Disclaimers: Hitonari, Akane e gli altri personaggi che appaiono in questa mia umile fic sono proprietà del divino Hiroyuki Asada e delle rispettive case editrici (Shueisha per l’edizione giapponese e Planet Manga per quella italiana).
Non ho fatto loro alcun male, e appena avranno finito di sbaciucch… ehm… di INTERAGIRE, li rimetterò dove li ho trovati (che peccato…. ).
Spoilers: cos’è accaduto veramente dopo che Akane si è perso vicino al monte Fuji? La mia storia parte dal volumetto numero 7 dell’edizione italiana (prima parte volume 4 dell’edizione giapponese).
Dedico questa fanfiction al mio web-friend Kriss, scrittore di grande talento e persona dal cuore d’oro.
KISS KISS!!!!


LILAC ON THE HILLSIDE
di Kitsune


Sapevo che era qui, lo sapevo.

E adesso osa anche distogliere quegli occhi azzurri dal cielo azzurro di primavera e guardarmi con quell’espressione da cervo braccato.

Non lo sopporto.

- Hiragi! -

Cerco di assumere la mia espressione più irritata, conscio del fatto di risultare solamente buffo.

- Allora eri proprio qua. Ma cosa stai combinando? -

…mi addolcisco senza nemmeno accorgermene.

- Qualcosa non va? -

Lui appoggia la guancia sul palmo della mano e perde lo sguardo davanti a sé. La sua espressione è ancora più abbattuta, sembra essere sull’orlo delle lacrime, ma Hiragi il freddo, Hiragi il duro non farà MAI una cosa del genere di fronte ad altre persone… idiota.

Non lo sopporto proprio!

- Niente di che… -

Lo invitiamo a mangiare qualcosa con Minefuji e gli altri, e lui che fa?

Fa un mezzo sorrisetto di circostanza, raccoglie le sue cose si scusa e se ne va.

- Ci vediamo, Tachibana. -

Puoi scommetterci bamboccio.

Chissà cos’ha. Aveva un’espressione talmente triste, non sopporto di vederlo così!

Quel ragazzo fa di tutto per isolarsi, ma perché? Se ne sta sempre solo, parla poco… non viene mai in cortile CON ME durante l’intervallo… bè, sarebbe bello fare un paio di tiri a canestro insieme, scambiare due chiacchiere… e poi mangia troppo poco.

- Akane, dove vai? Guarda che l’aula di chimica è qui! -

Sumire, col tuo solito tono gentile, la tua vocetta bassa e monotona… uffa… perché mi hai riportato alla realtà?

- Hey ragazzini!! Allora, vi date una mossa? Qui stiamo morendo di fame!! -

Eccola, Minefuji… vestita come una teen-ager, allegra come una bambina, sensibile come una donna.

- Così se n’è tornato a casa… -

Io non parlo, fanno tutto quell’impicciona di Sumire e la sua amica. Stanno spudoratamente spettegolando di Hiragi, ‘ste sceme!

Però è a me che Minefuji porge con uno sguardo complice il numero 6 di Basket on Japan.

E’ il numero di giugno.

Sento il profumo della primavera e dei capelli spettinati di Hiragi.

Immagino come si sia sentito leggendo le parole di suo fratello.

“… alti traguardi come la lega giapponese e le olimpiadi li raggiungeremo insieme… perché questo è anche il sogno di nostro padre…”

Bastardo, ma come si permette?

Oddio, mi sta salendo una rabbia in corpo… sento le vene delle tempie pulsare e il sangue rombarmi nelle orecchie…

Adesso vado da lui.

Vado lì e gli dico che deve fregarsene di suo fratello! Sono io il suo unico rivale ed è insieme a me che Hiragi salirà sulla ribalta!!! Altroché cavolate! Hiragi è un campione, e sfonderà… a suo modo e a suo tempo.

Ecco, dirò proprio così a quel bamboccio biondo, se lo metterà bene in testa e la smetterà di fare l’asociale!!!

- … allora stattene lì a giocare coi tuoi bastoncini! –

Sumire sei una piaga… ma perché devi sempre seguirmi dappertutto? Io devo andare da Hiragi, devo portare a termine la mia missione!!!

Ma come fa una persona a non capire che i bastoncini sono una scusa? Donna di coccio!!!!!

- …fratello di Hiragi? –

Che ha detto Sumire? Il fratello di Hiragi? E’ vero! Eccolo là quell’egoista! Adesso io… io…

Per parlargli devo fermarlo, ma quello corre come una gazzella! E io ho le scarpe di pelle, dannazione, che male mi fanno!!

Ma quanto corre?

Devo raggiungerlo, accidenti, devo raggiungerlo assolutamente!

Sono stanco morto, ho sete, caldo, mi fanno male i piedi, non mi reggo più nemmeno sulle gambe… e alla fine, teatrale come al mio solito…

- ..mh? che fosse uno sparo? -

Hiragi senior mi tira fuori dal laghetto di carpe vicino a una locanda, ma io non mi sento per niente umiliato.

Ho raggiunto il mio scopo e adesso metterò le cose in chiaro con ‘sto sbruffone.

Sentilo quanto parla, ma chi si crede di essere? Come osa venirmi a fare la ramanzina? E come osa dire che Hiragi deve seguire per forza la strada aperta da lui e suo padre? Il venerabile allenatore Hiragi… pfui… ma fatemi il piacere!!!!

- Non capisci proprio, eh? Ma chi ti dà la sicurezza di affermare che l’unica strada percorribile è quella spianata da vostro padre? Le strade dove non sboccia nemmeno un fiore sono noiose da attraversare. Hitonari può sfondare anche senza il vostro aiuto e se io mi metterò a camminare al suo fianco… sarà anche più divertente. –

Il biondo rimane in silenzio, si vede che le mie parole hanno colpito nel segno.. eh eh eh… speriamo che abbia capito davvero cosa volevo intendere col mio discorso.

- Beh, grazie per il caffè, per l’asciugamano e arrivederci. –

M’inchino educatamente e mi allontano con le scarpe in mano.

Il pensiero di doverle indossare di nuovo mi fa vedere i puntini luminosi…

E poi chissà dove sono… ho corso per più di dieci chilometri, dietro a quel gigante biondo…

Fa fresco, la mia giacca e la borsa le ho lasciate a Sumire…

Per fortuna ho un po’ di spiccioli in tasca.. ah! Anche una tessera telefonica!! Che carina, c’è un chocobo* stampato sopra! Assomiglia a Hitonari!

Mi sa che mi sono perso… la scalinata della locanda si perde in mezzo agli alberi, è stata scavata sul dolce declivio di una collina e il vento che passa tra i rami e le foglie mi sussurra un canto alle orecchie.

Oddio, dove sono? Panico.

Dov’è la civiltà? Un lampione, il rumore di un’automobile…

Ma perché devo sempre mettermi in queste situazioni assurde, uffa!

I piedi mi fanno male da matti. Sono stanco, ho freddo.

E poi è buio!

Ah! Una cabina telefonica!

Adesso chiamo Sumire e mi faccio venire a prendere. Lei sa sempre tutto, saprà anche dove mi trovo!!!

- Pronto, qui Yoshikawa. -

- Sumire sono Akane… sono nei guai… -

- Ah! Ti sta bene! Mi hai trattata come una scema, mi hai lasciata in mezzo alla strada e adesso cosa pretendi? -

Quella gallinella…. Mi ha sbattuto il telefono in faccia!

E adesso?

Chi chiamo?

La vecchiaccia non è in casa…

Se chiamo Minefuji, quella mi porta nel bosco e mi violenta…

Hiragi… ecco, giusto! E’ colpa sua se sono in questo pasticcio!

Risponde con una voce rauca da far paura.

- Stavi dormendo? –

- Ma chi parla? Sei tu Tachibana?-

- Mi sono perso! Dai vieni a prendermi! –

- Cosa? Ti sei perso? E io come cavolo faccio a sapere dove sei! –

- C’è un montagna qui vicino! Hiragi, io… - tu-tu-tu…

Merda, mi ha sbattuto il telefono in faccia! Anche lui! O forse è caduta la linea? Ma la tessera era buona! Oh, merda!

Se resto qui a piangermi addosso, non risolverò niente.

Mi tocca camminare… con queste maledette scarpe di pelle!

Certo che quel ragazzo è strano forte…

Akane Tachibana… che tipo.

Mi dispiace che sia caduta la linea, avrei voluto aiutarlo… mi avrebbe fatto davvero piacere passare un po’ di tempo insieme a lui.

Fra tutte le persone che ho conosciuto, probabilmente è l’unico che mi capisca veramente.

Io… sono sicuro che oggi pomeriggio avrebbe voluto parlarmi, consolarmi… lui è fatto così. Fa tanto il duro, però poi è un ragazzo su cui contare quando se ne ha davvero bisogno.

Papà, Takuya… voi non capite proprio niente. Tachibana è davvero bravo e soprattutto gli piace quello che fa. Gli piace giocare a basket. E’ solo merito suo se sono in una squadra… mi ha fatto aprire gli occhi.

Mi ha lanciato la sfida con un guanto di ferro e io l’ho raccolto. Ho accettato.

Mi sono iscritto al Kouzu per dimostrare a te, papà, che valgo davvero, che gli scarti del fantastico istituto Hayamazaki potranno far nascere qualcosa di buono.

Io ho già trovato la mia via e non camminerò sulle tue impronte, papà.

Camminerò a fianco di Tachibana.

Su una strada tutta nostra, nuova.

Ce la faremo.

Accidenti a Takuya, oggi mi ha fatto davvero perdere le staffe.

Prima l’articolo su quel maledetto giornale, poi lui che mi piomba in casa e mi stressa coi suoi discorsi da bravo fratello campione conosciuto e rinomato..

Tachibana ha proprio ragione… il basket in fondo è un gioco, e giocare è bello, ci si diverte…

OK, ho deciso.

Lo vado a cercare.

Una montagna molto alta… qui nei pressi, non troppo lontano…

Il monte Fuji, accidenti a lui!!!

Ma si può essere più idioti?

Il primo sorriso della giornata… sono le nove di sera e finalmente sono riuscito a sorridere.. tutto merito di Tachibana.

Adesso lo vado a cercare.

***********

Merda, merda, merda!!!

Ho sonno da morire, ‘ste scarpe maledette le brucio!!

E’ da due ore che cammino, e sono appena alla periferia di Kanagawa.

Casa mia è dall’altra parte della città!

Hiragi abita qui vicino se non sbaglio…

Adesso vado a buttarlo giù dal letto e mi faccio almeno prestare un paio di scarpe da ginnastica!

Ecco il suo appartamento… le luci sono tutte spente… è quasi mezzanotte, sarà mica già a dormire quell’animale?

Oh, cavolo… Hiragi non puoi farmi questo… ho sonno… sono stanco morto…

Perché ho fatto tutto questo? Per chi? Sono un cretino.

Ma non ho resistito. Non riesco a vedere quell’espressione sul viso di Hiragi… da quel giorno… da quando ci siamo incontrati per la prima volta alla fine della terza media… io… non riesco a togliermelo dalla testa.

Il suo gioco elegante, privo di sbavature… il suo modo di correre come se non facesse alcuna fatica… il suo modo di respirare con la bocca aperta, in partita, con le gocce di sudore che gli scivolano dalla punta del naso…

Sì, è vero… voglio batterlo, è questo il mio traguardo… o meglio… voglio raggiungerlo per poter continuare la salita al suo fianco… è come ho detto a quel suo arrogante fratello.

Mmmh…

Che sonno…

************

Accidenti… è come cercare un ago in un pagliaio…

E se non era il monte Fuji? Magari per montagna intendeva una collina… Intorno a Kanagawa ci sono miliardi di colline…

Il profumo dei fiori… la primavera sta diventando estate… giugno… che bel mese, un mese fresco, colorato… come Tachibana.

Chissà dov’è quel babbeo…

Forse è meglio se torno a casa. Magari mi ritelefona…

Sì, torno a casa.

Giugno… mi fa pensare alla frutta: alle fragole, al melone, alle pesche… Tachibana profuma di pesche.

Tachibana è come la primavera che diventa estate: profuma di fiori e di frutta, è come una brezza leggera e calda che accarezza la pelle delle persone che passeggiano in riva al mare.

Casa mia è vicina, è dietro l’angolo, vedo già il tetto dalle tegole verdastre e il tirante del palo elettrico ricoperto di gomma gialla e nera…

Salgo le scale di ferro e mi accorgo subito che c’è qualcuno… una presenza nel buio, ma non è minacciosa… profumo di pesche nell’aria…

-Tachibana? Ma che ci fai qui? –

Nessuna risposta, sta dormendo. Ha la schiena appoggiata alla porta e la testa che gli pende sul petto.

Indossa solo la camicia, stropicciata, sbottonata… e i pantaloni della divisa sembrano umidi, gli si disegnano addosso. La cravatta nera è buttata in un angolo, accanto alle scarpe.

Mi avvicino a lui e lo scuoto delicatamente, appoggiandogli una mano sulla spalla.

-Tachibana? –

Nessuna risposta. Gli scosto i capelli dal viso, gli sollevo il mento. E’ davvero un bel ragazzo, Tachibana. Non mi stupisco che quella ragazzina, Yoshikawa, gli stia sempre così appiccicata.

Beh… potrei affermare senza timore di essere contraddetto che gli muore dietro.

Tachibana non è solo un bel ragazzo.

Lui è uno che aiuta la gente.

Non ha bisogno di motivazioni particolari per farlo, lo fa e basta.

E’ per questo che tutti lo adorano.

Me compreso. Fin dalla prima volta che l’ho visto.

E’ venuto da me tutto guerreggiante e m’ha detto che giocavo a basket solo per puro piacere, non per diventare la fotocopia di mio fratello…

Ci siamo anche pestati per bene quella volta…

Eppure quando mi sono allontanato lasciandolo solo con la ragazzina, ho pensato che aveva davvero ragione. Ho pensato che quell’irritante, rumorosa testa calda aveva proprio centrato il bersaglio. Ho sorriso anche quella volta, se qualcuno mi avesse visto in quel momento, mi avrebbe dato dell’idiota, un idiota che ride da solo…

Ma è questo l’effetto che ha su di me Tachibana: mi fa stare bene.

Me ne sto ancora un po’ al fresco della notte a guardare Tachibana che dorme, poi i muscoli delle gambe cominciano a farmi male, allora mi alzo per far circolare il sangue e faccio un paio di passi sul terrazzo.

- Mmmhhh… che ore sono? –

Sussulto al suono rauco della voce insonnolita di Tachibana. Mi volto verso di lui e lo vedo armeggiare con le scarpe bofonchiando.

- Ehi, Tachibana! Ma lo sai che hai proprio il sonno pesante? Ho provato a svegliarti un paio di volte, ma sembravi morto!!! –

Tachibana si stropiccia gli occhi con una mano per mettere a fuoco il mondo intorno a sé, poi mi fa un mezzo sorriso e si alza in piedi, rimanendo scalzo.

- Non sembravo morto, io ERO morto!!! Morto di fatica, caro il mio Hiragi! Ho camminato per ore con quelle maledette scarpe di pelle addosso. –

E così dicendo dà un calcio alle scarpe mandandole a sbattere sul muro.

Non riesco a trattenere una risatina. Dopodiché lo guardo, sembra un cagnolino abbandonato, tutto scarmigliato e spettinato…

- Dai entra… stanotte puoi restare a dormire qui da me… tanto di spazio ce n’è! –

Tachibana strabuzza gli occhi e comincia a gesticolare come una scimmia.

- Nononononono!!!! Io non sono mica venuto qui per scroccare un letto! Ti giuro! E’ che ero troppo stanco, così speravo di trovarti in casa per chiederti un paio di scarpe comode… ma poi mi sono addormentato… e… -

Sorrido mentre tiro fuori le chiavi di casa dalla tasca della tuta.

- Lo so, Tachibana… ti sto invitando io di mia spontanea volontà. Non fare cerimonie, dai! –

Così dicendo lo spingo dentro, e lui non fa la minima resistenza.

- Vabè… se proprio insisti… -

************

Hiragi è stato davvero gentile ad invitarmi… a dirla tutta… speravo che lo facesse. Non avevo la voglia né la forza di scarpinare fino a casa mia.

L’appartamento di Hiragi è piccolo, ma molto ordinato e carino.

Ci sono tanti cuscini a terra, e un tavolino basso. Delle riviste sportive impilate ordinatamente accanto alla parete, il telefono, una finestra con le sbarre.

Non riesco a cogliere tutto, sono troppo stanco.

Vedo che Hiragi appoggia le mie scarpe accanto alle sue in un mobiletto nell’entrata, poi sparisce per un attimo e torna con dei vestiti in mano.

Una tuta, dei calzini, della biancheria, un accappatoio.

- Tieni, vai a farti una doccia, così ti rilassi. Hai i vestiti umidi e i piedi pieni di vesciche, ma si può sapere cos’hai combinato? –

Lo guardo, gli sorrido.

- Niente di che… -

Hiragi fa un sospiro, poi mi indica il bagno con la mano.

In effetti il biondino ha ragione.

Una doccia mi ci vuole davvero…

Il suo sapone profuma di fresco, e i suoi vestiti di sole e di primavera che diventa estate, come il mese di giugno, che ha il cielo azzurro come i suoi occhi azzurri.

Mi asciugo e mi infilo i boxer.

I suoi.

Un brivido mi percorre la schiena quando il cotone accarezza la pelle.

La tuta.

Sua.

Blu, della Nike.

Profuma di fresia.

Adesso vado di là e lo assaggio.

A sentire il suo profumo mi è venuta voglia di scoprire che sapore ha.

Forse di torta alla crema, una bella crema saporita.

La torta croccante.

La crema dolce.

Vado di là e lui è a terra, sdraiato su un fianco che sfoglia una rivista, senza nulla da sgranocchiare.

Io sarei sdraiato a sfogliare la rivista e a rimpinzarmi di biscotti al cioccolato, facendo quintali di briciole.

Lui sfoglia e basta.

Respira.

Si gira verso di me.

- Hai finito Tachibana? Siediti sul tavolino e togliti i calzini… -

Lo guardo incuriosito. Probabilmente ho dei punti di domanda tutto intorno alla testa.

Ma faccio quello che mi dice.

Si alza e va in bagno, fa scorrere l’acqua per un po’, poi torna e appoggia una bacinella fumante sul pavimento accanto al tavolino.

Senza dire nulla prende una scatola di sale e ne versa un bel po’ nella bacinella piena d’acqua calda, poi s’inginocchia di fronte a me, fa dei bei risvolti ai pantaloni della tuta e mi fa mettere i piedi nell’acqua e sale.

- Che fai Hiragi? –

Lui tiene gli occhi sui miei piedi.

- Ti curo quelle vesciche. –

Tuffa una mano nell’acqua e l’appoggia sulla caviglia, facendola scivolare più in basso con una carezza delicata come il tocco di un’ala di farfalla.

- Devono fare malissimo, ne? –

Così dicendo solleva il viso verso di me e i suoi occhi sono davvero azzurri come il cielo di giugno quando la primavera diventa estate e il vento profuma di mare e la frutta è dolce e…

…e non riesco a distogliere i miei occhi dai suoi, è come una corrente di magnetismo tra noi due, qualcosa che è sempre esistito, ma di cui ci siamo accorti entrambi solo ora.

-I… io… vado a prendere un asciugamano. –

Ma a me non interessa l’asciugamano, voglio la mia torta alla crema e lo afferro per il polso facendolo sedere accanto a me, sul tavolino basso.

Lui mi guarda di nuovo e nei suoi occhi ci sono milioni di stelle.

Non mi rendo nemmeno conto di chi è a baciare chi, io o lui, chi è che ha cominciato?

Ma in fondo, che importa?

Che importa se sto bagnando i tatami con i piedi umidi, che importa se siamo talmente presi l’uno dall’altro da non accorgerci di essere finiti a terra tra i cuscini, e il telefono si è ribaltato e i capelli di Hitonari profumano di primavera e la sua bocca sa di frutta dolcissima…

Che importa tutto il resto?

Mi basta che ci sia lui.

Sono innamorato di lui.

Allora lo bacio, gli bacio tutto il viso, la fronte, le palpebre sottili e delicate, il naso all’insù, le guance morbide come pelle di pesca, le labbra vellutate come un’albicocca dorata dal sole di giugno.

Gli bacio i capelli spettinati, biondi come grano, gli bacio il collo bianco e poi torno su, alle orecchie piccole e delicate come conchiglie smussate dalle onde del mare e di nuovo giù, al mento e ancora su, raggiungo le sue labbra dischiuse e me ne impadronisco allo stesso modo in cui lui s’impadronisce delle mie e la sua bocca accoglie la mia lingua golosa che vuole assaggiare tutti quei sapori immaginati, ma mai squisiti come nella realtà, una fragola matura, una fetta di melone arancione, un acino succoso e un po’ asprigno di uva spina…

Sento che anche lui sta assaporando me, e gli piace… squittisce sotto il mio peso e mi dà uno spintone, invertendo le posizioni.

E’ sopra di me ora.

Appoggiato sui palmi delle mani, che mi guarda.

Il viso rosso, non ho mai visto Hitonari con un colorito così salubre.

Gli occhi luccicano, sono diventati quasi blu per la passione.

Delle goccioline di sudore brillano come piccoli cristalli e gli imperlano la fronte, l’incavo del collo…

Mi sollevo sui gomiti e raggiungo quel punto succoso, gli succhio la base del collo assaggiando anche il sale… e mi piace, mi piace da morire ogni suo sapore.

Hitonari mi spinge delicatamente a terra e si sdraia su un fianco accanto a me.

Mi accarezza le guance accaldate, fa scivolare una mano leggera come una piuma fin sul petto, all’altezza del cuore.

- Batte forte, Akane… -

Chiudo gli occhi.

La sua dolcezza non è inaspettata… ma mi commuove ugualmente.

-Abbracciami, Hitonari… abbracciami forte… -

**************

E’ fra le mie braccia.

Bello come un tramonto rosso e arancione e dorato.

Caldo come il sole.

Fresco come l’acqua dei ruscelli.

Anch’io volevo baciarlo, e forse lui l’ha capito… non è tonto, Akane… ingenuo e generoso…. ma non tonto.

Il suo cuore è semplice come quello di un bambino e altrettanto innocente, ma sa quello che vuole.

Voleva me… l’avevo capito?

Aveva capito che volevo lui?

Ci siamo inseguiti per tutto il giorno… ci siamo cercati, desiderati.

E adesso siamo qui, insieme.

Sdraiati tra i cuscini, sui tatami beige.

Akane ha gli occhi chiusi e io glieli bacio di tanto in tanto.

Ha la testa corvina e spettinata appoggiata sulla mia spalla, mi ha aperto la cerniera della blusa brontolando perché sotto c’era una maglietta bianca.

La sua mano grande a calda è appoggiata sulla pelle della mia pancia, ha detto che so di pane appena sfornato.

Gli sfioro le labbra con le mie.

Lui apre gli occhi e mi sorride.

-Baciami… -

Lo bacio.

Ha il mio profumo addosso, ma la bocca sa di pesca.

Dolce, succosa. Pesca.

Spingo la lingua tra quelle labbra vellutate e lui mi accoglie senza imbarazzo, intuisco il suo sorriso mentre esploro quel calore, quel sapore inebriante del quale non riesco a stancarmi.

Sono le tre di notte.

Domani dobbiamo andare a scuola.

Vorrei essere in classe con lui per poterlo guardare, per poter ascoltare la sua voce…

Non importa.

Adesso non importa.

Adesso c’è lui, ci sono io.

Il mio profumo su di lui, il suo sapore dentro me.

L’unica cosa che importa è lui.

Perché ne sono innamorato.

Amo Akane Tachibana.

E’ amore?

Sembrerebbe.

Il fatto che lo penso di continuo, che quando lo vedo mi viene voglia di buttargli le braccia al collo, che quando sento la sua voce mi vengono i brividi, che quando lo bacio non vorrei più smettere…

Che quando è vicino a me mi sento bene…

…Akane…

-…Akane? –

- Mmmmmhh… chi ti ha detto di smettere con i baci? –

Appoggio le labbra sulle sue e gliele accarezzo dolcemente.

Poi, labbra contro labbra, gli sussurro:

-Andiamo nel futon? Il pavimento è scomodo… -

- Mmmsssì… va bene… -

Mi alzo e lo tiro su.

Ha gli occhi socchiusi, si vede che è stanco, ma vuole continuare a coccolarmi.

Ci togliamo la tuta e ci infiliamo nel futon…

Akane è come un orsacchiotto, si accoccola contro di me e mi stringe forte.

-Buonanotte Hitonari. –

Lo bacio un’ultima volta, prima di chiudere gli occhi.

-Buonanotte. –

**OWARI**


Note: *il chocobo è un simpatico pollastro giallo che popola il mondo di Final Fantasy…
Devono essere i postumi dell’abbuffata cioccolatesca di Pasqua, questa fic è davvero sappy!!!!
Però io quei due cucciolotti non riesco ad immaginarli altro che così… coccoli… dolcissimi!!!


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