Questa fic è dedicata a Calipso, che, oltre ad essere simpaticissima e solare, è stata la più accesa sostenitrice di questo assurdo progetto di HanaRu che vuole adattare e rielaborare la storia di un film che piace molto ad entrambe.

Un baciotto super-affettuoso a Ria e Nausicaa.

I personaggi di SD non sono miei, come non è mio il soggetto del film ‘Ladyhawke’

 


Lord Hawk

di Greta

 

Nessuno è mai riuscito a fuggire dalla prigione di Pendragon, ma nessuno è furbo, agile, scaltro come il topo! Già è così che mi chiamano, topo, Mito il topo: sono abile a scassinare qualsiasi serratura, ad appropriarmi di qualsiasi cosa che mi sia necessaria, a sfuggire a qualsiasi trappola, anche se piena di formaggio! E allora, vi starete chiedendo, perché sono finito in una cella del castello di Pendragon? beh, perché sono stato catturato l’unica volta che stavo cercando di fare qualcosa di onesto, di aiutare un viandante… non potevo credere che fosse uno degli uomini del Principe! Fare del bene… no, non mi ci fregheranno mai più! 

Ma mi sto distraendo, e invece devo stare attento… se mi perdo in questi cunicoli non riuscirò mai più a vedere la luce del sole. E invece voglio rivederla presto, altrimenti perché sarei immerso fino al petto in acque putride e puzzolenti… chissà, magari pure piene di topi? Oddio, la mia schiena è percorsa da un brivido gelido… loro dovrebbero essere come fratelli per me, ma devo essere una persona allergica ai legami familiari, perché non voglio neanche pensare ad un possibile incontro ravvicinato con una di quelle bestiacce!

Ecco, pit pat, pit pat, si sentono dei passi sopra alla mia testa, devono essere le persone accorse per ossequiare il Principe. Spero che non si accorgano del rumore che faccio muovendomi nell’acqua, spero che non guardino attraverso le grate dei tombini… che mi dessero solo il tempo di rivedere la luce del sole!

Sì, io riuscirò a fuggire da Pendragon, sarò l’unico, il solo prigioniero del Principe a riuscire a sfuggire alle luride galere…

Ecco, secondo quello che ho capito dai racconti di quel vecchio prigioniero che era stato una sentinella della fortezza, adesso dovrei essere sotto le cucine, proseguendo attraverso quel cunicolo stretto dovrei arrivare alla luce, riuscendo ad emergere abbastanza lontano da non farmi vedere dai soldati a guardia del castello…

Ah! Eccola laggiù la luce! Mi viene quasi da piangere a vedere quel riflesso lontano: sono mesi che non respiro aria pulita, ma solo i fetidi miasmi che dal fossato entrano attraverso le feritoie delle celle… la luce, il sole, la libertà! Il topo torna alla vita!

La luce violenta di questa giornata di inizio autunno mi ferisce gli occhi, ma è un dolore che accetto con gioia, sento che il sole mi scalda la pelle e respiro profondamente l’aria fresca e profumata… Ma non posso fermarmi a lungo, devo cercare di non farmi vedere, di non farmi scoprire.

Sono lurido e vestito di stracci, per prima cosa devo ripulirmi! Per il topo è un gioco da bambini: rubo dei vestiti lasciati ad asciugare dietro la baracca di un contadino, poi raggiungo il piccolo lago nascosto ai margini del bosco e mi lavo. Finalmente rivedo il colore della mia pelle, finora nascosto sotto strati di sporcizia, finalmente i capelli incrostati sono di nuovo morbidi… la prigionia non ha minato il mio spirito, ma quanto in basso ha fatto cadere il mio corpo!

Ora il topo deve nascondersi, perché nessuno è mai fuggito dalle segrete del castello di Pendragon: l’allarme verrà dato presto e il Principe mi farà dare la caccia da tutti i suoi soldati, non sapendo che sono troppo furbo per farmi beccare una seconda volta.

Prima però mi mescolo alla folla che cammina tra i banchi del mercato: ho fame e devo assolutamente trovare qualcosa da mangiare, e poi sono molto orgoglioso del successo della mia fuga, voglio sapere se si è già diffusa la notizia della mia spaventosa furbizia!

Rubo una mela e un pezzo di pane, pietisco dell’acqua e un bambino mi dà un pezzo di formaggio. Sorrido a tutti, la libertà fa sembrare tutto più bello, tutti più buoni.

Vedo in lontananza un gruppo di soldati a cavallo che sfrecciano verso la campagna: passando divelgono banchi di frutta e spaventano gli animali che devono essere venduti… ma loro sono i padroni qui, possono permettersi qualsiasi cosa… chissà, chissà se stanno cercando me! Rido sotto i baffi, sarà difficile che mi ritrovino!

Mi avvicino alla taverna, coprendomi la testa con il cappuccio, e chiedo un bicchiere di vino. L’oste mi si avvicina: vuole vedere i soldi prima, e io mostro nel palmo della mano le poche monete che ho nascosto durante la prigionia. Mi siedo cercando di ascoltare i discorsi degli avventori… niente di interessante per ora, ma poi entra un soldato che sembra aver appena terminato il turno di guardia.

L’aria si fa improvvisamente più pesante, e un silenzio di tomba scende nella locanda, mentre io cerco di ritirarmi nell’ombra.

“Si paga anticipato” tuona l’oste.

L’uomo tira fuori le monete dalla cintura, poi comincia a bere. Arriva un altro soldato… avrei fatto bene a scegliere un altro posto: non ho più tutta questa ansia di sentire commenti sulla mia fuga, eppure proprio in questo momento il mio vecchio desiderio viene accontentato:

“Non riusciamo a trovarlo! Piccolo moccioso bastardo… ma il Principe è stato categorico: lo dobbiamo riprendere, vivo o morto… nel primo caso sarà proprio la mano del Principe a segnare la sua fine…”

Scoppiano a ridere insieme, mentre un brivido mi percorre la schiena: non voglio morire, neanche per mano del nobile usurpatore!

“Con questo caldo ci sta facendo correre come matti, appena riusciremo a mettergli le mani addosso ci sarà da divertirsi…” continua l’ultimo arrivato… ecco, io aggiungerei SE riusciranno a mettermi le mani addosso!

Finalmente se ne vanno, e anch’io mi dileguo. Sicuramente ho sentito abbastanza.

Mi allontano dal villaggio, sarò più al sicuro nella foresta.

I miei muscoli atrofizzati si lamentano per il trattamento a cui li sto sottoponendo… il topo in prigione non poteva certo fare lunghe passeggiate, legato al muro da quella catena, e adesso fatico ad ogni passo.

 

E’ pomeriggio inoltrato… la roba che ho mangiato a pranzo è ormai un lontano ricordo, ho di nuovo fame! Deve esserci una festa, perché in lontananza vedo gente riunita intorno a dei tavoli enormi, protetti da questo strano sole quasi estivo da una pergola carica di grappoli d’uva… niente di più facile che infilarmi tra queste persone e riuscire a mangiare a sbafo…

Mi siedo e una giovane donna procace mi porta da mangiare… è tanto che non vedo una ragazza, e la cosa mi è mancata: le sorrido, e lei risponde con un sorriso ancora più ampio. Che sia carico di promesse? Non sarebbe male per la mia prima giornata di libertà…

Però c’è qualcosa che non mi convince in questo posto: inspiegabilmente c’è troppo silenzio, troppa calma per essere una festa… il topo è furbo, sa che spesso formaggio fa rima con trappola!

Mi alzo lentamente, non voglio far vedere che ho fretta, e mi accorgo subito che sono seguito da parecchi sguardi, troppi e troppo insistiti. Appena riesco a prendere un po’ di vantaggio, comincio a correre per rientrare nella foresta…

Come mi aspettavo! sotto le cappe ci sono i soldati del Principe! Uno mi si para davanti, ma me ne libero tirandogli un pugno sul viso, un altro mi si getta addosso facendomi cadere, ma fortunatamente riesco a raccogliere della terra e gliela lancio negli occhi. Rotolo di lato e mi rialzo in piedi… accidenti, sono davvero tanti!

Improvvisamente sento la punta di una spada contro il collo… mi fermo e mi giro lentamente: è Enji Sawakita, il capo delle Guardie.

Alzo le mani, ma non mi sono arreso… e infatti raccolgo la spada caduta al soldato ancora accecato dalla terra che gli ho gettato negli occhi e cerco di allontanare la lama che mi punge la pelle. Non lo faccio apposta, ma colpisco Sawakita sulla guancia…

“Scusate…” mi viene spontaneo mormorare, considerando ‘chi’ ho colpito, ma il tipo non sembra nello stato d’animo di accogliere il mio rincrescimento…

“Sei morto, piccolo bastardo!” mi urla, avventandomisi addosso.

Non so perché ma la situazione improvvisamente non mi sembra più tanto rosea! Pronuncio tra me e me la mia ultima preghiera: chissà se il Signore ne terrà conto, anche se è un po’ tardiva… ma dovessi avere un’altra vita mi comporterei bene, Lui lo sa!

Proprio in quel momento, però, la freccia di una balestra colpisce il palo di legno a dieci centimetri dal viso già oltraggiato di Sawakita…

Non posso che tirare un sospiro di sollievo, poi, insieme a tutti gli altri, alzo lo sguardo: davanti a noi c’è un cavaliere vestito di nero, nera anche la maschera di ferro, in sella ad un lipizzano altissimo, morello, a cui tremano le froge per la rabbia.

Lo sconosciuto stringe una balestra tra le mani, la balestra da cui deve essere partito il colpo che ha sfiorato Sawakita.

“Navarra!” esclama una delle guardie con un singolare tono di sorpresa, riconoscendo evidentemente il nuovo arrivato.

“Uozumi…” mormora in risposta il mio salvatore.

“Allora è vero che sei tornato…” sibila Sawakita, ormai ignorandomi del tutto. Poi, senza quasi che io me ne accorga, tira fuori un pugnale dalla cintura scagliandoglielo contro con un rapido movimento del polso.

Chiudo gli occhi: devo molto allo sconosciuto vestito di nero, e non mi sembra affatto una bella cosa che rischi di lasciare questo mondo proprio adesso…

Ma l’arma del Capitano delle Guardie viene intercettata dal corpo del soldato che aveva parlato prima.

“Uozumi… no!!” urla l’uomo a cavallo.

“Capitano…” mormora il ferito con le ultime forze.

Il grido di disperazione di un falco che vola in larghi cerchi si sovrappone all’ultimo lamento del giovane soldato, come a suggellarne il sacrificio.

Il cavaliere nero chiude con delicatezza gli occhi di colui a cui deve la vita:

“Non dovevi…” mormora piano a quel corpo ormai senza vita.

Non mi piace molto questa atmosfera, anzi… vorrei tanto riuscire a dileguarmi!

Il cavaliere nero si volta deciso e prende nuovamente la mira con la balestra. Mi irrigidisco, e prego tra me e me che il tipo abbia buona mira, perché sembra tanto che voglia spedire la freccia proprio da queste parti…

“Che aspettate, soldati, catturatelo!” urla Sawakita, che vedo tremare per la prima volta. Tutti gli uomini ai suoi ordini si muovono contemporaneamente verso l’uomo a cavallo, ma questi sembra non curarsene, mentre lascia partire il proprio colpo.

“Mi dispiace… ma ora devo proprio andare, signore” mormoro scavalcando il corpo di Sawakita, accasciato a terra con la freccia affondata in profondità nella gamba… è sicuramente uno spettacolo piacevole, ma io ritengo di non avere il tempo per godermelo adesso… meglio filare!

“Acciuffateli tutti e due…” urla con le ultime forze quello stupido, invece di pensare ai propri guai.

Corro a più non posso, questi sono capaci di uccidermi, di uccidere il povero, innocuo ladruncolo chiamato topo!

Li sento: mi sono dietro, non sono riuscito a seminarli! Ma sento anche un altro rumore… improvvisamente un mano forte come l’acciaio mi artiglia la spalla…

“Forza, sali!” mi intima.

Mi lascio sollevare e mi ritrovo alle spalle del cavaliere nero, sul suo cavallo… se mi fosse rimasto un po’ di senso dell’umorismo mi volterei verso i nostri inseguitori e riderei loro in faccia, ma invece, vista la velocità con cui galoppa questo quadrupede, decido che è il caso di aggrapparmi allo strano tipo che mi ha salvato.

E’ incredibile, è come se il falco che vola sopra di noi ci stia seguendo: lo vedo con le grandi ali spiegate volteggiare sopra le nostre teste, mentre galoppiamo velocemente all’interno della foresta.

 

Il rumore dei soldati che dovevano inseguirci ormai si è perso dietro di noi, del resto quest’uomo sembra sapere dove andare. Mette il bel cavallo nero al trotto, e poi al passo, quel passo elegante con le ginocchia alte caratteristico dei lipizzani.

“Sta facendo buio…” lo sento mormorare.

Visto il passaggio che mi sta dando, decido che può godere anche del grande onore della mia conversazione:

“Beh, in questa stagione le giornate cominciano ad accorciarsi!” dico.

Lui non sembra avermi sentito, dopo un po’ però mi si rivolge direttamente:

“Scendi, sei troppo pesante e Golia si deve riposare” mi ingiunge.

Che diavolo! Potrebbe scendere lui che è molto più grosso di me! Comunque obbedisco.

“Chissà perché quel falco ci sta dietro…” mormoro incuriosito.

Vedo che il cavaliere nero alza il braccio coperto da un guanto di pelle spessa:

“Falco! Qui…” lo chiama deciso.

Non credo ai miei occhi: quel falco maestoso plana su di noi, artigliandogli il braccio e lui gli copre la testa con un piccolo cappuccio di cuoio.

“Ma allora è tuo!” gli dico, continuando a camminare a fianco del cavallo.

Lui mi guarda da dietro la maschera che non si è ancora tolto, e mormora:

“Lui è solo di chi ama”

Boh! Mi sembra un po’ stravagante questo tizio, però il falco è davvero bello! Mi domando dove lo abbia trovato.

“E’ ora di fermarci” mi dice “Se vuoi rimanere con me, io devo lasciar riposare Golia per la notte…”

Effettivamente riconosco che muoversi con il buio non è facile, anche se io cercherei di allontanarmi di più. Non ritengo però che sia il caso di palesare i miei dubbi.

Ci fermiamo vicino ad una baracca. Dentro ci sono due vecchi sporchi e inselvatichiti. L’uomo che ho sentito chiamare ‘Capitano’ chiede di poter dormire nel fienile, e di poter avere da mangiare e da bere per il cavallo. Tira fuori delle monete, per questo, e ai due si illuminano gli occhi.

Andiamo nel fienile: finalmente si sfila la maschera… e compaiono dei capelli rosso scuro come non ne ho mai visti in tutta la mia vita. Ha gli occhi scuri, fiammeggianti, e la fronte aggrondata, come se fosse tormentato da qualche cosa.

Sembra stranamente impaziente mentre toglie la sella a Golia e lo accudisce, guarda spesso il cielo che sta cominciando a scurirsi, poi mi ordina di dormire da quel lato del fienile, per controllare il cavallo, mentre lui si ritira dietro un tramezzo portandosi dietro la sella e tenendo di nuovo il falco sul braccio.

Sono stanco, ma sono anche spaventato, non riesco a capire in che razza di situazione sono andato ad infilarmi, non vorrei essere caduto dalla padella nella brace!

Non riesco ad addormentarmi, il silenzio mi rende irrequieto, e poi nelle celle di Pendragon mi ero abituato al chiasso continuo… tendo l’orecchio: non sento alcun rumore raggiungermi dal posto in cui si è ritirato il mio stravagante compagno… non vorrei che se ne fosse andato lasciandomi qui! Ma non credo, non credo che lascerebbe una bestia così bella come questo Golia.

Improvvisamente sento dei passi furtivi dietro la casa, chi sarà… forse il ‘Capitano’ che mi vuole uccidere?!

Cerco di sbirciare tra le fessure delle assi che chiudono le pareti del fienile, e vedo la lama di una falce brillare nel buio… se fossi superstizioso penserei che sia la ‘dama nera’, ma non lo sono: guardo meglio e riconosco le fattezze quasi bestiali del vecchio che ci ha dato alloggio.

Non posso assolutamente permettermi di farmi prendere dal terrore e così corro dietro il tramezzo per svegliare il cavaliere nero. Quando volto l’angolo rimango però impietrito: del mio salvatore non c’è nessuna traccia, solo la sella appoggiata al muro.

In un attimo decido che devo uscire da lì: all’aperto avrò più possibilità di fuga… corro accucciato, ma non conosco il posto e rischio di cadere ad ogni passo, e sto quasi per finire a terra quando la mia corsa viene arrestata dal corpo coperto di stracci di quell’orribile vecchio:

“Voglio le altre monete” mi sibila mostrandomi la lama lucente con un ghigno.

Sono in preda al panico, sembra proprio che non avrò scampo.

“Sono solo, e non ho monete…” provo a dire.

“Ragazzino bugiardo! E poi io voglio anche il cavallo…”

Provo a scuotere la testa, ma non deve essere una mossa felice, perché quello alza la falce.

Per la seconda volta in questa giornata, pronuncio le mie ultime preghiere…

Cos’è questo rumore? E questo verso? Un digrignare di denti…

Ci voltiamo contemporaneamente: davanti a noi c’è un lupo nero con le zanne scoperte, pronto a saltarci addosso… Ecco, morirò sbranato da un lupo, gran bella morte!

Il vecchio volta la lama verso l’animale, ma nello stesso istante quello fa un salto azzannandolo alla gola…

Scappo, non voglio vedere altro… basta di capitani, cavalli, lupi e falchi… rivoglio la mia vita di ladruncolo tranquillo!

Sento i passi leggeri dell’animale… forse dovrei cercare di arrampicarmi su un albero, dicono che sia l’unica scappatoia quando si ha a che fare con una bestia feroce…

Improvvisamente vengo raggiunto da una voce inaspettatamente vicina:

“Non aver paura…” sussurra.

Mi volto e vedo una figura incappucciata e avvolta in un lungo mantello nero… oddio, questa giornata è piena di incontri inaspettati!

“Lupo! Qui…” chiama dolcemente.

“Ma cosa fate…” bisbiglio “…ha appena azzannato un uomo! Adesso ucciderà anche noi!”

Ma la figura si piega sulle ginocchia e tende le mani verso l’animale; chiudo gli occhi, quella bestiaccia ci sbranerà!

E invece… invece eccola che sembra trasformarsi in un cucciolo tranquillo mentre si avvicina a quelle mani e si lascia accarezzare.

“Ma… ma come avete fatto!” chiedo stupefatto.

Volta il viso verso di me, e nella luce della luna vedo due grandi occhi azzurri che mi fissano seri, una pelle candida, di porcellana, e dei capelli neri come la notte che sfuggono dal cappuccio…

E’ la donna più bella che abbia mai visto!

“Signora, state attenta!” non posso fare a meno di esclamare “Aspettate qui mentre vado a cercare qualcosa per ucciderlo…”

Lei mi stupisce ancora, perché si porta un dito alle labbra:

“Shhhhh!!!” sussurra “Non ucciderai nessuno. Il lupo ha cercato solo di salvarti…”

Io non sono altrettanto sicuro, ma vedendo come la belva si lascia accarezzare da quelle dita affusolate comincio a pensare che tutte queste assurdità potrebbero avere un senso.

“Signora… dobbiamo andare via da qui, tra lupi e assassini non è un posto per voi! Vi porterò in salvo…” cerco di convincerla, ergendomi a suo paladino.

Lei mi guarda di nuovo e io mi perdo in quegli occhi blu:

“Non mi accadrà nulla di male, e poi non vedi che non sono una donna?” mormora con appena una nota di rimprovero nella voce.

Non ci posso credere… guardo meglio quel viso e mi rendo conto che in effetti è proprio un ragazzo quello che mi trovo davanti…

Però è un colpo basso! Ha dei tratti così fini ed incantevoli che è quasi un peccato che non sia una donna… tutta questa bellezza sprecata!

“Scusate… scusate signore…” gli sussurro piano.

Lui scuote la testa, poi mi dice:

“Torna nel fienile… è quasi l’alba e lui non ti perdonerà se avrai lasciato solo Golia…”

Come fa a conoscere il nome del cavallo? Però volto per un momento il viso verso l’ingresso del fienile… chissà quando tornerà il capitano, chissà che faccia farà quando gli racconterò tutto…

Mi rigiro verso il mio compagno, ma dietro di me non c’è più nessuno… senza che io me ne accorgessi, sono scomparsi sia lui che il lupo.

 

Mi sveglio che il sole è già alto. Mi stiracchio sul giaciglio di paglia su cui ho dormito, e improvvisamente mi vengono in mente tutte le avventure vissute, o forse sognate, durante la notte…

“In piedi, dormiglione!” sento dire alla voce decisa del capitano.

“Sissignore!” e scatto in piedi: non mi sembra tipo che convenga fare arrabbiare.

Mentre prepara il cavallo, mi si rivolge di nuovo:

“Perché i soldati del Principe ti stanno cercando?”

Decido che è inutile essere timidi, e rispondo la verità:

“Sono fuggito dalle prigioni di Pendragon, da solo, senza aiuto di nessuno… e vogliono punirmi per questo” spiego.

Lui sorride:

“In effetti per loro è uno smacco…si preannunciamo tempi duri per te, ragazzo” mormora.

“Però non mi farò prendere… anche se forse morirò comunque, con quello che succede qui intorno…”mi interrompo per qualche istante, poi decido di provare ad essere diretto:

“Ma voi dove eravate, ieri notte, quando il vecchio ha cercato di uccidermi e sono arrivati quel lupo e il giovane signore?” gli chiedo curioso.

Lui si volta di scatto verso di me:

“Di che giovane signore stai parlando?” mi interroga inquisitorio.

“Di quello con la pelle di alabastro, i capelli d’ebano e gli occhi di topazio…” sussurro sognante.

Non so come, ma mi ritrovo addossato alla parete della stalla, sollevato per il misero colletto della maglia…

“Ehi, che fate?” riesco ad alitare, ormai al limite del soffocamento.

Lui mi lascia scivolare giù, poi mi volta le spalle:

“Raccontami cosa è successo!” mi intima.

Gli racconto tutto per filo  per segno, poi lui mi chiede:

“E il lupo ha obbedito subito?”

“Sì, lo ha chiamato e la belva gli si è avvicinata come un agnellino, lasciandosi accarezzare dalle sue mani sottili…”

Ora non chiede più niente, e io sono sempre più perplesso:

“Scusate… ma potrei sapere il vostro nome? Finora so solo che siete stato Capitano…”

“Già, l’ex Capitano della Guardia di Pendragon…” e sorride amaramente “Comunque io sono Hanamichi Sakuragi, conte di Navarra”.

Un conte, accidenti… ma si vedeva che era un tipo un po’ particolare!

“E dove siete stato? Come mai Sawakita è impallidito quando vi ha visto? Perché avete deciso di aiutarmi?” finalmente sto dando voce a tutte le domande che mi ronzano nel cervello da ieri.

“Tu parli troppo, ragazzino”.

E’ categorico, di poche parole, eccolo che alza di nuovo il braccio ed accoglie il suo falco. Guardo bene quell’animale, e mi accorgo dello strano colore dei suoi occhi, un azzurro carico che mi sembra veramente insolito.

“E’ davvero strepitoso questo falco… ma lo portate sempre con voi?”

Lui non mi risponde, mentre infila di nuovo il cappuccio di cuoio sulla testa dell’animale.

“E adesso?” gli chiedo, cercando di smuoverlo.

“Io devo andare a Pendragon, tu puoi fare quello che vuoi; ti porterò sulla strada fuori della foresta” mi dice, pronto ad abbandonarmi al mio destino.

Rimango qualche istante in silenzio, basito: che diavolo, abbiamo condiviso tante avventure, e già mi scarica? E poi sono incuriosito da quest’uomo così particolare, che sembra nascondere il fuoco, che sembra frenare i propri istinti, la propria rabbia… e poi quel cavallo nero lucente, sembra un drago, e quel falco mansueto che ci veglia dall’alto.

“Ma forse… potrei esserti utile! Però non a Pendragon…”

Sorride scuotendo la testa:

“Immagino che non sia il caso per te di tornare in città…”

“Già… il Principe ha detto che mi ucciderà con le sue mani, e quello è un tipo che non scherza!” anch’io ho un tono allegro, una volta tanto che sorride! Eppure mi sembra uno che debba saper ridere: chissà cosa gli è successo per renderlo così serio!

Ma appena nomino il Principe, il suo volto torna serio, anzi… negli occhi leggo una rabbia, un lampo d’ira che mi fa fare un passo indietro.

“Che succede? Capitano…” cerco di riscuoterlo.

“Io andrò a Pendragon, tu farai meglio a proseguire da solo” sibila tra i denti, non rispondendo alla mia domanda.

 

Cammino accanto a lui e a Golia. C’è un silenzio teso, mi accorgo che deve essere preso da pensieri che lo preoccupano, infatti la ruga tra i suoi occhi scava un solco profondo, e la bocca è stretta indicando ira e determinazione.

Ci stiamo lasciando la foresta alle spalle, e davanti a noi si apre una spaziosa radura. Alla fine di questa spianata raggiungeremo la strada maestra e qui le nostre strade si divideranno. Mi dispiace lasciare questo uomo pieno di misteri, mi dispiace lasciare il focoso Golia, mi dispiace non ammirare più il volo di questo falco meraviglioso… e chissà che separandomi da loro io non perda per sempre anche quel giovane dalla bellezza abbagliante. Scuoto la testa: non posso tornare a Pendragon, sarebbe un suicidio, e ho sofferto troppo per non approfittare della libertà per accumulare qualche esperienza che renda degna la mia giovane vita di essere stata vissuta.

Improvvisamente il falco si stacca dal braccio del Capitano. Lo seguo con lo sguardo mentre si alza veloce giocando con le correnti, e poi quando giunge in quota e comincia ad emettere quel verso straziante che me lo fa immaginare in preda alla sofferenza per una perdita importante.

“Che succede?” chiedo impaurito quando vedo Sakuragi tirare fuori la balestra.

“Sta’ zitto… c’è qualcosa di strano!”

Io mi guardo intorno e non noto niente di insolito:

“Non vedo niente… cosa ve lo fa pensare?” replico abbassando la voce, come se avessi paura che ci sentissero, anche se siamo comunque in piena vista, in mezzo a quel prato senza protezioni.

“E’ stato… il falco” noto che esita prima di nominare l’animale, come se avesse voluto dire qualcos’altro “Prendi l’arco appeso alla sella, ma fai piano, nessun movimento improvviso” mi ingiunge.

 

Manteniamo la stessa andatura, ma io ho nascosto l’arco sotto i lembi del mio povero mantello. Spero tanto che Navarra si sbagli, eppure questo silenzio comincia a preoccupare anche me.

Il falco continua a volteggiare su di noi, ma di tanto in tanto emette di nuovo quel grido straziante.

Un fischio leggero nell’aria… non riesco a capire cosa sia stato, ma spalanco gli occhi quando mi accorgo della freccia che è andata ad infilarsi nel cuoio della sella, a pochi centimetri dal ginocchio del Capitano.

“Allontanati, ragazzo!” mi intima mentre lascia partire un colpo dalla sua balestra… improvvisamente si sente un urlo tra il fogliame del bosco che circonda la radura

Poi, come ad un segnale convenuto, una ventina di uomini armati di archi e frecce escono tutti insieme dal folto degli alberi, sistemandosi in una lunga fila che ci circonda da ogni lato.

Non so perché ma non sono contento di vedere tutte queste brutte facce concentrate su di noi… mi volto a guardare il Capitano: ormai, del resto, non mi resta che confidare in lui!

Sakuragi è calmo nella battaglia; i suoi colpi non sono mai a vuoto, ed è favorito dalla precisione e dalla gittata assicurate alle frecce dalla sua arma sofisticata. Io ovviamente cerco di non essere da meno, ma tendere quest’arco così pesante e rigido è un’impresa titanica!

“Non lanciare a caso!” mi rimprovera lui bruscamente, tra un colpo e l’altro.

Alcune frecce arrivano a sfiorarci, ma i movimenti rapidi di Golia e la mia agilità fisica, acquisita in anni e anni di ‘lavoro’, riescono sempre a metterci in salvo. Improvvisamente mi rendo conto di quale sia la strategia del Capitano: sta infatti tentando di aprire un varco tra i soldati accovacciati nella fila serrata di fronte a noi, così da poter forzare l’accerchiamento. Quando si accorge di aver raggiunto lo scopo, mi fa segno di salire velocemente sul suo Golia per scappare, ma proprio mentre sto cercando di montare sul bestione mi raggiunge nitida la voce di uno dei soldati più vicini:

“Stupido falco! Ora lo uccido, così la smetterà di urlare in quel modo!”

Il falco ha infatti continuato a volteggiare sopra di noi, portandosi spesso nella direzione da cui sbucavano i nostri nemici, come se volesse avvertirci. Il capitano deve aver fatto davvero un buon lavoro quando lo ha addestrato!

Riconosco la figura ancora claudicante di Sawakita cercare di avvicinarsi al soldato che ha appena parlato, e poi sento la sua voce gridare, tradendo per la prima volta la tensione,:

“NO! NON COLPITE IL FALCO! IL PRINCIPE LO VUOLE VIVO!”

Anche Navarra ha sentito e i suoi occhi sono spalancati.

Io non capisco più cosa stia succedendo, ma proprio in questo momento di confusione il soldato lascia partire il colpo, rilasciando la corda tesa all’inverosimile del proprio arco.

Le parole del suo comandante non sono giunte in tempo per fermargli il braccio.

Seguo la parabola della freccia: non sono che pochi attimi, eppure è come se il tempo sembrasse improvvisamente rallentato… a riportarmi alla realtà è un grido che squarcia l’aria e che sembra rimbombarmi nel petto: è il grido di dolore dell’animale… il falco è stato colpito.

Ammutolito, lo guardo fare un ultimo volteggio prima di abbandonarsi ad un volo a spirale che lo accompagna fino a terra.

“NOOOO!!!!!!!” l’urlo di Sakuragi è agghiacciante, e le montagne che chiudono la valle continuano a rilanciarselo come se volessero far durare la sua eco per sempre.

Lo vedo abbandonare Golia con un balzo e correre verso il falco che giace a terra apparentemente senza vita. Anche io sono scosso: mi ero affezionato a quell’animale, alla sua fedeltà, alla sua bellezza, ma la mia reazione non è niente in confronto a quella del Capitano… sembra… sembra quasi sentire quel colpo sulla propria pelle!

I soldati nemici ne approfittano per farcisi addosso. Sawakita sfodera la spada, ma Sakuragi è più rapido: si volta verso l’avversario privo della maschera di ferro, i capelli rossi che brillano nel sole autunnale. Ha il falco stretto contro il petto, mentre nella mano destra impugna la spada puntandola dritta alla gola dell’uomo che ha cercato di ucciderci.

Tutti i soldati superstiti si fermano non appena vedono il loro comandante con una lama appoggiata sul collo:

“Tu!” mi apostrofa il Capitano con una voce che non sembra sua, tesa, atterrita e disperata insieme.

“Capitano!” rispondo prontamente avvicinandomi.

“Prendi il falco e sali su Golia”

Tremo alla sola idea di dover cavalcare quel bestione che non si lascia avvicinare da nessuno se non dal proprio padrone.

“Prendi il falco ti ho detto!” mi urla vedendomi ancora immobile.

“Signore… è morto!” tento di farlo ragionare.

“NO! Non è morto! Non può esserlo…” si interrompe un istante. Quando ricomincia a parlare il suo tono trattiene a stento una furia pronta ad esplodere:

“Prendilo e sali su Golia! Devi raggiungere il più in fretta possibile il vecchio monastero di Uther. Troverai un uomo lassù… lui ti saprà aiutare. Vai!” mi ordina, continuando a tenere la spada puntata sul collo di Sawakita, e avvolgendo dolcemente con l’altro braccio la povera bestiola.

Sono terrorizzato, non me la sento di salire su Golia… e poi il falco sta morendo. Mi sembra inutile fare tutta questa strada, eppure gli occhi carichi di furore di Sakuragi non mi lasciano scelta.

Annuisco e sollevo il falco dal suo braccio. La testa ciondolerebbe stancamente di lato se io non la sostenessi contro il mio petto… povero animale, temo che sarà tutto inutile!

Monto su Golia e mi volto un’ultima volta verso il capitano; sento la sua voce tagliente rivolgersi al comandante Sawakita:

“Prima che cali la notte la pagherai, Eiji, pagherai per tutto…”

Sprono il cavallo per cominciare il lungo viaggio che mi porterà al monastero di Uther, mentre in silenzio prego per la vita del conte di Navarra.

 

Corro senza sosta da ore. Il morello sembra conoscere la strada, mentre io serro forte le ginocchia per non cadere. Il falco sta sempre appoggiato contro il mio addome, ma sono ore ormai che non si muove più, con quella freccia che gli esce dal petto come… come una croce su una tomba.

Ormai è tardo pomeriggio quando scorgo l’eremo di Uther dominare il paesaggio dalla cima della collina di Nasir.

Golia è coperto di schiuma, ma io non ho potere su questo cavallo: anche volendo, non potrei rallentarlo perché lui sembra guidato da una mano diversa dalla via.

L’ultimo tratto ci costringe ad inerpicarci sul crinale della collina; il sentiero è coperto di sassi, e ad un certo punto chiudo gli occhi, temendo che prima o poi il cavallo perda la presa sul terreno facendoci finire tutti a terra…

Il portone avrebbe bisogno di un fabbro e di un falegname, ma è tutto il vecchio monastero ad aver bisogno di cure. Sembra completamente abbandonato, ed incute una certa ansia, nell’approssimarsi della notte.

Sbatto ripetutamente il battente di ferro. Il falco è sempre tra le mie braccia, immobile ma non ancora freddo… possibile che sia ancora vivo? Non voglio saperlo, voglio che qualcuno mi aiuti, ci aiuti, e mi impedisca di pensare alla reazione di Sakuragi.

Alzo di nuovo il grande anello di ferro e lo lascio sbattere contro la porta… se davvero qui dentro c’è qualcuno dovrà pur reagire a tutto questo frastuono!

“Chi diavolo è?!” sento urlare da dentro. La parola diavolo in bocca all’unico abitante di un vecchio monastero mi sembra un po’ insolita, ma non è il caso di starlo a rimarcare…

“Sono Yohei Mito, apritemi, ho bisogno di aiuto!”

La porta rimane chiusa, con tutti i briganti che girano da queste parti è chiaro che l’anziano eremita non debba fidarsi più di tanto!

“Mi manda il Capitano Sakuragi, conte di Navarra!” provo a dire.

Il pesante portone si apre immediatamente, e davanti a me appare un eremita inaspettatamente giovane. Ha i capelli scuri, un po’ spettinati, occhi guardinghi e una cicatrice sul mento. E’ più alto di me, ma sicuramente non quanto Sakuragi, ed è vestito con una semplice tunica di saia.

“Il falco…” mormoro abbassando lo sguardo sull’animale che tengo stretto al petto.

Anche lui porta subito lo sguardo sul rapace ferito, e appena capisce di cosa si tratta, i suoi occhi diventano due fessure colme di rabbia e dolore.

Si fa subito da parte per lasciarmi passare:

“Entra, sbrigati!” prima di chiudere il pesante portone guarda per un istante il sole che sta ultimando la parabola discendente, e scuote la testa.

“Speriamo che non sia tardi…” mormora piano.

Con mani esperte, mi toglie delicatamente la bestiola tra le braccia, e mi ordina di rimanere ad aspettarlo nel grande androne buio:

“Non muovere un passo, ragazzino!” mi sibila duro prima di allontanarsi.

Io scrollo le spalle: dove vuole che vada? Però ho paura… spero che il falco sia in buone mani, e l’aspetto di quel tipo non mi ispira molto.

“Se qualcuno può salvarlo, quello è Mitsui.”

La voce che ha mormorato queste parole mi fa sobbalzare: mi trovo davanti un altro giovane, ha i capelli scuri e una strana impalcatura di ferro e vetro davanti agli occhi…

“Che hai sulla faccia?” non riesco a fare a meno di chiedere, puntando il dito verso quel trabiccolo che gli copre metà del viso.

Lui all’inizio mi guarda come se non capisse a cosa alluda, ma poi sorride e scuote le spalle:

“Ah… questi! Mi servono per vedere meglio. E’ una nuova invenzione…”

Non capisco, ma in questo momento non mi importa.

“Per il capitano Navarra il falco è molto importante…” dico per cercare rassicurazioni sull’abilità dello sfregiato.

Lui annuisce:

“Nessuno lo sa meglio di noi… ma Mitsui ce la farà”.

Dalla finestra vedo che il sole è ormai quasi scomparso sotto l’orizzonte, ma i suoi ultimi bagliori continuano ad illuminare la vallata.

La porta dietro alla quale è sparito quello che dovrebbe essere il nostro salvatore si riapre:

“Ah, Kogure, sei arrivato! Vieni, dobbiamo cercare delle erbe…” l’uomo neanche mi guarda, e invece si rivolge al giovane con il quale ho parlato finora.

“Come sta?” chiede il quattr’occhi con preoccupazione.

L’altro scuote la testa:

“E’ messo male…”

Inghiotto a fatica… temo che molte altre cose farò a fatica quando Sakuragi scoprirà che non sono riuscito a salvare il suo preziosissimo falco! I due escono dopo avermi detto di rimanere ad aspettarli senza muovermi da quella stanza, ma io non posso stare fermo, e soprattutto voglio sapere se non stiano facendo del male alla povera bestia.

Entro nella stanza da cui è uscito lo sfregiato: qui non c’è niente ma in fondo scorgo un’altra porta, questa è chiusa con una catena: che topo sarei se non riuscissi ad aprire un lucchetto semplice come questo? Impiego pochi secondi a far scivolare la catena fuori dagli anelli. Spingo la porta ed entro in una stanza appena illuminata da una candela accesa. I miei occhi impiegano qualche istante per abituarsi alla semioscurità, e a quel punto mi accorgo che nella stanza c’è un letto, e nel letto… nel letto c’è una persona...

Devo aver sbagliato stanza, chissà quel disgraziato dove ha nascosto il mio falco!

Mi avvicino piano per vedere quale altro caso disperato ha trovato conforto in questo monastero dimenticato, ma lo spettacolo che mi si presenta davanti mi lascia a bocca aperta: non riesco a capire niente, non riesco a dare un senso a quello che vedono i miei occhi…

Sul letto, coperto fino alla vita da un telo leggero, giace il giovane signore che ho incontrato ieri notte, sì, quello dai capelli color dell’ebano, la pelle di alabastro e gli occhi di topazio. Respira con difficoltà e sembra fuori conoscenza, ma la cosa che mi sconvolge di più è la freccia che sbuca dal suo petto… una freccia identica a quella che ha colpito il falco.

Oddio, la bellezza di questo ragazzo è da togliere il respiro. Ora che posso guardarlo bene da vicino, mi rendo conto della snellezza e delicatezza della sua figura, dei tratti finemente cesellati del suo viso, dell’eleganza di ogni parte del suo corpo. In tutta questa meraviglia, quella freccia che troneggia come uno stendardo di vittoria sembra l’oltraggio più spregevole inflitto ad un’opera d’arte.

Perso nella contemplazione del giovane signore, non mi accorgo delle due figure che mi si sono affiancate:

“Esci immediatamente di qui!” il sibilo rabbioso dello sfregiato mi riscuote e mi fa sussultare.

Nonostante la mia ferma opposizione, vengo trascinato a forza fuori dalla stanza, e non riesco a porre le mie domande che la porta mi viene chiusa sulla faccia. Sento la catena che viene chiusa dall’interno… non mi resta che aspettare che abbiano terminato.

 

I due strani individui emergono dalla stanza un’ora dopo. Mentre escono, non riescono a trattenermi e io riesco a dare un’occhiata al ragazzo sul letto: è privo di conoscenza, oppure dorme, ma il suo respiro è più regolare. Non c’è più quell’orribile freccia che gli esce dal petto, ora ha una fasciatura stretta e candida, e il suo corpo è avvolto in una coperta pesante.

Lo sfregiato mi trascina fuori dalla stanza afferrandomi per i capelli, poi chiude di nuovo con il lucchetto e ci conduce in una stanza rischiarata da parecchie candele e dai resti di un fuoco nel camino.

Appena riesco a divincolarmi dalla sua presa, lascio andare quella che più che una domanda è una constatazione:

“LUI è il falco, vero?”

Il ragazzo che ho sentito chiamare Mitsui si china a soffiare sui carboni quasi spenti, poi aggiunge nuova legna per ravvivare il fuoco. Il quattr’occhi, Kogure mi pare, apre l’anta di una credenza e tira fuori una bottiglia piena a metà di un liquido color rubino.

“E’ una storia lunga”

Non mi accontento di così poco:

“Come può essere che un falco si trasformi in un uomo e un uomo in un falco? Non esistono queste cose!”

E’ sempre il quattr’occhi a rispondere:

“Per me e te sono impossibili, ci sono persone invece che sono capaci di fare accadere questo ed altro con le proprie maledizioni…”

“Basta, Kogure!” lo interrompe il compagno, ma ormai la mia curiosità e irrefrenabile.

“Qual è la maledizione? Chi l’ha pronunciata?” continuo a pressarli.

I due si guardano. Mi piace il loro rapporto: il più forte fisicamente, quello con l’atteggiamento più brusco sembra chiedere appoggio al ragazzo più tranquillo e posato.

“Sakuragi è tornato… questo vuol dire che siamo alla resa dei conti” mormora il quattr’occhi rivolgendosi all’amico, come se la cosa giustificasse le rivelazioni che si è lasciato sfuggire.

Non capisco di cosa stiano parlando, e invece DEVO sapere!

“Ditemi CHI è il falco!” esclamo spazientito.

“E sia…” acconsente alla fine Mitsui, poi si volta verso di me.

“Mettiti comodo. Sarà una storia lunga…”

Io annuisco e sistemo il mio sedile più vicino al fuoco. Finalmente mi riveleranno cosa si nasconde dietro alla strana compagnia a cui mi sono accodato.

 

“Il giovane signore che adesso è steso sul letto nella stanza accanto è il principe Rukawa, Kaede Rukawa.

Immagino che tu sappia che i Rukawa hanno regnato su Pendragon fino a sette anni fa. Beh, Kaede era il giovane principe, l’ultimogenito, l’erede: prima di lui c’erano state solo figlie femmine, e quindi la sua nascita era stata salutata come un miracolo da coloro che ormai credevano impossibile che il re e la regina potessero riuscire ad avere una discendenza.

Credo che la sua vita fosse stata molto felice prima dell’attacco che Pendragon subì dalle truppe del comandante Minami. Quell’assedio fu devastante, l’esercito e le difese della città non riuscirono a reggere a lungo l’urto di un’offensiva tanto organizzata, e la città cadde nelle mani dell’esercito nemico dopo pochi giorni di combattimenti.

E così Minami, proclamatosi Principe, prese possesso di Pendragon: durante la battaglia si era rivelato all’altezza della propria fama, era un ottimo stratega e sapeva come bloccare le armi migliori di un avversario, era un guerriero nel senso più nobile del termine, ma era anche cosa nota che con coloro che gli si opponevano sapeva dimostrare una ferocia insaziabile.

Appena entrato nella città conquistata, convocò tutta la famiglia reale. Alcuni pensarono che li avrebbe risparmiati, che magari volesse cercare di guadagnare una parvenza di legittimazione unendosi in matrimonio con una delle principesse, e invece… invece no, non erano questi i suoi piani: furono tutti condannati a morte, tutti tranne Kaede, allora un bambino quasi tredicenne che fu salvato per chissà quale capriccio del nuovo Signore”.

Mitsui si interrompe per prendere fiato, poi ricomincia, dopo aver svuotato con un sorso metà del proprio bicchiere di vino:

“Ti domanderai come noi possiamo essere a conoscenza di tutti questi particolari… beh, allora eravamo tra le guardie del principe Minami, le guardie della guarnigione da cui si faceva proteggere giorno e notte. Eravamo un gruppo di giovani cavalieri ben addestrati e impavidi, tutti agli ordini del Capitano Hanamichi Sakuragi, il più leale, coraggioso e forte di tutti noi.

Tu che lo hai conosciuto dopo la disgrazia, avrai trovato una persona amara e indurita, ma allora Sakuragi era solare e allegro. Riusciva a trasmetterci la carica prima delle battaglie, ci guidava fiducioso alla vittoria, era l’anima del gruppo…

E così questo è il quadro: il principe Minami, le guardie capitanate dal conte di Navarra e un ragazzo che da erede di un trono si ritrovò prigioniero del proprio peggior nemico.

Come si sia giunto a.. questo?” con un gesto della mano indica la porta che conduce alla stanza dove ho visto il giovane signore “beh, come ti ho detto, il giovane Rukawa era l’unico superstite della famiglia.

Nessuno di noi riusciva a capire cosa avesse spinto Minami a risparmiarlo visto che il suo motto era ‘mai fare prigionieri scomodi’.

Ancora oggi, nonostante tutto ciò che è successo, non posso negare che fosse coraggioso e leale, ma era anche un uomo troppo sospettoso verso le possibili intenzioni delle persone che non sceglievano di dedicargli la propria vita. Proprio questa sua leggendaria ‘cautela’ faceva sì che non comprendessimo la decisione, completamente insolita, di lasciare in vita una persona che avrebbe potuto rivelarsi un problema.

In ogni caso, diventato Principe di Pendragon, Minami interruppe le campagne militari che ci avevano tenuti occupati negli ultimi tre anni. Noi rimanemmo al suo fianco, come guardie fidate della fortezza, e il capitano Sakuragi era il nostro comandante…”

“E allora perché il capitano Sawakita ha cercato di ucciderlo?” lo interrompo non riuscendo a capire.

“Stai zitto, ragazzino! Arriverò a dirti tutto!” mi risponde lui adirato. Ma una mano che va ad appoggiarsi sul suo braccio, unita ad uno sguardo preoccupato del quattr’occhi, riescono a farlo calmare e a fargli riprendere il racconto:

“Minami all’inizio non degnò il giovane Rukawa di nessuna attenzione. Lo fece rinchiudere in una delle torri, ordinò che fosse sempre rifornito di cibo, di vestiti e di acqua per lavarsi, ma poi sembrò dimenticarsene. Sembrò…

Quando gli chiedevamo cosa volesse farsene di quel ragazzo, del perché almeno non lo facesse diventare un servo, lui scuoteva la testa e non rispondeva.

Passò parecchio tempo, quasi due anni, poi Minami cominciò ad ordinare che ogni tanto il giovane Rukawa scendesse per la cena. Il prigioniero inizialmente si rifiutò con determinazione, ma lui lo fece costringere… quando ordinava una cosa, il Principe amava essere ubbidito.

Il ragazzo scendeva, ma non mangiava e non parlava: rimaneva in silenzio con uno sguardo così gelido da incutere soggezione anche a dei soldati navigati come noi… sembrava un rimprovero continuo per quello che aveva subito la sua famiglia.

Minami lo guardava, ma non diceva nulla.

Presto la presenza a cena di Kaede non fu più sufficiente, e il nostro Principe volle che il ragazzo ci accompagnasse anche durante le uscite a cavallo attraverso il feudo, oppure durante la caccia.

Credemmo che volesse esibirlo come una sorta di legittimazione verso coloro che ancora piangevano la morte del vecchio principe, ma non era solo quello.

Un giorno che stavamo attraversando la foresta, il giovane signore tentò la fuga: riuscì ad allontanarsi rapidamente spronando il suo cavallo al galoppo serrato mentre noi eravamo impegnati nel far scattare la trappola per un cervo.

Non vidi mai Minami così determinato: appena si accorse di ciò che era successo, si lanciò all’inseguimento, e lo stesso fece il Capitano Sakuragi. Scorgemmo Kaede in lontananza continuare a correre, saltando con agilità i tronchi degli alberi caduti, e poi lo vedemmo raggiungere la grande radura che lo avrebbe portato fuori dal territorio di Pendragon.

I cavalli di Minami e Sakuragi erano però più giovani e più veloci del suo- del resto tu dovresti sapere che meraviglioso esemplare sia Golia- eppure Rukawa sembrava volare.

Lo raggiunsero al termine di quella che a noi parve una corsa interminabile: Sakuragi da una parte e Minami dall’altra, si impossessarono delle briglie, costringendo il fuggitivo a fermarsi. Il principe scese dal proprio cavallo avvicinandosi al prigioniero, lo afferrò per la vita e lo trascinò a terra. Cominciò a scuoterlo senza parlare, come se non fosse in sé, poi gli diede uno schiaffo in pieno viso, facendolo cadere nell’erba. Non pronunciò una parola dopo questo, ma voltò le spalle agli altri due e risalì a cavallo ordinando a Sakuragi di riportare immediatamente il ragazzo a Pendragon.

Quello fu l’inizio della fine.

Ricordo come se fosse ieri il Capitano sollevare il ragazzo, un braccio sotto le ginocchia e l’altro a cingergli le spalle, e depositarlo sulla sella di Golia, sistemandosi poi dietro di lui.

Minami era sparito, ma era chiaro che non desiderava la nostra compagnia, e quindi noi tornammo tutti insieme al castello.

La cosa sconvolgente fu vedere il povero Rukawa addormentarsi: per la prima volta capii la pena di quel ragazzo che stava vivendo la situazione atroce di essere ostaggio di coloro che gli avevano sterminato la famiglia, e mi intenerii vedendolo vinto dalla stanchezza e dalla tensione…”

Mitsui si interrompe, sembra come essersi perso dietro a quell’immagine lontana. Non ho il coraggio di chiedergli di continuare, sebbene arda dal desiderio di saperne di più. Sono stato per mesi nelle prigioni di Pendragon e ho sentito tanti racconti sul Principe Minami, e la maggior parte riguardavano la sua crudeltà, la sua mancanza assoluta di pietà per coloro che non gli ubbidivano ciecamente. Eppure l’uomo che mi è stato descritto fino a questo punto, pur sembrando una persona dura, emerge ancora come un soldato, e la sua descrizione non collima con quelle che ne vengono fatte adesso.

Forse il resto della storia potrà aiutarmi a capire cosa sia stato a farlo cambiare.

Non è Mitsui però a riprendere il racconto, ma la voce gentile del suo amico:

“Quando arrivammo alla fortezza, Sakuragi non ebbe il coraggio di svegliare il giovane prigioniero: lo riprese tra le braccia e lo accompagnò fino alla stanza sulla torre. C’era qualcosa di strano e commovente in quella scena.

Io salii con lui, e lo vidi mentre lo depositava dolcemente sul letto e poi lo copriva per non fargli prendere freddo. Ricordo che prima di lasciarlo solo a riposare, rimanemmo in silenzio per qualche istante a guardare quel ragazzo a cui il destino sembrava non riservare niente di buono e che invece appariva quanto di più vicino ad un angelo avessimo mai visto nella nostra vita.

Quella sera, Minami tornò alla fortezza ancora scuro in volto. Non ci disse niente per chiarire cosa gli fosse successo, non volle cenare con noi ma si ritirò nella propria stanza. Un comportamento certamente insolito. Ma così si comportò anche nei giorni successivi. Raramente si intratteneva con noi, molto più spesso si allontanava da solo tornando sfinito a tarda notte.

Rukawa non veniva più obbligato a pranzare o a uscire a cavallo con noi, sembrava di nuovo essere lasciato al proprio oblio solitario. Ma non era completamente solo.

Molti di noi avevano già notato che il capitano Sakuragi aveva una profonda compassione per il ragazzo, e in quei giorni ci accorgemmo che spesso disubbidiva agli ordini del Principe e raggiungeva Kaede per fargli un po’ di compagnia. Una volta mi disse che quanto stava facendo era in realtà piuttosto deprimente, infatti il giovane principe non lo degnava di uno sguardo, rimanendo sempre muto e gelido. Non si lamentava, non insultava, non parlava. Spesso dormiva, e quando era sveglio girava le spalle a coloro che cercavano di interagire con lui.

In ogni caso, la perseveranza di Hanamichi ed il suo carattere solare dovevano alla fine essere riusciti a fare breccia nel carattere duro e solitario del ragazzo, perché mi accorsi che il Capitano cominciava a emergere dalle visite alla torre sempre più sereno, inoltre qualche volta, quando noi altri uscivamo con Minami, seppi che convinceva Rukawa ad uscire a cavallo. Comprendemmo presto, i pochi tra noi che erano al corrente del comportamento di Sakuragi, che era meglio che Minami non venisse a conoscenza di tutto questo.

Il principe sembrava assente in quei giorni, anzi, diciamo che dalla famosa uscita in cui Kaede aveva tentato la fuga, non era più se stesso. Ma non parlava, e non era certo tipo a cui si potessero porre domande personali.

Una di quelle sere, però, a cena ci accorgemmo che aveva bevuto più del solito e che non accennava a smettere. Eravamo tutti un po’ a disagio, sembrava quella che in gergo si chiama una ‘sbronza triste’. Quando andammo a dormire, non ci accorgemmo che in realtà lui non aveva fatto altrettanto.

Se ne accorse Hanamichi, ma solo il giorno seguente…

Prese il Principe di petto, chiedendogli come avesse potuto picchiare in quel modo il giovane Rukawa. Sì, era successo questo. Minami quella sera era salito nella stanza sulla torre. Da quel che il Capitano era riuscito a carpire da un Rukawa riluttante, il Principe lo aveva tirato fuori dal letto e lo aveva sbattuto contro il muro, scuotendolo fino a fargli uscire il sangue dalla nuca, poi lo aveva buttato sul pavimento e se ne era andato.

Il Principe non rispose alle accuse, limitandosi inizialmente a guardare Sakuragi con odio. Poi sibilò che Rukawa era solo suo, e che lui poteva fargli tutto ciò che voleva.

Vidi il Capitano trattenersi a stento. A molti altri avrebbe dato un pugno in pieno viso, e anche Minami stava rischiando molto, ma forse il controllo di se stesso che rivelò in quella circostanza era dovuto più che altro alla volontà di proteggere il giovane principe, e quindi si limitò a ribadire che avevamo già dato prova di sufficiente crudeltà verso quel ragazzo, e che non era assolutamente il caso di aggiungerne altra…”

“Ma quanto tempo era passato?” non riesco a trattenermi dal chiedere, anche perché qualche strano sospetto comincia a farsi largo nel mio cervello.

“Dalla conquista di Pendragon? Poco più di tre anni, a quel tempo Kaede ne aveva sedici.

In ogni caso siamo vicini alla fine del racconto.

Una sera Mitsui ed io, che eravamo usciti a caccia con il Principe, tornammo prima del previsto alla fortezza, per aiutare il Capitano che era rimasto da solo a presidiarla… si temeva infatti una insurrezione di coloro che non avevano mai accettato la nostra vittoria. Ebbene, quando arrivammo ci trovammo di fronte una scena inaspettata: nel giardino del cortile interno c’erano Sakuragi e Rukawa e… beh, non so se la cosa possa sconvolgerti ma…” Kogure si interrompe, guardandomi dubbioso.

So bene cosa vuole dire, non mi è difficile dal racconto che mi ha fatto finora intuire cosa lui e Mitsui possano aver visto:

“Il Capitano era innamorato del giovane Principe, vero?” chiedo.

“Già, lo teneva stretto tra le braccia e si stavano baciando. Sembravano così felici, e noi eravamo così contenti per loro… Era la prima volta che il viso di Kaede mostrava un sorriso, e anche Sakuragi sembrava avere il volto trasfigurato: non aveva solo la solita espressione solare, il suo viso era davvero raggiante.

Cercammo di non farci scorgere e ci allontanammo. Quasi istantaneamente capimmo che quello che avevamo visto poteva portare dei guai.

In ogni caso, la situazione peggiorò man mano che passavano le settimane: era evidente che il legame tra Sakuragi e Kaede diventava sempre più stretto, ma era anche evidente che Minami subiva una strana attrazione verso il prigioniero. Aveva ripreso a farlo scendere a cena, e lo fissava durante tutto il tempo che il ragazzo era costretto a trascorrere con noi… sì, lo guardava e beveva. E poi cominciò a fissare anche il Capitano, e non era uno sguardo rassicurante, era come se avesse capito che stava succedendo qualcosa, come se sentisse nell’aria l’odore della menzogna. E una sera…”

 

“Continuo io, è la mia parte no?” lo interrompe lo sfregiato.

Mi volto a guardarlo sorpreso, il suo tono non è più quello arrogante di poco fa, anzi è pervaso da una nuova malinconia mentre riprende in mano il racconto:

“Una sera, dopo una cena stranamente allegra, come quelle che non facevamo più da tantissimo tempo, rimanemmo per le ultime bevute solo il Principe ed io. Un bicchiere, un altro, un altro ancora… non arrivavo a finirne uno che lui me ne riempiva un altro. Pensavo di reggere bene il vino, ma combattevo contro qualcuno che da questo punto di vista era imbattibile.

Non mi reggevo più in piedi e la mia testa era annebbiata. Stavamo ridendo di qualcosa di stupido quando lui mi chiese se il rapporto tra Sakuragi e Rukawa mi creasse dei problemi. Era una domanda trabocchetto, ma i fumi dell’alcol mi impedivano di ragionare. Pensai che glielo avesse rivelato proprio Sakuragi, e che lui, come capo di tutti noi, volesse assicurarsi che la cosa non creasse dissapori.

Gli risposi che per me non c’era assolutamente nulla di strano, che se si volevano bene il resto rimaneva affar loro.

Ma non era abbastanza, mi chiese da quanto tempo ne fossi a conoscenza e io gli raccontai di quella volta che li avevamo visti insieme nel cortile della fortezza.

Mi sorrise, ma il suo non era sorriso, era più che altro un ghigno che gli sfigurava il viso: gli occhi non riuscivano infatti a celare vampate di rabbia e odio.

In quel momento temetti che volesse uccidermi, invece mi sibilò soltanto che avevo scelto male il campo in cui stare. Rovesciò la sedia e salì fino alla stanza sulla torre. Posso solo immaginare ciò che vide, ma i miei ricordi sono nebbiosi e posso dire che mi ripresi solo il mattino successivo, quando ci convocò tutti nel salone principale del palazzo.

C’eravamo tutti, tutti tranne Sakuragi e Rukawa.

Finora ho però negligentemente trascurato di accennare ad una strana fissazione di Minami: ovunque andasse, egli aveva l’abitudine di farsi seguire da una vecchia che aveva fama di essere qualcosa a metà strada tra una indovina e una maga. Era una cosa molto strana questo loro legame, ma quella donna sembrava davvero in grado di esercitare uno potere malefico sulle persone.

Quella mattina, il Principe ci aspettava in piedi vicino al trono, e accanto a lui c’era quell’orribile megera che ghignava mostrando le gengive sdentate. Rabbrividii rivivendo i frammenti della serata precedente, ma mi illusi fino alla fine di aver solo immaginato la rabbia e l’odio che avevo visto in quegli occhi… non era così.

‘Sono stato tradito’, disse, ‘e proprio dalle persone che meno avrei considerato capaci di una cosa simile: da colui in cui avevo riposto la massima fiducia e da colui per cui avrei sacrificato tutto me stesso e che non permetterò mai a nessun altro di avere’ sibilò tra i denti ‘ma essi pagheranno per questo’.

Alzò il braccio puntando il dito verso la vetrata che ornava la volta della sala e da cui filtrava la luce del sole: ‘La mia maledizione li perseguiterà in eterno: da oggi saranno costretti ad errare sempre insieme e sempre separati, uno falco di giorno e l’altro lupo di notte’, disse, ormai inarrestabile nel proprio delirio di onnipotenza ‘Solo un giorno senza notte e una notte senza giorno potrà salvarli, e, anche allora, il maleficio verrà tolto solo se compariranno entrambi dinnanzi ai miei occhi in forma umana’, terminò.

In quel momento si levò la risata agghiacciante della megera, le cui dita adunche fecero ampi movimenti nell’aria.

Il resto dovresti averlo capito. Sakuragi e Rukawa furono banditi da Pendragon, e da allora vagano impossibilitati a sfuggire la loro vita a metà, senza potersi mai incontrare in forma umana, sempre insieme, ma solo come uomo e falco, lupo e uomo.

E noi…”

“Noi abbiamo abbandonato Pendragon subito dopo questi fatti” interviene Kogure “e da allora non abbiamo più avuto notizie, finché tu non hai bussato alla porta del monastero tenendo tra le braccia un falco ferito”.

 

Accidenti, devo abituarmi alla nuova situazione! Effettivamente non è che quel che mi hanno raccontato mi sconvolga più di tanto: dopo aver visto Kaede Rukawa non è difficile comprendere che ci si possa innamorare di lui, e non solo per l’aspetto fisico. Sebbene io non lo conosca, si capisce subito che c’è qualcosa di meraviglioso nascosto dietro i suoi occhi limpidi, dietro la grazia con cui si muove… e adesso quei due sono costretti ad una vita a metà. Falco e lupo… ironia del destino, due animali famosi per la fedeltà al compagno che si scelgono. Chissà che il Principe non lo abbia fatto apposta?

“Come mai il Capitano mi ha detto di portarlo da voi? Siete davvero in grado di curarlo?” continuo a chiedere.

“Mitsui era colui che si occupava di tutti noi quando venivamo feriti in battaglia… conosce le proprietà di tutte le piante. Lo salverà” tenta di rassicurarmi il quattr’occhi.

Quanto vorrei rientrare in quella stanza e capire se è vero quello che mi dicono!

Mitsui si versa un altro bicchiere di vino e si avvicina alla finestra. Guarda fuori e improvvisamente stringe così tanto il vetro da farlo andare in mille pezzi.

“Hisashi! Che succede?!” chiede subito Kogure.

“Non c’è un minuto da perdere! Stanno arrivando”

Ci precipitiamo tutti alla finestra: dalla vallata sta risalendo un gruppo di soldati a cavallo… non impiegheranno molto ad arrivare fino qui. E’ buio, devono essere le cinque della mattina, ma il rumore degli zoccoli dei cavalli e l’illuminazione fornita da questo spicchio di luna calante spuntato da poco ci fanno facilmente capire quanto il pericolo sia vicino.

Il quattr’occhi corre verso la porta che conduce alla stanza dove si trova Rukawa.

Io non posso fare altro che guardare Mitsui con espressione interrogativa.

“Dobbiamo assolutamente nasconderlo. Il Capitano Sawakita ha il compito di ritrovare il falco. Minami lo rivuole, rivuole il ragazzo senza il quale non può più vivere”

“E allora cosa stiamo aspettando! Dobbiamo scappare, non possiamo farci intrappolare come topi…” replico concitatamente.

“Stai zitto, ci pensiamo noi”

In quel momento Kogure rientra sostenendo per la vita il ragazzo ferito: lo hanno vestito con una tunica simile a quelle che indossano loro, ma che differenza nell’effetto, non posso fare a meno di notare!

Il giovane signore è pallidissimo e non si regge in piedi, ma purtroppo non si può fare altrimenti, dobbiamo riuscire a trovare un luogo sicuro.

Usciamo sul tetto fortificato del monastero, da qui si dovrebbe poter salire sulla torre campanaria, e credo che questo sia il loro scopo… anche se secondo me non è un granché come piano, se quelli dovessero capire che siamo lassù e venirci a cercare, non avremmo scampo.

Mitsui chiude la botola da cui siamo dovuti passare, mentre Kogure cerca di sostenere il più possibile il giovane principe. Io continuo a guardare alternativamente la nuvola di polvere che i cavalli dei nostri nemici si sono lasciati dietro e il volto sofferente di Rukawa: in queste condizioni non potrà reggere a lungo.

I nemici sono stati più rapidi di noi, perché sentiamo già i loro colpi contro la botola chiusa.

Mitsui solleva Kaede tra le braccia e si inerpica sulla scala, ma sappiamo che ormai è tardi, probabilmente bisognerà affrontare lo scontro diretto:

“In quella cassa!” mi incita Kogure.

E così trovo archi, frecce e spade. Dobbiamo armarci oppure sarà impossibile uscirne vivi.

I colpi sono sempre più forti, è chiaro che devono battere con un palo, e vediamo già le schegge volare impazzite… manca poco e ce li troveremo di fronte.

Mitsui è tornato giù: ha capito che è impossibile per noi riuscire a barricarci sulla torre, e quindi il nostro campo di battaglia sarà questo spiazzo tra i merli di fortificazione.

La botola ha ceduto…

Saranno una quindicina, tutti bene armati. Per un istante penso al Capitano Sakuragi, e spero che ce l’abbia fatta a salvarsi… è rimasto da solo a contrastarli per darmi il tempo di portare il falco in salvo, ma quanto gli sarà costato questo sacrificio?

La battaglia è dura, Mitsui si rivela un ottimo tiratore dalla distanza, mentre Kogure è agile. Io tiro un po’ alla cieca, ma la nostra disperazione, unita ad alcune trappole di cui non conoscevo l’esistenza, e che invece si rivelano decisive, ci aiutano a resistere.

“Attento lì! Passa a sinistra” mi urla ad un certo punto il quattr’occhi. Eseguo all’istante e spalanco gli occhi vedendo il mio avversario sprofondare nella buca appena nascosta dagli sterpi.

Siamo rimasti in tre contro quattro quando mi accorgo che Sawakita sta per raggiungere Rukawa…

“Mitsui! Rukawa…” avverto lo sfregiato.

Il nuovo capitano della guardia è quasi sul giovane signore, ma il sibilo della spada di Mitsui lo obbliga ad abbandonare il suo piano per difendersi.

Io scatto raggiungendo il giovane principe, e nella confusione generale riesco a calarlo sullo spunzone di roccia che sporge sotto i merli, esternamente alla costruzione. Devo riuscire a farlo allontanare, altrimenti sarà spacciato.

Lo tengo con una mano, sperando che riesca a trovare una nicchia riparata in cui nascondersi, ma proprio in quel momento sento qualcosa di freddo contro il collo:

“Tiralo su, immediatamente…” mi sibila la voce aspra di Sawakita.

Giuro che anche volendo, non saprei come fare! Fra l’altro mi rendo conto che la presa sulla mano del ragazzo si sta lentamente allentando:

“Non ce la faccio!” replico “Aiutatemi… Mitsui!!”

La battaglia si interrompe, e tutti gli sguardi sono atterriti.

“Lasciami…” mormora il ragazzo sotto di me “Lasciami o mi seguirai nel vuoto!”

Ma io tengo duro, non posso permettere che muoia, non posso!

“Sta nascendo il sole!” esclama Kogure.

Che diavolo c’entrerà adesso? Il quattr’occhi a volte sembra davvero fuori dal mondo!

Dall’avambraccio sono passato a stringere il polso, e poi il palmo… I primi raggi del sole che sta per sorgere illuminano la torre merlata, e proprio in questo momento le dita del giovane signore mi scivolano dalle mani…

“NOOOOOO!!!!” urlo con tutto il fiato che ho in corpo, ma uno spettacolo incredibile si presenta davanti ai miei occhi: i raggi si fanno più prepotenti… il sole è sorto, e con lui giunge puntuale il rito della maledizione. Del ragazzo pallido non rimane più nulla, solo un rumore d’ali e un falco che riprende quota nel suo volo maestoso.

Tutti quanti tiriamo un sospiro di sollievo, ma non possiamo fermarci a lungo, lo scontro con gli uomini di Minami non è ancora terminato…

Eppure non dura ancora molto: Kogure, appena riesce ad avvicinarsi abbastanza, mi sussurra che c’è una botola, e ad un cenno convenuto ci saltiamo tutti dentro richiudendola in modo che le guardie rimangano chiuse sulla torre.

Corriamo come pazzi raggiungendo le stalle, ma quando arriviamo mi accorgo che Golia non c’è più…

“Non è possibile!” esclamo, ma Mitsui non vuole darmi ascolto:

“Salta su quest’altro, non perdere tempo! Golia non è il tuo cavallo e probabilmente è andato in cerca del suo padrone” ribatte rapidamente.

Annuisco poco convinto, ma li seguo in sella ad un ronzino, secondo me più un mulo che un cavallo, che decido di ribattezzare Bradipo.

Partiamo al galoppo, cercando di mettere più spazio possibile tra noi e i nostri avversari.

 

Finalmente abbiamo raggiunto la foresta. Ci inoltriamo nel fitto della boscaglia, ma ad un certo punto Mitsui ci fa segno di tacere, per poi tirare fuori il suo arco…

Avanziamo tutti in religioso silenzio, muovendoci pianissimo per non farci sentire, quando una voce ci fa sussultare:

“Hai perso la mano, Hisashi. Avrei potuto colpirti tre volte!”

E’ incredibile, è proprio il Capitano!

Eccolo che emerge dal folto della vegetazione: è in sella a Golia, e sul suo braccio è appollaiato il falco.

“Sakuragi!” fanno insieme i suoi due ex compagni d’armi.

“Grazie per averlo salvato” dice lui, portando lo sguardo sul magnifico rapace.

Mitsui scuote la testa. Ovviamente si sente ancora colpevole per quanto accaduto due anni fa.

“Lord Falco sta bene, ora. Riesce quasi a camminare!” esclamo io. Sono davvero euforico per come si sono sistemate le cose!

Sakuragi solleva un sopracciglio e ripete:

“Lord Falco?!”

Io sorrido:

“Già, il giovane signore dalla pelle di alabastro, i capelli color…”

Non riesco a terminare perché il Capitano mi minaccia con il frustino:

“Smettila! Ho capito. Lord Falco… no, non mi dispiace” e sorride anche lui, girandosi ad accarezzare la testa morbida dell’animale.

Per un po’ camminiamo in silenzio, Kogure e Mitsui ai lati del capitano, ed io più indietro, che cerco di mantenere la loro velocità scalciando furiosamente Bradipo per fargli allungare il passo.

“Dove siete stati questi due anni?” chiede ad un certo punto il quattr’occhi “Non credevamo di rivedervi più…”

Sakuragi inizialmente non risponde, ma poi dice seccamente che sono stati in Spagna.

“E… come mai sei tornato?”

Effettivamente mi sembra una domanda poco gentile, ma sono contento che sia stata fatta perché anch’io sono curioso di sapere quali siano le intenzioni del Capitano.

Affiancandomi, posso vedere la sua espressione: ha la fronte corrugata e la sua bocca si è ridotta ad una linea sottile.

“Voglio andare a Pendragon. Devo parlare con lui” risponde fra i denti.

E’ Mitsui a parlare adesso:

“Hanamichi, se ucciderai Minami per voi non ci sarà più speranza, lo sai vero? E poi il principe Rukawa sa cosa vuoi fare? Ti senti così sicuro da decidere per entrambi?”

“Stai zitto!” gli sibila il Capitano.

“No! Non sto zitto! Io stanotte l’ho rivisto: è così delicato, gentile, bello… mentre gli estraevamo la freccia mormorava il tuo nome… avete due vite a metà, ma sono sempre vite!” ribatte l’altro rabbiosamente.

Sakuragi si ferma voltandosi verso l’ex compagno brandendo la spada:

“Stai zitto! Non capisci che lo faccio anche per lui.. soprattutto per lui? La nostra non è vita, io sono suo e lui è mio, uno senza l’altro non siamo niente!”

“Ma non devi disperare! E poi forse una soluzione ci sarebbe…” mormora timidamente Kogure, stupendoci tutti.

Il Capitano però reagisce furiosamente:

“Non ci provate! Sapete benissimo qual è la maledizione… non provate a dare false speranze, solo perché…” si interrompe, evidentemente non volendo lasciarsi andare a dire qualcosa di terribile.

“Dillo! Dillo che è colpa nostra… mia, quello che è successo!” lo incalza Mitsui “Credi che non lo sappia, che non mi sia odiato in questi anni per ciò che ho causato? Ma ascolta Kogure, se c’è una cosa che può riportarvi alla normalità è solo quella che ha studiato lui”

Sakuragi scuote la testa, ma, nonostante questo, sembra disposto ad ascoltare.

“Ricordi le parole esatte della maledizione? ‘Un giorno senza notte, una notte senza giorno’… ho studiato molto in questi due anni passati al vecchio monastero, e ho studiato soprattutto i movimenti degli astri. Tra tre giorni ci sarà un giorno senza notte e una notte senza giorno…” racconta il quattr’occhi sommessamente.

“Che diavolo stai dicendo?! Non esiste una notte senza giorno e un giorno senza notte…”

Prima che possa aggiungere altro, l’altro lo interrompe, stavolta con tono più deciso:

“Esiste. Tra tre giorni, secondo i miei calcoli, ci sarà una eclissi totale di sole: la luna, nel suo movimento ciclico intorno alla terra si troverà esattamente sull’asse Terra-Sole, oscurando il cielo. Sarà giorno e notte insieme, e nello stesso tempo non sarà giorno, non sarà notte… come dice la maledizione. Come distinguere fra giorno e notte, quando sarà completamente buio?” (*)

Rimango a bocca aperta, ascoltando le parole decise del timido quattr’occhi. Io non avrei mai pensato ad una cosa simile! Però non posso evitare di porre una domanda, nonostante sia capitato in questa compagnia quasi per caso:

“Ma come puoi essere sicuro che si tratti proprio di questo? E se non fosse questo che intendeva la maledizione?” chiedo affannosamente.

Lui si gira verso di me con un sorriso tirato:

“Ogni maledizione deve avere un modo, per quanto difficilmente verificabile, per essere sciolta. Ogni maledizione deve riportare una condizione che ne può causare il fallimento. Io sono sicuro che l’eclisse verifica quella posta dal Principe”.

Io batto le mani, causando un improvviso sobbalzo di Bradipo:

“Ma allora dobbiamo sbrigarci, dobbiamo organizzarci per andare a Pendragon!”

Il sorriso mi muore sulle labbra accorgendomi che le mie parole non causano alcuna reazione, e che anzi l’atmosfera è piuttosto tesa.

Continuiamo il nostro cammino in silenzio, mentre io vorrei tanto sapere che cosa hanno deciso di fare. Già, sarei disposto a tornare a Pendragon pur di assistere alla rottura della maledizione, ma questo mio sacrificio non sembra essere tenuto nella giusta considerazione dagli altri, che rimangono silenziosi e cupi, tutti presi dai propri pensieri.

 

E’ pomeriggio, abbiamo camminato parecchio, sebbene io non sappia assolutamente dove siamo diretti. Ci siamo fermati per far riposare i cavalli, nonostante io sia sicuro che Bradipo non possa essere stanco, visto il passo da lumaca che ha tenuto per tutto il giorno.

Mitsui e il Capitano si allontanano in direzioni opposte per trovare qualcosa da mangiare, mentre io e il quattr’occhi ci diamo da fare per accendere il fuoco.

Che bello! Una cena a base di lepre e fagiani! Sono secoli che non mangio così bene e così tanto, penso sdraiandomi sulla schiena, con le braccia incrociate sotto la nuca.

Vedo Mitsui controllare la ferita del falco, ma non fa commenti.

“Non sta bene?” chiede Kogure, dando voce alle paure di noi tutti.

“Non so, così è difficile da dire. Lo riguarderò dopo…”

Certo, quando sarà di nuovo il giovane signore. Mi volto per guardare l’espressione del Capitano, e per una volta lo colgo senza l’usuale maschera. Certo, è doloroso per lui sapere di essere l’unico a non poter vedere Rukawa nelle sue vere sembianze, mentre a noi basta aspettare il tramonto. E’ ingiusto che, fra tutti, lui sia l’unico a non poter vedere la persona che ama.

Si sta facendo buio. Siamo usciti dalla foresta, accampandoci alle porte di un piccolo villaggio. C’è molta gente in giro, soprattutto contadini vestiti a festa, chissà dove staranno andando…

Il Capitano prende dei vestiti dalla sacca appesa alla sella di Golia e li porta nella piccola capanna disabitata in cui vorremmo dormire stanotte, poi porta dentro anche il falco, togliendogli il cappuccio di cuoio.

“Torno nella foresta” annuncia uscendo.

“Ma manca ancora del tempo…” lo fermo io.

Lui si gira verso di me con uno strano sorriso:

“Se c’è una cosa che ho imparato in questi due anni, è riconoscere l’approssimarsi della notte”.

Non aggiungo altro, mentre lo guardo scomparire nella foresta.

Il sole sta tramontando. Mi avvicino alla porta della capanna con l’intenzione di vedere se la trasformazione è avvenuta, ma Mitsui mi ferma:

“Uscirà da solo. Dagli il tempo di prepararsi”

E improvvisamente capisco il perché di quei vestiti all’interno della baracca.

Comunque lo sfregiato ha ragione, non passa molto tempo che la porta si apre, lasciando apparire davanti a noi quel ragazzo bellissimo che non mi stancherei mai di guardare.

Si avvicina al fuoco, in questa fredda notte autunnale, ma non parla. Da quello che mi è stato raccontato, a parte con il capitano, lui non ha mai parlato con nessuno.

“Come va la ferita?” gli chiede Kogure preoccupato.

Lui annuisce, come a dire che è tutto sotto controllo, ma nessuno di noi ne è così certo, mentre lo vediamo tendere le mani delicate verso le fiamme per scaldarsi.

Adesso dal villaggio ci raggiungono urla, risate, a volte qualche canto stonato.

“C’è la festa del paese” osservo “Potremmo avvicinarci…”

Probabilmente la mia proposta è assurda, ma sento il bisogno di ‘normalità’, di bere un bicchiere di vino, di non pensare a questa maledizione che sembra così impossibile da sconfiggere.

Inaspettatamente Mitsui mi dà man forte, mentre Kogure guarda dubbioso Rukawa. Ma quando ci alziamo, vediamo che anche il giovane principe ci imita.

Sono contento, e mi porto al lato del ragazzo, come ad offrirgli i miei servigi di giovane cavaliere.

Ci affacciamo nella sala affollata, diciamo un capannone sgombrato per l’occasione, e vediamo tantissime coppie vestite con abiti colorati ballare senza freni, mentre enormi boccali di vino vengono serviti su un bancone improvvisato.

Mitsui va a prendere da bere per tutti, mentre Kogure ci guida verso un tavolaccio con due panche ai lati. Ci sediamo, e noto che Kaede sceglie l’angolo più nascosto. Non sembra a suo agio in questa situazione, probabilmente non deve essere abituato ad avere tanta gente intorno.

Ad un certo punto si volta verso il quattr’occhi:

“Come sta il capitano?” mormora fissando gli occhi limpidi in quelli dell’altro ragazzo.

Kogure sorride:

“Sta bene… gli manchi”

Lui non risponde.

“Vuole tornare a Pendragon…” prosegue il quattr’occhi.

“Lo so. Riconosco i posti”

“Può essere pericoloso, e molto probabilmente le sue intenzioni sono…”

Si interrompe vedendo Rukawa scuotere la testa facendogli cenno di tacere:

“Qualsiasi cosa deciderà, a me sta bene” sussurra.

“No! Non potete arrendervi… forse c’è un modo per uscirne!” e così Kogure gli spiega tutto quello che ci ha detto la mattina.

“Quello che deciderà il Capitano a me andrà bene” ribadisce però il ragazzo, come se non lo avesse ascoltato.

Improvvisamente alla porta della sala si scatena un forte trambusto. Ci giriamo tutti insieme, e vediamo entrare un gruppo di uomini dall’aspetto spaventoso e dalla spavalderia tipica di coloro che sentono di poter fare di tutto perché hanno le spalle coperte.

“Oste! Vino per tutti!” urlano con voci sguaiate.

L’uomo dietro il bancone ubbidisce. Noto che i loro mantelli sono sporchi di rosso, sembra sangue fresco.

Alzano i bicchieri tutti insieme:

“Alla salute del Principe” esclamano “E alla caccia ai lupi che ci renderà ricchi!” concludono portandosi il vino alla bocca ingordamente.

Mi giro verso il giovane signore, e vedo la sua carnagione già chiara ancora più pallida. Si alza di scatto dirigendosi verso l’uscita. In un attimo gli siamo tutti dietro, e con lui assistiamo ad uno spettacolo mostruoso: fuori del capannone c’è un carro pieno di pelli, ma quella in cima non è come le altre, è un lupo nero, non ancora scuoiato, coperto di sangue ancora fresco...

Volto la testa inorridito, ma i visi che vedo attorno a me hanno la mia stessa espressione… un lupo nero, il Capitano, è il pensiero che attraversa tutti noi.

Rukawa ha i pugni stretti, mentre guarda attonito quello spettacolo:

“Han…Hanamichi!” mormora disperato. Poi comincia a correre verso la capanna dove ci siamo accampati. Non sono riuscito a muovere nemmeno un passo che già lo vedo partire al galoppo su Golia.

“Non stare fermo come un ebete! Dobbiamo seguirlo!” mi urla Mitsui mettendosi a correre.

In un attimo siamo anche noi sui nostri cavalli, sperando di arrivare in tempo, sperando che per il Capitano non sia troppo tardi, sperando che Rukawa non faccia cose azzardate.

Il Principe Minami deve aver ordinato la caccia al lupo per liberarsi definitivamente del rivale che deve aver capito essere tornato per regolare i conti, e ha assoldato questi rifiuti umani per chiudere definitivamente partita.

Corriamo alla cieca in questa notte buia che non ci consente di capire dove stiamo andando. E’ solo l’istinto da uomo d’armi di Mitsui che ci guida, e io spero che questo istinto non lo tradisca proprio oggi…

Troviamo Golia solo, vicino a un albero.

Camminare a piedi può essere fatale: i lupi vengono catturati con le trappole, in genere con enormi tagliole dagli acuminatissimi denti di ferro. L’idea di finire con il piede in una di queste mi fa sudare freddo, eppure cominciamo anche noi ad avanzare, dopo aver lasciato i nostri cavalli vicino al morello. Cerchiamo di fare il minor rumore possibile per sentire i movimenti di Rukawa… vaghiamo senza meta per parecchi minuti, ed io sto cominciando a pensare che possa essere accaduto il peggio, quando sentiamo un urlo provenire dal folto degli alberi, sulla nostra destra. Ci mettiamo tutti e tre a correre come pazzi, quando il tenuissimo bagliore della luna illumina la scena che mai avremmo desiderato vedere: c’è il giovane principe inginocchiato vicino ad un lupo enorme, agonizzante per il sangue perso dalla ferita della tagliola, che ancora gli tiene imprigionata la zampa.

Non facciamo in tempo a raggiungerli, che da dietro di loro appare la sagoma di un altro lupo, stavolta libero, che si avvicina al ragazzo docilmente. E capiamo…

Rukawa si gira di scatto, e sembra tremare in questa fragile luce notturna. Il lupo si accuccia accanto a lui, posandogli il muso in grembo, e chiude gli occhi. Le mani del ragazzo cominciano a scorrere gentili su quel pelo folto, e lo sentiamo mormorare:

“Sei vivo… sei vivo! Non mi hai lasciato solo…”

A questo punto Mitsui si avvicina, palesando la nostra presenza; lui ci guarda stupito, poi riporta lo sguardo sull’animale ferito che ha accanto:

“Salviamolo!” ci esorta.

Il quattr’occhi cerca di allentare la tagliola, mentre lo sfregiato passa delle erbe sulla ferita aperta, per poi fasciare stretta la zampa:

“Non ci sono molte probabilità che si salvi…” mormora scuotendo la testa. Ma già aver tentato è qualcosa.

Il lupo liberato si allontana trascinando la zampa posteriore: come tutti gli animali feriti starà cercando un posto dove curare in solitudine le sue ferite.

“Andiamo, principe Rukawa, non possiamo rimanere qui…” lo esorta Kogure.

Riprendiamo il cammino fino a raggiungere i cavalli. Il lupo ci segue da lontano, e quando finalmente troviamo un posto un po’ riparato dove dormire, si accoccola vicino al giovane signore.

 

Quando mi sveglio è quasi l’alba. Vicino a me, il giovane principe è già sveglio. Per proteggersi dal freddo, si è coperto, ed ha coperto anche il lupo con una coperta di lana. La sua mano dalle dita sottili continua ad accarezzare quella pelliccia, come se questo contatto potesse restituirgli la sensazione di sfiorare il suo amante.

“E’ quasi ora…” sento che bisbiglia piano, come se stesse parlando solo per l’enorme lupo che lo fissa con profondi occhi nocciola.

E infatti il sole sta per sorgere. Il chiarore si è già diffuso rendendo tutto intorno a noi perfettamente visibile. Riporto lo sguardo su quei due corpi sotto la coperta, e ancora una volta stento a credere che possa esistere una cosa del genere, che debbano trasformarsi inevitabilmente ogni giorno ed ogni notte…

Continuo a osservarli: occhi negli occhi, la mano di Rukawa sul corpo del lupo.

Guardo l’animale: occhi di lupo, occhi d’uomo… sembra impossibile ma le immagini cominciano a sovrapporsi, a convivere sfocate.

E poi Kaede: occhi d’uomo, occhi di falco… stesso colore, ma forme che sembrano cercarsi per arrivare a combaciare.

Dita quasi trasparenti che vogliono aggrapparsi fino all’ultimo a quell’ombra a metà tra mantello di lupo e pelle d’uomo; dita più forti, che anelano un fugace contatto con quella morbidezza a metà tra pelle di ragazzo e piume di falco.

Per un istante, un solo istante, le due mani sembrano quasi toccarsi, quella grande e forte del Capitano sembra sfiorare le dita pallide del Principe, ma non è che un momento, forse non è che una illusione… occhi negli occhi, ormai occhi d’uomo e occhi di falco.

Improvviso ecco il battito d’ali, mentre il falco si alza in volo, e poi un urlo strozzato, mentre Sakuragi balza in piedi per trattenerlo, per trattenere qualcosa che già non c’è più, che ha lasciato il posto all’ennesima metamorfosi.

“NOOOOOOOO!!! KAEDE!!!” urla il Capitano, sfogando la sua rabbia e la sua frustrazione. Ma il falco vola alto, ormai, e del ragazzo non c’è più alcuna traccia.

Mi vergogno di essere qui ad assistere a questo dolore, mi sento in colpa per poter parlare con quel ragazzo, per poter fare tranquillamente qualcosa per cui Sakuragi darebbe tutto se stesso. Non è giusto, è crudele…

Mi allontano, e così fanno Mitsui e Kogure. Il dolore del Capitano è troppo forte, troppo estenuante rinnovarlo ogni alba ed ogni tramonto. Merita il nostro rispetto.

Quando ci rimettiamo in cammino, l’atmosfera è malinconica. Lord Falco continua a volare su di noi, poi si posa sul braccio del suo padrone, come a volerlo rassicurare con la propria vicinanza.

 

“Va bene, sono disposto a fare un ultimo tentativo” rompe il silenzio Sakuragi quando ci fermiamo per mangiare.

Mitsui sembra non credere alle proprie orecchie:

“Vuoi dire che tenteremo di entrare a Pendragon per il giorno dell’eclisse?!” chiede stupito.

Il Capitano annuisce, senza parlare.

“Sakuragi, sono sicuro che i miei calcoli siano giusti: il giorno dell’eclisse si romperà la maledizione” aggiunge il quattr’occhi.

Ma l’altro scuote la testa: ha accettato, questo gli sembra sufficiente, non cerca delle rassicurazioni.

Lo vedo accarezzare piano le piume morbide che coprono la testa del falco:

“Lo faccio per Kaede, solo per lui. Farei tutto per lui…” mormora così piano che anch’io mi chiedo se abbia davvero udito le parole giuste.

Ora che abbiamo uno scopo, il nostro cammino è meno casuale.

L’essere partiti dal monastero di Uther, fa sì che il percorso si sia molto allungato. Probabilmente domani sera, sul tardi, saremo a Pendragon. Bisogna però organizzare un piano. E’ difficilissimo avere accesso alla fortezza, quindi è necessario pensare bene a come procedere.

Sono Mitsui e il Capitano ad organizzare tutto, sebbene quest’ultimo sembri aver aderito al piano solo come ultima, inutile, disperata prova d’appello. Infatti sappiamo tutti che, se il piano non funzionerà, non esiterà ad affrontare lo scontro diretto con il Principe Minami, pur di farla finita con questa vita dimezzata.

Il piano consiste nell’entrare all’interno della fortezza di notte, avendo come lasciapassare il lupo in gabbia: è infatti praticamente certo che ci faranno entrare con una preda simile, visto che il Principe vuole che gli si conducano tutti i lupi della zona, e preferibilmente vivi.

Ci metteremo in fila con gli altri carri, quelli del mercato e quelli con le altre belve, poi la mattina dopo, quando avrà di nuovo le sembianze umane, Sakuragi entrerà nella sala del trono grazie al mio aiuto. Ebbene sì, anche io ho un ruolo, e anche pericoloso: dovrò fare a ritroso il percorso che ho coperto per scappare dalle prigioni, e, sbucando dalle grate della sala, dovrò aprire le porte all’ingresso di Navarra.

In quel momento, se i calcoli saranno giusti, lui e Kaede saranno entrambi umani, perché l’istante che abbiamo concordato sarà quello che vedrà il sole completamente coperto dalla luna. E a questo punto il piano sarà riuscito: Minami sarà costretto a guardarli e la maledizione sarà sciolta.

A parole sembra semplice, ma tremo all’idea che qualcosa possa andare storto!

Sakuragi si allontana a cavallo. Siamo di nuovo vicini al tramonto, e forse questa sarà la sua penultima notte da lupo, penso vedendolo scomparire tra gli alberi. Poco dopo vediamo il giovane signore raggiungerci su Golia. Mi piace come cavalca, dritto, con stile. Quando scende accarezza il collo del lipizzano, che abbassa la testa strusciandosi contro la spalla del suo secondo padrone.

Davanti al fuoco, Mitsui e Kogure raccontano il piano a Rukawa. Lui non fa commenti, accetta, come ci aveva già detto, le decisioni del Capitano.

Ha uno sguardo strano, e mi rendo conto che quegli occhi così blu nascondono una pena ed una sofferenza incredibili. Non posso scordare, infatti, quella che deve essere stata la sua vita: un’infanzia felice, certo, ma poi la famiglia sterminata, l’umiliazione della prigionia, e poi, quando finalmente aveva vicina la felicità, il baratro di questa vita notturna, trascorsa in solitudine, lontano da tutti. E’ certamente un tipo solitario, che difficilmente dà fiducia agli altri, ma come si può vivere sempre senza nessuno accanto? Nessuno può farlo.

Prego sinceramente che questa sia la fine, che lui conquisti la felicità che merita, ma so che o sarà così oppure moriranno entrambi. Il Capitano non lo ha ribadito, ma tutti sappiamo che fra due giorni si arriverà comunque alla fine.

 “Voi parlate poco, signore” gli dico, incapace di dargli del tu, come se la sua aura di nobiltà e distacco mi imponesse un approccio più formale “Risulta difficile avvicinarsi a voi, però, prima che torniamo a Pendragon, voglio raccontarvi una storia…”

Non so come mi sia venuto in mente, ma comincio a parlargli della mia fuga dalla prigione e del mio incontro con il Capitano. Del fatto che ogni volta che accennavo a quella prima notte che avevo visto il giovane signore, Sakuragi reagiva mostrando una incontrollabile gelosia, poi racconto del falco che ci aveva aiutato nella battaglia, della disperazione e della furia del Capitano quando la freccia di uno degli uomini di Sawakita lo aveva colpito. Dell’espressione che leggevo in quegli occhi scuri e profondi ogni volta che si accennava al giovane principe, dell’urlo di frustrazione dopo l’ennesimo sfiorarsi proprio durante l’ultima alba.

Gli racconto tutte queste cose, ma non per farlo soffrire per qualcosa che lui non potrà mai vivere, no, non per questo, ma solo perché voglio che la vita del capitano sia anche sua, e poi voglio che sappia quanto è amato. In questi due anni trascorsi in solitudine, come hanno mai potuto confermarsi la forza dei propri sentimenti?

Al termine del mio racconto, lui rimane in silenzio per qualche istante, poi comincia a parlarmi, con quel suo tono di voce profondo e doloroso:

“Anche se viviamo separati, non devi pensare che non condividiamo le emozioni: io so cosa pensa e prova lui, e lui sa cosa penso e provo io. Il nostro legame non è diventato più debole solo perché non possiamo stare insieme: quando io sono falco o lui è lupo, le nostre anime continuano a parlarsi” mormora fissando il fuoco, ed io lo ascolto a bocca aperta, e per la prima volta li invidio, li invidio nonostante la loro sofferenza, perché hanno trovato la forza l’uno nell’altro per affrontare tutto questo.

Anche Mitsui e Kogure ascoltano le sue parole attentamente.

“Riusciremo ad uscirne” mormora con tono inaspettatamente dolce lo sfregiato.

“Certo…” ribadisce il quattr’occhi.

Rukawa continua a fissare le fiamme:

“Qualsiasi cosa accada, non dovrete mai pensare che sia stata colpa vostra. Mai” dice deciso. Poi li guarda e sorride: “Almeno voi dovete essere felici, e quando penserete a noi dovrete credere che anche noi lo siamo, in qualsiasi luogo finiremo”.

Non posso non capire cosa abbia portato il Capitano ad innamorarsi di lui, non posso non capire anche cosa abbia portato Minami a rischiare il tutto per tutto per non perderlo.

 

Un altro giorno. Quello che ci prepara all’ingresso a Pendragon.

Il Capitano si è riunito a noi. Stasera arriveremo alle porte della città, e lui ci spiegherà come catturarlo. Scherzando me ne esco che basterà semplicemente che il giovane signore lo chiami, visto che il lupo gli ubbidisce come un agnellino, e lui fa qualcosa a metà tra un sorriso ed una smorfia di avvertimento di non tirare troppo la corda.

Ma io mi sento allegro, oggi, e così gli dico che dovrebbe essere tranquillo come lo è il giovane principe, che è sicuro che qualsiasi cosa accada, loro saranno sempre insieme, felici.

Ha una espressione strana, sembra volermi chiedere di più, e contemporaneamente non vuole farlo, come se la cosa potesse ferirlo.

Mi sento molto generoso, oggi, e gli riferisco quello che Rukawa ha detto davanti al fuoco, e stavolta il suo sorriso è vero, aperto… però poi torna serio, anche se le sue minacce suonano false:

“Attento a quello che dici, ragazzo, io lo conosco e so capire se dovessi riportarmi parole non sue” mi riprende severo.

 

Siamo alle porte della città. Ormai non possiamo più tirarci indietro, e la paura comincia a farsi strada in noi. Kogure non fa che fare calcoli strani su dei fogli che si è portato dietro, mentre Mitsui cerca di distrarlo, di confortarlo. Improvvisamente mi sono reso conto che tra i due c’è qualcosa di particolare. In realtà devo essere stato cieco per non essermene accorto prima, ma eravamo tutti troppo presi da quello che stava succedendo per concentrarci su altro. Adesso però, mentre li guardo, mi viene da sorridere: almeno loro hanno trovato la felicità.

Abbiamo rubato un carro, e abbiamo attaccato tre cavalli davanti, e uno dietro… ebbene sì, il mio Bradipo rimarrà di scorta, del resto quello è sempre stato un mangia-fieno a tradimento.

Il giovane principe ci raggiunge. Ogni volta che lo vedo sembra più bello.

Vedo che guarda in lontananza il castello, quello che era il suo castello, stagliarsi contro il cielo ancora illuminato dagli ultimi bagliori aranciati del cielo. Deve far male tornare qui, deve ferirlo per molti motivi.

“Dobbiamo catturare il lupo” dice Mitsui, cercando di esortarci a sbrigarci.

“E’ stanotte allora…” mormora Rukawa, piano “…andrò io. Voi lasciate la gabbia aperta” aggiunge con quel suo tono sommesso ma deciso, prima di tornare verso il lago che abbiamo costeggiato arrivando qui.

Non ci resta che aspettare, e magari possiamo riposarci nel frattempo. Io cado in un sonno profondo, pesante. Sono stanco, questi giorni mi hanno stremato, soprattutto considerando che vengo da mesi di immobilità trascorsi attaccato ad un anello nelle segrete della fortezza di Pendragon. Già, la fortezza… domani dovrò tornare all’interno di quei cunicoli olezzanti… non credevo che mi sarebbe mai più capitato, non credevo che lo avrei mai potuto fare spontaneamente.

Dopo un paio d’ore, almeno credo, mi sento scuotere bruscamente. Non vorrei aprire gli occhi, ma non posso fare altrimenti, e così vedo accanto a me Mitsui che mi guarda accigliato. Kogure è già sul carro, mentre Kaede, ben incappucciato, sta accanto alla grossa gabbia caricata dietro, quella gabbia nella quale si dibatte l’enorme lupo nero.

Mi alzo di scatto. Ci siamo…

Il carro procede lentamente, nonostante i tre cavalli a tirare. Noi siamo tutti stipati nel sedile davanti, ben coperti dai cappucci, soprattutto Rukawa. Non ci mancherebbe altro che incontrare qualcuno che possa riconoscerlo… allora sì che saremmo perduti!

Alla porta della città veniamo fermati, come tutti gli altri che cercano di accedere alla città.

“Perché volete entrare a Pendragon?” ci chiede inquisitoria la guardia, scrutandoci a lungo.

Mitsui fa un gesto con la mano, indicando il carico sul retro del carro.

L’uomo solleva la pesante coperta che copre la gabbia, e fa un salto indietro perché il lupo si è avventato contro le sbarre, scoprendo le enormi zanne candide. (**)

“Il Principe sarà contento di questo regalo!” ride poi, quando capisce che la gabbia robusta lo protegge dal pericolo “Dove lo avete catturato?”

“Vicino al lago Mairon” risponde Kogure calmo.

“E chi sono quei due nell’angolo?” continua a chiedere la guardia, indicando me e il principe Kaede.

“I nostri fratelli più piccoli” replica pronto Mitsui, girandosi verso di noi.

La guardia tira giù di forza il cappuccio di Rukawa, e per un momento sbatte gli occhi sbalordito. Poi ride, una risata rozza, volgare, ammiccante:

“Vi consiglio di far condurre il lupo dal vostro fratellino… conoscendo il Principe, lo prenderà come un regalo doppio!” e riprende a ridere, senza distogliere quello sguardo oltraggioso dal viso del giovane signore.

Noto che quest’ultimo è sbiancato, ha i pugni così serrati che si scorge il bianco delle nocche sotto la pelle sottile, ma si trattiene, così come facciamo tutti noi. Abbiamo un compito da svolgere, e non possiamo farci distrarre da niente e da nessuno.

La porta si apre, ed entriamo nella città di Pendragon.

Ovunque ci sono carri simili al nostro, pieni di merci per il mercato oppure di pelli di lupo. E’ uno spettacolo disgustoso vedere quella parata di povere bestie ancora sanguinanti, ma domani, comunque vada, tutto questo sarà finito.

Fermiamo il carro proprio sotto le mura del castello, non molto lontano da dove ho rivisto il sole neanche una settimana fa. Poi ci impossessiamo di una delle case mezzo diroccate e abbandonate che abbondano nella città da due anni a questa parte, da quando, cioè, il regime del Principe ha mostrato tutta la propria iniquità.

Abbiamo portato dentro la gabbia con il lupo, mettendola nella stanza con Rukawa. So bene che lui, appena solo, aprirà le sbarre e passerà il resto della notte ad accarezzare quell’animale che si rivelerà con lui inaspettatamente mansueto. E poi, all’alba, si celebrerà il solito rito.

Ma tutti siamo stanchi, non c’è tempo né voglia di pensare, sapendo che ci stiamo giocando tutto, che ognuno di noi sta rischiando molto per ridare ai due amanti una vita normale.

Mi sdraio in un angolo, incurante del pavimento duro. Il sonno è terribile, e sento proprio di non poter resistere un minuto di più…

Quando mi sveglio, il sole è già alto.

Il capitano Sakuragi, con il suo mantello nero, cammina a grandi passi nella stanza, mentre Kogure scruta il cielo scuotendo la testa.

“Mi sembra giorno, un giorno come tutti gli altri!” sibila il Capitano guardando fuori dalla finestra.

Il quattr’occhi ricontrolla i propri fogli:

“Sono sicuro che ci sarà l’eclisse! Probabilmente più tardi di quanto io abbia calcolato, ma ci sarà, credimi!”

Sakuragi lo guarda duramente:

“Il piano non cambia. Io andrò da Minami, esattamente come previsto, lo obbligherò a togliere la maledizione, oppure lo ucciderò. In ogni caso sconterà quello che ci ha fatto” mormora rabbiosamente. Si interrompe per un istante, poi riprende con un tono deciso ma sofferto: “L’unica cosa che vi chiedo, che DOVETE promettermi, è che, se le cose non andranno bene, voi… voi ucciderete il falco”

Lo guardiamo allibiti... di cosa sta parlando?

“Se le cose non andranno come devono, sentirete tre rintocchi dalle campane del castello. Alla fine dei tre rintocchi, dovrete ucciderlo, senza alcun indugio... noi non possiamo vivere così, non è umano!” termina in un bisbiglio.

“Ci sarà l’eclisse, perché non vuoi aspettare?!” interviene Mitsui, cercando di convincere il suo ex comandante.

“Non è così. Questo è un  giorno a cui seguirà una notte, come è nel corso normale delle cose. Sperate solo che io riesca a sconfiggere il Principe”

Non ci dà modo di rispondere, mentre va a sellare Golia.

 

Adesso è arrivato il mio turno. Esco dalla capanna e raggiungo l’uscita del cunicolo che mi ha permesso di recuperare la libertà dopo i mesi passati nella prigione.

Io spero ancora, sono sicuro che i calcoli di Kogure non possano essere sbagliati, e comunque, se non oggi, non potrebbe esserci a breve un’altra eclisse? perché abbandonare tutto così?

L’acqua del fossato è lurida e puzzolente come quando sono uscito, ma stavolta so cosa aspettarmi, e so quale strada devo percorrere.

Mi muovo con sicurezza in quella melma giallastra, e non impiego moltissimo per raggiungere la sala del trono. Mi arrampico aiutandomi con gli spunzoni del muro, e finalmente mi aggrappo ad una delle grate.

Sento molti passi sulla mia testa, e mi viene il terrore che qualcuno possa schiacciarmi le dita. So che questo pensiero è molto sciocco, ma a volte la mente è irrazionale…

Speriamo invece che nessuno di accorga di me, che nessuno guardi in basso. Ma forse saranno tutti presi della processione che dovrà portarli a presentare gli omaggi al Principe. Del resto, fortunatamente, oggi è giorno di udienza.

Spingendo forte sulla grata di ferro, riesco ad allentare la sua presa sulla calce friabile, finché non cede tutta insieme. Dall’angolo infelice da cui posso guardare in alto, cerco di capire se ci sia qualcuno molto vicino, ma mi sembra di no. Indosso sopra i vestiti la tunica da monaco che ho tenuto sempre in alto per non farla bagnare, e mi isso con decisione.

Nessuno sembra fare caso a me, perfetto!

Mi avvicino velocemente alla grande porta della sala, quella porta che la collega direttamente con l’esterno, ed apro i pesanti battenti appena prima che le guardie si accorgano di me. Ma ormai non possono più fare niente.

Tutti si voltano verso l’ingresso da cui è entrata la luce calda e abbagliante di questa mattinata autunnale: nel vano della porta aperta si staglia l’immagine di un cavaliere a cavallo, un cavaliere con la corazza nera che monta un cavallo nero. Mi ritraggo sfuggendo alle guardie, ora prese dallo stupore per questo spettacolo imprevisto, e insieme agli altri non posso fare altro che domandarmi cosa succederà.

Vedo il Principe alzarsi dal trono.

Nella sala spoglia echeggiano le sue parole:

“Navarra! Mi avevano detto che eri tornato, ma non potevo crederci…”

Golia avanza, con quel suo passo così particolare, costringendo la folla a farsi da parte e ad andare a formare due ali che lasciano la navata principale della sala completamente libera.

“Come sta il tuo splendido falco?” sento sempre la voce del Principe, stavolta provocatoriamente beffarda.

Il Capitano scende da Golia, continuando a risalire verso il suo nemico, ma le guardie stavolta gli si fanno sotto.

E’ incredibile la facilità con cui se ne libera: le colpisce impietoso, una dopo l’altra, e l’ultima è proprio quel Sawakita che si è rivelato essere il braccio destro del Principe.

Sembra che niente possa fermarlo, oggi, e anche il temibile nuovo capitano della guardia deve lasciargli il passo, dopo essere stato ferito profondamente al fianco.

Ormai non ci sono più ostacoli a separarlo dall’oggetto del suo odio:

“Finalmente faccia a faccia, Minami!” sono le prime parole che pronuncia, mentre punta con la spada l’uomo ancora in piedi accanto al trono, aspettando che risponda alla sua sfida.

Il Principe sorride:

“Bene, siamo alla resa dei conti. Non ti salverai, e con te condannerai anche Kaede. Sapevo benissimo che la sua scelta gli avrebbe causato solo sofferenza…” sibila questi brandendo la sua spada.

Lo scontro si rivela subito durissimo: ad ogni colpo del Capitano, il Principe risponde con uguale precisione e forza. Ormai la stanchezza fa loro sostenere le spade pesanti con entrambe le mani, e fra un colpo e l’altro devono allontanarsi per aver modo di riprendersi.

“Non sei migliorato, Sakuragi. Forse la notte dovresti riposarti di più…” lo deride Minami, scattando poi felinamente per piazzare un altro colpo. Ma il Capitano non si fa prendere alla sprovvista, e riesce a difendersi.

Nel silenzio che avvolge la sala, i colpi rimbombano assordanti. Più i due sono stanchi, più tentano di porre fine al combattimento forzando lo scontro. Ad un certo punto Sakuragi si toglie l’elmo nero, per riuscire a respirare meglio, e lo scaglia lontano.

Seguo stupito la parabola alta della maschera di metallo, e mi accorgo che punta dritta verso la vetrata che decora la volta. Il rumore di vetri rotti echeggia nella sala, seguito da una pioggia di frammenti colorati. Ora, in alto, uno sprazzo di cielo risulta perfettamente visibile sin da qui, ed è proprio la parte di cielo in cui brilla forte il sole in questa giornata senza nubi.

Guardo con attenzione verso l’alto, ma sembra che niente possa turbare questa giornata serena. Scuoto la testa sconsolato: i calcoli di Mitsui e Kogure erano sbagliati.

Lo scontro ricomincia, sempre più violento.

“Pagherai per quello che ci hai fatto” sibila il Capitano.

“Ti ucciderò, e Kaede sarà mio, finalmente!” ribatte l’altro, parando un fendente al braccio.

“MAI” tuona Sakuragi, tentando un altro affondo. Ma sono entrambi distrutti, ed i colpi vanno spesso a vuoto.

Io continuo a muovermi per non perdermi neanche un movimento, pronto ad intervenire se dovesse succedere qualcosa al Capitano.

Proprio nel momento in cui si sono di nuovo fermati per riprendere fiato, ci accorgiamo che si sta facendo stranamente buio… eppure è ancora giorno.

Alzo lo sguardo verso lo scorcio di cielo visibile dalla volta scoperta, e… e… non è possibile!! C’è qualcosa, un’ombra, che sta nascondendo il sole!! Non è possibile, allora Kogure aveva ragione…

Urlo senza riuscire a trattenermi:

“L’eclisse, l’ECLISSE!!! Capitano!!”

Tutti quanti nella sala alzano la testa verso lo spettacolo che continuo ad indicare con il braccio.

Sento Sakuragi che bisbiglia:

“Un giorno senza notte, una notte senza giorno…”

Anche il Principe Minami rivolge lo sguardo a quel fenomeno inatteso, facendosi schermo con la mano per non lasciarsi abbagliare dalla luminosità del sole.

Proprio mentre tutti assistiamo allo spettacolo incredibile della luna che si sta muovendo per coprire il sole, una guardia si appende alle corde delle campane per dare l’allarme e richiamare il resto della guarnigione a dar man forte al Principe.

“NOOO!!!” urla Sakuragi, lanciando un pugnale contro l’uomo per fermare lo scampanio, ma è troppo tardi. Per l’intera città di Pendragon sono già risuonati tre rintocchi… tre terribili, funesti rintocchi.

“KAEDE!!! NOOOO!” grida di nuovo il Capitano, disperato.

Mitsui aveva promesso… tre rintocchi.

Serro gli occhi, mentre le mani sono strette a pugno. Non posso, non voglio pensarci… quelle iridi blu, quella pelle candida, quella voce sommessa… perché, perché proprio adesso che tutto potrebbe risolversi?

Ma ormai è tardi, non c’è più neanche l’eco delle campane. ‘Senza indugio’ aveva detto il capitano: ormai il falco deve essere morto.

I suoi occhi adesso sono carichi di una furia ed una rabbia che non gli avevo mai viste. E’ un uomo che ha perso tutto, che non vuole altro che chiudere la partita definitivamente, il che significa che anche Minami e poi lui dovranno andare incontro alla stessa sorte del falco, uniti fino all’ultimo dalla follia del loro vincolo.

Il Capitano crolla in ginocchio, la testa gettata all’indietro mentre grida la sua disperazione contro lo spettacolo della luna che sta continuando a sovrapporsi al sole.

E proprio di questo suo momento di abbandono cerca di approfittare il Principe, che gli si fa sotto per sconfiggerlo definitivamente. Con un guizzo dovuto ad un riflesso istintivo, Sakuragi riesce a difendersi, ma la sua spada scivola lontana.

Spalanco gli occhi: la situazione adesso è davvero disperata per lui. Ma i suoi occhi fiammeggianti mi dicono che non si è arreso.Afferra una delle lance infisse ai lati del trono e la usa come bastone per bloccare i fendenti dell’avversario.

Sa di aver perso tutto, ma la rabbia e l’odio lo obbligano a portare a termine la sua vendetta, per sé e per Rukawa.

Riesco a raggiungere la sua arma scaraventata contro la parete, e nel momento che mi sembra propizio la lancio, facendola scivolare vicina ai suoi piedi. Temevo di fallire, invece lui la afferra ricominciando il duello.

E’ impressionante osservare la loro tenacia, la determinazione che mettono per arrivare ad annientarsi: ho davanti due persone che stanno cercando di distruggersi.

Con un ultimo colpo disperato, il Capitano riesce a prendere il sopravvento.

Dalle ali di folla che racchiudono il campo di battaglia si leva un mormorio di stupore quando la punta della sua spada si poggia sul cuore del rivale, mentre l’arma di quest’ultimo è volata lontano.

 

“Sei morto” sussurra Sakuragi, soffiando le parole sul viso dell’uomo che ha distrutto la vita di Kaede e che adesso è alla sua mercé, finalmente costretto a scontare tutto quello di cui si è macchiato.

Sposta leggermente la lama, andando ad appoggiare delicatamente la punta della spada sul collo di Minami:

“Pentiti di tutto quello che hai fatto, perché è giunta la tua ora. Rimarrai carne per corvi, neanche l’inferno ti aprirà le porte…”gli sibila.

Allontana la lama per prendere lo slancio, ma dalla porta della sala improvvisamente si leva una voce che rimbomba nella grande sala:

“Fermati Hanamichi!”

Tutti, anche il Capitano e il Principe si voltano verso quella apparizione. Ed è solo così che si può definire.

Avvolto nel suo lungo mantello nero, il cappuccio sulle spalle a liberargli i capelli nerissimi, c’è il principe Rukawa. Sì, non il falco, ma proprio il principe nelle sue fattezze umane. Ai suoi lati ci sono Mitsui e Kogure. Non l’hanno ucciso, non l’hanno fatto, e la maledizione non potrà più fargli del male!

“Kaede…” mormora il Capitano, ma poi la sua voce si leva alta e piena di stupore, mentre invoca di nuovo quel nome: “KAEDE!!!”

Mi sto quasi commuovendo mentre li vedo avvicinarsi l’uno all’altro, titubanti e impazienti al tempo stesso. Quanto devono avere atteso questo momento!

Si fermano vicini, ma non si toccano.

“I tuoi capelli…” mormora il Capitano, alzando un braccio per accarezzare lievemente quella soffice seta color ebano con la punta delle dita.

Il giovane principe gli ferma però la mano con la propria, intrecciando le loro dita. Poi obbliga l’altro a seguirlo nel percorso di avvicinamento a Minami.

Quando arriva davanti al Principe, lo guarda dritto negli occhi, che l’altro invece distoglie immediatamente, cercando poi di coprirsi il viso con la mano:

“Guardatemi” gli ordina Rukawa.

Minami continua a nascondere lo sguardo, in un ultimo patetico tentativo di non riconoscere la sconfitta.

“Guardatemi!” ripete Kaede, con la voce ancora più affilata.

E il Principe non può resistere. E’ come se da quel ragazzo si sprigionasse una strana forza, capace di alterare l’equilibrio della gente che lo circonda.

Minami abbassa il braccio, e spalanca gli occhi per guardare la persona che lo ha cambiato, che è stata in grado di trasformarlo per il desiderio che ha suscitato in lui.

“E adesso guardate lui” continua Rukawa deciso, indicando Sakuragi.

Ormai Minami sembra una marionetta di legno e stracci, che ubbidisce ciecamente alla voce dell’unica persona in grado di muovere i suoi fili.

“E adesso guardateci insieme”.

E anche questo suo ordine viene ubbidito… la maledizione è tolta: Sakuragi e Rukawa sono comparsi entrambi in forma umana davanti al Principe, e questi li ha guardati entrambi negli occhi!

Mi viene da piangere, ma con la manica del mio rozzo mantello di saia cerco di asciugarmi gli occhi per non tradire davanti agli altri la mia commozione, però, voltandomi appena, vedo che anche Mitsui e Kogure sono piuttosto scossi, anzi, il quattr’occhi è completamente abbandonato sulla spalla del compagno… sarà, ma mi sembra che i due stiano approfittando alla grande dell’occasione che si è presentata per scambiarsi coccole e carezze!

“Questi non mi servono più” mormora con disgusto Rukawa, lasciando cadere in grembo al Principe il piccolo cappuccio di cuoio e i lacci per le zampe che ricordano il giogo della sua prigionia sotto forma di falco.

Ma adesso il Capitano, che ha osservato tutta la scena in silenzio, continuando a stringergli la mano, lo attira a sé:

“Kaede…” mormora accarezzandogli il volto con le dita…

Una mossa fulminea e una risposta altrettanto fulminea:

“Se non sarai mio, non sarai di nessun altro!” grida il Principe scagliandosi con un pugnale in mano contro la schiena di Rukawa. Ma il Capitano è altrettanto pronto: porta indietro il braccio con cui impugna ancora la spada e la scaglia con tutta la sua forza contro l’ex comandante, trafiggendolo da parte a parte.

Minami crolla a terra, rantolando, e mormorando in un ultimo sospiro il nome di colui che non avrebbe mai potuto avere…

E’ immobile, morto ai piedi del suo trono. Dovremmo gioirne, ma una morte non porta mai felicità, solo pena e sofferenza. Il Principe Minami ha vissuto una passione non corrisposta, e questo lo ha distrutto. Non è stato capace di accettare un rifiuto: ha voluto vedere un tradimento dove non c’era altro che la nascita di un sentimento fortissimo da cui lui, senza colpe, era escluso.

Il Capitano affonda il viso del giovane signore nella propria spalla, sperando di risparmiargli la vista della morte. Poi, lentamente lo guida verso l’uscita.

Poco prima di varcare la soglia, non resiste e solleva il compagno per la vita, cominciando a girare su se stesso e a urlare di felicità il nome della creatura che finalmente, dopo due lunghi anni, può stringere di nuovo tra le braccia:

“KAEDE!!!!” questo nome rimbomba nella sala spoglia, in cui la folla continua a rimanere in silenzio, come incredula di fronte allo spettacolo a cui ha assistito.

E’ bellissimo vedere i due guardarsi con gli occhi colmi di gioia… Proprio nel momento che aspettavo da tempo, però, quello in cui il Capitano si china verso il giovane principe per suggellare con un bacio il loro essere di nuovo insieme, sento una manaccia callosa schiaffarmisi sugli occhi:

“Non è uno spettacolo per te!” mi dice ridendo Mitsui, e non serve a niente che io gliela morda forte… non mi molla! Ma pensa davvero che io possa scandalizzarmi solo vedendo quei due persi nelle loro tenerezze? Potrei sconvolgermi, forse, se si trattasse di questo stupido sfregiato, ma non se si parla di Kaede!

Sakuragi si avvicina a noi. Il suo viso è trasfigurato, e sembra non riuscire a scucirsi dalle labbra quel sorriso ebete, mentre stringe il braccio intorno alla vita del moretto:

“Grazie… grazie a tutti voi! Da soli non ce l’avremmo mai fatta…” mormora arrossendo imbarazzato, come se non fosse abituato a riconoscere i meriti altrui.

Scuotiamo tutti contemporaneamente la testa, come a dire che per noi togliere maledizioni è una bazzecola in cui ci cimentiamo tutti i giorni, poi io non posso risparmiarmi di prendere un po’ in giro questo gigante innamorato:

“E comunque non lo abbiamo fatto per te, Capitano, ma solo per il nostro fantastico principe. Non ce la faceva più a svolazzare e a toglierti sempre dai guai!”

Sento di stare rischiando un pugno in pieno viso, ma poi l’espressione di Sakuragi si addolcisce, mentre si volta verso il compagno e mormora:

“Già, nessuno può resistergli…”

Temendo un attacco di diabete, mi allontano insieme ai due ex eremiti:

“Ed ora cosa succederà?” chiedo, come se volessi la conclusione della storia, prima di riprendere la mia strada a cuor leggero.

E’ il quattr’occhi a rispondermi:

“Il principe Rukawa è l’erede legittimo al trono, ma non credo che accetterà il ruolo. Ha sofferto troppo, e poi non credo che Sakuragi gli permetterebbe di stare lontano dal proprio fianco per più di due secondi. Probabilmente partiranno di nuovo, raggiungeranno un posto più tranquillo…” mi spiega.

“E voi?” martello ancora.

I due si guardano sorridendosi:

“Forse torneremo ad Uther, oppure troveremo un altro posto sperduto dove rintanarci”.

Per qualche istante rimaniamo in silenzio, poi Mitsui mi dà un pacca sulla spalla che quasi mi sfonda la clavicola:

“Comunque ci rivedremo, topo!” dice ridendo “Fosse anche in Paradiso, sempre che tu non ti allontani di nuovo dalla retta via!”

“Pensa a te, che se non ci fosse il quattr’occhi… E comunque, io in Paradiso ci andrò, anche a costo di scassinarne la porta!” ribatto pronto.

Scoppiamo tutti a ridere.

Sono sicuro che ci rincontreremo tutti e cinque, e molto prima di trovarci di fronte alla faccia barbuta di San Pietro!

 

LORD HAWK – The End

 

(*) Ho sempre considerato artificioso questo ‘escamotage’, ma non posso che rimettermi a quanto spiegato nel film…

(**) Jack London insegna che i lupi hanno le zanne giallastre, al contrario dei cani, che le hanno bianche (Zanna Bianca vive in un branco di lupi, ma i suoi denti bianchi, oltre a dargli il nome, ne chiariscono l’origine di incrocio tra un cane e un lupo), ma non mi sentivo di fare Hanamichi con i denti gialli…





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