Disclaimers: Hitonari, Akane
e gli altri personaggi che appaiono in questa mia umile fic sono proprietà del
divino Hiroyuki Asada e delle rispettive case editrici (Shueisha per
l’edizione giapponese e Planet Manga per quella italiana). Non ho fatto loro alcun male,
e appena avranno finito di sbaciucch… ehm… di INTERAGIRE, li rimetterò dove
li ho trovati (che peccato…. ). Spoilers: cos’è
accaduto veramente dopo che Akane si è perso vicino al monte Fuji? La mia
storia parte dal volumetto numero 7 dell’edizione italiana (prima parte volume
4 dell’edizione giapponese). Dedico questa fanfiction al
mio web-friend Kriss, scrittore di grande talento e persona dal cuore d’oro. KISS
KISS!!!!
LILAC ON THE
HILLSIDE di Kitsune
Sapevo che era qui, lo
sapevo.
E adesso osa anche
distogliere quegli occhi azzurri dal cielo azzurro di primavera e guardarmi con
quell’espressione da cervo braccato.
Non lo sopporto.
-
Hiragi! -
Cerco di assumere la
mia espressione più irritata, conscio del fatto di risultare solamente buffo.
-
Allora eri proprio qua. Ma cosa stai combinando? -
…mi
addolcisco senza nemmeno accorgermene.
- Qualcosa non va? -
Lui appoggia la guancia sul
palmo della mano e perde lo sguardo davanti a sé. La sua espressione è ancora
più abbattuta, sembra essere sull’orlo delle lacrime, ma Hiragi il freddo,
Hiragi il duro non farà MAI una cosa del genere di fronte ad altre persone…
idiota.
Non lo sopporto proprio!
- Niente di che… -
Lo invitiamo a mangiare
qualcosa con Minefuji e gli altri, e lui che fa?
Fa un mezzo sorrisetto di
circostanza, raccoglie le sue cose si scusa e se ne va.
- Ci vediamo, Tachibana. -
Puoi scommetterci bamboccio.
Chissà cos’ha. Aveva
un’espressione talmente triste, non sopporto di vederlo così!
Quel ragazzo fa di tutto per
isolarsi, ma perché? Se ne sta sempre solo, parla poco… non viene mai in
cortile CON ME durante l’intervallo… bè, sarebbe bello fare un paio di tiri
a canestro insieme, scambiare due chiacchiere… e poi mangia troppo poco.
- Akane, dove vai? Guarda che
l’aula di chimica è qui! -
Sumire, col tuo solito tono
gentile, la tua vocetta bassa e monotona… uffa… perché mi hai riportato
alla realtà?
- Hey ragazzini!!
Allora, vi date una mossa? Qui stiamo morendo di fame!! -
Eccola, Minefuji… vestita
come una teen-ager, allegra come una bambina, sensibile come una donna.
- Così se n’è tornato a
casa… -
Io non parlo, fanno tutto
quell’impicciona di Sumire e la sua amica. Stanno spudoratamente spettegolando
di Hiragi, ‘ste sceme!
Però è a me che Minefuji
porge con uno sguardo complice il numero 6 di Basket on Japan.
E’ il numero di giugno.
Sento il profumo della
primavera e dei capelli spettinati di Hiragi.
Immagino come si sia sentito
leggendo le parole di suo fratello.
“… alti traguardi come la
lega giapponese e le olimpiadi li raggiungeremo insieme… perché questo è
anche il sogno di nostro padre…”
Bastardo, ma come si
permette?
Oddio, mi sta salendo una
rabbia in corpo… sento le vene delle tempie pulsare e il sangue rombarmi nelle
orecchie…
Adesso vado da lui.
Vado lì e gli dico che deve
fregarsene di suo fratello! Sono io il suo unico rivale ed è insieme a me che
Hiragi salirà sulla ribalta!!! Altroché cavolate! Hiragi è un campione, e
sfonderà… a suo modo e a suo tempo.
Ecco, dirò proprio così a
quel bamboccio biondo, se lo metterà bene in testa e la smetterà di fare
l’asociale!!!
- … allora stattene lì a
giocare coi tuoi bastoncini! –
Sumire sei una piaga… ma
perché devi sempre seguirmi dappertutto? Io devo andare da Hiragi, devo portare
a termine la mia missione!!!
Ma come fa una persona a non
capire che i bastoncini sono una scusa? Donna di coccio!!!!!
- …fratello di Hiragi? –
Che ha detto Sumire?
Il fratello di Hiragi? E’ vero! Eccolo là quell’egoista! Adesso
io… io…
Per parlargli devo fermarlo,
ma quello corre come una gazzella! E io ho le scarpe di pelle, dannazione, che
male mi fanno!!
Ma quanto corre?
Devo raggiungerlo, accidenti,
devo raggiungerlo assolutamente!
Sono stanco morto, ho sete,
caldo, mi fanno male i piedi, non mi reggo più nemmeno sulle gambe… e alla
fine, teatrale come al mio solito…
- ..mh? che fosse uno sparo?
-
Hiragi senior mi tira fuori
dal laghetto di carpe vicino a una locanda, ma io non mi sento per niente
umiliato.
Ho raggiunto il mio scopo e
adesso metterò le cose in chiaro con ‘sto sbruffone.
Sentilo quanto parla, ma chi
si crede di essere? Come osa venirmi a fare la ramanzina? E come osa dire che
Hiragi deve seguire per forza la strada aperta da lui e suo padre? Il venerabile
allenatore Hiragi… pfui… ma fatemi il piacere!!!!
- Non capisci proprio, eh? Ma
chi ti dà la sicurezza di affermare che l’unica strada percorribile è quella
spianata da vostro padre? Le strade dove non sboccia nemmeno un fiore sono
noiose da attraversare. Hitonari può sfondare anche senza il vostro aiuto e se
io mi metterò a camminare al suo fianco… sarà anche più divertente. –
Il biondo rimane in silenzio,
si vede che le mie parole hanno colpito nel segno.. eh eh eh… speriamo che
abbia capito davvero cosa volevo intendere col mio discorso.
-
Beh, grazie per il caffè, per l’asciugamano e arrivederci. –
M’inchino educatamente e mi
allontano con le scarpe in mano.
Il pensiero di doverle
indossare di nuovo mi fa vedere i puntini luminosi…
E poi chissà dove sono… ho
corso per più di dieci chilometri, dietro a quel gigante biondo…
Fa fresco, la mia giacca e la
borsa le ho lasciate a Sumire…
Per fortuna ho un po’ di
spiccioli in tasca.. ah! Anche una tessera telefonica!! Che carina, c’è un
chocobo* stampato sopra! Assomiglia a Hitonari!
Mi sa che mi sono perso… la
scalinata della locanda si perde in mezzo agli alberi, è stata scavata sul
dolce declivio di una collina e il vento che passa tra i rami e le foglie mi
sussurra un canto alle orecchie.
Oddio, dove sono? Panico.
Dov’è la civiltà? Un
lampione, il rumore di un’automobile…
Ma perché devo sempre
mettermi in queste situazioni assurde, uffa!
I piedi mi fanno male da
matti. Sono stanco, ho freddo.
E poi è buio!
Ah! Una cabina telefonica!
Adesso chiamo Sumire e mi
faccio venire a prendere. Lei sa sempre tutto, saprà anche dove mi trovo!!!
- Pronto, qui Yoshikawa. -
- Sumire sono Akane… sono
nei guai… -
- Ah! Ti sta bene! Mi hai
trattata come una scema, mi hai lasciata in mezzo alla strada e adesso cosa
pretendi? -
Quella gallinella…. Mi ha
sbattuto il telefono in faccia!
E adesso?
Chi chiamo?
La vecchiaccia non è in
casa…
Se chiamo Minefuji, quella mi
porta nel bosco e mi violenta…
Hiragi… ecco, giusto! E’
colpa sua se sono in questo pasticcio!
Risponde con una voce rauca
da far paura.
- Stavi dormendo? –
- Ma chi parla? Sei tu
Tachibana?-
- Mi sono perso! Dai vieni a
prendermi! –
- Cosa? Ti sei perso? E io
come cavolo faccio a sapere dove sei! –
- C’è un montagna qui
vicino! Hiragi, io… - tu-tu-tu…
Merda, mi ha sbattuto il
telefono in faccia! Anche lui! O forse è caduta la linea? Ma la tessera era
buona! Oh, merda!
Se resto qui a piangermi
addosso, non risolverò niente.
Mi tocca camminare… con
queste maledette scarpe di pelle!
Certo che quel ragazzo è
strano forte…
Akane Tachibana… che tipo.
Mi dispiace che sia caduta la
linea, avrei voluto aiutarlo… mi avrebbe fatto davvero piacere passare un
po’ di tempo insieme a lui.
Fra tutte le persone che ho
conosciuto, probabilmente è l’unico che mi capisca veramente.
Io… sono sicuro che oggi
pomeriggio avrebbe voluto parlarmi, consolarmi… lui è fatto così. Fa tanto
il duro, però poi è un ragazzo su cui contare quando se ne ha davvero bisogno.
Papà, Takuya… voi non
capite proprio niente. Tachibana è davvero bravo e soprattutto gli piace quello
che fa. Gli piace giocare a basket. E’ solo merito suo se sono in una
squadra… mi ha fatto aprire gli occhi.
Mi ha lanciato la sfida con
un guanto di ferro e io l’ho raccolto. Ho accettato.
Mi sono iscritto al Kouzu per
dimostrare a te, papà, che valgo davvero, che gli scarti del fantastico
istituto Hayamazaki potranno far nascere qualcosa di buono.
Io ho già trovato la mia via
e non camminerò sulle tue impronte, papà.
Camminerò a fianco di
Tachibana.
Su una strada tutta nostra,
nuova.
Ce la faremo.
Accidenti a Takuya, oggi mi
ha fatto davvero perdere le staffe.
Prima l’articolo su quel
maledetto giornale, poi lui che mi piomba in casa e mi stressa coi suoi discorsi
da bravo fratello campione conosciuto e rinomato..
Tachibana ha proprio
ragione… il basket in fondo è un gioco, e giocare è bello, ci si diverte…
OK, ho deciso.
Lo vado a cercare.
Una montagna molto alta…
qui nei pressi, non troppo lontano…
Il monte Fuji, accidenti a
lui!!!
Ma si può essere più
idioti?
Il primo sorriso della
giornata… sono le nove di sera e finalmente sono riuscito a sorridere.. tutto
merito di Tachibana.
Adesso lo vado a cercare.
***********
Merda, merda, merda!!!
Ho sonno da morire, ‘ste
scarpe maledette le brucio!!
E’ da due ore che cammino,
e sono appena alla periferia di Kanagawa.
Casa mia è dall’altra
parte della città!
Hiragi abita qui vicino se
non sbaglio…
Adesso vado a buttarlo giù
dal letto e mi faccio almeno prestare un paio di scarpe da ginnastica!
Ecco il suo appartamento…
le luci sono tutte spente… è quasi mezzanotte, sarà mica già a dormire
quell’animale?
Oh, cavolo… Hiragi non puoi
farmi questo… ho sonno… sono stanco morto…
Perché ho fatto tutto
questo? Per chi? Sono un cretino.
Ma non ho resistito. Non
riesco a vedere quell’espressione sul viso di Hiragi… da quel giorno… da
quando ci siamo incontrati per la prima volta alla fine della terza media…
io… non riesco a togliermelo dalla testa.
Il suo gioco elegante, privo
di sbavature… il suo modo di correre come se non facesse alcuna fatica… il
suo modo di respirare con la bocca aperta, in partita, con le gocce di sudore
che gli scivolano dalla punta del naso…
Sì, è vero… voglio
batterlo, è questo il mio traguardo… o meglio… voglio raggiungerlo per
poter continuare la salita al suo fianco… è come ho detto a quel suo
arrogante fratello.
Mmmh…
Che sonno…
************
Accidenti… è come cercare
un ago in un pagliaio…
E se non era il monte Fuji?
Magari per montagna intendeva una collina… Intorno a Kanagawa ci sono miliardi
di colline…
Il profumo dei fiori… la
primavera sta diventando estate… giugno… che bel mese, un mese fresco,
colorato… come Tachibana.
Chissà dov’è quel
babbeo…
Forse è meglio se torno a
casa. Magari mi ritelefona…
Sì, torno a casa.
Giugno… mi fa pensare alla
frutta: alle fragole, al melone, alle pesche… Tachibana profuma di pesche.
Tachibana è come la
primavera che diventa estate: profuma di fiori e di frutta, è come una brezza
leggera e calda che accarezza la pelle delle persone che passeggiano in riva al
mare.
Casa mia è vicina, è dietro
l’angolo, vedo già il tetto dalle tegole verdastre e il tirante del palo
elettrico ricoperto di gomma gialla e nera…
Salgo le scale di ferro e mi
accorgo subito che c’è qualcuno… una presenza nel buio, ma non è
minacciosa… profumo di pesche nell’aria…
-Tachibana?
Ma che ci fai qui? –
Nessuna risposta, sta
dormendo. Ha la schiena appoggiata alla porta e la testa che gli pende sul
petto.
Indossa solo la camicia,
stropicciata, sbottonata… e i pantaloni della divisa sembrano umidi, gli si
disegnano addosso. La cravatta nera è buttata in un angolo, accanto alle
scarpe.
Mi avvicino a lui e lo scuoto
delicatamente, appoggiandogli una mano sulla spalla.
-Tachibana? –
Nessuna risposta. Gli scosto
i capelli dal viso, gli sollevo il mento. E’ davvero un bel ragazzo, Tachibana.
Non mi stupisco che quella ragazzina, Yoshikawa, gli stia sempre così
appiccicata.
Beh… potrei affermare senza
timore di essere contraddetto che gli muore dietro.
Tachibana non è solo un bel
ragazzo.
Lui è uno che aiuta la
gente.
Non ha bisogno di motivazioni
particolari per farlo, lo fa e basta.
E’ per questo che tutti lo
adorano.
Me compreso. Fin dalla prima
volta che l’ho visto.
E’ venuto da me tutto
guerreggiante e m’ha detto che giocavo a basket solo per puro piacere, non per
diventare la fotocopia di mio fratello…
Ci siamo anche pestati per
bene quella volta…
Eppure quando mi sono
allontanato lasciandolo solo con la ragazzina, ho pensato che aveva davvero
ragione. Ho pensato che quell’irritante, rumorosa testa calda aveva proprio
centrato il bersaglio. Ho sorriso anche quella volta, se qualcuno mi avesse
visto in quel momento, mi avrebbe dato dell’idiota, un idiota che ride da
solo…
Ma è questo l’effetto che
ha su di me Tachibana: mi fa stare bene.
Me ne sto ancora un po’ al
fresco della notte a guardare Tachibana che dorme, poi i muscoli delle gambe
cominciano a farmi male, allora mi alzo per far circolare il sangue e faccio un
paio di passi sul terrazzo.
- Mmmhhh… che ore sono? –
Sussulto al suono rauco della
voce insonnolita di Tachibana. Mi volto verso di lui e lo vedo armeggiare con le
scarpe bofonchiando.
- Ehi, Tachibana! Ma lo sai
che hai proprio il sonno pesante? Ho provato a svegliarti un paio di volte, ma
sembravi morto!!! –
Tachibana si stropiccia gli
occhi con una mano per mettere a fuoco il mondo intorno a sé, poi mi fa un
mezzo sorriso e si alza in piedi, rimanendo scalzo.
- Non sembravo morto, io ERO
morto!!! Morto di fatica, caro il mio Hiragi! Ho camminato per ore con quelle
maledette scarpe di pelle addosso. –
E così dicendo dà un calcio
alle scarpe mandandole a sbattere sul muro.
Non riesco a trattenere una
risatina. Dopodiché lo guardo, sembra un cagnolino abbandonato, tutto
scarmigliato e spettinato…
- Dai entra… stanotte puoi
restare a dormire qui da me… tanto di spazio ce n’è! –
Tachibana strabuzza gli occhi
e comincia a gesticolare come una scimmia.
- Nononononono!!!! Io non
sono mica venuto qui per scroccare un letto! Ti giuro! E’ che ero troppo
stanco, così speravo di trovarti in casa per chiederti un paio di scarpe
comode… ma poi mi sono addormentato… e… -
Sorrido mentre tiro fuori le
chiavi di casa dalla tasca della tuta.
- Lo so, Tachibana… ti sto
invitando io di mia spontanea volontà. Non fare cerimonie, dai! –
Così dicendo lo spingo
dentro, e lui non fa la minima resistenza.
- Vabè… se proprio
insisti… -
************
Hiragi è stato davvero
gentile ad invitarmi… a dirla tutta… speravo che lo facesse. Non avevo la
voglia né la forza di scarpinare fino a casa mia.
L’appartamento di Hiragi è
piccolo, ma molto ordinato e carino.
Ci sono tanti cuscini a
terra, e un tavolino basso. Delle riviste sportive impilate ordinatamente
accanto alla parete, il telefono, una finestra con le sbarre.
Non riesco a cogliere tutto,
sono troppo stanco.
Vedo che Hiragi appoggia le
mie scarpe accanto alle sue in un mobiletto nell’entrata, poi sparisce per un
attimo e torna con dei vestiti in mano.
Una tuta, dei calzini, della
biancheria, un accappatoio.
- Tieni, vai a farti una
doccia, così ti rilassi. Hai i vestiti umidi e i piedi pieni di vesciche, ma si
può sapere cos’hai combinato? –
Lo guardo, gli sorrido.
- Niente di che… -
Hiragi fa un sospiro, poi mi
indica il bagno con la mano.
In effetti il biondino ha
ragione.
Una doccia mi ci vuole
davvero…
Il suo sapone profuma di
fresco, e i suoi vestiti di sole e di primavera che diventa estate, come il mese
di giugno, che ha il cielo azzurro come i suoi occhi azzurri.
Mi asciugo e mi infilo i
boxer.
I suoi.
Un brivido mi percorre la
schiena quando il cotone accarezza la pelle.
La tuta.
Sua.
Blu, della Nike.
Profuma di fresia.
Adesso vado di là e lo
assaggio.
A sentire il suo profumo mi
è venuta voglia di scoprire che sapore ha.
Forse di torta alla crema,
una bella crema saporita.
La torta croccante.
La crema dolce.
Vado di là e lui è a terra,
sdraiato su un fianco che sfoglia una rivista, senza nulla da sgranocchiare.
Io sarei sdraiato a sfogliare
la rivista e a rimpinzarmi di biscotti al cioccolato, facendo quintali di
briciole.
Lui sfoglia e basta.
Respira.
Si gira verso di me.
- Hai finito Tachibana?
Siediti sul tavolino e togliti i calzini… -
Lo guardo incuriosito.
Probabilmente ho dei punti di domanda tutto intorno alla testa.
Ma faccio quello che mi dice.
Si alza e va in bagno, fa
scorrere l’acqua per un po’, poi torna e appoggia una bacinella fumante sul
pavimento accanto al tavolino.
Senza dire nulla prende una
scatola di sale e ne versa un bel po’ nella bacinella piena d’acqua calda,
poi s’inginocchia di fronte a me, fa dei bei risvolti ai pantaloni della tuta
e mi fa mettere i piedi nell’acqua e sale.
- Che fai Hiragi? –
Lui tiene gli occhi sui miei
piedi.
- Ti curo quelle vesciche.
–
Tuffa una mano nell’acqua e
l’appoggia sulla caviglia, facendola scivolare più in basso con una carezza
delicata come il tocco di un’ala di farfalla.
- Devono fare malissimo, ne?
–
Così dicendo solleva il viso
verso di me e i suoi occhi sono davvero azzurri come il cielo di giugno quando
la primavera diventa estate e il vento profuma di mare e la frutta è dolce e…
…e non riesco a distogliere
i miei occhi dai suoi, è come una corrente di magnetismo tra noi due, qualcosa
che è sempre esistito, ma di cui ci siamo accorti entrambi solo ora.
-I… io… vado a prendere
un asciugamano. –
Ma a me non interessa
l’asciugamano, voglio la mia torta alla crema e lo afferro per il polso
facendolo sedere accanto a me, sul tavolino basso.
Lui mi guarda di nuovo e nei
suoi occhi ci sono milioni di stelle.
Non mi rendo nemmeno conto di
chi è a baciare chi, io o lui, chi è che ha cominciato?
Ma in fondo, che importa?
Che importa se sto bagnando i
tatami con i piedi umidi, che importa se siamo talmente presi l’uno
dall’altro da non accorgerci di essere finiti a terra tra i cuscini, e il
telefono si è ribaltato e i capelli di Hitonari profumano di primavera e la sua
bocca sa di frutta dolcissima…
Che importa tutto il resto?
Mi basta che ci sia lui.
Sono innamorato di lui.
Allora lo bacio, gli bacio
tutto il viso, la fronte, le palpebre sottili e delicate, il naso all’insù,
le guance morbide come pelle di pesca, le labbra vellutate come un’albicocca
dorata dal sole di giugno.
Gli bacio i capelli
spettinati, biondi come grano, gli bacio il collo bianco e poi torno su, alle
orecchie piccole e delicate come conchiglie smussate dalle onde del mare e di
nuovo giù, al mento e ancora su, raggiungo le sue labbra dischiuse e me ne
impadronisco allo stesso modo in cui lui s’impadronisce delle mie e la sua
bocca accoglie la mia lingua golosa che vuole assaggiare tutti quei sapori
immaginati, ma mai squisiti come nella realtà, una fragola matura, una fetta di
melone arancione, un acino succoso e un po’ asprigno di uva spina…
Sento che anche lui sta
assaporando me, e gli piace… squittisce sotto il mio peso e mi dà uno
spintone, invertendo le posizioni.
E’ sopra di me ora.
Appoggiato sui palmi delle
mani, che mi guarda.
Il viso rosso, non ho mai
visto Hitonari con un colorito così salubre.
Gli occhi luccicano, sono
diventati quasi blu per la passione.
Delle goccioline di sudore
brillano come piccoli cristalli e gli imperlano la fronte, l’incavo del
collo…
Mi sollevo sui gomiti e
raggiungo quel punto succoso, gli succhio la base del collo assaggiando anche il
sale… e mi piace, mi piace da morire ogni suo sapore.
Hitonari mi spinge
delicatamente a terra e si sdraia su un fianco accanto a me.
Mi accarezza le guance
accaldate, fa scivolare una mano leggera come una piuma fin sul petto,
all’altezza del cuore.
- Batte
forte, Akane… -
Chiudo gli occhi.
La sua dolcezza non è
inaspettata… ma mi commuove ugualmente.
-Abbracciami, Hitonari…
abbracciami forte… -
**************
E’ fra le mie braccia.
Bello come un tramonto rosso
e arancione e dorato.
Caldo come il sole.
Fresco come l’acqua dei
ruscelli.
Anch’io volevo baciarlo, e
forse lui l’ha capito… non è tonto, Akane… ingenuo e generoso…. ma non
tonto.
Il suo cuore è semplice come
quello di un bambino e altrettanto innocente, ma sa quello che vuole.
Voleva me… l’avevo
capito?
Aveva capito che volevo lui?
Ci siamo inseguiti per tutto
il giorno… ci siamo cercati, desiderati.
E adesso siamo qui, insieme.
Sdraiati tra i cuscini, sui
tatami beige.
Akane ha gli occhi chiusi e
io glieli bacio di tanto in tanto.
Ha la testa corvina e
spettinata appoggiata sulla mia spalla, mi ha aperto la cerniera della blusa
brontolando perché sotto c’era una maglietta bianca.
La sua mano grande a calda è
appoggiata sulla pelle della mia pancia, ha detto che so di pane appena
sfornato.
Gli sfioro le labbra con le
mie.
Lui apre gli occhi e mi
sorride.
-Baciami… -
Lo bacio.
Ha il mio profumo addosso, ma
la bocca sa di pesca.
Dolce, succosa. Pesca.
Spingo la lingua tra quelle
labbra vellutate e lui mi accoglie senza imbarazzo, intuisco il suo sorriso
mentre esploro quel calore, quel sapore inebriante del quale non riesco a
stancarmi.
Sono le tre di notte.
Domani dobbiamo andare a
scuola.
Vorrei essere in classe con
lui per poterlo guardare, per poter ascoltare la sua voce…
Non importa.
Adesso non importa.
Adesso c’è lui, ci sono
io.
Il mio profumo su di lui, il
suo sapore dentro me.
L’unica cosa che importa è
lui.
Perché ne sono innamorato.
Amo Akane Tachibana.
E’ amore?
Sembrerebbe.
Il fatto che lo penso di
continuo, che quando lo vedo mi viene voglia di buttargli le braccia al collo,
che quando sento la sua voce mi vengono i brividi, che quando lo bacio non
vorrei più smettere…
Che quando è vicino a me mi
sento bene…
…Akane…
-…Akane? –
- Mmmmmhh… chi ti ha detto
di smettere con i baci? –
Appoggio le labbra sulle sue
e gliele accarezzo dolcemente.
Poi, labbra contro labbra,
gli sussurro:
-Andiamo nel futon? Il
pavimento è scomodo… -
- Mmmsssì… va bene… -
Mi alzo e lo tiro su.
Ha gli occhi socchiusi, si
vede che è stanco, ma vuole continuare a coccolarmi.
Ci togliamo la tuta e ci
infiliamo nel futon…
Akane è come un
orsacchiotto, si accoccola contro di me e mi stringe forte.
-Buonanotte
Hitonari. –
Lo
bacio un’ultima volta, prima di chiudere gli occhi.
-Buonanotte.
–
**OWARI**
Note: *il chocobo è un
simpatico pollastro giallo che popola il mondo di Final Fantasy… Devono essere i postumi
dell’abbuffata cioccolatesca di Pasqua, questa fic è davvero sappy!!!! Però io quei due cucciolotti non riesco ad immaginarli altro che così… coccoli… dolcissimi!!!
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