I
personaggi di Slam Dunk non mi appartengono, etc etc…
Per Ria, per la possibilità che ci dà di leggere tante storie appassionanti.
Per Nausicaa, grazie alla quale Sendoh ha avuto ‘diritto di replica’…
thank you per la disponibilità, i consigli e le revisioni.
Un
saluto a Calipso.
Dimenticavo..
sempre HanaRu!
Lontananza
di
Greta
“Allora, che te ne pare?” il do’aho
mi sta sfilando davanti con la sua nuova giacca di pelle “Non mi fa
sembrare un figo da paura?”
Il
mio sguardo deve essere un po’ critico, perché vedo la sua espressione
cambiare lentamente, e il suo tono diventare stridulo… So già cosa dirà,
e infatti:
“Baka
Kitsune! Stai forse mettendo in dubbio la prestanza dell’unico solo grande
genio del Basket mondiale?!”
Scuoto
la testa e non gli rispondo. Non gli ho mai risposto quando è preda dei
suoi attacchi di idiozia, perché farlo ora?
“Dai,
usciamo… voglio sfoggiarla un po’…” lo dice ridendo, ma so che un
po’ è vanitoso. Io, invece, non lo sono affatto. Penso che molta gente
creda che io lo sia, eppure non è così: non me ne è mai importato un
accidente del mio aspetto fisico, e le uniche volte che ho studiato il mio
abbigliamento, è stato perché volevo stupire il mio do’aho… del
giudizio degli altri non me ne sono mai curato.
Prende
il mio giubbotto in mano, e con l’altro braccio mi tira per costringermi
ad alzarmi dal divano. Lo osservo: in effetti la lunga giacca di pelle nera
non gli sta affatto male… sembra appena uscito da ‘Matrix’… certo,
non fosse che per i suoi capelli rossi…
Usciamo.
Fa freddo. Manca poco più di una settimana a Natale e le vetrine sono un
tripudio di luci. Questi sono giorni in cui possiamo riposarci: il
campionato nazionale non è terminato, ma sta osservando la pausa invernale,
e solo dopo capodanno cominceranno le partite più impegnative.
E’
strano, sono con Hanamichi e penso al basket, gioco a basket e penso a
lui… ormai sono le uniche cose che riempiono la mia vita… fortunatamente
sono passati quegli strani giorni in cui le nostre vite erano influenzate
dalla presenza di Yamoto Gunami… ogni tanto ci ripenso e mi stupisco
ancora di come quel ragazzo abbia potuto, anche se solo per qualche istante,
farmi sentire debole… ma so che nessun altro ci riuscirà. Ho dimostrato
ancora una volta di essere forte, di granito… nessuno può scalfirmi.
E’
tanta la gente che ha deciso di approfittare di questo pomeriggio per darsi
allo shopping. A me non piace andare per negozi, ma so che dovrò comprare
un regalo per la mia scimmia rossa, e così questa può rivelarsi una buona
occasione per capire cosa potrebbe piacergli.
Accidenti!
I negozi che lo attirano di più sono quelli di dolci e cose da mangiare! A
volte sembra davvero un bambino di tre anni… penso che forse potrei
regalargli un enorme lecca-lecca a forma di scimmia, ma non sono sicurissimo
che apprezzerebbe…
“Ehi
kitsune, se ci fermassimo per la merenda?” mi chiede con il tono petulante
che sfoggia nei suoi attacchi di infantilismo cronico.
Io
annuisco, ma in realtà sono un po’ sorpreso: appena prima di uscire è
riuscito ad ingurgitarsi di tutto… forse il problema è che io raramente
ho fame, anzi, se non fosse perché devo tenermi in forze, molto spesso mi
dimenticherei di mangiare, però sono anche convinto che il suo modo di
nutrirsi abbia oggettivamente qualcosa di patologico.
Hanamichi
vuole provare il nuovo locale che hanno aperto al decimo piano della torre
di Kanagawa. Per me un posto vale l’altro, quindi saliamo.
“Che
ne dici di cioccolata con panna, torta alle noci e… torta con frutti di
bosco?”
Sono
schifato… ma come fa? A volte mi chiedo se non sia un extraterrestre
piombato qui dal pianeta di Mangionia.
Io
ordino un tè e una fetta di
torta di mele… che fa sempre tanto America.
Noto
che mi guarda, mentre beve la cioccolata. E’ buffo come non riesca a
nascondermi più nessuno dei suoi pensieri. E infatti adesso, mentre osservo
come il suo sguardo mi accarezza, so che sta pensando a noi, alla nostra
felicità, e al fatto che non potrebbe più vivere senza di me.
Sorrido,
ma senza cambiare la mia espressione esteriore. Anch’io sono felice,
sebbene non riesca e non voglia mostrarlo così apertamente.
“Com’è
la tua torta, Kitsune?” mi chiede.
Mi
limito ad allungargli il piattino su cui mi è stata servita, ancora quasi
intatta.
Lui
arrossisce, poi protesta:
“No,
devi mangiarla tu! Volevo solo sapere com’era…”
Mi
piace vederlo così confuso.
“Non
ne ho più voglia. Se la vuoi…” non termino la frase, e ricomincio a
bere il mio tè.
“In
effetti ho ancora un po’ di fame…” ammette pensieroso, ma poi si
scuote “…ma tu mangi troppo poco! Devi finirla.”
“E
perché?” chiedo con noncuranza.
“Perché
lo dice il Tensai!” è strano, sapevo che avrebbe risposto così, eppure
ho voluto dargli lo stesso lo spunto per la sua battuta preferita…
“Sai
bene che per me questo non è un motivo…” osservo.
“Baka!
Smettila di essere acido come uno yogurt, e mangia quella torta!!!” urla.
Noto
che alcune persone si voltano verso il nostro tavolo, ma non me ne frega
niente, anzi… non ‘ce’ ne frega niente.
Sorrido,
stavolta dolcemente.
“Davvero
non ho fame, do’aho. Se vuoi, mangiala tu…”
Finalmente
si convince, e, sebbene continui a parlare di ‘pelle e ossa’, ‘anoressia’,
‘ricette del tensai’… termina il dolce.
Prima
di lasciare il locale, ci fermiamo ad osservare la città dalla terrazza.
Tutto è piccolo e indistinto, eppure allegro. Le luci fanno
quest’effetto…
Sento
la mano di Hanamichi stringere la mia nella tasca della mia giacca. Ricambio
la stretta, ma non mi giro a guardarlo. I miei occhi cercano il nostro
quartiere, la nostra casa, come se da quassù si potessero scorgere. Sto
sempre bene con lui, nonostante i suoi innumerevoli difetti, che SOLO per il
suo bene continuo a rimproverargli, ma ho anche voglia di tornare nel nostro
piccolo regno: i posti affollati mi mettono a disagio, a meno che non siano
campi da basket. Per il resto, mi sento bene solo tra le mura della nostra
casa.
Riprendiamo
la nostra passeggiata. Camminare diventa sempre più complicato, con la
chiusura degli uffici si è riversato sulla strada un altro fiume di
persone.
Ci
fermiamo davanti ad un negozio di abbigliamento sportivo. Ormai questo
genere mi annoia, abbiamo entrambi centinaia di tute e divise, e riesco a
farmi catturare solo dalle scarpe, che per uno sportivo sono la cosa più
importante.
“Ehi
baka…”
Perché
deve strillarmi nell’orecchio anche se ci dividono solo dieci centimetri?
Lo
guardo con un’aria un po’ seccata, ma lui neanche se ne accorge.
“Guarda
quella racchetta… è proprio uguale a quella di Agassi!”
Non
sa il nome di neanche uno dei tantissimi campioni dell’NBA, e conosce quel
cretino rapato?!
“Mph!”
spero che gli sia chiaro che a me del tennis non frega niente.
“Lo
sai che quando ero piccolo giocavo?”
No,
non lo sapevo, come non so tantissime cose della sua vita… la mia scimmia
rossa che gioca a tennis? E’ buffo, ma non riesco proprio a vedercelo.
Deve
aver notato il mio leggero sorriso, perché esclama:
“Ohi,
volpaccia! Ero quasi un campione! Mi chiamavano il McEnroe…”
“…dei
poveri!” non riesco a fare a meno di concludere per lui.
Si
ferma come inebetito, poi mi volta le spalle con un’aria profondamente
offesa.
Camminiamo
senza parlare: io ho la tentazione insolita di scoppiare a ridere, e invece
continuo a mantenere la mia espressione impassibile.
“…di
Kanagawa…” mormora.
“Cosa?”
che diavolo sta dicendo?!
“IL
MCENROE DI KANAGAWA!!” urla trapanandomi il timpano.
“Beh…
allora dovevi essere bravo…” sì, ho deciso di essere clemente, sarà
l’atmosfera natalizia.
“Certo,
una volta in una partita contro…” comincia a raccontarmi tutte le sue
imprese sportive, eppure noto che non dice mai di essere stato l’unico
Tensai del tennis mondiale. Questa cosa mi insospettisce: non sapeva tenere
in mano il pallone da basket e diceva di essere il solo, il grande, il
fulgido genio della pallacanestro, e del tennis non dice niente? Non so
perché ma comincio a pensare che non sappia neanche tenere in mano una racchetta.
Al
termine della cronaca delle epiche gesta del tensai, siamo arrivati a casa.
Durante le sue chiacchiere ininterrotte, io ho fatto in tempo a comprare
qualcosa da mangiare e anche un regalo per sua madre, una collana di ambra
che spero davvero le piaccia.
“Kae-chan…”
Comincio
a temere: quando inizia così in genere c’è un’unica conclusione…
“Davvero
hai fame?” mi chiede avvicinandomisi e cominciando a giocare con i miei
capelli.
“Io
non ho mangiato otto fette di torta…” noto candidamente.
“Sei
tu che non hai voluto terminare la tua…” le sue mani sono già intorno
alla mia vita.
Non
rispondo, stavolta il suo ragionamento è inoppugnabile.
Si
sporge verso di me e mi bacia, poi appoggia la sua fronte contro la mia:
“Che
ne dici se andassimo su?” vedo l’impazienza e la passione dipinte sul
suo volto, ma anch’io ho il suo stesso desiderio, e quindi non mi faccio
pregare troppo per salire nella nostra stanza.
Siamo
abbracciati, stanchi ma felici. Le braccia di Hanamichi continuano a
stringermi. E’ sempre così, è come se avesse paura che io possa
sfuggirgli di mano.
Riesco
a liberarmi, ho bisogno di una doccia.
“Dove
vai, volpe?!” mi chiede con la voce impastata dal sonno, poi si sporge,
catturandomi un braccio. Riesce a ributtarmi sul letto… le sue mani
accarezzano di nuovo la mia pelle.
Ci
vuole poco per perdere di nuovo la testa. Stiamo per…
Driiiiinnnn,
Driiiinnnn!!!
Il
suono del telefono è davvero impietoso.
“CAZZO!!!”
urla Sakuragi.
A
me viene da sorridere, mi ricorda un’altra situazione analoga… forse
anche questa volta è Mitsui!
Risponde
lui.
“PRONTO!!!!”
urla nel ricevitore, evidentemente sperando di scoraggiare
l’interlocutore.
“COSA????”
non riesco a capire perché debba trapanare le mie orecchie più di un
martello pneumatico.
“Sì…
sì, ho capito… ma…” si interrompe, sento una voce concitata
fuoriuscire dal microfono, poi lui si riprende, cerca di farsi sentire, ma
sembra preoccupato…
“…sì,
mamma, questo me l’hai già detto… sì, domani? DOMANI???”
improvvisamente il suo tono assume una sfumatura di terrore.
“..ma…
no… sì… MAMMA!!! Ho capito… va
bene… ok, a domani. Ciao”
Hanamichi
rimane a fissare il ricevitore che ha rimesso a posto sulla forcella, resta
immobile, dandomi le spalle.
Mi
ributto indietro sui cuscini, però gli accarezzo piano la schiena. Aspetto
che mi dica lui cos’è successo.
Non
è possibile… non è possibile! Sento la voce concitata di mia madre, e
inizialmente non riesco neanche a capire cosa dica. Spezzoni di frasi,
qualche parola: deve partire, la nonna ha avuto un attacco cardiaco, sta
malissimo, è in ospedale.
Non
ho mai sentito mia madre piangere, e invece adesso la sua voce è tremante,
poi si rompe in un singhiozzo.
“Hana-chan,
devo andare… ho paura…”
Mia
madre non ha mai avuto paura di niente. Con il suo lavoro, è sempre stata a
stretto contatto con la morte, e invece adesso è terrorizzata. Mi fa
impressione…
“Il
treno, domani mattina prenderò il treno… e.. se non dovessi arrivare in
tempo?” la sua voce esita e si abbassa nel pronunciare queste parole…
“Verresti
con me?” si interrompe “Scusami, non dovrei chiedertelo, solo…
solo…”
La
tranquillizzo:
“Ho
capito…va bene… ok, a domani…”
Il
suo tono è più calmo, mentre mi saluta con un bisbiglio.
Sono
sconvolto da quello che ho promesso, ma era mio dovere farlo. Continuo a
ripetermelo mentre guardo il ricevitore che ho appena messo giù.
Improvvisamente
sento la mano di Kaede accarezzarmi lentamente la schiena.
Mi
giro verso di lui, lo guardo a lungo negli occhi, prima di abbracciarlo.
Affondo il viso nel suo collo, lo bacio e lo stringo sempre più forte.
Le
sue mani cominciano ad accarezzarmi i capelli…
“Mia
nonna… sta male…” riesco a mormorare.
Il
suo braccio mi passa intorno alle spalle, avvolgendomi.
“Devo
accompagnare mia madre, domani…”
Mi
puntello sulle braccia per guardarlo in viso. Non mi vergogno di mostrarmi
sconvolto, so che la mia Kitsune è in grado di capirmi:
“Ho
trascorso tutta la mia infanzia con i nonni. I miei genitori lavoravano, e
sin da allora mia madre aveva dei turni massacranti, in ospedale…”
Kaede
mi ascolta attento, il suo sguardo è pieno di calore.
“Praticamente
mi ha fatto da madre, e poi, quando mio padre… beh, lei ci ha
aiutati…”
Mi
mette le braccia intorno al collo e mi attira su di sé. Mi perdo in questo
nostro bacio, in cui leggo tutto il suo desiderio di starmi vicino.
Vorrei
tanto non doverlo lasciare, non dovermi staccare da lui nemmeno per un
secondo… e invece…
“A
che ora partite?” mi sussurra.
“Il
treno è alle otto e mezzo” rispondo tristemente.
Alzo
la testa e lo guardo in viso: mi piacerebbe tanto che venisse con me, ma so
che non è possibile. Con tutta la concitazione dovuta alla situazione della
nonna e tutti i parenti riuniti, non mi sembra un’idea molto intelligente
farmi accompagnare dalla mia Kitsune… sicuramente lui si sentirebbe a
disagio, e, anche se mi piacerebbe fargli conoscere la mia piccola grande
nonna, penso che questa non sia l’occasione più adatta… già, la mia
piccola-grande nonna… prego che ce la faccia, come sempre… è una donna
forte, DEVE farcela!
“Kaede…”
sussurro.
Lui
alza lo sguardo su di me. Si vede che sta aspettando quello che ho da
dirgli: ha un’espressione seria… so che vorrebbe potermi aiutare…
“Se…
se dovessi avere bisogno di te… mi raggiungerai?” gli chiedo.
Lui
sorride, uno di quei suoi sorrisi dolcissimi e rari.
“Ci
puoi contare, do’aho” mi risponde, stringendomi le mani.
Gli
sorrido e affondo il viso nei suoi capelli. Lo so che mi ha dato del
deficiente, ma è il suo modo di essere affettuoso. So bene che da lui non
riceverò mai frasi sdolcinate, ma non le voglio neanche: lui è così, ed
io lo amo da impazzire per come è, non cambierei assolutamente niente…
Ci
alziamo presto, la mattina dopo. Kaede mi aiuta a fare la valigia.
Siamo
molto silenziosi, forse entrambi stiamo pensando che per un po’ non
potremo a stare insieme…
Io
certamente lo sto pensando…
“Beh,
il treno parte fra poco…” mormoro.
“Ti
accompagno alla stazione” il suo tono è categorico, come sempre. Io sono
contento che abbia deciso di venire con me, non voglio che a questa casa sia
legato il nostro addio, qui abbiamo solo ricordi felici.
Prendiamo
il treno che porta alla stazione centrale di Kanagawa.
Rukawa
è seduto vicino a me, io gli stringo il braccio mentre invece vorrei
abbracciarlo, vorrei che lui appoggiasse la sua testa sulla mia spalla… ho
bisogno di un contatto con lui, perché solo questo può darmi il coraggio
per lasciarlo, il coraggio per intraprendere questo viaggio così
doloroso...
Mia
madre è già alla stazione. Ha un aspetto stravolto, ma quando mi guarda il
suo sguardo diventa più luminoso.
“Dobbiamo
andare al sesto binario…” ci dice.
Ci
avviamo tutti insieme, lo raggiungiamo rapidamente.
Sistemiamo
le nostre cose nello scompartimento. E’ un treno vecchio stile, non come
quelli moderni, con tutti i sedili a vista. Questa linea non è una delle più
frequentate, e così sono stati lasciati dei treni più vecchi, con gli
scompartimenti chiusi. Quello in cui siamo io e mia madre ha gli altri
quattro posti vuoti, possiamo sistemarci come vogliamo.
Ormai
manca poco all’orario di partenza, ancora qualche minuto e dovrò lasciar
scendere Kaede…
“Mamma,
perché non vai a comprare qualche rivista?” le chiedo impaziente.
“Io
non me la sento di leggere niente…” mi risponde lasciandosi andare su un
sedile.
“Mamma…
VAI A COMPRARE DEI GIORNALI!” forse non dovrei essere così duro, ma in
questo momento ho bisogno di stare da solo con la mia Kitsune.
Lei
si alza e scende senza fare commenti. Forse ha capito, deve essere intuitiva
come il grande Tensai…
Mi
avvicino al mio volpacchiotto.
“Vorrei
tanto non lasciarti…” mormoro stringendolo tra le mie braccia.
“Non
mi lasci… pensa solo a tua nonna” sento le sue parole nel mio orecchio,
volto leggermente la testa in modo da portare la mia bocca sulla sua.
Le
sue braccia si stringono intorno al mio collo. Ci baciamo lungamente…
Mia
madre, pur essendo intuitiva come me, manca però del famoso tempismo del
Tensai, perché quando torna siamo ancora abbracciati. Ho paura di lasciarlo
andare, come sempre ho paura che possa sfuggirmi, che possa perderlo, ma
sento la sua mano che trova la mia e la stringe…
L’altoparlante
annuncia la partenza imminente. E’ arrivato il momento che pensavo di non
dover mai vivere.
Sono
affacciato al finestrino, Kaede è sul marciapiede.
Il
treno sta partendo, e io intreccio le mie dita alle sue, come se mi
ostinassi a rimandare il momento della separazione…
Cominciamo
a muoverci, Kaede fa qualche passo insieme a noi, poi è costretto a
lasciare la mia mano… rimango a guardarlo, c’è qualcosa che mi
attanaglia alla bocca dello stomaco, e sento un dolore crescente nel petto,
come se il filo che ci tiene uniti si stesse tendendo, strappandoci il
cuore.
Mi
lascio scivolare sul sedile, mia madre mi guarda e mi sorride: è la prima
volta, da ieri sera, che capisco che sta pensando a me, che è di nuovo
concentrata su quello che le capita intorno. Le sorrido mestamente, poi
riporto lo sguardo sulla città che scorre fuori dal finestrino… tutti i
miei pensieri sono egoisticamente rivolti a quello che lascio, e il dolore
nel petto diventa sempre più insopportabile…
Il
treno comincia a muoversi, devo lasciare la mano di Hanamichi, del mio do’aho.
Continuo a guardare la sua testa rossa che si sporge fuori dal finestrino…
so che appaio spesso freddo e insensibile, ma non è così: adesso vorrei
tanto che questo fosse solo un incubo, e che il mio rossino tornasse da
me… è come se i nostri cuori fossero legati da un filo sottile e
resistente, che in questo momento si sta tendendo, tanto che mi sembra che
stia strappando il mio cuore fuori dal petto.
Ormai
il treno è sparito dietro la curva. Rimango ancora qualche istante sulla
banchina, mi sento solo come non mi sentivo da tanto. Scuoto la testa,
saranno solo pochi giorni… possibile che mi sia rammollito così tanto da
non poter resistere una settimana senza di lui?!
Mi
avvio lentamente verso casa. Quando entro la trovo silenziosa… sono uno
stupido, non è che in tutti questi mesi abbiamo vissuto come gemelli
siamesi, ognuno ha avuto i propri spazi, i propri momenti di solitudine,
quindi è inutile fare queste scene da martire. Dopo andrò ad allenarmi,
poi mi preparerò una cena, finalmente senza hamburger o minestrine del
tensai, e poi mi godrò in pace una partita dell’NBA… dovrebbero giocare
i Lakers oggi…
Seth
mi si strofina sulle gambe, lo prendo in braccio e lui si acciambella
immediatamente contro il mio torace:
“Siamo
rimasti soli, eh? Sarà una settimana di bagordi!” il tono suona falso
anche al mio orecchio. Il gatto mi guarda perplesso… già, a lui la
presenza o l’assenza della scimmia non sono mai importate più di tanto,
è sempre stato più attaccato a me.
Lo
accarezzo e lui piano piano si addormenta.
Lo
metto nella cuccia e mi alzo. Ho bisogno di dormire, forse dopo sarò più
lucido.
Mi
sveglio da un sonno senza sogni. La stanza è quasi buia… possibile che
abbia dormito da stamattina senza rendermene conto? E’ un record anche per
me…
E’
quasi ora di andare agli allenamenti. Preparo la borsa ed esco. Fa davvero
freddo, probabilmente si sta preparando una nevicata. Mi fermo e alzo la
testa per guardare questo cielo svuotato dalle luci della città.
Arrivo
agli allenamenti insieme a tutti gli altri. Di solito sono il primo, perché
voglio fare un riscaldamento speciale, ma stavolta, grazie a quello strano
sonno da narcolettico, dovrò saltarlo.
“Dov’è
la stupida scimmia?” mi chiede Mitsui sorridendomi.
Non
ho voglia di parlare, ma una spiegazione è necessaria:
“Non
verrà per tutta la settimana. La nonna ha avuto un malore e lui è andato
ad assisterla con la madre” penso che non riuscirò a riprendermi da una
frase così lunga… ma forse la pianteranno di farmi domande.
Mitsui
diventa serio:
“Mi
dispiace, Kaede” mormora.
Non
capisco se gli dispiaccia per me o per la nonna di Hanamichi, comunque
annuisco come a dire che apprezzo il suo interessamento.
Fortunatamente
ci pensa lui ad informare Ayako e Akagi. Noto che tutti mi guardano con la
stessa espressione strana dipinta sulla faccia… una cosa che non sopporto!
Pensano davvero che io sia così poco professionale da non saper distinguere
tra la mia vita privata e quella di giocatore di basket? Beh, si
accorgeranno di avermi giudicato male…
Do
il massimo per tutta la durata degli allenamenti. Ogni mio tocco è
vincente, sembra che la palla mi rimanga incollata alle dita… corro più
veloce, salto più in alto, insacco più canestri di tutti loro messi
insieme. Avete visto? Questo è Kaede Rukawa, questo è il giocatore che
diventerà il primo cestista giapponese a sfondare in America!
Mi
lavo velocemente, non ho voglia di ascoltare i discorsi degli altri. Voglio
tornare a casa.
Infilo
la chiave nella serratura del portone.
Sento
squillare il telefono dentro casa, cerco quindi di sbrigarmi ad aprire la
porta, e invece la chiave si blocca, non riesce a girare….
Scatta
la segreteria telefonica… continuo a forzare la serratura, ma deve essersi
inceppata!
Finalmente
capisco che ho infilato la chiave sbagliata: con calma inserisco quella
giusta e la porta di apre. Butto per terra il borsone, ma non riesco a
raggiungere il telefono in tempo, sento solo le ultime parole di
Hanamichi…
‘ti
amo, Kitsune’…
Premo
il tasto per l’ascolto, forse ha lasciato un recapito.
“Ciao
Kaede, siamo arrivati e in questo momento siamo in ospedale. I medici dicono
che la situazione è critica, ma hanno anche aggiunto di non
disperare…
Praticamente
si è radunato l’intero clan Sakuragi, persone che non vedevo da anni e
anni e altre di cui non supponevo neanche l’esistenza…”
Il
suo tono è leggero, ma io lo conosco, so che è il suo modo di reagire alle
situazioni difficili…
“…purtroppo
quassù, tra le montagne, i cellulari non prendono, così sono costretto a
chiamarti dalla cabina telefonica, ma non ti preoccupare, il Tensai si farà
sentire spesso!”
C’è
un momento di silenzio, poi Sakuragi riprende con un tono più serio:
“Mi
manchi tanto… ti amo, Kitsune”.
Non
cancello il messaggio, anzi, lo ascolto una seconda volta… avrei tanto
voluto dirgli… dirgli cosa? Che mi manca, sì, avrei voluto dirgli che
manca anche a me…
Salgo
in camera, mi siedo un momento sul letto… ho bisogno di riposare…
Avrei
tanto desiderato parlarci, avevo raccolto un sacco di spiccioli per questa
telefonata… per trascorrere un’ora con lui, anche se, e mi viene da
ridere mentre lo penso, forse l’effetto sarebbe stato lo stesso, visto che
il mio amore è silenzioso come una segreteria telefonica…
Mia
madre è rimasta in ospedale. Ha deciso di trascorrere la nottata al fianco
della nonna: da quando siamo arrivati non si è allontanata un istante. Io
invece torno nella piccola casa dove ho trascorso tante estati felici quando
ero piccolo.
Questa
casa di legno ha una strano calore. Qui sulle montagne la neve è alta, fa
molto più freddo che nella mia Kanagawa: non c’è aria marina a
riscaldarla, intorno ci sono solo boschi e montagne, però la casa dei nonni
è accogliente e calda, e ha questo particolare odore di legno più
evocativo di mille ricordi.
Vado
nella stanza che occupavo da bambino. Sorrido nel vedere il letto… il
Tensai è molto cresciuto da allora, le ultime visite mediche mi hanno detto
che ho raggiunto l’altezza di un metro e novantadue… dovrò mettere una
sedia ai piedi del letto, altrimenti sporgerò in maniera grottesca.
Mi
spoglio e metto il pigiama. Mi infilo sotto le numerose coperte. Spero di
riuscire a dormire…
Vana
illusione… mi giro e mi rigiro… non sono più abituato a dormire da
solo, non riesco a stare tranquillo senza il corpo di Kaede accanto al mio,
senza il mio braccio intorno al suo petto…
Cerco
di non pensarci, non può che farmi male… mi giro di nuovo.
Chiudo
gli occhi e mi appare il suo viso, bellissimo quando è corrucciato,
fantastico quando riesco a strappargli un sorriso… mi esce un gemito di
frustrazione… vorrei tanto averlo qui accanto a me…
Capisco
che sarà una notte lunga. Mi arrendo e comincio a pensare al mio Kaede,
cosa starà facendo adesso? Beh, nel pomeriggio sarà andato agli
allenamenti e probabilmente adesso si starà guardando una partita di
pallacanestro in tv. Speriamo che si ricordi di mangiare… se non ci sono
io, è capace di rimanere digiuno per giorni! Ma che diavolo sto dicendo? Ha
vissuto per tanto tempo da solo, è perfettamente in grado di cavarsela!
Speriamo solo che si ricordi del gatto, in genere penso io al suo pasto…
Mi
sono di nuovo abbandonato a questo sonno pesante e senza sogni. E’
mattina, la luce entra dalla finestra. Mi alzo e mi sento un po’ strano,
mi gira la testa. Forse è dovuto al fatto… sì, deve essere perché non
mangio da ieri mattina.
Seth
salta sul letto e viene a strusciarsi contro di me. Lo accarezzo sotto la
gola e lui comincia a fare le fusa.. improvvisamente mi rendo conto che non
gli ho dato da mangiare: già, in genere a questo pensa il mio do’aho…
Scendo
in cucina e gli riempio la ciotola. Poi apro il frigorifero… è strano,
non ho assolutamente fame, anzi, il pensiero di mangiare qualcosa mi fa
venire il vomito. Prendo il cartone del succo di frutta e mi riempio un
bicchiere, beh… così non starò proprio a stomaco vuoto.
Mi
preparo per andare a scuola. Non ne ho la minima voglia, ma oggi è lunedì
e quindi mi tocca.
Mi
sembra di camminare come uno zombie… ho gli occhi semichiusi perché il
sonno continua ad attanagliarmi, è strano, più dormo e più vorrei
dormire.
Improvvisamente
mi sembra che mi si sia fermato il cuore nel petto… in fondo alla strada
c’è un ragazzo alto con i capelli rossi… accelero il passo in quella
direzione, ma presto mi fermo. Ovviamente non è lui, eppure… per un
momento, del tutto irrazionalmente, ho sperato che fosse tornato…
Scuoto
la testa, sono arrabbiato con me stesso per questa reazione.
Nel
corridoio della mia aula vedo Haruko Akagi e Ayako. E’ incredibile quanto
sia stupida e ottusa la sorella del capitano… credo di non aver mai
conosciuto una ragazza più melensa e infantile! Mi domando come faccia
Yohei a sopportarla… ma tutto sommato sono affari loro, la cosa non mi
interessa.
“Ciao
Rukawa!” è Ayako che mi saluta, mentre Haruko diventa improvvisamente
scarlatta… possibile che ancora non le sia passata? No, non è possibile,
sarebbe ancora più demente di quanto io abbia mai pensato…
“…ao”
so di essere il solito iceberg, ma questa non è la giornata migliore per
rendere più socievole il mio carattere… in questo momento vorrei non
vedere nessuno di loro, ho bisogno stare in pace, per conto mio.
A
scuola le cose vanno come al solito: dormo durante tutte le ore di lezione,
anche in quella di inglese, che in genere seguo con interesse. Mi sento in
pace solo quando riesco a chiudere gli occhi… pian piano il sonno mi
avvolge, ed io mi ci abbandono dolcemente.
Gli
allenamenti sono più faticosi di altre volte. Sebbene il campionato stia
osservando la breve pausa natalizia, sappiamo bene che dopo capodanno
cominceranno le partite più impegnative.
Akagi
urla e strepita, mi sta facendo venire il mal di testa, ma poi organizza una
partita di allenamento. Come al solito, do il massimo. La fatica e il sonno
scorrono via mentre salto per l’ennesimo slam dunk. Riesco a passare la
difesa del capitano e di Mitsui come un coltello passa attraverso il
burro… mi sento forte e invincibile.
Eppure,
appena terminiamo, mi sembra di ripiombare nell’apatia che mi ha assalito
nelle ultime ore.
Mentre
finisco di vestirmi, gli occhi mi cadono sulla stupida etichetta che
Sakuragi ha attaccato sul suo armadietto:
I’m
a Basketman, I’m the Tensai!
Deve
averla appiccicata uno dei primi giorni in cui è venuto al club di basket,
perché non ricordo di aver mai guardato quell’anta senza leggere queste
stupide parole…
Mi
giro e noto gli occhi di Kogure su di me. Mi sorride, ma io non lo ricambio.
Non sopporto che credano di dovermi consolare… io non ho bisogno di
nessuno di loro, sto bene, e la devono piantare di pensare di conoscere con
tanta sicurezza i miei sentimenti.
Quando
torno a casa, mi metto sul divano… c’è uno speciale su Michael Jordan.
Moltissime delle azioni che fanno vedere le conosco già. Però cerco di
stare sveglio, so che, se mi lasciassi andare, cadrei nuovamente tra le
braccia di Morfeo…
Suona
il telefono… mi ci avvento sopra…
“Ohi
Kitsune, credo che tu non abbia mai risposto al primo squillo…”
E’
lui, è proprio la sua voce.
“Pensavo
fosse Akira…” replico, però il tono della mia voce mi tradisce. Sono
davvero troppo felice di sentirlo…
Gli
chiedo della nonna, e lui mi risponde che la situazione è stazionaria, poi
mi racconta della neve altissima che copre le montagne, della casa di legno
dei nonni…
Io
gli parlo degli allenamenti, lo rassicuro sulle condizioni di Seth, evitando
di dirgli che ieri mi sono dimenticato di dargli da mangiare… mi piace
sentire il suo tono allegro, qualcosa mi dice che è dovuto al fatto che
finalmente riusciamo a parlarci.
“Non
vedo l’ora di tornare, Kitsune…” mi sussurra ad un certo punto. Sono
commosso dalla dolcezza che traspare in queste poche parole, ma ho
un’immagine da tutelare, quindi gli rispondo a modo mio:
“Io
e Seth ce la stiamo cavando bene… lui dorme sul tuo cuscino… non so se
accetterà il tuo ritorno…”
Hanamichi
ride, poi minaccia terribili efferatezze contro l’usurpatore.
Sento
la voce dell’operatrice avvertire che il credito sta per terminare.
“Ti
amo, Kaede…” mi sussurra.
Non
faccio in tempo a rispondere che cade la linea. Rimango per qualche minuto
con il ricevitore in mano. Avrei voluto dirgli tante cose, e invece sono
stato muto, come sempre.
Mi
fermo incerto. Guardo la porta della cucina: dovrei andare a prepararmi
qualcosa per cena…
Scuoto
la testa e salgo in camera da letto: ho bisogno di dormire.
Sento
di dovermi scuotere. Mi sento un po’ debole, questo sonno strano sta
alterando il mio equilibrio. Oggi, agli allenamenti, mi sono reso conto che
non posso andare avanti così… mi sento stanco e assonnato anche mentre
gioco, cosa che non mi era mai successa prima.
Sto
pensando a questo mentre mi rivesto negli spogliatoi. Infilandomi i
pantaloni della divisa, mi accorgo che mi stanno insolitamente larghi… non
ho mangiato neanche oggi, ma davvero non ce la faccio.
Saluto
tutti con un cumulativo “…ao” e mi precipito fuori della palestra.
Arrivato
a casa, però, il sonno mi vince nuovamente, e mi assopisco sul divano.
Mi trovo
casualmente… casualmente? a passare nei pressi dello Shohoku, e quindi
decido di entrare per dare un’occhiata.
E’ tantissimo che
non vedo il mio Kaede… Conoscendolo, dovrebbe essere rimasto per il solito
allenamento supplementare, magari ci scappa pure uno one on one…
Quando
entro, però, nella palestra ci sono solo Mitsui e Kogure, e fra l’altro
sembra che non aspettassero visite, perché li trovo addossati al muro, con
Mitsui che sta, inequivocabilmente, accarezzando la schiena del
vice-capitano sotto la maglietta…
Non
riesco a trattenermi e lascio andare un leggero colpo di tosse.
I
due si separano immediatamente, ma Kogure diventa vermiglio.
“Che
ci fai qui, Sendoh?” chiede Mitsui, seccato.
“Stavo
cercando Rukawa. Non si è fermato per l’allenamento supplementare?”
chiedo.
Vedo
che i due si scambiano uno sguardo strano…
Mi
sento un po’ a disagio. So bene che tutti i giocatori dello Shohoku
prendono le parti di quella scimmia di Sakuragi e non sono entusiasti del
mio ‘interessamento’ per Kaede, però potrebbero anche rispondermi!
“Rukawa
è andato a casa… sono un po’ di giorni che non sta tanto bene…” è
Kogure a parlare.
Sono
preoccupato, che diavolo significa?
“Che
gli è successo? E’ malato? Che gli ha fatto quello stronzo…”
continuerei a tempestarli di domande, se Kogure non si sbrigasse a
rispondere.
“Sakuragi
è dovuto partire per un malore della nonna, e Rukawa ne risente”
Afferro
solo la parte della partenza di quello stupido bestione… Kaede solo! Ma
non lo sarà a lungo…
“E
quando tornerà quella piaga ambulante?” provo a chiedere con finta
noncuranza.
“Probabilmente
starà via una settimana…”
Decido
di fare una proposta. Potrei anche precipitarmi da solo a casa di Kaede, ma
non credo che sia il caso. Conoscendolo, mi tratterebbe con freddezza senza
darmi neanche una possibilità, senza DARCI una possibilità.
“Che
ne dite di fargli una improvvisata… sicuramente ha bisogno di distrarsi un
po’…”
Mitsui
mi guarda con un certo sospetto, ma, come avevo immaginato, trovo il
sostegno di Kogure:
“Mi
sembra una buona idea. Ha bisogno di uscire un po’…” sussurra.
Ci
avviamo tutti insieme. Mi rendo conto benissimo della freddezza
dell’atteggiamento di Mitsui, ma sorrido: secondo me non ha ancora
digerito l’interruzione…
Arriviamo
davanti alla villa di Kaede.
Suoniamo
il campanello più volte, prima che si accenda una luce nella grande casa.
Il
cancello viene aperto e noi attraversiamo il giardino per raggiungere il
portone. Poco dopo questo di apre, e appare l’unico ragazzo per cui potrei
commettere qualche pazzia…
E’
bellissimo, con il viso assonnato e i capelli scompigliati. Se non ci
fossero Mitsui e Kogure non so come andrebbe a finire…
Ci
guarda come se stentasse a riconoscerci. Poi sembra riprendersi:
“Che
ci fate voi qui?” mormora, cercando di soffocare uno sbadiglio.
“Avevamo
pensato di invitarti a mangiare qualcosa… magari ci beviamo una
birra…”
“No.
Ho sonno, voglio dormire..” risponde categorico.
“Non
essere il solito guastafeste…” stavolta sono io a parlare.
“…Akira…
ti ci metti anche tu?” mi guarda e io gli sorrido.
“Dai,
è parecchio che non chiacchieriamo un po’, ho saputo che affronterete il
Kamozu… noi li abbiamo già incontrati nel girone…”
Il
suo sguardo diventa un po’ più vivo…
“Il
loro centro è piuttosto bravo, in certe cose mi ricorda Akagi…”
Continuo
la mia opera di persuasione, sono sicuro che alla fine cederà…
“Senti,
andiamo in un posto qui vicino, mangiamo qualcosa e poi ti riaccompagniamo a
casa…” inaspettatamente è Mitsui a parlare.
Non
è la prima volta che noto che l’ex teppista dello Shohoku ha un singolare
atteggiamento di protezione verso Kaede, forse i loro caratteri sono più
simili di quanto appaia a prima vista, e quindi sono in grado di
comprendersi in una maniera particolare.
Per
la prima volta, stasera, Rukawa sembra indeciso, ma poi assume il suo tono
più categorico:
“Stasera
no, ho sonno. Magari domani…”
Mi
sembra già una conquista, e poi sapere in anticipo che ci vedremo mi
permetterà di presentarmi al meglio.
“Ti
prendiamo in parola, Kaede” gli dico, in modo tale che non pensi di
potermi sfuggire così.
Lui
annuisce, e dopo poco noi ce ne andiamo.
Agito
una mano mentre lui ci guarda uscire dal cancello… voglio che sia un mio
gesto l’ultimo suo contatto con questa giornata… e domani usciremo
insieme.
Sono
davvero stanco. So che Mitsui, Kogure e Akira sono venuti perché pensano
che io abbia bisogno di distrarmi, ma non capiscono: per me la solitudine
non è mai stata una punizione, e uscire con loro può difficilmente
costituire una distrazione.
Prima
mi sono addormentato vestito, adesso ho il tempo di spogliarmi e mettermi il
pigiama. Mi infilo sotto il piumone, lasciandomi avvolgere dal tepore…
Ripenso
alle parole di Hanamichi, a quella neve alta che lo isola dal mondo…
Chiudo
gli occhi e in pochi istanti mi abbandono all’oblio.
Mentre
pedalo velocemente per raggiungere la scuola prima che suoni la campanella,
penso che devo fare qualcosa per vincere questo sonno così innaturale.
Osservo le mie mani scarne, screpolate che stringono il manubrio: forse il
do’aho ha ragione, dovrei mangiare di più… forse basterebbe
semplicemente che mangiassi.
Inchiodo
davanti al parcheggio delle biciclette. Mi sono svegliato tardi, e ora devo
cercare di raggiungere l’aula il più in fretta possibile. Odio queste
corse di prima mattina, soprattutto sapendo che la mia presenza in aula è
una pura formalità, in particolar modo durante le prime ore della giornata.
Mentre
attraverso il cortile vedo gruppi di ragazze che mi guardano parlottando tra
loro e uscendosene con risatine isteriche. Non me ne curo, non mi hanno mai
interessato… sono solo un fastidio, con quei loro rossori, le lettere, il
cioccolato a San Valentino… non capisco perché non si scelgano qualcuno
più adatto da idolatrare…
Il
pomeriggio sono di nuovo in palestra.
E’
solo l’adrenalina legata al pallone arancione che mi permette di superare
la stanchezza di questo mio corpo che in questi giorni sta vivendo
indipendentemente da me.
Mancano
pochi minuti alla fine dell’allenamento quando scorgo la figura di Sendoh
sulla porta. Mi domando perché sia venuto, poi mi ricordo di aver
farfugliato qualcosa riguardo ad una uscita per questa sera, quando ieri
cercavo in tutti i modi di essere lasciato in pace.
Non
entra in campo, del resto non è vestito in maniera da potermi sfidare. Mi
domando chi pensa di dover rimorchiare, visto che è tutto acchittato.
Kogure
gli si avvicina, mentre io e Mitsui continuiamo a combattere per l’ultimo
canestro. Riesco a passarlo con una doppia finta, stacco i piedi da terra
sollevandomi in un salto che con un po’ più di volontà potrebbe portarmi
a sfiorare il soffitto, poi insacco in sospensione sul fischio di Ayako, e
ritorno a terra con leggerezza… Mi piace questa sensazione, è quanto di
più vicino possa esserci al volare.
“Bel
tiro” Sendoh mi sta sorridendo, ma mi accorgo dall’espressione che la
sua è ammirazione vera…
Non
gli rispondo. Un suo complimento è sempre qualcosa di speciale: so di
essere un buon giocatore, ma non sono tanto presuntuoso da non saper
riconoscere il talento degli avversari, e Sendoh ne ha da vendere. Il mio
carattere, però, mi impedisce di perdermi in convenevoli.. un sorriso, uno
sguardo durante una partita, questo è il massimo che gli altri giocatori
possono aspettarsi come complimento, questo è il massimo che io sono
disposto a concedere…
“Cambiamoci
o faremo tardi”
Mitsui
ci sta esortando a sbrigarci. Non riesco a resistere, e seguo il suo sguardo
che si posa sul quattr’occhi. Ho sempre pensato che il loro rapporto sia
un po’ troppo simbiotico, ma devo ammettere che in questo momento
suscitano la mia invidia: Kogure ha uno sguardo imbarazzato ma felice mentre
Mitsui gli poggia il braccio intorno alle spalle.
Distolgo
lo sguardo… il loro amore mi provoca una pena che non riesco a sopportare.
Mi
avvio verso lo spogliatoio. Non ho voglia di uscire, mi piacerebbe dormire,
lasciarmi catturare dalla morbidezza del mio oblio senza sogni. Ma non posso
farlo, ho dato la mia parola, e la rispetterò.
L’acqua
calda che mi scorre sul viso, sulle spalle, sui fianchi, mi fa sentire bene,
è come un abbraccio gentile…
Sento
qualcuno bussare alla porta degli spogliatoi. E’ una cosa strana, in
genere non esiste questa formalità tra noi, a meno che non sia una delle
ragazze a voler entrare.
Vedo
la testa di Sendoh fare capolino. Noto che non guarda nella mia direzione
mentre mi chiede se sono pronto.
Mi
avvolgo nell’accappatoio ed esco dalla doccia.
Bofonchio
qualcosa che nelle mie intenzioni dovrebbe assomigliare a un ‘cinque
minuti’, Sendoh sorride e mi dice che mi aspetterà in palestra.
Scuoto
la testa, in questi giorni non mi sento in grado di affrontare gli attacchi
di Akira… speriamo che non ricominci con i soliti discorsi.
Sono
pronto… ma non vedo l’ora che tutto questo abbia termine.
Ho
sonno.
Mi affaccio nello
spogliatoio. Non capisco perché Kaede ci metta tanto tempo… so che sta
facendo la doccia, sento l’acqua scorrere nella cabina centrale.
Basterebbe
poco per assistere allo spettacolo stupendo del suo corpo, non riesco a non
pensare a come deve essere bello mentre l’acqua gli scivola sulla pelle
candida…
Accidenti!
La devo piantare con questi pensieri! Sta
diventando un’ossessione… e comunque non è questo che cerco: non mi
interessa rubare un’immagine, non sono un viscido voyeur… ho bisogno di
molto di più.
Lo
vedo con gli occhi arrossati, il corpo avvolto in un accappatoio blu. Devo
avergli chiesto se è pronto, perché sento che risponde ‘cinque minuti’.
Sorrido poi chiudo la porta, lo aspetterò in palestra…
Kogure
e Mitsui aspettano con me. Li guardo cercando di non essere troppo
sfacciato: Mitsui è cambiato moltissimo da quando è tornato nello Shohoku…
o forse da quando ha ritrovato il suo quattr’occhi? E’ davvero molto
maturato, non sembra possibile che sia la stessa persona che terrorizzava le
bande più temute di Kanagawa!
Ripenso
a quando Koshino mi rivelò che Mitsui e Kogure stavano insieme, tanto tempo
fa. Certamente la cosa non mi stupì, sapevo che l’ex teppista aveva
bisogno proprio di una persona come il quattr’occhi per riprendere in mano
la propria vita, però li invidiai: loro erano così felici, così
‘completi’… per loro era stato facile, si erano innamorati e si erano
messi insieme… So che le solite voci di corridoio dicono che Maki si sia
preso una sbandata per Kogure, però so anche che questo difficilmente creerà
difficoltà nel loro rapporto. Si sono trovati e supereranno insieme
qualsiasi ostacolo…
Io,
invece? La mia situazione è molto diversa: io so cosa voglio e so che se
Kaede decidesse di darmi una possibilità la nostra felicità sarebbe
completa… Sì, ho detto ‘nostra’, perché sono convinto che anche lui
si renderebbe conto della perfezione del nostro rapporto… Perché? Perché
siamo simili sulle cose importanti e diversi su quelle che possono
contribuire a vivacizzare il rapporto tra due persone. Abbiamo gli stessi
sogni, lo stesso desiderio, forse anche caparbio, di renderli realtà, e
caratteri differenti tanto da completarci: so che sarei in grado di
trasmettergli sicurezza… tranquillità… Pensate che sia sciocco parlare
di sicurezza nei riguardi di Kaede? Pensate che lui sia la personificazione
dell’autocontrollo, della decisione? Mr Iceberg, insomma? Non lo
conoscete.
Kaede
ha bisogno di essere protetto, amato… e io questo lo farei nel migliore
dei modi… Dite che anche quel deficiente, imbecille, sottosviluppato con i
capelli rossi può dargli sicurezza? No, non credo… quel cerebroleso ha
vinto il primo premio della lotteria, è riuscito ad avere il biglietto
giusto senza neanche sapere come gli è capitato in mano…
Ricordo
bene quando ha baciato Kaede in mezzo alla pista da ballo… sì, con la sua
faccia da demente è riuscito a fare la cosa giusta al momento giusto… ha
rischiato, mostrando intraprendenza, un’audacia che io ho avuto paura di
usare temendo che potesse impedirmi anche di essere amico di Kaede, ed è
stato premiato…
A
volte, forse per un inconscio masochismo, comincio a pensare alla loro
convivenza, e così li immagino
quando si sdraiano vicini, nel letto… no, non penso a quando fanno
l’amore, non è questo che voglio dire, sebbene la cosa mi faccia venire
istinti omicidi… il senso di vuoto nello stomaco mi viene soprattutto
quando penso alla quotidianità del loro rapporto.
E’
allora che il mio onnipresente sorriso mi abbandona.
Ormai
è parecchio che stanno insieme, e più stanno insieme, più il loro
rapporto si rinsalda… Kaede ha trovato amore e attenzioni in quel do’aho,
ed erano queste le cose di cui aveva bisogno, i desideri che mascherava
dietro la freddezza ed il carattere scostante.
Il
demente dai capelli tinti lo ha capito e gli dà calore e cure in abbondanza
-questo lo devo riconoscere- infatti neanche lui può essere così stupido
da non accorgersi del valore del ragazzo che ha accanto, e Kaede si
accontenta di quello che ha trovato…
Mi
volto sentendo la porta dello spogliatoio aprirsi. Nel vano compare la
sagoma longilinea di Rukawa. Vederlo così mi fa sempre trattenere il
respiro: ha dei jeans neri dritti, che evidenziano le gambe lunghe e snelle,
un maglione a dolcevita grigio chiaro e gli anfibi neri. Tiene in mano il
giaccone e la borsa sportiva. E’ bellissimo.
“Andiamo?”
ci esorta Mitsui, infrangendo con la sua voce il miracolo di quella
apparizione.
Lui e Kogure si
avviano per primi, mentre io mi affianco a Kaede. Dà una strana sensazione
di potenza potergli camminare vicino, forse perché si può pensare che il
rapporto che ci lega sia di tipo diverso…
Andiamo verso la
mia macchina. So che non ho ancora l’età per guidarla, ma non importa: se
anche dovessero fermarmi, mio padre è un pezzo grosso, sono sicuro che me
la caverei.
Mitsui e Kogure si
sistemano sul sedile posteriore, e Kaede si siede accanto a me.
Mentre guido verso
il piccolo pub che ho scoperto da poco, non posso evitare di lanciargli
delle occhiate incuriosite. Non è insolito che lui stia in silenzio,
anzi… questo è sempre stato un suo tratto caratteristico, però stasera
mi sembra completamente estraniato da quello che gli capita intorno, e poi
ha un’aria stanca. Non posso non notare che è anche dimagrito, il viso è
scavato, e ha le occhiaie di chi dorme troppo o troppo poco.
Non ci mettiamo
molto a raggiungere la stradina del centro in cui si trova il locale.
Parcheggiamo ed entriamo.
Il
telefono squilla: la linea è libera, ma Kaede non risponde.
Controllo
per l’ennesima volta l’orologio: conoscendolo, a quest’ora dovrebbe
essere arrivato a casa… ho tanto bisogno di sentire la sua voce… questa
lontananza sta cominciando a diventare insostenibile.
Anche
mia madre si è resa conto che non sto bene: oggi mi ha domandato notizie di
Kaede, e quando le ho chiesto degli spiccioli per telefonare, ha svuotato il
portamonete nella mia mano sorridendomi.
Scatta
la segreteria telefonica.
Di
nuovo devo parlare con un nastro.
“Ciao
Kitsune! Da quando fai vita notturna? Provo a chiamarti domani per le ultime
novità… non so se riuscirò a tornare domenica… volevo avvertirti
che…”
Sento
strani rumori nel microfono e poi più nulla…
La
linea deve essere caduta. Riprovo a fare il numero, ma stavolta dall’altra
parte non risponde alcun suono.
Sono
piuttosto agitato. Mi rivolgo alla tizia della reception, che mi guarda con
aria ebete al di sopra di un paio di occhiali che le nascondono tutto il
viso:
“…succede
spesso, ragazzo… ma non dura mai più di cinque o sei giorni. Domani
chiamerò l’assistenza…” parla lentamente, come se la cosa non la
riguardasse, e poi ha quell’accento strascicato tipico di questi posti…
Devo
trattenermi, o potrei spaccarle la faccia! Prendo anche in considerazione
l’idea di scaricare qualche pugno sull’apparecchio attaccato alla
parete, ma poi desisto. Ormai il tensai è perfettamente in grado di
controllarsi, penso soddisfatto, appena prima di far partire un calcio che
fa andare in mille pezzi l’enorme vaso con la pianta finta che accoglie i
parenti dei malati nella sala d’aspetto dell’ospedale.
Mi
lascio cadere su un sedile di plastica: come farò senza poter sentire la
mia volpe?
Il locale è
piuttosto affollato. Fortunatamente c’è un tavolo un po’ discosto dalle
casse che si sta liberando.
Ci sediamo e
ordiniamo.
Mi accorgo che
Kaede è piuttosto assonnato, e la cosa mi dispiace: ho organizzato con
tanta cura questa serata che vedere la sua scarsa partecipazione mi
avvilisce.
Cominciamo a
parlare di basket, naturalmente.
Io racconto delle
squadre che abbiamo affrontato finora, ci scambiamo opinioni sui giocatori,
sul possibile vincitore finale. Mitsui ovviamente ritiene che il campionato
nazionale andrà allo Shohoku, io non posso fare a meno di sorridere: è un
errore sottovalutare la forza del Ryonan e del Kainan…
Alla parola Kainan
vedo che Kogure assume una espressione imbarazzata, mentre Mitsui lo fissa
in volto, come per studiarne e comprenderne le reazioni. Ebbene sì, la
presunta cotta di Maki sta creando qualche problema anche alla coppia più
unita di Kanagawa…
Questo pensiero
continua a frullarmi nella testa… improvvisamente realizzo perché la cosa
mi colpisca: se anche una coppia stabile e salda come quella dei due senpai
dello Shohoku soffre qualche scossone per la presenza di un terzo incomodo,
è evidente che la stessa cosa deve capitare anche a Kaede e alla scimmia,
grazie alla mia presenza! Sorrido scuotendo la testa… meglio che Sakuragi
si prepari a farsi consolare da qualcun altro, perché sfrutterò questi
giorni per esercitare tutta la mia influenza e giocare le mie carte…
Mi volto di nuovo a
guardarlo: durante l’intera conversazione, Rukawa è rimasto in silenzio.
Noto che ha già terminato la sua birra. Faccio un cenno alla cameriera per
fargliene portare un’altra… Pensate che voglia farlo ubriacare per
violentarlo nel vicolo più vicino? No, non è così. Voglio solo che si
sciolga un po’, che abbatta qualcuna delle numerosissime barriere che si
è costruito per non interagire troppo con il mondo che lo circonda…
A volte dimostro un
umorismo un po’ sadico, perché non riesco ad evitare di chiedere a Kogure
se è vero che lui e Maki andranno nella stessa università, una volta
terminata la scuola.
Vedo il
quattr’occhi diventare scarlatto, mentre afferma di non potermi
rispondere, visto che neanche lui ha ancora deciso dove proseguire gli
studi.
Mitsui continua a
fissarlo intensamente, mentre si accende una sigaretta. Il suo compagno lo
guarda stupito, ma non fa commenti… è ovvio che siamo in mezzo ad un
gioco di ripicche…
“Beh,
evidentemente mi avevano informato male, avevo capito che tu e Maki ne
aveste parlato…” so di comportarmi da bastardo, ma stasera ho voglia di
movimentare un po’ la loro vita…
“Piantala, Akira”
Mi volto verso
Kaede. E’ stato in silenzio tutto il tempo che addirittura pensavo che non
ci stesse neanche a sentire… e invece…
Gli sorrido e
cambio discorso.
Sono
stanco, e in più la testa comincia a girarmi. Non dovrei bere alcolici, e
soprattutto non dovrei berli a stomaco vuoto… ma continuo a non riuscire a
mangiare: appena vedo qualcosa di vagamente commestibile mi viene da
vomitare.
Akira
sta provocando Mitsui e mettendo in imbarazzo Kogure: se ne è uscito con
quella storia di Maki. Mi dà fastidio che cerchi di metterli a disagio.
“Piantala,
Akira” la mia voce risuona decisa, come sempre, eppure mi è costato un
certo sforzo parlare. E’ come se quello che mi succede attorno fosse
avvolto da una fitta nebbia…
Improvvisamente,
mentre mi giro verso gli altri tavolini che affollano il locale, vedo, non
molto lontani da noi, tutti i componenti dell’armata Sakuragi che
chiacchierano e ridono… E’ strano, mi sembrano incompleti senza quella
testa rossa… chissà, forse anch’io sembro incompleto senza di lui.
Yohei
in quel momento mi scorge e mi fa un cenno di saluto. Poi si alza. E’
evidente che verrà al nostro tavolo.
“Ciao
Rukawa” mi dice “Dove sta il Tensai?”
Hanamichi
è partito così in fretta che non ha avvertito neanche il suo migliore
amico.
“E’
via per qualche giorno” rispondo svogliatamente. So di dare una
impressione sbagliata, usando questo tono infastidito, ma il mio problema è
che, ogni volta che devo spiegare che il do’aho è partito, mi sembra che
la nostra lontananza diventi più definitiva.
Ancora
una volta è Mitsui a riempire di parole i miei silenzi:
“La
nonna ha avuto un malore. Lui e la madre sono andati ad assisterla”.
Vedo
che Yohei assume una espressione di comprensione. Sento la sua mano
appoggiarmisi per un istante sulla spalla…
“Sono
sicuro che andrà tutto bene, e che tornerà presto”
Dovrei
essergli grato per le ‘parole di conforto’, ma il mio viso risponde con
l’inespressività che lo contraddistingue. Continuo a non sopportare
questa mania ‘consolatoria’ che sta contagiando tutte le persone che ci
conoscono.
Yohei
rimane per scambiare ancora qualche battuta, poi ritorna al tavolo dove lo
aspettano gli altri.
Bevo
una lunga sorsata dal nuovo bicchiere di birra che la cameriera mi ha
portato. Vedo il mio sguardo vuoto riflesso nel liquido chiaro: so che
dovrei cercare di reagire, ma stasera ho ancora sonno…
Sono
sicuro che domani tutto tornerà come sempre.
Non ci mancava che
la visita di Yohei per rendere questa serata perfetta! Kaede ha lo sguardo
ancora più assente. Ripenso a tutti i programmi che avevo fatto per questa
serata e a come sono miseramente falliti…
“Si è fatto
tardi… forse è il caso di andare a dormire” non poteva che essere il
prudente Kogure a fare una osservazione del genere. Ma del resto è
veramente tardi, e probabilmente loro vogliono concludere la serata da
soli… come non capirli?
“Ok” dico,
avviandomi alla cassa per pagare il conto. Sono stato io ad invitarli, no?
Quindi non accetto che dividiamo la spesa.
Risaliamo tutti in
macchina. C’è un confortevole silenzio. Nello specchietto retrovisore
noto che Mitsui è riuscito a farsi appoggiare la testa del quattr’occhi
sulla spalla, accarezzandogli i capelli con la mano.
Per poco non
finisco fuori strada, grazie alla distrazione dovuta al romantico spettacolo
offerto dal sedile posteriore… accidenti! Guardo Rukawa: è così bello
che mi fa impazzire. La gamba slanciata e sottile è a pochi centimetri
dalla leva del cambio… non ci metterei niente ad appoggiarci la mano
sopra, ad accarezzarla… Devo resistere alla tentazione, so che non sarebbe
una mossa saggia.
Lascio i due
pechinesi davanti al portone dell’appartamento di Hisashi. Kogure ha detto
che da lì casa sua non è lontana, ma era vermiglio mentre accampava questa
spiegazione idiota: come se non sapessi che stanotte rimarrà dal suo
ex-teppista… come se non lo invidiassi per questo…
Accendo la radio,
tenendo il volume basso.
Noto che Kaede si
sta addormentando. Casa sua è dall’altra parte della città, ci metteremo
un po’ per arrivare, intanto gli farà bene riposarsi, e poi, così, io
avrò la possibilità di guardarlo indisturbato.
Ogni tanto mi fermo
a pensare se non sia solo testardaggine quella che mi porta a continuare a
tentare di conquistare Kaede, pur sapendo che non mi ama, e, anzi, che ama
un altro… ma sono pensieri che durano poco. Mi basta rivederlo, per
rendermi conto di non poter fare a meno di lui. Questo non vuol dire che sia
solo una questione estetica: tutti ci accorgiamo di quanto sia bello,
meraviglioso, stupendo etc etc. Così come tutti sappiamo quanto sia
fantastico mentre gioca a basket, come la sua abilità lo faccia sembrare un
angelo sceso fra noi… ma non è neanche questo. Bellezza ed abilità non
spiegano il bisogno che ho di lui… è il suo carattere, o meglio, quello
che so potrebbe diventare il suo carattere, a farmi impazzire. Cosa non
darei per essere io a farlo sorridere, ridere… a farlo aprire verso il
mondo… E poi Kaede è una persona ‘pura’. Vi domanderete cosa intenda
con ‘puro’… beh, intendo ‘incontaminato’. Per tanto tempo ha
cercato di proteggersi dal mondo esterno che è diventato un concentrato di
innocenza. Farsi amare da lui significa essere accettato e essere fatto
entrare in questo mondo dove regna solo la perfezione…
Siamo arrivati. Ci
abbiamo messo un po’, ma siamo davanti a casa sua. Mi dispiace che sia
arrivato il momento di separarci…
Lo guardo: è
addormentato.
Lo scuoto
leggermente sulla spalla. Lui mormora qualcosa, poi si risistema più
comodamente, senza svegliarsi…
Sorrido. In questo
momento è completamente nelle mie mani, e questo mi dà una strana ed
eccezionale sicurezza.
Scendo e apro il
suo sportello. Piano piano lo sollevo tra le mie braccia. E’ ancora più
leggero di quanto pensassi… in effetti noto che deve essere ancora
dimagrito negli ultimi tempi.
Mi avvio verso il
portone. Prendo le chiavi dalla sua tasca e le infilo nella serratura. C’è
qualcosa di freddo che mi bagna la guancia. Guardo verso il cielo buio e mi
rendo conto che sono fiocchi di neve… sì, sta cominciando a nevicare!
Apro la porta ed
entriamo. So bene dove si trova la sua camera, così salgo le scale, sempre
tenendo fra le braccia il suo corpo addormentato. La sua testa è appoggiata
contro il mio torace, il suo respiro leggero mi accarezza il collo…
Lo deposito
dolcemente sul letto.
Tra la sua
abitudine di addormentarsi in ogni circostanza e l’alcool bevuto, penso
che non si sveglierebbe neanche con le cannonate…
Gli sfilo il
giaccone, poi le scarpe… Forse dovrei anche spogliarlo e mettergli il
pigiama, non credete?
Mi fermo a
contemplare il suo volto perfetto, quell’espressione innocente e
fiduciosa… Gli alzo le braccia per sfilargli il maglione, poi comincio a
sbottonargli i jeans. Il mio respiro diventa più affannoso, ma mi impongo
di frenare i pensieri più lussuriosi…
Gli infilo il
pigiama, poi lo copro con il piumone. Mi stendo accanto a lui: rimarrò solo
pochi minuti, solo il tempo per abbandonarmi un po’ alla bellezza di
questa visione.
Le lunghe ciglia
scure gli accarezzano le guance, mentre la frangia gli copre un po’ gli
occhi. Non resisto, e sfioro il suo volto con le dita.
Mi giro su un
fianco, in modo da guardarlo meglio… è così tardi che non ho voglia di
tornare a casa. Cercherò di svegliarmi presto, in modo che Kaede non si
accorga che sono rimasto con lui.
Mi sfilo la camicia
e rimango con i jeans, poi mi copro anch’io con la trapunta… fa freddo,
chissà se domani la città sarà tutta avvolta dalla neve…
Mi piace rimanere
ad accarezzarlo con lo sguardo. In questo momento penso di aver quasi
raggiunto il massimo della felicità… dite che il massimo sarebbe fare
l’amore con lui? Sì, forse… ma non adesso, adesso mi piacerebbe solo
tenerlo stretto tra le braccia, la sua testa abbandonata sulla mia spalla, i
suoi capelli che sfiorano la mia bocca…
Le mie dita passano
ad accarezzargli la spalla, lasciata nuda dalla giacca del pigiama scivolata
di lato… Sento che fa un respiro profondo… oddio, se dovesse svegliarsi?
Sarebbe un po’ complicato spiegare la situazione… Ma non si sveglia, si
accoccola contro il mio fianco appoggiandomi la testa sulla spalla e
stendendo il braccio sul mio torace…
Per qualche secondo
smetto di respirare… è tutto così inaspettato e meraviglioso che ho
paura che sia solo un sogno.
Mi perdo ad
osservare quella mano dalle dita lunghe e sottili a pochi centimetri dal mio
cuore… vorrei intrecciare le mie dita con le sue, e poi depositargli dei
baci leggeri sulla fronte, sulle tempie, sulla bocca…
“Hana…”
Il suono della sua
voce mi colpisce come una stilettata, facendo infrangere in mille pezzi il
mio sogno davanti ai miei occhi…
Non avevo bisogno
della conferma data da questa invocazione assonnata per capire che Kaede non
pensava di stringere il mio petto… ma la mia illusione era così innocente
che potevo far finta di crederci… e adesso, adesso…
Distolgo lo sguardo
dal suo viso… sono avvilito, rattristato… porto l’attenzione sugli
oggetti che affollano quella stanza, oggetti che parlano solo di loro…
Mi viene una rabbia
che mi è difficile controllare. Vorrei spaccare tutto, qua dentro… Vorrei
prendere Kaede in braccio, come ho fatto prima per portarlo fin quassù, e
farlo sedere sulle mie ginocchia… Vorrei stringerlo in un abbraccio caldo,
forte, e non farlo più andar via…
Sento una lacrima
scendermi lungo la guancia: non è giusto, non è giusto che lui abbia
deciso per tutti e due, che ci abbia privato di questa felicità!
So che non dovrei
farlo, ma lascio che le mie labbra accarezzino la sua fronte, lascio la mia
mano errare sul suo petto, infilandosi sotto la maglietta del pigiama…
Devo fermarmi… se
continuo così arriverò a perdere il controllo…
Il suo braccio è
sempre su di me, il suo respiro leggero è sempre lì ad accarezzarmi il
collo…
Devo andarmene.
Devo andar via o mi lascerò andare a qualcosa che non devo assolutamente
neanche pensare…
Sottrarmi al suo
abbraccio è doloroso come strapparmi il cuore dal petto… mentre mi
allontano noto che lui continua a cercarmi con la mano… cioè, non cerca
me, Akira Sendoh, cerca ancora in me quell’idiota con cui è abituato a
dividere il letto, ed io questo non lo sopporto!
So che mi pentirò
in eterno di non avere avuto il coraggio di andare ‘fino in fondo’
stanotte, rischiando il tutto per tutto… ma io non potrei mai fare del
male a Kaede… mai.
Mi rivesto in
fretta. Al momento di lasciare la stanza non posso fare a meno di
riavvicinarmi a lui:
“Ti amo, Kae-chan”
gli mormoro mentre gli deposito un ultimo bacio sulla tempia.
Salgo in macchina.
Rimango qualche minuto seduto senza accendere il motore. Fa freddo, la neve
sta cominciando a depositarsi in uno strato immacolato.
Guardo i fiocchi
gelidi e meravigliosi scendere sul parabrezza… non so perché ma mi
ricordano Kaede… e gli occhi cominciano a bruciarmi.
Appoggio la fronte
sul volante: perché deve essere così? Tutti mi considerano un ragazzo di
successo: sono un asso del basket, non sono brutto, sono simpatico,
socievole, ho un carattere aperto… cosa direbbero tutte le persone che mi
conoscono e mi invidiano se mi vedessero così? Distrutto perché,
nonostante tutto quello che pensano che abbia, non riesco a raggiungere la
cosa più importante…
Penso a quel
deficiente di Sakuragi… cosa ha fatto lui per meritarsi la fortuna che ha?
E’ uno stupido, mentecatto, buffone, rumoroso… cosa può avere in più
rispetto a me?
Alzo gli occhi
verso la finestra di Kaede, e penso a tutte le volte che deve aver poggiato
la testa sulla spalla di quella scimmia, a tutto quello che deve avergli
concesso…
Non è giusto!
Metto in moto e
parto con una sgommata… non posso, non devo pensare a queste cose!
Mi
sveglio un po’ intontito… mi alzo e vado in bagno: ho bisogno di
sciacquarmi la faccia.
Nello
specchio assisto allo spettacolo incredibile del mio viso stanco e
assonnato. Già, ieri sera ho bevuto parecchio…
Ieri
sera…
Guardo
il pigiama con i primi bottoni della giacca slacciati e i pantaloni con il
cordoncino in vita fermato solo da un nodo… e mi rendo conto che c’è
qualcosa che mi sfugge…
Mi
siedo sul letto, tenendomi la testa tra le mani…sono stanco e riesco a
pensare con difficoltà… il sonno che mi ha avvolto in questi giorni non
accenna a ritirarsi.
Siamo
andati in quel pub con Akira, Kogure e Mitsui. Abbiamo bevuto, loro
chiacchieravano delle squadre del torneo nazionale… Poi abbiamo deciso di
tornare a casa.
Ricordo
di essermi lasciato cullare dal movimento dell’auto, poi Akira ha acceso
la radio…
E
poi? Non ricordo altro…
Mi
volto per guardare il letto… non sono un vigliacco, devo sapere…
Chiudo
gli occhi: il cuscino e le lenzuola dalla parte di Hanamichi sono
sgualciti…
“Cazzo…”
non posso fare a meno di mormorare.
Cioè,
sono sicurissimo che non sia successo niente… non sono così baka da non
svegliarmi se… se…
Oddio,
il pensiero mi provoca un brivido gelido…
Devo
dire che però sarei più tranquillo se sapessi cosa è successo
‘esattamente’…
Ad
ogni modo, non è il caso di perdere troppo tempo a pensare… mi conviene
parlare direttamente con Sendoh… io lo conosco bene, non mi farebbe mai
qualcosa di meno che corretto. Tutti lo chiamano Hentai, ma io so bene che
non è così: per tanto tempo è stato il mio unico amico, e, anche dopo
avermi rivelato i suoi sentimenti ed aver incassato il mio rifiuto, il
nostro è sempre stato un rapporto di stima e rispetto reciproco.
Probabilmente
mi ha solo messo il pigiama.
Questa
conclusione mi tranquillizza, non c’è niente di cui preoccuparsi…
Metto
un po’ di cibo nella ciotola di Seth. Io, invece, non faccio
colazione…il solo pensare a mangiare mi fa venire dei conati di vomito…
Oggi
è il primo giorno delle vacanze di Natale, utilizzerò la mattinata libera
per qualche tiro al campetto. Mi infilo una tuta pesante, prendo la giacca,
i guanti e il pallone, poi apro la porta per uscire…
Lo
spettacolo che mi investe è davvero inconsueto per Kanagawa: le strade, le
case, gli alberi… tutto è coperto da una spessa coltre di neve.
Esco
in strada e vedo gruppi di ragazzini che si inseguono lanciandosi palle di
neve, bambine che costruiscono pupazzi muniti di sciarpe e cappelli, tutti i
suoni giungono ovattati… è una delle poche volte in cui l’ambiente
esterno rispecchia il mio stato d’animo…
Sì,
questi sono giorni in cui mi sento particolarmente gelato e isolato dal
mondo esterno… giorni strani ed apatici per me.
Penso
ad Hanamichi, al fatto che adesso vediamo un paesaggio simile, lui nel
villaggio dei nonni e io quaggiù a Kanagawa…
Il
pensiero del ‘tensai’ viene inspiegabilmente e improvvisamente
sostituito da quello di Sendoh… la consapevolezza che ieri non possa
essere successo niente tra noi non mi tranquillizza al punto di non
desiderare un chiarimento.
Mi
dirigo verso il parco, anche se so che è inutile, visto che il campetto sarà
coperto di neve. E infatti è completamente inagibile. Mi siedo su una
panchina è mi perdo nei miei pensieri…
Mi
rendo conto che ieri non ci siamo sentiti, con il do’aho.. forse ha
lasciato un messaggio sulla segreteria… il rimbambimento cronico di questa
mattina mi ha fatto dimenticare di controllare… sono arrabbiato con me
stesso. Mi alzo e mi dirigo di nuovo verso casa… è difficile camminare
dove sono già passate altre persone: la neve compattata si è gelata,
diventando insidiosa.
Riesco
a tornare a casa. Mi precipito sul telefono ma mi fermo scorgendo la lucetta
rossa continua: nessun messaggio.
Salgo
in camera e mi sdraio. Questa volta il mio sonno è giustificato, è
l’unica cosa che possa farmi passare questo mal di testa che rischia di
farmi scoppiare il cervello.
Devo
aver dormito nuovamente per ore… è già pomeriggio.
Mi
alzo, ma mi sento indolenzito, debole…
E’
già ora degli allenamenti, la penultima seduta prima di Natale.
Oggi
non prendo la bicicletta, avrei un incidente sicuro, meglio evitare… chissà
poi chi lo sentirebbe Sakuragi, sempre molto prodigo in quanto a
raccomandazioni… una vera mamma chioccia.
Arrivo
che tutti sono già dentro… l’impegno del campionato nazionale li ha
fatti riscoprire tutti iper-professionali, mi dico con sufficienza.
Cominciamo
con il riscaldamento, poi qualche schema. Ryota, Akagi ed io proviamo le
ultime combinazioni. Mi sento un po’ fuori fase, ma mi accorgo che anche
Kogure e Mitsui sono nelle mie stesse condizioni, quindi evito di
colpevolizzarmi troppo, e poi io, al contrario di loro, sono impeccabile
anche con molto alcool in corpo e poche ore di sonno per recuperare.
Mentre
gli altri si dirigono negli spogliatoi per la doccia, rimango a fare qualche
tiro. Negli ultimi giorni sono stato così stanco da interrompere i miei
allenamenti supplementari. Anche stasera sono a pezzi e sogno solo di
infilarmi sotto le coperte, ma mi sforzo di resistere, riscoprendo la mia
forza di volontà.
Scatto
da metà campo, scarto un ipotetico avversario e provo un tiro da tre in
prossimità della linea del fallo laterale… osservo la parabola perfetta,
aspetto il suono caratteristico che fa il pallone quando non tocca né
tabellone né cerchio di ferro, ma si fa subito avvolgere dalla reticella…
è un suono magico, la musica di un tiro perfetto.
Qualcuno
batte le mani, un applauso che rimbomba nel silenzio della palestra.
“Un
tiro da campione, Kae-chan”
Non
rispondo, mi limito ad avvicinarmi.
Sendoh.
Entro nella
palestra dello Shohoku. La prima cosa che si presenta davanti ai miei occhi
è definibile solo come ‘una visione’… Kaede si sta allenando da solo,
uno dei suoi soliti allenamenti supplementari.
Lo vedo correre in
mezzo al campo, il pallone che sembra incollato alle mani, gli occhi sul
canestro, come un vero campione… e poi il tiro da una posizione
impossibile, e la palla che si insacca senza neanche toccare l’anello di
ferro…
Non posso
trattenermi, e batto le mani, fissando i miei occhi su di lui, ammirando la
sua perfezione, come campione, come persona…
Mi si avvicina, ha
il respiro appena affannato… è incantevole.
“Non sei vestito
da one on one...” mi fa notare “..come mai sei qui?”
Gli sorrido. Sempre
dritto al sodo, eh?
“Che ne dici di
andare a cena insieme?” sono quasi sicuro che mi dirà di no, ma ho
intenzione di insistere.
Rimane in silenzio
per qualche istante. Mi osserva come se cercasse di scoprire qualcosa nel
mio sguardo.
“Allora?” lo
incalzo.
“Non ho molta
fame” il tono è incerto.
“Da quant’è
che non mangi, Kaede?” gli chiedo. Non mi è certo sfuggito che è magro
da far paura.
Lui scuote la
testa, come a dire che non sono affari miei, poi si volta per raggiungere
gli spogliatoi.
“Ti aspetto
qui…” gli grido dietro, sottolineando in questo modo che non ho
intenzione di accettare un suo rifiuto.
Non si gira,
continua a camminare con la sua andatura sinuosa ed elegante come quella di
un gatto.
Lo vedo scomparire
dietro la porta degli spogliatoi…
“Di nuovo qui?”
So bene a chi
appartiene questa voce, non devo neanche girarmi per guardarlo…
“Ciao Mitsui, io
bene, e tu?” lo saluto e rispondo alle domande che non mi ha fatto,
prendendolo in giro.
“Smettila di fare
lo stronzo”
C’è qualcosa in
sospeso fra noi, l’interruzione del suo tête a tête con Kogure, due sere
fa, o forse il riferimento all’interesse che Maki nutre per il
quattr’occhi…
“Devi dirmi
qualcosa, Mitchi?” so che odia essere chiamato così, e questo mi sembra
un buon motivo per farlo.
“Lascia stare
Rukawa” è secco, categorico.
“Cos’è, hai
paura che ti sopravanzi nella fila?” non so come mi venga questa frase così
infelice. Me ne pento subito dopo averla pronunciata…
Eppure lui non
risponde con il pugno che mi sarei aspettato… anzi, è come se non mi
avesse sentito.
“Lui è felice
così”.
Lo guardo stupito.
Come diavolo gli viene in mente di credere di sapere quale possa essere la
felicità per Kaede? Ma non mi arrabbio, anzi gli sorrido. Forse ho bisogno
di parlare…
“Cerco solo una
possibilità… per noi” mormoro.
“Ti stai facendo
del male, Sendoh. Fra Rukawa e Sakuragi c’è un’intesa perfetta…”
“E allora perché
hai paura che mi intrometta?” non posso fare a meno di notare.
“Sei il suo
migliore amico, a volte ci si confonde tra amicizia e amore… forse anche
tu ti sei confuso…”
No, non posso
permettere che continuino a pensare che la mia sia una impuntatura:
“Non è così,
Mitsui…” abbasso gli occhi “Non mi sono confuso. Io so che lo renderei
felice, e so che mi renderebbe felice, e non posso forzarmi e negare questi
sentimenti perché qualcun altro si è fatto avanti prima di me… non
sarebbe giusto, non sarebbe vero…” ho parlato sinceramente, non voglio
che possano esserci equivoci.
L’ex teppista
dello Shohoku scuote la testa:
“Mi dispiace per
te, Sendoh, davvero… ti farai male…” mi mormora mentre Kogure ci
raggiunge.
Se ne vanno poco
dopo, e io rimango solo ad aspettare Kaede.
Esce poco dopo, la
sacca sempre sulla spalla, ma stasera in jeans e felpa blu.
Gli sorrido…
pensava davvero che me ne sarei andato?
“Va bene del
ramen?” gli chiedo come se fossimo davvero d’accordo per andare a
mangiare insieme.
Non mi risponde,
continua a camminare, uscendo dalla palestra. Io cammino accanto a lui, le
mani che quasi si sfiorano… casualmente? No, io mi spingo apposta il più
vicino possibile a lui.
“Ho la
macchina..”
Non risponde, ma
entra e si siede accanto a me.
Devo ammettere che
sono stupito, non pensavo che sarebbe stato così semplice convincerlo.
“Forse dovremmo
parlare” sono le prime parole che pronuncia, e sinceramente non suonano un
granché bene…
“Di cosa?”
chiedo innocentemente.
“Stamattina…
stanotte…” mormora a disagio.
“Mi dispiace per
te, ma non è successo niente…” mi affretto a precisare, una fretta
studiata.
“Lo so” replica
secco.
Rimaniamo in
silenzio finché non raggiungiamo il posto che ho scelto.
Ci sediamo ed io
ordino per tutti e due. Non mi piace l’espressione di Kaede mentre osserva
il menu, sembra disgustato da quello che legge. Mi viene il dubbio che il
ramen non sia il suo piatto preferito…
“Riguardo a
stanotte…” comincio, passando lo sguardo da lui a tutte le coppie che
affollano il locale “…ti ho messo a dormire, come una brava mamma…”
“Immagino che sia
stato per sbadataggine che ti sei sdraiato accanto a me” osserva.
Rido:
“Non ti
illudere… mi sono riposato cinque minuti e poi sono andato via… possiamo
recuperare stanotte, se vuoi…” mi piace stuzzicarlo, anche se le mie
battute confermano la fama che mi accompagna ingiustamente.
Ma lui sorride.
“Ehi, stai
sorridendo ad una mia battuta! Lo considero un successo…” gli faccio
osservare con voce divertita.
“Hn…” ecco
che torna di poche parole, come sempre!
Il cameriere ci
porta i piatti che abbiamo ordinato. Ho fame, e poi sono contento… stare
qui, con Kaede, a cena da soli come se fossimo una coppia come tante, mi
carica di energia.
Noto che lui
spilucca il suo cibo, come se non gli piacesse.
“Puoi dirglielo,
se non ti piace. Ti porteranno qualche altra cosa” gli faccio notare.
“Non ho fame”
mi risponde.
Lo guardo. Devo
assolutamente convincerlo a mangiare qualche cosa…
“Ecco perché eri
così affaticato dopo una seduta standard di allenamento” osservo
subdolamente “Sei indebolito! Buon per noi, per quando vi
incontreremo…”
“Ti batterei
anche con una gamba sola!”
La mia tattica ha
però il risultato di fargli inghiottire qualche boccone, non molti, ma
qualcosa sì.
Si sta bene qui
dentro, il locale è accogliente, ed è come se la gente fosse
particolarmente calorosa, quasi per riscaldarsi e proteggersi l’un
l’altro dal freddo esterno.
Noto che sbadiglia.
“Ma di quante ore
di sonno hai bisogno a notte?” gli chiedo.
Mi guarda storto,
non pensavo di avergli chiesto di svelarmi un segreto…
La nostra serata
trascorre così, tranquilla. Verso le undici lo riaccompagno a casa.
“Non mi inviti ad
entrare?” scherzo, ma non troppo, quando scende dalla macchina.
Non si volta
neanche a guardarmi, mentre borbotta un esplicativo
“Buonanotte,
Akira”.
Sono
stanco ma non ho il sonno che credevo di avere. Riesco ancora a tenere gli
occhi aperti, sarà per la lunga dormita prima degli allenamenti, sarà
perché, contrastandolo, questo sonno comincia a regredire…
Mi
avvicino alla segreteria… tiro un sospiro di sollievo vedendo la luce
lampeggiare. Un messaggio…
Premo
il tasto dell’ascolto…
“Ciao
Kaede, sono papà. Qui a New York…”
Il
nastro continua a girare, ma io sto già salendo le scale, improvvisamente
la fatica accumulata dal pomeriggio sembra fiaccarmi i movimenti…
Stranamente
non mi addormento subito. Mi infilo nel letto e osservo il cielo limpido che
si scorge fuori dalla finestra… stasera mi vengono in mente strani
pensieri… ricordi.
Sospiro.
Forse è solo che non sono più abituato a stare da solo. Ormai è quasi un
anno che io e Hanamichi stiamo insieme, e in questo periodo sono cambiato
molto, me ne accorgo anch’io. Sono sempre freddo, deciso, silenzioso… ma
ho scoperto che mi piace aver vicino gente calda, affettuosa, rumorosa. Vi
sembra una descrizione del do’aho? Sì, è vero, lui è così. Ma lui è
anche molto di più, e invece io sto parlando anche di ‘amici’: mi
accorgo di essere meno misantropo, di desiderare, a volte, la compagnia
degli altri. Forse è per questo che stasera sono uscito con Sendoh, oltre
al fatto che volevo chiarire quello che è successo stanotte, e che sono
tanti anni che ci conosciamo ed io ho simpatia per lui.
Il
mio sguardo si posa sulla foto incorniciata che la scimmia ha deciso di
piazzare sul suo comodino. E’ una foto di quest’estate, di quando siamo
andati al mare: lui è molto abbronzato, io sono solo poco meno pallido di
adesso, Hanamichi mi guarda affettuosamente, tenendomi un braccio intorno
alle spalle, mentre io, come al solito, non guardo né lui né
l’obiettivo…
Chissà
cosa starà facendo in questo momento, ormai non dovrebbe mancare molto al
suo ritorno…
Mi
rigiro nel letto… nonostante abbia passato in bianco tutte le notti
trascorse quassù, il mio fisico resiste -sono o non sono il grande tensai?!-
e non riesco ad addormentarmi.
Non
sono abituato a dormire da solo, voglio la mia volpe da abbracciare… da
stringere per convincerlo ad appoggiare la testa sulla mia spalla…
So
che questi pensieri non mi fanno bene, eppure sono l’unica cosa che mi
permetta di andare avanti: con la mamma non ne parliamo, ma la situazione
della nonna continua a non migliorare, e poi, come sempre quando si radunano
le famiglie, stanno venendo fuori vecchi contenziosi, vecchie ruggini… La
mamma è stanca, mi rendo conto che non ce la fa più, e vedere che poi alla
preoccupazione della nonna si uniscono questi stupidi battibecchi la sta
abbattendo e scoraggiando.
Io
sto in mezzo a tutto questo, in più mi sento male per non poter vedere il
mio ragazzo, per non potergli neanche parlare… In questo paese dimenticato
da Dio la linea telefonica arriva solo all’ospedale, per il resto, visto
il territorio difficile, tutti sono muniti di strani apparecchi che
somigliano a telefoni da campo, e che funzionano solo localmente. Insomma,
morale della favola, poiché il telefono dell’ospedale è fuori uso, io
non posso chiamare Kaede…
Chissà
cosa starà facendo in questo momento…
Rido
tra me e me… cosa volete che stia facendo?! Starà dormendo, completamente
abbandonato tra le braccia di Morfeo…
Braccia?
Questa parola non mi piace… cerco però di scacciare subito il pensiero
molesto! Non so perché ma mi viene subito in mente quell’orrido
porcospino con i capelli a punta… Scuoto la testa per cancellare questa
immagine, e poi ripenso a come ci siamo salutati alla stazione, quando sono
partito: ripenso alle nostre dita intrecciate, allo sguardo di Kaede, più
significativo di mille parole, e mi tranquillizzo... forse il mio
volpacchiotto non starà smaniando disperatamente come me, ma non perché
non gli manchi, solo perché lui non è tipo da esternare così i propri
sentimenti… la mia algida Kitsune nasconde benissimo la propria intensa
focosità, io lo so!
Non
vedo l’ora di tornare a casa, non vedo l’ora di poterlo nuovamente
guardare in quegli occhi profondi e poterlo stringere forte tra le mie
braccia…
Sta diventando
un’abitudine andare a prendere Kaede dopo gli allenamenti… una piacevole
abitudine…
Quando mi vede, mi
fa un cenno con la testa, non propriamente un saluto, solo un movimento per
farmi capire che mi ha visto, e che devo fargli terminare l’allenamento
senza interruzioni. Mi siedo sulla panchina e lo guardo provare gli ultimi
tiri liberi. Ovviamente la sua media è del 100%, vi aspettavate qualcosa di
diverso?
Finalmente mette
via il pallone… stavo cominciando a sentirmi parte della tappezzeria, cosa
a cui certamente non sono abituato.
“Che vuoi, Sendoh?”
mi chiede, fissando i suoi occhi profondi nei miei.
“Ho scoperto un
posto fantastico dove cucinano…” comincio, ma lui mi interrompe.
“Quando l’hai
scoperto? Stanotte?!”
Rido, ho altre
possibilità per caso?
“Non essere il
solito asociale. Mangiamo qualcosa e poi ti riaccompagno a casa…”
Si avvia agli
spogliatoi.
“Datti una
mossa!” gli urlo dietro, troppo felice per trattenere la voce…
“Vuoi guidare
tu?” gli chiedo mentre raggiungiamo la macchina.
Lui mi guarda e si
porta dal lato del guidatore.
Ragazzi, a volte
vengono anche a me le idee geniali… Non so perché, ma stasera mi sento
euforico… tutti i pensieri angosciosi che ho avuto l’altra notte
sembrano lontani. E’ come se queste nostre uscite mi stessero facendo
riprendere coraggio.
Infila la chiave
nell’accensione.
Mi sporgo su di
lui.
“Le mani non
vanno bene, le devi tenere come le lancette di un orologio che segni le
dieci e dieci…”
Lui fa quello che
gli dico.
“Mi raccomando,
tieni la frizione premuta. Ingrana la prima, lascia lentamente la frizione e
spingi leggermente sull’acceleratore” aggiungo, tenendo una mano sul
freno e l’altra sul suo braccio.
“Ora puoi
andare…”
Parte facendo
fischiare le gomme, scala rapidamente dalla prima alla quinta, per
affrontare la curva a gomito a cento chilometri orari.
Se non avessi i
capelli già dritti, ci diventerebbero adesso…
Lui mi guarda e
sorride:
“Sono un buon
allievo?” chiede ridendo sotto i baffi.
Ci metto un po’
per riprendermi…
“Bastardo! Tu sai
già guidare…” lo accuso.
“Non l’ho mai
negato” mi risponde, con quello che ritengo un tentativo di spirito.
Scuoto la testa, ma
poi mi viene da ridere:
“Sei pieno di
sorprese…”
Lo guido fino al
piccolo ristorante che ho scoperto.
La serata trascorre
tranquilla, a parte due episodi non proprio trascurabili:
il primo è
l’arrivo degli amici di Sakuragi, li vedo sedersi chiassosamente ad un
tavolo lontano dal nostro… e spero che non vengano a rompere. Le cose
stanno andando bene con Kaede: stasera è rilassato, tranquillo. Non parla
molto, ma sembra ascoltare le mie chiacchiere.
Ovviamente, invece,
quel rompiscatole di Yohei dopo un po’ si avvicina.
“Ehi Rukawa! Come
stai?” chiede con un tono troppo alto, come se volesse sottolineare la
casualità ed il piacere dell’incontro.
Rukawa accenna una
sottospecie di sorriso.
“Vi volete unire
a noi?” continua la piattola.
“Stiamo per andar
via” mi inserisco io, in modo da evitare ulteriori inviti.
Lui mi guarda un
po’ perplesso, forse il mio tono è stato troppo netto…
“Beh, sarà per
la prossima volta” dice con tono incerto.
Che palle! Non
poteva rimanere a strafogarsi con i suoi amici invece di venire a rompere?
Noto che Kaede si è un po’ irrigidito… una volta tanto che ero riuscito
a non farlo pensare troppo a quell’aborto con i capelli rossi…
Il secondo episodio
vede protagonista il mio compagno di squadra, Koshino.
Mentre usciamo dal
locale, nel momento in cui io sto passando a Rukawa le chiavi della
macchina, visto che mi è sembrato che si fosse divertito a guidare,
incontriamo Hiroaki.
Lo saluto, mentre
gli passiamo accanto. Lui, il solito scorbutico, accenna un cenno con la
testa, e ci supera.
Strano
atteggiamento. Non è che di solito sia molto più espansivo, ma che
diavolo! Ci vediamo in palestra tutti i giorni, sono il suo capitano, e
tutto quello che fa quando mi incontra è un cenno con la testa?
“Tutto bene,
Koshino?” gli chiedo, cercando di capire il motivo della sua freddezza.
“Tutto ok”
risponde, passando lo sguardo da Kaede a me “Complimenti, ce l’hai fatta
alla fine!” aggiunge.
Vedo gli occhi di
Kaede stringersi minacciosamente. Meglio intervenire…
“Siamo andati a
mangiare…” sembra una giustificazione, forse lo è, ma più per tutelare
Kaede che per spiegare il mio comportamento ad un compagno di squadra.
“Non te l’ho
chiesto. Sai che me ne frega…” si volta e entra nel locale. Non sono
sicuro, ma mi sembra di aver sentito un ‘Bastardo’ rivolto al mio
indirizzo.
Comincio a pensare
che tutti i pazzi si siano dati appuntamento a Kanagawa…
Saliamo in
macchina. Stavolta Rukawa parte con più calma.
Stiamo in silenzio,
mentre la radio trasmette canzoni d’amore. Mi rilasso, c’è
l’atmosfera giusta. Mi volto per guardare il profilo di Kaede… credo che
sia un po’ stanco. Sicuramente è abituato a dormire di più…
“Perché ti ha
chiamato ‘bastardo’?”
La sua voce, dopo
tanti minuti di silenzio, mi fa sobbalzare…
“…che hai
detto?” temo di non aver capito bene.
“Perché Koshino
ti ha chiamato ‘bastardo’?” ripete.
Come dirgli che non
lo so? Mi metto a ridere…
“Sicuramente
avrai capito male…”
Lui scuote la
testa:
“Non prendermi
per scemo…” mi avverte.
Rimango qualche
istante in silenzio, poi dico lentamente:
“Non lo so, è un
tipo molto strano…”
Non replica subito,
ma dopo un po’ mi dice:
“Io credo che sia
innamorato di te”
Pronuncia questa
frase con tranquillità, come se stesse parlando di una cosa arci-nota…
Scoppio a ridere:
“Si vede che non
lo conosci!”
Sono
stanco, però mi piace molto guidare di notte. Il buio rende tutto più
misterioso, più intrigante, come se anche il vicolo più malfamato potesse
nascondere dei segreti meravigliosi.
Sono
stato bene con Akira, stasera, anche se non posso negare che spesso, durante
la nostra conversazione, la mia mente si è assentata per rivolgersi a quel
mezzo teppista sepolto tra le montagne.
Mi
rendo conto che ho più bisogno della compagnia degli altri di quanto non
potessi sospettare, inoltre quella di Sendoh è piacevole, ci siamo sempre
capiti con uno sguardo, noi due.
Gli
chiedo di Koshino. Non è che voglia farmi i fatti loro, però ho notato lo
strano atteggiamento di quel ragazzo, e penso anche di averne compreso il
motivo, e voglio sapere se anche Akira lo ha capito…
“Io
credo che sia innamorato di te” gli dico tranquillamente. Sono sicuro che
sia così, ho visto l’odio nei suoi occhi mentre mi guardava.
Sendoh
scoppia a ridere, ma con appena un attimo di esitazione, esitazione che io
ho notato:
“Si
vede che non lo conosci!”
Per
qualche istante rimango in silenzio, poi dico:
“Forse
sei tu, che non lo conosci”
So
che mi sta guardando, probabilmente è stupito dalle mie parole.
“Non
credo che sia innamorato di me” mormora, ma so di avergli instillato il
dubbio.
Sorrido
tra me e me. Chissà, forse questa cosa potrebbe costituire una svolta,
nella vita di Akira. Se dovesse innamorarsi di Koshino potrebbe conoscere la
felicità dell’amore corrisposto. Glielo auguro…
Improvvisamente
i miei pensieri diventano più tetri.
In
questi giorni mi sto abituando alla presenza di Sendoh, al nostro uscire
insieme. Mi dispiacerebbe se le cose tra noi dovessero cambiare in seguito
all’interessamento di Koshino…
“Akira…”
Lui
sembra riscuotersi dai suoi pensieri.
“Dimmi.”
Non
so se andare avanti o no. Probabilmente non sto facendo la cosa giusta, ma
ho bisogno di essere rassicurato, forse perché questo è un momento in cui
mi sembra che tutti i miei punti fermi mi stiano lasciando.
“Se
un giorno tu dovessi innamorarti di qualcuno…”
Apre
la bocca per protestare, ma io non voglio sentirlo: so già cosa vuole dire,
e invece il mio discorso è diverso.
“…se
dovessi innamorarti di qualcuno, rimarremmo sempre amici, vero?”
Sto
chiedendo una rassicurazione, ed è strano per me. Devo essere davvero un
po’ sottosopra.
“Nessuno
potrà mai mettersi tra noi” mi dice fissandomi il volto.
Sono
contento e preoccupato allo stesso tempo per questa risposta. Sono attaccato
ad Akira, ma non voglio che ci siano false speranze: spero che lui abbia
capito che sto parlando di amicizia…
Continuo a guardare
il suo cancello, anche quando lui è sparito da parecchio dalla mia vista.
Sorrido tra me e
me. E’ stata una serata molto particolare, ed è come se avessi la
sensazione che siano state dette cose importanti.
Mi ha chiesto se
rimarremo sempre amici… Kaede, pensi davvero che qualcosa possa mettersi
fra noi? Io ti amerò sempre…
Ripenso a Koshino,
all’espressione furibonda, a quella parola mormorata con rabbia… Non
sono uno sciocco, so che Rukawa potrebbe avere ragione, che il mio compagno
di squadra mi è affezionato, che si preoccupa per quello che mi succede,
che non ha mai visto di buon occhio il mio amore per Kaede. Il problema
rimane che, qualsiasi siano i suoi sentimenti, io non potrò mai
ricambiarli.
Per un momento mi
viene un pensiero crudele: come sarebbe facile, se le cose stessero come
sembra, approfittare dell’attaccamento di Koshino! Non sarebbe una storia
seria, certamente no, però potrebbe distrarmi un po’, potrebbe
aiutarmi…
Come mi è venuta
l’idea di aiuto?
Scuoto la testa,
sto facendo pensieri assurdi, stanotte…
Non sono un viscido
bastardo pronto a passare sopra alle persone solo per divertirsi un po’,
non calpesterei o umilierei mai un ragazzo che dimostrasse affetto per me…
però… però sto pensando alle parole di Kaede… Lui deve tenere molto
alla mia amicizia, per dire una cosa del genere, per preoccuparsi
dell’attaccamento di Koshino… e… se fosse geloso?
Geloso? Kaede?
Neanche nei miei sogni più audaci sono mai arrivato a contemplare una
simile possibilità… però, forse…
Diciamo così: in
questi ultimi giorni usciamo spesso insieme. Sia per mia che per sua volontà
non è mai stato pronunciato il nome della scimmia. Quando lo vado a
prendere è molto meno sulle sue del solito. Ha riso ad alcune mie battute,
e voi sapete cosa voglia dire una risata di Kaede… Poi ha notato
l’attaccamento di Koshino e lo ha subito interpretato come un segno di
interesse, di amore… e infine l’ultima domanda, il riconoscimento
dell’importanza del nostro rapporto.
Nessuna di queste
cose costituisce di per sé una prova schiacciante, però prese tutte
insieme sono un segno evidente che è affezionato a me… e da affetto ad
amore…
Se solo quello
stupido scimmione ci rimanesse, là tra le montagne…
Non mi piace usare
questi mezzucci, però devo studiare un piano di attacco…
E’ quasi
mezzogiorno… si sarà svegliato?
Suono il campanello
con decisione…
Lo risuono, sono
sicuro che sta ancora dormendo…
Mi attacco al
bottone per un minuto ininterrotto… e che diavolo! Come si fa a dormire
tutto il giorno! Quando e se sarà… certe abitudini dovranno essere
riviste.
Finalmente la porta
si apre.
Entro in casa senza
dargli neanche il tempo di accorgersi di chi sia.
“Devo andare a
fare un po’ di regali..” gli annuncio “..ho bisogno di consigli”.
Mi guarda e
sbadiglia. Temo che non abbia neanche afferrato le mie parole.
Lo lascio lì
immobile e mi avvio in cucina. Conoscendolo non ha neanche fatto
colazione… colazione? E’ quasi ora del pranzo!
“Che ci fai qui,
Akira…” beh, almeno mi ha riconosciuto…
“Ti sto portando
a pranzo fuori, dopo mi aiuterai per lo shopping”.
Mi guarda come se
fossi pazzo.
“Scordatelo”
Di mattina è
ancora più prolisso del solito!
“Non vuoi aiutare
un amico in difficoltà? Dai… dopo ti accompagno in palestra per gli
allenamenti” propongo tentatore.
Sbuffa:
“Oggi non ci
alleniamo, siamo in pausa fino al ventisette” mormora tra uno sbadiglio e
l’altro.
Accidenti… un
colpo di fortuna!
“Che strano… la
nostra palestra invece rimarrà aperta per tutte le vacanze…”
Lo guardo come se
stessi per essere folgorato da una scoperta fondamentale per la vita futura
del pianeta…
“Perché non
vieni con me al Ryonan? Potrai allenarti un po’, noi ci saremo tutti…”
mormoro pensieroso.
Mi guarda
accigliato, però si vede che sta valutando la mia proposta.
“Sono sicuro che
Taoka ne sarà contento..” insisto.
E’ la leva
giusta!
Dopo qualche
istante di silenzio, accetta:
“Ok. Verrò lì
per le cinque”.
“E per lo
shopping?” magari è la mia giornata fortunata…
Evidentemente no.
“Buona fortuna”
mi risponde, mentre si avvia verso la porta per farmi uscire.
IL PIANO E’
PARTITO!!!!
Ho
dormito di nuovo tutto il giorno. Pensavo di essere riuscito ad uscire da
quest’incubo, e invece non è così…
Mi
alzo e mi avvicino al telefono… nessun messaggio. Ci deve essere
qualche problema, quel do’aho non mi lascerebbe per tanto tempo
all’oscuro delle sue epiche gesta…
Sto
diventando troppo smielato, possibile che non riesca a resistere qualche
giorno senza di lui?
Chissà
la nonna come sta… spero che il silenzio di Hanamichi di questi ultimi
giorni non sia dovuto ad un peggioramento delle sue condizioni…
Guardo
l’ora. Forse è il caso che cominci a prepararmi per andare al Ryonan.
Mi
sembra strano andare ad allenarmi con loro, chissà, forse non dovrei
andarci, e per più di un motivo:
prima
di tutto la squadra del Ryonan è la nostra rivale più agguerrita per il
titolo
in
secondo luogo so che, se Anzai ci ha dato dei giorni di riposo, lo ha fatto
con cognizione di causa, ritenendo, evidentemente, che ne avessimo bisogno
in
terzo luogo, non mi sfugge che Sakuragi non ne sarebbe entusiasta, se
venisse a saperlo
infine…
è davvero saggio continuare ad uscire con tanta frequenza con Sendoh?
Sono
perfettamente cosciente del fatto che il nostro rapporto sta diventando più
intenso, e questo non può che portare a sgradevoli conseguenze, se Akira
persiste nelle sue strane prese di posizione.
Io
sono sicuro che questo suo considerarsi innamorato di me sia diventato una
specie di abitudine, e che non gli faccia bene continuare in questa sua
impuntatura. Forse, però, le cose stanno cambiando, adesso mi sembra più
amichevole, forse si è rassegnato e ha capito che è meglio che il nostro
rapporto rimanga nei confini dell’amicizia, e poi l’interessamento di
Koshino…
E
se riuscissi a fare qualcosa per avvicinarli?
Scuoto
la testa, possibile che io, Kaede Rukawa, abbia partorito un pensiero così
stupido?! Dovrei intervenire nella vita privata di Sendoh, dovrei cercare di
farlo innamorare di Koshino? Ma cosa sono diventato… un sensale di
matrimoni? Indubbiamente in questo periodo sto diventando un altro…
speriamo che passi presto.
Arrivo
al Ryonan che sono le cinque in punto.
Sono
davanti alla palestra, indeciso se entrare o no. Forse, tutto sommato,
sarebbe più saggio tornarsene a casa…
La
porta si apre. E’ Sendoh.
“Sei
arrivato, finalmente!” mi dice sorridendo.
Non
gli rispondo. Mi limito a guardarlo accigliato. So che la mia reazione deve
sembrare molto strana, però è come se lo ritenessi responsabile di questa
situazione di disagio.
Come
sempre, lui non fa una piega.
“Dai,
entra dentro. Stiamo organizzando una sfida…”
Non
dico niente, ma mi avvio verso la porta.
Quando
entriamo sono assalito da una marea di sguardi incuriositi… se già prima
ero abbastanza scettico circa l’opportunità di questo allenamento, ora lo
sono ancora di più.
“Ehi,
ghiacciolo, vuoi vedere come si allena una squadra vera?” mi dice uno dei
dementi, mi pare Fukuda.
Gli
altri ridacchiano, mentre noto che Koshino sta per conto proprio,
rivolgendomi lo stesso sguardo furente dell’altra sera.
Mi
volto verso Akira. Perché mi ha messo in questa situazione… Non che me ne
importi niente dei commenti di questi quattro deficienti, però mi secca
entrare in un ambiente tanto ostile.
“Piantatela”
ordina lui rivolgendosi ai suoi compagni.
Mi
mette la mano sul braccio, tirandomi fino al centro della palestra:
“Tutti
voi conoscete Rukawa, l’ala piccola dello Shohoku. Oggi l’ho invitato ad
allenarsi con noi, non fatemi fare figuracce…” continua con il suo tono
calmo ma deciso.
Non
posso fare a meno di cercare con lo sguardo Koshino. Eccolo là, con un
sorrisetto ironico sulle labbra…
Mi
sento in una situazione falsa: so che ai suoi occhi devo rappresentare la
rovina di Sendoh, visto che non corrispondo i suoi sentimenti ma comunque
continuo a frequentarlo. Comprendo la sua ostilità, però, nello stesso
tempo, so quanto sia mal diretta, visto che io non cerco in alcun modo di
illudere Akira.
“Abbiamo
già formato le squadre, Kae-chan” riprende quest’ultimo… ma come
diavolo gli viene in mente di chiamarmi ‘Kae-chan’ davanti a tutti?!
“Tu
sarai in squadra con Uozumi e Fukuda…” comincia a spiegare.
Mi
vado a cambiare. Dalle finestre noto che è ricominciato a nevicare.
Quei deficienti dei
miei compagni di squadra mi hanno davvero fatto arrabbiare… lo sapevano
benissimo che sarebbe arrivato Kaede, non potevano risparmiarsi quegli
stupidi commenti?
Eccolo che torna.
Sopra i pantaloncini grigi ha una T-shirt nera e una canotta grigia. Non so
perché non riesca a fare a meno di squadrarmelo in ogni particolare, quando
lo vedo.
Cominciamo la
partita. Mi avvicino a Koshino per gli ultimi schemi. Non posso non notare
che sia parecchio di malumore, e mi dispiace che sia a causa mia. Hiroaki
non si merita questo trattamento… ma stavolta devo giocare il tutto per
tutto…
Io mi metto in
marcatura su Kaede. Forse gli sto anche troppo addosso, ma non riesco ad
evitarlo, nello stesso tempo spesso mi allontano studiatamente per
confabulare con Koshino sulle manovre di attacco.
Sto facendo un
gioco difficile, rischioso.
Rukawa è molto
ispirato, stasera. Nonostante l’indebolimento fisico dovuto al fatto che
praticamente non mangia da giorni, riesce sempre a superare la mia difesa, e
scartare l’ultimo uomo e a saltare a canestro.
Vedo che anche
Uozumi è stupito dalla sua bravura: infatti, se è impossibile giocargli
contro, è fantastico scoprirlo come compagno di squadra.
Mi ha passato di
nuovo. Mi accorgo che Koshino si è parato davanti al nostro canestro, nel
tentativo di fermare l’ennesima realizzazione. Saltano insieme…
Accidenti! Io
volevo far ingelosire Kaede, non Koshino… Hiroaki gli ha dato una gomitata
nello stomaco, facendolo finire per terra…
“Fallo, Koshino!”
sento tuonare la voce arrabbiata di Uozumi.
Mi precipito vicino
a Kaede, inginocchiandomi accanto a lui, poi volto la testa verso il mio
compagno di squadra:
“Che cazzo gli
hai fatto?!” gli urlo furente.
Lui non risponde,
rimane lì a guardarci tutti con quella sua aria imbronciata, come se lo
stessimo sottoponendo a chissà quale incredibile ingiustizia…
“Non è
niente!” sibila Rukawa mettendosi seduto.
Io, invece, sono
preoccupato:
“Vuoi che ti
porti in infermeria?” gli chiedo.
“Ho detto che sto
bene!” mi urla in faccia.
Vedo che Koshino si
avvicina a noi. Stavolta leggo sul suo volto un po’ di vergogna.
Porge la mano a
Kaede, come per aiutarlo ad alzarsi.
E’ audace, il
piccolo Kosh, conoscendo Rukawa io non avrei osato tanto…
E invece Kaede
afferra quella mano protesa e si lascia aiutare ad alzarsi.
La partita
riprende, e diventa partita vera, corretta, bella, con azioni spettacolari
da una parte e dall’altra… E’ come se quel fallo avesse rappresentato
la panacea per tutte le tensioni accumulate in campo.
La squadra di Kaede
vince per tre punti.
Al momento in cui
le due squadre si salutano, tutti i miei compagni gli fanno i complimenti e
lo invitano a tornare… è strano, mi sento come una giovane mamma
orgogliosa del proprio bambino… pensate che sia grave?
Sono
contento di essere venuto a giocare con il Ryonan, mi piace confrontarmi con
gli avversari, mi serve per crescere… E poi le cose sono andate abbastanza
bene, a parte il dolore allo sterno dovuto alla gomitata di Koshino.
Sendoh
si è molto arrabbiato, ma evidentemente a lui sfugge che si possano
commettere anche azioni scorrette per amore: adesso sono sicuro che si
tratti di questo, che Koshino sia davvero innamorato di Akira e che stia
soffrendo molto per questa situazione.
Tutti
si dirigono verso gli spogliatoi. Io rimango per qualche tiro
supplementare… non mi va di cambiarmi con loro, preferisco aspettare che
siano usciti.
Quando
decido di farmi la doccia, mi accorgo che nella stanza c’è solo Koshino.
Mi sbrigo ad infilarmi sotto il getto dell’acqua: ho bisogno di sentire
quella carezza calda sciogliermi i muscoli… è sempre stato il momento che
mi sono goduto di più quello della doccia finale, mi sembra un rito
purificatore che si trascina via la stanchezza ed i cattivi pensieri.
“Mi
dispiace per prima…”
Mi
scuoto dal mio torpore per portare lo sguardo sul giocatore del Ryonan.
Scrollo
la testa, come a dire che non è stato niente, e alzo di nuovo il viso verso
il getto dell’acqua per sciacquare lo shampoo.
“…l’ho
fatto apposta…”
Perché,
perché dobbiamo parlare di questo?
“Tu
hai capito perché, vero?” continua.
Giro
la manopola e esco dalla cabina infilandomi l’accappatoio:
“Sì”
rispondo calmo.
“Per
lui non esisti che tu…” mi dice, e io rimango in silenzio.
“Beh,
immagino che non ci sia niente da aggiungere…” conclude con un sorriso
triste.
Si
avvia verso la porta. Improvvisamente lo fermo afferrandolo per un braccio:
“Akira
capirà, prima o poi…” mormoro.
Mi
guarda stupito, poi mi sorride più convinto…
“Pensavo
fossi davvero il principe dei ghiacci, e invece…
Beh,
grazie…”
Quanto diavolo ci
mette?
Finalmente la porta
si apre…
Delusione, è solo
Koshino…
In realtà mi
dispiace per aver cercato di tirarlo dentro a questa storia, non mi sono
comportato correttamente con lui… ma poi ripenso alla gomitata che ha
rifilato a Kaede, e mi torna la rabbia.
“Ha quasi
terminato” mi dice. Noto che è uscito dallo spogliatoio con il viso
rilassato.. chissà che si sono detti quei due!
Effettivamente il
mio piano è stato un po’ puerile, e fra l’altro mal condotto… credo
che ci voglia ben altro per fare ingelosire Kaede… del resto è normale
che per uno come lui sia impossibile considerare l’eventualità di avere
dei rivali. E così ho finito per scatenare la gelosia di Hiroaki… ma che
bravo!
Non so come mi
venga in mente, eppure è proprio la mia voce…
“Ho la macchina,
ed è ricominciato a nevicare. Se vuoi ti accompagno a casa. Aspettiamo
Rukawa e poi andiamo tutti e tre insieme” propongo.
Lui sembra un po’
titubante, ma poi accenna un mezzo sorriso:
“Mi faresti un
favore. Stasera potrei rischiare l’ibernazione…”
Rido con lui, non
capita spesso che Hiroaki azzardi una battuta.
Finalmente Kaede
emerge dallo spogliatoio.
Ci avviamo tutti
verso la mia macchina.
“Guidi tu,
Kae-chan?” gli chiedo.
Non risponde, ma
prende le chiavi dalla mia mano. Noto che lancia uno sguardo a Koshino,
sguardo di cui non riesco ad interpretare il significato, e improvvisamente
mi rendo conto che mi hanno lasciato solo il sedile posteriore.
I due davanti
sembrano particolarmente di buon umore, sebbene questo non li faccia
diventare dei chiacchieroni. Hiroaki ci guida fino a casa sua, e scendendo
ci ringrazia per il passaggio.
Finalmente posso
sedermi accanto a Rukawa. Sinceramente sono un po’ seccato: non riesco a
capire cosa sia successo, è solo che sento come se mi avessero escluso…
“Non pensavo che
tu e Kosh sareste diventati amici in così poco tempo…” non riesco ad
evitare di notare acidamente.
Kaede non mi
risponde, continua a guardare la strada davanti a sé.
Rimaniamo per un
po’ in silenzio, poi è lui a parlare:
“E’ ancora
valida la proposta per lo shopping?” mi chiede.
Ovviamente queste
parole sono musica per le mie orecchie…
“Certo. Ma come
mai ti sei deciso?” devo ammettere, infatti, che sono piuttosto stupito.
“Devo fare un
po’ di regali. Domani è la vigilia…” spiega laconicamente.
“Certo che ci
siamo ridotti all’ultimo minuto…” commento.
“Sì, ma io so già
cosa voglio comprare”
Figurarsi se lui
non aveva già deciso tutto quanto…
“Quando ci
vediamo?” gli chiedo.
“Verso le
dieci…”
“Ce la farai a
svegliarti per quell’ora?” lo prendo in giro, ma lui non mi risponde…
La
segreteria telefonica è ancora senza messaggi, anche sul mio cellulare non
compaiono chiamate… lo tengo sempre acceso, sperando che il do’aho si
ricordi il numero, speranza vana, anche se me l’ha regalato lui.
Mi
siedo sul letto e prendo in mano la nostra foto… mi manca il suo sorriso,
mi mancano le sue battute idiote, il suo fare sbruffone...
Continuo
a guardare quell’immagine, e mi sembra che risalga a secoli fa, e non alla
scorsa estate.
Mi
guardo allo specchio: sono sempre io, la stessa espressione fredda e seria,
gli stessi occhi duri, gelidi… eppure mi accorgo di essere cambiato.
Stare
per tanto tempo con quel ciclone, essere soggetto al suo affetto, alle sue
cure, alla sua continua preoccupazione ha addolcito il mio carattere,
sebbene abbia sempre cercato di nasconderlo, e adesso che lui mi è lontano
sono ancora più nervoso e insoddisfatto di quando non ci conoscevamo
ancora.
Sono
di cattivo umore perché non riesco a capire cosa possa essere successo a
quell’impiastro… continua a non farsi sentire, e i giorni passano…
Forse dovrei raggiungerlo lassù sulle montagne… per qualche istante mi
crogiolo in questa idea, ma poi mi riprendo: questa separazione deve
costituire una prova per me. So bene quanto sia forte il mio attaccamento
per Hanamichi, ma sono sempre stato in grado di cavarmela da solo, in ogni
circostanza, ho sempre dimostrato di non dipendere da nessuno…
Devo
riuscire a farcela anche stavolta, sebbene mi senta male da morire per
questo…
Ceno
con un bicchiere di latte, poi vado in camera da letto: mi vedrò una
partita di basket in televisione, dopo essermi infilato sotto le coperte.
Apro
il cassetto per prendere un pigiama pulito. Non resisto ad uno sciocco
attacco di romanticismo e ne prendo uno del Tensai… mi sta un po’
grande, in pratica ci entrerei due volte, ma non lo tolgo, e mi metto a
letto. La partita comincia, ma i miei occhi già si chiudono… l’ultima
cosa che sento è il morbido pelo di Seth contro la spalla…
Abbiamo
camminato tutta la mattina per le vie del centro. Non credevo che fosse così
stancante fare shopping!
In
realtà io impiego poco per i miei regali. Ho le idee chiare, e così
sistemo mio padre e la sorella di Hanamichi in breve tempo.
Forse
sarei anche potuto venire da solo, ma voglio continuare nella mia opera di
supporto alla causa di Koshino.
Non
è che io abbia particolare simpatia per lui, ma voglio che Akira, a cui
invece voglio davvero bene, si renda conto che si sta precludendo la felicità
con questa sua fissazione per me.
Entriamo
in un locale per bere qualcosa di caldo: non sta nevicando, ma si gela
fuori. Ho le dita così intirizzite che me le fa dolere il solo tentativo di
muoverle…
Ci
sediamo e prendiamo due tè al gelsomino e qualche biscotto. Tra me ripenso
a quando, qualche giorno fa, ho vissuto la stessa esperienza con Hanamichi e
mi viene un po’ di malinconia, anche se sorrido ricordando tutto quello
che è stato capace di mangiarsi…
“Hai
terminato con i regali?” mi chiede Akira, distraendomi dai miei pensieri.
“Hn..”
“Sarebbe
un sì?” continua.
“No,
manca quello per Sakuragi”
Noto
che il suo sorriso diventa appena meno accentuato, ma comunque incassa con
stile, come sempre.
“E
hai già deciso cosa comprargli?”
Perché
me lo chiede? non pensavo che fosse affetto da manie masochiste…
“In
effetti ho un’idea” mormoro, riprendendo a bere il mio tè.
Rimaniamo
in silenzio finché non usciamo e ricominciamo a camminare.
Siamo
diretti verso un grande negozio di dischi, quello sempre affollato dai
liceali di tutta Kanagawa.
Sendoh
comincia a girare tra i vari scaffali, mentre io mi fermo alla sezione rock
americano. Prendo in mano qualche CD, scelgo con cura, mi piace la musica e
mi considero quasi un esperto. Alla fine aggiungo a quelli che ho già preso
anche l’ultimo dei Pink Floyd… più per affetto verso il loro vecchio
stile che perché mi piacciano le ultime canzoni.
“CD
per la scimmia?” mi chiede Sendoh, riavvicinandosi con le mani colme di
dischi.
Scuoto
la testa, e lui mi guarda perplesso. Comunque la sua curiosità non durerà
a lungo.
Ci
immergiamo di nuovo nel fiume di persone che scorre per il centro della città.
Stavolta
sono io a fare strada. So già dove voglio andare…
“No!”
fa Sendoh “Non un regalo così banale…”.
So
a cosa sta pensando, quindi non mi spreco neanche a rispondergli.
Entriamo
e camminiamo decisi, come due che sanno cosa stanno facendo, solo che ad un
certo punto io svolto a destra e Sendoh a sinistra…
Ecco
finalmente quello che cercavo!
Passano
alcuni minuti prima che Akira mi ritrovi:
“Perché
non sei venuto di là? Che ci fai qui?” mi chiede stupito.
“E’
qui il regalo che cerco…”
“Nel
settore del tennis?!” mi guarda come se fossi in preda ad un attacco di
follia…
“Hn”
rispondo laconicamente.
“E
che se ne fa il do’aho?!” continua incredulo.
“Lui
giocava…” che seccatura dover dare tutte queste spiegazioni!
“La
scimmia?”
“Sì,
Hanamichi!” sto cominciando a spazientirmi…
“Va
bene, va bene… hai già visto qualcosa di adatto?” mi chiede.
“So
che gli piace una racchetta in particolare, ma in realtà io non me ne
intendo…” devo ammettere.
“Ma
sei fortunato, perché anch’io gioco…” mi rivela sorridendo.
Accenno
un sorriso di rimando. Ora mi sento più tranquillo.
Approva
la mia scelta, ma chiede alla commessa di poter provare qualche tiro, per
vedere se la tensione delle corde è giusta…
Nello
spazio apposito si cimenta nel palleggio contro la parete, per terminare con
una specie di schiacciata, un tiro abbastanza spettacolare che mi rivela
chiamarsi ‘smash’…
Concluso
lo show mi strizza un occhio, come a darmi la sua completa rassicurazione
sulla bontà dell’acquisto, così pago, la faccio incartare ed usciamo.
Sono
contento di essermi tolto questo pensiero, non che non mi piaccia fare
regali al mio do’aho, però questo è un campo a me sconosciuto e mi
avrebbe seccato sbagliare…
“La
scimmia è fortunata, è davvero una bella racchetta… fra l’altro anche
molto costosa…”
Io
non replico niente, non sono affari di Akira i soldi che decido di spendere
per un regalo ad Hanamichi…
“Un
giorno dovremmo organizzare un doppio…” propone.
“Io
non so giocare” ripeto per l’ennesima volta “Potreste sfidarvi voi
due…”
Lui
ride come se la mia fosse una battuta, poi dice:
“Non
è difficile, e tu sei portato per tutti gli sport… impareresti con poche
lezioni… Figurati che anche Koshino sa giocare, ed ha imparato in
un’estate…”
Sono
contento che il discorso sia finito sul suo compagno di squadra:
“Si
vede che è un ragazzo in gamba…” mormoro.
Sendoh
si ferma e mi guarda fisso negli occhi:
“Cos’è
successo tra voi nello spogliatoio, ieri?” mi chiede con tono
inquisitorio.
Akira
geloso come il do’aho? Sono così simili che frequentandosi potrebbero
pure diventare amici…
Mi
limito a rispondergli con uno sguardo gelido.
Lui
mi sorride, quel suo strano e raro sorriso disarmante e contagioso. Ma
rimango serio.
“Koshino
è un ragazzo molto particolare” riprende lui “E’ difficile capire
cosa gli passi per la testa. E’ molto introverso…”
Ma
allora pure Sendoh è un tonto, non posso fare a meno di pensare…
“Forse
è solo…” detto da me suona quasi assurdo, io, lonely-man per
antonomasia, che suggerisco che un altro possa soffrire di solitudine.
“Sì,
ma non fa niente per socializzare…”
Mi
danno fastidio queste parole di Sendoh… quante volte me le sono sentite
rivolgere, direttamente o dietro le spalle…
“E
tu fai qualcosa per conoscerlo meglio?” gli chiedo senza riuscire a
mascherare la durezza del mio tono.
Lui
mi guarda sorpreso…
“Beh,
è un po’ seccante parlare con uno che non ti risponde, o al massimo
bofonchia qualcosa tra i denti…”
Stavolta
sono io a fermarmi e a girarmi verso di lui… lo prendo per il colletto
della giacca e lo addosso al muro:
“Sei
proprio uno stronzo, Akira Sendoh!” poi lo lascio e mi allontano
velocemente, da solo.
Ma che diavolo ho
fatto di male? Non riesco davvero a capire…
Rukawa non mi ha
mai trattato in questo modo!
Sono rimasto
immobile in mezzo alla strada, strattonato dai passanti a cui intralcio lo
shopping natalizio.
Come al solito è
stata colpa di Koshino… perché diavolo ultimamente deve sempre comparire
nelle nostre conversazioni?
Ripenso a quello
che stavamo dicendo: Kaede mi aveva chiesto se non era un problema di
solitudine… e io ho riposto che è difficile conoscere qualcuno quando
oppone solo silenzi… silenzi…
SILENZI!!!!
Che razza di
demente! Ci credo che mi ha sbattuto contro il muro!
Devo spiegargli,
seguirlo!
O forse no?
Ho deciso, gli farò
una sorpresa: già me lo immagino, a festeggiare il natale tutto solo… ma
ci penserò io a renderglielo indimenticabile!
Corro, devo
sbrigarmi, i negozi sono ancora aperti…
E’
stato strano lasciarmi andare in quel modo… ma era come se Sendoh stesse
parlando di me, e non ce l’ho fatta a resistere… capisco bene quello che
deve provare Koshino: prima di tutto la sensazione di non contare per
nessuno, di non trovare neanche un amico che abbia voglia di combattere un
po’ contro quel muro di silenzio che potrebbe celare un tesoro, un cuore
colmo di affetto e di amicizia, e poi la sofferenza per un amore non
corrisposto...
Io
sono stato fortunato: mi sono innamorato di qualcuno che già mi amava, non
ho dovuto aggiungere al mio carattere già difficile lo sforzo di una
conquista…
Arrivo
a casa ancora preso da questi pensieri.
Mi
accorgo che vicino al cancello c’è qualcuno che mi aspetta. Sono stanco,
ho poca voglia di chiacchierare… e poi non capisco chi possa essere…
Avvicinandomi
di più mi accorgo che sono Mitsui e Kogure.
“Ehi
campione!” mi apostrofa Mitsui.
Sì,
stanno aspettando proprio me.
“Hn”
“Sempre
logorroico, eh?” continua l’ex teppista, sfondandomi una spalla con
quella che per lui dovrebbe essere una pacca affettuosa.
“Avevamo
pensato di venirti a fare gli auguri di Natale…” interviene Kogure
sorridendo.
Aiuto!
Mi sta già venendo la carie… Come se non capissi che è solo il pensiero
del povero compagno di squadra costretto a trascorrere il Natale solo e
abbandonato ad averli portati sin qui!
In
ogni caso apro il portone e li faccio entrare in casa.
“Certo
che fa proprio freddo, oggi!” nota sempre il quattr’occhi, con grande
originalità.
Sembrano
l’Esercito della Salvezza in trasferta…
“Fatto
spese? Un regalo per la scimmia?” chiede invece Mitsui osservando le buste
che poggio sul tavolo.
“Hn”
grugnisco.
Vado
in cucina e preparo del tè, tanto ho già capito che non hanno intenzione
di lasciarmi in pace troppo presto.
Porto
il tutto nel soggiorno.
“Certo
che vedendo la tua casa non si direbbe proprio che è Natale!” osserva
Kogure guardandosi intorno.
Cominciamo
a bere, è il secondo tè di questo pomeriggio…
I
due cominciano a scambiarsi le loro solite occhiate adoranti… se fossi
cinico come alcuni mi descrivono, introdurrei Maki nella conversazione, e
invece mi limito ad osservarli e ad invidiarli.
“Ma
da qualche parte non le hai le decorazioni natalizie?” se ne esce Mitsui.
Scuoto
la testa lentamente. Mi ricordo che fino a qualche anno fa, nel tentativo di
mio padre di farmi sentire in una famiglia normale, la governante faceva
l’albero… però è tanto che non vedo più niente di quelle cose in
giro…
“Non
è possibile! Sicuramente qualcosa avrai… magari in garage…”
Non
demordono!
“Forse
in soffitta…”
Accidenti!
Non potevo rimanermene zitto? Ora quei due fanno gli invasati. E così
saliamo tutti e tre per impolverarci ben bene in mezzo a mobili vecchi,
scatole, libri, giocattoli intatti.
“Ma
tu non li usavi?” mi chiede Mitsui, notando la quantità di giochi e il
loro stato.
“No”
il mio tono tagliente fa morire sul nascere qualsiasi replica.
Mi
guardano sorpresi, ma fortunatamente non insistono… non sopporterei di
pensare alla mia infanzia proprio adesso…
“Trovato!”
l’ex teppista ha il tono entusiasta di un ragazzino… un aspetto del suo
carattere che non sospettavo.
Fanno
tutto loro, portano giù l’albero e le tremila scatole di palline.
“Dove
vuoi che lo facciamo?” chiede Kogure, inconsapevole dell’infelice frase
scelta…
Mitsui
scoppia a ridere facendo rotolare per terra le palline gialle, mentre
neanche io sono in grado di trattenere un sorriso.
Il
quattr’occhi capisce e diventa rosso come un gambero.
“Ma
che proposte fai?” scherza Mitsui, sorridendogli e posandogli poi un bacio
leggero sulla punta del naso.
Kogure
arrossisce ancora di più, ma poi si allontana da lui, come se si sentisse
in colpa per il loro atteggiamento di fronte a me.
Decidono
di montare il tutto vicino al camino.
L’albero
non lo ricordavo così alto, eppure di solito i ricordi infantili aumentano
le dimensioni delle cose…
Alla
fine Mitsui sale su una sedia per montare la punta ed incastrarla sul
‘fusto’ di ferro. Mi avvicino anch’io per aiutare a tirare giù ed
aprire tutti i rami laterali.
E’
un bell’albero: anche se finto, è alto e folto.
Ormai
mi sto facendo tirare dentro a questa pazzia, e così aiuto a mettere le
decorazioni, come se fossi ancora un bambino di cinque anni. Dopo un po’
però siamo tutti e tre molto presi, ci divertiamo e vogliamo fare un bel
lavoro.
Mitsui
si avvicina allo stereo, armeggia un po’ con i miei CD e poi mette il ‘Boss’,
cominciando a cantargli appresso.
Ci
mettiamo un’ora a terminare tutto, con Kogure che, come ultima cosa,
infila delicatamente il puntale in cima all’albero.
Poi
ci allontaniamo per osservare la nostra opera:
“Beh,
è venuto proprio bene!” osserva il quattr’occhi.
“Sì,
abbiamo fatto un buon lavoro” concorda Mitsui.
Si
voltano entrambi verso di me, che sono rimasto in silenzio.
“Hn”
è il mio commento.
Scuotono
la testa e cominciano a ridere…
“Abbiamo
dimenticato una cosa!” esclama Kogure interrompendo le risate e
guardandoci agitatissimo. Neanche ce ne accorgiamo che già si è
precipitato fuori dalla porta.
Io
e Mitsui rimaniamo interdetti… che diavolo gli sarà preso?
Comunque
ci sediamo sul divano aspettando il suo ritorno.
“Spero
che non ti siamo sembrati troppo invadenti…” mi dice l’ex teppista
dopo un po’.
Lo
guardo scuotendo la testa.
Lui
tira un sospiro di sollievo…
“Sai,
a volte non è facile capire cosa ti passa per la testa… però credimi se
ti dico che non siamo venuti con lo spirito da ‘buona azione natalizia’…
ci tenevamo a salutarti” mormora con tono serio.
“Lo
so, Hisashi. Grazie”.
Poco
dopo sentiamo il campanello. Kogure entra con un sorriso fino alle orecchie:
“Era
uno degli ultimi mazzi… siamo stati davvero fortunati…”
Fortunati?
Per quel cespo di verdura che tiene in mano?
“Cos’è?”
chiede Mitsui, anche lui piuttosto perplesso.
“Come
cos’è?! Non avete mai visto del vischio?” risponde il quattr’occhi
stupito, mentre si alza sulle punte dei piedi per riuscire ad appenderlo.
“Vischio?
Quella roba appiccicosa? Che ci dobbiamo fare?!” continua l’ex teppista.
Io invece ho capito perché Kogure l’ha portato.
“Devo
spiegarti proprio tutto! A Natale è di buon augurio baciare le persone care
sotto un ramo di vischio… è una vecchia tradizione”.
“Kimi-kun,
secondo me questa storia te la sei inventata, comunque…” e Mitsui se lo
trascina sotto il mazzo che l’altro è finalmente riuscito a fissare al
lampadario.
Sembra
proprio che si siano dimenticati della mia esistenza, infatti si abbracciano
e si baciano con trasporto.
Io
volto loro le spalle e me ne vado in cucina. E’ la vigilia di Natale,
stasera non posso cenare con un bicchiere di latte…
“Scusa
Kaede…” Kogure mi ha raggiunto ed è tutto rosso in viso.
“Di
cosa?” rispondo con noncuranza.
Lui
scrolla la testa, come a dire che io so.
Mi
volto a guardarlo:
“Sono
contento che siate venuti…” lo dico sinceramente, sono davvero degli
amici…
“Ha
fatto piacere anche a noi” e mi sorride. Anche Mitsui ci raggiunge, poi,
dopo un po’, i due vanno via, cenano con i genitori di Kogure, stasera.
Mentre
si allontanano lungo il vialetto che porta al cancello, si voltano verso di
me salutandomi con la mano. Ricambio più compostamente, poi rientro in
casa.
Dopo
aver chiuso la porta dietro di me, mi rendo conto che anche questo Natale lo
trascorrerò da solo.
Preparo
qualcosa per me e metto nella ciotola di Seth una cosa nuova che gli ho
comprato stamattina per far festeggiare anche lui… beh, non sono solo
proprio come gli altri anni, penso accarezzandogli il pelo morbido.
Poi
mi rialzo.
Guardo
questo telefono silenzioso: vorrei tanto che stasera il do’aho mi
chiamasse, vorrei chiacchierare un po’ con lui… anzi, mi basterebbe
sentire la sua voce, le sue battute agghiaccianti, la sua risata…
Accendo
la televisione. Il Natale non è certo una festa che da noi abbia un
significato religioso, assolutamente, e così siamo riusciti ad appropriarci
solo del suo significato più deteriore: la corsa ai regali, le decorazioni,
i falsi buoni-sentimenti. Mi avvicino alla finestra… immagino che in ogni
casa le persone stiano aspettando il momento per scartare i pacchetti,
giocando nel frattempo alla famiglia felice.
Ripenso
a quando ero molto piccolo, a mia madre che suonava per noi, la sera della
vigilia, mentre l’albero, allora vero, era un grande gioco di luci… sì,
anche per noi il Natale era una scusa per stare insieme, ma noi
‘eravamo’ felici, non giocavamo ad esserlo…
Mio
padre mi ha chiamato poco fa, pensava che Hanamichi fosse con me, per questo
è rimasto a New York… apprezzo la sua premura nei nostri confronti, ma
adesso mi manca…
Riguardo
il telefono: lo so, non suonerà neanche stasera…
Non
accendo neanche le luci dell’albero che Mitsui e Kogure mi hanno aiutato a
decorare… non ne ho voglia, non ne ho la forza… mi avvio verso le scale.
Questa per me sarà una serata come tutte le altre, e come tutte le altre la
passerò dormendo…
E’
davvero triste questa serata. Mia madre ha deciso di cenare con me, per dare
una parvenza di normalità a questi giorni strani e dolorosi, ma io non
faccio che pensare a come sarebbe potuta trascorrere questa serata se avessi
avuto con me la mia volpe.
E’
incredibile quanto mi manchi. Anche mia madre mi ha detto che devo calmarmi,
che sono troppo nervoso… è strano, non capisce che io senza di lui non
riesco più a vivere.
Questi
giorni, tutte queste notti, i miei pensieri sono sempre stati rivolti a lui.
Il mio carattere irruento soffre per questa separazione: vorrei salire sul
primo treno e raggiungerlo, abbracciarlo, stringerlo così forte a me da
farci sentire una persona sola… ma poi vedo mia madre, tesa e stanca,
oppure vado in ospedale, e su quel letto bianco osservo il piccolo corpo di
mia nonna, la nonna che mi è sempre stata accanto, che mi ha insegnato
tanto e a cui devo le cose migliori del mio carattere, e penso che devo
rimanere e compiere il mio dovere, proprio come una persona adulta…
“Hanamichi…
mi dispiace che non possiate sentirvi… forse metteranno a posto il
telefono… questo pomeriggio ho visto i tecnici della compagnia
telefonica…”
Quante
volte ho già sentito questa frase? Quante volte mi hanno detto che il
guasto sarebbe stato riparato in breve tempo? Scuoto la testa e abbasso lo
sguardo sul piatto… ho un groppo in gola e gli occhi cominciano a
bruciarmi… ma sono forte, sono il Tensai…
Rialzo
la testa e le sorrido:
“Speriamo
che sia davvero la volta buona…” le rispondo “…buon natale,
mamma…”
Eccomi qui, di
nuovo davanti a casa sua.
Sono un po’
sconcertato: tutte le luci sono spente… dove sarà andato Kaede? Forse è
tornato il padre e sono andati a cena insieme… l’eventualità mi fa
rabbrividire: tutto il piano che ho organizzato fallirebbe miseramente!
Beh, visto che ci
sono suono il campanello… chissà, magari è andato a dormire! Rido per
questo pensiero, neanche Rukawa può essere capace di dormire la notte della
vigilia…
Tengo il dito
premuto a lungo sul pulsante. Non risponde nessuno, come immaginavo!
Sto per andarmene
quando noto che si è accesa una luce. Deve essere proprio la stanza di
Kaede!
Mi riattacco al
campanello… mi sta prendendo una strana euforia…
Passano ancora
alcuni minuti, poi sento la voce assonnata di Kaede dal citofono.
“Sono Akira…”
annuncio, trattenendo a stento un tono trionfante.
Il cancello si apre
e io entro. Ha acceso la luce sotto il portico, e io lo vedo… e
rabbrividisco! E’ uscito, in questa notte gelida che promette altra neve,
con addosso solo il pigiama…
“Perché diavolo
non ti sei messo addosso qualcosa?” esclamo preoccupato.
“Dormivo!”
Evidentemente non
deve essere molto contento di essere stato svegliato, ma io non mi
preoccupo… mi avvicino e gli sorrido:
“Buon Natale,
Kaede!”
“Mph!”
Non sembra
entusiasta quanto me della serata di festa, comunque mi fa entrare.
Sbadiglia ripetutamente, poi si siede nel divano, tutto rannicchiato…
oddio, è fantastico!
“Che ci fai
qui?” mi chiede una volta terminata la lunghissima sequenza di sbadigli e
stropicciamenti degli occhi.
“Beh, a casa ero
da solo, sapevo che lo saresti stato anche tu, e così… ho deciso di unire
le nostre solitudini!” dico, anche se non è proprio la verità, visto che
i miei genitori sono a casa, anche se hanno invitato tutti i loro
barbosissimi amici…
“Potevi andare a
dormire, come ho fatto io”
Stasera mi sembra
proprio poco collaborativo!
“Non potevo,
dovevo darti il tuo regalo di Natale…” e infilo la mano nella tasca
della giacca “Buon Natale, Kae-chan…”
Lui sembra
sorpreso, certo non si aspettava un’idea simile da me!
“Cos’è…”
mi chiede indeciso.
“Aprilo…”
Comincia a scartare
con delicatezza, senza stracciare la carta colorata…
In realtà i regali
sono due: sopra c’è una videocassetta, è il film ‘Intervista col
Vampiro’, che noi, IO e LUI, ci vedremo stasera per creare un po’
d’atmosfera, e sotto c’è un paio di guanti di pelle nera, per
proteggere quelle mani screpolate dal freddo…
Si infila un
guanto… non so come, ma sono riuscito a scegliere la misura giusta, e non
era facile, perché Kaede ha una mano particolare, con quelle dita così
lunghe, sottili e affusolate.
Mi guarda e mi
sorride. Sembra che il malumore dovuto alla mia improvvisata gli stia
passando…
“Grazie Akira”
mormora.
Lo guardo e gli
sorrido, senza riuscire a distogliere i miei occhi dal suo viso.
“Hai qualcosa da
sgranocchiare e da bere?” gli chiedo.
Lui mi guarda
stupito, come se non capisse di cosa sto parlando.
“Adesso ci
vediamo il film” gli comunico. Improvvisamente mi sovviene che forse avrei
potuto scegliere qualcosa di più natalizio, oppure di più romantico… ma
poi mi rendo conto che sarebbe stata una scelta che Kaede non avrebbe
gradito.
Va in cucina e
torna con Coca Cola, noccioline e patatine fritte.
“Non hai qualcosa
di alcolico?” gli chiedo “Tutto sommato dobbiamo festeggiare il
Natale…”
Mi guarda senza
mutare espressione, ma si assenta di nuovo e torna con un vassoio con una
bottiglia di champagne e un’altra di Crema di whisky:
“E’ tutto
quello che abbiamo, roba di mio padre…” spiega, riempendosi un bicchiere
di Coca Cola.
Io accendo le luci
del grande albero addobbato, e spengo il lampadario centrale lasciando
acceso solo un lume in un angolo. Poi mi verso dello champagne: è una
serata speciale, e forse mi serve un po’ di coraggio…
Faccio partire la
videocassetta, e il film comincia.
La storia la
conosciamo entrambi molto bene, avendo letto il libro, così io non riesco
ad evitare commenti sulla fedeltà della trasposizione e sulla credibilità
degli interpreti scelti… Kaede è più silenzioso, se non fosse per il
fatto che noto che ha gli occhi aperti, la sua partecipazione alla
discussione è pari a quella di quando dorme!
Dopo i primi due
bicchieri non sento più il pizzicore delle bollicine di champagne nel naso,
e presto mi accorgo di essere pervaso da uno strano calore. Mi lascio
scivolare in avanti sul divano, in modo da avere la testa ben affondata
nello schienale.
Il film prosegue,
arrivando all’entrata in scena di Armand… non è il mio personaggio
preferito, ma l’interpretazione di Banderas gli toglie anche l’ultimo
briciolo di credibilità…
“Qual è il tuo
personaggio preferito?” chiedo a Kaede, cercando di trattenere la mia mano
che vorrebbe tanto giocare con i suoi capelli.
Non si volta a
guardarmi, ma dopo qualche istante mi dice:
“Louis… no,
Lestat..”
Rido:
“Indeciso?
Pensavo avresti risposto Louis con sicurezza… ti somiglia…”
“Mph!” sembra
pentirsi di avermi risposto seriamente, invece io voglio continuare la
discussione. Tutta la parte che si svolge a Parigi non mi interessa, almeno
fino alla morte di Claudia, quindi non mi dispiace chiacchierare.
“Lestat è più
predatore, non è un personaggio proprio positivo…” ribadisco.
Sembra seccato, ma
si volta verso di me e risponde alla provocazione:
“E’ più
sfaccettato, Louis è troppo perfetto…”
“Per questo ti
assomiglia…” non posso fare a meno di mormorargli, sporgendomi verso di
lui e appoggiando per un istante la mia fronte alla sua.
Lui si allontana da
me, poi si alza in piedi:
“Akira, non fare
così. Non ho intenzione di sopportarlo”.
Mi alzo anch’io.
Sento appena un po’ di pesantezza alla testa, e forse è questo che mi fa
desiderare di andare avanti, di non fermarmi.
Mi avvicino a lui,
che rimane fermo, fiero, pronto ad affrontarmi.
Gli sorrido, è così
bello, così vicino…
“Kaede… ti amo
tanto…” sembra così facile poterglielo dire, sembra così ovvio che lui
debba ricambiarmi…
“Basta…”
mormora di rimando, allontanandosi di nuovo e voltandomi le spalle.
Ma io stavolta non
ho intenzione di lasciarlo scappare, e così mi riavvicino. Il suo corpo è
coperto solo dal tessuto leggero del pigiama, sembra così facile poterlo
tenere tra le braccia, e io lo faccio… lo avvolgo da dietro depositandogli
dei baci leggeri sul collo…
Lui si divincola,
riuscendo a sottrarsi al mio abbraccio, poi mi fissa in volto con uno
sguardo gelido:
“Vai via, Akira”
Scuoto la testa:
“Stavolta no”
rispondo audacemente.
In un istante gli
sono di nuovo addosso. Fermo le sue braccia bloccandogli i polsi dietro la
schiena, e finalmente gli sono vicino… la mia bocca cerca la sua, ansiosa
di assaporare quello che anela da anni.
Lo addosso alla
parete, bloccandolo con il mio corpo, poi appoggio le mie labbra sulle
sue… chiudo gli occhi…
Si divincola, gira
il viso da una parte all’altra per evitare i miei baci, sento che mi sto
eccitando sempre di più…
Cerco di tenere i
suoi polsi con una mano sola, in modo da potergli bloccare il viso con
l’altra, ma proprio nel fare questa manovra lui riesce a liberarsi,
strattonandomi il braccio… adesso è di fronte a me, libero. I suoi occhi
mandano bagliori di rabbia, e subito dopo parte il suo braccio… mi
colpisce in viso con uno schiaffo la cui forza mi fa girare la testa…
“Come hai
potuto!” sibila.
Non posso che
ripetere cose già dette:
“Ti amo, Kaede…”
“No, tu non mi
ami, pensi di amarmi, ma in realtà sono diventato una sfida, niente di più…”
“Continui a
svilire i miei sentimenti…” mormoro, cercando per la milionesima volta
di fargli capire che le mie parole sono sincere.
“Non è vero,
Akira, io e te siamo solo amici…” dice per l’ennesima volta “…e se
continuerai così sarà difficile essere anche quello!”
Non resisto. Gli
metto le mani sulle spalle e lo scuoto violentemente:
“Non capisci che
sei tutto per me?!
Sei come gli altri,
certo, a tutti voi basta vedere il Sendoh sempre allegro, sorridente,
disponibile… è così comoda quest’immagine, perché cercare di sapere
se c’è qualche altra cosa dietro a questa facciata!” gli urlo in
faccia.
Lui mi guarda
ancora sulle sue, poi sussurra:
“So bene che tu
non sei solo quello che appare da fuori, ma so anche che sono sicuro della
scelta che ho fatto, anche se in questo modo ho potuto addolorare una
persona a cui voglio bene…”
“Smettila! Non
capisci che non voglio sentirti?!” urlo per superare l’eco delle sue
parole. Lui non sa quanto profondo sia il mio dolore “Tu mi ami! Questa è
la verità, ma hai uno stupido senso di lealtà che ti fa sentire in colpa
verso quell’idiota e ti impedisce di riconoscerlo!”
Mi guarda, poi
scuote la testa lentamente:
“Amo lui” dice.
Non riesco a
trattenermi, e spero sia solo per l’alcool che ho bevuto… mi parte un
pugno che lo prende alla sprovvista e lo fa accasciare sul pavimento.
Lo guardo e vorrei
chinarmi su di lui, abbracciarlo, baciarlo dove solo un istante fa lo ho
colpito, ma non lo faccio, ora sembra inutile. Mi volto e mi avvio alla
porta, appena prima di uscire non resisto alla tentazione e gli mormoro:
“Buon Natale,
Kaede”.
Sono
stanco, ma non solo… sono arrabbiato: forse ho avuto troppa fortuna in
quest’ultimo anno, ma adesso la sto davvero scontando. Sembra andare tutto
storto. Mi siedo sul letto, raccogliendo le gambe al petto e appoggiando il
mento sulle ginocchia…
Hanamichi
lontano, Sendoh che sembra non voler capire…e io mi ritrovo solo, come
prima, peggio di prima, visto che ora so qual è la felicità che questa
solitudine mi preclude.
Mi
lascio scivolare sotto il piumone e abbraccio il cuscino… sento Seth
saltare agilmente sul letto e accoccolarsi vicino alle mie mani. Lo
accarezzo piano e lo sento fare le fusa: siamo rimasti proprio soli...
Sto
dormendo profondamente, ma c’è qualcosa che mi tormenta. Non vorrei
svegliarmi, ma questo tarlo mi sta facendo diventare pazzo… piano piano
passo dal sonno alla veglia, e mi rendo conto che quello che mi tormenta è
il suono del telefono…
Afferro
l’apparecchio facendo contemporaneamente cadere la sveglia…
“Hai
ripreso le vecchie abitudini… dormi fino a tardi e non rispondi al
telefono…”
Rimango
per qualche secondo senza parole, poi mormoro:
“Do’aho!”
Sento
la sua risata dall’altra parte del filo… devo ammettere che mi ha preso
alla sprovvista, ma non per molto…
“PERCHE’
DIAVOLO NON MI HAI CHIAMATO IN TUTTI QUESTI GIORNI?!” gli urlo
nell’orecchio.
“Allora
ti sono mancato, volpacchiotto!” continua a ridere. Poi diventa un po’
più serio, sempre nei limiti della sua scimmiaggine…
“Qui
esiste un solo telefono pubblico, ed è stato fuori uso per tutti questi
giorni… Se avessero continuato a non ripararlo, penso che avresti sentito
al telegiornale notizie di una strage di infermiere…” e riprende a
sghignazzare.
Chiacchieriamo
a lungo, cioè, lui chiacchiera. Mi racconta della nonna, e la sua voce
ridiventa seria mentre mi dice che le sue condizioni sono stazionarie, poi
torna scherzoso quando mi chiede degli allenamenti, dei compagni di squadra,
di Seth.
Rispondo
brevemente ad ogni sua domanda, e non perché io sia il solito iceberg, è
che non voglio sentire la mia voce, voglio sentire la sua, e la sua risata,
le sue battute penose.
“Ehi
Kaede… sei diventato muto? Ah, già…” e scoppia nella sua risata da
‘Tensai’ “…tu lo sei sempre…”
Io
continuo a stare in silenzio, ma solo perché sono felice.
“Amore…”
mormora lui, stavolta preoccupato “…che succede?”
“Niente,
cosa vuoi che succeda?” replico risvegliandomi.
“Non
ti addormentare al telefono, eh?!”
Si
ferma per un istante, poi mi mormora:
“Mi
manchi tanto, non vedo l’ora di tornare…”
“Mi
manchi anche tu…” sussurro piano.
“Cosa
hai detto, Kitsune?”
Non
ha capito, ma io non ripeto, lo sforzo potrebbe essermi fatale…
E
così mi ristendo sul letto e
continuiamo a chiacchierare.
Oggi
è stata una giornata piacevole, non ho fatto niente di particolare, ma
improvvisamente sembra che tutto stia rientrando nella normalità. Tutti
quei giorni di silenzio mi avevano fatto davvero preoccupare, e invece era
uno stupido guasto…
Però
il do’aho non mi ha detto quando tornerà.
E’
già quasi buio, sulla strada i lampioni sono già accesi.
Suona
di nuovo il telefono… chissà, magari è lui che richiama…
“Ciao
Kaede…”
E’
la voce di Akira Sendoh.
Devo chiamarlo,
devo chiarire questa situazione, non posso permettere che ci siamo lasciati
in quel modo…
Rido tra me e me:
bel modo di fargli gli auguri di Natale…
gli sono quasi saltato addosso! E poi gli ho anche dato un pugno…
ma che bravo, proprio quando volevo finalmente fargli capire quanto lo amo.
Il telefono fa
pochi squilli, poi sento la sua voce.
“Ciao Kaede..”
riesco a mormorare.
Per qualche secondo
non mi risponde, poi sento la sua voce più gelida:
“Che cosa vuoi,
ancora…”
Il suo tono
tagliente mi blocca le parole sulle labbra, ma poi riesco a sussurrare:
“Mi dispiace per
quello che è successo…”
Silenzio…
“Kaede… mi hai
sentito?” gli chiedo.
“Akira…” la
sua voce adesso è più morbida “…non mi va di parlarne. Lasciami stare
e facciamo finta che non sia successo niente…”
No, così questa
cosa rimarrà sempre fra noi come una barriera!
“Lasciami
spiegare…”
“Non adesso”.
Ha attaccato.
Rimango a fissare la cornetta del telefono, poi la poso dolcemente.
Non lo richiamerò,
non ora. Abbiamo tutti e due bisogno di calmarci. Ripenso a quanto è
successo ieri sera e scuoto la testa, non mi pento di aver cercato di
forzare le cose, ma chiudo gli occhi quando rivedo Kaede a terra…
Finalmente
sono riuscito a parlare con Kaede! Ancora non mi sembra vero di aver sentito
la sua voce… sono così felice che mi sembra di camminare a due metri da
terra… tutta la giornata trascorre in uno stato continuo di
euforia…
Mia
madre sorride di nuovo, dopo giorni. Non mi è sfuggita la tensione
accumulata nelle sue veglie alla nonna, la stanchezza per questi famigliari
così bizzosi, che comunque ci stanno finalmente lasciando per tornare alle
proprie vite, che è esattamente quello che noi desideravamo.
Ora
siamo davvero rimasti in pochi, e l’unione e l’aiuto che ci diamo l’un
l’altro è più vero.
“Come
sta Kaede?” mi chiede la mamma con un sorriso.
Non
riesco a trattenere una risata di gioia pura, mentre mi porto la mano dietro
la testa, nel classico gesto che in me indica imbarazzo…
“Bene…
stava dormendo…”
Mia
madre sorride comprensiva. E’ ovviamente al corrente dell’abitudine di
Kaede di dormire in ogni posto e ad ogni ora, e inspiegabilmente questa cosa
le ha sempre fatto molta tenerezza… ma è ovvio che lei non si è mai
trovata a doverlo svegliare!
La
notte dormo più tranquillo. Mi avvolgo bene nelle coperte e abbraccio il
cuscino… domani lo richiamerò, ormai il telefono dell’ospedale è MIO!
E
così la mattina seguente sono lì con tutte le mie monete, pronto a
svegliare il mio amore! Oddio, è vero che è mezzogiorno, e forse a
quest’ora si è alzato anche lui… però la cosa non è del tutto certa,
quando si parla della Kitsune!
Ecco,
sta squillando!
Non
risponde… continuo a far squillare, magari sta dormendo… e sorrido
pensando ai capelli arruffati e al suo viso assonnato… niente, e neanche
la segreteria telefonica! Va bene, richiamerò più tardi.
Decido
però di chiamare Yohei, è tanto che non ci sentiamo, fra l’altro sono
sparito senza dirgli niente… lo chiamo così mi dice cosa sta combinando
l’armata in assenza del loro ‘Grande Capo’…
“Ehi,
Mito… sono il Tensai!” gli urlo tutto contento.
Mi
risponde con altrettanto entusiasmo:
“Scimmia!
Pensavo che ti fossi perso tra le montagne!”
“Beh,
sono partito in fretta…” comincio a spiegare, ma lui mi interrompe:
“Rukawa
mi ha detto… Come sta tua nonna?”
Praticamente
gli leggo l’ultimo bollettino medico. Cerca di farmi coraggio, poi, per
cambiare argomento, mi racconta delle ultime imprese di Takamiya, cioè il
nuovo record mondiale di numero di doppi cheeseburger ingurgitati in trenta
minuti… Mi fa ridere, anche se la descrizione è raccapricciante.
Poi
mi chiede se ho già parlato con Rukawa, io gli rispondo che l’ho sentito
ieri, e che stamattina o dorme come un sasso o è uscito.
“In
questi giorni l’ho visto diverse volte…” mi lascio sfuggire. In realtà
non è che mi esca proprio inavvertitamente, è solo che Hanamichi è mio
amico, e ritengo che sia giusto che sappia che quello stupido di Sendoh sta
sempre appiccicato a Rukawa. Però sono bloccato anche dalla consapevolezza
che nella situazione di Sakuragi, con la nonna in quelle condizioni, forse
non è il caso di aggiungere altri grattacapi. Se coglie gli racconterò,
altrimenti ne parleremo al suo ritorno…
“E
dove l’hai visto?” mi chiede sospettoso. Ha colto…
“Un
paio di sere l’ho visto a cena fuori…”
“Con
chi?” il suo tono è serio, so che teme la mia risposta, ma è meglio che
sappia che il porcospino è sempre pronto a tramare…
“Con
Mitsui, Kogure…”
“Ah!”
sento che tira un sospiro di sollievo, ma io non mi fermo:
“…e
Sendoh…”
Un
istante di silenzio e poi l’esplosione:
“L’ORRIDO
PORCOSPINO!!!!”
“Sì,
ma non è come credi…”
“Che
faceva? Che gli diceva, perché gli parlava? IO QUELLO LO TRUCIDO!!!!!”
Indubbiamente
non l’ha presa bene…
“Calmati
Hanamichi… erano a cena. Solo che lo conosci quello, cerca sempre di
stargli appiccicato, anche se Rukawa non gli dà corda, anzi direi che anche
quando erano soli era apatico come sempre…”
“SOLI??!!”
urla nuovamente.
Ehm…
“Beh,
la seconda volta… ma lo teneva a bada…”
“Yohei…”
sento che trattiene a stento la rabbia “cerca di vedere Sendoh…”
sibila.
“…perché?”
non riesco a seguire il suo ragionamento.
“PERCHE’
SARA’ L’ULTIMA VOLTA!! Quello è un porcospino morto, squartato con i
suoi stessi aculei!!!!!!!!”
So
che non riuscirò a riprendermi da questa telefonata… l’orrido, lo
schifoso, il viscido, il maniaco, il disgustoso porcospino che esce con
Kaede… Oddio, mi devo sedere…. Mi sento male!
Certo,
come non comprendere il suo ragionamento? Il grande Tensai, il fulgido
genio, fuori scena e quindi lui che cerca di approfittare di quella
incomprensibile amicizia che la Kitsune si ostina a provare per lui…
Io
glielo ho sempre detto che deve stare alla larga dal MIO volpacchiotto, e
invece quello continua a trascurare i miei saggi consigli… ma questa sarà
l’ultima volta!!
E
se…
NO!
Non riuscirà mai a far innamorare Kaede, perché lui è MIO e ama ME! Non
che me lo dica, in realtà non ha mai pronunciato le fatidiche paroline, però…
ripenso al suo tono di ieri… No, da questo punto di vista ancora non
rischio… però con quel verme sempre in mezzo ai piedi, quel sorriso ebete
sempre stampato sulla faccia… MA GLIELO TOLGO IO QUEL SORRISO! Bastardo
provocatore!
“Hanamichi…
Hanamichi!”
Mi
sta per partire un pugno… ma fortunatamente mi accorgo che è mia madre…
“Che
succede?” mi chiede preoccupata “Sono dieci minuti che stai urlando e
prendendo a calci le sedie… ci cacceranno!”
Non
sembra arrabbiata, solo preoccupata per me, per me che dovrei essere invece
il suo sostegno… ma io non resisto: del resto… le mamme non sono fatte
apposta per sopportare gli sfoghi dei figli?
“L’orrido
porcospino…” mormoro.
L’argomento
è stato affrontato già altre volte, quindi è preparata.
“Che
ha fatto Sendoh?” mi chiede costringendomi a sedermi e accostando la sua
sedia alla mia.
“Siccome
non ci sono, sta sempre appiccicato a…” mormoro.
Lei
scoppia a ridere… certe volte manca davvero di tatto!
“Stai
con un ragazzo bellissimo e affascinante, così altero e misterioso… pensi
che non ci sarà sempre qualcuno che si innamorerà di lui? Ogni volta
reagirai in questo modo?” mi chiede poi più dolcemente.
“Quello
non è QUALCUNO! Quello è Akira Sendoh, l’amico di famiglia, il compagno
di infanzia, l’unico rivale sportivo al suo livello…” continuerei
all’infinito, anche se ogni parola è una stilettata.
“…ma
lui ha scelto te…” conclude mia madre con calma.
Per
qualche secondo la guardo stupito…
“…non
mi tranquillizza… perché continua a frequentarlo?!” sbotto.
“Lo
hai detto tu, sono amici. Lui prova per Sendoh quello che tu provi per
Mito… pensi che Kaede sia geloso di Mito?” mi chiede.
“CHE
C’ENTRA? Mito non è innamorato di me!”
“E’
lo stesso, tu non sei innamorato del tuo migliore amico così come Kaede non
è innamorato del suo migliore amico…”
“EHI!
Piano coi termini! Il suo migliore amico sono io!” cerchiamo di mettere
subito in chiaro le cose! Però mi sono un po’ calmato…
Mia
madre sorride di nuovo e scuote la testa…
In
quel momento mi accorgo che un’infermiera ci si sta avvicinando:
“Signora
Sakuragi… entri, il dottore vuole parlarle…”
LA
NONNA SI E’ RIPRESA! E’ di nuovo cosciente… non ci posso credere!
La
mia piccola grande nonna ce l’ha fatta!
Mia
madre mi abbraccia forte, e noto che ci sono delle lacrime di felicità che
le scorrono lungo le guance…
Possiamo
entrare solo uno per volta. La mamma è la prima: la vedo, dall’altra
parte del vetro, che si siede vicino al grande letto, poi si sporge e dà un
bacio sulla fronte della nonna.
Sto
con il naso schiacciato contro il vetro… mi sembra incredibile che dopo
tutti questi giorni di sofferenza, finalmente la mia famiglia sia di nuovo
felice!
Non
posso entrare subito. L’infermiera dice che la nonna potrebbe stancarsi,
così devo aspettare stasera…
La
abbraccio, è così piccolina in questo letto, ma i suoi occhi vivaci mi
dicono che è sempre lei, che non ci farà più spaventare in questo modo…
“Hana-kun…”
mi dice.
“Nonna!”
Non
mi siedo sul letto. Il mio dolce peso ci farebbe ribaltare, quindi mi
sistemo in una sedia accanto a lei.
“Sei
venuto anche tu con la mamma…” mormora, poi si interrompe per
guardarmi:
“Sono
felice… La tua vecchia nonna ha cercato di andarsene, eh? Ma forse non è
ancora tempo…” riprende sorridendo.
Mi
fa impressione che dica queste cose, non voglio…
Le
prendo la mano tra le mie. E’ fredda, allora gliela strofino dolcemente
per scaldarla.
“Sei
un bravo ragazzo, Hana-kun…” mi sussurra.
Io
arrossisco. Dico sempre di essere un Tensai, di essere il migliore, il più
fantastico e incredibile di tutti, ma in realtà so di scherzare… e quindi
i complimenti mi imbarazzano.
“Sono
felice che ti sia innamorato…”
Queste
parole mi fanno rialzare la testa di scatto…
Mi
sorride di nuovo:
“Me
lo ha detto tua madre, ogni volta che telefonavo a casa vostra non
c’eri…”
Arrossisco,
non capisco ‘quanto’ le abbia detto la mamma.
“Sì,
sei molto innamorato…” osserva al termine del lungo esame del mio
volto…
“Ieri
era Natale. Da noi è una festa molto consumistica, però voglio darti una
cosa, una cosa che è solo in un certo senso un regalo per te…” si
interrompe per riprendere fiato… ho quasi paura che si stia sforzando
troppo… ma lei continua:
“Io
mi sono sposata che era ancora tempo di guerra. Gli anni successivi non sono
stati poi semplici per il nostro paese. La ricostruzione non è stata solo
materiale… c’è stato un cambiamento che voi giovani non riuscirete mai
a comprendere…” sembra persa nei suoi ricordi, ma poi riporta lo sguardo
su di me “Quando io e tuo nonno ci fidanzammo, lui non aveva abbastanza
soldi per un anello importante, così me ne comprò uno dicendomi che presto
lo avrebbe sostituito con uno più ricco… io non volli mai cambiarlo,
quell’anello d’argento era il simbolo del nostro amore forte e
semplice…
Ora
voglio darlo a te: il tuo impegno deve essere di regalarlo alla persona che
ami davvero, la persona a cui ti guida il tuo cuore…”
Si
sfila quell’anello che le ho sempre visto al dito, da quando ero piccolo.
Scuoto la testa, non voglio che se ne separi… ma lei è molto decisa:
“E’
per te, voglio che diventi una tradizione, voglio che a portarlo sia
un’altra persona felice per l’immenso amore che riceve…”
Lo
prendo in mano. Ho gli occhi lucidi… Affondo la testa tra le braccia della
nonna, e sento il suo bacio sui miei capelli…
“Buona
Fortuna, Hana-kun…”
Deve davvero
continuare così?
Ieri non mi ha
voluto parlare, oggi non sono riuscito a trovarlo in nessuno dei posti che
frequenta di solito… e così eccomi di nuovo qui, davanti al suo cancello,
a sperare che mi lasci spiegare.
“Sendoh…”
dice quando mi vede, ed il tono non è felice.
Non sono più Akira…
“Ciao Kaede”
E in un istante
quello che ho fatto due giorni fa non mi sembra più una pazzia, ma la cosa
più naturale da fare quando si ha davanti un ragazzo come lui. Dite che non
sono buoni presupposti per dover porgere delle scuse? Beh… avete ragione.
“Mi sembrava di
essere stato chiaro al telefono” il suo sguardo è duro. Siamo entrati in
casa e siamo seduti uno accanto all’altro.
“Non potevo
lasciare che i nostri rapporti rimanessero così…” mormoro, cercando di
spiegare perché sono di nuovo qui.
“Pensi che sia
colpa mia?”
Scrollo le spalle:
“Non è questione
di colpe, Kaede. So che tu ritieni che io abbia tradito la nostra amicizia,
ma il problema è che è parecchio tempo che quello che provo per te non è
più solo questo…”
“Se hai
intenzione di ricominciare questo discorso, sappi che io non ho voglia di
ascoltarti…”
Rimango in
silenzio, ma poi il sorriso torna sul mio volto:
“Voglio chiarire
solo una cosa”.
Entrambi fissiamo
le fiamme nel camino.
“Voglio che tu
riconosca una sola cosa: io sono innamorato di te, qualsiasi cosa tu possa
dire non cambierà i fatti. Il mio è un sentimento vero, e sono stanco,
anzi… non posso sopportare che tu non ne voglia riconoscere la serietà…”
“Akira…”
“No!” lo
interrompo “Non ho finito. E’ doloroso per me accettare quello che mi
hai detto l’altro giorno, questo perché io sono sicuro che saprei
renderti felice molto più di…” mi fermo. Non riesco nemmeno a
pronunciarne il nome.. “Voglio che tu capisca che il mio non è un
sentimento che io possa gestire a comando, per cui continuerò ad amarti…
profondamente… e nel momento in cui tu avrai bisogno di me, io ci sarò
sempre…”
Ce l’ho fatta. Ho
detto quello che volevo.
“Ho capito” mi
risponde. Ma poi riprende “Però devo dirti una cosa: io non voglio che
tutto questo possa costituire un ostacolo alla nostra amicizia, o una
sofferenza per te. So che non accetterai questo mio consiglio, ma io te lo
darò comunque…” si volta a guardarmi “Guardati intorno, Akira. Non
sono l’unico ragazzo di Kanagawa… non precluderti la felicità che
potresti conoscere con qualcun altro…”
Le sue parole mi
fanno nascere sul volto un sorriso amaro:
“Mi stai buttando
tra le braccia di Koshino? Pensi che basti farti rimpiazzare per eliminare
il problema?”
Lui si alza,
tornando duro:
“Dovevo saperlo.
Io ti ho ascoltato, invece tu non hai voluto comprendere le mie parole. Ma
forse un giorno capirai…”
“Cosa? Che stai
cercando di farmi mettere con Koshino solo per resistere alla tentazione di
stare con me… che stai cercando di rinchiudermi in una gabbia per poter
essere sicuro di non dover ripetere una scelta che forse per te non è più
così chiara?”
Il suo sguardo
adesso sembra solo triste:
“Non è così,
Akira, non cercare di ingannare te stesso”.
“Mi dispiace, non
riesco a credere che tu possa essere così definitivo… forse ci vorrà
ancora tempo, ma poi ti accorgerai anche tu di esserti perso dietro a un
amore falso…” lo fisso negli occhi, voglio che capisca bene le mie
parole.
“Non continuare
ad illuderti, Akira. Le cose non cambieranno per questo…”
“Allora spiegami
una cosa, forse così sarà più facile convincermi: dimmi che ci trovi in
quell’idiota, dimmi cos’ha che io non potrò mai darti!” ormai parla
solo la mia disperazione, me ne rendo conto, ma DEVO sapere…
Kaede rimane ancora
qualche istante in silenzio, ma poi, senza guardarmi, comincia a parlare:
“Non so dirti
cosa abbia… se vuoi una classifica dei suoi pregi, non saprei fartela. Con
lui sto bene, mi fa sentire… amato…” sembra che le sue parole non
siano rivolte a me, è come se stesse cercando di rispondere alla mia
domanda anche per se stesso.
“…pensi che io
non ci riuscirei?”
Si riscuote, come
se in questo momento fosse dimentico della mia presenza:
“Lui mi ama per
me stesso, senza pensare alla bravura, alla bellezza o a tutte le altre cose
che la gente vede in me. Quando stiamo insieme, io sento la necessità, il
bisogno che ha di me, ed è una sensazione che non ho provato spesso nella
vita.”
E’ serio, ma io
non risparmio un doloroso sogghigno:
“E’ solo
questo, allora: è il tuo primo amore, e quindi pensi che sia unico e
perfetto. E’ meno grave di quanto pensassi…”
Mi volta le spalle:
“Va’ via, Akira.
E’ inutile continuare a parlare…”
“Sì, vado via,
però voglio dirti un’ultima cosa e chiederti un ultimo favore…”
Rimane in silenzio,
quindi mi sento autorizzato ad andare avanti:
“Sembri deciso, e
rispetterò quello che hai scelto, sebbene continui a non comprenderlo. Ti
giuro che non cercherò più di costringerti ad accettare i miei sentimenti,
però voglio che tu riconosca la loro profondità e non ti ostini più a
negarli come vaneggiamenti di un ragazzino…” mi fermo, e mi sembra che
lui annuisca lentamente.
“Il favore…”
lo guardo dritto nei suoi occhi blu “…un abbraccio, un abbraccio
amichevole e pacificatore dato al tuo più vecchio amico…” sorrido nel
pronunciare queste ultime parole, e anche lui accenna un sorriso di rimando.
Vedo che mi si
avvicina, e mi sembra un sogno. Alza le braccia e le stringe intorno alle
mie spalle, io faccio passare le mie dietro la sua schiena…
Non dura che un
istante, o forse dura parecchio e a me sembra che sia solo un attimo, poi
lui si ritrae…
“Akira, è questo
che siamo, vecchi amici, non roviniamo tutto…”
Non gli rispondo,
non posso farlo, per me non è mai stato solo un amico.
Da
quando la nonna si è ripresa, tra tutti noi della famiglia si respira un
clima euforico.
La
mamma ride di nuovo, è tranquilla… sollevata.
Eccola,
che mi viene incontro, dopo essere stata nella stanza della nonna:
“Hanamichi…
” mi dice sorridendo “…ora che la nonna sta meglio, se vuoi puoi
tornare a Kanagawa”.
La
guardo stupito… cosa ha detto?!
“E
tu? Non torniamo insieme?” le chiedo.
“Io
penso di trattenermi qualche altro giorno… magari riuscirò a convincerla
a trasferirsi da noi…”
Sono
molto incerto, non so cosa dirle…
“Ma
forse vuoi che rimanga con te… per farti compagnia… così non saresti
sola…” mormoro.
La
mamma scoppia a ridere:
“Ti
ho già fatto il biglietto del treno… torna a ‘casa’… è quello che
ti ci vuole…”
Stavolta
me la prendo:
“Non
vedevi l’ora di liberarti di me, eh?! Come pensi di cavartela senza il
grande tensai?!” esclamo, un po’ scherzando e un po’ veramente
dispiaciuto.
Lei
continua a sorridere, ma stavolta parla seriamente:
“Non
sai quanto ti sia grata di essere venuto sin qui con me… ma adesso è
tempo che tu torni da lui… Natale è passato, ma forse fate ancora in
tempo a festeggiare…”
E’
inutile… è proprio la mamma del Tensai!
Non
ho telefonato a Kaede, ho deciso di fargli una sorpresa… e poi magari così
pesco pure quello stronzo di Sendoh e gli cambio i connotati!
In
treno, però, sono super-felice… non vedo l’ora di vedere
l’espressione sorpresa sul suo viso -dovrà essere sorpreso, no? Non potrà
essere così algido…- ma soprattutto non vedo l’ora di poterlo stringere
tra le braccia…
In
treno il viaggio sembra molto più lungo che all’andata, sarà la mia
ansia di arrivare… Ogni stazione non vedo l’ora che le porte vengano
chiuse e che il treno riprenda la sua corsa, sono insofferente, ma alla fine
eccoci, riconosco la periferia della città, e poi il lungo ponte che porta
alla stazione centrale. Dal microfono la stessa voce femminile che ha
scandito i nomi di tutte le stazioni ci annuncia di prepararci, perché
stiamo per entrare in stazione.
Scendo
dal treno e comincio a correre per non perdere la coincidenza, ecco laggiù
l’altro treno fermo… faccio un ultimo scatto e salto sul primo vagone.
Riprendo
fiato, ma non sono stanco per la corsa: il mio fiato corto è dovuto alla
strana agitazione ed emozione che mi dà il sapere che tra poco rivedrò
Kaede. Guardo l’orologio per la milionesima volta… a quest’ora
dovrebbe essere agli allenamenti… in effetti dovrebbero riprendere oggi.
Scendo
alla fermata dello Shohoku, cammino velocemente, e per la prima volta mi
accorgo dei mucchi di neve ai lati della strada… mi viene da sorridere:
torno dalla montagna e trovo neve anche qui!
Ma
non mi soffermo troppo a pensarci… ho altro da fare…
Ecco
la palestra… quasi mi trema la mano, mentre giro la maniglia…
Si
sta disputando una partita di allenamento. Cerco subito con gli occhi la mia
Kitsune: eccolo lì, Miyagi gli ha passato adesso la palla, ecco che salta
Mitsui, ora ha di fronte Akagi… la marcatura del capitano lo costringe a
fermarsi e a voltare le spalle al canestro… sicuramente ora passerà a
Kogure… NO! Salta inarcando la schiena… e insacca uno incredibile e
imprendibile dunk all’indietro!
Tutti
rimangono allibiti… ma io no, io so che lui è capace di questo ed
altro…
Poi,
mentre atterra dolcemente, vedo che finalmente i suoi occhi incontrano i
miei…
Il
suo sguardo rimane incatenato al mio quando comincia a dirigere i suoi passi
verso di me, mentre cammina prima lentamente poi sempre più velocemente, e
mentre si mette a correre per coprire gli ultimi metri che ci separano.
Allargo
le braccia per abbracciarlo, ma lui mi prende ancora una volta alla
sprovvista, perché termina la sua corsa con un salto, avvolgendomi le gambe
intorno alla vita e le braccia intorno al collo…
Sento
i suoi capelli che accarezzano la mia bocca, mentre il suo viso è affondato
nella mia spalla… di tanti saluti di bentornato ne ha scelto uno che non
dimenticherò tanto facilmente…
“Ehi,
volpacchiotto… hai sentito la mancanza del Tensai, eh?!” gli mormoro
scherzosamente nell’orecchio.
Lui
all’inizio non risponde, ma poi gli esce un ‘do’aho’ che mi fa
sentire di nuovo a casa…
Sono
così felice che mi metterei ad urlare, e invece comincio a girare su me
stesso, stringendo forte Kaede contro il mio petto… sì, è questa la
felicità, averlo vicino a me, ed è una felicità di cui io non voglio più
privarmi!
Provo
a girare la testa per baciarlo, ma lui continua a nascondere il volto nella
mia spalla, impedendomelo.
Ad
un certo punto mi costringe a lasciarlo scendere, sebbene io non voglia. Lo
guardo in viso, e, sebbene abbia avuto il tempo per mascherare la propria
emozione, scorgo ancora del rossore sulle sue guance. Gli metto il braccio
intorno alle spalle, e ci avviciniamo al resto della squadra.
In
tutto questo tempo sono rimasti a guardarci allibiti, ma adesso stanno
cominciando a chiedere come sto, e poi notizie sulla nonna.
Rispondo
brevemente a tutti loro, poi mi rivolgo ad Akagi:
“Ehi
Gori… niente in contrario se mi porto via la volpaccia? Domani gli farai
fare allenamento doppio…”
Sembrano
essersi messi tutti d’accordo, perché mi arriva un:
“DO’AHO!!!”
cumulativo. Ma poi il capitano fa una specie di ghigno, che credo debba
essere un sorriso, e dice:
“Lui
domani farà allenamento normale, sarai tu invece a farlo doppio!”
Incasso
sorridendo. Potrei farlo anche triplo… non me ne importa un bel niente!
“Grazie”
rispondo, trascinandomi via Kaede.
“Fallo
mangiare un po’ di più!” sulla porta mi raggiunge l’urlo di Mitsui, e
io annuisco sorridendo… ho notato subito che è ancora dimagrito, ma il
Tensai farà riprendere questa volpe inappetente!
Non
so come mi sia venuto in mente di saltare in braccio al do’aho… ma
quando l’ho visto che sorrideva dal fondo della palestra, guardandomi
negli occhi, non sono più riuscito a ragionare ed ho seguito il mio
istinto, per una volta …
Lui
mi ha tenuto stretto, comunicandomi tutto il suo calore… e mi sono chiesto
ancora una volta come ho fatto a stare senza di lui per tutti questi
giorni…
Ancora
non mi sono completamente ripreso, e mi dà fastidio che lui cerchi di
studiare la mia espressione… ecco che adesso fa una stupida battuta con il
capitano… stupida? Ci permette di andare a casa prima, e questo non è
solo un suo desiderio…
Entriamo
in casa ancora abbracciati. Quando chiudiamo la porta alle nostre spalle
finalmente posso baciarlo… lui dischiude la bocca lasciandomi guidare il
nostro bacio.
Deve
durare parecchio, perché alla fine siamo entrambi senza fiato. Kaede
accende la luce, e posso rivedere la ‘nostra’ casa… quanto mi è
mancata! Oddio, c’è un enorme e bellissimo albero di Natale!
Come
un bambino, accendo le lucine intermittenti, spengendo poi tutte le altre
lampade della stanza…
Mi
riavvicino a Kaede, abbracciandolo da dietro…
“E’
bellissimo, Ede…”
Lui
non mi risponde, ma stringe le mie mani con le sue.
“Lo
hai fatto tutto da solo?” chiedo ammirato.
“Beh…
veramente no” mi risponde.
Mi
stacco e mi porto di fronte a lui:
“Ohi
Kitsune, mica ti sarai fatto aiutare da quell’orrido porcospino che
continua a girarti intorno!” chiedo con una gelosia MOLTO malcelata.
Scuote
la testa:
“Mi
hanno aiutato Mitsui e Kogure…”
Tiro
un sospiro di sollievo, ma decido di affrontare l’argomento Sendoh:
“Quello
ti è stato sempre addosso, vero?”
“Siamo
amici, ha cercato di farmi compagnia…” mi dice con noncuranza.
“Niente
altro?” indago con tono sospettoso, ma la sua espressione fa svanire molti
dei miei fantasmi:
“Niente
altro di importante, do’aho…”
Non
è proprio la risposta che aspettavo, ma va bene lo stesso. Come ha detto la
mamma, Kaede ha solo amicizia per il porcospino… quel verme schifoso non ha nessuna
speranza.. e presto lo saprà anche lui, a suon di pugni! Parola di Tensai!
Comunque
adesso ho altro da fare…
“Kitsune,
io proporrei di andare di sopra…” dico con tono mooooolto allusivo.
Lui
mi guarda sorpreso:
“Pensavo
volessi scartare il tuo regalo di Natale…”
Evito
qualche facile battuta su ‘chi’ vorrei ‘scartare’ adesso, e poi in
certe cose sono un po’ infantile… voglio vedere cosa mi ha regalato la
mia Kitsune!
“Certo
che voglio vedere il mio regalo, baka! Però…” aggiungo mestamente
“…io non ho potuto prenderti niente…”
Lui
accenna un sorriso e mi dà un bacio sulla fronte:
“Sei
tornato, do’aho…”
Oddio,
io non ce la faccio ad aspettare… ora ‘agisco’ qui, sul divano,
subito!
Mi
porta sotto l’albero, e mi porge uno dei due pacchi.
“Per
chi è l’altro?” non riesco a evitare di chiedergli. Se risponde ‘Akira’,
è la volta che regalo alla mamma una stola di volpe!
“Per
tua madre, a tua sorella l’ho già dato” mormora.
Ah,
ora il Tensai è molto più tranquillo…
Prendo
il pacchetto e comincio ad osservarlo… in realtà non è tanto
‘etto’… qualcosa per il basket?
“Aprilo,
invece di stare a fissarlo come un ebete…”
Perché
a volte deve essere così privo di tatto?
Comunque
lo scarto… e quasi mi viene da piangere…
E’
la racchetta di Agassi, quella che abbiamo visto insieme, e che costa una
fortuna…
Accidenti!
Non me l’aspettavo…
Lo
abbraccio forte.
“Dovrai
farmi vedere se sei davvero il Tensai del tennis…” mi prende in giro
dolcemente. Ma io non replico… adoro questo mio volpacchiotto, solo
apparentemente algido e presuntuoso. Lo adoro, e vorrei tenerlo legato a me
per sempre, il MIO volpacchiotto, il MIO Kaede…
Continuo
ad ammirare il regalo, poi lo appoggio sul tavolo e mi riavvicino a lui,
prendendogli una mano tra le mie… Deve aver letto lo sguardo nei miei
occhi, perché sorride e si lascia guidare da me…
Abbiamo
fatto l’amore, ed è stato fantastico e dolce come sempre.
I
nostri respiri si stanno regolarizzando, e le sue dita cominciano ad
accarezzarmi piano i capelli… spingo forte la testa tra la sua spalla e il
collo:
“Ehi,
volpacchiotto, mi piace quando ti strofini così:
sembri un gatto… manca solo che cominci a fare le fusa...”
mormora divertito, soffiandomi le parole vicino all’orecchio.
Perché,
perché deve sempre parlare!
Finalmente
sta un po’ in silenzio…
Continua
a massaggiarmi, avvolgendomi stretto con il braccio libero: come al solito,
o forse più del solito, sembra aver paura che possa volare via.
Improvvisamente
mi chiede:
“Hai
sentito la mia mancanza, Kaede?” il suo tono è stranamente serio. Sono un
po’ stupito, a dire il vero: pensavo che il mio involontario ‘show’
pomeridiano in palestra non potesse lasciare adito a dubbi.
“Tu
cosa pensi?” non riesco, è inutile, non riesco a pronunciare parole
troppo romantiche.
“Penso
di sì, perché anch’io ho sentito moltissimo la tua…”
Lo
so che ha sentito la mia mancanza, e so anche quanto mi ama: prima, mentre
facevamo l’amore, è stato dolcissimo e tenerissimo, ha cercato di
trattenere la sua passionalità e l’irruenza, normali dopo un lungo
periodo di lontananza, perché voleva che tutto fosse splendido e
perfetto…e lo so per come mi guarda ora, per il suo sguardo innamorato e
‘caldo’…
Gli
chiedo se ha sentito la mia mancanza.
“Tu
cosa pensi?” mi chiede senza rispondere.
“Penso
di sì, perché anch’io ho sentito moltissimo la tua…” mormoro.
Lo
bacio di nuovo, portandomi sopra di lui. La mia bocca scivola lungo il suo
viso, per poi fermarsi sul suo collo. Sento le sue braccia salire nuovamente
a stringermi le spalle.
Adesso
le mie labbra risalgono verso il suo orecchio:
“Ti
amo tanto… non voglio più stare neanche un giorno senza di te…” gli
sussurro piano.
Lui
non risponde, ma le sue dita sottile cominciano ad accarezzarmi leggermente
la nuca, scompigliandomi i capelli.
Sto
impazzendo, essere di nuovo con lui è indescrivibile… sono pazzo di Kaede,
so che sarei in grado di fare cose insospettabili pur di rimanergli per
sempre accanto…
Non
mi trattengo, ci siamo appena rivestiti ed io lo spoglio di nuovo. Non
riesco a controllare le mie mani che scorrono sulla sua pelle… i miei
occhi adesso sono fissi nei suoi: gli sorrido, e anche lui sorride,
annuendo…
“Forse
dovremmo rifarci la doccia…” mi sussurra piano.
“Hn…”
oddio, ‘parlo’ di nuovo come lui… mi metto a ridere da solo.
“Che
ti prende, do’aho?!”
Non
gli rispondo, ma mi tiro a sedere sul letto, poggiando i piedi sul
pavimento:
“Hai
ragione, bisogna rilavarci…”
Mi
alzo ed entro un momento in bagno, poi torno nella nostra stanza,
avvicinandomi al letto.
Lo
guardo sogghignando, ma lui, fortunatamente, non ha capito le mie
intenzioni, e così lo prendo alla sprovvista: gli passo un braccio sotto le
ginocchia e l’altro intorno alle spalle e lo sollevo fino a farlo poggiare
sul mio petto…
“Che
diavolo ti viene in mente! Lasciami…” si lamenta. Ma nonostante non sia
agevole trasportare un giocatore di basket recalcitrante, non desisto.
Entriamo
in bagno e mi avvicino alla vasca, ormai quasi completamente piena di acqua
e schiuma:
“Non
volevi fare il bagno?” gli chiedo continuando a sogghignare, davvero come
un do’aho.
Lo
adagio nell’acqua, e mi ci infilo anch’io…
La
vasca è molto grande, rotonda…
Mi
siedo appoggiando la schiena al bordo, e faccio in modo che Kaede si sistemi
tra le mie gambe, addossando la sua schiena contro il mio stomaco. Gli passo
le braccia intorno al petto, stringendolo forte…
Poi
gli prendo una mano tra le mie, giocando con le sue dita lunghe e
affusolate…
Gli
giro un po’ la testa, quel tanto per poterlo baciare:
“Buon
Natale, Kae-chan…”
Risponde
al mio bacio. Quando ci separiamo mi guarda, e i suoi occhi sono così
belli, così limpidi… poi guarda la sua mano, quel dito al quale ho
infilato il mio regalo di Natale…
E’
sorpreso, e, quasi per la prima volta, lo vedo arrossire…
“Hana…
cos’è…”
Scoppio
a ridere, forse è la tensione…
“E’
il mio regalo alla persona che amo davvero, alla persona a cui mi guida il
mio cuore…” sussurro, citando le parole della nonna.
Lui
è ancora stupito, si guarda la mano a cui ho infilato quello splendido
anello di argento lavorato…
Gli
racconto tutto, della nonna, delle sue parole…
Lui
non mi guarda mentre io parlo, e così verso la fine comincio a
preoccuparmi… che si sia offeso? Che ritenga questo un impegno troppo
pesante?
“Kae-chan…
che succede? Se… se non lo vuoi portare lo capisco…” provo a
mormorargli.
Ma
stavolta il grande intuito del Tensai deve aver fatto cilecca, perché lui
mi stringe la mano con la sua, e mi nasconde il viso nella spalla…
“Amore…
che succede…” sussurro, cercando di alzargli la testa per poterlo
guardare in viso…
Finalmente
si lascia guardare, i suoi occhi sono lucidi…
“Kae-chan…
cos’hai?” ripeto ancora.
“Grazie
Hana… lo porterò sempre…”
Sento
un improvviso e celestiale suono di campane… la mia volpaccia l’ha
detto!!!
A
questo punto è totalmente inutile che cominciate a sottolineare che in
realtà non ha pronunciato le fatidiche paroline, è come se l’avesse
fatto! Ed io non ho la minima intenzione di farmi influenzare dalla fiscalità
delle vostre menti ristrette… ha detto che porterà il mio anello… che
diavolo ci si può leggere se non che mi ama, anche se non quanto io amo
lui?
Lo
abbraccio stretto, e lui si abbandona contro il mio corpo, lasciandosi
sostenere dalle mie braccia…
Chi
diavolo è a quest’ora!!!! E’ l’alba!!!
Forse
finirò per fare mio il motto della volpe: non perdono chi disturba il mio
sonno!!!
Non
voglio alzarmi, sto troppo bene con Kaede tra le braccia…
Ma
lui ad un certo punto comincia a muoversi, poi a stiracchiarsi…
Intanto
il campanello continua a suonare… vabbè, vado io.
“Un
pacco per il signor Rukawa..” mi dice il tizio del corriere.
Firmo
io, poi in quattro, tutti nerboruti, portano l’enorme pacco dentro casa.
Tornano
poi con altri due pacchi più piccoli…
Salgo
le scale due gradini alla volta:
“Kae-chan…
c’è qualcosa per te, giù…” gli mormoro abbracciandolo.
“Hn”
e si gira dall’altra parte.
“Ehi!
E’ un pacco enorme, un regalo di Natale per te…”
Solleva
un po’ la testa: ha gli occhi ancora chiusi e i capelli spettinati…
“Aprilo
tu…” mormora, prima di rituffarsi nel cuscino.
Mi
siedo vicino a lui e lo abbraccio, sollevandolo. Mi piacerebbe che per una
volta si abbandonasse alla volontà del grande Tensai, e invece si ostina ad
opporre resistenza.
Riesce
a sciogliersi dal mio abbraccio, tenendosi in piedi da solo.
“E’
proprio necessario che venga giù?” mugugna tra uno sbadiglio e l’altro.
“Sì!
Sono curioso!”
E
così scendiamo nel soggiorno.
Anche
lui ha un moto di sorpresa quando vede le dimensioni del regalo…
Si
avvicina e prende il biglietto.
“Buon
Natale e Buon Compleanno, Kae-chan.
Andate
piano
Papà”
Questo
biglietto non mi sembra molto chiarificatore… forse farei prima a scartare
il regalo…
“Guarda,
ci sono anche questi due pacchi più piccoli…” mi fa notare il do’aho.
Lo
guardo, è eccitato come un bambino… in certe cose lo è ancora.
“Tu
apri quelli, io aprirò questo grande.”
E
facciamo così. Solo che io non posso credere a quello che vedo… non è
possibile! Mio padre stavolta ha esagerato… e poi di solito è così cauto
quando si tratta di darmi in mano qualcosa che considera pericoloso…
“Kitsune…
a me questo sembra un casco…”
Il
do’aho mi guarda mostrandomi un bellissimo casco integrale con il fondo
nero e colorato come una specie di cielo stellato e tutte striature con i
toni del blu.
“Apri
anche l’altro…” lo esorto.
Tira
fuori un secondo casco, questo, sempre con fondo nero, ha le striature sui
toni del rosso.
Non
so perché, ma mi viene da ridere…
“Penso
che quello sia il tuo, dohao!”
Lui
mi guarda perplesso:
“Ma
che ci dobbiamo fare? Cioè… IL GRANDE TENSAI HA CAPITO!!!!” mi urla
nell’orecchio.
Lo
guardo perplesso.
“Sa
che ti addormenti in bicicletta e allora ha deciso di regalarti un casco…
anzi due, uno di riserva!”
Scuoto
la testa:
“Se
non lo vuoi, peggio per te, lo userà qualcun altro…” mormoro, poi
aggiungo “Vieni, finiamo insieme di scartare questo grande…”
“KAEDE!!!”
strilla quando capisce, ma fortunatamente è così sorpreso che non è in
grado di aggiungere altro.
Davanti
a noi c’è una bellissima moto da strada. Ha le carenature lucidissime e
la carrozzeria blu e nera… riconosco anch’io che è un modello
fantastico!
“Mio
padre si è superato” osservo, sorridendo.
Il
do’aho apre e chiude la bocca due o tre volte, senza riuscire ad emettere
suoni, poi comincia a saltare e a urlare per tutta la casa…
“UNA
MOTO! UNA MOTO!!! Il Tensai ora ti porterà a fare un giro… io sono un
grande campione di motociclismo… il migliore!”
“Sicuro
di saperla guidare?” gli chiedo.
“Metti
in dubbio l’abilità dell’unico, grande, fantastico…”
Lo
interrompo. Mi farà diventare matto, se continua ad urlare in questo modo!
“Vestiamoci
allora…”
Dopo
pochi minuti siamo pronti, prendiamo i caschi e facciamo uscire la moto. Non
mi fido molto di Hanamichi-pilota, ma forse mi sbaglio…
“Te
la senti davvero di guidarla?” gli chiedo.
Lui
non mi risponde, guarda la moto, poi guarda me, poi riguarda la
moto…comincio a chiedermi quanto impiegherà per decidersi a partire...
Ma
lui mi si avvicina e mi prende la mano, quella stessa mano dove brilla
l’anello che mi ha regalato.
“Stavolta
guida tu. Io devo fare un po’ di pratica…” ammette a malincuore.
Gli
sorrido:
“Non
ti preoccupare, ti insegnerò io” lo rassicuro.
Salgo
e lui monta dietro di me, abbracciandomi stretto.
Partiamo.
Non
so dove arriveremo, so solo che voglio correre costeggiando la spiaggia, per
ammirare insieme ad Hanamichi la bellezza delle onde che si infrangono sugli
scogli innevati…
Il
nostro Natale è oggi… e quando torneremo farò scoprire al mio do’aho
anche la tradizione del vischio…
THE
END
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original Fictions
|
|