Ed eccoci arrivati al terzo capitolo della mia stravagante fic! ^___^ Chiedo scusa per eventuali errori di battitura o se per caso mancano delle parole, non ho riletto. Spero vi piaccia. Smack kary Lo scambio parte III di Kary_chan
Rukawa quella mattina si svegliò controvoglia. Era andato a dormire molto tardi e non aveva riposato abbastanza. Si domandava come facesse Hanamichi a non crollare con tutti gli impegni che aveva. Adesso capiva perché l’altro giorno all’allenamento era così poco attento e reattivo. E pensare che lui era nei suoi panni solo da un giorno. Si lavò e si vestì in tutta fretta, rischiava di arrivare in ritardo. Si impose di comportarsi come il rossino per non destare sospetti. Nel frattempo immaginava come avrebbe potuto essere l’incontro con Hanamichi-Rukawa, vedere il proprio corpo da un’altra prospettiva. Avrebbero dovuto parlare civilmente per trovare una soluzione, cosa che sembrava più facile a dirsi che a farsi. Fortunatamente il padre era già uscito, quindi non dovette risentire le parole astiose del giorno prima. Ringraziò il cielo per questo, e ringraziò anche per non essere nelle stessa classe del suo corpo, altrimenti avrebbero dovuto incontrarsi subito e non era pronto. Si trovarono finalmente uno di fronte all’altro all’allenamento. Rimasero parecchio tempo a fissarsi senza dire nulla, l’emozione di trovarsi di fronte il proprio corpo era un’esperienza schokkante, più che svegliarsi in un altro corpo. Il loro strano silenzio incuriosì tutta la squadra che li attorniò a poco a poco, i due decisero così di inscenare una tipica litigata. Per una volta fu Hanamichi a dire “Do’hao” a Rukawa, anche se all’esterno le cose erano invariate. Durante la scazzottata, facendo bene attenzione a non essere sentito Rukawa-Hanamichi disse “Da me dopo l’allenamento”, stupendo il rossino. Dopodiché si staccarono prima di ricevere un bel pugno sulla testa. Durante l’allenamento tutti si stupirono dei progressi di Sakuragi e soprattutto del suo silenzio. Nonostante il volpino si impegnasse non riusciva ad essere rumoroso come l’originale. Si divertì molto a scoprire le enormi potenzialità latenti del rossino. Tutta la sua inettitudine stava nella scarsa conoscenza dei fondamentali, che lui per contro conosceva alla perfezione. Dovette però trattenersi, se avesse mostrato le capacità massime di quel corpo non avrebbe potuto giustificare la momentanea bravura, e poi quando tutto fosse tornato normale avrebbero preteso dal vero rossino cose che non sarebbe stato in grado di fare con la sua attuale preparazione. In compenso notò che Hanamichi se la cavava perfettamente nel suo corpo, tanto che rimase affascinato guardandosi giocare. In quel momento lo scambio di corpi non gli sembrò affatto una cosa brutta, pensò quasi di non voler tornare quello che era. Dopo che aveva conosciuto la vita di Hanamichi quest’ultimo era diventato per lui quasi un modello, quella sua forza di carattere, quella sua allegria, aveva capito ancora di più la sua unicità. Si era accorto già da tempo che il rossino fosse speciale ma ora ne era sicuro. Nessun altro se ne era accorto, a parte forse Mito. Per non destare sospetti uscirono in momenti diversi, incontrandosi davanti al cancello della villa del volpino. Hanamichi dovette finalmente guardare in faccia la realtà. Rukawa era nel suo corpo……..quindi…….aveva incontrato suo padre. Avrebbe dovuto parlare del suo passato proprio con la persona che non voleva deludere. Avrebbe dovuto aprire il suo cuore, ma aveva paura, di essere compatito, di essere deriso, di essere odiato ancora di più. In fondo gli insulti di suo padre erano sempre molto pesanti, ed era toccato alla volpe sentirli. Entrarono in casa senza parlare. Si sedettero in salotto uno di fronte all’altro. Per diversi minuti nessuno parlò. Stupendo entrambi il primo fu Rukawa-Hanamichi. “E’ inutile star qui a fissarci. Io sono te e tu sei me. Sfortunatamente non è un sogno. Sai cosa possiamo fare? Sai perché ci troviamo in questa situazione?” Il moretto fece segno di no col capo. “Allora io sono bloccato nel tuo corpo? Magari per sempre?” Hanamichi-Rukawa non si mosse. Sembrava un manichino privo di espressione. “Mi dispiace” “Hana non è colpa tua” Rukawa si stupì dell’affetto che scaturiva da quelle poche parole, soprattutto per aver usato il diminutivo, come se fossero amici di lunga data. Ma il rossino non se ne accorse. “Lo so. Ma mi dispiace che tu sia intrappolato in quell’inferno che è la mia vita. Non lo augurerei neanche al mio peggior nemico” “Ma io sono il tuo peggior nemico” disse con tono divertito Rukawa “No, non lo sei. Non lo sei mai stato” Rukawa si sentì sollevato “Ma dimmi, hai incontrato mio padre?” Ru-Hana annuì. “Cosa ti ha detto?” Rukawa fece un sospiro profondo. “Ha detto che sono un assassino e che non vede l’ora di sbattermi fuori di casa. Cioè, l’ha detto a te, in modo molto irritato. Che significa? E poi perché lavori così tanto? Come fai a trovare il tempo e le forze per fare tutto? Perché non vuoi essere aiutato, nemmeno dal tuo migliore amico?” Ecco, il momento era giunto. Eppure sembrava più facile del previsto, non aveva sentito traccia di odio nelle parole della volpe, anzi, sembrava preoccuparsi per lui senza compatirlo. La volpe lo guardava, o meglio, il suo viso lo guardava, con un’espressione dolcissima e preoccupata. “Non voglio aiuto perché non voglio la pietà degli altri. Ce la farò da solo, a costo di lasciare il basket” “NO” l’urlo del moretto lo interruppe bruscamente “Non puoi buttare al vento tutto l’impegno che ci hai messo. Hai delle potenzialità eccezionali! Credimi, io sono nel tuo corpo. So quello che può fare” Hanamichi sorrise lievemente. Rukawa si stupì nel vedere una simile espressione sul proprio volto solitamente inespressivo. “Grazie. Però se sarò costretto lo farò, anche se a malincuore. Devo lavorare per mantenermi. Sono ormai più di due anni che lavoro, mentendo sulla mia età, per mettere da parte i soldi necessari. Tra pochi giorni mi butterà fuori di casa e io non ho ancora trovato una sistemazione. Ma ce la farò” Il suo sguardo era fiero e agguerrito. “Sono certo che ce la farai, ma permettimi di aiutarti” Lo sguardo di Hanamichi lo incenerì, ma lui continuò. “Almeno fino a quando non avrai trovato un posto. Qui sono solo, in questa casa enorme. Te ne sarai accorto. E poi, se devo essere sincero non ho nessuna intenzione di rivedere tuo padre. In fondo ora ci sono io nel tuo corpo” disse l’ultima frase con un sorriso. Quel volto era così malleabile che quasi non si accorse di aver contratto i muscoli del viso. “Già, mio padre. E’ una persona sgradevole. Puzza sempre di alcool e di fumo. E come biasimarlo. Io gli ho portato via l’amore della sua vita” “Cosa vuoi dire?” “Ancora non lo sai? Mia madre è morta di parto. Da quel che ricordo mio padre mi ha sempre etichettato come assassino. I miei nonni si sono presi cura di me fino a due anni fa. Quando morirono fui costretto a tornare da lui. Da allora non passa giorno che non mi insulti, in fondo è l’unica ragione per cui mi ha preso con sé. Legalmente non è mio padre, non ha voluto riconoscermi. Ogni volta che mi vede non perde l’occasione di insultarmi, non ce la faccio più. Ieri mattina mi sono sentito sollevato non sentendo le sue urla. Mi spiace che siano toccate a te” “Oh Hana….mi dispiace. Ma come fai ad esser sempre così solare, nonostante tutto? Ti ammiro molto. Io sono un musone scorbutico ed egocentrico ma non ho passato neanche la metà di quello che hai passato tu” “Non è vero Ru. Chiunque sarebbe come te vivendo in continua solitudine. E poi non è vero che sei scorbutico. Oggi ho visto un lato di te che non conoscevo, sei una persona sensibile” /Io l’ho sempre saputo che sei una persona meravigliosa, in tutti i sensi/ Senza accorgersene entrambi avevano cominciato a rivolgersi all’altro con moltissima dolcezza ed utilizzando i diminutivi. Un solo giorno nei panni dell’altro era servito più di 10 anni per conoscersi. Ora i loro cuori erano vicinissimi. Il problema dello scambio di corpi era momentaneamente dimenticato. Owari capitolo 3
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