L'inizio del sogno

di Hymeko

C’era una sottile falce di luna, quella sera. Il cielo era libero dalle nubi, e il fiume di stelle che lo attraversava splendeva in tutta la sua maestà. Il vento soffiava dolcemente dal deserto, portando solo lievi polveri. Le fiamme delle torce, piccoli astri che punteggiavano gli scuri edifici di fango, non bastavano a illuminare tutti gli angoli, lasciando all’oscurità il dominio su interi vicoli. La primavera era calda, ma l’estate afosa era ancora lontana…in quella notte serena, la città era al massimo del suo splendore.
’Devo fare in fretta’
Con circospezione scivolò verso l’apertura del cunicolo, facendo attenzione a non graffiarsi. Se un segno avesse ferito la sua pelle, centinaia di occhi preoccupati si sarebbero fissati su di lui, impedendogli nuovi tentativi di raggiungere la libertà.
Si guardò attorno, fra le fessure delle pietre. L’uscita del passaggio segreto era rivolta verso un muro, ma le crepe gli permettevano di studiare lo spazio che lo divideva dalle prime case.
Non c’era nessuno. Solo le ombre di gatti o uccelli, deformate dalla distanza e dalla luce opalescente di quella notte.
Deglutì, avvertendo forte il battito del cuore. Sembrava volesse impazzire, o che lo stesse implorando di tornare indietro. Sapeva che era pericoloso uscire di nascosto, per lui. Non era tanto ingenuo da non essere al corrente della criminalità presente in quella ricca città, sebbene il livello fosse ben inferiore rispetto ad altre zone del Regno.
’E nonostante mi abbiano sempre cresciuto fra morbidi guanciali’
Suo padre avrebbe cominciato a iniziarlo all’arte del governo di lì a poco, appena fosse giunto a corte il nuovo Priest. Ma fino allora era stato tenuto distante da tutti gli avvenimenti politici, giudicato troppo giovane per potersene occupare. Sapeva di molti avi deceduti in circostanze misteriose, e che i loro eredi erano dovuti salire sul trono anche in tenerissima età…ma suo padre non aveva mai tenuto in considerazione quell’eventualità. Amato, temuto e rispettato da consiglieri, nobili, sacerdoti e popolo, era sempre stato certo della loro fedeltà. Erano passati almeno dieci anni dall’ultimo attentato alla sua vita, lui stesso lo rammentava a fatica. Questo aveva portato stabilità e pace al Regno, e una vita dorata per lui.
’Peccato non l'abbia mai desiderata’
pensò, mentre usciva con delicatezza e si acquattava dietro le macerie di una parete, ringraziando gli dei, per la prima volta, per il corpo minuto che gli avevano donato.
La festa non era lontana, le luci scintillavano invitanti e l’odore del cibo solleticava i suoi sensi, ma doveva stare attento. Se lo avessero scoperto, sarebbe finito in una situazione spiacevole.
’Piano…attendi…fra poco le guardie completeranno il giro’
Guardò in alto, verso le imponenti mura, certo di non essere scorto. Da quando aveva scoperto quel passaggio segreto, aveva passato intere giornate a studiare i movimenti delle guardie, imparando a memoria percorsi e tempi, scegliendo i turni che gli erano sembrati propizi per quel tentativo.
Avrebbe avuto solo una possibilità, non doveva sciuparla…appena le guardie avessero voltato l’angolo, doveva solo correre, correre più che poteva sino a un rudere poco distante, poi aspettare ancora e scattare di nuovo, verso un’altra macchia nera, e poi ancora, per sparire infine nell’abbraccio della notte cittadina…
’Via!’
Nel suo piano c’era una grossa falla, lo sapeva benissimo. L’aveva calcolata non appena quell’idea era nata nella sua mente. Strinse i denti, mordicchiandosi l’interno di una guancia per non lasciar segni sulle labbra…doveva pregare tutti i loro dei, perché non aveva idea della natura del terreno. Sassi, buche e gobbe non erano identificabili dalla sommità delle mura, e lui non era mai potuto andare oltre. Doveva pregare, null’altro. Supplicare che anche quel suo capriccio venisse accontentato.
’Ah’
Inciampò, e una pietra rotolò per qualche metro, ma riuscì a raggiungere il primo nascondiglio, dove si acquattò in preda ai tremori. Non voleva rinunciare, non voleva essere riportato indietro, non voleva tornare lì dentro…la realtà era così vicina…strinse gli occhi mentre tentava di distinguere tra il rombo del suo cuore e i rumori che lo circondavano.
Nessuno aveva ancora fiatato, nessuno aveva ancora tentato di illuminare quella zona. Non l’avevano sentito?
’………’
A quanto pareva, no. Non l’avevano sentito. O forse avevano pensato che fosse stato un gatto o un cane a far rotolare la pietra.
Si voltò con circospezione, pronto a correre via alla cieca, pur di allontanarsi. Non c’era nessuno…era il momento.
Corse via, l’euforia che scacciava gradualmente la paura. La macchia scura più grande lo accolse, gli permise di riposare in totale sicurezza per qualche minuto. Un ultimo sforzo, e avrebbe raggiunto la città, la festa…doveva solo coprire l’ultimo pezzo di strada, e per una notte sarebbe stato un semplice nessuno…
………
Singhiozzò, premendo la schiena contro il muro dietro di lui, l’odore marcio di fango e umidità nelle narici. Le lacrime e la luce delle torce, sporcata dal fumo, rendevano gli uomini di fronte a lui degli esseri distorti, più simili ai mostri invocati dai Priest che a vere persone.
Tentò di pulirsi il viso con un braccio, ma invano. Sporcizia e sudore sembravano corrodergli la pelle, e il suo respiro corto lo faceva sentire un gattino fra le fauci di un leone. Come era potuto finire in una situazione simile, come? Era quella la realtà che aveva sempre cercato?
”Aiuto…vi prego…lasciatemi stare…andate via…”
piagnucolò, sentendosi crollare addosso il mondo e i sogni che si era fatto.
Ma le bestie di fronte a lui risero, la stessa voce di cani rabbiosi:
”Spero per te che tu abbia altri soldi, o te la faremo pagare per questa perdita di tempo!”
”Non ho altro, non ho altro! Vi prego lasciatemi andar…”
SBAM!!!
Non poté soffocare l’urlo di spavento che aveva in gola. Quello che sembrava il capo aveva sfasciato una botte con un semplice pugno, mandandola in frantumi.
”Il prossimo sarai tu”
La loro vittima chiuse gli occhi, rannicchiandosi in un angolo. Non c’era più scampo per lui, se ne rese conto. Non sarebbe uscito vivo di lì, nessuno sarebbe andato a salvarlo. Era sempre stato sicuro che le guardie di suo padre pattugliassero le strade, le tenessero sicure, invece…lui, proprio lui, sarebbe morto in un vicolo sporco. Chissà quanto ci avrebbero messo a ritrovare i suoi resti, sempre che ci fossero riusciti…
’Padre…Priest Mahad…Mana…’
”Ah!”
Un tonfo a pochi centimetri da lui, e gli occhi gli si riaprirono di scatto. Il capo era a terra, una striscia di sangue fresco sulla fronte. Anche gli altri due aggressori erano a terra gementi, e un’ombra scura gli stava allungando la mano:
”Ce la fai a correre? Questi si rialzeranno presto”
Qualcuno…qualcuno infine era giunto…
”Datti una mossa!”
Sussultò, afferrò la mano tesa e si sentì tirare in piedi di peso.
”Corri!!!”
Fece come gli era stato ordinato, aggrappato a quell’ombra alta e snella, per una distanza che non sapeva quantificare…corse senza obiettare e senza lamenti, benché il corpo iniziasse a fargli male. I muscoli delle gambe gli stavano cedendo, e il fianco destro sembrava attraversato da un pugnale…non ce la faceva più…lo stomaco sembrava volerglisi svuotare…
…ma dietro di lui si sentivano ancora le urla dei suoi aggressori, non era salvo…
…si stavano avvicinando, forse per colpa sua, aveva la sensazione di essere un peso per il suo salvatore, era lui che era lento e che metteva entrambi in pericolo…
’Perché sono uscito?’
pensò, mentre una lacrima si portava via la poca autostima che gli era rimasta.
”Qua! E non fiatare!”
L’altro svoltò di colpo, si infilò dietro una porticina mezza marcia e lo strinse a sé, avvolgendolo con un lembo del proprio manto.
’Com’è…caldo’
Non riuscì a pensare ad altro…un po’ per la sorpresa, un po’ per l’imbarazzo, ma soprattutto per la paura…avvertiva contro la schiena una parte del bastone che aveva usato per stendere quelle bestie…ma lì dentro non sarebbe riuscito a utilizzarlo, era troppo lungo per quel minuscolo spazio.
Chiuse gli occhi, e si abbandonò docilmente contro il suo corpo. Dall’esterno a volte provenivano le volgarità rivolte al cielo da quegli uomini…sembrava si stessero allontanando, anche se non parevano voler abbandonare la zona. Doveva solo starsene buono e aspettare, senza far rumore…gli dei avevano deciso di concedergli una nuova possibilità, non doveva sprecarla.
………
”Eccoci, riesci a scavalcare?”
Il muro non era alto, ma il suo salvatore probabilmente temeva che lo spavento lo avesse indebolito, o che fosse ferito. In realtà lui non aveva mai scavalcato un muro, ma non voleva che l’altro lo vedesse come un totale incapace, quindi si fece forza, e infilò un piede in una fessura. L’aveva visto fare, non era tanto difficile…dopo qualche attimo di tensione, scivolò con leggerezza dall’altra parte.
”Vieni”
Riconobbe l'interno di un cortile, e l'odore di paglia e di cavalli che saturava l'aria. Ne percorsero il perimetro, tenendosi nell'ombra, camminando rasenti al muro appena scavalcato…poi lo sconosciuto si fermò in una macchia d'ombra particolarmente scura, e si mise ad armeggiare con quella che si rivelò essere una scala a pioli.
”Vienimi dietro”
gli disse, prima di salire agilmente, due gradini alla volta, per poi sparire inghiottito da una finestra.
”Ah…va bene”
Pioli bui e instabili, che i suoi piedi percorsero con difficoltà…erano così diversi da quelli lisci e regolari cui era abituato, quando saliva sugli alberi a raccogliere la frutta con Mahad e Mana…e le finestre piccole che oltrepassava salendo, un po’ storte e tutte vicine…non riusciva a capire.
Poi il suo salvatore riapparve dal vano di una finestrella, e lo aiutò ad entrare.
”C-Che posto è questo?”
bisbigliò il ragazzo, sperando che l’avesse sentito. Era immobile in quello che sembrava essere un piccolo corridoio, su cui poteva vedere affacciarsi una decina di porticine.
L’altro si bloccò e si girò, fissandolo, e il cuore gli si gelò nel petto. Aveva forse sbagliato a parlare? Doveva ancora stare zitto?
”Allora anche tu hai la voce”
disse invece, un velo di sorriso sulle labbra.
”Ah…”
Non se l’era presa…anche lui si concesse un sorriso minuto.
”Siamo sul retro della locanda dove sto alloggiando…questa è la mia stanza”
e aprì una porticina, facendolo entrare. Quando la porta fu chiusa, l’oscurità fu totale…come nel cunicolo, come nella viuzza dove era stato aggredito.
E il suo cuore non poté che accelerare.
Quasi gridò quando due pietre sfregarono forte, e una luce splendette.
”Stai calmo, ho solo acceso una lampada”
Il suo salvatore lo stava guardando storto, come se si stesse chiedendo se avesse fatto bene a salvarlo…lui chiuse gli occhi, appoggiandosi contro una parete:
”Scusa…è la tensione che non s’è ancora sciolta”
”Hn. Siediti, e bevi”
Gli indicò un giaciglio e gli porse una borraccia, poi prese un bacile e iniziò a lavarsi le mani.
”Che strano sapore…cos’è?”
”Una tisana rilassante, ti farà bene”
Il liquido leggermente dolce gli scivolò nella gola, ripulendogli il corpo dalla stanchezza e dalle preoccupazioni…era buona.
”Ora fammi vedere la schiena”
”Eh?”
I due si fissarono, poi il ragazzo più alto sospirò:
”Non te ne sei accorto? Hai la stoffa strappata, potresti esserti ferito”
Quelle parole lo fecero schizzare per aria:
”Mi sono ferito? Si vede molto? Dei, vi prego, no!”
e iniziò a tentare di guardarsi la schiena, tastandosi la pelle.
”Fermo, fermo! Così rischi di sporcarla! Stai fermo, lasciami vedere. E comunque no, non si vede molto, è solo un graffio. Basterà che tu non vada in giro a schiena scoperta per qualche giorno”
La lampada rivelò quello che aveva intravisto: un segno rosso, lungo mezza spanna, che correva sotto una scapola.
”Uhm, adesso brucerà un po’, ma la devo pulire”
”Sì…grazie”
Trascorsero pochi minuti in silenzio, durante i quali il graffio venne prima pulito, poi cosparso d’unguento e infine coperto da un panno di lino.
”Data la tua reazione di prima, se ti dicessi di farlo controllare domani, tu non mi ascolteresti, giusto?”
L’altro chinò la testa e la scosse, provando un senso di vergogna…lo stava facendo per lui, ma non poteva accettare quel consiglio…
”Perdonami, ma se si venisse a sapere che mi sono ferito, inizierebbero a fare troppe domande…cui non posso rispondere”
”Ho capito…penserò poi a qualcosa. Hai fame?”
”…io…non lo so”
”Immagino. Sciacquati il viso, poi mangia ugualmente un po’ di focaccia d’orzo, ti rimetterà in forze”
”…ti ringrazio. Ti sarò eternamente debitore, per questa notte”
”Su, non esagerare…poi non conosco ancora il tuo nome. Io sono Seth”
”A…ah, i-io…io sono…Yugi”
Seth sgranò gli occhi:
”Yugi? Inusuale…da dove proviene?”
”Dall’est, dall’oriente più profondo…mio padre l’ha sentito da alcuni…viaggiatori”
Non era proprio una bugia, anzi…mancavano solamente alcuni particolari. Però non poteva certo rivelargli che quei viaggiatori erano degli ambasciatori, e che quello non era il suo vero nome. Non sapeva neppure lui perché l’avesse scelto, semplicemente gli era piaciuto subito….
”Capisco…immagino che anche tu venga da lontano”
”Eh? No, ho sempre vissuto qui. Perché?”
gli rispose fra un boccone di focaccia e l’altro. Era stranamente buona…immaginava che il vecchio Shimon non gli avrebbe mai permesso di mangiarla.
”Hn…perché non sembravi molto avvezzo a questa città”
Yugi quasi si strozzò, rendendosi conto d’aver commesso una sciocchezza. Se gli avesse confermato d'essere straniero, non ci sarebbero state altre domande, ma ora…
”Io…”
”No, non devi ritenerti in obbligo di rispondere, se non vuoi. Non sei tenuto a farlo”
Si fissarono. Seth era accanto alla finestra, ad ammirare la città immersa nella notte…era alto, magro ma forte, con una tranquillità invidiabile. Pareva davvero sicuro di sé, senza dubbi e debolezze, e i suoi occhi possedevano una luce che sembrava riuscire a leggere in lui. Quindi…doveva tentare di distrarlo.
”La scala…sarà un bene lasciarla appoggiata al muro?”
L'altro lo sbirciò, come se si fosse aspettato una domanda simile, poi annuì:
”È nascosta nell'ombra, e comunque sono tutti alla festa…dove avresti voluto essere anche tu, vero?”
Un brivido scorse nelle ossa del giovane sul giaciglio:
”Tu…che cosa hai compreso di me?”
gli chiese debolmente, studiandolo. Cosa sarebbe accaduto ancora?
”Cosa so? Nulla. Non ho certezze. Ho delle impressioni che ho ricavato in questi pochi minuti. Ma sono solo miei collegamenti logici, nulla più. Potrebbero essere tutti errati”
”Ah…”
Un attimo di silenzio, poi il ragazzo raccolse tutto il suo coraggio, il cuore che rimbombava nel suo petto come il suono di pesanti tamburi prima di una battaglia:
”…potresti lo stesso condividerli con me?”
gli domandò. Aveva la necessità di sapere, la curiosità era più forte della prudenza.
”Hn, come desideri. So che sei di buona famiglia, e che non sei abituato a girare per la città. Questo vuol dire che sei decisamente benestante, e che hai dei servitori che lavorano al posto tuo”
”Eh? Come puoi aver compreso che sono ricco solo dal fatto che mi sono perso in una zona malfamata?”
”Non l’ho capito da quello, ma dalle tue mani”
'E avevo detto benestante, non ricco'
Il ragazzo le nascose d’istinto dietro la schiena, poi lo guardò storto:
”Cos’hanno le mie mani? Non portano gioielli”
Seth chinò leggermente il capo:
”Non c’è bisogno di monili per testimoniare la ricchezza. Bastano mani morbide e ben curate, mani che non hanno mai lavorato in vita loro. Me ne sono reso conto nel vicolo, quando ti ho aiutato ad alzarti. Non hai mai preso in mano una zappa in vita tua, o sbaglio?”
Lui era un contadino, si era formato un corpo forte e muscoloso lavorando nei campi. Strinse i pugni, avvertendo come la sua pelle non fosse più spessa e dura come prima. Da quando era stato scelto per il suo futuro ruolo, ed era arrivato in città, diverse persone si stavano occupando di lui. Alcune per insegnargli l’etichetta da adottare a corte, altre per rendere consono il suo aspetto. Ed erano proprio le sue mani- assieme al suo linguaggio- ad aver subito il cambiamento maggiore, anche se non sarebbero mai diventate morbide e delicate come quelle del suo ospite.
”Scusa”
disse questi, mentre si fissava i palmi. Evidentemente stava ancora pensando alle sue parole.
”Perché mi porgi le tue scuse? Non ne hai ragione, non è certo una colpa essere ricco”
”Hn…lo so. Ma a volte mi sento soffocare dal suo peso. Comunque, tu sei davvero intelligente. Io non mi ero nemmeno reso conto della differenza”
balbettò, guardandosi la pelle.
Seth scrollò le spalle:
”Non eri nella situazione per poterlo fare”
”Tu però ci sei riuscito”
obbiettò l’altro, con un sospiro. Quel ragazzo gli stava dando una gran lezione di vita.
”Io non sono stato aggredito, e poi…diciamo che sarà parte del mio lavoro, quindi sono abituato”
”Notare i particolari?”
Che razza di lavoro poteva essere?
”Sì…notare i particolari per prevenire le situazioni…e per proteggere qualcuno”
”Chi?”
”Questo è un segreto…nemmeno tu mi hai detto tutto, signor ricco benvoluto dal finto nome”
”Scommetto che non ce n’è bisogno, dato che hai capito tutto da solo”
”Forse, ma a dire la verità mi hai detto molto tu. La confidenza che dai agli estranei è notevole, immagino che nel tuo palazzo tu goda della fiducia e dell'affetto di tutti”
Yugi si imbronciò, deciso a non commentare quelle affermazioni, per puntare su altro:
”E il nome?”
Sbuffando, Seth alzò le spalle:
”Chi potrebbe mai chiamare il figlio così?”
”A me sarebbe piaciuto. Almeno qualcosa di insolito e sorprendente ci sarebbe stato”
commentò l’altro, con una punta di tristezza.
”Non ritieni di essere d'una cupezza eccessiva? Voi ricchi non siete in grado di accontentarvi? La tua vita non mi dà l'impressione d'essere tragica”
ma il tono era scherzoso, e l’altro annuì:
”…adesso sai anche tutto di quella?”
”Sei una persona che cammina tranquillamente di notte per vicoli bui, e si fida del primo estraneo che passa per strada. Non è possibile che tu abbia mai passato dei guai seri”
Ma il diretto interessato si ribellò:
”Non camminavo tranquillamente per i vicoli! Ho fatto attenzione! E tu mi hai salvato, perché non dovrei fidarmi?”
Gli occhi di Seth sembrarono ammantarsi di tenebra:
”Perché non sai nulla di me…potrei essere peggio di quelli che ti hanno aggredito”
bisbigliò, avvicinandosi al letto e troneggiando su di lui, abbassandosi senza fretta su quel viso impietrito dalla sorpresa. Lentamente gli mise una mano attorno al collo e lo spinse indietro, sul giaciglio, senza incontrare alcuna resistenza.
“Potrei averti salvato e portato qui solo per fare tutto con comodo…o aver programmato io l’aggressione, sapendo chi sei in realtà, per chiedere un riscatto…e tu non potresti fare nulla per impedirlo”
mormorò, passandogli un dito sulle labbra sottili, contratte dallo spavento.
Poi il suo viso assunse una sfumatura più dolce:
”Ma sei fortunato. Non ho secondi fini, e non ho alcuna intenzione di farti del male”
sussurrò con gentilezza, spostando la mano dal suo collo per accarezzargli piano i capelli, per poi alzarsi e tornare accanto alla finestra, lasciandolo steso sul letto. Il suo viso scioccato, gelato dal dolore di sentirsi tradito, gli si era stampato nel cervello, e si sentiva un verme per averlo spaventato così.
Yugi era ancora come l’aveva lasciato…sembrava preda di un sogno deformatosi in un incubo. La sua voce era rotta, frantumata:
”P-Perché l’hai fat-t-to allora?”
Perché aveva rovinato quel momento? Perché s’era accanito così sulla sua inconsapevolezza?
”Perché provare la paura sulla propria pelle è l’unico modo per imparare, qui fuori. So che può sembrare brutto da dire, ma se vuoi scappare di nuovo dalla tua vita dorata, devi esser pronto a fronteggiare il mondo. La prossima volta a salvarti potrebbe non esserci uno sconosciuto davvero benevolo”
”Ho…capito”
Finalmente si rimise seduto, e Seth poté tirare un sospiro di sollievo. Sembrava aver accusato bene il colpo.
”C’è una cosa che invece io non ho compreso”
borbottò, tentando di riportare l’atmosfera a com’era prima.
”Davvero?”
gli domandò Yugi, con un sorriso titubante.
”Già. Cosa ci facevi qui fuori, di notte, da solo? Per quale motivo sei scappato? Non dirmi che volevi davvero andare alla festa”
L’altro si alzò, e si avvicinò timorosamente alla finestra, fermandosi accanto a lui:
”Promettimi di non pensare che sia un moccioso viziato”
”…promesso”
Il suo viso triste…cosa stava attraversando quel ragazzo?
”Io…so che può sembrare da sciocchi viziati, ma…volevo solo andare alla…festa”
biascicò, indicando con la mano i bagliori dei fuochi lontani.
”La…festa?”
Aveva rischiato la vita per andare a una festa? Ma era impazzito?
”Sì. Immagino l’opinione che ti starai facendo di me, perché anch’io l’ho avuta. Solo che…almeno per una notte, volevo semplicemente che nessuno si inchinasse al mio passaggio, e che nessuno prevenisse ogni mio desiderio, che…potessi passare inosservato”
Alzò il viso, e Seth si rese conto per la prima volta del vero colore dei suoi occhi:
”S-Sono viola…le tue iridi…”
Subito Yugi abbassò il viso- forse vergognandosene- e annuì:
”Eredità di mio padre”
”Hn…sono belli”
”No…non fanno che accentrare l’attenzione su di me. Le persone fanno di tutto pur di poter ammirare il mio sguardo, lo dicono sempre. Anticipano ogni mio desiderio, e io mi sento sempre più adulato, coccolato, viziato…superficiale”
Seth prese il suo posto sul letto:
”Non dovresti. Non sentirti così, perché non lo sei”
I due si fissarono, nella penombra della piccola lampada:
”Come fai a saperlo?”
”Perché le persone davvero superficiali non soffrono della loro condizione. Non se ne rendono neppure conto. Tu invece ne sei consapevole, e te ne duoli…non sei superficiale, sei sensibile”
”Sensibile?”
lo disse come se non avesse mai assaporato quella parola.
”Esatto. Non renderti triste, non ne hai motivo”
Ammirando la luce distante, Yugi sorrise, per la prima volta da quando era lì. E Seth si sentì più leggero.
”Cosa accadrà ora?”
gli chiese, scuotendo piano la strana capigliatura.
”Immagino che debba riaccompagnarti a casa…senza offesa, ma non penso tu sia in grado di farcela da solo”
”Non ti crucciare, dopo stanotte sono più consapevole dei miei limiti. Piuttosto…”
e gli lanciò uno sguardo a metà fra quello di un amante suadente e quello di un cucciolo maltrattato…
”…visto che mi hai definito sensibile e non viziato, per…festeggiare, diciamo, perché non andiamo alla festa?”
Seth quasi si strozzò con la propria saliva:
”Ma sei impazzito? Hai quasi rischiato la pelle, e vuoi andarci?! Sei completamente fuori?”
sbottò, dimentico di tutte le buone maniere assimilate.
”Oh, andiamo, ci saresti tu con me. Ti prego, accompagnami! Sono anche disposto a pagarti se è quello che vuoi!”
Non aveva più soldi con sé, ma almeno sperava che Seth accettasse di esser pagato un’altra volta…il che avrebbe comportato un altro incontro, cosa che non poteva che fargli piacere…
”Non dire sciocchezze, non voglio certo soldi! Quello che mi stupisce è la tua sconsideratezza! Sei appena stato aggredito, e già vuoi andare a divertirti? Non ti ha insegnato nulla quest’esperienza?”
Ma l’altro si limitò a sorridere e ad alzare le spalle:
”Mi ha insegnato a vivere ogni attimo intensamente, e a non lasciarmi scappare nemmeno un’occasione. E mi ha insegnato che esistono persone gentili che aiutano gli altri anche senza chiedere nulla in cambio”
”Sappi che non ti basterà adularmi un po’ per convincermi”
borbottò Seth senza alcuna convinzione. In realtà aveva già ceduto…
”Non voglio tornare indietro con questa sensazione avvilente nell’anima…certo di aver perso una possibilità importante per crescere”
”Non starai esagerando coi paroloni?”
La risata leggera di Yugi gli svelò che era proprio così:
”Lo confesso”
e rise ancora.
Seth sbuffò…non c’era nulla da fare. Ormai si era lasciato convincere, non poteva farci nulla. Quel ragazzino, e i suoi incantevoli occhi di glicine, avevano abbattuto tutte le sue obiezioni. Per cui si alzò e si stiracchiò, sospirando:
”Andiamo. Ma obbedirai a tutti i miei ordini, capito?”
”Certo!”
cinguettò l’altro tutto allegro, correndogli dietro.
”Quanto tempo hai per sgattaiolare di nuovo da dove sei venuto?”
gli chiese, aprendo la porta e controllando l’esterno, conscio che Yugi sarebbe stato troppo eccitato per prestare attenzione.
”Dovrei essere alle rovine della fontana secca, accanto alle macerie del vecchio mercato, almeno un’ora prima dell’alba”
”Hn, ce la faremo. Non allontanarti da me, capito?”
”Sì. Seth…perché mi hai accontentato?”
I due si fermarono, accanto alla finestra del corridoio. Poi il ragazzo più alto si voltò verso di lui, e rispose con semplicità:
”Perché se fossi al tuo posto, vorrei qualcuno che mi aiutasse”
”…grazie”
mormorò Yugi, stringendogli un lembo del mantello, soffrendo immensamente nel profondo di sé. Se una persona come Seth avesse potuto sempre stare vicino a lui, forse la sua vita sarebbe stata migliore.
”Hn. Ma non prendere il vizio, non ti farò mai più da guardia del corpo”
”Ho capito, ho capito…vorrà dire che questa notte mi riempirò di vita”
Seth non disse nulla, e cominciò a scendere, conducendolo nella notte. Aveva la sensazione che quel ragazzo sarebbe scappato di nuovo, aveva un vuoto troppo grande nell’animo, perché una semplice festa potesse colmarlo.
’Sarebbe un comportamento prevedibile’
Ciò che lo spaventava era la sua stessa reazione, e la certezza che se Yugi gli avesse chiesto di accompagnarlo ancora, lui avrebbe ceduto…
’Chi sei tu?’
si chiese mentre camminava a fianco di quell’esile, affascinante ma spaventosa creatura. Non poteva affezionarsi a lui, aveva un destino più alto che lo attendeva…

Fine


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