tu stia parlando”
“Non fingere. Ho sentito… con Taro”
“uhm.. bene. Da quando ti interessi tanto dei fatti altrui, da metterti
perfino ad origliare?”
“Fottiti
Sakuragi.”
“Scommetto che preferiresti farlo tu…”
Mi
alzo di scatto e mi slancio verso di lui. E inizio a colpirlo, con tutta
la mia forza. Con tutta la mia volontà, la mia rabbia, il mio odio. E
pure il mio amore, che mai si è spento. Maledetto lui e maledetto io.
Lui risponde con uguale impeto. Sembra quasi che sia disperato quanto
me.
Alla fine ci ritroviamo sdraiati sul pavimento, stremati. Sono
appoggiato a lui. Sento il calore del suo corpo e il profumo della sua
pelle. Penso che sarebbe facile perdermi nuovamente in lui. Troppo. Io
odio le cose facili. E poi sarebbe inutile. E io odio ancor di più le
cose inutili.
Faccio per rialzarmi, ma le sue braccia mi trattengono. È il suo primo
gesto spontaneo d’affetto.
Cerco il suo sguardo, ma lui si ostina a negarmelo. Allora mi adagio
nuovamente su di lui e aspetto. Cosa, non so.
“Io… quando ho smesso di giocare nella squadra del liceo, ho iniziato ad
allenarmi da solo alla sera. Non potevo pensare di rinunciare
completamente al basket. Così, quasi ogni notte, andavo al campetto che
hai visto e mi allenavo. E pensavo…”
“a
che?” chiedo in un sussurro.
“oh, a tante cose. Alle cose da fare il giorno dopo, alle bollette da
pagare.. a Kanagawa. A quanto mi mancavate.
A quanto mi mancavi. Ma. Una sera arrivò un tale, al campetto. Mi guardò
giocare e mi disse che ero veramente bravo. Mi chiese se mi andava di
giocare con lui e i suoi amici ogni tanto…
Io
accettai. Fu così che incontrai Shiro.
All’inizio mi piaceva allenarmi con loro. Erano bravi, maledettamente
bravi. Mi sembrava di essere quasi tornato allo
Shohoku. Biscia è un ottimo play… e Shiro.
Beh, lui è bravo in tutto. C’erano anche altri… poi mi chiesero di
partecipare ad un incontro. Mi dissero che alla squadra vincitrice
sarebbe stato offerto un premio in denaro. Io avevo sempre bisogno di
soldi, a quei tempi e così…
La
sera dell’incontro, scoprii che erano incontri clandestini organizzati
dai boss locali appassionati a questo sport… che non disdegnavano di
puntare anche grosse somme sui risultati. E poi lo spettacolo era
divertente, perché i giocatori erano più ‘liberi’”
“Liberi?”
“Diciamo che il concetto di fallo è molto relativo… quella sera con
Shiro e Biscia vinsi un bel po’ di soldi. Ma
loro giocavano al limite del massacro e io li odiavo per questo. Ok,
sono manesco anch’io. Ma devo essere provocato. Loro… loro volevano fare
male agli altri, in modo da poter vincere in maniera semplice…
già alla terza partita volevo tirarmene fuori… ma. Ero bravo e ai boss
piaceva come giocavo, mi volevano spesso e volentieri. Ma non lo ero
abbastanza per poter dettare legge… e poi Shiro
sapeva essere molto persuasivo…
Tempo dopo, incontrai Lucas e Taro. Quasi
per caso, una sera che ero ad allenarmi in un altro campetto, per non
dover incontrare la ‘mia’ squadra. Li avevo già visti giocare e mi
piaceva come lottavano in maniera pulita…
Volevo mollare Shiro e giocare con loro. A
loro andava bene, per forza! Stavo diventando il migliore sulla piazza…
e lo divenni quando sconfissi Shiro in un
one on one. A quel punto sono stato riconosciuto come un ‘capo’ e lui
non si è potuto opporre al mio crearmi una squadra mia”
“Perché non hai semplicemente smesso? Perché continuate?”
“Soldi. La vita in Giappone non è facile per tutti. Io, Taro,
Lucas… perfino Shiro
.. avevamo bisogno di soldi.”
“tu non ne hai più… mi sembra”
“Ma Taro e Lucas sì, non posso
abbandonarli.. e poi… c’è la sfida. C’è il dimostrare d’essere il
migliore e di esserlo in maniera pulita. Ho rinunciato a molto. Ma
quando gioco, nelle sere fresche, impegnandomi al massimo… sento meno il
peso di tutto.”
“non dovresti giocare per la Yakuza.
Dovresti farlo in un palazzetto…Ha ragione
Taro. Ce la faresti pure in America”
“Cavolo. Devo segnarlo sul calendario. Kitsune,
mi hai appena fatto un complimento sul mio modo di giocare! Finalmente
hai capito la superiorità del Tensai, eh?”
“non esagerare, ora, Do’aho”
“mi pareva”… sento che sorride e mi stringe un po’ di più. E io mi
lascio abbracciare.
“E
Midori?”
“la prima volta che sono tornato dopo la partita, mi ha beccato in bagno
con un labbro rotto, un ginocchio sanguinante e un livido sul fianco,
enorme… è rimasta impalata a fissarmi e poi mi ha chiesto cosa fosse
successo. Volevo raccontarle una balla, ma. Le ho detto tutto. Lei mi ha
sgridato, mi ha intimato subito di smetterla e robe del genere. Io non
l’ho nemmeno ascoltata… abbiamo vissuto mesi di guerra fredda. Poi, una
notte, mentre mi medicavo l’ennesima ferita, me la sono ritrovata sulla
porta del bagno. Mi ha solo chiesto ‘perché?’
Le
ho detto dei soldi… e dei sentimenti. Da allora, rispetta questa mia
scelta. Ma non può fare a meno di preoccuparsi.”
“Povera donna… la capisco. Già ha un ciclone piccolo in casa, con te che
lo sei in e fuori…”
“Ehi! Non offendere” mi dice, tirandomi piano un ciuffo di capelli.
Alzo la testa e incontro i suoi occhi. Nel buio sono solo due piccoli
barlumi luccicanti. Mi piacerebbe vederli meglio, per leggervi dentro.
Ma, in realtà, il suo calore mi sta intossicando. E ora ho solo voglia
di stargli il più vicino possibile.
Mi
sporgo e lo bacio sulle labbra. Calde e morbide. Accoglienti. Non so
cosa succeda poi, ma quando un barlume di coscienza si risveglia, mi
ritrovo sdraiato sul pavimento mezzo svestito, perso in un bacio che sa
di gioia e malinconia allo stesso tempo.
Lui si stacca e, dopo un piccolo sospiro, sento la sua voce dal tono
incerto: “Kaede, non credo…”
‘Kaede’…
è la prima volta che chiama me, così. Ormai credevo d’essermi abituato a
sentirgli pronunciare questi suoni. Eppure, lui ora l’ha fatto in un
modo talmente nuovo e bello che rimango un attimo senza fiato.
“…
tu te ne andrai e io…”
non lo stavo ascoltando. Non lo voglio ascoltare. Lo bacio,
interrompendolo.
Poi sulle sue labbra sussurro: “Non ora. Domani. O forse anche dopo.
Faremo poi, tutti i ragionamenti che vuoi. Ora voglio solo sentirti con
me, in me.”
Mi
stringo a lui, affondando la testa nell’incavo della sua spalla. E lui
mi ricambia, per poi lasciarsi nuovamente baciare.
End chapter 5 -
His life
I personaggi
appartengono al loro creatore.