I personaggi di Slam Dunk non mi appartengono, etc etc… Per Ria, per la possibilità che ci dà di leggere tante storie appassionanti. Per Nausicaa, grazie alla quale Sendoh ha avuto ‘diritto di replica’… thank you per la disponibilità, i consigli e le revisioni. Un saluto a Calipso. Dimenticavo.. sempre HanaRu!

 


Lontananza

di Greta


“Allora, che te ne pare?” il do’aho mi sta sfilando davanti con la sua nuova giacca di pelle “Non mi fa sembrare un figo da paura?”

Il mio sguardo deve essere un po’ critico, perché vedo la sua espressione cambiare lentamente, e il suo tono diventare stridulo… So già cosa dirà, e infatti:

“Baka Kitsune! Stai forse mettendo in dubbio la prestanza dell’unico solo grande genio del Basket mondiale?!”

Scuoto la testa e non gli rispondo. Non gli ho mai risposto quando è preda dei suoi attacchi di idiozia, perché farlo ora?

“Dai, usciamo… voglio sfoggiarla un po’…” lo dice ridendo, ma so che un po’ è vanitoso. Io, invece, non lo sono affatto. Penso che molta gente creda che io lo sia, eppure non è così: non me ne è mai importato un accidente del mio aspetto fisico, e le uniche volte che ho studiato il mio abbigliamento, è stato perché volevo stupire il mio do’aho… del giudizio degli altri non me ne sono mai curato.

Prende il mio giubbotto in mano, e con l’altro braccio mi tira per costringermi ad alzarmi dal divano. Lo osservo: in effetti la lunga giacca di pelle nera non gli sta affatto male… sembra appena uscito da ‘Matrix’… certo, non fosse che per i suoi capelli rossi…

Usciamo. Fa freddo. Manca poco più di una settimana a Natale e le vetrine sono un tripudio di luci. Questi sono giorni in cui possiamo riposarci: il campionato nazionale non è terminato, ma sta osservando la pausa invernale, e solo dopo capodanno cominceranno le partite più impegnative.

E’ strano, sono con Hanamichi e penso al basket, gioco a basket e penso a lui… ormai sono le uniche cose che riempiono la mia vita… fortunatamente sono passati quegli strani giorni in cui le nostre vite erano influenzate dalla presenza di Yamoto Gunami… ogni tanto ci ripenso e mi stupisco ancora di come quel ragazzo abbia potuto, anche se solo per qualche istante, farmi sentire debole… ma so che nessun altro ci riuscirà. Ho dimostrato ancora una volta di essere forte, di granito… nessuno può scalfirmi.

E’ tanta la gente che ha deciso di approfittare di questo pomeriggio per darsi allo shopping. A me non piace andare per negozi, ma so che dovrò comprare un regalo per la mia scimmia rossa, e così questa può rivelarsi una buona occasione per capire cosa potrebbe piacergli.

Accidenti! I negozi che lo attirano di più sono quelli di dolci e cose da mangiare! A volte sembra davvero un bambino di tre anni… penso che forse potrei regalargli un enorme lecca-lecca a forma di scimmia, ma non sono sicurissimo che apprezzerebbe…

“Ehi kitsune, se ci fermassimo per la merenda?” mi chiede con il tono petulante che sfoggia nei suoi attacchi di infantilismo cronico.

Io annuisco, ma in realtà sono un po’ sorpreso: appena prima di uscire è riuscito ad ingurgitarsi di tutto… forse il problema è che io raramente ho fame, anzi, se non fosse perché devo tenermi in forze, molto spesso mi dimenticherei di mangiare, però sono anche convinto che il suo modo di nutrirsi abbia oggettivamente qualcosa di patologico.

Hanamichi vuole provare il nuovo locale che hanno aperto al decimo piano della torre di Kanagawa. Per me un posto vale l’altro, quindi saliamo.

“Che ne dici di cioccolata con panna, torta alle noci e… torta con frutti di bosco?”

Sono schifato… ma come fa? A volte mi chiedo se non sia un extraterrestre piombato qui dal pianeta di Mangionia.

Io ordino un tè e  una fetta di torta di mele… che fa sempre tanto America.

Noto che mi guarda, mentre beve la cioccolata. E’ buffo come non riesca a nascondermi più nessuno dei suoi pensieri. E infatti adesso, mentre osservo come il suo sguardo mi accarezza, so che sta pensando a noi, alla nostra felicità, e al fatto che non potrebbe più vivere senza di me.

Sorrido, ma senza cambiare la mia espressione esteriore. Anch’io sono felice, sebbene non riesca e non voglia mostrarlo così apertamente.

“Com’è la tua torta, Kitsune?” mi chiede.

Mi limito ad allungargli il piattino su cui mi è stata servita, ancora quasi intatta.

Lui arrossisce, poi protesta:

“No, devi mangiarla tu! Volevo solo sapere com’era…”

Mi piace vederlo così confuso.

“Non ne ho più voglia. Se la vuoi…” non termino la frase, e ricomincio a bere il mio tè.

“In effetti ho ancora un po’ di fame…” ammette pensieroso, ma poi si scuote “…ma tu mangi troppo poco! Devi finirla.”

“E perché?” chiedo con noncuranza.

“Perché lo dice il Tensai!” è strano, sapevo che avrebbe risposto così, eppure ho voluto dargli lo stesso lo spunto per la sua battuta preferita…

“Sai bene che per me questo non è un motivo…” osservo.

“Baka! Smettila di essere acido come uno yogurt, e mangia quella torta!!!” urla.

Noto che alcune persone si voltano verso il nostro tavolo, ma non me ne frega niente, anzi… non ‘ce’ ne frega niente.

Sorrido, stavolta dolcemente.

“Davvero non ho fame, do’aho. Se vuoi, mangiala tu…”

Finalmente si convince, e, sebbene continui a parlare di ‘pelle e ossa’, ‘anoressia’, ‘ricette del tensai’… termina il dolce.

Prima di lasciare il locale, ci fermiamo ad osservare la città dalla terrazza. Tutto è piccolo e indistinto, eppure allegro. Le luci fanno quest’effetto…

Sento la mano di Hanamichi stringere la mia nella tasca della mia giacca. Ricambio la stretta, ma non mi giro a guardarlo. I miei occhi cercano il nostro quartiere, la nostra casa, come se da quassù si potessero scorgere. Sto sempre bene con lui, nonostante i suoi innumerevoli difetti, che SOLO per il suo bene continuo a rimproverargli, ma ho anche voglia di tornare nel nostro piccolo regno: i posti affollati mi mettono a disagio, a meno che non siano campi da basket. Per il resto, mi sento bene solo tra le mura della nostra casa.

Riprendiamo la nostra passeggiata. Camminare diventa sempre più complicato, con la chiusura degli uffici si è riversato sulla strada un altro fiume di persone.

Ci fermiamo davanti ad un negozio di abbigliamento sportivo. Ormai questo genere mi annoia, abbiamo entrambi centinaia di tute e divise, e riesco a farmi catturare solo dalle scarpe, che per uno sportivo sono la cosa più importante.

“Ehi baka…” 

Perché deve strillarmi nell’orecchio anche se ci dividono solo dieci centimetri?

Lo guardo con un’aria un po’ seccata, ma lui neanche se ne accorge.

“Guarda quella racchetta… è proprio uguale a quella di Agassi!”

Non sa il nome di neanche uno dei tantissimi campioni dell’NBA, e conosce quel cretino rapato?!

“Mph!” spero che gli sia chiaro che a me del tennis non frega niente.

“Lo sai che quando ero piccolo giocavo?”

No, non lo sapevo, come non so tantissime cose della sua vita… la mia scimmia rossa che gioca a tennis? E’ buffo, ma non riesco proprio a vedercelo.

Deve aver notato il mio leggero sorriso, perché esclama:

“Ohi, volpaccia! Ero quasi un campione! Mi chiamavano il McEnroe…”

“…dei poveri!” non riesco a fare a meno di concludere per lui.

Si ferma come inebetito, poi mi volta le spalle con un’aria profondamente offesa.

Camminiamo senza parlare: io ho la tentazione insolita di scoppiare a ridere, e invece continuo a mantenere la mia espressione impassibile.

“…di Kanagawa…” mormora.

“Cosa?” che diavolo sta dicendo?!

“IL MCENROE DI KANAGAWA!!” urla trapanandomi il timpano.

“Beh… allora dovevi essere bravo…” sì, ho deciso di essere clemente, sarà l’atmosfera natalizia.

“Certo, una volta in una partita contro…” comincia a raccontarmi tutte le sue imprese sportive, eppure noto che non dice mai di essere stato l’unico Tensai del tennis mondiale. Questa cosa mi insospettisce: non sapeva tenere in mano il pallone da basket e diceva di essere il solo, il grande, il fulgido genio della pallacanestro, e del tennis non dice niente? Non so perché ma comincio a pensare che non sappia neanche tenere in mano una  racchetta.

Al termine della cronaca delle epiche gesta del tensai, siamo arrivati a casa. Durante le sue chiacchiere ininterrotte, io ho fatto in tempo a comprare qualcosa da mangiare e anche un regalo per sua madre, una collana di ambra che spero davvero le piaccia.

“Kae-chan…” 

Comincio a temere: quando inizia così in genere c’è un’unica conclusione…

“Davvero hai fame?” mi chiede avvicinandomisi e cominciando a giocare con i miei capelli.

“Io non ho mangiato otto fette di torta…” noto candidamente.

“Sei tu che non hai voluto terminare la tua…” le sue mani sono già intorno alla mia vita.

Non rispondo, stavolta il suo ragionamento è inoppugnabile.

Si sporge verso di me e mi bacia, poi appoggia la sua fronte contro la mia:

“Che ne dici se andassimo su?” vedo l’impazienza e la passione dipinte sul suo volto, ma anch’io ho il suo stesso desiderio, e quindi non mi faccio pregare troppo per salire nella nostra stanza.

 

Siamo abbracciati, stanchi ma felici. Le braccia di Hanamichi continuano a stringermi. E’ sempre così, è come se avesse paura che io possa sfuggirgli di mano.

Riesco a liberarmi, ho bisogno di una doccia.

“Dove vai, volpe?!” mi chiede con la voce impastata dal sonno, poi si sporge, catturandomi un braccio. Riesce a ributtarmi sul letto… le sue mani accarezzano di nuovo la mia pelle.

Ci vuole poco per perdere di nuovo la testa. Stiamo per…

Driiiiinnnn, Driiiinnnn!!! 

Il suono del telefono è davvero impietoso.

“CAZZO!!!” urla Sakuragi.

A me viene da sorridere, mi ricorda un’altra situazione analoga… forse anche questa volta è Mitsui!

Risponde lui.

“PRONTO!!!!” urla nel ricevitore, evidentemente sperando di scoraggiare l’interlocutore.

“COSA????” non riesco a capire perché debba trapanare le mie orecchie più di un martello pneumatico.

“Sì… sì, ho capito… ma…” si interrompe, sento una voce concitata fuoriuscire dal microfono, poi lui si riprende, cerca di farsi sentire, ma sembra preoccupato…

“…sì, mamma, questo me l’hai già detto… sì, domani? DOMANI???” improvvisamente il suo tono assume una sfumatura di terrore.

“..ma… no… sì… MAMMA!!! Ho capito…  va bene… ok, a domani. Ciao”

Hanamichi rimane a fissare il ricevitore che ha rimesso a posto sulla forcella, resta immobile, dandomi le spalle.

Mi ributto indietro sui cuscini, però gli accarezzo piano la schiena. Aspetto che mi dica lui cos’è successo.

 

Non è possibile… non è possibile! Sento la voce concitata di mia madre, e inizialmente non riesco neanche a capire cosa dica. Spezzoni di frasi, qualche parola: deve partire, la nonna ha avuto un attacco cardiaco, sta malissimo, è in ospedale.

Non ho mai sentito mia madre piangere, e invece adesso la sua voce è tremante, poi si rompe in un singhiozzo.

“Hana-chan, devo andare… ho paura…”

Mia madre non ha mai avuto paura di niente. Con il suo lavoro, è sempre stata a stretto contatto con la morte, e invece adesso è terrorizzata. Mi fa impressione…

“Il treno, domani mattina prenderò il treno… e.. se non dovessi arrivare in tempo?” la sua voce esita e si abbassa nel pronunciare queste parole…

“Verresti con me?” si interrompe “Scusami, non dovrei chiedertelo, solo… solo…”

La tranquillizzo:

“Ho capito…va bene… ok, a domani…”

Il suo tono è più calmo, mentre mi saluta con un bisbiglio. 

Sono sconvolto da quello che ho promesso, ma era mio dovere farlo. Continuo a ripetermelo mentre guardo il ricevitore che ho appena messo giù.

Improvvisamente sento la mano di Kaede accarezzarmi lentamente la schiena.

Mi giro verso di lui, lo guardo a lungo negli occhi, prima di abbracciarlo. Affondo il viso nel suo collo, lo bacio e lo stringo sempre più forte.

Le sue mani cominciano ad accarezzarmi i capelli…

“Mia nonna… sta male…” riesco a mormorare.

Il suo braccio mi passa intorno alle spalle, avvolgendomi.

“Devo accompagnare mia madre, domani…”

Mi puntello sulle braccia per guardarlo in viso. Non mi vergogno di mostrarmi sconvolto, so che la mia Kitsune è in grado di capirmi:

“Ho trascorso tutta la mia infanzia con i nonni. I miei genitori lavoravano, e sin da allora mia madre aveva dei turni massacranti, in ospedale…”

Kaede mi ascolta attento, il suo sguardo è pieno di calore.

“Praticamente mi ha fatto da madre, e poi, quando mio padre… beh, lei ci ha aiutati…”

Mi mette le braccia intorno al collo e mi attira su di sé. Mi perdo in questo nostro bacio, in cui leggo tutto il suo desiderio di starmi vicino. 

Vorrei tanto non doverlo lasciare, non dovermi staccare da lui nemmeno per un secondo… e invece…

“A che ora partite?” mi sussurra.

“Il treno è alle otto e mezzo” rispondo tristemente.

Alzo la testa e lo guardo in viso: mi piacerebbe tanto che venisse con me, ma so che non è possibile. Con tutta la concitazione dovuta alla situazione della nonna e tutti i parenti riuniti, non mi sembra un’idea molto intelligente farmi accompagnare dalla mia Kitsune… sicuramente lui si sentirebbe a disagio, e, anche se mi piacerebbe fargli conoscere la mia piccola grande nonna, penso che questa non sia l’occasione più adatta… già, la mia piccola-grande nonna… prego che ce la faccia, come sempre… è una donna forte, DEVE farcela!

“Kaede…” sussurro.

Lui alza lo sguardo su di me. Si vede che sta aspettando quello che ho da dirgli: ha un’espressione seria… so che vorrebbe potermi aiutare…

“Se… se dovessi avere bisogno di te… mi raggiungerai?” gli chiedo.

Lui sorride, uno di quei suoi sorrisi dolcissimi e rari.

“Ci puoi contare, do’aho” mi risponde, stringendomi le mani.

Gli sorrido e affondo il viso nei suoi capelli. Lo so che mi ha dato del deficiente, ma è il suo modo di essere affettuoso. So bene che da lui non riceverò mai frasi sdolcinate, ma non le voglio neanche: lui è così, ed io lo amo da impazzire per come è, non cambierei assolutamente niente…

 

Ci alziamo presto, la mattina dopo. Kaede mi aiuta a fare la valigia. 

Siamo molto silenziosi, forse entrambi stiamo pensando che per un po’ non potremo a stare insieme…

Io certamente lo sto pensando…

“Beh, il treno parte fra poco…” mormoro.

“Ti accompagno alla stazione” il suo tono è categorico, come sempre. Io sono contento che abbia deciso di venire con me, non voglio che a questa casa sia legato il nostro addio, qui abbiamo solo ricordi felici.

Prendiamo il treno che porta alla stazione centrale di Kanagawa.

Rukawa è seduto vicino a me, io gli stringo il braccio mentre invece vorrei abbracciarlo, vorrei che lui appoggiasse la sua testa sulla mia spalla… ho bisogno di un contatto con lui, perché solo questo può darmi il coraggio per lasciarlo, il coraggio per intraprendere questo viaggio così doloroso...

Mia madre è già alla stazione. Ha un aspetto stravolto, ma quando mi guarda il suo sguardo diventa più luminoso.

“Dobbiamo andare al sesto binario…” ci dice.

Ci avviamo tutti insieme, lo raggiungiamo rapidamente.

Sistemiamo le nostre cose nello scompartimento. E’ un treno vecchio stile, non come quelli moderni, con tutti i sedili a vista. Questa linea non è una delle più frequentate, e così sono stati lasciati dei treni più vecchi, con gli scompartimenti chiusi. Quello in cui siamo io e mia madre ha gli altri quattro posti vuoti, possiamo sistemarci come vogliamo.

Ormai manca poco all’orario di partenza, ancora qualche minuto e dovrò lasciar scendere Kaede…

“Mamma, perché non vai a comprare qualche rivista?” le chiedo impaziente.

“Io non me la sento di leggere niente…” mi risponde lasciandosi andare su un sedile.

“Mamma… VAI A COMPRARE DEI GIORNALI!” forse non dovrei essere così duro, ma in questo momento ho bisogno di stare da solo con la mia Kitsune.

Lei si alza e scende senza fare commenti. Forse ha capito, deve essere intuitiva come il grande Tensai…

Mi avvicino al mio volpacchiotto.

“Vorrei tanto non lasciarti…” mormoro stringendolo tra le mie braccia.

“Non mi lasci… pensa solo a tua nonna” sento le sue parole nel mio orecchio, volto leggermente la testa in modo da portare la mia bocca sulla sua.

Le sue braccia si stringono intorno al mio collo. Ci baciamo lungamente…

Mia madre, pur essendo intuitiva come me, manca però del famoso tempismo del Tensai, perché quando torna siamo ancora abbracciati. Ho paura di lasciarlo andare, come sempre ho paura che possa sfuggirmi, che possa perderlo, ma sento la sua mano che trova la mia e la stringe…

L’altoparlante annuncia la partenza imminente. E’ arrivato il momento che pensavo di non dover mai vivere.

Sono affacciato al finestrino, Kaede è sul marciapiede. 

Il treno sta partendo, e io intreccio le mie dita alle sue, come se mi ostinassi a rimandare il momento della separazione…

Cominciamo a muoverci, Kaede fa qualche passo insieme a noi, poi è costretto a lasciare la mia mano… rimango a guardarlo, c’è qualcosa che mi attanaglia alla bocca dello stomaco, e sento un dolore crescente nel petto, come se il filo che ci tiene uniti si stesse tendendo, strappandoci il cuore.

Mi lascio scivolare sul sedile, mia madre mi guarda e mi sorride: è la prima volta, da ieri sera, che capisco che sta pensando a me, che è di nuovo concentrata su quello che le capita intorno. Le sorrido mestamente, poi riporto lo sguardo sulla città che scorre fuori dal finestrino… tutti i miei pensieri sono egoisticamente rivolti a quello che lascio, e il dolore nel petto diventa sempre più insopportabile…

 

Il treno comincia a muoversi, devo lasciare la mano di Hanamichi, del mio do’aho. Continuo a guardare la sua testa rossa che si sporge fuori dal finestrino… so che appaio spesso freddo e insensibile, ma non è così: adesso vorrei tanto che questo fosse solo un incubo, e che il mio rossino tornasse da me… è come se i nostri cuori fossero legati da un filo sottile e resistente, che in questo momento si sta tendendo, tanto che mi sembra che stia strappando il mio cuore fuori dal petto.

 Ormai il treno è sparito dietro la curva. Rimango ancora qualche istante sulla banchina, mi sento solo come non mi sentivo da tanto. Scuoto la testa, saranno solo pochi giorni… possibile che mi sia rammollito così tanto da non poter resistere una settimana senza di lui?!

Mi avvio lentamente verso casa. Quando entro la trovo silenziosa… sono uno stupido, non è che in tutti questi mesi abbiamo vissuto come gemelli siamesi, ognuno ha avuto i propri spazi, i propri momenti di solitudine, quindi è inutile fare queste scene da martire. Dopo andrò ad allenarmi, poi mi preparerò una cena, finalmente senza hamburger o minestrine del tensai, e poi mi godrò in pace una partita dell’NBA… dovrebbero giocare i Lakers oggi…

Seth mi si strofina sulle gambe, lo prendo in braccio e lui si acciambella immediatamente contro il mio torace:

“Siamo rimasti soli, eh? Sarà una settimana di bagordi!” il tono suona falso anche al mio orecchio. Il gatto mi guarda perplesso… già, a lui la presenza o l’assenza della scimmia non sono mai importate più di tanto, è sempre stato più attaccato a me. 

Lo accarezzo e lui piano piano si addormenta.

Lo metto nella cuccia e mi alzo. Ho bisogno di dormire, forse dopo sarò più lucido.

 

Mi sveglio da un sonno senza sogni. La stanza è quasi buia… possibile che abbia dormito da stamattina senza rendermene conto? E’ un record anche per me…

E’ quasi ora di andare agli allenamenti. Preparo la borsa ed esco. Fa davvero freddo, probabilmente si sta preparando una nevicata. Mi fermo e alzo la testa per guardare questo cielo svuotato dalle luci della città.

Arrivo agli allenamenti insieme a tutti gli altri. Di solito sono il primo, perché voglio fare un riscaldamento speciale, ma stavolta, grazie a quello strano sonno da narcolettico, dovrò saltarlo.

“Dov’è la stupida scimmia?” mi chiede Mitsui sorridendomi.

Non ho voglia di parlare, ma una spiegazione è necessaria:

“Non verrà per tutta la settimana. La nonna ha avuto un malore e lui è andato ad assisterla con la madre” penso che non riuscirò a riprendermi da una frase così lunga… ma forse la pianteranno di farmi domande.

Mitsui diventa serio:

“Mi dispiace, Kaede” mormora.

Non capisco se gli dispiaccia per me o per la nonna di Hanamichi, comunque annuisco come a dire che apprezzo il suo interessamento.

Fortunatamente ci pensa lui ad informare Ayako e Akagi. Noto che tutti mi guardano con la stessa espressione strana dipinta sulla faccia… una cosa che non sopporto! Pensano davvero che io sia così poco professionale da non saper distinguere tra la mia vita privata e quella di giocatore di basket? Beh, si accorgeranno di avermi giudicato male…

Do il massimo per tutta la durata degli allenamenti. Ogni mio tocco è vincente, sembra che la palla mi rimanga incollata alle dita… corro più veloce, salto più in alto, insacco più canestri di tutti loro messi insieme. Avete visto? Questo è Kaede Rukawa, questo è il giocatore che diventerà il primo cestista giapponese a sfondare in America!

Mi lavo velocemente, non ho voglia di ascoltare i discorsi degli altri. Voglio tornare a casa.

Infilo la chiave nella serratura del portone. 

Sento squillare il telefono dentro casa, cerco quindi di sbrigarmi ad aprire la porta, e invece la chiave si blocca, non riesce a girare…. 

Scatta la segreteria telefonica… continuo a forzare la serratura, ma deve essersi inceppata!

Finalmente capisco che ho infilato la chiave sbagliata: con calma inserisco quella giusta e la porta di apre. Butto per terra il borsone, ma non riesco a raggiungere il telefono in tempo, sento solo le ultime parole di Hanamichi… 

‘ti amo, Kitsune’…

Premo il tasto per l’ascolto, forse ha lasciato un recapito.

“Ciao Kaede, siamo arrivati e in questo momento siamo in ospedale. I medici dicono che la situazione è critica, ma hanno anche aggiunto di non disperare… 

Praticamente si è radunato l’intero clan Sakuragi, persone che non vedevo da anni e anni e altre di cui non supponevo neanche l’esistenza…” 

Il suo tono è leggero, ma io lo conosco, so che è il suo modo di reagire alle situazioni difficili…

“…purtroppo quassù, tra le montagne, i cellulari non prendono, così sono costretto a chiamarti dalla cabina telefonica, ma non ti preoccupare, il Tensai si farà sentire spesso!”

C’è un momento di silenzio, poi Sakuragi riprende con un tono più serio: 

“Mi manchi tanto… ti amo, Kitsune”.

Non cancello il messaggio, anzi, lo ascolto una seconda volta… avrei tanto voluto dirgli… dirgli cosa? Che mi manca, sì, avrei voluto dirgli che manca anche a me…

Salgo in camera, mi siedo un momento sul letto… ho bisogno di riposare…

 

Avrei tanto desiderato parlarci, avevo raccolto un sacco di spiccioli per questa telefonata… per trascorrere un’ora con lui, anche se, e mi viene da ridere mentre lo penso, forse l’effetto sarebbe stato lo stesso, visto che il mio amore è silenzioso come una segreteria telefonica…

Mia madre è rimasta in ospedale. Ha deciso di trascorrere la nottata al fianco della nonna: da quando siamo arrivati non si è allontanata un istante. Io invece torno nella piccola casa dove ho trascorso tante estati felici quando ero piccolo.

Questa casa di legno ha una strano calore. Qui sulle montagne la neve è alta, fa molto più freddo che nella mia Kanagawa: non c’è aria marina a riscaldarla, intorno ci sono solo boschi e montagne, però la casa dei nonni è accogliente e calda, e ha questo particolare odore di legno più evocativo di mille ricordi.

Vado nella stanza che occupavo da bambino. Sorrido nel vedere il letto… il Tensai è molto cresciuto da allora, le ultime visite mediche mi hanno detto che ho raggiunto l’altezza di un metro e novantadue… dovrò mettere una sedia ai piedi del letto, altrimenti sporgerò in maniera grottesca.

Mi spoglio e metto il pigiama. Mi infilo sotto le numerose coperte. Spero di riuscire a dormire…

Vana illusione… mi giro e mi rigiro… non sono più abituato a dormire da solo, non riesco a stare tranquillo senza il corpo di Kaede accanto al mio, senza il mio braccio intorno al suo petto…

Cerco di non pensarci, non può che farmi male… mi giro di nuovo.

Chiudo gli occhi e mi appare il suo viso, bellissimo quando è corrucciato, fantastico quando riesco a strappargli un sorriso… mi esce un gemito di frustrazione… vorrei tanto averlo qui accanto a me…

Capisco che sarà una notte lunga. Mi arrendo e comincio a pensare al mio Kaede, cosa starà facendo adesso? Beh, nel pomeriggio sarà andato agli allenamenti e probabilmente adesso si starà guardando una partita di pallacanestro in tv. Speriamo che si ricordi di mangiare… se non ci sono io, è capace di rimanere digiuno per giorni! Ma che diavolo sto dicendo? Ha vissuto per tanto tempo da solo, è perfettamente in grado di cavarsela! Speriamo solo che si ricordi del gatto, in genere penso io al suo pasto…

 

Mi sono di nuovo abbandonato a questo sonno pesante e senza sogni. E’ mattina, la luce entra dalla finestra. Mi alzo e mi sento un po’ strano, mi gira la testa. Forse è dovuto al fatto… sì, deve essere perché non mangio da ieri mattina.

Seth salta sul letto e viene a strusciarsi contro di me. Lo accarezzo sotto la gola e lui comincia a fare le fusa.. improvvisamente mi rendo conto che non gli ho dato da mangiare: già, in genere a questo pensa il mio do’aho…

Scendo in cucina e gli riempio la ciotola. Poi apro il frigorifero… è strano, non ho assolutamente fame, anzi, il pensiero di mangiare qualcosa mi fa venire il vomito. Prendo il cartone del succo di frutta e mi riempio un bicchiere, beh… così non starò proprio a stomaco vuoto.

Mi preparo per andare a scuola. Non ne ho la minima voglia, ma oggi è lunedì e quindi mi tocca.

Mi sembra di camminare come uno zombie… ho gli occhi semichiusi perché il sonno continua ad attanagliarmi, è strano, più dormo e più vorrei dormire. 

Improvvisamente mi sembra che mi si sia fermato il cuore nel petto… in fondo alla strada c’è un ragazzo alto con i capelli rossi… accelero il passo in quella direzione, ma presto mi fermo. Ovviamente non è lui, eppure… per un momento, del tutto irrazionalmente, ho sperato che fosse tornato…

Scuoto la testa, sono arrabbiato con me stesso per questa reazione.

Nel corridoio della mia aula vedo Haruko Akagi e Ayako. E’ incredibile quanto sia stupida e ottusa la sorella del capitano… credo di non aver mai conosciuto una ragazza più melensa e infantile! Mi domando come faccia Yohei a sopportarla… ma tutto sommato sono affari loro, la cosa non mi interessa.

“Ciao Rukawa!” è Ayako che mi saluta, mentre Haruko diventa improvvisamente scarlatta… possibile che ancora non le sia passata? No, non è possibile, sarebbe ancora più demente di quanto io abbia mai pensato…

“…ao” so di essere il solito iceberg, ma questa non è la giornata migliore per rendere più socievole il mio carattere… in questo momento vorrei non vedere nessuno di loro, ho bisogno stare in pace, per conto mio.

A scuola le cose vanno come al solito: dormo durante tutte le ore di lezione, anche in quella di inglese, che in genere seguo con interesse. Mi sento in pace solo quando riesco a chiudere gli occhi… pian piano il sonno mi avvolge, ed io mi ci abbandono dolcemente.

Gli allenamenti sono più faticosi di altre volte. Sebbene il campionato stia osservando la breve pausa natalizia, sappiamo bene che dopo capodanno cominceranno le partite più impegnative.

Akagi urla e strepita, mi sta facendo venire il mal di testa, ma poi organizza una partita di allenamento. Come al solito, do il massimo. La fatica e il sonno scorrono via mentre salto per l’ennesimo slam dunk. Riesco a passare la difesa del capitano e di Mitsui come un coltello passa attraverso il burro… mi sento forte e invincibile.

Eppure, appena terminiamo, mi sembra di ripiombare nell’apatia che mi ha assalito nelle ultime ore.

Mentre finisco di vestirmi, gli occhi mi cadono sulla stupida etichetta che Sakuragi ha attaccato sul suo armadietto: 

I’m a Basketman, I’m the Tensai!

Deve averla appiccicata uno dei primi giorni in cui è venuto al club di basket, perché non ricordo di aver mai guardato quell’anta senza leggere queste stupide parole…

Mi giro e noto gli occhi di Kogure su di me. Mi sorride, ma io non lo ricambio. Non sopporto che credano di dovermi consolare… io non ho bisogno di nessuno di loro, sto bene, e la devono piantare di pensare di conoscere con tanta sicurezza i miei sentimenti.

Quando torno a casa, mi metto sul divano… c’è uno speciale su Michael Jordan. Moltissime delle azioni che fanno vedere le conosco già. Però cerco di stare sveglio, so che, se mi lasciassi andare, cadrei nuovamente tra le braccia di Morfeo…

Suona il telefono… mi ci avvento sopra…

“Ohi Kitsune, credo che tu non abbia mai risposto al primo squillo…”

E’ lui, è proprio la sua voce.

“Pensavo fosse Akira…” replico, però il tono della mia voce mi tradisce. Sono davvero troppo felice di sentirlo…

Gli chiedo della nonna, e lui mi risponde che la situazione è stazionaria, poi mi racconta della neve altissima che copre le montagne, della casa di legno dei nonni…

Io gli parlo degli allenamenti, lo rassicuro sulle condizioni di Seth, evitando di dirgli che ieri mi sono dimenticato di dargli da mangiare… mi piace sentire il suo tono allegro, qualcosa mi dice che è dovuto al fatto che finalmente riusciamo a parlarci.

“Non vedo l’ora di tornare, Kitsune…” mi sussurra ad un certo punto. Sono commosso dalla dolcezza che traspare in queste poche parole, ma ho un’immagine da tutelare, quindi gli rispondo a modo mio:

“Io e Seth ce la stiamo cavando bene… lui dorme sul tuo cuscino… non so se accetterà il tuo ritorno…”

Hanamichi ride, poi minaccia terribili efferatezze contro l’usurpatore.

Sento la voce dell’operatrice avvertire che il credito sta per terminare.

“Ti amo, Kaede…” mi sussurra.

Non faccio in tempo a rispondere che cade la linea. Rimango per qualche minuto con il ricevitore in mano. Avrei voluto dirgli tante cose, e invece sono stato muto, come sempre.

Mi fermo incerto. Guardo la porta della cucina: dovrei andare a prepararmi qualcosa per cena…

Scuoto la testa e salgo in camera da letto: ho bisogno di dormire.

 

Sento di dovermi scuotere. Mi sento un po’ debole, questo sonno strano sta alterando il mio equilibrio. Oggi, agli allenamenti, mi sono reso conto che non posso andare avanti così… mi sento stanco e assonnato anche mentre gioco, cosa che non mi era mai successa prima.

Sto pensando a questo mentre mi rivesto negli spogliatoi. Infilandomi i pantaloni della divisa, mi accorgo che mi stanno insolitamente larghi… non ho mangiato neanche oggi, ma davvero non ce la faccio.

Saluto tutti con un cumulativo “…ao” e mi precipito fuori della palestra.

Arrivato a casa, però, il sonno mi vince nuovamente, e mi assopisco sul divano.

 

Mi trovo casualmente… casualmente? a passare nei pressi dello Shohoku, e quindi decido di entrare per dare un’occhiata.

E’ tantissimo che non vedo il mio Kaede… Conoscendolo, dovrebbe essere rimasto per il solito allenamento supplementare, magari ci scappa pure uno one on one…

Quando entro, però, nella palestra ci sono solo Mitsui e Kogure, e fra l’altro sembra che non aspettassero visite, perché li trovo addossati al muro, con Mitsui che sta, inequivocabilmente, accarezzando la schiena del vice-capitano sotto la maglietta…

Non riesco a trattenermi e lascio andare un leggero colpo di tosse.

I due si separano immediatamente, ma Kogure diventa vermiglio.

“Che ci fai qui, Sendoh?” chiede Mitsui, seccato.

“Stavo cercando Rukawa. Non si è fermato per l’allenamento supplementare?” chiedo.

Vedo che i due si scambiano uno sguardo strano…

Mi sento un po’ a disagio. So bene che tutti i giocatori dello Shohoku prendono le parti di quella scimmia di Sakuragi e non sono entusiasti del mio ‘interessamento’ per Kaede, però potrebbero anche rispondermi!

“Rukawa è andato a casa… sono un po’ di giorni che non sta tanto bene…” è Kogure a parlare.

Sono preoccupato, che diavolo significa?

“Che gli è successo? E’ malato? Che gli ha fatto quello stronzo…” continuerei a tempestarli di domande, se Kogure non si sbrigasse a rispondere.

“Sakuragi è dovuto partire per un malore della nonna, e Rukawa ne risente”

Afferro solo la parte della partenza di quello stupido bestione… Kaede solo! Ma non lo sarà a lungo…

“E quando tornerà quella piaga ambulante?” provo a chiedere con finta noncuranza.

“Probabilmente starà via una settimana…”

Decido di fare una proposta. Potrei anche precipitarmi da solo a casa di Kaede, ma non credo che sia il caso. Conoscendolo, mi tratterebbe con freddezza senza darmi neanche una possibilità, senza DARCI una possibilità.

“Che ne dite di fargli una improvvisata… sicuramente ha bisogno di distrarsi un po’…”

Mitsui mi guarda con un certo sospetto, ma, come avevo immaginato, trovo il sostegno di Kogure:

“Mi sembra una buona idea. Ha bisogno di uscire un po’…” sussurra.

Ci avviamo tutti insieme. Mi rendo conto benissimo della freddezza dell’atteggiamento di Mitsui, ma sorrido: secondo me non ha ancora digerito l’interruzione…

Arriviamo davanti alla villa di Kaede.

Suoniamo il campanello più volte, prima che si accenda una luce nella grande casa.

Il cancello viene aperto e noi attraversiamo il giardino per raggiungere il portone. Poco dopo questo di apre, e appare l’unico ragazzo per cui potrei commettere qualche pazzia…

E’ bellissimo, con il viso assonnato e i capelli scompigliati. Se non ci fossero Mitsui e Kogure non so come andrebbe a finire…

Ci guarda come se stentasse a riconoscerci. Poi sembra riprendersi:

“Che ci fate voi qui?” mormora, cercando di soffocare uno sbadiglio.

“Avevamo pensato di invitarti a mangiare qualcosa… magari ci beviamo una birra…”

“No. Ho sonno, voglio dormire..” risponde categorico.

“Non essere il solito guastafeste…” stavolta sono io a parlare.

“…Akira… ti ci metti anche tu?” mi guarda e io gli sorrido.

“Dai, è parecchio che non chiacchieriamo un po’, ho saputo che affronterete il Kamozu… noi li abbiamo già incontrati nel girone…”

Il suo sguardo diventa un po’ più vivo…

“Il loro centro è piuttosto bravo, in certe cose mi ricorda Akagi…”

Continuo la mia opera di persuasione, sono sicuro che alla fine cederà…

“Senti, andiamo in un posto qui vicino, mangiamo qualcosa e poi ti riaccompagniamo a casa…” inaspettatamente è Mitsui a parlare.

Non è la prima volta che noto che l’ex teppista dello Shohoku ha un singolare atteggiamento di protezione verso Kaede, forse i loro caratteri sono più simili di quanto appaia a prima vista, e quindi sono in grado di comprendersi in una maniera particolare.

Per la prima volta, stasera, Rukawa sembra indeciso, ma poi assume il suo tono più categorico:

“Stasera no, ho sonno. Magari domani…”

Mi sembra già una conquista, e poi sapere in anticipo che ci vedremo mi permetterà di presentarmi al meglio.

“Ti prendiamo in parola, Kaede” gli dico, in modo tale che non pensi di potermi sfuggire così.

Lui annuisce, e dopo poco noi ce ne andiamo.

Agito una mano mentre lui ci guarda uscire dal cancello… voglio che sia un mio gesto l’ultimo suo contatto con questa giornata… e domani usciremo insieme.

 

Sono davvero stanco. So che Mitsui, Kogure e Akira sono venuti perché pensano che io abbia bisogno di distrarmi, ma non capiscono: per me la solitudine non è mai stata una punizione, e uscire con loro può difficilmente costituire una distrazione.

Prima mi sono addormentato vestito, adesso ho il tempo di spogliarmi e mettermi il pigiama. Mi infilo sotto il piumone, lasciandomi avvolgere dal tepore…

Ripenso alle parole di Hanamichi, a quella neve alta che lo isola dal mondo…

Chiudo gli occhi e in pochi istanti mi abbandono all’oblio.

 

Mentre pedalo velocemente per raggiungere la scuola prima che suoni la campanella, penso che devo fare qualcosa per vincere questo sonno così innaturale. Osservo le mie mani scarne, screpolate che stringono il manubrio: forse il do’aho ha ragione, dovrei mangiare di più… forse basterebbe semplicemente che mangiassi.

Inchiodo davanti al parcheggio delle biciclette. Mi sono svegliato tardi, e ora devo cercare di raggiungere l’aula il più in fretta possibile. Odio queste corse di prima mattina, soprattutto sapendo che la mia presenza in aula è una pura formalità, in particolar modo durante le prime ore della giornata.

Mentre attraverso il cortile vedo gruppi di ragazze che mi guardano parlottando tra loro e uscendosene con risatine isteriche. Non me ne curo, non mi hanno mai interessato… sono solo un fastidio, con quei loro rossori, le lettere, il cioccolato a San Valentino… non capisco perché non si scelgano qualcuno più adatto da idolatrare…

Il pomeriggio sono di nuovo in palestra. 

E’ solo l’adrenalina legata al pallone arancione che mi permette di superare la stanchezza di questo mio corpo che in questi giorni sta vivendo indipendentemente da me.

Mancano pochi minuti alla fine dell’allenamento quando scorgo la figura di Sendoh sulla porta. Mi domando perché sia venuto, poi mi ricordo di aver farfugliato qualcosa riguardo ad una uscita per questa sera, quando ieri cercavo in tutti i modi di essere lasciato in pace.

Non entra in campo, del resto non è vestito in maniera da potermi sfidare. Mi domando chi pensa di dover rimorchiare, visto che è tutto acchittato.

Kogure gli si avvicina, mentre io e Mitsui continuiamo a combattere per l’ultimo canestro. Riesco a passarlo con una doppia finta, stacco i piedi da terra sollevandomi in un salto che con un po’ più di volontà potrebbe portarmi a sfiorare il soffitto, poi insacco in sospensione sul fischio di Ayako, e ritorno a terra con leggerezza… Mi piace questa sensazione, è quanto di più vicino possa esserci al volare.

“Bel tiro” Sendoh mi sta sorridendo, ma mi accorgo dall’espressione che la sua è ammirazione vera…

Non gli rispondo. Un suo complimento è sempre qualcosa di speciale: so di essere un buon giocatore, ma non sono tanto presuntuoso da non saper riconoscere il talento degli avversari, e Sendoh ne ha da vendere. Il mio carattere, però, mi impedisce di perdermi in convenevoli.. un sorriso, uno sguardo durante una partita, questo è il massimo che gli altri giocatori possono aspettarsi come complimento, questo è il massimo che io sono disposto a concedere…

“Cambiamoci o faremo tardi”

Mitsui ci sta esortando a sbrigarci. Non riesco a resistere, e seguo il suo sguardo che si posa sul quattr’occhi. Ho sempre pensato che il loro rapporto sia un po’ troppo simbiotico, ma devo ammettere che in questo momento suscitano la mia invidia: Kogure ha uno sguardo imbarazzato ma felice mentre Mitsui gli poggia il braccio intorno alle spalle. 

Distolgo lo sguardo… il loro amore mi provoca una pena che non riesco a sopportare.

Mi avvio verso lo spogliatoio. Non ho voglia di uscire, mi piacerebbe dormire, lasciarmi catturare dalla morbidezza del mio oblio senza sogni. Ma non posso farlo, ho dato la mia parola, e la rispetterò.

L’acqua calda che mi scorre sul viso, sulle spalle, sui fianchi, mi fa sentire bene, è come un abbraccio gentile…

Sento qualcuno bussare alla porta degli spogliatoi. E’ una cosa strana, in genere non esiste questa formalità tra noi, a meno che non sia una delle ragazze a voler entrare.

Vedo la testa di Sendoh fare capolino. Noto che non guarda nella mia direzione mentre mi chiede se sono pronto.

Mi avvolgo nell’accappatoio ed esco dalla doccia.

Bofonchio qualcosa che nelle mie intenzioni dovrebbe assomigliare a un ‘cinque minuti’, Sendoh sorride e mi dice che mi aspetterà in palestra.

Scuoto la testa, in questi giorni non mi sento in grado di affrontare gli attacchi di Akira… speriamo che non ricominci con i soliti discorsi.

Sono pronto… ma non vedo l’ora che tutto questo abbia termine. 

Ho sonno.

 

Mi affaccio nello spogliatoio. Non capisco perché Kaede ci metta tanto tempo… so che sta facendo la doccia, sento l’acqua scorrere nella cabina centrale.

Basterebbe poco per assistere allo spettacolo stupendo del suo corpo, non riesco a non pensare a come deve essere bello mentre l’acqua gli scivola sulla pelle candida…

Accidenti! La devo piantare con questi pensieri!  Sta diventando un’ossessione… e comunque non è questo che cerco: non mi interessa rubare un’immagine, non sono un viscido voyeur… ho bisogno di molto di più.

Lo vedo con gli occhi arrossati, il corpo avvolto in un accappatoio blu. Devo avergli chiesto se è pronto, perché sento che risponde ‘cinque minuti’. Sorrido poi chiudo la porta, lo aspetterò in palestra…

Kogure e Mitsui aspettano con me. Li guardo cercando di non essere troppo sfacciato: Mitsui è cambiato moltissimo da quando è tornato nello Shohoku… o forse da quando ha ritrovato il suo quattr’occhi? E’ davvero molto maturato, non sembra possibile che sia la stessa persona che terrorizzava le bande più temute di Kanagawa! 

Ripenso a quando Koshino mi rivelò che Mitsui e Kogure stavano insieme, tanto tempo fa. Certamente la cosa non mi stupì, sapevo che l’ex teppista aveva bisogno proprio di una persona come il quattr’occhi per riprendere in mano la propria vita, però li invidiai: loro erano così felici, così ‘completi’… per loro era stato facile, si erano innamorati e si erano messi insieme… So che le solite voci di corridoio dicono che Maki si sia preso una sbandata per Kogure, però so anche che questo difficilmente creerà difficoltà nel loro rapporto. Si sono trovati e supereranno insieme qualsiasi ostacolo… 

Io, invece? La mia situazione è molto diversa: io so cosa voglio e so che se Kaede decidesse di darmi una possibilità la nostra felicità sarebbe completa… Sì, ho detto ‘nostra’, perché sono convinto che anche lui si renderebbe conto della perfezione del nostro rapporto… Perché? Perché siamo simili sulle cose importanti e diversi su quelle che possono contribuire a vivacizzare il rapporto tra due persone. Abbiamo gli stessi sogni, lo stesso desiderio, forse anche caparbio, di renderli realtà, e caratteri differenti tanto da completarci: so che sarei in grado di trasmettergli sicurezza… tranquillità… Pensate che sia sciocco parlare di sicurezza nei riguardi di Kaede? Pensate che lui sia la personificazione dell’autocontrollo, della decisione? Mr Iceberg, insomma? Non lo conoscete.

Kaede ha bisogno di essere protetto, amato… e io questo lo farei nel migliore dei modi… Dite che anche quel deficiente, imbecille, sottosviluppato con i capelli rossi può dargli sicurezza? No, non credo… quel cerebroleso ha vinto il primo premio della lotteria, è riuscito ad avere il biglietto giusto senza neanche sapere come gli è capitato in mano…

Ricordo bene quando ha baciato Kaede in mezzo alla pista da ballo… sì, con la sua faccia da demente è riuscito a fare la cosa giusta al momento giusto… ha rischiato, mostrando intraprendenza, un’audacia che io ho avuto paura di usare temendo che potesse impedirmi anche di essere amico di Kaede, ed è stato premiato…

A volte, forse per un inconscio masochismo, comincio a pensare alla loro convivenza,  e così li immagino quando si sdraiano vicini, nel letto… no, non penso a quando fanno l’amore, non è questo che voglio dire, sebbene la cosa mi faccia venire istinti omicidi… il senso di vuoto nello stomaco mi viene soprattutto quando penso alla quotidianità del loro rapporto. 

E’ allora che il mio onnipresente sorriso mi abbandona. 

Ormai è parecchio che stanno insieme, e più stanno insieme, più il loro rapporto si rinsalda… Kaede ha trovato amore e attenzioni in quel do’aho, ed erano queste le cose di cui aveva bisogno, i desideri che mascherava dietro la freddezza ed il carattere scostante. 

Il demente dai capelli tinti lo ha capito e gli dà calore e cure in abbondanza -questo lo devo riconoscere- infatti neanche lui può essere così stupido da non accorgersi del valore del ragazzo che ha accanto, e Kaede si accontenta di quello che ha trovato…

 

Mi volto sentendo la porta dello spogliatoio aprirsi. Nel vano compare la sagoma longilinea di Rukawa. Vederlo così mi fa sempre trattenere il respiro: ha dei jeans neri dritti, che evidenziano le gambe lunghe e snelle, un maglione a dolcevita grigio chiaro e gli anfibi neri. Tiene in mano il giaccone e la borsa sportiva. E’ bellissimo.

“Andiamo?” ci esorta Mitsui, infrangendo con la sua voce il miracolo di quella apparizione.

Lui e Kogure si avviano per primi, mentre io mi affianco a Kaede. Dà una strana sensazione di potenza potergli camminare vicino, forse perché si può pensare che il rapporto che ci lega sia di tipo diverso…

Andiamo verso la mia macchina. So che non ho ancora l’età per guidarla, ma non importa: se anche dovessero fermarmi, mio padre è un pezzo grosso, sono sicuro che me la caverei.

Mitsui e Kogure si sistemano sul sedile posteriore, e Kaede si siede accanto a me.

Mentre guido verso il piccolo pub che ho scoperto da poco, non posso evitare di lanciargli delle occhiate incuriosite. Non è insolito che lui stia in silenzio, anzi… questo è sempre stato un suo tratto caratteristico, però stasera mi sembra completamente estraniato da quello che gli capita intorno, e poi ha un’aria stanca. Non posso non notare che è anche dimagrito, il viso è scavato, e ha le occhiaie di chi dorme troppo o troppo poco.

Non ci mettiamo molto a raggiungere la stradina del centro in cui si trova il locale. Parcheggiamo ed entriamo.

 

Il telefono squilla: la linea è libera, ma Kaede non risponde.

Controllo per l’ennesima volta l’orologio: conoscendolo, a quest’ora dovrebbe essere arrivato a casa… ho tanto bisogno di sentire la sua voce… questa lontananza sta cominciando a diventare insostenibile.

Anche mia madre si è resa conto che non sto bene: oggi mi ha domandato notizie di Kaede, e quando le ho chiesto degli spiccioli per telefonare, ha svuotato il portamonete nella mia mano sorridendomi.

Scatta la segreteria telefonica.

Di nuovo devo parlare con un nastro.

“Ciao Kitsune! Da quando fai vita notturna? Provo a chiamarti domani per le ultime novità… non so se riuscirò a tornare domenica… volevo avvertirti che…” 

Sento strani rumori nel microfono e poi più nulla… 

La linea deve essere caduta. Riprovo a fare il numero, ma stavolta dall’altra parte non risponde alcun suono.

Sono piuttosto agitato. Mi rivolgo alla tizia della reception, che mi guarda con aria ebete al di sopra di un paio di occhiali che le nascondono tutto il viso:

“…succede spesso, ragazzo… ma non dura mai più di cinque o sei giorni. Domani chiamerò l’assistenza…” parla lentamente, come se la cosa non la riguardasse, e poi ha quell’accento strascicato tipico di questi posti…

Devo trattenermi, o potrei spaccarle la faccia! Prendo anche in considerazione l’idea di scaricare qualche pugno sull’apparecchio attaccato alla parete, ma poi desisto. Ormai il tensai è perfettamente in grado di controllarsi, penso soddisfatto, appena prima di far partire un calcio che fa andare in mille pezzi l’enorme vaso con la pianta finta che accoglie i parenti dei malati nella sala d’aspetto dell’ospedale.

Mi lascio cadere su un sedile di plastica: come farò senza poter sentire la mia volpe?

 

Il locale è piuttosto affollato. Fortunatamente c’è un tavolo un po’ discosto dalle casse che si sta liberando.

Ci sediamo e ordiniamo.

Mi accorgo che Kaede è piuttosto assonnato, e la cosa mi dispiace: ho organizzato con tanta cura questa serata che vedere la sua scarsa partecipazione mi avvilisce.

Cominciamo a parlare di basket, naturalmente.

Io racconto delle squadre che abbiamo affrontato finora, ci scambiamo opinioni sui giocatori, sul possibile vincitore finale. Mitsui ovviamente ritiene che il campionato nazionale andrà allo Shohoku, io non posso fare a meno di sorridere: è un errore sottovalutare la forza del Ryonan e del Kainan…

Alla parola Kainan vedo che Kogure assume una espressione imbarazzata, mentre Mitsui lo fissa in volto, come per studiarne e comprenderne le reazioni. Ebbene sì, la presunta cotta di Maki sta creando qualche problema anche alla coppia più unita di Kanagawa…

Questo pensiero continua a frullarmi nella testa… improvvisamente realizzo perché la cosa mi colpisca: se anche una coppia stabile e salda come quella dei due senpai dello Shohoku soffre qualche scossone per la presenza di un terzo incomodo, è evidente che la stessa cosa deve capitare anche a Kaede e alla scimmia, grazie alla mia presenza! Sorrido scuotendo la testa… meglio che Sakuragi si prepari a farsi consolare da qualcun altro, perché sfrutterò questi giorni per esercitare tutta la mia influenza e giocare le mie carte…

Mi volto di nuovo a guardarlo: durante l’intera conversazione, Rukawa è rimasto in silenzio. Noto che ha già terminato la sua birra. Faccio un cenno alla cameriera per fargliene portare un’altra… Pensate che voglia farlo ubriacare per violentarlo nel vicolo più vicino? No, non è così. Voglio solo che si sciolga un po’, che abbatta qualcuna delle numerosissime barriere che si è costruito per non interagire troppo con il mondo che lo circonda…

A volte dimostro un umorismo un po’ sadico, perché non riesco ad evitare di chiedere a Kogure se è vero che lui e Maki andranno nella stessa università, una volta terminata la scuola.

Vedo il quattr’occhi diventare scarlatto, mentre afferma di non potermi rispondere, visto che neanche lui ha ancora deciso dove proseguire gli studi.

Mitsui continua a fissarlo intensamente, mentre si accende una sigaretta. Il suo compagno lo guarda stupito, ma non fa commenti… è ovvio che siamo in mezzo ad un gioco di ripicche…

“Beh, evidentemente mi avevano informato male, avevo capito che tu e Maki ne aveste parlato…” so di comportarmi da bastardo, ma stasera ho voglia di movimentare un po’ la loro vita…

“Piantala, Akira”

Mi volto verso Kaede. E’ stato in silenzio tutto il tempo che addirittura pensavo che non ci stesse neanche a sentire… e invece…

Gli sorrido e cambio discorso. 

 

Sono stanco, e in più la testa comincia a girarmi. Non dovrei bere alcolici, e soprattutto non dovrei berli a stomaco vuoto… ma continuo a non riuscire a mangiare: appena vedo qualcosa di vagamente commestibile mi viene da vomitare.

Akira sta provocando Mitsui e mettendo in imbarazzo Kogure: se ne è uscito con quella storia di Maki. Mi dà fastidio che cerchi di metterli a disagio.

“Piantala, Akira” la mia voce risuona decisa, come sempre, eppure mi è costato un certo sforzo parlare. E’ come se quello che mi succede attorno fosse avvolto da una fitta nebbia… 

Improvvisamente, mentre mi giro verso gli altri tavolini che affollano il locale, vedo, non molto lontani da noi, tutti i componenti dell’armata Sakuragi che chiacchierano e ridono… E’ strano, mi sembrano incompleti senza quella testa rossa… chissà, forse anch’io sembro incompleto senza di lui.

Yohei in quel momento mi scorge e mi fa un cenno di saluto. Poi si alza. E’ evidente che verrà al nostro tavolo.

“Ciao Rukawa” mi dice “Dove sta il Tensai?”

Hanamichi è partito così in fretta che non ha avvertito neanche il suo migliore amico.

“E’ via per qualche giorno” rispondo svogliatamente. So di dare una impressione sbagliata, usando questo tono infastidito, ma il mio problema è che, ogni volta che devo spiegare che il do’aho è partito, mi sembra che la nostra lontananza diventi più definitiva.

Ancora una volta è Mitsui a riempire di parole i miei silenzi:

“La nonna ha avuto un malore. Lui e la madre sono andati ad assisterla”.

Vedo che Yohei assume una espressione di comprensione. Sento la sua mano appoggiarmisi per un istante sulla spalla…

“Sono sicuro che andrà tutto bene, e che tornerà presto”

Dovrei essergli grato per le ‘parole di conforto’, ma il mio viso risponde con l’inespressività che lo contraddistingue. Continuo a non sopportare questa mania ‘consolatoria’ che sta contagiando tutte le persone che ci conoscono.

Yohei rimane per scambiare ancora qualche battuta, poi ritorna al tavolo dove lo aspettano gli altri.

Bevo una lunga sorsata dal nuovo bicchiere di birra che la cameriera mi ha portato. Vedo il mio sguardo vuoto riflesso nel liquido chiaro: so che dovrei cercare di reagire, ma stasera ho ancora sonno… 

Sono sicuro che domani tutto tornerà come sempre.

 

Non ci mancava che la visita di Yohei per rendere questa serata perfetta! Kaede ha lo sguardo ancora più assente. Ripenso a tutti i programmi che avevo fatto per questa serata e a come sono miseramente falliti…

“Si è fatto tardi… forse è il caso di andare a dormire” non poteva che essere il prudente Kogure a fare una osservazione del genere. Ma del resto è veramente tardi, e probabilmente loro vogliono concludere la serata da soli… come non capirli?

“Ok” dico, avviandomi alla cassa per pagare il conto. Sono stato io ad invitarli, no? Quindi non accetto che dividiamo la spesa.

Risaliamo tutti in macchina. C’è un confortevole silenzio. Nello specchietto retrovisore noto che Mitsui è riuscito a farsi appoggiare la testa del quattr’occhi sulla spalla, accarezzandogli i capelli con la mano.

Per poco non finisco fuori strada, grazie alla distrazione dovuta al romantico spettacolo offerto dal sedile posteriore… accidenti! Guardo Rukawa: è così bello che mi fa impazzire. La gamba slanciata e sottile è a pochi centimetri dalla leva del cambio… non ci metterei niente ad appoggiarci la mano sopra, ad accarezzarla… Devo resistere alla tentazione, so che non sarebbe una mossa saggia.

Lascio i due pechinesi davanti al portone dell’appartamento di Hisashi. Kogure ha detto che da lì casa sua non è lontana, ma era vermiglio mentre accampava questa spiegazione idiota: come se non sapessi che stanotte rimarrà dal suo ex-teppista… come se non lo invidiassi per questo…

Accendo la radio, tenendo il volume basso.

Noto che Kaede si sta addormentando. Casa sua è dall’altra parte della città, ci metteremo un po’ per arrivare, intanto gli farà bene riposarsi, e poi, così, io avrò la possibilità di guardarlo indisturbato.

Ogni tanto mi fermo a pensare se non sia solo testardaggine quella che mi porta a continuare a tentare di conquistare Kaede, pur sapendo che non mi ama, e, anzi, che ama un altro… ma sono pensieri che durano poco. Mi basta rivederlo, per rendermi conto di non poter fare a meno di lui. Questo non vuol dire che sia solo una questione estetica: tutti ci accorgiamo di quanto sia bello, meraviglioso, stupendo etc etc. Così come tutti sappiamo quanto sia fantastico mentre gioca a basket, come la sua abilità lo faccia sembrare un angelo sceso fra noi… ma non è neanche questo. Bellezza ed abilità non spiegano il bisogno che ho di lui… è il suo carattere, o meglio, quello che so potrebbe diventare il suo carattere, a farmi impazzire. Cosa non darei per essere io a farlo sorridere, ridere… a farlo aprire verso il mondo… E poi Kaede è una persona ‘pura’. Vi domanderete cosa intenda con ‘puro’… beh, intendo ‘incontaminato’. Per tanto tempo ha cercato di proteggersi dal mondo esterno che è diventato un concentrato di innocenza. Farsi amare da lui significa essere accettato e essere fatto entrare in questo mondo dove regna solo la perfezione…

Siamo arrivati. Ci abbiamo messo un po’, ma siamo davanti a casa sua. Mi dispiace che sia arrivato il momento di separarci…

Lo guardo: è addormentato.

Lo scuoto leggermente sulla spalla. Lui mormora qualcosa, poi si risistema più comodamente, senza svegliarsi…

Sorrido. In questo momento è completamente nelle mie mani, e questo mi dà una strana ed eccezionale sicurezza.

Scendo e apro il suo sportello. Piano piano lo sollevo tra le mie braccia. E’ ancora più leggero di quanto pensassi… in effetti noto che deve essere ancora dimagrito negli ultimi tempi.

Mi avvio verso il portone. Prendo le chiavi dalla sua tasca e le infilo nella serratura. C’è qualcosa di freddo che mi bagna la guancia. Guardo verso il cielo buio e mi rendo conto che sono fiocchi di neve… sì, sta cominciando a nevicare!

Apro la porta ed entriamo. So bene dove si trova la sua camera, così salgo le scale, sempre tenendo fra le braccia il suo corpo addormentato. La sua testa è appoggiata contro il mio torace, il suo respiro leggero mi accarezza il collo…

Lo deposito dolcemente sul letto.

Tra la sua abitudine di addormentarsi in ogni circostanza e l’alcool bevuto, penso che non si sveglierebbe neanche con le cannonate…

Gli sfilo il giaccone, poi le scarpe… Forse dovrei anche spogliarlo e mettergli il pigiama, non credete?

Mi fermo a contemplare il suo volto perfetto, quell’espressione innocente e fiduciosa… Gli alzo le braccia per sfilargli il maglione, poi comincio a sbottonargli i jeans. Il mio respiro diventa più affannoso, ma mi impongo di frenare i pensieri più lussuriosi…

Gli infilo il pigiama, poi lo copro con il piumone. Mi stendo accanto a lui: rimarrò solo pochi minuti, solo il tempo per abbandonarmi un po’ alla bellezza di questa visione.

Le lunghe ciglia scure gli accarezzano le guance, mentre la frangia gli copre un po’ gli occhi. Non resisto, e sfioro il suo volto con le dita.

Mi giro su un fianco, in modo da guardarlo meglio… è così tardi che non ho voglia di tornare a casa. Cercherò di svegliarmi presto, in modo che Kaede non si accorga che sono rimasto con lui.

Mi sfilo la camicia e rimango con i jeans, poi mi copro anch’io con la trapunta… fa freddo, chissà se domani la città sarà tutta avvolta dalla neve…

Mi piace rimanere ad accarezzarlo con lo sguardo. In questo momento penso di aver quasi raggiunto il massimo della felicità… dite che il massimo sarebbe fare l’amore con lui? Sì, forse… ma non adesso, adesso mi piacerebbe solo tenerlo stretto tra le braccia, la sua testa abbandonata sulla mia spalla, i suoi capelli che sfiorano la mia bocca…

Le mie dita passano ad accarezzargli la spalla, lasciata nuda dalla giacca del pigiama scivolata di lato… Sento che fa un respiro profondo… oddio, se dovesse svegliarsi? Sarebbe un po’ complicato spiegare la situazione… Ma non si sveglia, si accoccola contro il mio fianco appoggiandomi la testa sulla spalla e stendendo il braccio sul mio torace…

Per qualche secondo smetto di respirare… è tutto così inaspettato e meraviglioso che ho paura che sia solo un sogno.

Mi perdo ad osservare quella mano dalle dita lunghe e sottili a pochi centimetri dal mio cuore… vorrei intrecciare le mie dita con le sue, e poi depositargli dei baci leggeri sulla fronte, sulle tempie, sulla bocca…

“Hana…”

Il suono della sua voce mi colpisce come una stilettata, facendo infrangere in mille pezzi il mio sogno davanti ai miei occhi…

Non avevo bisogno della conferma data da questa invocazione assonnata per capire che Kaede non pensava di stringere il mio petto… ma la mia illusione era così innocente che potevo far finta di crederci… e adesso, adesso…

Distolgo lo sguardo dal suo viso… sono avvilito, rattristato… porto l’attenzione sugli oggetti che affollano quella stanza, oggetti che parlano solo di loro…

Mi viene una rabbia che mi è difficile controllare. Vorrei spaccare tutto, qua dentro… Vorrei prendere Kaede in braccio, come ho fatto prima per portarlo fin quassù, e farlo sedere sulle mie ginocchia… Vorrei stringerlo in un abbraccio caldo, forte, e non farlo più andar via…

Sento una lacrima scendermi lungo la guancia: non è giusto, non è giusto che lui abbia deciso per tutti e due, che ci abbia privato di questa felicità!

So che non dovrei farlo, ma lascio che le mie labbra accarezzino la sua fronte, lascio la mia mano errare sul suo petto, infilandosi sotto la maglietta del pigiama…

Devo fermarmi… se continuo così arriverò a perdere il controllo…

Il suo braccio è sempre su di me, il suo respiro leggero è sempre lì ad accarezzarmi il collo…

Devo andarmene. Devo andar via o mi lascerò andare a qualcosa che non devo assolutamente neanche pensare…

Sottrarmi al suo abbraccio è doloroso come strapparmi il cuore dal petto… mentre mi allontano noto che lui continua a cercarmi con la mano… cioè, non cerca me, Akira Sendoh, cerca ancora in me quell’idiota con cui è abituato a dividere il letto, ed io questo non lo sopporto!

So che mi pentirò in eterno di non avere avuto il coraggio di andare ‘fino in fondo’ stanotte, rischiando il tutto per tutto… ma io non potrei mai fare del male a Kaede… mai.

Mi rivesto in fretta. Al momento di lasciare la stanza non posso fare a meno di riavvicinarmi a lui:

“Ti amo, Kae-chan” gli mormoro mentre gli deposito un ultimo bacio sulla tempia.

 

Salgo in macchina. Rimango qualche minuto seduto senza accendere il motore. Fa freddo, la neve sta cominciando a depositarsi in uno strato immacolato.

Guardo i fiocchi gelidi e meravigliosi scendere sul parabrezza… non so perché ma mi ricordano Kaede… e gli occhi cominciano a bruciarmi.

Appoggio la fronte sul volante: perché deve essere così? Tutti mi considerano un ragazzo di successo: sono un asso del basket, non sono brutto, sono simpatico, socievole, ho un carattere aperto… cosa direbbero tutte le persone che mi conoscono e mi invidiano se mi vedessero così? Distrutto perché, nonostante tutto quello che pensano che abbia, non riesco a raggiungere la cosa più importante…

Penso a quel deficiente di Sakuragi… cosa ha fatto lui per meritarsi la fortuna che ha? E’ uno stupido, mentecatto, buffone, rumoroso… cosa può avere in più rispetto a me?

Alzo gli occhi verso la finestra di Kaede, e penso a tutte le volte che deve aver poggiato la testa sulla spalla di quella scimmia, a tutto quello che deve avergli concesso…

Non è giusto!

Metto in moto e parto con una sgommata… non posso, non devo pensare a queste cose!

 

Mi sveglio un po’ intontito… mi alzo e vado in bagno: ho bisogno di sciacquarmi la faccia.

Nello specchio assisto allo spettacolo incredibile del mio viso stanco e assonnato. Già, ieri sera ho bevuto parecchio…

Ieri sera…

Guardo il pigiama con i primi bottoni della giacca slacciati e i pantaloni con il cordoncino in vita fermato solo da un nodo… e mi rendo conto che c’è qualcosa che mi sfugge…

Mi siedo sul letto, tenendomi la testa tra le mani…sono stanco e riesco a pensare con difficoltà… il sonno che mi ha avvolto in questi giorni non accenna a ritirarsi.

Siamo andati in quel pub con Akira, Kogure e Mitsui. Abbiamo bevuto, loro chiacchieravano delle squadre del torneo nazionale… Poi abbiamo deciso di tornare a casa.

Ricordo di essermi lasciato cullare dal movimento dell’auto, poi Akira ha acceso la radio…

E poi? Non ricordo altro…

Mi volto per guardare il letto… non sono un vigliacco, devo sapere…

Chiudo gli occhi: il cuscino e le lenzuola dalla parte di Hanamichi sono sgualciti…

“Cazzo…” non posso fare a meno di mormorare.

Cioè, sono sicurissimo che non sia successo niente… non sono così baka da non svegliarmi se… se…

Oddio, il pensiero mi provoca un brivido gelido…

Devo dire che però sarei più tranquillo se sapessi cosa è successo ‘esattamente’… 

Ad ogni modo, non è il caso di perdere troppo tempo a pensare… mi conviene parlare direttamente con Sendoh… io lo conosco bene, non mi farebbe mai qualcosa di meno che corretto. Tutti lo chiamano Hentai, ma io so bene che non è così: per tanto tempo è stato il mio unico amico, e, anche dopo avermi rivelato i suoi sentimenti ed aver incassato il mio rifiuto, il nostro è sempre stato un rapporto di stima e rispetto reciproco.

Probabilmente mi ha solo messo il pigiama. 

Questa conclusione mi tranquillizza, non c’è niente di cui preoccuparsi…

 

Metto un po’ di cibo nella ciotola di Seth. Io, invece, non faccio colazione…il solo pensare a mangiare mi fa venire dei conati di vomito…

Oggi è il primo giorno delle vacanze di Natale, utilizzerò la mattinata libera per qualche tiro al campetto. Mi infilo una tuta pesante, prendo la giacca, i guanti e il pallone, poi apro la porta per uscire…

Lo spettacolo che mi investe è davvero inconsueto per Kanagawa: le strade, le case, gli alberi… tutto è coperto da una spessa coltre di neve.

Esco in strada e vedo gruppi di ragazzini che si inseguono lanciandosi palle di neve, bambine che costruiscono pupazzi muniti di sciarpe e cappelli, tutti i suoni giungono ovattati… è una delle poche volte in cui l’ambiente esterno rispecchia il mio stato d’animo… 

Sì, questi sono giorni in cui mi sento particolarmente gelato e isolato dal mondo esterno… giorni strani ed apatici per me.

Penso ad Hanamichi, al fatto che adesso vediamo un paesaggio simile, lui nel villaggio dei nonni e io quaggiù a Kanagawa…

Il pensiero del ‘tensai’ viene inspiegabilmente e improvvisamente sostituito da quello di Sendoh… la consapevolezza che ieri non possa essere successo niente tra noi non mi tranquillizza al punto di non desiderare un chiarimento.

Mi dirigo verso il parco, anche se so che è inutile, visto che il campetto sarà coperto di neve. E infatti è completamente inagibile. Mi siedo su una panchina è mi perdo nei miei pensieri…

Mi rendo conto che ieri non ci siamo sentiti, con il do’aho.. forse ha lasciato un messaggio sulla segreteria… il rimbambimento cronico di questa mattina mi ha fatto dimenticare di controllare… sono arrabbiato con me stesso. Mi alzo e mi dirigo di nuovo verso casa… è difficile camminare dove sono già passate altre persone: la neve compattata si è gelata, diventando insidiosa.

Riesco a tornare a casa. Mi precipito sul telefono ma mi fermo scorgendo la lucetta rossa continua: nessun messaggio.

Salgo in camera e mi sdraio. Questa volta il mio sonno è giustificato, è l’unica cosa che possa farmi passare questo mal di testa che rischia di farmi scoppiare il cervello.

 

Devo aver dormito nuovamente per ore… è già pomeriggio.

Mi alzo, ma mi sento indolenzito, debole… 

E’ già ora degli allenamenti, la penultima seduta prima di Natale.

Oggi non prendo la bicicletta, avrei un incidente sicuro, meglio evitare… chissà poi chi lo sentirebbe Sakuragi, sempre molto prodigo in quanto a raccomandazioni… una vera mamma chioccia.

Arrivo che tutti sono già dentro… l’impegno del campionato nazionale li ha fatti riscoprire tutti iper-professionali, mi dico con sufficienza. 

Cominciamo con il riscaldamento, poi qualche schema. Ryota, Akagi ed io proviamo le ultime combinazioni. Mi sento un po’ fuori fase, ma mi accorgo che anche Kogure e Mitsui sono nelle mie stesse condizioni, quindi evito di colpevolizzarmi troppo, e poi io, al contrario di loro, sono impeccabile anche con molto alcool in corpo e poche ore di sonno per recuperare.

Mentre gli altri si dirigono negli spogliatoi per la doccia, rimango a fare qualche tiro. Negli ultimi giorni sono stato così stanco da interrompere i miei allenamenti supplementari. Anche stasera sono a pezzi e sogno solo di infilarmi sotto le coperte, ma mi sforzo di resistere, riscoprendo la mia forza di volontà.

Scatto da metà campo, scarto un ipotetico avversario e provo un tiro da tre in prossimità della linea del fallo laterale… osservo la parabola perfetta, aspetto il suono caratteristico che fa il pallone quando non tocca né tabellone né cerchio di ferro, ma si fa subito avvolgere dalla reticella… è un suono magico, la musica di un tiro perfetto.

Qualcuno batte le mani, un applauso che rimbomba nel silenzio della palestra.

“Un tiro da campione, Kae-chan”

Non rispondo, mi limito ad avvicinarmi.

Sendoh.

 

Entro nella palestra dello Shohoku. La prima cosa che si presenta davanti ai miei occhi è definibile solo come ‘una visione’… Kaede si sta allenando da solo, uno dei suoi soliti allenamenti supplementari.

Lo vedo correre in mezzo al campo, il pallone che sembra incollato alle mani, gli occhi sul canestro, come un vero campione… e poi il tiro da una posizione impossibile, e la palla che si insacca senza neanche toccare l’anello di ferro…

Non posso trattenermi, e batto le mani, fissando i miei occhi su di lui, ammirando la sua perfezione, come campione, come persona…

Mi si avvicina, ha il respiro appena affannato… è incantevole.

“Non sei vestito da one on one...” mi fa notare “..come mai sei qui?”

Gli sorrido. Sempre dritto al sodo, eh?

“Che ne dici di andare a cena insieme?” sono quasi sicuro che mi dirà di no, ma ho intenzione di insistere.

Rimane in silenzio per qualche istante. Mi osserva come se cercasse di scoprire qualcosa nel mio sguardo.

“Allora?” lo incalzo.

“Non ho molta fame” il tono è incerto.

“Da quant’è che non mangi, Kaede?” gli chiedo. Non mi è certo sfuggito che è magro da far paura.

Lui scuote la testa, come a dire che non sono affari miei, poi si volta per raggiungere gli spogliatoi.

“Ti aspetto qui…” gli grido dietro, sottolineando in questo modo che non ho intenzione di accettare un suo rifiuto.

Non si gira, continua a camminare con la sua andatura sinuosa ed elegante come quella di un gatto.

Lo vedo scomparire dietro la porta degli spogliatoi…

 

“Di nuovo qui?”

So bene a chi appartiene questa voce, non devo neanche girarmi per guardarlo…

“Ciao Mitsui, io bene, e tu?” lo saluto e rispondo alle domande che non mi ha fatto, prendendolo in giro.

“Smettila di fare lo stronzo”

C’è qualcosa in sospeso fra noi, l’interruzione del suo tête a tête con Kogure, due sere fa, o forse il riferimento all’interesse che Maki nutre per il quattr’occhi…

“Devi dirmi qualcosa, Mitchi?” so che odia essere chiamato così, e questo mi sembra un buon motivo per farlo.

“Lascia stare Rukawa” è secco, categorico.

“Cos’è, hai paura che ti sopravanzi nella fila?” non so come mi venga questa frase così infelice. Me ne pento subito dopo averla pronunciata…

Eppure lui non risponde con il pugno che mi sarei aspettato… anzi, è come se non mi avesse sentito.

“Lui è felice così”.

Lo guardo stupito. Come diavolo gli viene in mente di credere di sapere quale possa essere la felicità per Kaede? Ma non mi arrabbio, anzi gli sorrido. Forse ho bisogno di parlare…

“Cerco solo una possibilità… per noi” mormoro.

“Ti stai facendo del male, Sendoh. Fra Rukawa e Sakuragi c’è un’intesa perfetta…”

“E allora perché hai paura che mi intrometta?” non posso fare a meno di notare.

“Sei il suo migliore amico, a volte ci si confonde tra amicizia e amore… forse anche tu ti sei confuso…”

No, non posso permettere che continuino a pensare che la mia sia una impuntatura:

“Non è così, Mitsui…” abbasso gli occhi “Non mi sono confuso. Io so che lo renderei felice, e so che mi renderebbe felice, e non posso forzarmi e negare questi sentimenti perché qualcun altro si è fatto avanti prima di me… non sarebbe giusto, non sarebbe vero…” ho parlato sinceramente, non voglio che possano esserci equivoci.

L’ex teppista dello Shohoku scuote la testa:

“Mi dispiace per te, Sendoh, davvero… ti farai male…” mi mormora mentre Kogure ci raggiunge.

Se ne vanno poco dopo, e io rimango solo ad aspettare Kaede.

Esce poco dopo, la sacca sempre sulla spalla, ma stasera in jeans e felpa blu.

Gli sorrido… pensava davvero che me ne sarei andato?

“Va bene del ramen?” gli chiedo come se fossimo davvero d’accordo per andare a mangiare insieme.

Non mi risponde, continua a camminare, uscendo dalla palestra. Io cammino accanto a lui, le mani che quasi si sfiorano… casualmente? No, io mi spingo apposta il più vicino possibile a lui.

“Ho la macchina..”

Non risponde, ma entra e si siede accanto a me.

Devo ammettere che sono stupito, non pensavo che sarebbe stato così semplice convincerlo.

“Forse dovremmo parlare” sono le prime parole che pronuncia, e sinceramente non suonano un granché bene…

“Di cosa?” chiedo innocentemente.

“Stamattina… stanotte…” mormora a disagio.

“Mi dispiace per te, ma non è successo niente…” mi affretto a precisare, una fretta studiata.

“Lo so” replica secco.

Rimaniamo in silenzio finché non raggiungiamo il posto che ho scelto.

Ci sediamo ed io ordino per tutti e due. Non mi piace l’espressione di Kaede mentre osserva il menu, sembra disgustato da quello che legge. Mi viene il dubbio che il ramen non sia il suo piatto preferito…

“Riguardo a stanotte…” comincio, passando lo sguardo da lui a tutte le coppie che affollano il locale “…ti ho messo a dormire, come una brava mamma…”

“Immagino che sia stato per sbadataggine che ti sei sdraiato accanto a me” osserva.

Rido:

“Non ti illudere… mi sono riposato cinque minuti e poi sono andato via… possiamo recuperare stanotte, se vuoi…” mi piace stuzzicarlo, anche se le mie battute confermano la fama che mi accompagna ingiustamente.

Ma lui sorride.

“Ehi, stai sorridendo ad una mia battuta! Lo considero un successo…” gli faccio osservare con voce divertita.

“Hn…” ecco che torna di poche parole, come sempre!

Il cameriere ci porta i piatti che abbiamo ordinato. Ho fame, e poi sono contento… stare qui, con Kaede, a cena da soli come se fossimo una coppia come tante, mi carica di energia.

Noto che lui spilucca il suo cibo, come se non gli piacesse.

“Puoi dirglielo, se non ti piace. Ti porteranno qualche altra cosa” gli faccio notare.

“Non ho fame” mi risponde.

Lo guardo. Devo assolutamente convincerlo a mangiare qualche cosa…

“Ecco perché eri così affaticato dopo una seduta standard di allenamento” osservo subdolamente “Sei indebolito! Buon per noi, per quando vi incontreremo…”

“Ti batterei anche con una gamba sola!”

La mia tattica ha però il risultato di fargli inghiottire qualche boccone, non molti, ma qualcosa sì.

Si sta bene qui dentro, il locale è accogliente, ed è come se la gente fosse particolarmente calorosa, quasi per riscaldarsi e proteggersi l’un l’altro dal freddo esterno.

Noto che sbadiglia.

“Ma di quante ore di sonno hai bisogno a notte?” gli chiedo.

Mi guarda storto, non pensavo di avergli chiesto di svelarmi un segreto…

La nostra serata trascorre così, tranquilla. Verso le undici lo riaccompagno a casa.

“Non mi inviti ad entrare?” scherzo, ma non troppo, quando scende dalla macchina.

Non si volta neanche a guardarmi, mentre borbotta un esplicativo

“Buonanotte, Akira”.

 

Sono stanco ma non ho il sonno che credevo di avere. Riesco ancora a tenere gli occhi aperti, sarà per la lunga dormita prima degli allenamenti, sarà perché, contrastandolo, questo sonno comincia a regredire…

Mi avvicino alla segreteria… tiro un sospiro di sollievo vedendo la luce lampeggiare. Un messaggio…

Premo il tasto dell’ascolto…

“Ciao Kaede, sono papà. Qui a New York…”

Il nastro continua a girare, ma io sto già salendo le scale, improvvisamente la fatica accumulata dal pomeriggio sembra fiaccarmi i movimenti…

Stranamente non mi addormento subito. Mi infilo nel letto e osservo il cielo limpido che si scorge fuori dalla finestra… stasera mi vengono in mente strani pensieri… ricordi.

Sospiro. Forse è solo che non sono più abituato a stare da solo. Ormai è quasi un anno che io e Hanamichi stiamo insieme, e in questo periodo sono cambiato molto, me ne accorgo anch’io. Sono sempre freddo, deciso, silenzioso… ma ho scoperto che mi piace aver vicino gente calda, affettuosa, rumorosa. Vi sembra una descrizione del do’aho? Sì, è vero, lui è così. Ma lui è anche molto di più, e invece io sto parlando anche di ‘amici’: mi accorgo di essere meno misantropo, di desiderare, a volte, la compagnia degli altri. Forse è per questo che stasera sono uscito con Sendoh, oltre al fatto che volevo chiarire quello che è successo stanotte, e che sono tanti anni che ci conosciamo ed io ho simpatia per lui.

Il mio sguardo si posa sulla foto incorniciata che la scimmia ha deciso di piazzare sul suo comodino. E’ una foto di quest’estate, di quando siamo andati al mare: lui è molto abbronzato, io sono solo poco meno pallido di adesso, Hanamichi mi guarda affettuosamente, tenendomi un braccio intorno alle spalle, mentre io, come al solito, non guardo né lui né l’obiettivo…

Chissà cosa starà facendo in questo momento, ormai non dovrebbe mancare molto al suo ritorno…

 

Mi rigiro nel letto… nonostante abbia passato in bianco tutte le notti trascorse quassù, il mio fisico resiste -sono o non sono il grande tensai?!- e non riesco ad addormentarmi.

Non sono abituato a dormire da solo, voglio la mia volpe da abbracciare… da stringere per convincerlo ad appoggiare la testa sulla mia spalla…

So che questi pensieri non mi fanno bene, eppure sono l’unica cosa che mi permetta di andare avanti: con la mamma non ne parliamo, ma la situazione della nonna continua a non migliorare, e poi, come sempre quando si radunano le famiglie, stanno venendo fuori vecchi contenziosi, vecchie ruggini… La mamma è stanca, mi rendo conto che non ce la fa più, e vedere che poi alla preoccupazione della nonna si uniscono questi stupidi battibecchi la sta abbattendo e scoraggiando.

Io sto in mezzo a tutto questo, in più mi sento male per non poter vedere il mio ragazzo, per non potergli neanche parlare… In questo paese dimenticato da Dio la linea telefonica arriva solo all’ospedale, per il resto, visto il territorio difficile, tutti sono muniti di strani apparecchi che somigliano a telefoni da campo, e che funzionano solo localmente. Insomma, morale della favola, poiché il telefono dell’ospedale è fuori uso, io non posso chiamare Kaede…

Chissà cosa starà facendo in questo momento… 

Rido tra me e me… cosa volete che stia facendo?! Starà dormendo, completamente abbandonato tra le braccia di Morfeo…

Braccia? Questa parola non mi piace… cerco però di scacciare subito il pensiero molesto! Non so perché ma mi viene subito in mente quell’orrido porcospino con i capelli a punta… Scuoto la testa per cancellare questa immagine, e poi ripenso a come ci siamo salutati alla stazione, quando sono partito: ripenso alle nostre dita intrecciate, allo sguardo di Kaede, più significativo di mille parole, e mi tranquillizzo... forse il mio volpacchiotto non starà smaniando disperatamente come me, ma non perché non gli manchi, solo perché lui non è tipo da esternare così i propri sentimenti… la mia algida Kitsune nasconde benissimo la propria intensa focosità, io lo so!

Non vedo l’ora di tornare a casa, non vedo l’ora di poterlo nuovamente guardare in quegli occhi profondi e poterlo stringere forte tra le mie braccia…

 

Sta diventando un’abitudine andare a prendere Kaede dopo gli allenamenti… una piacevole abitudine…

Quando mi vede, mi fa un cenno con la testa, non propriamente un saluto, solo un movimento per farmi capire che mi ha visto, e che devo fargli terminare l’allenamento senza interruzioni. Mi siedo sulla panchina e lo guardo provare gli ultimi tiri liberi. Ovviamente la sua media è del 100%, vi aspettavate qualcosa di diverso?

Finalmente mette via il pallone… stavo cominciando a sentirmi parte della tappezzeria, cosa a cui certamente non sono abituato.

“Che vuoi, Sendoh?” mi chiede, fissando i suoi occhi profondi nei miei.

“Ho scoperto un posto fantastico dove cucinano…” comincio, ma lui mi interrompe.

“Quando l’hai scoperto? Stanotte?!”

Rido, ho altre possibilità per caso?

“Non essere il solito asociale. Mangiamo qualcosa e poi ti riaccompagno a casa…”

Si avvia agli spogliatoi.

“Datti una mossa!” gli urlo dietro, troppo felice per trattenere la voce…

 

“Vuoi guidare tu?” gli chiedo mentre raggiungiamo la macchina.

Lui mi guarda e si porta dal lato del guidatore.

Ragazzi, a volte vengono anche a me le idee geniali… Non so perché, ma stasera mi sento euforico… tutti i pensieri angosciosi che ho avuto l’altra notte sembrano lontani. E’ come se queste nostre uscite mi stessero facendo riprendere coraggio.

Infila la chiave nell’accensione.

Mi sporgo su di lui.

“Le mani non vanno bene, le devi tenere come le lancette di un orologio che segni le dieci e dieci…”

Lui fa quello che gli dico.

“Mi raccomando, tieni la frizione premuta. Ingrana la prima, lascia lentamente la frizione e spingi leggermente sull’acceleratore” aggiungo, tenendo una mano sul freno e l’altra sul suo braccio.

“Ora puoi andare…”

Parte facendo fischiare le gomme, scala rapidamente dalla prima alla quinta, per affrontare la curva a gomito a cento chilometri orari.

Se non avessi i capelli già dritti, ci diventerebbero adesso…

Lui mi guarda e sorride:

“Sono un buon allievo?” chiede ridendo sotto i baffi.

Ci metto un po’ per riprendermi…

“Bastardo! Tu sai già guidare…” lo accuso.

“Non l’ho mai negato” mi risponde, con quello che ritengo un tentativo di spirito.

Scuoto la testa, ma poi mi viene da ridere:

“Sei pieno di sorprese…”

Lo guido fino al piccolo ristorante che ho scoperto.

La serata trascorre tranquilla, a parte due episodi non proprio trascurabili:

il primo è l’arrivo degli amici di Sakuragi, li vedo sedersi chiassosamente ad un tavolo lontano dal nostro… e spero che non vengano a rompere. Le cose stanno andando bene con Kaede: stasera è rilassato, tranquillo. Non parla molto, ma sembra ascoltare le mie chiacchiere.

Ovviamente, invece, quel rompiscatole di Yohei dopo un po’ si avvicina.

“Ehi Rukawa! Come stai?” chiede con un tono troppo alto, come se volesse sottolineare la casualità ed il piacere dell’incontro.

Rukawa accenna una sottospecie di sorriso.

“Vi volete unire a noi?” continua la piattola.

“Stiamo per andar via” mi inserisco io, in modo da evitare ulteriori inviti.

Lui mi guarda un po’ perplesso, forse il mio tono è stato troppo netto…

“Beh, sarà per la prossima volta” dice con tono incerto.

Che palle! Non poteva rimanere a strafogarsi con i suoi amici invece di venire a rompere? Noto che Kaede si è un po’ irrigidito… una volta tanto che ero riuscito a non farlo pensare troppo a quell’aborto con i capelli rossi…

Il secondo episodio vede protagonista il mio compagno di squadra, Koshino.

Mentre usciamo dal locale, nel momento in cui io sto passando a Rukawa le chiavi della macchina, visto che mi è sembrato che si fosse divertito a guidare, incontriamo Hiroaki.

Lo saluto, mentre gli passiamo accanto. Lui, il solito scorbutico, accenna un cenno con la testa, e ci supera.

Strano atteggiamento. Non è che di solito sia molto più espansivo, ma che diavolo! Ci vediamo in palestra tutti i giorni, sono il suo capitano, e tutto quello che fa quando mi incontra è un cenno con la testa?

“Tutto bene, Koshino?” gli chiedo, cercando di capire il motivo della sua freddezza.

“Tutto ok” risponde, passando lo sguardo da Kaede a me “Complimenti, ce l’hai fatta alla fine!” aggiunge.

Vedo gli occhi di Kaede stringersi minacciosamente. Meglio intervenire…

“Siamo andati a mangiare…” sembra una giustificazione, forse lo è, ma più per tutelare Kaede che per spiegare il mio comportamento ad un compagno di squadra.

“Non te l’ho chiesto. Sai che me ne frega…” si volta e entra nel locale. Non sono sicuro, ma mi sembra di aver sentito un ‘Bastardo’ rivolto al mio indirizzo.

Comincio a pensare che tutti i pazzi si siano dati appuntamento a Kanagawa…

 

Saliamo in macchina. Stavolta Rukawa parte con più calma.

Stiamo in silenzio, mentre la radio trasmette canzoni d’amore. Mi rilasso, c’è l’atmosfera giusta. Mi volto per guardare il profilo di Kaede… credo che sia un po’ stanco. Sicuramente è abituato a dormire di più…

“Perché ti ha chiamato ‘bastardo’?”

La sua voce, dopo tanti minuti di silenzio, mi fa sobbalzare…

“…che hai detto?” temo di non aver capito bene.

“Perché Koshino ti ha chiamato ‘bastardo’?” ripete.

Come dirgli che non lo so? Mi metto a ridere…

“Sicuramente avrai capito male…”

Lui scuote la testa:

“Non prendermi per scemo…” mi avverte.

Rimango qualche istante in silenzio, poi dico lentamente:

“Non lo so, è un tipo molto strano…”

Non replica subito, ma dopo un po’ mi dice:

“Io credo che sia innamorato di te”

Pronuncia questa frase con tranquillità, come se stesse parlando di una cosa arci-nota…

Scoppio a ridere:

“Si vede che non lo conosci!”

 

Sono stanco, però mi piace molto guidare di notte. Il buio rende tutto più misterioso, più intrigante, come se anche il vicolo più malfamato potesse nascondere dei segreti meravigliosi.

Sono stato bene con Akira, stasera, anche se non posso negare che spesso, durante la nostra conversazione, la mia mente si è assentata per rivolgersi a quel mezzo teppista sepolto tra le montagne.

Mi rendo conto che ho più bisogno della compagnia degli altri di quanto non potessi sospettare, inoltre quella di Sendoh è piacevole, ci siamo sempre capiti con uno sguardo, noi due.

Gli chiedo di Koshino. Non è che voglia farmi i fatti loro, però ho notato lo strano atteggiamento di quel ragazzo, e penso anche di averne compreso il motivo, e voglio sapere se anche Akira lo ha capito…

“Io credo che sia innamorato di te” gli dico tranquillamente. Sono sicuro che sia così, ho visto l’odio nei suoi occhi mentre mi guardava.

Sendoh scoppia a ridere, ma con appena un attimo di esitazione, esitazione che io ho notato:

“Si vede che non lo conosci!”

Per qualche istante rimango in silenzio, poi dico:

“Forse sei tu, che non lo conosci”

So che mi sta guardando, probabilmente è stupito dalle mie parole.

“Non credo che sia innamorato di me” mormora, ma so di avergli instillato il dubbio. 

Sorrido tra me e me. Chissà, forse questa cosa potrebbe costituire una svolta, nella vita di Akira. Se dovesse innamorarsi di Koshino potrebbe conoscere la felicità dell’amore corrisposto. Glielo auguro…

Improvvisamente i miei pensieri diventano più tetri.

In questi giorni mi sto abituando alla presenza di Sendoh, al nostro uscire insieme. Mi dispiacerebbe se le cose tra noi dovessero cambiare in seguito all’interessamento di Koshino…

“Akira…”

Lui sembra riscuotersi dai suoi pensieri.

“Dimmi.”

Non so se andare avanti o no. Probabilmente non sto facendo la cosa giusta, ma ho bisogno di essere rassicurato, forse perché questo è un momento in cui mi sembra che tutti i miei punti fermi mi stiano lasciando.

“Se un giorno tu dovessi innamorarti di qualcuno…”

Apre la bocca per protestare, ma io non voglio sentirlo: so già cosa vuole dire, e invece il mio discorso è diverso.

“…se dovessi innamorarti di qualcuno, rimarremmo sempre amici, vero?”

Sto chiedendo una rassicurazione, ed è strano per me. Devo essere davvero un po’ sottosopra.

“Nessuno potrà mai mettersi tra noi” mi dice fissandomi il volto.

Sono contento e preoccupato allo stesso tempo per questa risposta. Sono attaccato ad Akira, ma non voglio che ci siano false speranze: spero che lui abbia capito che sto parlando di amicizia…

 

Continuo a guardare il suo cancello, anche quando lui è sparito da parecchio dalla mia vista.

Sorrido tra me e me. E’ stata una serata molto particolare, ed è come se avessi la sensazione che siano state dette cose importanti.

Mi ha chiesto se rimarremo sempre amici… Kaede, pensi davvero che qualcosa possa mettersi fra noi? Io ti amerò sempre…

Ripenso a Koshino, all’espressione furibonda, a quella parola mormorata con rabbia… Non sono uno sciocco, so che Rukawa potrebbe avere ragione, che il mio compagno di squadra mi è affezionato, che si preoccupa per quello che mi succede, che non ha mai visto di buon occhio il mio amore per Kaede. Il problema rimane che, qualsiasi siano i suoi sentimenti, io non potrò mai ricambiarli.

Per un momento mi viene un pensiero crudele: come sarebbe facile, se le cose stessero come sembra, approfittare dell’attaccamento di Koshino! Non sarebbe una storia seria, certamente no, però potrebbe distrarmi un po’, potrebbe aiutarmi…

Come mi è venuta l’idea di aiuto?

Scuoto la testa, sto facendo pensieri assurdi, stanotte…

Non sono un viscido bastardo pronto a passare sopra alle persone solo per divertirsi un po’, non calpesterei o umilierei mai un ragazzo che dimostrasse affetto per me… però… però sto pensando alle parole di Kaede… Lui deve tenere molto alla mia amicizia, per dire una cosa del genere, per preoccuparsi dell’attaccamento di Koshino… e… se fosse geloso?

Geloso? Kaede? Neanche nei miei sogni più audaci sono mai arrivato a contemplare una simile possibilità… però, forse…

Diciamo così: in questi ultimi giorni usciamo spesso insieme. Sia per mia che per sua volontà non è mai stato pronunciato il nome della scimmia. Quando lo vado a prendere è molto meno sulle sue del solito. Ha riso ad alcune mie battute, e voi sapete cosa voglia dire una risata di Kaede… Poi ha notato l’attaccamento di Koshino e lo ha subito interpretato come un segno di interesse, di amore… e infine l’ultima domanda, il riconoscimento dell’importanza del nostro rapporto.

Nessuna di queste cose costituisce di per sé una prova schiacciante, però prese tutte insieme sono un segno evidente che è affezionato a me… e da affetto ad amore…

Se solo quello stupido scimmione ci rimanesse, là tra le montagne…

Non mi piace usare questi mezzucci, però devo studiare un piano di attacco…

 

E’ quasi mezzogiorno… si sarà svegliato?

Suono il campanello con decisione…

Lo risuono, sono sicuro che sta ancora dormendo…

Mi attacco al bottone per un minuto ininterrotto… e che diavolo! Come si fa a dormire tutto il giorno! Quando e se sarà… certe abitudini dovranno essere riviste.

Finalmente la porta si apre.

Entro in casa senza dargli neanche il tempo di accorgersi di chi sia.

“Devo andare a fare un po’ di regali..” gli annuncio “..ho bisogno di consigli”.

Mi guarda e sbadiglia. Temo che non abbia neanche afferrato le mie parole.

Lo lascio lì immobile e mi avvio in cucina. Conoscendolo non ha neanche fatto colazione… colazione? E’ quasi ora del pranzo!

“Che ci fai qui, Akira…” beh, almeno mi ha riconosciuto…

“Ti sto portando a pranzo fuori, dopo mi aiuterai per lo shopping”.

Mi guarda come se fossi pazzo.

“Scordatelo”

Di mattina è ancora più prolisso del solito!

“Non vuoi aiutare un amico in difficoltà? Dai… dopo ti accompagno in palestra per gli allenamenti” propongo tentatore.

Sbuffa:

Oggi non ci alleniamo, siamo in pausa fino al ventisette” mormora tra uno sbadiglio e l’altro.

Accidenti… un colpo di fortuna!

“Che strano… la nostra palestra invece rimarrà aperta per tutte le vacanze…”

Lo guardo come se stessi per essere folgorato da una scoperta fondamentale per la vita futura del pianeta…

“Perché non vieni con me al Ryonan? Potrai allenarti un po’, noi ci saremo tutti…” mormoro pensieroso.

Mi guarda accigliato, però si vede che sta valutando la mia proposta.

“Sono sicuro che Taoka ne sarà contento..” insisto.

E’ la leva giusta!

Dopo qualche istante di silenzio, accetta:

“Ok. Verrò lì per le cinque”.

“E per lo shopping?” magari è la mia giornata fortunata…

Evidentemente no.

“Buona fortuna” mi risponde, mentre si avvia verso la porta per farmi uscire.

IL PIANO E’ PARTITO!!!!

 

Ho dormito di nuovo tutto il giorno. Pensavo di essere riuscito ad uscire da quest’incubo, e invece non è così…

Mi alzo e mi avvicino al telefono… nessun messaggio. Ci deve essere  qualche problema, quel do’aho non mi lascerebbe per tanto tempo all’oscuro delle sue epiche gesta…

Sto diventando troppo smielato, possibile che non riesca a resistere qualche giorno senza di lui?

Chissà la nonna come sta… spero che il silenzio di Hanamichi di questi ultimi giorni non sia dovuto ad un peggioramento delle sue condizioni…

Guardo l’ora. Forse è il caso che cominci a prepararmi per andare al Ryonan.

Mi sembra strano andare ad allenarmi con loro, chissà, forse non dovrei andarci, e per più di un motivo:

prima di tutto la squadra del Ryonan è la nostra rivale più agguerrita per il titolo

in secondo luogo so che, se Anzai ci ha dato dei giorni di riposo, lo ha fatto con cognizione di causa, ritenendo, evidentemente, che ne avessimo bisogno

in terzo luogo, non mi sfugge che Sakuragi non ne sarebbe entusiasta, se venisse a saperlo

infine… è davvero saggio continuare ad uscire con tanta frequenza con Sendoh?

Sono perfettamente cosciente del fatto che il nostro rapporto sta diventando più intenso, e questo non può che portare a sgradevoli conseguenze, se Akira persiste nelle sue strane prese di posizione. 

Io sono sicuro che questo suo considerarsi innamorato di me sia diventato una specie di abitudine, e che non gli faccia bene continuare in questa sua impuntatura. Forse, però, le cose stanno cambiando, adesso mi sembra più amichevole, forse si è rassegnato e ha capito che è meglio che il nostro rapporto rimanga nei confini dell’amicizia, e poi l’interessamento di Koshino…

E se riuscissi a fare qualcosa per avvicinarli?

Scuoto la testa, possibile che io, Kaede Rukawa, abbia partorito un pensiero così stupido?! Dovrei intervenire nella vita privata di Sendoh, dovrei cercare di farlo innamorare di Koshino? Ma cosa sono diventato… un sensale di matrimoni? Indubbiamente in questo periodo sto diventando un altro… speriamo che passi presto.

 

Arrivo al Ryonan che sono le cinque in punto.

Sono davanti alla palestra, indeciso se entrare o no. Forse, tutto sommato, sarebbe più saggio tornarsene a casa… 

La porta si apre. E’ Sendoh.

“Sei arrivato, finalmente!” mi dice sorridendo.

Non gli rispondo. Mi limito a guardarlo accigliato. So che la mia reazione deve sembrare molto strana, però è come se lo ritenessi responsabile di questa situazione di disagio.

Come sempre, lui non fa una piega.

“Dai, entra dentro. Stiamo organizzando una sfida…”

Non dico niente, ma mi avvio verso la porta.

Quando entriamo sono assalito da una marea di sguardi incuriositi… se già prima ero abbastanza scettico circa l’opportunità di questo allenamento, ora lo sono ancora di più.

“Ehi, ghiacciolo, vuoi vedere come si allena una squadra vera?” mi dice uno dei dementi, mi pare Fukuda.

Gli altri ridacchiano, mentre noto che Koshino sta per conto proprio, rivolgendomi lo stesso sguardo furente dell’altra sera.

Mi volto verso Akira. Perché mi ha messo in questa situazione… Non che me ne importi niente dei commenti di questi quattro deficienti, però mi secca entrare in un ambiente tanto ostile.

“Piantatela” ordina lui rivolgendosi ai suoi compagni.

Mi mette la mano sul braccio, tirandomi fino al centro della palestra:

“Tutti voi conoscete Rukawa, l’ala piccola dello Shohoku. Oggi l’ho invitato ad allenarsi con noi, non fatemi fare figuracce…” continua con il suo tono calmo ma deciso.

Non posso fare a meno di cercare con lo sguardo Koshino. Eccolo là, con un sorrisetto ironico sulle labbra…

Mi sento in una situazione falsa: so che ai suoi occhi devo rappresentare la rovina di Sendoh, visto che non corrispondo i suoi sentimenti ma comunque continuo a frequentarlo. Comprendo la sua ostilità, però, nello stesso tempo, so quanto sia mal diretta, visto che io non cerco in alcun modo di illudere Akira. 

“Abbiamo già formato le squadre, Kae-chan” riprende quest’ultimo… ma come diavolo gli viene in mente di chiamarmi ‘Kae-chan’ davanti a tutti?!

“Tu sarai in squadra con Uozumi e Fukuda…” comincia a spiegare.

Mi vado a cambiare. Dalle finestre noto che è ricominciato a nevicare.

 

Quei deficienti dei miei compagni di squadra mi hanno davvero fatto arrabbiare… lo sapevano benissimo che sarebbe arrivato Kaede, non potevano risparmiarsi quegli stupidi commenti?

Eccolo che torna. Sopra i pantaloncini grigi ha una T-shirt nera e una canotta grigia. Non so perché non riesca a fare a meno di squadrarmelo in ogni particolare, quando lo vedo.

Cominciamo la partita. Mi avvicino a Koshino per gli ultimi schemi. Non posso non notare che sia parecchio di malumore, e mi dispiace che sia a causa mia. Hiroaki non si merita questo trattamento… ma stavolta devo giocare il tutto per tutto…

Io mi metto in marcatura su Kaede. Forse gli sto anche troppo addosso, ma non riesco ad evitarlo, nello stesso tempo spesso mi allontano studiatamente per confabulare con Koshino sulle manovre di attacco.

Sto facendo un gioco difficile, rischioso.

Rukawa è molto ispirato, stasera. Nonostante l’indebolimento fisico dovuto al fatto che praticamente non mangia da giorni, riesce sempre a superare la mia difesa, e scartare l’ultimo uomo e a saltare a canestro.

Vedo che anche Uozumi è stupito dalla sua bravura: infatti, se è impossibile giocargli contro, è fantastico scoprirlo come compagno di squadra.

Mi ha passato di nuovo. Mi accorgo che Koshino si è parato davanti al nostro canestro, nel tentativo di fermare l’ennesima realizzazione. Saltano insieme…

Accidenti! Io volevo far ingelosire Kaede, non Koshino… Hiroaki gli ha dato una gomitata nello stomaco, facendolo finire per terra…

“Fallo, Koshino!” sento tuonare la voce arrabbiata di Uozumi.

Mi precipito vicino a Kaede, inginocchiandomi accanto a lui, poi volto la testa verso il mio compagno di squadra:

“Che cazzo gli hai fatto?!” gli urlo furente.

Lui non risponde, rimane lì a guardarci tutti con quella sua aria imbronciata, come se lo stessimo sottoponendo a chissà quale incredibile ingiustizia…

Non è niente!” sibila Rukawa mettendosi seduto.

Io, invece, sono preoccupato:

“Vuoi che ti porti in infermeria?” gli chiedo.

“Ho detto che sto bene!” mi urla in faccia.

Vedo che Koshino si avvicina a noi. Stavolta leggo sul suo volto un po’ di vergogna.

Porge la mano a Kaede, come per aiutarlo ad alzarsi.

E’ audace, il piccolo Kosh, conoscendo Rukawa io non avrei osato tanto…

E invece Kaede afferra quella mano protesa e si lascia aiutare ad alzarsi.

La partita riprende, e diventa partita vera, corretta, bella, con azioni spettacolari da una parte e dall’altra… E’ come se quel fallo avesse rappresentato la panacea per tutte le tensioni accumulate in campo.

La squadra di Kaede vince per tre punti.

Al momento in cui le due squadre si salutano, tutti i miei compagni gli fanno i complimenti e lo invitano a tornare… è strano, mi sento come una giovane mamma orgogliosa del proprio bambino… pensate che sia grave?

 

Sono contento di essere venuto a giocare con il Ryonan, mi piace confrontarmi con gli avversari, mi serve per crescere… E poi le cose sono andate abbastanza bene, a parte il dolore allo sterno dovuto alla gomitata di Koshino.

Sendoh si è molto arrabbiato, ma evidentemente a lui sfugge che si possano commettere anche azioni scorrette per amore: adesso sono sicuro che si tratti di questo, che Koshino sia davvero innamorato di Akira e che stia soffrendo molto per questa situazione.

Tutti si dirigono verso gli spogliatoi. Io rimango per qualche tiro supplementare… non mi va di cambiarmi con loro, preferisco aspettare che siano usciti.

Quando decido di farmi la doccia, mi accorgo che nella stanza c’è solo Koshino. Mi sbrigo ad infilarmi sotto il getto dell’acqua: ho bisogno di sentire quella carezza calda sciogliermi i muscoli… è sempre stato il momento che mi sono goduto di più quello della doccia finale, mi sembra un rito purificatore che si trascina via la stanchezza ed i cattivi pensieri.

“Mi dispiace per prima…”

Mi scuoto dal mio torpore per portare lo sguardo sul giocatore del Ryonan.

Scrollo la testa, come a dire che non è stato niente, e alzo di nuovo il viso verso il getto dell’acqua per sciacquare lo shampoo.

“…l’ho fatto apposta…”

Perché, perché dobbiamo parlare di questo?

“Tu hai capito perché, vero?” continua.

Giro la manopola e esco dalla cabina infilandomi l’accappatoio:

“Sì” rispondo calmo.

“Per lui non esisti che tu…” mi dice, e io rimango in silenzio.

“Beh, immagino che non ci sia niente da aggiungere…” conclude con un sorriso triste.

Si avvia verso la porta. Improvvisamente lo fermo afferrandolo per un braccio:

“Akira capirà, prima o poi…” mormoro.

Mi guarda stupito, poi mi sorride più convinto…

“Pensavo fossi davvero il principe dei ghiacci, e invece… 

Beh, grazie…”

 

Quanto diavolo ci mette?

Finalmente la porta si apre…

Delusione, è solo Koshino…

In realtà mi dispiace per aver cercato di tirarlo dentro a questa storia, non mi sono comportato correttamente con lui… ma poi ripenso alla gomitata che ha rifilato a Kaede, e mi torna la rabbia.

“Ha quasi terminato” mi dice. Noto che è uscito dallo spogliatoio con il viso rilassato.. chissà che si sono detti quei due!

Effettivamente il mio piano è stato un po’ puerile, e fra l’altro mal condotto… credo che ci voglia ben altro per fare ingelosire Kaede… del resto è normale che per uno come lui sia impossibile considerare l’eventualità di avere dei rivali. E così ho finito per scatenare la gelosia di Hiroaki… ma che bravo!

Non so come mi venga in mente, eppure è proprio la mia voce…

“Ho la macchina, ed è ricominciato a nevicare. Se vuoi ti accompagno a casa. Aspettiamo Rukawa e poi andiamo tutti e tre insieme” propongo.

Lui sembra un po’ titubante, ma poi accenna un mezzo sorriso:

“Mi faresti un favore. Stasera potrei rischiare l’ibernazione…”

Rido con lui, non capita spesso che Hiroaki azzardi una battuta.

Finalmente Kaede emerge dallo spogliatoio.

Ci avviamo tutti verso la mia macchina.

“Guidi tu, Kae-chan?” gli chiedo.

Non risponde, ma prende le chiavi dalla mia mano. Noto che lancia uno sguardo a Koshino, sguardo di cui non riesco ad interpretare il significato, e improvvisamente mi rendo conto che mi hanno lasciato solo il sedile posteriore.

I due davanti sembrano particolarmente di buon umore, sebbene questo non li faccia diventare dei chiacchieroni. Hiroaki ci guida fino a casa sua, e scendendo ci ringrazia per il passaggio.

Finalmente posso sedermi accanto a Rukawa. Sinceramente sono un po’ seccato: non riesco a capire cosa sia successo, è solo che sento come se mi avessero escluso…

“Non pensavo che tu e Kosh sareste diventati amici in così poco tempo…” non riesco ad evitare di notare acidamente.

Kaede non mi risponde, continua a guardare la strada davanti a sé.

Rimaniamo per un po’ in silenzio, poi è lui a parlare:

“E’ ancora valida la proposta per lo shopping?” mi chiede.

Ovviamente queste parole sono musica per le mie orecchie…

“Certo. Ma come mai ti sei deciso?” devo ammettere, infatti, che sono piuttosto stupito.

“Devo fare un po’ di regali. Domani è la vigilia…” spiega laconicamente.

“Certo che ci siamo ridotti all’ultimo minuto…” commento.

“Sì, ma io so già cosa voglio comprare”

Figurarsi se lui non aveva già deciso tutto quanto…

Quando ci vediamo?” gli chiedo.

“Verso le dieci…”

“Ce la farai a svegliarti per quell’ora?” lo prendo in giro, ma lui non mi risponde…

 

La segreteria telefonica è ancora senza messaggi, anche sul mio cellulare non compaiono chiamate… lo tengo sempre acceso, sperando che il do’aho si ricordi il numero, speranza vana, anche se me l’ha regalato lui.

Mi siedo sul letto e prendo in mano la nostra foto… mi manca il suo sorriso, mi mancano le sue battute idiote, il suo fare sbruffone...

Continuo a guardare quell’immagine, e mi sembra che risalga a secoli fa, e non alla scorsa estate.

Mi guardo allo specchio: sono sempre io, la stessa espressione fredda e seria, gli stessi occhi duri, gelidi… eppure mi accorgo di essere cambiato. 

Stare per tanto tempo con quel ciclone, essere soggetto al suo affetto, alle sue cure, alla sua continua preoccupazione ha addolcito il mio carattere, sebbene abbia sempre cercato di nasconderlo, e adesso che lui mi è lontano sono ancora più nervoso e insoddisfatto di quando non ci conoscevamo ancora. 

Sono di cattivo umore perché non riesco a capire cosa possa essere successo a quell’impiastro… continua a non farsi sentire, e i giorni passano… Forse dovrei raggiungerlo lassù sulle montagne… per qualche istante mi crogiolo in questa idea, ma poi mi riprendo: questa separazione deve costituire una prova per me. So bene quanto sia forte il mio attaccamento per Hanamichi, ma sono sempre stato in grado di cavarmela da solo, in ogni circostanza, ho sempre dimostrato di non dipendere da nessuno… 

Devo riuscire a farcela anche stavolta, sebbene mi senta male da morire per questo…

Ceno con un bicchiere di latte, poi vado in camera da letto: mi vedrò una partita di basket in televisione, dopo essermi infilato sotto le coperte.

Apro il cassetto per prendere un pigiama pulito. Non resisto ad uno sciocco attacco di romanticismo e ne prendo uno del Tensai… mi sta un po’ grande, in pratica ci entrerei due volte, ma non lo tolgo, e mi metto a letto. La partita comincia, ma i miei occhi già si chiudono… l’ultima cosa che sento è il morbido pelo di Seth contro la spalla…

 

Abbiamo camminato tutta la mattina per le vie del centro. Non credevo che fosse così stancante fare shopping!

In realtà io impiego poco per i miei regali. Ho le idee chiare, e così sistemo mio padre e la sorella di Hanamichi in breve tempo.

Forse sarei anche potuto venire da solo, ma voglio continuare nella mia opera di supporto alla causa di Koshino.

Non è che io abbia particolare simpatia per lui, ma voglio che Akira, a cui invece voglio davvero bene, si renda conto che si sta precludendo la felicità con questa sua fissazione per me.

Entriamo in un locale per bere qualcosa di caldo: non sta nevicando, ma si gela fuori. Ho le dita così intirizzite che me le fa dolere il solo tentativo di muoverle…

Ci sediamo e prendiamo due tè al gelsomino e qualche biscotto. Tra me ripenso a quando, qualche giorno fa, ho vissuto la stessa esperienza con Hanamichi e mi viene un po’ di malinconia, anche se sorrido ricordando tutto quello che è stato capace di mangiarsi…

“Hai terminato con i regali?” mi chiede Akira, distraendomi dai miei pensieri.

“Hn..”

“Sarebbe un sì?” continua.

“No, manca quello per Sakuragi”

Noto che il suo sorriso diventa appena meno accentuato, ma comunque incassa con stile, come sempre.

“E hai già deciso cosa comprargli?” 

Perché me lo chiede? non pensavo che fosse affetto da manie masochiste…

“In effetti ho un’idea” mormoro, riprendendo a bere il mio tè.

Rimaniamo in silenzio finché non usciamo e ricominciamo a camminare. 

Siamo diretti verso un grande negozio di dischi, quello sempre affollato dai liceali di tutta Kanagawa.

Sendoh comincia a girare tra i vari scaffali, mentre io mi fermo alla sezione rock americano. Prendo in mano qualche CD, scelgo con cura, mi piace la musica e mi considero quasi un esperto. Alla fine aggiungo a quelli che ho già preso anche l’ultimo dei Pink Floyd… più per affetto verso il loro vecchio stile che perché mi piacciano le ultime canzoni.

“CD per la scimmia?” mi chiede Sendoh, riavvicinandosi con le mani colme di dischi.

Scuoto la testa, e lui mi guarda perplesso. Comunque la sua curiosità non durerà a lungo.

Ci immergiamo di nuovo nel fiume di persone che scorre per il centro della città.

Stavolta sono io a fare strada. So già dove voglio andare…

“No!” fa Sendoh “Non un regalo così banale…”.

So a cosa sta pensando, quindi non mi spreco neanche a rispondergli.

Entriamo e camminiamo decisi, come due che sanno cosa stanno facendo, solo che ad un certo punto io svolto a destra e Sendoh a sinistra… 

Ecco finalmente quello che cercavo! 

Passano alcuni minuti prima che Akira mi ritrovi:

“Perché non sei venuto di là? Che ci fai qui?” mi chiede stupito.

“E’ qui il regalo che cerco…”

“Nel settore del tennis?!” mi guarda come se fossi in preda ad un attacco di follia…

“Hn” rispondo laconicamente.

“E che se ne fa il do’aho?!” continua incredulo.

“Lui giocava…” che seccatura dover dare tutte queste spiegazioni!

“La scimmia?”

“Sì, Hanamichi!” sto cominciando a spazientirmi…

“Va bene, va bene… hai già visto qualcosa di adatto?” mi chiede.

“So che gli piace una racchetta in particolare, ma in realtà io non me ne intendo…” devo ammettere.

“Ma sei fortunato, perché anch’io gioco…” mi rivela sorridendo.

Accenno un sorriso di rimando. Ora mi sento più tranquillo.

Approva la mia scelta, ma chiede alla commessa di poter provare qualche tiro, per vedere se la tensione delle corde è giusta… 

Nello spazio apposito si cimenta nel palleggio contro la parete, per terminare con una specie di schiacciata, un tiro abbastanza spettacolare che mi rivela chiamarsi ‘smash’…

Concluso lo show mi strizza un occhio, come a darmi la sua completa rassicurazione sulla bontà dell’acquisto, così pago, la faccio incartare ed usciamo.

Sono contento di essermi tolto questo pensiero, non che non mi piaccia fare regali al mio do’aho, però questo è un campo a me sconosciuto e mi avrebbe seccato sbagliare…

“La scimmia è fortunata, è davvero una bella racchetta… fra l’altro anche molto costosa…”

Io non replico niente, non sono affari di Akira i soldi che decido di spendere per un regalo ad Hanamichi…

“Un giorno dovremmo organizzare un doppio…” propone.

“Io non so giocare” ripeto per l’ennesima volta “Potreste sfidarvi voi due…”

Lui ride come se la mia fosse una battuta, poi dice:

“Non è difficile, e tu sei portato per tutti gli sport… impareresti con poche lezioni… Figurati che anche Koshino sa giocare, ed ha imparato in un’estate…”

Sono contento che il discorso sia finito sul suo compagno di squadra:

“Si vede che è un ragazzo in gamba…” mormoro.

Sendoh si ferma e mi guarda fisso negli occhi:

“Cos’è successo tra voi nello spogliatoio, ieri?” mi chiede con tono inquisitorio.

Akira geloso come il do’aho? Sono così simili che frequentandosi potrebbero pure diventare amici…

Mi limito a rispondergli con uno sguardo gelido.

Lui mi sorride, quel suo strano e raro sorriso disarmante e contagioso. Ma rimango serio.

“Koshino è un ragazzo molto particolare” riprende lui “E’ difficile capire cosa gli passi per la testa. E’ molto introverso…”

Ma allora pure Sendoh è un tonto, non posso fare a meno di pensare…

“Forse è solo…” detto da me suona quasi assurdo, io, lonely-man per antonomasia, che suggerisco che un altro possa soffrire di solitudine.

“Sì, ma non fa niente per socializzare…”

Mi danno fastidio queste parole di Sendoh… quante volte me le sono sentite rivolgere, direttamente o dietro le spalle…

“E tu fai qualcosa per conoscerlo meglio?” gli chiedo senza riuscire a mascherare la durezza del mio tono.

Lui mi guarda sorpreso…

“Beh, è un po’ seccante parlare con uno che non ti risponde, o al massimo bofonchia qualcosa tra i denti…”

Stavolta sono io a fermarmi e a girarmi verso di lui… lo prendo per il colletto della giacca e lo addosso al muro:

“Sei proprio uno stronzo, Akira Sendoh!” poi lo lascio e mi allontano velocemente, da solo.

 

Ma che diavolo ho fatto di male? Non riesco davvero a capire…

Rukawa non mi ha mai trattato in questo modo!

Sono rimasto immobile in mezzo alla strada, strattonato dai passanti a cui intralcio lo shopping natalizio.

Come al solito è stata colpa di Koshino… perché diavolo ultimamente deve sempre comparire nelle nostre conversazioni?

Ripenso a quello che stavamo dicendo: Kaede mi aveva chiesto se non era un problema di solitudine… e io ho riposto che è difficile conoscere qualcuno quando oppone solo silenzi… silenzi…

SILENZI!!!!

Che razza di demente! Ci credo che mi ha sbattuto contro il muro!

Devo spiegargli, seguirlo!

O forse no?

Ho deciso, gli farò una sorpresa: già me lo immagino, a festeggiare il natale tutto solo… ma ci penserò io a renderglielo indimenticabile!

Corro, devo sbrigarmi, i negozi sono ancora aperti…

 

E’ stato strano lasciarmi andare in quel modo… ma era come se Sendoh stesse parlando di me, e non ce l’ho fatta a resistere… capisco bene quello che deve provare Koshino: prima di tutto la sensazione di non contare per nessuno, di non trovare neanche un amico che abbia voglia di combattere un po’ contro quel muro di silenzio che potrebbe celare un tesoro, un cuore colmo di affetto e di amicizia, e poi la sofferenza per un amore non corrisposto...

Io sono stato fortunato: mi sono innamorato di qualcuno che già mi amava, non ho dovuto aggiungere al mio carattere già difficile lo sforzo di una conquista…

Arrivo a casa ancora preso da questi pensieri.

Mi accorgo che vicino al cancello c’è qualcuno che mi aspetta. Sono stanco, ho poca voglia di chiacchierare… e poi non capisco chi possa essere…

Avvicinandomi di più mi accorgo che sono Mitsui e Kogure.

 

“Ehi campione!” mi apostrofa Mitsui.

Sì, stanno aspettando proprio me.

“Hn” 

“Sempre logorroico, eh?” continua l’ex teppista, sfondandomi una spalla con quella che per lui dovrebbe essere una pacca affettuosa.

“Avevamo pensato di venirti a fare gli auguri di Natale…” interviene Kogure sorridendo.

Aiuto! Mi sta già venendo la carie… Come se non capissi che è solo il pensiero del povero compagno di squadra costretto a trascorrere il Natale solo e abbandonato ad averli portati sin qui!

In ogni caso apro il portone e li faccio entrare in casa.

“Certo che fa proprio freddo, oggi!” nota sempre il quattr’occhi, con grande originalità.

Sembrano l’Esercito della Salvezza in trasferta…

“Fatto spese? Un regalo per la scimmia?” chiede invece Mitsui osservando le buste che poggio sul tavolo.

“Hn” grugnisco.

Vado in cucina e preparo del tè, tanto ho già capito che non hanno intenzione di lasciarmi in pace troppo presto.

Porto il tutto nel soggiorno.

“Certo che vedendo la tua casa non si direbbe proprio che è Natale!” osserva Kogure guardandosi intorno.

Cominciamo a bere, è il secondo tè di questo pomeriggio…

I due cominciano a scambiarsi le loro solite occhiate adoranti… se fossi cinico come alcuni mi descrivono, introdurrei Maki nella conversazione, e invece mi limito ad osservarli e ad invidiarli.

“Ma da qualche parte non le hai le decorazioni natalizie?” se ne esce Mitsui.

Scuoto la testa lentamente. Mi ricordo che fino a qualche anno fa, nel tentativo di mio padre di farmi sentire in una famiglia normale, la governante faceva l’albero… però è tanto che non vedo più niente di quelle cose in giro…

“Non è possibile! Sicuramente qualcosa avrai… magari in garage…”

Non demordono!

“Forse in soffitta…” 

Accidenti! Non potevo rimanermene zitto? Ora quei due fanno gli invasati. E così saliamo tutti e tre per impolverarci ben bene in mezzo a mobili vecchi, scatole, libri, giocattoli intatti.

“Ma tu non li usavi?” mi chiede Mitsui, notando la quantità di giochi e il loro stato.

“No” il mio tono tagliente fa morire sul nascere qualsiasi replica.

Mi guardano sorpresi, ma fortunatamente non insistono… non sopporterei di pensare alla mia infanzia proprio adesso…

“Trovato!” l’ex teppista ha il tono entusiasta di un ragazzino… un aspetto del suo carattere che non sospettavo.

Fanno tutto loro, portano giù l’albero e le tremila scatole di palline.

“Dove vuoi che lo facciamo?” chiede Kogure, inconsapevole dell’infelice frase scelta…

Mitsui scoppia a ridere facendo rotolare per terra le palline gialle, mentre neanche io sono in grado di trattenere un sorriso.

Il quattr’occhi capisce e diventa rosso come un gambero.

“Ma che proposte fai?” scherza Mitsui, sorridendogli e posandogli poi un bacio leggero sulla punta del naso.

Kogure arrossisce ancora di più, ma poi si allontana da lui, come se si sentisse in colpa per il loro atteggiamento di fronte a me.

Decidono di montare il tutto vicino al camino.

L’albero non lo ricordavo così alto, eppure di solito i ricordi infantili aumentano le dimensioni delle cose…

Alla fine Mitsui sale su una sedia per montare la punta ed incastrarla sul ‘fusto’ di ferro. Mi avvicino anch’io per aiutare a tirare giù ed aprire tutti i rami laterali. 

E’ un bell’albero: anche se finto, è alto e folto.

Ormai mi sto facendo tirare dentro a questa pazzia, e così aiuto a mettere le decorazioni, come se fossi ancora un bambino di cinque anni. Dopo un po’ però siamo tutti e tre molto presi, ci divertiamo e vogliamo fare un bel lavoro.

Mitsui si avvicina allo stereo, armeggia un po’ con i miei CD e poi mette il ‘Boss’, cominciando a cantargli appresso.

Ci mettiamo un’ora a terminare tutto, con Kogure che, come ultima cosa, infila delicatamente il puntale in cima all’albero. 

Poi ci allontaniamo per osservare la nostra opera:

“Beh, è venuto proprio bene!” osserva il quattr’occhi.

“Sì, abbiamo fatto un buon lavoro” concorda Mitsui.

Si voltano entrambi verso di me, che sono rimasto in silenzio.

“Hn” è il mio commento.

Scuotono la testa e cominciano a ridere…

“Abbiamo dimenticato una cosa!” esclama Kogure interrompendo le risate e guardandoci agitatissimo. Neanche ce ne accorgiamo che già si è precipitato fuori dalla porta.

Io e Mitsui rimaniamo interdetti… che diavolo gli sarà preso?

Comunque ci sediamo sul divano aspettando il suo ritorno.

“Spero che non ti siamo sembrati troppo invadenti…” mi dice l’ex teppista dopo un po’.

Lo guardo scuotendo la testa.

Lui tira un sospiro di sollievo…

“Sai, a volte non è facile capire cosa ti passa per la testa… però credimi se ti dico che non siamo venuti con lo spirito da ‘buona azione natalizia’… ci tenevamo a salutarti” mormora con tono serio.

“Lo so, Hisashi. Grazie”.

Poco dopo sentiamo il campanello. Kogure entra con un sorriso fino alle orecchie:

“Era uno degli ultimi mazzi… siamo stati davvero fortunati…”

Fortunati? Per quel cespo di verdura che tiene in mano?

“Cos’è?” chiede Mitsui, anche lui piuttosto perplesso.

“Come cos’è?! Non avete mai visto del vischio?” risponde il quattr’occhi stupito, mentre si alza sulle punte dei piedi per riuscire ad appenderlo.

“Vischio? Quella roba appiccicosa? Che ci dobbiamo fare?!” continua l’ex teppista. Io invece ho capito perché Kogure l’ha portato.

“Devo spiegarti proprio tutto! A Natale è di buon augurio baciare le persone care sotto un ramo di vischio… è una vecchia tradizione”.

“Kimi-kun, secondo me questa storia te la sei inventata, comunque…” e Mitsui se lo trascina sotto il mazzo che l’altro è finalmente riuscito a fissare al lampadario.

Sembra proprio che si siano dimenticati della mia esistenza, infatti si abbracciano e si baciano con trasporto.

Io volto loro le spalle e me ne vado in cucina. E’ la vigilia di Natale, stasera non posso cenare con un bicchiere di latte…

“Scusa Kaede…” Kogure mi ha raggiunto ed è tutto rosso in viso.

“Di cosa?” rispondo con noncuranza.

Lui scrolla la testa, come a dire che io so.

Mi volto a guardarlo:

“Sono contento che siate venuti…” lo dico sinceramente, sono davvero degli amici…

“Ha fatto piacere anche a noi” e mi sorride. Anche Mitsui ci raggiunge, poi, dopo un po’, i due vanno via, cenano con i genitori di Kogure, stasera.

Mentre si allontanano lungo il vialetto che porta al cancello, si voltano verso di me salutandomi con la mano. Ricambio più compostamente, poi rientro in casa.

Dopo aver chiuso la porta dietro di me, mi rendo conto che anche questo Natale lo trascorrerò da solo.

Preparo qualcosa per me e metto nella ciotola di Seth una cosa nuova che gli ho comprato stamattina per far festeggiare anche lui… beh, non sono solo proprio come gli altri anni, penso accarezzandogli il pelo morbido.

Poi mi rialzo.

Guardo questo telefono silenzioso: vorrei tanto che stasera il do’aho mi chiamasse, vorrei chiacchierare un po’ con lui… anzi, mi basterebbe sentire la sua voce, le sue battute agghiaccianti, la sua risata…

Accendo la televisione. Il Natale non è certo una festa che da noi abbia un significato religioso, assolutamente, e così siamo riusciti ad appropriarci solo del suo significato più deteriore: la corsa ai regali, le decorazioni, i falsi buoni-sentimenti. Mi avvicino alla finestra… immagino che in ogni casa le persone stiano aspettando il momento per scartare i pacchetti, giocando nel frattempo alla famiglia felice. 

Ripenso a quando ero molto piccolo, a mia madre che suonava per noi, la sera della vigilia, mentre l’albero, allora vero, era un grande gioco di luci… sì, anche per noi il Natale era una scusa per stare insieme, ma noi ‘eravamo’ felici, non giocavamo ad esserlo…

Mio padre mi ha chiamato poco fa, pensava che Hanamichi fosse con me, per questo è rimasto a New York… apprezzo la sua premura nei nostri confronti, ma adesso mi manca…

Riguardo il telefono: lo so, non suonerà neanche stasera…

Non accendo neanche le luci dell’albero che Mitsui e Kogure mi hanno aiutato a decorare… non ne ho voglia, non ne ho la forza… mi avvio verso le scale. Questa per me sarà una serata come tutte le altre, e come tutte le altre la passerò dormendo…

 

E’ davvero triste questa serata. Mia madre ha deciso di cenare con me, per dare una parvenza di normalità a questi giorni strani e dolorosi, ma io non faccio che pensare a come sarebbe potuta trascorrere questa serata se avessi avuto con me la mia volpe.

E’ incredibile quanto mi manchi. Anche mia madre mi ha detto che devo calmarmi, che sono troppo nervoso… è strano, non capisce che io senza di lui non riesco più a vivere.

Questi giorni, tutte queste notti, i miei pensieri sono sempre stati rivolti a lui. Il mio carattere irruento soffre per questa separazione: vorrei salire sul primo treno e raggiungerlo, abbracciarlo, stringerlo così forte a me da farci sentire una persona sola… ma poi vedo mia madre, tesa e stanca, oppure vado in ospedale, e su quel letto bianco osservo il piccolo corpo di mia nonna, la nonna che mi è sempre stata accanto, che mi ha insegnato tanto e a cui devo le cose migliori del mio carattere, e penso che devo rimanere e compiere il mio dovere, proprio come una persona adulta…

“Hanamichi… mi dispiace che non possiate sentirvi… forse metteranno a posto il telefono… questo pomeriggio ho visto i tecnici della compagnia telefonica…”

Quante volte ho già sentito questa frase? Quante volte mi hanno detto che il guasto sarebbe stato riparato in breve tempo? Scuoto la testa e abbasso lo sguardo sul piatto… ho un groppo in gola e gli occhi cominciano a bruciarmi… ma sono forte, sono il Tensai…

Rialzo la testa e le sorrido:

“Speriamo che sia davvero la volta buona…” le rispondo “…buon natale, mamma…”

 

Eccomi qui, di nuovo davanti a casa sua.

Sono un po’ sconcertato: tutte le luci sono spente… dove sarà andato Kaede? Forse è tornato il padre e sono andati a cena insieme… l’eventualità mi fa rabbrividire: tutto il piano che ho organizzato fallirebbe miseramente!

Beh, visto che ci sono suono il campanello… chissà, magari è andato a dormire! Rido per questo pensiero, neanche Rukawa può essere capace di dormire la notte della vigilia…

Tengo il dito premuto a lungo sul pulsante. Non risponde nessuno, come immaginavo!

Sto per andarmene quando noto che si è accesa una luce. Deve essere proprio la stanza di Kaede!

Mi riattacco al campanello… mi sta prendendo una strana euforia…

Passano ancora alcuni minuti, poi sento la voce assonnata di Kaede dal citofono.

“Sono Akira…” annuncio, trattenendo a stento un tono trionfante.

Il cancello si apre e io entro. Ha acceso la luce sotto il portico, e io lo vedo… e rabbrividisco! E’ uscito, in questa notte gelida che promette altra neve, con addosso solo il pigiama…

“Perché diavolo non ti sei messo addosso qualcosa?” esclamo preoccupato.

“Dormivo!”

Evidentemente non deve essere molto contento di essere stato svegliato, ma io non mi preoccupo… mi avvicino e gli sorrido:

“Buon Natale, Kaede!”

Mph!”

Non sembra entusiasta quanto me della serata di festa, comunque mi fa entrare. Sbadiglia ripetutamente, poi si siede nel divano, tutto rannicchiato… oddio, è fantastico!

“Che ci fai qui?” mi chiede una volta terminata la lunghissima sequenza di sbadigli e stropicciamenti degli occhi.

“Beh, a casa ero da solo, sapevo che lo saresti stato anche tu, e così… ho deciso di unire le nostre solitudini!” dico, anche se non è proprio la verità, visto che i miei genitori sono a casa, anche se hanno invitato tutti i loro barbosissimi amici…

“Potevi andare a dormire, come ho fatto io”

Stasera mi sembra proprio poco collaborativo!

“Non potevo, dovevo darti il tuo regalo di Natale…” e infilo la mano nella tasca della giacca “Buon Natale, Kae-chan…”

Lui sembra sorpreso, certo non si aspettava un’idea simile da me!

“Cos’è…” mi chiede indeciso.

“Aprilo…”

Comincia a scartare con delicatezza, senza stracciare la carta colorata…

In realtà i regali sono due: sopra c’è una videocassetta, è il film ‘Intervista col Vampiro’, che noi, IO e LUI, ci vedremo stasera per creare un po’ d’atmosfera, e sotto c’è un paio di guanti di pelle nera, per proteggere quelle mani screpolate dal freddo…

Si infila un guanto… non so come, ma sono riuscito a scegliere la misura giusta, e non era facile, perché Kaede ha una mano particolare, con quelle dita così lunghe, sottili e affusolate.

Mi guarda e mi sorride. Sembra che il malumore dovuto alla mia improvvisata gli stia passando…

“Grazie Akira” mormora.

Lo guardo e gli sorrido, senza riuscire a distogliere i miei occhi dal suo viso.

“Hai qualcosa da sgranocchiare e da bere?” gli chiedo.

Lui mi guarda stupito, come se non capisse di cosa sto parlando.

“Adesso ci vediamo il film” gli comunico. Improvvisamente mi sovviene che forse avrei potuto scegliere qualcosa di più natalizio, oppure di più romantico… ma poi mi rendo conto che sarebbe stata una scelta che Kaede non avrebbe gradito.

Va in cucina e torna con Coca Cola, noccioline e patatine fritte.

“Non hai qualcosa di alcolico?” gli chiedo “Tutto sommato dobbiamo festeggiare il Natale…”

Mi guarda senza mutare espressione, ma si assenta di nuovo e torna con un vassoio con una bottiglia di champagne e un’altra di Crema di whisky:

“E’ tutto quello che abbiamo, roba di mio padre…” spiega, riempendosi un bicchiere di Coca Cola.

Io accendo le luci del grande albero addobbato, e spengo il lampadario centrale lasciando acceso solo un lume in un angolo. Poi mi verso dello champagne: è una serata speciale, e forse mi serve un po’ di coraggio…

Faccio partire la videocassetta, e il film comincia.

La storia la conosciamo entrambi molto bene, avendo letto il libro, così io non riesco ad evitare commenti sulla fedeltà della trasposizione e sulla credibilità degli interpreti scelti… Kaede è più silenzioso, se non fosse per il fatto che noto che ha gli occhi aperti, la sua partecipazione alla discussione è pari a quella di quando dorme!

Dopo i primi due bicchieri non sento più il pizzicore delle bollicine di champagne nel naso, e presto mi accorgo di essere pervaso da uno strano calore. Mi lascio scivolare in avanti sul divano, in modo da avere la testa ben affondata nello schienale.

Il film prosegue, arrivando all’entrata in scena di Armand… non è il mio personaggio preferito, ma l’interpretazione di Banderas gli toglie anche l’ultimo briciolo di credibilità…

“Qual è il tuo personaggio preferito?” chiedo a Kaede, cercando di trattenere la mia mano che vorrebbe tanto giocare con i suoi capelli.

Non si volta a guardarmi, ma dopo qualche istante mi dice:

“Louis… no, Lestat..”

Rido:

“Indeciso? Pensavo avresti risposto Louis con sicurezza… ti somiglia…”

“Mph!” sembra pentirsi di avermi risposto seriamente, invece io voglio continuare la discussione. Tutta la parte che si svolge a Parigi non mi interessa, almeno fino alla morte di Claudia, quindi non mi dispiace chiacchierare.

“Lestat è più predatore, non è un personaggio proprio positivo…” ribadisco.

Sembra seccato, ma si volta verso di me e risponde alla provocazione:

“E’ più sfaccettato, Louis è troppo perfetto…”

“Per questo ti assomiglia…” non posso fare a meno di mormorargli, sporgendomi verso di lui e appoggiando per un istante la mia fronte alla sua.

Lui si allontana da me, poi si alza in piedi:

“Akira, non fare così. Non ho intenzione di sopportarlo”.

Mi alzo anch’io. Sento appena un po’ di pesantezza alla testa, e forse è questo che mi fa desiderare di andare avanti, di non fermarmi.

Mi avvicino a lui, che rimane fermo, fiero, pronto ad affrontarmi.

Gli sorrido, è così bello, così vicino…

“Kaede… ti amo tanto…” sembra così facile poterglielo dire, sembra così ovvio che lui debba ricambiarmi…

“Basta…” mormora di rimando, allontanandosi di nuovo e voltandomi le spalle.

Ma io stavolta non ho intenzione di lasciarlo scappare, e così mi riavvicino. Il suo corpo è coperto solo dal tessuto leggero del pigiama, sembra così facile poterlo tenere tra le braccia, e io lo faccio… lo avvolgo da dietro depositandogli dei baci leggeri sul collo…

Lui si divincola, riuscendo a sottrarsi al mio abbraccio, poi mi fissa in volto con uno sguardo gelido:

“Vai via, Akira”

Scuoto la testa:

“Stavolta no” rispondo audacemente.

In un istante gli sono di nuovo addosso. Fermo le sue braccia bloccandogli i polsi dietro la schiena, e finalmente gli sono vicino… la mia bocca cerca la sua, ansiosa di assaporare quello che anela da anni.

Lo addosso alla parete, bloccandolo con il mio corpo, poi appoggio le mie labbra sulle sue… chiudo gli occhi…

Si divincola, gira il viso da una parte all’altra per evitare i miei baci, sento che mi sto eccitando sempre di più…

Cerco di tenere i suoi polsi con una mano sola, in modo da potergli bloccare il viso con l’altra, ma proprio nel fare questa manovra lui riesce a liberarsi, strattonandomi il braccio… adesso è di fronte a me, libero. I suoi occhi mandano bagliori di rabbia, e subito dopo parte il suo braccio… mi colpisce in viso con uno schiaffo la cui forza mi fa girare la testa…

“Come hai potuto!” sibila.

Non posso che ripetere cose già dette:

“Ti amo, Kaede…”

“No, tu non mi ami, pensi di amarmi, ma in realtà sono diventato una sfida, niente di più…”

“Continui a svilire i miei sentimenti…” mormoro, cercando per la milionesima volta di fargli capire che le mie parole sono sincere.

“Non è vero, Akira, io e te siamo solo amici…” dice per l’ennesima volta “…e se continuerai così sarà difficile essere anche quello!”

Non resisto. Gli metto le mani sulle spalle e lo scuoto violentemente:

“Non capisci che sei tutto per me?!

Sei come gli altri, certo, a tutti voi basta vedere il Sendoh sempre allegro, sorridente, disponibile… è così comoda quest’immagine, perché cercare di sapere se c’è qualche altra cosa dietro a questa facciata!” gli urlo in faccia.

Lui mi guarda ancora sulle sue, poi sussurra:

“So bene che tu non sei solo quello che appare da fuori, ma so anche che sono sicuro della scelta che ho fatto, anche se in questo modo ho potuto addolorare una persona a cui voglio bene…”

“Smettila! Non capisci che non voglio sentirti?!” urlo per superare l’eco delle sue parole. Lui non sa quanto profondo sia il mio dolore “Tu mi ami! Questa è la verità, ma hai uno stupido senso di lealtà che ti fa sentire in colpa verso quell’idiota e ti impedisce di riconoscerlo!”

Mi guarda, poi scuote la testa lentamente:

“Amo lui” dice.

Non riesco a trattenermi, e spero sia solo per l’alcool che ho bevuto… mi parte un pugno che lo prende alla sprovvista e lo fa accasciare sul pavimento.

Lo guardo e vorrei chinarmi su di lui, abbracciarlo, baciarlo dove solo un istante fa lo ho colpito, ma non lo faccio, ora sembra inutile. Mi volto e mi avvio alla porta, appena prima di uscire non resisto alla tentazione e gli mormoro:

“Buon Natale, Kaede”.

 

Sono stanco, ma non solo… sono arrabbiato: forse ho avuto troppa fortuna in quest’ultimo anno, ma adesso la sto davvero scontando. Sembra andare tutto storto. Mi siedo sul letto, raccogliendo le gambe al petto e appoggiando il mento sulle ginocchia… 

Hanamichi lontano, Sendoh che sembra non voler capire…e io mi ritrovo solo, come prima, peggio di prima, visto che ora so qual è la felicità che questa solitudine mi preclude.

Mi lascio scivolare sotto il piumone e abbraccio il cuscino… sento Seth saltare agilmente sul letto e accoccolarsi vicino alle mie mani. Lo accarezzo piano e lo sento fare le fusa: siamo rimasti proprio soli...

 

Sto dormendo profondamente, ma c’è qualcosa che mi tormenta. Non vorrei svegliarmi, ma questo tarlo mi sta facendo diventare pazzo… piano piano passo dal sonno alla veglia, e mi rendo conto che quello che mi tormenta è il suono del telefono…

Afferro l’apparecchio facendo contemporaneamente cadere la sveglia…

“Hai ripreso le vecchie abitudini… dormi fino a tardi e non rispondi al telefono…”

Rimango per qualche secondo senza parole, poi mormoro:

“Do’aho!”

Sento la sua risata dall’altra parte del filo… devo ammettere che mi ha preso alla sprovvista, ma non per molto…

“PERCHE’ DIAVOLO NON MI HAI CHIAMATO IN TUTTI QUESTI GIORNI?!” gli urlo nell’orecchio.

“Allora ti sono mancato, volpacchiotto!” continua a ridere. Poi diventa un po’ più serio, sempre nei limiti della sua scimmiaggine…

“Qui esiste un solo telefono pubblico, ed è stato fuori uso per tutti questi giorni… Se avessero continuato a non ripararlo, penso che avresti sentito al telegiornale notizie di una strage di infermiere…” e riprende a sghignazzare.

Chiacchieriamo a lungo, cioè, lui chiacchiera. Mi racconta della nonna, e la sua voce ridiventa seria mentre mi dice che le sue condizioni sono stazionarie, poi torna scherzoso quando mi chiede degli allenamenti, dei compagni di squadra, di Seth.

Rispondo brevemente ad ogni sua domanda, e non perché io sia il solito iceberg, è che non voglio sentire la mia voce, voglio sentire la sua, e la sua risata, le sue battute penose.

“Ehi Kaede… sei diventato muto? Ah, già…” e scoppia nella sua risata da ‘Tensai’ “…tu lo sei sempre…”

Io continuo a stare in silenzio, ma solo perché sono felice.

“Amore…” mormora lui, stavolta preoccupato “…che succede?”

“Niente, cosa vuoi che succeda?” replico risvegliandomi.

“Non ti addormentare al telefono, eh?!”

Si ferma per un istante, poi mi mormora:

“Mi manchi tanto, non vedo l’ora di tornare…”

“Mi manchi anche tu…” sussurro piano.

“Cosa hai detto, Kitsune?”

Non ha capito, ma io non ripeto, lo sforzo potrebbe essermi fatale…

E così mi ristendo  sul letto e continuiamo a chiacchierare.

 

Oggi è stata una giornata piacevole, non ho fatto niente di particolare, ma improvvisamente sembra che tutto stia rientrando nella normalità. Tutti quei giorni di silenzio mi avevano fatto davvero preoccupare, e invece era uno stupido guasto… 

Però il do’aho non mi ha detto quando tornerà.

E’ già quasi buio, sulla strada i lampioni sono già accesi.

Suona di nuovo il telefono… chissà, magari è lui che richiama…

“Ciao Kaede…”

E’ la voce di Akira Sendoh.

 

Devo chiamarlo, devo chiarire questa situazione, non posso permettere che ci siamo lasciati in quel modo…

Rido tra me e me: bel modo di fargli gli auguri di Natale…  gli sono quasi saltato addosso! E poi gli ho anche dato un pugno… ma che bravo, proprio quando volevo finalmente fargli capire quanto lo amo.

Il telefono fa pochi squilli, poi sento la sua voce.

“Ciao Kaede..” riesco a mormorare.

Per qualche secondo non mi risponde, poi sento la sua voce più gelida:

“Che cosa vuoi, ancora…”

Il suo tono tagliente mi blocca le parole sulle labbra, ma poi riesco a sussurrare:

“Mi dispiace per quello che è successo…”

Silenzio…

“Kaede… mi hai sentito?” gli chiedo.

Akira…” la sua voce adesso è più morbida “…non mi va di parlarne. Lasciami stare e facciamo finta che non sia successo niente…”

No, così questa cosa rimarrà sempre fra noi come una barriera!

“Lasciami spiegare…”

“Non adesso”.

Ha attaccato. Rimango a fissare la cornetta del telefono, poi la poso dolcemente.

Non lo richiamerò, non ora. Abbiamo tutti e due bisogno di calmarci. Ripenso a quanto è successo ieri sera e scuoto la testa, non mi pento di aver cercato di forzare le cose, ma chiudo gli occhi quando rivedo Kaede a terra…

 

Finalmente sono riuscito a parlare con Kaede! Ancora non mi sembra vero di aver sentito la sua voce… sono così felice che mi sembra di camminare a due metri da terra… tutta la giornata trascorre in uno stato continuo di euforia… 

Mia madre sorride di nuovo, dopo giorni. Non mi è sfuggita la tensione accumulata nelle sue veglie alla nonna, la stanchezza per questi famigliari così bizzosi, che comunque ci stanno finalmente lasciando per tornare alle proprie vite, che è esattamente quello che noi desideravamo.

Ora siamo davvero rimasti in pochi, e l’unione e l’aiuto che ci diamo l’un l’altro è più vero.

“Come sta Kaede?” mi chiede la mamma con un sorriso.

Non riesco a trattenere una risata di gioia pura, mentre mi porto la mano dietro la testa, nel classico gesto che in me indica imbarazzo…

“Bene… stava dormendo…”

Mia madre sorride comprensiva. E’ ovviamente al corrente dell’abitudine di Kaede di dormire in ogni posto e ad ogni ora, e inspiegabilmente questa cosa le ha sempre fatto molta tenerezza… ma è ovvio che lei non si è mai trovata a doverlo svegliare!

La notte dormo più tranquillo. Mi avvolgo bene nelle coperte e abbraccio il cuscino… domani lo richiamerò, ormai il telefono dell’ospedale è MIO!

E così la mattina seguente sono lì con tutte le mie monete, pronto a svegliare il mio amore! Oddio, è vero che è mezzogiorno, e forse a quest’ora si è alzato anche lui… però la cosa non è del tutto certa, quando si parla della Kitsune!

Ecco, sta squillando!

Non risponde… continuo a far squillare, magari sta dormendo… e sorrido pensando ai capelli arruffati e al suo viso assonnato… niente, e neanche la segreteria telefonica! Va bene, richiamerò più tardi.

Decido però di chiamare Yohei, è tanto che non ci sentiamo, fra l’altro sono sparito senza dirgli niente… lo chiamo così mi dice cosa sta combinando l’armata in assenza del loro ‘Grande Capo’…

“Ehi, Mito… sono il Tensai!” gli urlo tutto contento.

Mi risponde con altrettanto entusiasmo:

“Scimmia! Pensavo che ti fossi perso tra le montagne!” 

“Beh, sono partito in fretta…” comincio a spiegare, ma lui mi interrompe:

“Rukawa mi ha detto… Come sta tua nonna?”

Praticamente gli leggo l’ultimo bollettino medico. Cerca di farmi coraggio, poi, per cambiare argomento, mi racconta delle ultime imprese di Takamiya, cioè il nuovo record mondiale di numero di doppi cheeseburger ingurgitati in trenta minuti… Mi fa ridere, anche se la descrizione è raccapricciante.

Poi mi chiede se ho già parlato con Rukawa, io gli rispondo che l’ho sentito ieri, e che stamattina o dorme come un sasso o è uscito.

 

“In questi giorni l’ho visto diverse volte…” mi lascio sfuggire. In realtà non è che mi esca proprio inavvertitamente, è solo che Hanamichi è mio amico, e ritengo che sia giusto che sappia che quello stupido di Sendoh sta sempre appiccicato a Rukawa. Però sono bloccato anche dalla consapevolezza che nella situazione di Sakuragi, con la nonna in quelle condizioni, forse non è il caso di aggiungere altri grattacapi. Se coglie gli racconterò, altrimenti ne parleremo al suo ritorno… 

“E dove l’hai visto?” mi chiede sospettoso. Ha colto…

“Un paio di sere l’ho visto a cena fuori…”

“Con chi?” il suo tono è serio, so che teme la mia risposta, ma è meglio che sappia che il porcospino è sempre pronto a tramare…

“Con Mitsui, Kogure…”

“Ah!” sento che tira un sospiro di sollievo, ma io non mi fermo:

“…e Sendoh…”

Un istante di silenzio e poi l’esplosione:

“L’ORRIDO PORCOSPINO!!!!”

“Sì, ma non è come credi…”

“Che faceva? Che gli diceva, perché gli parlava? IO QUELLO LO TRUCIDO!!!!!”

Indubbiamente non l’ha presa bene…

“Calmati Hanamichi… erano a cena. Solo che lo conosci quello, cerca sempre di stargli appiccicato, anche se Rukawa non gli dà corda, anzi direi che anche quando erano soli era apatico come sempre…”

“SOLI??!!” urla nuovamente.

Ehm…

“Beh, la seconda volta… ma lo teneva a bada…”

“Yohei…” sento che trattiene a stento la rabbia “cerca di vedere Sendoh…” sibila.

“…perché?” non riesco a seguire il suo ragionamento.

“PERCHE’ SARA’ L’ULTIMA VOLTA!! Quello è un porcospino morto, squartato con i suoi stessi aculei!!!!!!!!”

 

So che non riuscirò a riprendermi da questa telefonata… l’orrido, lo schifoso, il viscido, il maniaco, il disgustoso porcospino che esce con Kaede… Oddio, mi devo sedere…. Mi sento male!

Certo, come non comprendere il suo ragionamento? Il grande Tensai, il fulgido genio, fuori scena e quindi lui che cerca di approfittare di quella incomprensibile amicizia che la Kitsune si ostina a provare per lui…

Io glielo ho sempre detto che deve stare alla larga dal MIO volpacchiotto, e invece quello continua a trascurare i miei saggi consigli… ma questa sarà l’ultima volta!!

E se… 

NO! Non riuscirà mai a far innamorare Kaede, perché lui è MIO e ama ME! Non che me lo dica, in realtà non ha mai pronunciato le fatidiche paroline, però… ripenso al suo tono di ieri… No, da questo punto di vista ancora non rischio… però con quel verme sempre in mezzo ai piedi, quel sorriso ebete sempre stampato sulla faccia… MA GLIELO TOLGO IO QUEL SORRISO! Bastardo provocatore!

“Hanamichi… Hanamichi!”

Mi sta per partire un pugno… ma fortunatamente mi accorgo che è mia madre…

“Che succede?” mi chiede preoccupata “Sono dieci minuti che stai urlando e prendendo a calci le sedie… ci cacceranno!” 

Non sembra arrabbiata, solo preoccupata per me, per me che dovrei essere invece il suo sostegno… ma io non resisto: del resto… le mamme non sono fatte apposta per sopportare gli sfoghi dei figli?

“L’orrido porcospino…” mormoro.

L’argomento è stato affrontato già altre volte, quindi è preparata.

“Che ha fatto Sendoh?” mi chiede costringendomi a sedermi e accostando la sua sedia alla mia.

“Siccome non ci sono, sta sempre appiccicato a…” mormoro.

Lei scoppia a ridere… certe volte manca davvero di tatto!

“Stai con un ragazzo bellissimo e affascinante, così altero e misterioso… pensi che non ci sarà sempre qualcuno che si innamorerà di lui? Ogni volta reagirai in questo modo?” mi chiede poi più dolcemente.

“Quello non è QUALCUNO! Quello è Akira Sendoh, l’amico di famiglia, il compagno di infanzia, l’unico rivale sportivo al suo livello…” continuerei all’infinito, anche se ogni parola è una stilettata.

“…ma lui ha scelto te…” conclude mia madre con calma.

Per qualche secondo la guardo stupito…

“…non mi tranquillizza… perché continua a frequentarlo?!” sbotto.

“Lo hai detto tu, sono amici. Lui prova per Sendoh quello che tu provi per Mito… pensi che Kaede sia geloso di Mito?” mi chiede.

“CHE C’ENTRA? Mito non è innamorato di me!”

“E’ lo stesso, tu non sei innamorato del tuo migliore amico così come Kaede non è innamorato del suo migliore amico…”

“EHI! Piano coi termini! Il suo migliore amico sono io!” cerchiamo di mettere subito in chiaro le cose! Però mi sono un po’ calmato…

Mia madre sorride di nuovo e scuote la testa…

In quel momento mi accorgo che un’infermiera ci si sta avvicinando:

“Signora Sakuragi… entri, il dottore vuole parlarle…”

 

LA NONNA SI E’ RIPRESA! E’ di nuovo cosciente… non ci posso credere!

La mia piccola grande nonna ce l’ha fatta!

Mia madre mi abbraccia forte, e noto che ci sono delle lacrime di felicità che le scorrono lungo le guance…

Possiamo entrare solo uno per volta. La mamma è la prima: la vedo, dall’altra parte del vetro, che si siede vicino al grande letto, poi si sporge e dà un bacio sulla fronte della nonna.

Sto con il naso schiacciato contro il vetro… mi sembra incredibile che dopo tutti questi giorni di sofferenza, finalmente la mia famiglia sia di nuovo felice!

Non posso entrare subito. L’infermiera dice che la nonna potrebbe stancarsi, così devo aspettare stasera…

 

La abbraccio, è così piccolina in questo letto, ma i suoi occhi vivaci mi dicono che è sempre lei, che non ci farà più spaventare in questo modo…

“Hana-kun…” mi dice.

“Nonna!”

Non mi siedo sul letto. Il mio dolce peso ci farebbe ribaltare, quindi mi sistemo in una sedia accanto a lei.

“Sei venuto anche tu con la mamma…” mormora, poi si interrompe per guardarmi: 

“Sono felice… La tua vecchia nonna ha cercato di andarsene, eh? Ma forse non è ancora tempo…” riprende sorridendo.

Mi fa impressione che dica queste cose, non voglio…

Le prendo la mano tra le mie. E’ fredda, allora gliela strofino dolcemente per scaldarla.

“Sei un bravo ragazzo, Hana-kun…” mi sussurra.

Io arrossisco. Dico sempre di essere un Tensai, di essere il migliore, il più fantastico e incredibile di tutti, ma in realtà so di scherzare… e quindi i complimenti mi imbarazzano.

“Sono felice che ti sia innamorato…”

Queste parole mi fanno rialzare la testa di scatto…

Mi sorride di nuovo:

“Me lo ha detto tua madre, ogni volta che telefonavo a casa vostra non c’eri…”

Arrossisco, non capisco ‘quanto’ le abbia detto la mamma.

“Sì, sei molto innamorato…” osserva al termine del lungo esame del mio volto…

“Ieri era Natale. Da noi è una festa molto consumistica, però voglio darti una cosa, una cosa che è solo in un certo senso un regalo per te…” si interrompe per riprendere fiato… ho quasi paura che si stia sforzando troppo… ma lei continua:

“Io mi sono sposata che era ancora tempo di guerra. Gli anni successivi non sono stati poi semplici per il nostro paese. La ricostruzione non è stata solo materiale… c’è stato un cambiamento che voi giovani non riuscirete mai a comprendere…” sembra persa nei suoi ricordi, ma poi riporta lo sguardo su di me “Quando io e tuo nonno ci fidanzammo, lui non aveva abbastanza soldi per un anello importante, così me ne comprò uno dicendomi che presto lo avrebbe sostituito con uno più ricco… io non volli mai cambiarlo, quell’anello d’argento era il simbolo del nostro amore forte e semplice…

Ora voglio darlo a te: il tuo impegno deve essere di regalarlo alla persona che ami davvero, la persona a cui ti guida il tuo cuore…”

Si sfila quell’anello che le ho sempre visto al dito, da quando ero piccolo. Scuoto la testa, non voglio che se ne separi… ma lei è molto decisa:

“E’ per te, voglio che diventi una tradizione, voglio che a portarlo sia un’altra persona felice per l’immenso amore che riceve…”

Lo prendo in mano. Ho gli occhi lucidi… Affondo la testa tra le braccia della nonna, e sento il suo bacio sui miei capelli…

“Buona Fortuna, Hana-kun…”

 

Deve davvero continuare così?

Ieri non mi ha voluto parlare, oggi non sono riuscito a trovarlo in nessuno dei posti che frequenta di solito… e così eccomi di nuovo qui, davanti al suo cancello, a sperare che mi lasci spiegare.

“Sendoh…” dice quando mi vede, ed il tono non è felice.

Non sono più Akira…

“Ciao Kaede”

E in un istante quello che ho fatto due giorni fa non mi sembra più una pazzia, ma la cosa più naturale da fare quando si ha davanti un ragazzo come lui. Dite che non sono buoni presupposti per dover porgere delle scuse? Beh… avete ragione.

“Mi sembrava di essere stato chiaro al telefono” il suo sguardo è duro. Siamo entrati in casa e siamo seduti uno accanto all’altro.

“Non potevo lasciare che i nostri rapporti rimanessero così…” mormoro, cercando di spiegare perché sono di nuovo qui.

“Pensi che sia colpa mia?”

Scrollo le spalle:

“Non è questione di colpe, Kaede. So che tu ritieni che io abbia tradito la nostra amicizia, ma il problema è che è parecchio tempo che quello che provo per te non è più solo questo…”

“Se hai intenzione di ricominciare questo discorso, sappi che io non ho voglia di ascoltarti…”

Rimango in silenzio, ma poi il sorriso torna sul mio volto:

“Voglio chiarire solo una cosa”.

Entrambi fissiamo le fiamme nel camino.

“Voglio che tu riconosca una sola cosa: io sono innamorato di te, qualsiasi cosa tu possa dire non cambierà i fatti. Il mio è un sentimento vero, e sono stanco, anzi… non posso sopportare che tu non ne voglia riconoscere la serietà…”

“Akira…”

“No!” lo interrompo “Non ho finito. E’ doloroso per me accettare quello che mi hai detto l’altro giorno, questo perché io sono sicuro che saprei renderti felice molto più di…” mi fermo. Non riesco nemmeno a pronunciarne il nome.. “Voglio che tu capisca che il mio non è un sentimento che io possa gestire a comando, per cui continuerò ad amarti… profondamente… e nel momento in cui tu avrai bisogno di me, io ci sarò sempre…”

Ce l’ho fatta. Ho detto quello che volevo.

“Ho capito” mi risponde. Ma poi riprende “Però devo dirti una cosa: io non voglio che tutto questo possa costituire un ostacolo alla nostra amicizia, o una sofferenza per te. So che non accetterai questo mio consiglio, ma io te lo darò comunque…” si volta a guardarmi “Guardati intorno, Akira. Non sono l’unico ragazzo di Kanagawa… non precluderti la felicità che potresti conoscere con qualcun altro…”

Le sue parole mi fanno nascere sul volto un sorriso amaro:

“Mi stai buttando tra le braccia di Koshino? Pensi che basti farti rimpiazzare per eliminare il problema?”

Lui si alza, tornando duro:

“Dovevo saperlo. Io ti ho ascoltato, invece tu non hai voluto comprendere le mie parole. Ma forse un giorno capirai…”

“Cosa? Che stai cercando di farmi mettere con Koshino solo per resistere alla tentazione di stare con me… che stai cercando di rinchiudermi in una gabbia per poter essere sicuro di non dover ripetere una scelta che forse per te non è più così chiara?”

Il suo sguardo adesso sembra solo triste:

“Non è così, Akira, non cercare di ingannare te stesso”.

“Mi dispiace, non riesco a credere che tu possa essere così definitivo… forse ci vorrà ancora tempo, ma poi ti accorgerai anche tu di esserti perso dietro a un amore falso…” lo fisso negli occhi, voglio che capisca bene le mie parole.

“Non continuare ad illuderti, Akira. Le cose non cambieranno per questo…”

“Allora spiegami una cosa, forse così sarà più facile convincermi: dimmi che ci trovi in quell’idiota, dimmi cos’ha che io non potrò mai darti!” ormai parla solo la mia disperazione, me ne rendo conto, ma DEVO sapere…

Kaede rimane ancora qualche istante in silenzio, ma poi, senza guardarmi, comincia a parlare:

“Non so dirti cosa abbia… se vuoi una classifica dei suoi pregi, non saprei fartela. Con lui sto bene, mi fa sentire… amato…” sembra che le sue parole non siano rivolte a me, è come se stesse cercando di rispondere alla mia domanda anche per se stesso.

“…pensi che io non ci riuscirei?”

Si riscuote, come se in questo momento fosse dimentico della mia presenza:

“Lui mi ama per me stesso, senza pensare alla bravura, alla bellezza o a tutte le altre cose che la gente vede in me. Quando stiamo insieme, io sento la necessità, il bisogno che ha di me, ed è una sensazione che non ho provato spesso nella vita.”

E’ serio, ma io non risparmio un doloroso sogghigno:

“E’ solo questo, allora: è il tuo primo amore, e quindi pensi che sia unico e perfetto. E’ meno grave di quanto pensassi…”

Mi volta le spalle:

“Va’ via, Akira. E’ inutile continuare a parlare…”

“Sì, vado via, però voglio dirti un’ultima cosa e chiederti un ultimo favore…”

Rimane in silenzio, quindi mi sento autorizzato ad andare avanti:

“Sembri deciso, e rispetterò quello che hai scelto, sebbene continui a non comprenderlo. Ti giuro che non cercherò più di costringerti ad accettare i miei sentimenti, però voglio che tu riconosca la loro profondità e non ti ostini più a negarli come vaneggiamenti di un ragazzino…” mi fermo, e mi sembra che lui annuisca lentamente.

“Il favore…” lo guardo dritto nei suoi occhi blu “…un abbraccio, un abbraccio amichevole e pacificatore dato al tuo più vecchio amico…” sorrido nel pronunciare queste ultime parole, e anche lui accenna un sorriso di rimando.

Vedo che mi si avvicina, e mi sembra un sogno. Alza le braccia e le stringe intorno alle mie spalle, io faccio passare le mie dietro la sua schiena…

Non dura che un istante, o forse dura parecchio e a me sembra che sia solo un attimo, poi lui si ritrae…

“Akira, è questo che siamo, vecchi amici, non roviniamo tutto…”

Non gli rispondo, non posso farlo, per me non è mai stato solo un amico.

 

Da quando la nonna si è ripresa, tra tutti noi della famiglia si respira un clima euforico.

La mamma ride di nuovo, è tranquilla… sollevata.

Eccola, che mi viene incontro, dopo essere stata nella stanza della nonna:

“Hanamichi… ” mi dice sorridendo “…ora che la nonna sta meglio, se vuoi puoi tornare a Kanagawa”.

La guardo stupito… cosa ha detto?!

“E tu? Non torniamo insieme?” le chiedo.

“Io penso di trattenermi qualche altro giorno… magari riuscirò a convincerla a trasferirsi da noi…”

Sono molto incerto, non so cosa dirle…

“Ma forse vuoi che rimanga con te… per farti compagnia… così non saresti sola…” mormoro.

La mamma scoppia a ridere:

“Ti ho già fatto il biglietto del treno… torna a ‘casa’… è quello che ti ci vuole…”

Stavolta me la prendo:

“Non vedevi l’ora di liberarti di me, eh?! Come pensi di cavartela senza il grande tensai?!” esclamo, un po’ scherzando e un po’ veramente dispiaciuto.

Lei continua a sorridere, ma stavolta parla seriamente:

“Non sai quanto ti sia grata di essere venuto sin qui con me… ma adesso è tempo che tu torni da lui… Natale è passato, ma forse fate ancora in tempo a festeggiare…”

E’ inutile… è proprio la mamma del Tensai!

 

Non ho telefonato a Kaede, ho deciso di fargli una sorpresa… e poi magari così pesco pure quello stronzo di Sendoh e gli cambio i connotati!

In treno, però, sono super-felice… non vedo l’ora di vedere l’espressione sorpresa sul suo viso -dovrà essere sorpreso, no? Non potrà essere così algido…- ma soprattutto non vedo l’ora di poterlo stringere tra le braccia…

In treno il viaggio sembra molto più lungo che all’andata, sarà la mia ansia di arrivare… Ogni stazione non vedo l’ora che le porte vengano chiuse e che il treno riprenda la sua corsa, sono insofferente, ma alla fine eccoci, riconosco la periferia della città, e poi il lungo ponte che porta alla stazione centrale. Dal microfono la stessa voce femminile che ha scandito i nomi di tutte le stazioni ci annuncia di prepararci, perché stiamo per entrare in stazione.

Scendo dal treno e comincio a correre per non perdere la coincidenza, ecco laggiù l’altro treno fermo… faccio un ultimo scatto e salto sul primo vagone.

Riprendo fiato, ma non sono stanco per la corsa: il mio fiato corto è dovuto alla strana agitazione ed emozione che mi dà il sapere che tra poco rivedrò Kaede. Guardo l’orologio per la milionesima volta… a quest’ora dovrebbe essere agli allenamenti… in effetti dovrebbero riprendere oggi.

Scendo alla fermata dello Shohoku, cammino velocemente, e per la prima volta mi accorgo dei mucchi di neve ai lati della strada… mi viene da sorridere: torno dalla montagna e trovo neve anche qui!

Ma non mi soffermo troppo a pensarci… ho altro da fare…

Ecco la palestra… quasi mi trema la mano, mentre giro la maniglia…

Si sta disputando una partita di allenamento. Cerco subito con gli occhi la mia Kitsune: eccolo lì, Miyagi gli ha passato adesso la palla, ecco che salta Mitsui, ora ha di fronte Akagi… la marcatura del capitano lo costringe a fermarsi e a voltare le spalle al canestro… sicuramente ora passerà a Kogure… NO! Salta inarcando la schiena… e insacca uno incredibile e imprendibile dunk all’indietro!

Tutti rimangono allibiti… ma io no, io so che lui è capace di questo ed altro… 

Poi, mentre atterra dolcemente, vedo che finalmente i suoi occhi incontrano i miei…

Il suo sguardo rimane incatenato al mio quando comincia a dirigere i suoi passi verso di me, mentre cammina prima lentamente poi sempre più velocemente, e mentre si mette a correre per coprire gli ultimi metri che ci separano.

Allargo le braccia per abbracciarlo, ma lui mi prende ancora una volta alla sprovvista, perché termina la sua corsa con un salto, avvolgendomi le gambe intorno alla vita e le braccia intorno al collo…

Sento i suoi capelli che accarezzano la mia bocca, mentre il suo viso è affondato nella mia spalla… di tanti saluti di bentornato ne ha scelto uno che non dimenticherò tanto facilmente…

“Ehi, volpacchiotto… hai sentito la mancanza del Tensai, eh?!” gli mormoro scherzosamente nell’orecchio.

Lui all’inizio non risponde, ma poi gli esce un ‘do’aho’ che mi fa sentire di nuovo a casa…

Sono così felice che mi metterei ad urlare, e invece comincio a girare su me stesso, stringendo forte Kaede contro il mio petto… sì, è questa la felicità, averlo vicino a me, ed è una felicità di cui io non voglio più privarmi!

Provo a girare la testa per baciarlo, ma lui continua a nascondere il volto nella mia spalla, impedendomelo.

Ad un certo punto mi costringe a lasciarlo scendere, sebbene io non voglia. Lo guardo in viso, e, sebbene abbia avuto il tempo per mascherare la propria emozione, scorgo ancora del rossore sulle sue guance. Gli metto il braccio intorno alle spalle, e ci avviciniamo al resto della squadra.

In tutto questo tempo sono rimasti a guardarci allibiti, ma adesso stanno cominciando a chiedere come sto, e poi notizie sulla nonna.

Rispondo brevemente a tutti loro, poi mi rivolgo ad Akagi:

“Ehi Gori… niente in contrario se mi porto via la volpaccia? Domani gli farai fare allenamento doppio…”

Sembrano essersi messi tutti d’accordo, perché mi arriva un:

“DO’AHO!!!” cumulativo. Ma poi il capitano fa una specie di ghigno, che credo debba essere un sorriso, e dice:

“Lui domani farà allenamento normale, sarai tu invece a farlo doppio!”

Incasso sorridendo. Potrei farlo anche triplo… non me ne importa un bel niente!

“Grazie” rispondo, trascinandomi via Kaede.

“Fallo mangiare un po’ di più!” sulla porta mi raggiunge l’urlo di Mitsui, e io annuisco sorridendo… ho notato subito che è ancora dimagrito, ma il Tensai farà riprendere questa volpe inappetente!

 

Non so come mi sia venuto in mente di saltare in braccio al do’aho… ma quando l’ho visto che sorrideva dal fondo della palestra, guardandomi negli occhi, non sono più riuscito a ragionare ed ho seguito il mio istinto, per una volta …

Lui mi ha tenuto stretto, comunicandomi tutto il suo calore… e mi sono chiesto ancora una volta come ho fatto a stare senza di lui per tutti questi giorni…

Ancora non mi sono completamente ripreso, e mi dà fastidio che lui cerchi di studiare la mia espressione… ecco che adesso fa una stupida battuta con il capitano… stupida? Ci permette di andare a casa prima, e questo non è solo un suo desiderio…

 

Entriamo in casa ancora abbracciati. Quando chiudiamo la porta alle nostre spalle finalmente posso baciarlo… lui dischiude la bocca lasciandomi guidare il nostro bacio.

Deve durare parecchio, perché alla fine siamo entrambi senza fiato. Kaede accende la luce, e posso rivedere la ‘nostra’ casa… quanto mi è mancata! Oddio, c’è un enorme e bellissimo albero di Natale!

Come un bambino, accendo le lucine intermittenti, spengendo poi tutte le altre lampade della stanza…

Mi riavvicino a Kaede, abbracciandolo da dietro…

“E’ bellissimo, Ede…”

Lui non mi risponde, ma stringe le mie mani con le sue.

“Lo hai fatto tutto da solo?” chiedo ammirato.

“Beh… veramente no” mi risponde.

Mi stacco e mi porto di fronte a lui:

“Ohi Kitsune, mica ti sarai fatto aiutare da quell’orrido porcospino che continua a girarti intorno!” chiedo con una gelosia MOLTO malcelata.

Scuote la testa:

“Mi hanno aiutato Mitsui e Kogure…”

Tiro un sospiro di sollievo, ma decido di affrontare l’argomento Sendoh:

“Quello ti è stato sempre addosso, vero?”

“Siamo amici, ha cercato di farmi compagnia…” mi dice con noncuranza.

“Niente altro?” indago con tono sospettoso, ma la sua espressione fa svanire molti dei miei fantasmi:

“Niente altro di importante, do’aho…”

Non è proprio la risposta che aspettavo, ma va bene lo stesso. Come ha detto la mamma, Kaede ha solo amicizia per il porcospino… quel verme schifoso non ha nessuna speranza.. e presto lo saprà anche lui, a suon di pugni! Parola di Tensai!

Comunque adesso ho altro da fare…

“Kitsune, io proporrei di andare di sopra…” dico con tono mooooolto allusivo.

Lui mi guarda sorpreso:

“Pensavo volessi scartare il tuo regalo di Natale…”

Evito qualche facile battuta su ‘chi’ vorrei ‘scartare’ adesso, e poi in certe cose sono un po’ infantile… voglio vedere cosa mi ha regalato la mia Kitsune!

“Certo che voglio vedere il mio regalo, baka! Però…” aggiungo mestamente “…io non ho potuto prenderti niente…”

Lui accenna un sorriso e mi dà un bacio sulla fronte:

“Sei tornato, do’aho…”

Oddio, io non ce la faccio ad aspettare… ora ‘agisco’ qui, sul divano, subito!

Mi porta sotto l’albero, e mi porge uno dei due pacchi.

“Per chi è l’altro?” non riesco a evitare di chiedergli. Se risponde ‘Akira’, è la volta che regalo alla mamma una stola di volpe!

“Per tua madre, a tua sorella l’ho già dato” mormora.

Ah, ora il Tensai è molto più tranquillo…

Prendo il pacchetto e comincio ad osservarlo… in realtà non è tanto ‘etto’… qualcosa per il basket? 

“Aprilo, invece di stare a fissarlo come un ebete…” 

Perché a volte deve essere così privo di tatto?

Comunque lo scarto… e quasi mi viene da piangere…

E’ la racchetta di Agassi, quella che abbiamo visto insieme, e che costa una fortuna…

Accidenti! Non me l’aspettavo…

Lo abbraccio forte.

“Dovrai farmi vedere se sei davvero il Tensai del tennis…” mi prende in giro dolcemente. Ma io non replico… adoro questo mio volpacchiotto, solo apparentemente algido e presuntuoso. Lo adoro, e vorrei tenerlo legato a me per sempre, il MIO volpacchiotto, il MIO Kaede…

Continuo ad ammirare il regalo, poi lo appoggio sul tavolo e mi riavvicino a lui, prendendogli una mano tra le mie… Deve aver letto lo sguardo nei miei occhi, perché sorride e si lascia guidare da me…

 

Abbiamo fatto l’amore, ed è stato fantastico e dolce come sempre. 

I nostri respiri si stanno regolarizzando, e le sue dita cominciano ad accarezzarmi piano i capelli… spingo forte la testa tra la sua spalla e il collo:

“Ehi, volpacchiotto, mi piace quando ti strofini così:  sembri un gatto… manca solo che cominci a fare le fusa...” mormora divertito, soffiandomi le parole vicino all’orecchio.

Perché, perché deve sempre parlare!

Finalmente sta un po’ in silenzio… 

Continua a massaggiarmi, avvolgendomi stretto con il braccio libero: come al solito, o forse più del solito, sembra aver paura che possa volare via.

Improvvisamente mi chiede:

“Hai sentito la mia mancanza, Kaede?” il suo tono è stranamente serio. Sono un po’ stupito, a dire il vero: pensavo che il mio involontario ‘show’ pomeridiano in palestra non potesse lasciare adito a dubbi.

“Tu cosa pensi?” non riesco, è inutile, non riesco a pronunciare parole troppo romantiche.

“Penso di sì, perché anch’io ho sentito moltissimo la tua…”

Lo so che ha sentito la mia mancanza, e so anche quanto mi ama: prima, mentre facevamo l’amore, è stato dolcissimo e tenerissimo, ha cercato di trattenere la sua passionalità e l’irruenza, normali dopo un lungo periodo di lontananza, perché voleva che tutto fosse splendido e perfetto…e lo so per come mi guarda ora, per il suo sguardo innamorato e ‘caldo’…

 

 

Gli chiedo se ha sentito la mia mancanza.

“Tu cosa pensi?” mi chiede senza rispondere.

“Penso di sì, perché anch’io ho sentito moltissimo la tua…” mormoro.

Lo bacio di nuovo, portandomi sopra di lui. La mia bocca scivola lungo il suo viso, per poi fermarsi sul suo collo. Sento le sue braccia salire nuovamente a stringermi le spalle.

Adesso le mie labbra risalgono verso il suo orecchio:

“Ti amo tanto… non voglio più stare neanche un giorno senza di te…” gli sussurro piano.

Lui non risponde, ma le sue dita sottile cominciano ad accarezzarmi leggermente la nuca, scompigliandomi i capelli.

Sto impazzendo, essere di nuovo con lui è indescrivibile… sono pazzo di Kaede, so che sarei in grado di fare cose insospettabili pur di rimanergli per sempre accanto…

Non mi trattengo, ci siamo appena rivestiti ed io lo spoglio di nuovo. Non riesco a controllare le mie mani che scorrono sulla sua pelle… i miei occhi adesso sono fissi nei suoi: gli sorrido, e anche lui sorride, annuendo…

 

“Forse dovremmo rifarci la doccia…” mi sussurra piano.

“Hn…” oddio, ‘parlo’ di nuovo come lui… mi metto a ridere da solo.

“Che ti prende, do’aho?!”

Non gli rispondo, ma mi tiro a sedere sul letto, poggiando i piedi sul pavimento:

“Hai ragione, bisogna rilavarci…”

Mi alzo ed entro un momento in bagno, poi torno nella nostra stanza, avvicinandomi al letto.

Lo guardo sogghignando, ma lui, fortunatamente, non ha capito le mie intenzioni, e così lo prendo alla sprovvista: gli passo un braccio sotto le ginocchia e l’altro intorno alle spalle e lo sollevo fino a farlo poggiare sul mio petto…

“Che diavolo ti viene in mente! Lasciami…” si lamenta. Ma nonostante non sia agevole trasportare un giocatore di basket recalcitrante, non desisto.

Entriamo in bagno e mi avvicino alla vasca, ormai quasi completamente piena di acqua e schiuma:

“Non volevi fare il bagno?” gli chiedo continuando a sogghignare, davvero come un do’aho.

Lo adagio nell’acqua, e mi ci infilo anch’io…

La vasca è molto grande, rotonda…

Mi siedo appoggiando la schiena al bordo, e faccio in modo che Kaede si sistemi tra le mie gambe, addossando la sua schiena contro il mio stomaco. Gli passo le braccia intorno al petto, stringendolo forte…

Poi gli prendo una mano tra le mie, giocando con le sue dita lunghe e affusolate…

Gli giro un po’ la testa, quel tanto per poterlo baciare:

“Buon Natale, Kae-chan…”

Risponde al mio bacio. Quando ci separiamo mi guarda, e i suoi occhi sono così belli, così limpidi… poi guarda la sua mano, quel dito al quale ho infilato il mio regalo di Natale…

E’ sorpreso, e, quasi per la prima volta, lo vedo arrossire…

“Hana… cos’è…”

Scoppio a ridere, forse è la tensione…

“E’ il mio regalo alla persona che amo davvero, alla persona a cui mi guida il mio cuore…” sussurro, citando le parole della nonna.

Lui è ancora stupito, si guarda la mano a cui ho infilato quello splendido anello di argento lavorato…

Gli racconto tutto, della nonna, delle sue parole…

Lui non mi guarda mentre io parlo, e così verso la fine comincio a preoccuparmi… che si sia offeso? Che ritenga questo un impegno troppo pesante?

“Kae-chan… che succede? Se… se non lo vuoi portare lo capisco…” provo a mormorargli.

Ma stavolta il grande intuito del Tensai deve aver fatto cilecca, perché lui mi stringe la mano con la sua, e mi nasconde il viso nella spalla…

“Amore… che succede…” sussurro, cercando di alzargli la testa per poterlo guardare in viso…

Finalmente si lascia guardare, i suoi occhi sono lucidi… 

“Kae-chan… cos’hai?” ripeto ancora.

“Grazie Hana… lo porterò sempre…”

Sento un improvviso e celestiale suono di campane… la mia volpaccia l’ha detto!!!

A questo punto è totalmente inutile che cominciate a sottolineare che in realtà non ha pronunciato le fatidiche paroline, è come se l’avesse fatto! Ed io non ho la minima intenzione di farmi influenzare dalla fiscalità delle vostre menti ristrette… ha detto che porterà il mio anello… che diavolo ci si può leggere se non che mi ama, anche se non quanto io amo lui?

Lo abbraccio stretto, e lui si abbandona contro il mio corpo, lasciandosi sostenere dalle mie braccia…

 

Chi diavolo è a quest’ora!!!! E’ l’alba!!!

Forse finirò per fare mio il motto della volpe: non perdono chi disturba il mio sonno!!!

Non voglio alzarmi, sto troppo bene con Kaede tra le braccia…

Ma lui ad un certo punto comincia a muoversi, poi a stiracchiarsi…

Intanto il campanello continua a suonare… vabbè, vado io.

“Un pacco per il signor Rukawa..” mi dice il tizio del corriere.

Firmo io, poi in quattro, tutti nerboruti, portano l’enorme pacco dentro casa.

Tornano poi con altri due pacchi più piccoli…

Salgo le scale due gradini alla volta:

“Kae-chan… c’è qualcosa per te, giù…” gli mormoro abbracciandolo.

“Hn” e si gira dall’altra parte.

“Ehi! E’ un pacco enorme, un regalo di Natale per te…”

Solleva un po’ la testa: ha gli occhi ancora chiusi e i capelli spettinati…

“Aprilo tu…” mormora, prima di rituffarsi nel cuscino.

Mi siedo vicino a lui e lo abbraccio, sollevandolo. Mi piacerebbe che per una volta si abbandonasse alla volontà del grande Tensai, e invece si ostina ad opporre resistenza. 

Riesce a sciogliersi dal mio abbraccio, tenendosi in piedi da solo.

“E’ proprio necessario che venga giù?” mugugna tra uno sbadiglio e l’altro.

“Sì! Sono curioso!”

E così scendiamo nel soggiorno.

Anche lui ha un moto di sorpresa quando vede le dimensioni del regalo…

Si avvicina e prende il biglietto.

 

“Buon Natale e Buon Compleanno, Kae-chan.

 Andate piano

Papà”

Questo biglietto non mi sembra molto chiarificatore… forse farei prima a scartare il regalo…

“Guarda, ci sono anche questi due pacchi più piccoli…” mi fa notare il do’aho.

Lo guardo, è eccitato come un bambino… in certe cose lo è ancora.

“Tu apri quelli, io aprirò questo grande.”

E facciamo così. Solo che io non posso credere a quello che vedo… non è possibile! Mio padre stavolta ha esagerato… e poi di solito è così cauto quando si tratta di darmi in mano qualcosa che considera pericoloso…

“Kitsune… a me questo sembra un casco…”

Il do’aho mi guarda mostrandomi un bellissimo casco integrale con il fondo nero e colorato come una specie di cielo stellato e tutte striature con i toni del blu.

“Apri anche l’altro…” lo esorto.

Tira fuori un secondo casco, questo, sempre con fondo nero, ha le striature sui toni del rosso.

Non so perché, ma mi viene da ridere…

“Penso che quello sia il tuo, dohao!”

Lui mi guarda perplesso:

“Ma che ci dobbiamo fare? Cioè… IL GRANDE TENSAI HA CAPITO!!!!” mi urla nell’orecchio.

Lo guardo perplesso.

“Sa che ti addormenti in bicicletta e allora ha deciso di regalarti un casco… anzi due, uno di riserva!”

Scuoto la testa:

“Se non lo vuoi, peggio per te, lo userà qualcun altro…” mormoro, poi aggiungo “Vieni, finiamo insieme di scartare questo grande…”

“KAEDE!!!” strilla quando capisce, ma fortunatamente è così sorpreso che non è in grado di aggiungere altro.

Davanti a noi c’è una bellissima moto da strada. Ha le carenature lucidissime e la carrozzeria blu e nera… riconosco anch’io che è un modello fantastico!

“Mio padre si è superato” osservo, sorridendo.

Il do’aho apre e chiude la bocca due o tre volte, senza riuscire ad emettere suoni, poi comincia a saltare e a urlare per tutta la casa…

“UNA MOTO! UNA MOTO!!! Il Tensai ora ti porterà a fare un giro… io sono un grande campione di motociclismo… il migliore!”

“Sicuro di saperla guidare?” gli chiedo.

“Metti in dubbio l’abilità dell’unico, grande, fantastico…”

Lo interrompo. Mi farà diventare matto, se continua ad urlare in questo modo!

“Vestiamoci allora…”

Dopo pochi minuti siamo pronti, prendiamo i caschi e facciamo uscire la moto. Non mi fido molto di Hanamichi-pilota, ma forse mi sbaglio…

“Te la senti davvero di guidarla?” gli chiedo.

Lui non mi risponde, guarda la moto, poi guarda me, poi riguarda la moto…comincio a chiedermi quanto impiegherà per decidersi a partire...

Ma lui mi si avvicina e mi prende la mano, quella stessa mano dove brilla l’anello che mi ha regalato.

“Stavolta guida tu. Io devo fare un po’ di pratica…” ammette a malincuore.

Gli sorrido:

“Non ti preoccupare, ti insegnerò io” lo rassicuro.

Salgo e lui monta dietro di me, abbracciandomi stretto.

Partiamo. 

Non so dove arriveremo, so solo che voglio correre costeggiando la spiaggia, per ammirare insieme ad Hanamichi la bellezza delle onde che si infrangono sugli scogli innevati…

Il nostro Natale è oggi… e quando torneremo farò scoprire al mio do’aho anche la tradizione del vischio… 

 

THE END   





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