Questa fic è
dedicata a Calipso, che, oltre ad essere simpaticissima e solare, è stata
la più accesa sostenitrice di questo assurdo progetto di HanaRu che vuole
adattare e rielaborare la storia di un film che piace molto ad entrambe.
Un baciotto
super-affettuoso a Ria e Nausicaa.
I
personaggi di SD non sono miei, come non è mio il soggetto del film
‘Ladyhawke’
Lord Hawk di
Greta
Nessuno è mai riuscito
a fuggire dalla prigione di Pendragon, ma nessuno è furbo, agile, scaltro
come il topo! Già è così che mi chiamano, topo, Mito il topo: sono
abile a scassinare qualsiasi serratura, ad appropriarmi di qualsiasi cosa
che mi sia necessaria, a sfuggire a qualsiasi trappola, anche se piena di
formaggio! E allora, vi starete chiedendo, perché sono finito in una
cella del castello di Pendragon? beh, perché sono stato catturato
l’unica volta che stavo cercando di fare qualcosa di onesto, di aiutare
un viandante… non potevo credere che fosse uno degli uomini del
Principe! Fare del bene… no, non mi ci fregheranno mai più!
Ma mi sto distraendo, e
invece devo stare attento… se mi perdo in questi cunicoli non riuscirò
mai più a vedere la luce del sole. E invece voglio rivederla presto,
altrimenti perché sarei immerso fino al petto in acque putride e
puzzolenti… chissà, magari pure piene di topi? Oddio, la mia schiena è
percorsa da un brivido gelido… loro dovrebbero essere come fratelli per
me, ma devo essere una persona allergica ai legami familiari, perché non
voglio neanche pensare ad un possibile incontro ravvicinato con una di
quelle bestiacce!
Ecco, pit pat, pit pat,
si sentono dei passi sopra alla mia testa, devono essere le persone
accorse per ossequiare il Principe. Spero che non si accorgano del rumore
che faccio muovendomi nell’acqua, spero che non guardino attraverso le
grate dei tombini… che mi dessero solo il tempo di rivedere la luce del
sole!
Sì, io riuscirò a
fuggire da Pendragon, sarò l’unico, il solo prigioniero del Principe a
riuscire a sfuggire alle luride galere…
Ecco, secondo quello
che ho capito dai racconti di quel vecchio prigioniero che era stato una
sentinella della fortezza, adesso dovrei essere sotto le cucine,
proseguendo attraverso quel cunicolo stretto dovrei arrivare alla luce,
riuscendo ad emergere abbastanza lontano da non farmi vedere dai soldati a
guardia del castello…
Ah! Eccola laggiù la
luce! Mi viene quasi da piangere a vedere quel riflesso lontano: sono mesi
che non respiro aria pulita, ma solo i fetidi miasmi che dal fossato
entrano attraverso le feritoie delle celle… la luce, il sole, la libertà!
Il topo torna alla vita!
La luce violenta di
questa giornata di inizio autunno mi ferisce gli occhi, ma è un dolore
che accetto con gioia, sento che il sole mi scalda la pelle e respiro
profondamente l’aria fresca e profumata… Ma non posso fermarmi a
lungo, devo cercare di non farmi vedere, di non farmi scoprire.
Sono lurido e vestito
di stracci, per prima cosa devo ripulirmi! Per il topo è un gioco da
bambini: rubo dei vestiti lasciati ad asciugare dietro la baracca di un
contadino, poi raggiungo il piccolo lago nascosto ai margini del bosco e
mi lavo. Finalmente rivedo il colore della mia pelle, finora nascosto
sotto strati di sporcizia, finalmente i capelli incrostati sono di nuovo
morbidi… la prigionia non ha minato il mio spirito, ma quanto in basso
ha fatto cadere il mio corpo!
Ora il topo deve
nascondersi, perché nessuno è mai fuggito dalle segrete del castello di
Pendragon: l’allarme verrà dato presto e il Principe mi farà dare la
caccia da tutti i suoi soldati, non sapendo che sono troppo furbo per
farmi beccare una seconda volta.
Prima però mi mescolo
alla folla che cammina tra i banchi del mercato: ho fame e devo
assolutamente trovare qualcosa da mangiare, e poi sono molto orgoglioso
del successo della mia fuga, voglio sapere se si è già diffusa la
notizia della mia spaventosa furbizia!
Rubo una mela e un
pezzo di pane, pietisco dell’acqua e un bambino mi dà un pezzo di
formaggio. Sorrido a tutti, la libertà fa sembrare tutto più bello,
tutti più buoni.
Vedo in lontananza un
gruppo di soldati a cavallo che sfrecciano verso la campagna: passando
divelgono banchi di frutta e spaventano gli animali che devono essere
venduti… ma loro sono i padroni qui, possono permettersi qualsiasi
cosa… chissà, chissà se stanno cercando me! Rido sotto i baffi, sarà
difficile che mi ritrovino!
Mi avvicino alla
taverna, coprendomi la testa con il cappuccio, e chiedo un bicchiere di
vino. L’oste mi si avvicina: vuole vedere i soldi prima, e io mostro nel
palmo della mano le poche monete che ho nascosto durante la prigionia. Mi
siedo cercando di ascoltare i discorsi degli avventori… niente di
interessante per ora, ma poi entra un soldato che sembra aver appena
terminato il turno di guardia.
L’aria si fa
improvvisamente più pesante, e un silenzio di tomba scende nella locanda,
mentre io cerco di ritirarmi nell’ombra.
“Si paga
anticipato” tuona l’oste.
L’uomo tira fuori le
monete dalla cintura, poi comincia a bere. Arriva un altro soldato…
avrei fatto bene a scegliere un altro posto: non ho più tutta questa
ansia di sentire commenti sulla mia fuga, eppure proprio in questo momento
il mio vecchio desiderio viene accontentato:
“Non riusciamo a
trovarlo! Piccolo moccioso bastardo… ma il Principe è stato categorico:
lo dobbiamo riprendere, vivo o morto… nel primo caso sarà proprio la
mano del Principe a segnare la sua fine…”
Scoppiano a ridere
insieme, mentre un brivido mi percorre la schiena: non voglio morire,
neanche per mano del nobile usurpatore!
“Con questo caldo ci
sta facendo correre come matti, appena riusciremo a mettergli le mani
addosso ci sarà da divertirsi…” continua l’ultimo arrivato… ecco,
io aggiungerei SE riusciranno a mettermi le mani addosso!
Finalmente se ne vanno,
e anch’io mi dileguo. Sicuramente ho sentito abbastanza.
Mi allontano dal
villaggio, sarò più al sicuro nella foresta.
I miei muscoli
atrofizzati si lamentano per il trattamento a cui li sto sottoponendo…
il topo in prigione non poteva certo fare lunghe passeggiate, legato al
muro da quella catena, e adesso fatico ad ogni passo.
E’ pomeriggio
inoltrato… la roba che ho mangiato a pranzo è ormai un lontano ricordo,
ho di nuovo fame! Deve esserci una festa, perché in lontananza vedo gente
riunita intorno a dei tavoli enormi, protetti da questo strano sole quasi
estivo da una pergola carica di grappoli d’uva… niente di più facile
che infilarmi tra queste persone e riuscire a mangiare a sbafo…
Mi siedo e una giovane
donna procace mi porta da mangiare… è tanto che non vedo una ragazza, e
la cosa mi è mancata: le sorrido, e lei risponde con un sorriso ancora più
ampio. Che sia carico di promesse? Non sarebbe male per la mia prima
giornata di libertà…
Però c’è qualcosa
che non mi convince in questo posto: inspiegabilmente c’è troppo
silenzio, troppa calma per essere una festa… il topo è furbo, sa che
spesso formaggio fa rima con trappola!
Mi alzo lentamente, non
voglio far vedere che ho fretta, e mi accorgo subito che sono seguito da
parecchi sguardi, troppi e troppo insistiti. Appena riesco a prendere un
po’ di vantaggio, comincio a correre per rientrare nella foresta…
Come mi aspettavo!
sotto le cappe ci sono i soldati del Principe! Uno mi si para davanti, ma
me ne libero tirandogli un pugno sul viso, un altro mi si getta addosso
facendomi cadere, ma fortunatamente riesco a raccogliere della terra e
gliela lancio negli occhi. Rotolo di lato e mi rialzo in piedi…
accidenti, sono davvero tanti!
Improvvisamente sento
la punta di una spada contro il collo… mi fermo e mi giro lentamente: è
Enji Sawakita, il capo delle Guardie.
Alzo le mani, ma non mi
sono arreso… e infatti raccolgo la spada caduta al soldato ancora
accecato dalla terra che gli ho gettato negli occhi e cerco di allontanare
la lama che mi punge la pelle. Non lo faccio apposta, ma colpisco Sawakita
sulla guancia…
“Scusate…” mi
viene spontaneo mormorare, considerando ‘chi’ ho colpito, ma il tipo
non sembra nello stato d’animo di accogliere il mio rincrescimento…
“Sei morto, piccolo
bastardo!” mi urla, avventandomisi addosso.
Non so perché ma la
situazione improvvisamente non mi sembra più tanto rosea! Pronuncio tra
me e me la mia ultima preghiera: chissà se il Signore ne terrà conto,
anche se è un po’ tardiva… ma dovessi avere un’altra vita mi
comporterei bene, Lui lo sa!
Proprio in quel
momento, però, la freccia di una balestra colpisce il palo di legno a
dieci centimetri dal viso già oltraggiato di Sawakita…
Non posso che tirare un
sospiro di sollievo, poi, insieme a tutti gli altri, alzo lo sguardo:
davanti a noi c’è un cavaliere vestito di nero, nera anche la maschera
di ferro, in sella ad un lipizzano altissimo, morello, a cui tremano le
froge per la rabbia.
Lo sconosciuto stringe
una balestra tra le mani, la balestra da cui deve essere partito il colpo
che ha sfiorato Sawakita.
“Navarra!” esclama
una delle guardie con un singolare tono di sorpresa, riconoscendo
evidentemente il nuovo arrivato.
“Uozumi…” mormora
in risposta il mio salvatore.
“Allora è vero che
sei tornato…” sibila Sawakita, ormai ignorandomi del tutto. Poi, senza
quasi che io me ne accorga, tira fuori un pugnale dalla cintura
scagliandoglielo contro con un rapido movimento del polso.
Chiudo gli occhi: devo
molto allo sconosciuto vestito di nero, e non mi sembra affatto una bella
cosa che rischi di lasciare questo mondo proprio adesso…
Ma l’arma del
Capitano delle Guardie viene intercettata dal corpo del soldato che aveva
parlato prima.
“Uozumi… no!!”
urla l’uomo a cavallo.
“Capitano…”
mormora il ferito con le ultime forze.
Il grido di
disperazione di un falco che vola in larghi cerchi si sovrappone
all’ultimo lamento del giovane soldato, come a suggellarne il
sacrificio.
Il cavaliere nero
chiude con delicatezza gli occhi di colui a cui deve la vita:
“Non dovevi…”
mormora piano a quel corpo ormai senza vita.
Non mi piace molto
questa atmosfera, anzi… vorrei tanto riuscire a dileguarmi!
Il cavaliere nero si
volta deciso e prende nuovamente la mira con la balestra. Mi irrigidisco,
e prego tra me e me che il tipo abbia buona mira, perché sembra tanto che
voglia spedire la freccia proprio da queste parti…
“Che aspettate,
soldati, catturatelo!” urla Sawakita, che vedo tremare per la prima
volta. Tutti gli uomini ai suoi ordini si muovono contemporaneamente verso
l’uomo a cavallo, ma questi sembra non curarsene, mentre lascia partire
il proprio colpo.
“Mi dispiace… ma
ora devo proprio andare, signore” mormoro scavalcando il corpo di
Sawakita, accasciato a terra con la freccia affondata in profondità nella
gamba… è sicuramente uno spettacolo piacevole, ma io ritengo di non
avere il tempo per godermelo adesso… meglio filare!
“Acciuffateli tutti e
due…” urla con le ultime forze quello stupido, invece di pensare ai
propri guai.
Corro a più non posso,
questi sono capaci di uccidermi, di uccidere il povero, innocuo ladruncolo
chiamato topo!
Li sento: mi sono
dietro, non sono riuscito a seminarli! Ma sento anche un altro rumore…
improvvisamente un mano forte come l’acciaio mi artiglia la spalla…
“Forza, sali!” mi
intima.
Mi lascio sollevare e
mi ritrovo alle spalle del cavaliere nero, sul suo cavallo… se mi fosse
rimasto un po’ di senso dell’umorismo mi volterei verso i nostri
inseguitori e riderei loro in faccia, ma invece, vista la velocità con
cui galoppa questo quadrupede, decido che è il caso di aggrapparmi allo
strano tipo che mi ha salvato.
E’ incredibile, è
come se il falco che vola sopra di noi ci stia seguendo: lo vedo con le
grandi ali spiegate volteggiare sopra le nostre teste, mentre galoppiamo
velocemente all’interno della foresta.
Il rumore dei soldati
che dovevano inseguirci ormai si è perso dietro di noi, del resto
quest’uomo sembra sapere dove andare. Mette il bel cavallo nero al
trotto, e poi al passo, quel passo elegante con le ginocchia alte
caratteristico dei lipizzani.
“Sta facendo
buio…” lo sento mormorare.
Visto il passaggio che
mi sta dando, decido che può godere anche del grande onore della mia
conversazione:
“Beh, in questa
stagione le giornate cominciano ad accorciarsi!” dico.
Lui non sembra avermi
sentito, dopo un po’ però mi si rivolge direttamente:
“Scendi, sei troppo
pesante e Golia si deve riposare” mi ingiunge.
Che diavolo! Potrebbe
scendere lui che è molto più grosso di me! Comunque obbedisco.
“Chissà perché quel
falco ci sta dietro…” mormoro incuriosito.
Vedo che il cavaliere
nero alza il braccio coperto da un guanto di pelle spessa:
“Falco! Qui…” lo
chiama deciso.
Non credo ai miei
occhi: quel falco maestoso plana su di noi, artigliandogli il braccio e
lui gli copre la testa con un piccolo cappuccio di cuoio.
“Ma allora è tuo!”
gli dico, continuando a camminare a fianco del cavallo.
Lui mi guarda da dietro
la maschera che non si è ancora tolto, e mormora:
“Lui è solo di chi
ama”
Boh! Mi sembra un po’
stravagante questo tizio, però il falco è davvero bello! Mi domando dove
lo abbia trovato.
“E’ ora di
fermarci” mi dice “Se vuoi rimanere con me, io devo lasciar riposare
Golia per la notte…”
Effettivamente
riconosco che muoversi con il buio non è facile, anche se io cercherei di
allontanarmi di più. Non ritengo però che sia il caso di palesare i miei
dubbi.
Ci fermiamo vicino ad
una baracca. Dentro ci sono due vecchi sporchi e inselvatichiti. L’uomo
che ho sentito chiamare ‘Capitano’ chiede di poter dormire nel
fienile, e di poter avere da mangiare e da bere per il cavallo. Tira fuori
delle monete, per questo, e ai due si illuminano gli occhi.
Andiamo nel fienile:
finalmente si sfila la maschera… e compaiono dei capelli rosso scuro
come non ne ho mai visti in tutta la mia vita. Ha gli occhi scuri,
fiammeggianti, e la fronte aggrondata, come se fosse tormentato da qualche
cosa.
Sembra stranamente
impaziente mentre toglie la sella a Golia e lo accudisce, guarda spesso il
cielo che sta cominciando a scurirsi, poi mi ordina di dormire da quel
lato del fienile, per controllare il cavallo, mentre lui si ritira dietro
un tramezzo portandosi dietro la sella e tenendo di nuovo il falco sul
braccio.
Sono stanco, ma sono
anche spaventato, non riesco a capire in che razza di situazione sono
andato ad infilarmi, non vorrei essere caduto dalla padella nella brace!
Non riesco ad
addormentarmi, il silenzio mi rende irrequieto, e poi nelle celle di
Pendragon mi ero abituato al chiasso continuo… tendo l’orecchio: non
sento alcun rumore raggiungermi dal posto in cui si è ritirato il mio
stravagante compagno… non vorrei che se ne fosse andato lasciandomi qui!
Ma non credo, non credo che lascerebbe una bestia così bella come questo
Golia.
Improvvisamente sento
dei passi furtivi dietro la casa, chi sarà… forse il ‘Capitano’ che
mi vuole uccidere?!
Cerco di sbirciare tra
le fessure delle assi che chiudono le pareti del fienile, e vedo la lama
di una falce brillare nel buio… se fossi superstizioso penserei che sia
la ‘dama nera’, ma non lo sono: guardo meglio e riconosco le fattezze
quasi bestiali del vecchio che ci ha dato alloggio.
Non posso assolutamente
permettermi di farmi prendere dal terrore e così corro dietro il tramezzo
per svegliare il cavaliere nero. Quando volto l’angolo rimango però
impietrito: del mio salvatore non c’è nessuna traccia, solo la sella
appoggiata al muro.
In un attimo decido che
devo uscire da lì: all’aperto avrò più possibilità di fuga… corro
accucciato, ma non conosco il posto e rischio di cadere ad ogni passo, e
sto quasi per finire a terra quando la mia corsa viene arrestata dal corpo
coperto di stracci di quell’orribile vecchio:
“Voglio le altre
monete” mi sibila mostrandomi la lama lucente con un ghigno.
Sono in preda al
panico, sembra proprio che non avrò scampo.
“Sono solo, e non ho
monete…” provo a dire.
“Ragazzino bugiardo!
E poi io voglio anche il cavallo…”
Provo a scuotere la
testa, ma non deve essere una mossa felice, perché quello alza la falce.
Per la seconda volta in
questa giornata, pronuncio le mie ultime preghiere…
Cos’è questo rumore?
E questo verso? Un digrignare di denti…
Ci voltiamo
contemporaneamente: davanti a noi c’è un lupo nero con le zanne
scoperte, pronto a saltarci addosso… Ecco, morirò sbranato da un lupo,
gran bella morte!
Il vecchio volta la
lama verso l’animale, ma nello stesso istante quello fa un salto
azzannandolo alla gola…
Scappo, non voglio
vedere altro… basta di capitani, cavalli, lupi e falchi… rivoglio la
mia vita di ladruncolo tranquillo!
Sento i passi leggeri
dell’animale… forse dovrei cercare di arrampicarmi su un albero,
dicono che sia l’unica scappatoia quando si ha a che fare con una bestia
feroce…
Improvvisamente vengo
raggiunto da una voce inaspettatamente vicina:
“Non aver paura…”
sussurra.
Mi volto e vedo una
figura incappucciata e avvolta in un lungo mantello nero… oddio, questa
giornata è piena di incontri inaspettati!
“Lupo! Qui…”
chiama dolcemente.
“Ma cosa fate…”
bisbiglio “…ha appena azzannato un uomo! Adesso ucciderà anche
noi!”
Ma la figura si piega
sulle ginocchia e tende le mani verso l’animale; chiudo gli occhi,
quella bestiaccia ci sbranerà!
E invece… invece
eccola che sembra trasformarsi in un cucciolo tranquillo mentre si
avvicina a quelle mani e si lascia accarezzare.
“Ma… ma come avete
fatto!” chiedo stupefatto.
Volta il viso verso di
me, e nella luce della luna vedo due grandi occhi azzurri che mi fissano
seri, una pelle candida, di porcellana, e dei capelli neri come la notte
che sfuggono dal cappuccio…
E’ la donna più
bella che abbia mai visto!
“Signora, state
attenta!” non posso fare a meno di esclamare “Aspettate qui mentre
vado a cercare qualcosa per ucciderlo…”
Lei mi stupisce ancora,
perché si porta un dito alle labbra:
“Shhhhh!!!”
sussurra “Non ucciderai nessuno. Il lupo ha cercato solo di
salvarti…”
Io non sono altrettanto
sicuro, ma vedendo come la belva si lascia accarezzare da quelle dita
affusolate comincio a pensare che tutte queste assurdità potrebbero avere
un senso.
“Signora… dobbiamo
andare via da qui, tra lupi e assassini non è un posto per voi! Vi porterò
in salvo…” cerco di convincerla, ergendomi a suo paladino.
Lei mi guarda di nuovo
e io mi perdo in quegli occhi blu:
“Non mi accadrà
nulla di male, e poi non vedi che non sono una donna?” mormora con
appena una nota di rimprovero nella voce.
Non ci posso credere…
guardo meglio quel viso e mi rendo conto che in effetti è proprio un
ragazzo quello che mi trovo davanti…
Però è un colpo
basso! Ha dei tratti così fini ed incantevoli che è quasi un peccato che
non sia una donna… tutta questa bellezza sprecata!
“Scusate… scusate signore…”
gli sussurro piano.
Lui scuote la testa,
poi mi dice:
“Torna nel fienile…
è quasi l’alba e lui non ti perdonerà se avrai lasciato solo
Golia…”
Come fa a conoscere il
nome del cavallo? Però volto per un momento il viso verso l’ingresso
del fienile… chissà quando tornerà il capitano, chissà che faccia farà
quando gli racconterò tutto…
Mi rigiro verso il mio
compagno, ma dietro di me non c’è più nessuno… senza che io me ne
accorgessi, sono scomparsi sia lui che il lupo.
Mi sveglio che il sole
è già alto. Mi stiracchio sul giaciglio di paglia su cui ho dormito, e
improvvisamente mi vengono in mente tutte le avventure vissute, o forse
sognate, durante la notte…
“In piedi,
dormiglione!” sento dire alla voce decisa del capitano.
“Sissignore!” e
scatto in piedi: non mi sembra tipo che convenga fare arrabbiare.
Mentre prepara il
cavallo, mi si rivolge di nuovo:
“Perché i soldati
del Principe ti stanno cercando?”
Decido che è inutile
essere timidi, e rispondo la verità:
“Sono fuggito dalle
prigioni di Pendragon, da solo, senza aiuto di nessuno… e vogliono
punirmi per questo” spiego.
Lui sorride:
“In effetti per loro
è uno smacco…si preannunciamo tempi duri per te, ragazzo” mormora.
“Però non mi farò
prendere… anche se forse morirò comunque, con quello che succede qui
intorno…”mi interrompo per qualche istante, poi decido di provare ad
essere diretto:
“Ma voi dove eravate,
ieri notte, quando il vecchio ha cercato di uccidermi e sono arrivati quel
lupo e il giovane signore?” gli chiedo curioso.
Lui si volta di scatto
verso di me:
“Di che giovane
signore stai parlando?” mi interroga inquisitorio.
“Di quello con la
pelle di alabastro, i capelli d’ebano e gli occhi di topazio…”
sussurro sognante.
Non so come, ma mi
ritrovo addossato alla parete della stalla, sollevato per il misero
colletto della maglia…
“Ehi, che fate?”
riesco ad alitare, ormai al limite del soffocamento.
Lui mi lascia scivolare
giù, poi mi volta le spalle:
“Raccontami cosa è
successo!” mi intima.
Gli racconto tutto per
filo per segno, poi lui mi
chiede:
“E il lupo ha
obbedito subito?”
“Sì, lo ha chiamato
e la belva gli si è avvicinata come un agnellino, lasciandosi accarezzare
dalle sue mani sottili…”
Ora non chiede più
niente, e io sono sempre più perplesso:
“Scusate… ma potrei
sapere il vostro nome? Finora so solo che siete stato Capitano…”
“Già, l’ex
Capitano della Guardia di Pendragon…” e sorride amaramente “Comunque
io sono Hanamichi Sakuragi, conte di Navarra”.
Un conte, accidenti…
ma si vedeva che era un tipo un po’ particolare!
“E dove siete stato?
Come mai Sawakita è impallidito quando vi ha visto? Perché avete deciso
di aiutarmi?” finalmente sto dando voce a tutte le domande che mi
ronzano nel cervello da ieri.
“Tu parli troppo,
ragazzino”.
E’ categorico, di
poche parole, eccolo che alza di nuovo il braccio ed accoglie il suo
falco. Guardo bene quell’animale, e mi accorgo dello strano colore dei
suoi occhi, un azzurro carico che mi sembra veramente insolito.
“E’ davvero
strepitoso questo falco… ma lo portate sempre con voi?”
Lui non mi risponde,
mentre infila di nuovo il cappuccio di cuoio sulla testa dell’animale.
“E adesso?” gli
chiedo, cercando di smuoverlo.
“Io devo andare a
Pendragon, tu puoi fare quello che vuoi; ti porterò sulla strada fuori
della foresta” mi dice, pronto ad abbandonarmi al mio destino.
Rimango qualche istante
in silenzio, basito: che diavolo, abbiamo condiviso tante avventure, e già
mi scarica? E poi sono incuriosito da quest’uomo così particolare, che
sembra nascondere il fuoco, che sembra frenare i propri istinti, la
propria rabbia… e poi quel cavallo nero lucente, sembra un drago, e quel
falco mansueto che ci veglia dall’alto.
“Ma forse… potrei
esserti utile! Però non a Pendragon…”
Sorride scuotendo la
testa:
“Immagino che non sia
il caso per te di tornare in città…”
“Già… il Principe
ha detto che mi ucciderà con le sue mani, e quello è un tipo che non
scherza!” anch’io ho un tono allegro, una volta tanto che sorride!
Eppure mi sembra uno che debba saper ridere: chissà cosa gli è successo
per renderlo così serio!
Ma appena nomino il
Principe, il suo volto torna serio, anzi… negli occhi leggo una rabbia,
un lampo d’ira che mi fa fare un passo indietro.
“Che succede?
Capitano…” cerco di riscuoterlo.
“Io andrò a
Pendragon, tu farai meglio a proseguire da solo” sibila tra i denti, non
rispondendo alla mia domanda.
Cammino accanto a lui e
a Golia. C’è un silenzio teso, mi accorgo che deve essere preso da
pensieri che lo preoccupano, infatti la ruga tra i suoi occhi scava un
solco profondo, e la bocca è stretta indicando ira e determinazione.
Ci stiamo lasciando la
foresta alle spalle, e davanti a noi si apre una spaziosa radura. Alla
fine di questa spianata raggiungeremo la strada maestra e qui le nostre
strade si divideranno. Mi dispiace lasciare questo uomo pieno di misteri,
mi dispiace lasciare il focoso Golia, mi dispiace non ammirare più il
volo di questo falco meraviglioso… e chissà che separandomi da loro io
non perda per sempre anche quel giovane dalla bellezza abbagliante. Scuoto
la testa: non posso tornare a Pendragon, sarebbe un suicidio, e ho
sofferto troppo per non approfittare della libertà per accumulare qualche
esperienza che renda degna la mia giovane vita di essere stata vissuta.
Improvvisamente il
falco si stacca dal braccio del Capitano. Lo seguo con lo sguardo mentre
si alza veloce giocando con le correnti, e poi quando giunge in quota e
comincia ad emettere quel verso straziante che me lo fa immaginare in
preda alla sofferenza per una perdita importante.
“Che succede?”
chiedo impaurito quando vedo Sakuragi tirare fuori la balestra.
“Sta’ zitto… c’è
qualcosa di strano!”
Io mi guardo intorno e
non noto niente di insolito:
“Non vedo niente…
cosa ve lo fa pensare?” replico abbassando la voce, come se avessi paura
che ci sentissero, anche se siamo comunque in piena vista, in mezzo a quel
prato senza protezioni.
“E’ stato… il
falco” noto che esita prima di nominare l’animale, come se avesse
voluto dire qualcos’altro “Prendi l’arco appeso alla sella, ma fai
piano, nessun movimento improvviso” mi ingiunge.
Manteniamo la stessa
andatura, ma io ho nascosto l’arco sotto i lembi del mio povero
mantello. Spero tanto che Navarra si sbagli, eppure questo silenzio
comincia a preoccupare anche me.
Il falco continua a
volteggiare su di noi, ma di tanto in tanto emette di nuovo quel grido
straziante.
Un fischio leggero
nell’aria… non riesco a capire cosa sia stato, ma spalanco gli occhi
quando mi accorgo della freccia che è andata ad infilarsi nel cuoio della
sella, a pochi centimetri dal ginocchio del Capitano.
“Allontanati,
ragazzo!” mi intima mentre lascia partire un colpo dalla sua balestra…
improvvisamente si sente un urlo tra il fogliame del bosco che circonda la
radura
Poi, come ad un segnale
convenuto, una ventina di uomini armati di archi e frecce escono tutti
insieme dal folto degli alberi, sistemandosi in una lunga fila che ci
circonda da ogni lato.
Non so perché ma non
sono contento di vedere tutte queste brutte facce concentrate su di noi…
mi volto a guardare il Capitano: ormai, del resto, non mi resta che
confidare in lui!
Sakuragi è calmo nella
battaglia; i suoi colpi non sono mai a vuoto, ed è favorito dalla
precisione e dalla gittata assicurate alle frecce dalla sua arma
sofisticata. Io ovviamente cerco di non essere da meno, ma tendere
quest’arco così pesante e rigido è un’impresa titanica!
“Non lanciare a
caso!” mi rimprovera lui bruscamente, tra un colpo e l’altro.
Alcune frecce arrivano
a sfiorarci, ma i movimenti rapidi di Golia e la mia agilità fisica,
acquisita in anni e anni di ‘lavoro’, riescono sempre a metterci in
salvo. Improvvisamente mi rendo conto di quale sia la strategia del
Capitano: sta infatti tentando di aprire un varco tra i soldati
accovacciati nella fila serrata di fronte a noi, così da poter forzare
l’accerchiamento. Quando si accorge di aver raggiunto lo scopo, mi fa
segno di salire velocemente sul suo Golia per scappare, ma proprio mentre
sto cercando di montare sul bestione mi raggiunge nitida la voce di uno
dei soldati più vicini:
“Stupido falco! Ora
lo uccido, così la smetterà di urlare in quel modo!”
Il falco ha infatti
continuato a volteggiare sopra di noi, portandosi spesso nella direzione
da cui sbucavano i nostri nemici, come se volesse avvertirci. Il capitano
deve aver fatto davvero un buon lavoro quando lo ha addestrato!
Riconosco la figura
ancora claudicante di Sawakita cercare di avvicinarsi al soldato che ha
appena parlato, e poi sento la sua voce gridare, tradendo per la prima
volta la tensione,:
“NO! NON COLPITE IL
FALCO! IL PRINCIPE LO VUOLE VIVO!”
Anche Navarra ha
sentito e i suoi occhi sono spalancati.
Io non capisco più
cosa stia succedendo, ma proprio in questo momento di confusione il
soldato lascia partire il colpo, rilasciando la corda tesa
all’inverosimile del proprio arco.
Le parole del suo
comandante non sono giunte in tempo per fermargli il braccio.
Seguo la parabola della
freccia: non sono che pochi attimi, eppure è come se il tempo sembrasse
improvvisamente rallentato… a riportarmi alla realtà è un grido che
squarcia l’aria e che sembra rimbombarmi nel petto: è il grido di
dolore dell’animale… il falco è stato colpito.
Ammutolito, lo guardo
fare un ultimo volteggio prima di abbandonarsi ad un volo a spirale che lo
accompagna fino a terra.
“NOOOO!!!!!!!”
l’urlo di Sakuragi è agghiacciante, e le montagne che chiudono la valle
continuano a rilanciarselo come se volessero far durare la sua eco per
sempre.
Lo vedo abbandonare
Golia con un balzo e correre verso il falco che giace a terra
apparentemente senza vita. Anche io sono scosso: mi ero affezionato a
quell’animale, alla sua fedeltà, alla sua bellezza, ma la mia reazione
non è niente in confronto a quella del Capitano… sembra… sembra quasi
sentire quel colpo sulla propria pelle!
I soldati nemici ne
approfittano per farcisi addosso. Sawakita sfodera la spada, ma Sakuragi
è più rapido: si volta verso l’avversario privo della maschera di
ferro, i capelli rossi che brillano nel sole autunnale. Ha il falco
stretto contro il petto, mentre nella mano destra impugna la spada
puntandola dritta alla gola dell’uomo che ha cercato di ucciderci.
Tutti i soldati
superstiti si fermano non appena vedono il loro comandante con una lama
appoggiata sul collo:
“Tu!” mi apostrofa
il Capitano con una voce che non sembra sua, tesa, atterrita e disperata
insieme.
“Capitano!”
rispondo prontamente avvicinandomi.
“Prendi il falco e
sali su Golia”
Tremo alla sola idea di
dover cavalcare quel bestione che non si lascia avvicinare da nessuno se
non dal proprio padrone.
“Prendi il falco ti
ho detto!” mi urla vedendomi ancora immobile.
“Signore… è
morto!” tento di farlo ragionare.
“NO! Non è morto!
Non può esserlo…” si interrompe un istante. Quando ricomincia a
parlare il suo tono trattiene a stento una furia pronta ad esplodere:
“Prendilo e sali su
Golia! Devi raggiungere il più in fretta possibile il vecchio monastero
di Uther. Troverai un uomo lassù… lui ti saprà aiutare. Vai!” mi
ordina, continuando a tenere la spada puntata sul collo di Sawakita, e
avvolgendo dolcemente con l’altro braccio la povera bestiola.
Sono terrorizzato, non
me la sento di salire su Golia… e poi il falco sta morendo. Mi sembra
inutile fare tutta questa strada, eppure gli occhi carichi di furore di
Sakuragi non mi lasciano scelta.
Annuisco e sollevo il
falco dal suo braccio. La testa ciondolerebbe stancamente di lato se io
non la sostenessi contro il mio petto… povero animale, temo che sarà
tutto inutile!
Monto su Golia e mi
volto un’ultima volta verso il capitano; sento la sua voce tagliente
rivolgersi al comandante Sawakita:
“Prima che cali la
notte la pagherai, Eiji, pagherai per tutto…”
Sprono il cavallo per
cominciare il lungo viaggio che mi porterà al monastero di Uther, mentre
in silenzio prego per la vita del conte di Navarra.
Corro senza sosta da
ore. Il morello sembra conoscere la strada, mentre io serro forte le
ginocchia per non cadere. Il falco sta sempre appoggiato contro il mio
addome, ma sono ore ormai che non si muove più, con quella freccia che
gli esce dal petto come… come una croce su una tomba.
Ormai è tardo
pomeriggio quando scorgo l’eremo di Uther dominare il paesaggio dalla
cima della collina di Nasir.
Golia è coperto di
schiuma, ma io non ho potere su questo cavallo: anche volendo, non potrei
rallentarlo perché lui sembra guidato da una mano diversa dalla via.
L’ultimo tratto ci
costringe ad inerpicarci sul crinale della collina; il sentiero è coperto
di sassi, e ad un certo punto chiudo gli occhi, temendo che prima o poi il
cavallo perda la presa sul terreno facendoci finire tutti a terra…
Il portone avrebbe
bisogno di un fabbro e di un falegname, ma è tutto il vecchio monastero
ad aver bisogno di cure. Sembra completamente abbandonato, ed incute una
certa ansia, nell’approssimarsi della notte.
Sbatto ripetutamente il
battente di ferro. Il falco è sempre tra le mie braccia, immobile ma non
ancora freddo… possibile che sia ancora vivo? Non voglio saperlo, voglio
che qualcuno mi aiuti, ci aiuti, e mi impedisca di pensare alla reazione
di Sakuragi.
Alzo di nuovo il grande
anello di ferro e lo lascio sbattere contro la porta… se davvero qui
dentro c’è qualcuno dovrà pur reagire a tutto questo frastuono!
“Chi diavolo è?!”
sento urlare da dentro. La parola diavolo in bocca all’unico abitante di
un vecchio monastero mi sembra un po’ insolita, ma non è il caso di
starlo a rimarcare…
“Sono Yohei Mito,
apritemi, ho bisogno di aiuto!”
La porta rimane chiusa,
con tutti i briganti che girano da queste parti è chiaro che l’anziano
eremita non debba fidarsi più di tanto!
“Mi manda il Capitano
Sakuragi, conte di Navarra!” provo a dire.
Il pesante portone si
apre immediatamente, e davanti a me appare un eremita inaspettatamente
giovane. Ha i capelli scuri, un po’ spettinati, occhi guardinghi e una
cicatrice sul mento. E’ più alto di me, ma sicuramente non quanto
Sakuragi, ed è vestito con una semplice tunica di saia.
“Il falco…”
mormoro abbassando lo sguardo sull’animale che tengo stretto al petto.
Anche lui porta subito
lo sguardo sul rapace ferito, e appena capisce di cosa si tratta, i suoi
occhi diventano due fessure colme di rabbia e dolore.
Si fa subito da parte
per lasciarmi passare:
“Entra, sbrigati!”
prima di chiudere il pesante portone guarda per un istante il sole che sta
ultimando la parabola discendente, e scuote la testa.
“Speriamo che non sia
tardi…” mormora piano.
Con mani esperte, mi
toglie delicatamente la bestiola tra le braccia, e mi ordina di rimanere
ad aspettarlo nel grande androne buio:
“Non muovere un
passo, ragazzino!” mi sibila duro prima di allontanarsi.
Io scrollo le spalle:
dove vuole che vada? Però ho paura… spero che il falco sia in buone
mani, e l’aspetto di quel tipo non mi ispira molto.
“Se qualcuno può
salvarlo, quello è Mitsui.”
La voce che ha
mormorato queste parole mi fa sobbalzare: mi trovo davanti un altro
giovane, ha i capelli scuri e una strana impalcatura di ferro e vetro
davanti agli occhi…
“Che hai sulla
faccia?” non riesco a fare a meno di chiedere, puntando il dito verso
quel trabiccolo che gli copre metà del viso.
Lui all’inizio mi
guarda come se non capisse a cosa alluda, ma poi sorride e scuote le
spalle:
“Ah… questi! Mi
servono per vedere meglio. E’ una nuova invenzione…”
Non capisco, ma in
questo momento non mi importa.
“Per il capitano
Navarra il falco è molto importante…” dico per cercare rassicurazioni
sull’abilità dello sfregiato.
Lui annuisce:
“Nessuno lo sa meglio
di noi… ma Mitsui ce la farà”.
Dalla finestra vedo che
il sole è ormai quasi scomparso sotto l’orizzonte, ma i suoi ultimi
bagliori continuano ad illuminare la vallata.
La porta dietro alla
quale è sparito quello che dovrebbe essere il nostro salvatore si riapre:
“Ah, Kogure, sei
arrivato! Vieni, dobbiamo cercare delle erbe…” l’uomo neanche mi
guarda, e invece si rivolge al giovane con il quale ho parlato finora.
“Come sta?” chiede
il quattr’occhi con preoccupazione.
L’altro scuote la
testa:
“E’ messo
male…”
Inghiotto a fatica…
temo che molte altre cose farò a fatica quando Sakuragi scoprirà che non
sono riuscito a salvare il suo preziosissimo falco! I due escono dopo
avermi detto di rimanere ad aspettarli senza muovermi da quella stanza, ma
io non posso stare fermo, e soprattutto voglio sapere se non stiano
facendo del male alla povera bestia.
Entro nella stanza da
cui è uscito lo sfregiato: qui non c’è niente ma in fondo scorgo
un’altra porta, questa è chiusa con una catena: che topo sarei se non
riuscissi ad aprire un lucchetto semplice come questo? Impiego pochi
secondi a far scivolare la catena fuori dagli anelli. Spingo la porta ed
entro in una stanza appena illuminata da una candela accesa. I miei occhi
impiegano qualche istante per abituarsi alla semioscurità, e a quel punto
mi accorgo che nella stanza c’è un letto, e nel letto… nel letto c’è
una persona...
Devo aver sbagliato
stanza, chissà quel disgraziato dove ha nascosto il mio falco!
Mi avvicino piano per
vedere quale altro caso disperato ha trovato conforto in questo monastero
dimenticato, ma lo spettacolo che mi si presenta davanti mi lascia a bocca
aperta: non riesco a capire niente, non riesco a dare un senso a quello
che vedono i miei occhi…
Sul letto, coperto fino
alla vita da un telo leggero, giace il giovane signore che ho incontrato
ieri notte, sì, quello dai capelli color dell’ebano, la pelle di
alabastro e gli occhi di topazio. Respira con difficoltà e sembra fuori
conoscenza, ma la cosa che mi sconvolge di più è la freccia che sbuca
dal suo petto… una freccia identica a quella che ha colpito il falco.
Oddio, la bellezza di
questo ragazzo è da togliere il respiro. Ora che posso guardarlo bene da
vicino, mi rendo conto della snellezza e delicatezza della sua figura, dei
tratti finemente cesellati del suo viso, dell’eleganza di ogni parte del
suo corpo. In tutta questa meraviglia, quella freccia che troneggia come
uno stendardo di vittoria sembra l’oltraggio più spregevole inflitto ad
un’opera d’arte.
Perso nella
contemplazione del giovane signore, non mi accorgo delle due figure che mi
si sono affiancate:
“Esci immediatamente
di qui!” il sibilo rabbioso dello sfregiato mi riscuote e mi fa
sussultare.
Nonostante la mia ferma
opposizione, vengo trascinato a forza fuori dalla stanza, e non riesco a
porre le mie domande che la porta mi viene chiusa sulla faccia. Sento la
catena che viene chiusa dall’interno… non mi resta che aspettare che
abbiano terminato.
I due strani individui
emergono dalla stanza un’ora dopo. Mentre escono, non riescono a
trattenermi e io riesco a dare un’occhiata al ragazzo sul letto: è
privo di conoscenza, oppure dorme, ma il suo respiro è più regolare. Non
c’è più quell’orribile freccia che gli esce dal petto, ora ha una
fasciatura stretta e candida, e il suo corpo è avvolto in una coperta
pesante.
Lo sfregiato mi
trascina fuori dalla stanza afferrandomi per i capelli, poi chiude di
nuovo con il lucchetto e ci conduce in una stanza rischiarata da parecchie
candele e dai resti di un fuoco nel camino.
Appena riesco a
divincolarmi dalla sua presa, lascio andare quella che più che una
domanda è una constatazione:
“LUI è il falco,
vero?”
Il ragazzo che ho
sentito chiamare Mitsui si china a soffiare sui carboni quasi spenti, poi
aggiunge nuova legna per ravvivare il fuoco. Il quattr’occhi, Kogure mi
pare, apre l’anta di una credenza e tira fuori una bottiglia piena a metà
di un liquido color rubino.
“E’ una storia
lunga”
Non mi accontento di
così poco:
“Come può essere che
un falco si trasformi in un uomo e un uomo in un falco? Non esistono
queste cose!”
E’ sempre il
quattr’occhi a rispondere:
“Per me e te sono
impossibili, ci sono persone invece che sono capaci di fare accadere
questo ed altro con le proprie maledizioni…”
“Basta, Kogure!” lo
interrompe il compagno, ma ormai la mia curiosità e irrefrenabile.
“Qual è la
maledizione? Chi l’ha pronunciata?” continuo a pressarli.
I due si guardano. Mi
piace il loro rapporto: il più forte fisicamente, quello con
l’atteggiamento più brusco sembra chiedere appoggio al ragazzo più
tranquillo e posato.
“Sakuragi è
tornato… questo vuol dire che siamo alla resa dei conti” mormora il
quattr’occhi rivolgendosi all’amico, come se la cosa giustificasse le
rivelazioni che si è lasciato sfuggire.
Non capisco di cosa
stiano parlando, e invece DEVO sapere!
“Ditemi CHI è il
falco!” esclamo spazientito.
“E sia…”
acconsente alla fine Mitsui, poi si volta verso di me.
“Mettiti comodo. Sarà
una storia lunga…”
Io annuisco e sistemo
il mio sedile più vicino al fuoco. Finalmente mi riveleranno cosa si
nasconde dietro alla strana compagnia a cui mi sono accodato.
“Il giovane signore
che adesso è steso sul letto nella stanza accanto è il principe Rukawa,
Kaede Rukawa.
Immagino che tu sappia
che i Rukawa hanno regnato su Pendragon fino a sette anni fa. Beh, Kaede
era il giovane principe, l’ultimogenito, l’erede: prima di lui
c’erano state solo figlie femmine, e quindi la sua nascita era stata
salutata come un miracolo da coloro che ormai credevano impossibile che il
re e la regina potessero riuscire ad avere una discendenza.
Credo che la sua vita
fosse stata molto felice prima dell’attacco che Pendragon subì dalle
truppe del comandante Minami. Quell’assedio fu devastante, l’esercito
e le difese della città non riuscirono a reggere a lungo l’urto di
un’offensiva tanto organizzata, e la città cadde nelle mani
dell’esercito nemico dopo pochi giorni di combattimenti.
E così Minami,
proclamatosi Principe, prese possesso di Pendragon: durante la battaglia
si era rivelato all’altezza della propria fama, era un ottimo stratega e
sapeva come bloccare le armi migliori di un avversario, era un guerriero
nel senso più nobile del termine, ma era anche cosa nota che con coloro
che gli si opponevano sapeva dimostrare una ferocia insaziabile.
Appena entrato nella
città conquistata, convocò tutta la famiglia reale. Alcuni pensarono che
li avrebbe risparmiati, che magari volesse cercare di guadagnare una
parvenza di legittimazione unendosi in matrimonio con una delle
principesse, e invece… invece no, non erano questi i suoi piani: furono
tutti condannati a morte, tutti tranne Kaede, allora un bambino quasi
tredicenne che fu salvato per chissà quale capriccio del nuovo
Signore”.
Mitsui si interrompe
per prendere fiato, poi ricomincia, dopo aver svuotato con un sorso metà
del proprio bicchiere di vino:
“Ti domanderai come
noi possiamo essere a conoscenza di tutti questi particolari… beh,
allora eravamo tra le guardie del principe Minami, le guardie della
guarnigione da cui si faceva proteggere giorno e notte. Eravamo un gruppo
di giovani cavalieri ben addestrati e impavidi, tutti agli ordini del
Capitano Hanamichi Sakuragi, il più leale, coraggioso e forte di tutti
noi.
Tu che lo hai
conosciuto dopo la disgrazia, avrai trovato una persona amara e indurita,
ma allora Sakuragi era solare e allegro. Riusciva a trasmetterci la carica
prima delle battaglie, ci guidava fiducioso alla vittoria, era l’anima
del gruppo…
E così questo è il
quadro: il principe Minami, le guardie capitanate dal conte di Navarra e
un ragazzo che da erede di un trono si ritrovò prigioniero del proprio
peggior nemico.
Come si sia giunto a..
questo?” con un gesto della mano indica la porta che conduce alla stanza
dove ho visto il giovane signore “beh, come ti ho detto, il giovane
Rukawa era l’unico superstite della famiglia.
Nessuno di noi riusciva
a capire cosa avesse spinto Minami a risparmiarlo visto che il suo motto
era ‘mai fare prigionieri scomodi’.
Ancora oggi, nonostante
tutto ciò che è successo, non posso negare che fosse coraggioso e leale,
ma era anche un uomo troppo sospettoso verso le possibili intenzioni delle
persone che non sceglievano di dedicargli la propria vita. Proprio questa
sua leggendaria ‘cautela’ faceva sì che non comprendessimo la
decisione, completamente insolita, di lasciare in vita una persona che
avrebbe potuto rivelarsi un problema.
In ogni caso, diventato
Principe di Pendragon, Minami interruppe le campagne militari che ci
avevano tenuti occupati negli ultimi tre anni. Noi rimanemmo al suo
fianco, come guardie fidate della fortezza, e il capitano Sakuragi era il
nostro comandante…”
“E allora perché il
capitano Sawakita ha cercato di ucciderlo?” lo interrompo non riuscendo
a capire.
“Stai zitto,
ragazzino! Arriverò a dirti tutto!” mi risponde lui adirato. Ma una
mano che va ad appoggiarsi sul suo braccio, unita ad uno sguardo
preoccupato del quattr’occhi, riescono a farlo calmare e a fargli
riprendere il racconto:
“Minami all’inizio
non degnò il giovane Rukawa di nessuna attenzione. Lo fece rinchiudere in
una delle torri, ordinò che fosse sempre rifornito di cibo, di vestiti e
di acqua per lavarsi, ma poi sembrò dimenticarsene. Sembrò…
Quando gli chiedevamo
cosa volesse farsene di quel ragazzo, del perché almeno non lo facesse
diventare un servo, lui scuoteva la testa e non rispondeva.
Passò parecchio tempo,
quasi due anni, poi Minami cominciò ad ordinare che ogni tanto il giovane
Rukawa scendesse per la cena. Il prigioniero inizialmente si rifiutò con
determinazione, ma lui lo fece costringere… quando ordinava una cosa, il
Principe amava essere ubbidito.
Il ragazzo scendeva, ma
non mangiava e non parlava: rimaneva in silenzio con uno sguardo così
gelido da incutere soggezione anche a dei soldati navigati come noi…
sembrava un rimprovero continuo per quello che aveva subito la sua
famiglia.
Minami lo guardava, ma
non diceva nulla.
Presto la presenza a
cena di Kaede non fu più sufficiente, e il nostro Principe volle che il
ragazzo ci accompagnasse anche durante le uscite a cavallo attraverso il
feudo, oppure durante la caccia.
Credemmo che volesse
esibirlo come una sorta di legittimazione verso coloro che ancora
piangevano la morte del vecchio principe, ma non era solo quello.
Un giorno che stavamo
attraversando la foresta, il giovane signore tentò la fuga: riuscì ad
allontanarsi rapidamente spronando il suo cavallo al galoppo serrato
mentre noi eravamo impegnati nel far scattare la trappola per un cervo.
Non vidi mai Minami così
determinato: appena si accorse di ciò che era successo, si lanciò
all’inseguimento, e lo stesso fece il Capitano Sakuragi. Scorgemmo Kaede
in lontananza continuare a correre, saltando con agilità i tronchi degli
alberi caduti, e poi lo vedemmo raggiungere la grande radura che lo
avrebbe portato fuori dal territorio di Pendragon.
I cavalli di Minami e
Sakuragi erano però più giovani e più veloci del suo- del resto tu
dovresti sapere che meraviglioso esemplare sia Golia- eppure Rukawa
sembrava volare.
Lo raggiunsero al
termine di quella che a noi parve una corsa interminabile: Sakuragi da una
parte e Minami dall’altra, si impossessarono delle briglie, costringendo
il fuggitivo a fermarsi. Il principe scese dal proprio cavallo
avvicinandosi al prigioniero, lo afferrò per la vita e lo trascinò a
terra. Cominciò a scuoterlo senza parlare, come se non fosse in sé, poi
gli diede uno schiaffo in pieno viso, facendolo cadere nell’erba. Non
pronunciò una parola dopo questo, ma voltò le spalle agli altri due e
risalì a cavallo ordinando a Sakuragi di riportare immediatamente il
ragazzo a Pendragon.
Quello fu l’inizio
della fine.
Ricordo come se fosse
ieri il Capitano sollevare il ragazzo, un braccio sotto le ginocchia e
l’altro a cingergli le spalle, e depositarlo sulla sella di Golia,
sistemandosi poi dietro di lui.
Minami era sparito, ma
era chiaro che non desiderava la nostra compagnia, e quindi noi tornammo
tutti insieme al castello.
La cosa sconvolgente fu
vedere il povero Rukawa addormentarsi: per la prima volta capii la pena di
quel ragazzo che stava vivendo la situazione atroce di essere ostaggio di
coloro che gli avevano sterminato la famiglia, e mi intenerii vedendolo
vinto dalla stanchezza e dalla tensione…”
Mitsui si interrompe,
sembra come essersi perso dietro a quell’immagine lontana. Non ho il
coraggio di chiedergli di continuare, sebbene arda dal desiderio di
saperne di più. Sono stato per mesi nelle prigioni di Pendragon e ho
sentito tanti racconti sul Principe Minami, e la maggior parte
riguardavano la sua crudeltà, la sua mancanza assoluta di pietà per
coloro che non gli ubbidivano ciecamente. Eppure l’uomo che mi è stato
descritto fino a questo punto, pur sembrando una persona dura, emerge
ancora come un soldato, e la sua descrizione non collima con quelle che ne
vengono fatte adesso.
Forse il resto della
storia potrà aiutarmi a capire cosa sia stato a farlo cambiare.
Non è Mitsui però a
riprendere il racconto, ma la voce gentile del suo amico:
“Quando arrivammo
alla fortezza, Sakuragi non ebbe il coraggio di svegliare il giovane
prigioniero: lo riprese tra le braccia e lo accompagnò fino alla stanza
sulla torre. C’era qualcosa di strano e commovente in quella scena.
Io salii con lui, e lo
vidi mentre lo depositava dolcemente sul letto e poi lo copriva per non
fargli prendere freddo. Ricordo che prima di lasciarlo solo a riposare,
rimanemmo in silenzio per qualche istante a guardare quel ragazzo a cui il
destino sembrava non riservare niente di buono e che invece appariva
quanto di più vicino ad un angelo avessimo mai visto nella nostra vita.
Quella sera, Minami
tornò alla fortezza ancora scuro in volto. Non ci disse niente per
chiarire cosa gli fosse successo, non volle cenare con noi ma si ritirò
nella propria stanza. Un comportamento certamente insolito. Ma così si
comportò anche nei giorni successivi. Raramente si intratteneva con noi,
molto più spesso si allontanava da solo tornando sfinito a tarda notte.
Rukawa non veniva più
obbligato a pranzare o a uscire a cavallo con noi, sembrava di nuovo
essere lasciato al proprio oblio solitario. Ma non era completamente solo.
Molti di noi avevano già
notato che il capitano Sakuragi aveva una profonda compassione per il
ragazzo, e in quei giorni ci accorgemmo che spesso disubbidiva agli ordini
del Principe e raggiungeva Kaede per fargli un po’ di compagnia. Una
volta mi disse che quanto stava facendo era in realtà piuttosto
deprimente, infatti il giovane principe non lo degnava di uno sguardo,
rimanendo sempre muto e gelido. Non si lamentava, non insultava, non
parlava. Spesso dormiva, e quando era sveglio girava le spalle a coloro
che cercavano di interagire con lui.
In ogni caso, la
perseveranza di Hanamichi ed il suo carattere solare dovevano alla fine
essere riusciti a fare breccia nel carattere duro e solitario del ragazzo,
perché mi accorsi che il Capitano cominciava a emergere dalle visite alla
torre sempre più sereno, inoltre qualche volta, quando noi altri uscivamo
con Minami, seppi che convinceva Rukawa ad uscire a cavallo. Comprendemmo
presto, i pochi tra noi che erano al corrente del comportamento di
Sakuragi, che era meglio che Minami non venisse a conoscenza di tutto
questo.
Il principe sembrava
assente in quei giorni, anzi, diciamo che dalla famosa uscita in cui Kaede
aveva tentato la fuga, non era più se stesso. Ma non parlava, e non era
certo tipo a cui si potessero porre domande personali.
Una di quelle sere, però,
a cena ci accorgemmo che aveva bevuto più del solito e che non accennava
a smettere. Eravamo tutti un po’ a disagio, sembrava quella che in gergo
si chiama una ‘sbronza triste’. Quando andammo a dormire, non ci
accorgemmo che in realtà lui non aveva fatto altrettanto.
Se ne accorse
Hanamichi, ma solo il giorno seguente…
Prese il Principe di
petto, chiedendogli come avesse potuto picchiare in quel modo il giovane
Rukawa. Sì, era successo questo. Minami quella sera era salito nella
stanza sulla torre. Da quel che il Capitano era riuscito a carpire da un
Rukawa riluttante, il Principe lo aveva tirato fuori dal letto e lo aveva
sbattuto contro il muro, scuotendolo fino a fargli uscire il sangue dalla
nuca, poi lo aveva buttato sul pavimento e se ne era andato.
Il Principe non rispose
alle accuse, limitandosi inizialmente a guardare Sakuragi con odio. Poi
sibilò che Rukawa era solo suo, e che lui poteva fargli tutto ciò che
voleva.
Vidi il Capitano
trattenersi a stento. A molti altri avrebbe dato un pugno in pieno viso, e
anche Minami stava rischiando molto, ma forse il controllo di se stesso
che rivelò in quella circostanza era dovuto più che altro alla volontà
di proteggere il giovane principe, e quindi si limitò a ribadire che
avevamo già dato prova di sufficiente crudeltà verso quel ragazzo, e che
non era assolutamente il caso di aggiungerne altra…”
“Ma quanto tempo era
passato?” non riesco a trattenermi dal chiedere, anche perché qualche
strano sospetto comincia a farsi largo nel mio cervello.
“Dalla conquista di
Pendragon? Poco più di tre anni, a quel tempo Kaede ne aveva sedici.
In ogni caso siamo
vicini alla fine del racconto.
Una sera Mitsui ed io,
che eravamo usciti a caccia con il Principe, tornammo prima del previsto
alla fortezza, per aiutare il Capitano che era rimasto da solo a
presidiarla… si temeva infatti una insurrezione di coloro che non
avevano mai accettato la nostra vittoria. Ebbene, quando arrivammo ci
trovammo di fronte una scena inaspettata: nel giardino del cortile interno
c’erano Sakuragi e Rukawa e… beh, non so se la cosa possa sconvolgerti
ma…” Kogure si interrompe, guardandomi dubbioso.
So bene cosa vuole
dire, non mi è difficile dal racconto che mi ha fatto finora intuire cosa
lui e Mitsui possano aver visto:
“Il Capitano era
innamorato del giovane Principe, vero?” chiedo.
“Già, lo teneva
stretto tra le braccia e si stavano baciando. Sembravano così felici, e
noi eravamo così contenti per loro… Era la prima volta che il viso di
Kaede mostrava un sorriso, e anche Sakuragi sembrava avere il volto
trasfigurato: non aveva solo la solita espressione solare, il suo viso era
davvero raggiante.
Cercammo di non farci
scorgere e ci allontanammo. Quasi istantaneamente capimmo che quello che
avevamo visto poteva portare dei guai.
In ogni caso, la
situazione peggiorò man mano che passavano le settimane: era evidente che
il legame tra Sakuragi e Kaede diventava sempre più stretto, ma era anche
evidente che Minami subiva una strana attrazione verso il prigioniero.
Aveva ripreso a farlo scendere a cena, e lo fissava durante tutto il tempo
che il ragazzo era costretto a trascorrere con noi… sì, lo guardava e
beveva. E poi cominciò a fissare anche il Capitano, e non era uno sguardo
rassicurante, era come se avesse capito che stava succedendo qualcosa,
come se sentisse nell’aria l’odore della menzogna. E una sera…”
“Continuo io, è la
mia parte no?” lo interrompe lo sfregiato.
Mi volto a guardarlo
sorpreso, il suo tono non è più quello arrogante di poco fa, anzi è
pervaso da una nuova malinconia mentre riprende in mano il racconto:
“Una sera, dopo una
cena stranamente allegra, come quelle che non facevamo più da tantissimo
tempo, rimanemmo per le ultime bevute solo il Principe ed io. Un
bicchiere, un altro, un altro ancora… non arrivavo a finirne uno che lui
me ne riempiva un altro. Pensavo di reggere bene il vino, ma combattevo
contro qualcuno che da questo punto di vista era imbattibile.
Non mi reggevo più in
piedi e la mia testa era annebbiata. Stavamo ridendo di qualcosa di
stupido quando lui mi chiese se il rapporto tra Sakuragi e Rukawa mi
creasse dei problemi. Era una domanda trabocchetto, ma i fumi dell’alcol
mi impedivano di ragionare. Pensai che glielo avesse rivelato proprio
Sakuragi, e che lui, come capo di tutti noi, volesse assicurarsi che la
cosa non creasse dissapori.
Gli risposi che per me
non c’era assolutamente nulla di strano, che se si volevano bene il
resto rimaneva affar loro.
Ma non era abbastanza,
mi chiese da quanto tempo ne fossi a conoscenza e io gli raccontai di
quella volta che li avevamo visti insieme nel cortile della fortezza.
Mi sorrise, ma il suo
non era sorriso, era più che altro un ghigno che gli sfigurava il viso:
gli occhi non riuscivano infatti a celare vampate di rabbia e odio.
In quel momento temetti
che volesse uccidermi, invece mi sibilò soltanto che avevo scelto male il
campo in cui stare. Rovesciò la sedia e salì fino alla stanza sulla
torre. Posso solo immaginare ciò che vide, ma i miei ricordi sono
nebbiosi e posso dire che mi ripresi solo il mattino successivo, quando ci
convocò tutti nel salone principale del palazzo.
C’eravamo tutti,
tutti tranne Sakuragi e Rukawa.
Finora ho però
negligentemente trascurato di accennare ad una strana fissazione di
Minami: ovunque andasse, egli aveva l’abitudine di farsi seguire da una
vecchia che aveva fama di essere qualcosa a metà strada tra una indovina
e una maga. Era una cosa molto strana questo loro legame, ma quella donna
sembrava davvero in grado di esercitare uno potere malefico sulle persone.
Quella mattina, il
Principe ci aspettava in piedi vicino al trono, e accanto a lui c’era
quell’orribile megera che ghignava mostrando le gengive sdentate.
Rabbrividii rivivendo i frammenti della serata precedente, ma mi illusi
fino alla fine di aver solo immaginato la rabbia e l’odio che avevo
visto in quegli occhi… non era così.
‘Sono stato
tradito’, disse, ‘e proprio dalle persone che meno avrei
considerato capaci di una cosa simile: da colui in cui avevo riposto la
massima fiducia e da colui per cui avrei sacrificato tutto me stesso e che
non permetterò mai a nessun altro di avere’ sibilò tra i denti ‘ma
essi pagheranno per questo’.
Alzò il braccio
puntando il dito verso la vetrata che ornava la volta della sala e da cui
filtrava la luce del sole: ‘La mia maledizione li perseguiterà in
eterno: da oggi saranno costretti ad errare sempre insieme e sempre
separati, uno falco di giorno e l’altro lupo di notte’, disse,
ormai inarrestabile nel proprio delirio di onnipotenza ‘Solo un
giorno senza notte e una notte senza giorno potrà salvarli, e, anche
allora, il maleficio verrà tolto solo se compariranno entrambi dinnanzi
ai miei occhi in forma umana’, terminò.
In quel momento si levò
la risata agghiacciante della megera, le cui dita adunche fecero ampi
movimenti nell’aria.
Il resto dovresti
averlo capito. Sakuragi e Rukawa furono banditi da Pendragon, e da allora
vagano impossibilitati a sfuggire la loro vita a metà, senza potersi mai
incontrare in forma umana, sempre insieme, ma solo come uomo e falco, lupo
e uomo.
E noi…”
“Noi abbiamo
abbandonato Pendragon subito dopo questi fatti” interviene Kogure “e
da allora non abbiamo più avuto notizie, finché tu non hai bussato alla
porta del monastero tenendo tra le braccia un falco ferito”.
Accidenti, devo
abituarmi alla nuova situazione! Effettivamente non è che quel che mi
hanno raccontato mi sconvolga più di tanto: dopo aver visto Kaede Rukawa
non è difficile comprendere che ci si possa innamorare di lui, e non solo
per l’aspetto fisico. Sebbene io non lo conosca, si capisce subito che
c’è qualcosa di meraviglioso nascosto dietro i suoi occhi limpidi,
dietro la grazia con cui si muove… e adesso quei due sono costretti ad
una vita a metà. Falco e lupo… ironia del destino, due animali famosi
per la fedeltà al compagno che si scelgono. Chissà che il Principe non
lo abbia fatto apposta?
“Come mai il Capitano
mi ha detto di portarlo da voi? Siete davvero in grado di curarlo?”
continuo a chiedere.
“Mitsui era colui che
si occupava di tutti noi quando venivamo feriti in battaglia… conosce le
proprietà di tutte le piante. Lo salverà” tenta di rassicurarmi il
quattr’occhi.
Quanto vorrei rientrare
in quella stanza e capire se è vero quello che mi dicono!
Mitsui si versa un
altro bicchiere di vino e si avvicina alla finestra. Guarda fuori e
improvvisamente stringe così tanto il vetro da farlo andare in mille
pezzi.
“Hisashi! Che
succede?!” chiede subito Kogure.
“Non c’è un minuto
da perdere! Stanno arrivando”
Ci precipitiamo tutti
alla finestra: dalla vallata sta risalendo un gruppo di soldati a
cavallo… non impiegheranno molto ad arrivare fino qui. E’ buio, devono
essere le cinque della mattina, ma il rumore degli zoccoli dei cavalli e
l’illuminazione fornita da questo spicchio di luna calante spuntato da
poco ci fanno facilmente capire quanto il pericolo sia vicino.
Il quattr’occhi corre
verso la porta che conduce alla stanza dove si trova Rukawa.
Io non posso fare altro
che guardare Mitsui con espressione interrogativa.
“Dobbiamo
assolutamente nasconderlo. Il Capitano Sawakita ha il compito di ritrovare
il falco. Minami lo rivuole, rivuole il ragazzo senza il quale non può più
vivere”
“E allora cosa stiamo
aspettando! Dobbiamo scappare, non possiamo farci intrappolare come
topi…” replico concitatamente.
“Stai zitto, ci
pensiamo noi”
In quel momento Kogure
rientra sostenendo per la vita il ragazzo ferito: lo hanno vestito con una
tunica simile a quelle che indossano loro, ma che differenza
nell’effetto, non posso fare a meno di notare!
Il giovane signore è
pallidissimo e non si regge in piedi, ma purtroppo non si può fare
altrimenti, dobbiamo riuscire a trovare un luogo sicuro.
Usciamo sul tetto
fortificato del monastero, da qui si dovrebbe poter salire sulla torre
campanaria, e credo che questo sia il loro scopo… anche se secondo me
non è un granché come piano, se quelli dovessero capire che siamo lassù
e venirci a cercare, non avremmo scampo.
Mitsui chiude la botola
da cui siamo dovuti passare, mentre Kogure cerca di sostenere il più
possibile il giovane principe. Io continuo a guardare alternativamente la
nuvola di polvere che i cavalli dei nostri nemici si sono lasciati dietro
e il volto sofferente di Rukawa: in queste condizioni non potrà reggere a
lungo.
I nemici sono stati più
rapidi di noi, perché sentiamo già i loro colpi contro la botola chiusa.
Mitsui solleva Kaede
tra le braccia e si inerpica sulla scala, ma sappiamo che ormai è tardi,
probabilmente bisognerà affrontare lo scontro diretto:
“In quella cassa!”
mi incita Kogure.
E così trovo archi,
frecce e spade. Dobbiamo armarci oppure sarà impossibile uscirne vivi.
I colpi sono sempre più
forti, è chiaro che devono battere con un palo, e vediamo già le schegge
volare impazzite… manca poco e ce li troveremo di fronte.
Mitsui è tornato giù:
ha capito che è impossibile per noi riuscire a barricarci sulla torre, e
quindi il nostro campo di battaglia sarà questo spiazzo tra i merli di
fortificazione.
La botola ha ceduto…
Saranno una quindicina,
tutti bene armati. Per un istante penso al Capitano Sakuragi, e spero che
ce l’abbia fatta a salvarsi… è rimasto da solo a contrastarli per
darmi il tempo di portare il falco in salvo, ma quanto gli sarà costato
questo sacrificio?
La battaglia è dura,
Mitsui si rivela un ottimo tiratore dalla distanza, mentre Kogure è
agile. Io tiro un po’ alla cieca, ma la nostra disperazione, unita ad
alcune trappole di cui non conoscevo l’esistenza, e che invece si
rivelano decisive, ci aiutano a resistere.
“Attento lì! Passa a
sinistra” mi urla ad un certo punto il quattr’occhi. Eseguo
all’istante e spalanco gli occhi vedendo il mio avversario sprofondare
nella buca appena nascosta dagli sterpi.
Siamo rimasti in tre
contro quattro quando mi accorgo che Sawakita sta per raggiungere
Rukawa…
“Mitsui! Rukawa…”
avverto lo sfregiato.
Il nuovo capitano della
guardia è quasi sul giovane signore, ma il sibilo della spada di Mitsui
lo obbliga ad abbandonare il suo piano per difendersi.
Io scatto raggiungendo
il giovane principe, e nella confusione generale riesco a calarlo sullo
spunzone di roccia che sporge sotto i merli, esternamente alla
costruzione. Devo riuscire a farlo allontanare, altrimenti sarà
spacciato.
Lo tengo con una mano,
sperando che riesca a trovare una nicchia riparata in cui nascondersi, ma
proprio in quel momento sento qualcosa di freddo contro il collo:
“Tiralo su,
immediatamente…” mi sibila la voce aspra di Sawakita.
Giuro che anche
volendo, non saprei come fare! Fra l’altro mi rendo conto che la presa
sulla mano del ragazzo si sta lentamente allentando:
“Non ce la faccio!”
replico “Aiutatemi… Mitsui!!”
La battaglia si
interrompe, e tutti gli sguardi sono atterriti.
“Lasciami…”
mormora il ragazzo sotto di me “Lasciami o mi seguirai nel vuoto!”
Ma io tengo duro, non
posso permettere che muoia, non posso!
“Sta nascendo il
sole!” esclama Kogure.
Che diavolo c’entrerà
adesso? Il quattr’occhi a volte sembra davvero fuori dal mondo!
Dall’avambraccio sono
passato a stringere il polso, e poi il palmo… I primi raggi del sole che
sta per sorgere illuminano la torre merlata, e proprio in questo momento
le dita del giovane signore mi scivolano dalle mani…
“NOOOOOO!!!!” urlo
con tutto il fiato che ho in corpo, ma uno spettacolo incredibile si
presenta davanti ai miei occhi: i raggi si fanno più prepotenti… il
sole è sorto, e con lui giunge puntuale il rito della maledizione. Del
ragazzo pallido non rimane più nulla, solo un rumore d’ali e un falco
che riprende quota nel suo volo maestoso.
Tutti quanti tiriamo un
sospiro di sollievo, ma non possiamo fermarci a lungo, lo scontro con gli
uomini di Minami non è ancora terminato…
Eppure non dura ancora
molto: Kogure, appena riesce ad avvicinarsi abbastanza, mi sussurra che
c’è una botola, e ad un cenno convenuto ci saltiamo tutti dentro
richiudendola in modo che le guardie rimangano chiuse sulla torre.
Corriamo come pazzi
raggiungendo le stalle, ma quando arriviamo mi accorgo che Golia non c’è
più…
“Non è possibile!”
esclamo, ma Mitsui non vuole darmi ascolto:
“Salta su
quest’altro, non perdere tempo! Golia non è il tuo cavallo e
probabilmente è andato in cerca del suo padrone” ribatte rapidamente.
Annuisco poco convinto,
ma li seguo in sella ad un ronzino, secondo me più un mulo che un
cavallo, che decido di ribattezzare Bradipo.
Partiamo al galoppo,
cercando di mettere più spazio possibile tra noi e i nostri avversari.
Finalmente abbiamo
raggiunto la foresta. Ci inoltriamo nel fitto della boscaglia, ma ad un
certo punto Mitsui ci fa segno di tacere, per poi tirare fuori il suo
arco…
Avanziamo tutti in
religioso silenzio, muovendoci pianissimo per non farci sentire, quando
una voce ci fa sussultare:
“Hai perso la mano,
Hisashi. Avrei potuto colpirti tre volte!”
E’ incredibile, è
proprio il Capitano!
Eccolo che emerge dal
folto della vegetazione: è in sella a Golia, e sul suo braccio è
appollaiato il falco.
“Sakuragi!” fanno
insieme i suoi due ex compagni d’armi.
“Grazie per averlo
salvato” dice lui, portando lo sguardo sul magnifico rapace.
Mitsui scuote la testa.
Ovviamente si sente ancora colpevole per quanto accaduto due anni fa.
“Lord Falco sta bene,
ora. Riesce quasi a camminare!” esclamo io. Sono davvero euforico per
come si sono sistemate le cose!
Sakuragi solleva un
sopracciglio e ripete:
“Lord Falco?!”
Io sorrido:
“Già, il giovane
signore dalla pelle di alabastro, i capelli color…”
Non riesco a terminare
perché il Capitano mi minaccia con il frustino:
“Smettila! Ho capito.
Lord Falco… no, non mi dispiace” e sorride anche lui, girandosi ad
accarezzare la testa morbida dell’animale.
Per un po’ camminiamo
in silenzio, Kogure e Mitsui ai lati del capitano, ed io più indietro,
che cerco di mantenere la loro velocità scalciando furiosamente Bradipo
per fargli allungare il passo.
“Dove siete stati
questi due anni?” chiede ad un certo punto il quattr’occhi “Non
credevamo di rivedervi più…”
Sakuragi inizialmente
non risponde, ma poi dice seccamente che sono stati in Spagna.
“E… come mai sei
tornato?”
Effettivamente mi
sembra una domanda poco gentile, ma sono contento che sia stata fatta
perché anch’io sono curioso di sapere quali siano le intenzioni del
Capitano.
Affiancandomi, posso
vedere la sua espressione: ha la fronte corrugata e la sua bocca si è
ridotta ad una linea sottile.
“Voglio andare a
Pendragon. Devo parlare con lui” risponde fra i denti.
E’ Mitsui a parlare
adesso:
“Hanamichi, se
ucciderai Minami per voi non ci sarà più speranza, lo sai vero? E poi il
principe Rukawa sa cosa vuoi fare? Ti senti così sicuro da decidere per
entrambi?”
“Stai zitto!” gli
sibila il Capitano.
“No! Non sto zitto!
Io stanotte l’ho rivisto: è così delicato, gentile, bello… mentre
gli estraevamo la freccia mormorava il tuo nome… avete due vite a metà,
ma sono sempre vite!” ribatte l’altro rabbiosamente.
Sakuragi si ferma
voltandosi verso l’ex compagno brandendo la spada:
“Stai zitto! Non
capisci che lo faccio anche per lui.. soprattutto per lui? La nostra non
è vita, io sono suo e lui è mio, uno senza l’altro non siamo
niente!”
“Ma non devi
disperare! E poi forse una soluzione ci sarebbe…” mormora timidamente
Kogure, stupendoci tutti.
Il Capitano però
reagisce furiosamente:
“Non ci provate!
Sapete benissimo qual è la maledizione… non provate a dare false
speranze, solo perché…” si interrompe, evidentemente non volendo
lasciarsi andare a dire qualcosa di terribile.
“Dillo! Dillo che è
colpa nostra… mia, quello che è successo!” lo incalza Mitsui “Credi
che non lo sappia, che non mi sia odiato in questi anni per ciò che ho
causato? Ma ascolta Kogure, se c’è una cosa che può riportarvi alla
normalità è solo quella che ha studiato lui”
Sakuragi scuote la
testa, ma, nonostante questo, sembra disposto ad ascoltare.
“Ricordi le parole
esatte della maledizione? ‘Un giorno senza notte, una notte senza
giorno’… ho studiato molto in questi due anni passati al vecchio
monastero, e ho studiato soprattutto i movimenti degli astri. Tra tre
giorni ci sarà un giorno senza notte e una notte senza giorno…”
racconta il quattr’occhi sommessamente.
“Che diavolo stai
dicendo?! Non esiste una notte senza giorno e un giorno senza notte…”
Prima che possa
aggiungere altro, l’altro lo interrompe, stavolta con tono più deciso:
“Esiste. Tra tre
giorni, secondo i miei calcoli, ci sarà una eclissi totale di sole: la
luna, nel suo movimento ciclico intorno alla terra si troverà esattamente
sull’asse Terra-Sole, oscurando il cielo. Sarà giorno e notte insieme,
e nello stesso tempo non sarà giorno, non sarà notte… come dice la
maledizione. Come distinguere fra giorno e notte, quando sarà
completamente buio?” (*)
Rimango a bocca aperta,
ascoltando le parole decise del timido quattr’occhi. Io non avrei mai
pensato ad una cosa simile! Però non posso evitare di porre una domanda,
nonostante sia capitato in questa compagnia quasi per caso:
“Ma come puoi essere
sicuro che si tratti proprio di questo? E se non fosse questo che
intendeva la maledizione?” chiedo affannosamente.
Lui si gira verso di me
con un sorriso tirato:
“Ogni maledizione
deve avere un modo, per quanto difficilmente verificabile, per essere
sciolta. Ogni maledizione deve riportare una condizione che ne può
causare il fallimento. Io sono sicuro che l’eclisse verifica quella
posta dal Principe”.
Io batto le mani,
causando un improvviso sobbalzo di Bradipo:
“Ma allora dobbiamo
sbrigarci, dobbiamo organizzarci per andare a Pendragon!”
Il sorriso mi muore
sulle labbra accorgendomi che le mie parole non causano alcuna reazione, e
che anzi l’atmosfera è piuttosto tesa.
Continuiamo il nostro
cammino in silenzio, mentre io vorrei tanto sapere che cosa hanno deciso
di fare. Già, sarei disposto a tornare a Pendragon pur di assistere alla
rottura della maledizione, ma questo mio sacrificio non sembra essere
tenuto nella giusta considerazione dagli altri, che rimangono silenziosi e
cupi, tutti presi dai propri pensieri.
E’ pomeriggio,
abbiamo camminato parecchio, sebbene io non sappia assolutamente dove
siamo diretti. Ci siamo fermati per far riposare i cavalli, nonostante io
sia sicuro che Bradipo non possa essere stanco, visto il passo da lumaca
che ha tenuto per tutto il giorno.
Mitsui e il Capitano si
allontanano in direzioni opposte per trovare qualcosa da mangiare, mentre
io e il quattr’occhi ci diamo da fare per accendere il fuoco.
Che bello! Una cena a
base di lepre e fagiani! Sono secoli che non mangio così bene e così
tanto, penso sdraiandomi sulla schiena, con le braccia incrociate sotto la
nuca.
Vedo Mitsui controllare
la ferita del falco, ma non fa commenti.
“Non sta bene?”
chiede Kogure, dando voce alle paure di noi tutti.
“Non so, così è
difficile da dire. Lo riguarderò dopo…”
Certo, quando sarà di
nuovo il giovane signore. Mi volto per guardare l’espressione del
Capitano, e per una volta lo colgo senza l’usuale maschera. Certo, è
doloroso per lui sapere di essere l’unico a non poter vedere Rukawa
nelle sue vere sembianze, mentre a noi basta aspettare il tramonto. E’
ingiusto che, fra tutti, lui sia l’unico a non poter vedere la persona
che ama.
Si sta facendo buio.
Siamo usciti dalla foresta, accampandoci alle porte di un piccolo
villaggio. C’è molta gente in giro, soprattutto contadini vestiti a
festa, chissà dove staranno andando…
Il Capitano prende dei
vestiti dalla sacca appesa alla sella di Golia e li porta nella piccola
capanna disabitata in cui vorremmo dormire stanotte, poi porta dentro
anche il falco, togliendogli il cappuccio di cuoio.
“Torno nella
foresta” annuncia uscendo.
“Ma manca ancora del
tempo…” lo fermo io.
Lui si gira verso di me
con uno strano sorriso:
“Se c’è una cosa
che ho imparato in questi due anni, è riconoscere l’approssimarsi della
notte”.
Non aggiungo altro,
mentre lo guardo scomparire nella foresta.
Il sole sta
tramontando. Mi avvicino alla porta della capanna con l’intenzione di
vedere se la trasformazione è avvenuta, ma Mitsui mi ferma:
“Uscirà da solo.
Dagli il tempo di prepararsi”
E improvvisamente
capisco il perché di quei vestiti all’interno della baracca.
Comunque lo sfregiato
ha ragione, non passa molto tempo che la porta si apre, lasciando apparire
davanti a noi quel ragazzo bellissimo che non mi stancherei mai di
guardare.
Si avvicina al fuoco,
in questa fredda notte autunnale, ma non parla. Da quello che mi è stato
raccontato, a parte con il capitano, lui non ha mai parlato con nessuno.
“Come va la
ferita?” gli chiede Kogure preoccupato.
Lui annuisce, come a
dire che è tutto sotto controllo, ma nessuno di noi ne è così certo,
mentre lo vediamo tendere le mani delicate verso le fiamme per scaldarsi.
Adesso dal villaggio ci
raggiungono urla, risate, a volte qualche canto stonato.
“C’è la festa del
paese” osservo “Potremmo avvicinarci…”
Probabilmente la mia
proposta è assurda, ma sento il bisogno di ‘normalità’, di bere un
bicchiere di vino, di non pensare a questa maledizione che sembra così
impossibile da sconfiggere.
Inaspettatamente Mitsui
mi dà man forte, mentre Kogure guarda dubbioso Rukawa. Ma quando ci
alziamo, vediamo che anche il giovane principe ci imita.
Sono contento, e mi
porto al lato del ragazzo, come ad offrirgli i miei servigi di giovane
cavaliere.
Ci affacciamo nella
sala affollata, diciamo un capannone sgombrato per l’occasione, e
vediamo tantissime coppie vestite con abiti colorati ballare senza freni,
mentre enormi boccali di vino vengono serviti su un bancone improvvisato.
Mitsui va a prendere da
bere per tutti, mentre Kogure ci guida verso un tavolaccio con due panche
ai lati. Ci sediamo, e noto che Kaede sceglie l’angolo più nascosto.
Non sembra a suo agio in questa situazione, probabilmente non deve essere
abituato ad avere tanta gente intorno.
Ad un certo punto si
volta verso il quattr’occhi:
“Come sta il
capitano?” mormora fissando gli occhi limpidi in quelli dell’altro
ragazzo.
Kogure sorride:
“Sta bene… gli
manchi”
Lui non risponde.
“Vuole tornare a
Pendragon…” prosegue il quattr’occhi.
“Lo so. Riconosco i
posti”
“Può essere
pericoloso, e molto probabilmente le sue intenzioni sono…”
Si interrompe vedendo
Rukawa scuotere la testa facendogli cenno di tacere:
“Qualsiasi cosa
deciderà, a me sta bene” sussurra.
“No! Non potete
arrendervi… forse c’è un modo per uscirne!” e così Kogure gli
spiega tutto quello che ci ha detto la mattina.
“Quello che deciderà
il Capitano a me andrà bene” ribadisce però il ragazzo, come se non lo
avesse ascoltato.
Improvvisamente alla
porta della sala si scatena un forte trambusto. Ci giriamo tutti insieme,
e vediamo entrare un gruppo di uomini dall’aspetto spaventoso e dalla
spavalderia tipica di coloro che sentono di poter fare di tutto perché
hanno le spalle coperte.
“Oste! Vino per
tutti!” urlano con voci sguaiate.
L’uomo dietro il
bancone ubbidisce. Noto che i loro mantelli sono sporchi di rosso, sembra
sangue fresco.
Alzano i bicchieri
tutti insieme:
“Alla salute del
Principe” esclamano “E alla caccia ai lupi che ci renderà ricchi!”
concludono portandosi il vino alla bocca ingordamente.
Mi giro verso il
giovane signore, e vedo la sua carnagione già chiara ancora più pallida.
Si alza di scatto dirigendosi verso l’uscita. In un attimo gli siamo
tutti dietro, e con lui assistiamo ad uno spettacolo mostruoso: fuori del
capannone c’è un carro pieno di pelli, ma quella in cima non è come le
altre, è un lupo nero, non ancora scuoiato, coperto di sangue ancora
fresco...
Volto la testa
inorridito, ma i visi che vedo attorno a me hanno la mia stessa
espressione… un lupo nero, il Capitano, è il pensiero che attraversa
tutti noi.
Rukawa ha i pugni
stretti, mentre guarda attonito quello spettacolo:
“Han…Hanamichi!”
mormora disperato. Poi comincia a correre verso la capanna dove ci siamo
accampati. Non sono riuscito a muovere nemmeno un passo che già lo vedo
partire al galoppo su Golia.
“Non stare fermo come
un ebete! Dobbiamo seguirlo!” mi urla Mitsui mettendosi a correre.
In un attimo siamo
anche noi sui nostri cavalli, sperando di arrivare in tempo, sperando che
per il Capitano non sia troppo tardi, sperando che Rukawa non faccia cose
azzardate.
Il Principe Minami deve
aver ordinato la caccia al lupo per liberarsi definitivamente del rivale
che deve aver capito essere tornato per regolare i conti, e ha assoldato
questi rifiuti umani per chiudere definitivamente partita.
Corriamo alla cieca in
questa notte buia che non ci consente di capire dove stiamo andando. E’
solo l’istinto da uomo d’armi di Mitsui che ci guida, e io spero che
questo istinto non lo tradisca proprio oggi…
Troviamo Golia solo,
vicino a un albero.
Camminare a piedi può
essere fatale: i lupi vengono catturati con le trappole, in genere con
enormi tagliole dagli acuminatissimi denti di ferro. L’idea di finire
con il piede in una di queste mi fa sudare freddo, eppure cominciamo anche
noi ad avanzare, dopo aver lasciato i nostri cavalli vicino al morello.
Cerchiamo di fare il minor rumore possibile per sentire i movimenti di
Rukawa… vaghiamo senza meta per parecchi minuti, ed io sto cominciando a
pensare che possa essere accaduto il peggio, quando sentiamo un urlo
provenire dal folto degli alberi, sulla nostra destra. Ci mettiamo tutti e
tre a correre come pazzi, quando il tenuissimo bagliore della luna
illumina la scena che mai avremmo desiderato vedere: c’è il giovane
principe inginocchiato vicino ad un lupo enorme, agonizzante per il sangue
perso dalla ferita della tagliola, che ancora gli tiene imprigionata la
zampa.
Non facciamo in tempo a
raggiungerli, che da dietro di loro appare la sagoma di un altro lupo,
stavolta libero, che si avvicina al ragazzo docilmente. E capiamo…
Rukawa si gira di
scatto, e sembra tremare in questa fragile luce notturna. Il lupo si
accuccia accanto a lui, posandogli il muso in grembo, e chiude gli occhi.
Le mani del ragazzo cominciano a scorrere gentili su quel pelo folto, e lo
sentiamo mormorare:
“Sei vivo… sei
vivo! Non mi hai lasciato solo…”
A questo punto Mitsui
si avvicina, palesando la nostra presenza; lui ci guarda stupito, poi
riporta lo sguardo sull’animale ferito che ha accanto:
“Salviamolo!” ci
esorta.
Il quattr’occhi cerca
di allentare la tagliola, mentre lo sfregiato passa delle erbe sulla
ferita aperta, per poi fasciare stretta la zampa:
“Non ci sono molte
probabilità che si salvi…” mormora scuotendo la testa. Ma già aver
tentato è qualcosa.
Il lupo liberato si
allontana trascinando la zampa posteriore: come tutti gli animali feriti
starà cercando un posto dove curare in solitudine le sue ferite.
“Andiamo, principe
Rukawa, non possiamo rimanere qui…” lo esorta Kogure.
Riprendiamo il cammino
fino a raggiungere i cavalli. Il lupo ci segue da lontano, e quando
finalmente troviamo un posto un po’ riparato dove dormire, si accoccola
vicino al giovane signore.
Quando mi sveglio è
quasi l’alba. Vicino a me, il giovane principe è già sveglio. Per
proteggersi dal freddo, si è coperto, ed ha coperto anche il lupo con una
coperta di lana. La sua mano dalle dita sottili continua ad accarezzare
quella pelliccia, come se questo contatto potesse restituirgli la
sensazione di sfiorare il suo amante.
“E’ quasi ora…”
sento che bisbiglia piano, come se stesse parlando solo per l’enorme
lupo che lo fissa con profondi occhi nocciola.
E infatti il sole sta
per sorgere. Il chiarore si è già diffuso rendendo tutto intorno a noi
perfettamente visibile. Riporto lo sguardo su quei due corpi sotto la
coperta, e ancora una volta stento a credere che possa esistere una cosa
del genere, che debbano trasformarsi inevitabilmente ogni giorno ed ogni
notte…
Continuo a osservarli:
occhi negli occhi, la mano di Rukawa sul corpo del lupo.
Guardo l’animale:
occhi di lupo, occhi d’uomo… sembra impossibile ma le immagini
cominciano a sovrapporsi, a convivere sfocate.
E poi Kaede: occhi
d’uomo, occhi di falco… stesso colore, ma forme che sembrano cercarsi
per arrivare a combaciare.
Dita quasi trasparenti
che vogliono aggrapparsi fino all’ultimo a quell’ombra a metà tra
mantello di lupo e pelle d’uomo; dita più forti, che anelano un fugace
contatto con quella morbidezza a metà tra pelle di ragazzo e piume di
falco.
Per un istante, un solo
istante, le due mani sembrano quasi toccarsi, quella grande e forte del
Capitano sembra sfiorare le dita pallide del Principe, ma non è che un
momento, forse non è che una illusione… occhi negli occhi, ormai occhi
d’uomo e occhi di falco.
Improvviso ecco il
battito d’ali, mentre il falco si alza in volo, e poi un urlo strozzato,
mentre Sakuragi balza in piedi per trattenerlo, per trattenere qualcosa
che già non c’è più, che ha lasciato il posto all’ennesima
metamorfosi.
“NOOOOOOOO!!! KAEDE!!!”
urla il Capitano, sfogando la sua rabbia e la sua frustrazione. Ma il
falco vola alto, ormai, e del ragazzo non c’è più alcuna traccia.
Mi vergogno di essere
qui ad assistere a questo dolore, mi sento in colpa per poter parlare con
quel ragazzo, per poter fare tranquillamente qualcosa per cui Sakuragi
darebbe tutto se stesso. Non è giusto, è crudele…
Mi allontano, e così
fanno Mitsui e Kogure. Il dolore del Capitano è troppo forte, troppo
estenuante rinnovarlo ogni alba ed ogni tramonto. Merita il nostro
rispetto.
Quando ci rimettiamo in
cammino, l’atmosfera è malinconica. Lord Falco continua a volare su di
noi, poi si posa sul braccio del suo padrone, come a volerlo rassicurare
con la propria vicinanza.
“Va bene, sono
disposto a fare un ultimo tentativo” rompe il silenzio Sakuragi quando
ci fermiamo per mangiare.
Mitsui sembra non
credere alle proprie orecchie:
“Vuoi dire che
tenteremo di entrare a Pendragon per il giorno dell’eclisse?!” chiede
stupito.
Il Capitano annuisce,
senza parlare.
“Sakuragi, sono
sicuro che i miei calcoli siano giusti: il giorno dell’eclisse si romperà
la maledizione” aggiunge il quattr’occhi.
Ma l’altro scuote la
testa: ha accettato, questo gli sembra sufficiente, non cerca delle
rassicurazioni.
Lo vedo accarezzare
piano le piume morbide che coprono la testa del falco:
“Lo faccio per Kaede,
solo per lui. Farei tutto per lui…” mormora così piano che anch’io
mi chiedo se abbia davvero udito le parole giuste.
Ora che abbiamo uno
scopo, il nostro cammino è meno casuale.
L’essere partiti dal
monastero di Uther, fa sì che il percorso si sia molto allungato.
Probabilmente domani sera, sul tardi, saremo a Pendragon. Bisogna però
organizzare un piano. E’ difficilissimo avere accesso alla fortezza,
quindi è necessario pensare bene a come procedere.
Sono Mitsui e il
Capitano ad organizzare tutto, sebbene quest’ultimo sembri aver aderito
al piano solo come ultima, inutile, disperata prova d’appello. Infatti
sappiamo tutti che, se il piano non funzionerà, non esiterà ad
affrontare lo scontro diretto con il Principe Minami, pur di farla finita
con questa vita dimezzata.
Il piano consiste
nell’entrare all’interno della fortezza di notte, avendo come
lasciapassare il lupo in gabbia: è infatti praticamente certo che ci
faranno entrare con una preda simile, visto che il Principe vuole che gli
si conducano tutti i lupi della zona, e preferibilmente vivi.
Ci metteremo in fila
con gli altri carri, quelli del mercato e quelli con le altre belve, poi
la mattina dopo, quando avrà di nuovo le sembianze umane, Sakuragi entrerà
nella sala del trono grazie al mio aiuto. Ebbene sì, anche io ho un
ruolo, e anche pericoloso: dovrò fare a ritroso il percorso che ho
coperto per scappare dalle prigioni, e, sbucando dalle grate della sala,
dovrò aprire le porte all’ingresso di Navarra.
In quel momento, se i
calcoli saranno giusti, lui e Kaede saranno entrambi umani, perché
l’istante che abbiamo concordato sarà quello che vedrà il sole
completamente coperto dalla luna. E a questo punto il piano sarà
riuscito: Minami sarà costretto a guardarli e la maledizione sarà
sciolta.
A parole sembra
semplice, ma tremo all’idea che qualcosa possa andare storto!
Sakuragi si allontana a
cavallo. Siamo di nuovo vicini al tramonto, e forse questa sarà la sua
penultima notte da lupo, penso vedendolo scomparire tra gli alberi. Poco
dopo vediamo il giovane signore raggiungerci su Golia. Mi piace come
cavalca, dritto, con stile. Quando scende accarezza il collo del lipizzano,
che abbassa la testa strusciandosi contro la spalla del suo secondo
padrone.
Davanti al fuoco,
Mitsui e Kogure raccontano il piano a Rukawa. Lui non fa commenti,
accetta, come ci aveva già detto, le decisioni del Capitano.
Ha uno sguardo strano,
e mi rendo conto che quegli occhi così blu nascondono una pena ed una
sofferenza incredibili. Non posso scordare, infatti, quella che deve
essere stata la sua vita: un’infanzia felice, certo, ma poi la famiglia
sterminata, l’umiliazione della prigionia, e poi, quando finalmente
aveva vicina la felicità, il baratro di questa vita notturna, trascorsa
in solitudine, lontano da tutti. E’ certamente un tipo solitario, che
difficilmente dà fiducia agli altri, ma come si può vivere sempre senza
nessuno accanto? Nessuno può farlo.
Prego sinceramente che
questa sia la fine, che lui conquisti la felicità che merita, ma so che o
sarà così oppure moriranno entrambi. Il Capitano non lo ha ribadito, ma
tutti sappiamo che fra due giorni si arriverà comunque alla fine.
“Voi
parlate poco, signore” gli dico, incapace di dargli del tu, come se la
sua aura di nobiltà e distacco mi imponesse un approccio più formale
“Risulta difficile avvicinarsi a voi, però, prima che torniamo a
Pendragon, voglio raccontarvi una storia…”
Non so come mi sia
venuto in mente, ma comincio a parlargli della mia fuga dalla prigione e
del mio incontro con il Capitano. Del fatto che ogni volta che accennavo a
quella prima notte che avevo visto il giovane signore, Sakuragi reagiva
mostrando una incontrollabile gelosia, poi racconto del falco che ci aveva
aiutato nella battaglia, della disperazione e della furia del Capitano
quando la freccia di uno degli uomini di Sawakita lo aveva colpito.
Dell’espressione che leggevo in quegli occhi scuri e profondi ogni volta
che si accennava al giovane principe, dell’urlo di frustrazione dopo
l’ennesimo sfiorarsi proprio durante l’ultima alba.
Gli racconto tutte
queste cose, ma non per farlo soffrire per qualcosa che lui non potrà mai
vivere, no, non per questo, ma solo perché voglio che la vita del
capitano sia anche sua, e poi voglio che sappia quanto è amato. In questi
due anni trascorsi in solitudine, come hanno mai potuto confermarsi la
forza dei propri sentimenti?
Al termine del mio
racconto, lui rimane in silenzio per qualche istante, poi comincia a
parlarmi, con quel suo tono di voce profondo e doloroso:
“Anche se viviamo
separati, non devi pensare che non condividiamo le emozioni: io so cosa
pensa e prova lui, e lui sa cosa penso e provo io. Il nostro legame non è
diventato più debole solo perché non possiamo stare insieme: quando io
sono falco o lui è lupo, le nostre anime continuano a parlarsi” mormora
fissando il fuoco, ed io lo ascolto a bocca aperta, e per la prima volta
li invidio, li invidio nonostante la loro sofferenza, perché hanno
trovato la forza l’uno nell’altro per affrontare tutto questo.
Anche Mitsui e Kogure
ascoltano le sue parole attentamente.
“Riusciremo ad
uscirne” mormora con tono inaspettatamente dolce lo sfregiato.
“Certo…”
ribadisce il quattr’occhi.
Rukawa continua a
fissare le fiamme:
“Qualsiasi cosa
accada, non dovrete mai pensare che sia stata colpa vostra. Mai” dice
deciso. Poi li guarda e sorride: “Almeno voi dovete essere felici, e
quando penserete a noi dovrete credere che anche noi lo siamo, in
qualsiasi luogo finiremo”.
Non posso non capire
cosa abbia portato il Capitano ad innamorarsi di lui, non posso non capire
anche cosa abbia portato Minami a rischiare il tutto per tutto per non
perderlo.
Un altro giorno. Quello
che ci prepara all’ingresso a Pendragon.
Il Capitano si è
riunito a noi. Stasera arriveremo alle porte della città, e lui ci
spiegherà come catturarlo. Scherzando me ne esco che basterà
semplicemente che il giovane signore lo chiami, visto che il lupo gli
ubbidisce come un agnellino, e lui fa qualcosa a metà tra un sorriso ed
una smorfia di avvertimento di non tirare troppo la corda.
Ma io mi sento allegro,
oggi, e così gli dico che dovrebbe essere tranquillo come lo è il
giovane principe, che è sicuro che qualsiasi cosa accada, loro saranno
sempre insieme, felici.
Ha una espressione
strana, sembra volermi chiedere di più, e contemporaneamente non vuole
farlo, come se la cosa potesse ferirlo.
Mi sento molto
generoso, oggi, e gli riferisco quello che Rukawa ha detto davanti al
fuoco, e stavolta il suo sorriso è vero, aperto… però poi torna serio,
anche se le sue minacce suonano false:
“Attento a quello che
dici, ragazzo, io lo conosco e so capire se dovessi riportarmi parole non
sue” mi riprende severo.
Siamo alle porte della
città. Ormai non possiamo più tirarci indietro, e la paura comincia a
farsi strada in noi. Kogure non fa che fare calcoli strani su dei fogli
che si è portato dietro, mentre Mitsui cerca di distrarlo, di
confortarlo. Improvvisamente mi sono reso conto che tra i due c’è
qualcosa di particolare. In realtà devo essere stato cieco per non
essermene accorto prima, ma eravamo tutti troppo presi da quello che stava
succedendo per concentrarci su altro. Adesso però, mentre li guardo, mi
viene da sorridere: almeno loro hanno trovato la felicità.
Abbiamo rubato un
carro, e abbiamo attaccato tre cavalli davanti, e uno dietro… ebbene sì,
il mio Bradipo rimarrà di scorta, del resto quello è sempre stato un
mangia-fieno a tradimento.
Il giovane principe ci
raggiunge. Ogni volta che lo vedo sembra più bello.
Vedo che guarda in
lontananza il castello, quello che era il suo castello, stagliarsi contro
il cielo ancora illuminato dagli ultimi bagliori aranciati del cielo. Deve
far male tornare qui, deve ferirlo per molti motivi.
“Dobbiamo catturare
il lupo” dice Mitsui, cercando di esortarci a sbrigarci.
“E’ stanotte
allora…” mormora Rukawa, piano “…andrò io. Voi lasciate la gabbia
aperta” aggiunge con quel suo tono sommesso ma deciso, prima di tornare
verso il lago che abbiamo costeggiato arrivando qui.
Non ci resta che
aspettare, e magari possiamo riposarci nel frattempo. Io cado in un sonno
profondo, pesante. Sono stanco, questi giorni mi hanno stremato,
soprattutto considerando che vengo da mesi di immobilità trascorsi
attaccato ad un anello nelle segrete della fortezza di Pendragon. Già, la
fortezza… domani dovrò tornare all’interno di quei cunicoli
olezzanti… non credevo che mi sarebbe mai più capitato, non credevo che
lo avrei mai potuto fare spontaneamente.
Dopo un paio d’ore,
almeno credo, mi sento scuotere bruscamente. Non vorrei aprire gli occhi,
ma non posso fare altrimenti, e così vedo accanto a me Mitsui che mi
guarda accigliato. Kogure è già sul carro, mentre Kaede, ben
incappucciato, sta accanto alla grossa gabbia caricata dietro, quella
gabbia nella quale si dibatte l’enorme lupo nero.
Mi alzo di scatto. Ci
siamo…
Il carro procede
lentamente, nonostante i tre cavalli a tirare. Noi siamo tutti stipati nel
sedile davanti, ben coperti dai cappucci, soprattutto Rukawa. Non ci
mancherebbe altro che incontrare qualcuno che possa riconoscerlo… allora
sì che saremmo perduti!
Alla porta della città
veniamo fermati, come tutti gli altri che cercano di accedere alla città.
“Perché volete
entrare a Pendragon?” ci chiede inquisitoria la guardia, scrutandoci a
lungo.
Mitsui fa un gesto con
la mano, indicando il carico sul retro del carro.
L’uomo solleva la
pesante coperta che copre la gabbia, e fa un salto indietro perché il
lupo si è avventato contro le sbarre, scoprendo le enormi zanne candide.
(**)
“Il Principe sarà
contento di questo regalo!” ride poi, quando capisce che la gabbia
robusta lo protegge dal pericolo “Dove lo avete catturato?”
“Vicino al lago
Mairon” risponde Kogure calmo.
“E chi sono quei due
nell’angolo?” continua a chiedere la guardia, indicando me e il
principe Kaede.
“I nostri fratelli più
piccoli” replica pronto Mitsui, girandosi verso di noi.
La guardia tira giù di
forza il cappuccio di Rukawa, e per un momento sbatte gli occhi
sbalordito. Poi ride, una risata rozza, volgare, ammiccante:
“Vi consiglio di far
condurre il lupo dal vostro fratellino… conoscendo il Principe, lo
prenderà come un regalo doppio!” e riprende a ridere, senza distogliere
quello sguardo oltraggioso dal viso del giovane signore.
Noto che quest’ultimo
è sbiancato, ha i pugni così serrati che si scorge il bianco delle
nocche sotto la pelle sottile, ma si trattiene, così come facciamo tutti
noi. Abbiamo un compito da svolgere, e non possiamo farci distrarre da
niente e da nessuno.
La porta si apre, ed
entriamo nella città di Pendragon.
Ovunque ci sono carri
simili al nostro, pieni di merci per il mercato oppure di pelli di lupo.
E’ uno spettacolo disgustoso vedere quella parata di povere bestie
ancora sanguinanti, ma domani, comunque vada, tutto questo sarà finito.
Fermiamo il carro
proprio sotto le mura del castello, non molto lontano da dove ho rivisto
il sole neanche una settimana fa. Poi ci impossessiamo di una delle case
mezzo diroccate e abbandonate che abbondano nella città da due anni a
questa parte, da quando, cioè, il regime del Principe ha mostrato tutta
la propria iniquità.
Abbiamo portato dentro
la gabbia con il lupo, mettendola nella stanza con Rukawa. So bene che
lui, appena solo, aprirà le sbarre e passerà il resto della notte ad
accarezzare quell’animale che si rivelerà con lui inaspettatamente
mansueto. E poi, all’alba, si celebrerà il solito rito.
Ma tutti siamo stanchi,
non c’è tempo né voglia di pensare, sapendo che ci stiamo giocando
tutto, che ognuno di noi sta rischiando molto per ridare ai due amanti una
vita normale.
Mi sdraio in un angolo,
incurante del pavimento duro. Il sonno è terribile, e sento proprio di
non poter resistere un minuto di più…
Quando mi sveglio, il
sole è già alto.
Il capitano Sakuragi,
con il suo mantello nero, cammina a grandi passi nella stanza, mentre
Kogure scruta il cielo scuotendo la testa.
“Mi sembra giorno, un
giorno come tutti gli altri!” sibila il Capitano guardando fuori dalla
finestra.
Il quattr’occhi
ricontrolla i propri fogli:
“Sono sicuro che ci
sarà l’eclisse! Probabilmente più tardi di quanto io abbia calcolato,
ma ci sarà, credimi!”
Sakuragi lo guarda
duramente:
“Il piano non cambia.
Io andrò da Minami, esattamente come previsto, lo obbligherò a togliere
la maledizione, oppure lo ucciderò. In ogni caso sconterà quello che ci
ha fatto” mormora rabbiosamente. Si interrompe per un istante, poi
riprende con un tono deciso ma sofferto: “L’unica cosa che vi chiedo,
che DOVETE promettermi, è che, se le cose non andranno bene, voi… voi
ucciderete il falco”
Lo guardiamo
allibiti... di cosa sta parlando?
“Se le cose non
andranno come devono, sentirete tre rintocchi dalle campane del castello.
Alla fine dei tre rintocchi, dovrete ucciderlo, senza alcun indugio... noi
non possiamo vivere così, non è umano!” termina in un bisbiglio.
“Ci sarà
l’eclisse, perché non vuoi aspettare?!” interviene Mitsui, cercando
di convincere il suo ex comandante.
“Non è così. Questo
è un giorno a cui seguirà
una notte, come è nel corso normale delle cose. Sperate solo che io
riesca a sconfiggere il Principe”
Non ci dà modo di
rispondere, mentre va a sellare Golia.
Adesso è arrivato il
mio turno. Esco dalla capanna e raggiungo l’uscita del cunicolo che mi
ha permesso di recuperare la libertà dopo i mesi passati nella prigione.
Io spero ancora, sono
sicuro che i calcoli di Kogure non possano essere sbagliati, e comunque,
se non oggi, non potrebbe esserci a breve un’altra eclisse? perché
abbandonare tutto così?
L’acqua del fossato
è lurida e puzzolente come quando sono uscito, ma stavolta so cosa
aspettarmi, e so quale strada devo percorrere.
Mi muovo con sicurezza
in quella melma giallastra, e non impiego moltissimo per raggiungere la
sala del trono. Mi arrampico aiutandomi con gli spunzoni del muro, e
finalmente mi aggrappo ad una delle grate.
Sento molti passi sulla
mia testa, e mi viene il terrore che qualcuno possa schiacciarmi le dita.
So che questo pensiero è molto sciocco, ma a volte la mente è
irrazionale…
Speriamo invece che
nessuno di accorga di me, che nessuno guardi in basso. Ma forse saranno
tutti presi della processione che dovrà portarli a presentare gli omaggi
al Principe. Del resto, fortunatamente, oggi è giorno di udienza.
Spingendo forte sulla
grata di ferro, riesco ad allentare la sua presa sulla calce friabile,
finché non cede tutta insieme. Dall’angolo infelice da cui posso
guardare in alto, cerco di capire se ci sia qualcuno molto vicino, ma mi
sembra di no. Indosso sopra i vestiti la tunica da monaco che ho tenuto
sempre in alto per non farla bagnare, e mi isso con decisione.
Nessuno sembra fare
caso a me, perfetto!
Mi avvicino velocemente
alla grande porta della sala, quella porta che la collega direttamente con
l’esterno, ed apro i pesanti battenti appena prima che le guardie si
accorgano di me. Ma ormai non possono più fare niente.
Tutti si voltano verso
l’ingresso da cui è entrata la luce calda e abbagliante di questa
mattinata autunnale: nel vano della porta aperta si staglia l’immagine
di un cavaliere a cavallo, un cavaliere con la corazza nera che monta un
cavallo nero. Mi ritraggo sfuggendo alle guardie, ora prese dallo stupore
per questo spettacolo imprevisto, e insieme agli altri non posso fare
altro che domandarmi cosa succederà.
Vedo il Principe
alzarsi dal trono.
Nella sala spoglia
echeggiano le sue parole:
“Navarra! Mi avevano
detto che eri tornato, ma non potevo crederci…”
Golia avanza, con quel
suo passo così particolare, costringendo la folla a farsi da parte e ad
andare a formare due ali che lasciano la navata principale della sala
completamente libera.
“Come sta il tuo
splendido falco?” sento sempre la voce del Principe, stavolta
provocatoriamente beffarda.
Il Capitano scende da
Golia, continuando a risalire verso il suo nemico, ma le guardie stavolta
gli si fanno sotto.
E’ incredibile la
facilità con cui se ne libera: le colpisce impietoso, una dopo l’altra,
e l’ultima è proprio quel Sawakita che si è rivelato essere il braccio
destro del Principe.
Sembra che niente possa
fermarlo, oggi, e anche il temibile nuovo capitano della guardia deve
lasciargli il passo, dopo essere stato ferito profondamente al fianco.
Ormai non ci sono più
ostacoli a separarlo dall’oggetto del suo odio:
“Finalmente faccia a
faccia, Minami!” sono le prime parole che pronuncia, mentre punta con la
spada l’uomo ancora in piedi accanto al trono, aspettando che risponda
alla sua sfida.
Il Principe sorride:
“Bene, siamo alla
resa dei conti. Non ti salverai, e con te condannerai anche Kaede. Sapevo
benissimo che la sua scelta gli avrebbe causato solo sofferenza…”
sibila questi brandendo la sua spada.
Lo scontro si rivela
subito durissimo: ad ogni colpo del Capitano, il Principe risponde con
uguale precisione e forza. Ormai la stanchezza fa loro sostenere le spade
pesanti con entrambe le mani, e fra un colpo e l’altro devono
allontanarsi per aver modo di riprendersi.
“Non sei migliorato,
Sakuragi. Forse la notte dovresti riposarti di più…” lo deride
Minami, scattando poi felinamente per piazzare un altro colpo. Ma il
Capitano non si fa prendere alla sprovvista, e riesce a difendersi.
Nel silenzio che
avvolge la sala, i colpi rimbombano assordanti. Più i due sono stanchi,
più tentano di porre fine al combattimento forzando lo scontro. Ad un
certo punto Sakuragi si toglie l’elmo nero, per riuscire a respirare
meglio, e lo scaglia lontano.
Seguo stupito la
parabola alta della maschera di metallo, e mi accorgo che punta dritta
verso la vetrata che decora la volta. Il rumore di vetri rotti echeggia
nella sala, seguito da una pioggia di frammenti colorati. Ora, in alto,
uno sprazzo di cielo risulta perfettamente visibile sin da qui, ed è
proprio la parte di cielo in cui brilla forte il sole in questa giornata
senza nubi.
Guardo con attenzione
verso l’alto, ma sembra che niente possa turbare questa giornata serena.
Scuoto la testa sconsolato: i calcoli di Mitsui e Kogure erano sbagliati.
Lo scontro ricomincia,
sempre più violento.
“Pagherai per quello
che ci hai fatto” sibila il Capitano.
“Ti ucciderò, e
Kaede sarà mio, finalmente!” ribatte l’altro, parando un fendente al
braccio.
“MAI” tuona
Sakuragi, tentando un altro affondo. Ma sono entrambi distrutti, ed i
colpi vanno spesso a vuoto.
Io continuo a muovermi
per non perdermi neanche un movimento, pronto ad intervenire se dovesse
succedere qualcosa al Capitano.
Proprio nel momento in
cui si sono di nuovo fermati per riprendere fiato, ci accorgiamo che si
sta facendo stranamente buio… eppure è ancora giorno.
Alzo lo sguardo verso
lo scorcio di cielo visibile dalla volta scoperta, e… e… non è
possibile!! C’è qualcosa, un’ombra, che sta nascondendo il sole!! Non
è possibile, allora Kogure aveva ragione…
Urlo senza riuscire a
trattenermi:
“L’eclisse,
l’ECLISSE!!! Capitano!!”
Tutti quanti nella sala
alzano la testa verso lo spettacolo che continuo ad indicare con il
braccio.
Sento Sakuragi che
bisbiglia:
“Un giorno senza
notte, una notte senza giorno…”
Anche il Principe
Minami rivolge lo sguardo a quel fenomeno inatteso, facendosi schermo con
la mano per non lasciarsi abbagliare dalla luminosità del sole.
Proprio mentre tutti
assistiamo allo spettacolo incredibile della luna che si sta muovendo per
coprire il sole, una guardia si appende alle corde delle campane per dare
l’allarme e richiamare il resto della guarnigione a dar man forte al
Principe.
“NOOO!!!” urla
Sakuragi, lanciando un pugnale contro l’uomo per fermare lo scampanio,
ma è troppo tardi. Per l’intera città di Pendragon sono già risuonati
tre rintocchi… tre terribili, funesti rintocchi.
“KAEDE!!! NOOOO!”
grida di nuovo il Capitano, disperato.
Mitsui aveva
promesso… tre rintocchi.
Serro gli occhi, mentre
le mani sono strette a pugno. Non posso, non voglio pensarci… quelle
iridi blu, quella pelle candida, quella voce sommessa… perché, perché
proprio adesso che tutto potrebbe risolversi?
Ma ormai è tardi, non
c’è più neanche l’eco delle campane. ‘Senza indugio’ aveva
detto il capitano: ormai il falco deve essere morto.
I suoi occhi adesso
sono carichi di una furia ed una rabbia che non gli avevo mai viste. E’
un uomo che ha perso tutto, che non vuole altro che chiudere la partita
definitivamente, il che significa che anche Minami e poi lui dovranno
andare incontro alla stessa sorte del falco, uniti fino all’ultimo dalla
follia del loro vincolo.
Il Capitano crolla in
ginocchio, la testa gettata all’indietro mentre grida la sua
disperazione contro lo spettacolo della luna che sta continuando a
sovrapporsi al sole.
E proprio di questo suo
momento di abbandono cerca di approfittare il Principe, che gli si fa
sotto per sconfiggerlo definitivamente. Con un guizzo dovuto ad un
riflesso istintivo, Sakuragi riesce a difendersi, ma la sua spada scivola
lontana.
Spalanco gli occhi: la
situazione adesso è davvero disperata per lui. Ma i suoi occhi
fiammeggianti mi dicono che non si è arreso.Afferra una delle lance
infisse ai lati del trono e la usa come bastone per bloccare i fendenti
dell’avversario.
Sa di aver perso tutto,
ma la rabbia e l’odio lo obbligano a portare a termine la sua vendetta,
per sé e per Rukawa.
Riesco a raggiungere la
sua arma scaraventata contro la parete, e nel momento che mi sembra
propizio la lancio, facendola scivolare vicina ai suoi piedi. Temevo di
fallire, invece lui la afferra ricominciando il duello.
E’ impressionante
osservare la loro tenacia, la determinazione che mettono per arrivare ad
annientarsi: ho davanti due persone che stanno cercando di distruggersi.
Con un ultimo colpo
disperato, il Capitano riesce a prendere il sopravvento.
Dalle ali di folla che
racchiudono il campo di battaglia si leva un mormorio di stupore quando la
punta della sua spada si poggia sul cuore del rivale, mentre l’arma di
quest’ultimo è volata lontano.
“Sei morto”
sussurra Sakuragi, soffiando le parole sul viso dell’uomo che ha
distrutto la vita di Kaede e che adesso è alla sua mercé, finalmente
costretto a scontare tutto quello di cui si è macchiato.
Sposta leggermente la
lama, andando ad appoggiare delicatamente la punta della spada sul collo
di Minami:
“Pentiti di tutto
quello che hai fatto, perché è giunta la tua ora. Rimarrai carne per
corvi, neanche l’inferno ti aprirà le porte…”gli sibila.
Allontana la lama per
prendere lo slancio, ma dalla porta della sala improvvisamente si leva una
voce che rimbomba nella grande sala:
“Fermati
Hanamichi!”
Tutti, anche il
Capitano e il Principe si voltano verso quella apparizione. Ed è solo così
che si può definire.
Avvolto nel suo lungo
mantello nero, il cappuccio sulle spalle a liberargli i capelli nerissimi,
c’è il principe Rukawa. Sì, non il falco, ma proprio il principe nelle
sue fattezze umane. Ai suoi lati ci sono Mitsui e Kogure. Non l’hanno
ucciso, non l’hanno fatto, e la maledizione non potrà più fargli del
male!
“Kaede…” mormora
il Capitano, ma poi la sua voce si leva alta e piena di stupore, mentre
invoca di nuovo quel nome: “KAEDE!!!”
Mi sto quasi
commuovendo mentre li vedo avvicinarsi l’uno all’altro, titubanti e
impazienti al tempo stesso. Quanto devono avere atteso questo momento!
Si fermano vicini, ma
non si toccano.
“I tuoi capelli…”
mormora il Capitano, alzando un braccio per accarezzare lievemente quella
soffice seta color ebano con la punta delle dita.
Il giovane principe gli
ferma però la mano con la propria, intrecciando le loro dita. Poi obbliga
l’altro a seguirlo nel percorso di avvicinamento a Minami.
Quando arriva davanti
al Principe, lo guarda dritto negli occhi, che l’altro invece distoglie
immediatamente, cercando poi di coprirsi il viso con la mano:
“Guardatemi” gli
ordina Rukawa.
Minami continua a
nascondere lo sguardo, in un ultimo patetico tentativo di non riconoscere
la sconfitta.
“Guardatemi!”
ripete Kaede, con la voce ancora più affilata.
E il Principe non può
resistere. E’ come se da quel ragazzo si sprigionasse una strana forza,
capace di alterare l’equilibrio della gente che lo circonda.
Minami abbassa il
braccio, e spalanca gli occhi per guardare la persona che lo ha cambiato,
che è stata in grado di trasformarlo per il desiderio che ha suscitato in
lui.
“E adesso guardate
lui” continua Rukawa deciso, indicando Sakuragi.
Ormai Minami sembra una
marionetta di legno e stracci, che ubbidisce ciecamente alla voce
dell’unica persona in grado di muovere i suoi fili.
“E adesso guardateci
insieme”.
E anche questo suo
ordine viene ubbidito… la maledizione è tolta: Sakuragi e Rukawa sono
comparsi entrambi in forma umana davanti al Principe, e questi li ha
guardati entrambi negli occhi!
Mi viene da piangere,
ma con la manica del mio rozzo mantello di saia cerco di asciugarmi gli
occhi per non tradire davanti agli altri la mia commozione, però,
voltandomi appena, vedo che anche Mitsui e Kogure sono piuttosto scossi,
anzi, il quattr’occhi è completamente abbandonato sulla spalla del
compagno… sarà, ma mi sembra che i due stiano approfittando alla grande
dell’occasione che si è presentata per scambiarsi coccole e carezze!
“Questi non mi
servono più” mormora con disgusto Rukawa, lasciando cadere in grembo al
Principe il piccolo cappuccio di cuoio e i lacci per le zampe che
ricordano il giogo della sua prigionia sotto forma di falco.
Ma adesso il Capitano,
che ha osservato tutta la scena in silenzio, continuando a stringergli la
mano, lo attira a sé:
“Kaede…” mormora
accarezzandogli il volto con le dita…
Una mossa fulminea e
una risposta altrettanto fulminea:
“Se non sarai mio,
non sarai di nessun altro!” grida il Principe scagliandosi con un
pugnale in mano contro la schiena di Rukawa. Ma il Capitano è altrettanto
pronto: porta indietro il braccio con cui impugna ancora la spada e la
scaglia con tutta la sua forza contro l’ex comandante, trafiggendolo da
parte a parte.
Minami crolla a terra,
rantolando, e mormorando in un ultimo sospiro il nome di colui che non
avrebbe mai potuto avere…
E’ immobile, morto ai
piedi del suo trono. Dovremmo gioirne, ma una morte non porta mai felicità,
solo pena e sofferenza. Il Principe Minami ha vissuto una passione non
corrisposta, e questo lo ha distrutto. Non è stato capace di accettare un
rifiuto: ha voluto vedere un tradimento dove non c’era altro che la
nascita di un sentimento fortissimo da cui lui, senza colpe, era escluso.
Il Capitano affonda il
viso del giovane signore nella propria spalla, sperando di risparmiargli
la vista della morte. Poi, lentamente lo guida verso l’uscita.
Poco prima di varcare
la soglia, non resiste e solleva il compagno per la vita, cominciando a
girare su se stesso e a urlare di felicità il nome della creatura che
finalmente, dopo due lunghi anni, può stringere di nuovo tra le braccia:
“KAEDE!!!!” questo
nome rimbomba nella sala spoglia, in cui la folla continua a rimanere in
silenzio, come incredula di fronte allo spettacolo a cui ha assistito.
E’ bellissimo vedere
i due guardarsi con gli occhi colmi di gioia… Proprio nel momento che
aspettavo da tempo, però, quello in cui il Capitano si china verso il
giovane principe per suggellare con un bacio il loro essere di nuovo
insieme, sento una manaccia callosa schiaffarmisi sugli occhi:
“Non è uno
spettacolo per te!” mi dice ridendo Mitsui, e non serve a niente che io
gliela morda forte… non mi molla! Ma pensa davvero che io possa
scandalizzarmi solo vedendo quei due persi nelle loro tenerezze? Potrei
sconvolgermi, forse, se si trattasse di questo stupido sfregiato, ma non
se si parla di Kaede!
Sakuragi si avvicina a
noi. Il suo viso è trasfigurato, e sembra non riuscire a scucirsi dalle
labbra quel sorriso ebete, mentre stringe il braccio intorno alla vita del
moretto:
“Grazie… grazie a
tutti voi! Da soli non ce l’avremmo mai fatta…” mormora arrossendo
imbarazzato, come se non fosse abituato a riconoscere i meriti altrui.
Scuotiamo tutti
contemporaneamente la testa, come a dire che per noi togliere maledizioni
è una bazzecola in cui ci cimentiamo tutti i giorni, poi io non posso
risparmiarmi di prendere un po’ in giro questo gigante innamorato:
“E comunque non lo
abbiamo fatto per te, Capitano, ma solo per il nostro fantastico principe.
Non ce la faceva più a svolazzare e a toglierti sempre dai guai!”
Sento di stare
rischiando un pugno in pieno viso, ma poi l’espressione di Sakuragi si
addolcisce, mentre si volta verso il compagno e mormora:
“Già, nessuno può
resistergli…”
Temendo un attacco di
diabete, mi allontano insieme ai due ex eremiti:
“Ed ora cosa succederà?”
chiedo, come se volessi la conclusione della storia, prima di riprendere
la mia strada a cuor leggero.
E’ il quattr’occhi
a rispondermi:
“Il principe Rukawa
è l’erede legittimo al trono, ma non credo che accetterà il ruolo. Ha
sofferto troppo, e poi non credo che Sakuragi gli permetterebbe di stare
lontano dal proprio fianco per più di due secondi. Probabilmente
partiranno di nuovo, raggiungeranno un posto più tranquillo…” mi
spiega.
“E voi?” martello
ancora.
I due si guardano
sorridendosi:
“Forse torneremo ad
Uther, oppure troveremo un altro posto sperduto dove rintanarci”.
Per qualche istante
rimaniamo in silenzio, poi Mitsui mi dà un pacca sulla spalla che quasi
mi sfonda la clavicola:
“Comunque ci
rivedremo, topo!” dice ridendo “Fosse anche in Paradiso, sempre che tu
non ti allontani di nuovo dalla retta via!”
“Pensa a te, che se
non ci fosse il quattr’occhi… E comunque, io in Paradiso ci andrò,
anche a costo di scassinarne la porta!” ribatto pronto.
Scoppiamo tutti a
ridere.
Sono sicuro che ci
rincontreremo tutti e cinque, e molto prima di trovarci di fronte alla
faccia barbuta di San Pietro!
LORD
HAWK – The End
(*) Ho sempre
considerato artificioso questo ‘escamotage’, ma non posso che
rimettermi a quanto spiegato nel film…
(**) Jack London
insegna che i lupi hanno le zanne giallastre, al contrario dei cani, che
le hanno bianche (Zanna Bianca vive in un branco di lupi, ma i suoi denti
bianchi, oltre a dargli il nome, ne chiariscono l’origine di incrocio
tra un cane e un lupo), ma non mi sentivo di fare Hanamichi con i denti
gialli…
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