TITOLO: Le Syriane

AUTORE: Marty.

SERIE: Slam Dunk

PARTE: 10/?

PERSONAGGI: Kaede Rukawa - Hanamichi Sakuragi

RATING: Songfic, angst, NC-17 in alcuni capitoli.

DEDICHE unt RINGRAZIAMENTI: alla mitica Niane, che mi ha prestato il locale “Iguana club” (*ç*) come ambientazione di uno dei capitoli!

Senza di lei questa fic non avrebbe potuto esistere!^^

(uhm…ora so chi devo uccidere…ndHana)

altro immenso grazie alla dolce Najka,che mi ha dato lo stimolo giusto per diventare una fic writer…

(altro cadavere che cammina…hn…ndRu)

ovviamente non dimentico Yukari, la tenera fanciulla che mi ha fatto appassionare alle fic commedia e che scrive le uniche fic SD etero che leggerò mai…

Grazie!

E un bacio speciale ad Ise, Lal, sys Lucy e sys Silene tutte mie coautrici…

A Saya che mi ha ispirato LA MOTO…*ç*,

Alla sua ex moglie con cui condivido la grande passione per Feel 100%…

A Seimei e al suo pestifero fratello…

A Raphael, per il cui ciomply mi sono sbizzarrita…

A Soffio d’argento, dolcissima fanciulla…

A Yvae, per il suo sostegno e affetto, nonché per le immy che ispirano sempre…*__*

Ad Eny,Auramasda,  elfuccia, Micky N, Elyxyz, Eternity, Reichan, Miky, Masha, Melly, Antares, Hymeko… insomma, a tutte coloro che mi hanno sostenuto e commentato i miei lavori, dandomi la forza di andare avanti anche se a volte il sonno prendeva il sopravvento…

Ovviamente grazie di cuore anche a tutte coloro che mi hanno inconsapevolmente ispirato!

(Hana, hai ancora il numero della banda di Tetsuo? Qua ci vuole una spedizione punitiva…ndRu)

A Leyla Mayfair per le sue stupende tales che non vedo l’ora di leggere tutto d’un fiato fino alla fine…

E non so più…

Se ho dimenticato qualcuno, chiedo venia, siete tutte (più Raphy) nel mio cuore!

Se scrivo è anche per voi!

Vi voglio bene, spero che vi piaccia la mia prima fic in serie!

DISCLAIMERS: I personaggi sono di Takehiko Inoue, io sono sempre la poveraccia senza un soldo bucato che ero quando ho acceso il pc, anzi, ci ho pure sacrificato qualche ora di sonno…

La parte del ristorante e quella a casa di Hana sono ispirate da “Mi manca” di Marcella Bella.

NOTE 01: RuHanaRu forever! Ma adoro anche Mituccio, Hisashi (che è di Yukari ^^)…e chi più ne ha più ne metta!

La storia prende spunto da una serie di canzoni della cantante Syria, la storia verrà accompagnata, sottolineata ed inframmezzata con le sue parole.

Spero vi diano quanto hanno dato a me.

Per qualsiasi commento ( accio ) la mia mail è marty_rurulove@yahoo.it !

NOTE 02: tra gli asterischi i flash back, in corsivo il testo delle canzoni/poesie, i cambi di POV sono segnalati...tutto come sempre insomma! Ah, dato che in ML non si vede il corsivo (non ho mai avuto questo problema, non utilizzando i testi ç_ç) mi limiterò a piazzare le strofe solitarie in mezzo a righe vuote…dovreste capire quali sono ^^

NOTE 03: andate tutti a leggere la saga dell’Iguana Club di Niane!!! È qualcosa di davvero fantastico, e poi qualcosa le devo in cambio del prestito no? ^^

TRIVIALS: ebbene sì, stavolta ben due trivials per voi!

1)      Nella fic c’è un omaggio a Parsifal: riuscite a trovarlo?

2)      A un certo punto viene fatto riferimento ad una scena di un famoso video: lo avete riconosciuto?

ARCHIVIO: se Ria o Erika o Benni (o chi per loro) la vogliono...la pubblichino pure! Mi faranno solo felice!

Spero vi piaccia!

 

Un baci8 a tutti!

Marty

 

UN PASSO INDIETRO: in questo spazio, metterò il riassunto del capitolo precedente e le mie annotazioni.

Nello scorso capitolo, Hanamichi riflette sui suoi sbagli e su quello che vorrebbe dire ed aver detto a Kaede. Ma ormai è tardi, e la loro storia è finita. La vita però continua, e non potrà in eterno continuare a tormentarsi e a pensarci. Proprio quando arriva a questa conclusione, si ritrova davanti Sendoh, che dopo aver rotto con la ragazza con la quale conviveva da anni, gli propone di provare a uscire insieme e vedere che cosa succede…

 

 

 

Le Syriane

-capitolo decimo-

 

- Dimenticato -

 

POV Ru

 

Chi l’avrebbe mai detto.

Io, il grande Kaede Rukawa, ridotto a seguire come un cagnolino questo stupido ragazzino coi capelli rossi.

Devo essere impazzito.

Cammina fianco a fianco con Sendoh, che lo guarda adorante, anche se lui cerca di sfuggire a quello sguardo.

Comunque, non ho avuto dubbi dal primo istante: è con lui che mi ha tradito.

L’unico che avrebbe potuto trovare le parole giuste per convincerlo.

E so che dovrei girare i tacchi ed andarmene, lasciarli al loro appuntamento, ma non ce la faccio.

Perché non mi piace lo sguardo di Hanamichi. È come svuotato, spento, perso. No, non mi piace per niente.

Ora stanno entrando…oh! Ma io lo conosco questo ristorante! È…

 

POV Hana

 

Quante volte ho sognato di entrare qui con Kaede. Non in un ristorante simile, ma proprio in QUESTO. Il più “in” di Kanagawa. Dove sicuramente tutti e tutte se lo sarebbero mangiato con gli occhi ma solo io sarei stato seduto accanto a lui, solo io avrei potuto prendergli la mano e godermi le bocche spalancate e le parole cariche d’astio ed invidia degli altri commensali. Com’ero stupido, allora, a credere che fosse solo desiderio di rivalsa quello che mi ispirava simili vaneggiamenti. Che stolto a pensare che la gelosia altrui avrebbe sanato il mio cuore ferito da anni di insulti.in realtà il cuore me lo avrebbe sanato il suo amore, se mai lo avessi ottenuto.

Metto in bocca una forchettata di quello che ho nel piatto, non so neanche cosa sia e non sento il sapore.

Mangio e mi manca.

Akira parla e sorride, mi guarda come se fossi l’ottava meraviglia del mondo e io mi sento falso ed egoista quando rido ad una sua battuta mentre vorrei solo essere a casa con Kaede.

Neanche il suo silenzio mi peserebbe se fossero i suoi occhi adesso a specchiarsi nei miei.

Ricordo con struggente nostalgia anche le serate passate a guardare una partita, senza neppure sfiorarsi, ma rassicurati dalla presenza reciproca. E mi si stringe il cuore nel rendermi conto che è solo colpa mia se ho perso tutto questo.

Sento la mia voce che chiede ad Akira di tornare a casa.

Lui si preoccupa, io gli dico solo che sono stanco, poi gli rivolgo uno sguardo così triste che non avanza proteste e si alza, paga ed usciamo.

 

POV Ru

 

…non capisco.

Non hanno avuto abbastanza tempo per mangiare…eppure sono già usciti dal ristorante e stanno andando a casa di Hana.

Sendoh gli afferra una mano, e lui sussulta, ma dopo un attimo di indecisione ricambia la stretta.

Ora è chiaro, hanno un altro tipo di appetito…

E se non fossi a digiuno da due giorni forse vomiterei all’idea dei loro corpi uniti.

 

Tutte le volte che ti cercavo

e di averti accanto mi meravigliavo

 

Spesso, agli inizi del nostro rapporto, di notte mi capitava di svegliarmi in preda ad uno dei miei soliti incubi. Allora allungavo una mano inconsciamente, non so ancora se per cercare qualcuno o solo per toccare qualcosa di familiare ed avere la consapevolezza quindi di essere nella mia casa al sicuro, e lui era lì. Dormiva sereno al mio fianco, con un braccio piegato sotto il cuscino e le ciocche carminio dei suoi capelli sparse sulla fronte.

Dapprima mi meravigliavo di trovarlo lì, poi il ricordo delle ore che avevano preceduto quel momento tornava piano, ed io mi addormentavo di nuovo, più tranquillo.

È lì che ho iniziato ad avere paura.

Perché ho capito che la mia solitudine mi spaventava. E non ci riuscivo, ad accettarlo. Era così che avevo sempre vissuto, dannazione, chi era quello scimmione per arrivare e sconvolgere così il mio mondo?

 

girare un film senza fare le prove

un tempo solo non fermi ma dove

 

Ma era solo che non avevo avuto il tempo per prepararmi a tanti cambiamenti tutti insieme.

Nessuno mi aveva avvertito, nessuno mi aveva spiegato quanto devastante sarebbe stato.

E poi le cose si sono complicate improvvisamente, non lasciandomi neanche respirare, e tutto mi turbinava intorno e mi confondeva, finché senza preavviso è tutto crollato senza che avessi neanche potuto accorgermi che c’era.

Solo il dolore profondo che mi è esploso dentro mi ha reso cosciente di quanto stavo provando.

Mi ero innamorato.

Ero stato tradito.

Mi ero vendicato.

Era finita.

E io ancora non riuscivo a capire se e quando fosse mai iniziata.

 

tutte le volte che parlavi

con le cose che inventavi

 

E tutti quei discorsi che faceva, per convincermi che era giusto e normale quello che mi stava facendo, le scuse per potermi mettere le mani addosso, il mio corpo che a tradimento ha smesso di ribellarsi a lui trasmettendomi scariche di piacere allo stato puro.

I suoi occhi dorati che sembravano volersi imprimere la mia immagine per non volerla dimenticare.

Mi ubriacava di parole, ma a un certo punto non sono più bastate.

 

tu quell'idea a cui ho sempre creduto

ti costruivo sotto un cielo nuovo velluto

e ti ho perduto

 

Ma io avevo capito, solo che volevo disperatamente credergli. Mi stava dando qualcosa che non avevo mai avuto o voluto: una ragione per pensare al futuro.

Un motivo per esistere.

Una consapevolezza diversa, nuova.

In definitiva stava facendo nascere un altro me.

E mi piaceva.

Era un ragazzo capace di sorridere ed arrabbiarsi, di gridare o sussurrare, di dire ciò che pensava e accettare le conseguenze. Un ragazzo vivo. Non solo su un campo di basket.

Ma l’ho perso, quando ho perso Hanamichi, perché io da solo non riesco a tenerlo in piedi.

 

e mani nelle mani

e sere nelle sere

trovarsi ad annegare

senza neanche bere

dimenticato da te

 

Ora sono seduto su questo muretto, e mi guardo le mani. Non mi ero mai reso conto di quanto le mie dita fossero pallide e lunghe.

Di quanto la mia pelle fosse pallida.

Di quanto per contrasto mi piacesse sentire sul viso le sue dita, forti e delicate allo stesso tempo.

Ma alla fine sono stato fortunato ad aver potuto assaporare almeno un po’ di questa felicità.

Ne abbiamo avuti, di momenti da ricordare, anche se li ho vissuti tutti annaspando in apnea, e voglio recuperarli tutti. Piano, senza fretta. Tanto non so perché, ma il mio cuore capricciose sembra aver deciso di non lasciarmi muovere da qui.

Nonostante ora, nella casa a pochi metri da me, lui non sia solo.

E mi stia dimenticando con l’aiuto di altre braccia.

 

POV Hana

 

Conosco bene la mia stanza, conosco bene la mia casa, eppure ora che c’è Akira mi sembra di muovermi in un mondo alieno.

Mi siedo sul mio letto prendendomi la testa tra le mani.

Akira si inginocchia davanti a me, mi mette le mani sulle ginocchia.

“Hana” supplica “dimmi cosa c’è!”

“Aiutami…” balbetto “aiutami a cercare quello che non c’è più…aiutami ad accettare che nonostante tutto…” si stacca da me, ha capito dove voglio arrivare “…io non ho smesso di amarlo…”

Lo sento lasciarsi cadere nella poltrona.

Mi dispiace Akira, ma è così.

Mi manca.

Mi manca il suo modo di appropriarsi della coperta mentre dorme, costringendomi a strappargliela centimetro per centimetro per non morire di freddo.

Mi manca la foto che avevo scelto per la sua libreria.

Sai, il primo giorno che ho passato da solo a casa sua dopo che era partito ho avuto modo di guardarmi intorno. Non c’erano foto. Nemmeno una. La casa era vuota, anonima, fredda. Nessuna foto di nessuno, poster, soprammobili, fiori. Niente. Ho provato una stretta al cuore nel rendermi conto di quanto Kaede fosse solo.

Così ho cercato gli annuari, gli album, le cornici e ho scoperto che di foto in casa ce n’erano, e tante anche, ma era come se nessuno si fosse mai preso la briga di metterle in ordine o sceglierle. L’ho fatto io, disseminandone la casa.

Ed ora mi manca quella che decorava la libreria davanti all’ingresso, quella dove c’eravamo noi due che ci davamo il cinque.

Mi manca il fatto che bastasse il suo pensiero a farmi ridere o piangere, un suo sguardo decideva come la giornata sarebbe stata per me, anche se non gliel’ho mai detto rifiutandomi di ammetterlo.

Mi manca il modo in cui il suo corpo si apriva per me quando facevamo l’amore, e il suo ritorno dopo l’allenamento al campetto.

Insomma, mi manca da impazzire quella volpe antipatica e musona.

Non so quanto ti ho detto e quanto invece ho solo pensato, ma sul tuo volto è calata un’ombra scura.

Forse ti senti preso in giro, forse ti ho ferito, ma in ogni caso non mi sorridi più.

“Cerca di capire Akira” sussurro alzandomi e venendo verso di te “non posso darti il mio cuore, ma neppure il mio corpo…ormai non appartengono più a me…”

Tu sussulti e poi ti alzi a tua volta.

“Lo sapevo” rispondi semplicemente, con lo sguardo lucido.

“D’altra parte non ho mai pensato che sarebbe stato facile” aggiungi secco.

Ti guardo sorpreso.

“Io non mi arrendo, Hanamichi, non mi arrendo!” mi gridi in faccia prima di scappare via di corsa.

Resto fermo contro lo stipite della porta della mia camera.

 

dimenticato spesso

senza più traccia di me

dai tuoi giorni sfrattato

io confuso cambiato

ferito spezzato

 

Torno dentro, fermandomi davanti allo specchio che si trova all’interno dell’anta del mio armadio.

Mi guardo.

Dove è finito il teppista, lo spaccone, il duro & puro?

Perché nel ragazzo che mi fissa al di là del vetro vedo solo un cuore ferito e degli occhi tristi?

Cado in ginocchio di fronte a me stesso.

Non posso più nascondermi.

L’Hanamichi che ero prima non c’è più.

E non è fingendo di non essere cambiato che lo riporterò qui.

Sono una persona diversa ora, una persona che ha bisogno di Rukawa per essere felice e sorridere.

Ma d’altronde lui mi ha scacciato, non ha bisogno di me, non più. Forse non ne ha avuto bisogno mai.

Ed ero io quello debole, fra noi due.

Kami, non mi ero mai reso conto di quanto fosse fragile la maschera che portavo.

Mi guardo di nuovo, abbozzo uno dei miei sorrisi.

Ma è così evidentemente falso che non ne reggo la vista, e così sferro un pugno contro lo specchio, che si infrange all’impatto.

Il vedere il sangue scorrere in patetici rivoletti giù dalle mie nocche contuse mi spaventa e corro in bagno, ad infilare la mano sotto l’acqua corrente.

Appena il sangue rallenta la sua corsa tampono le ferite con un po’ di carta igienica, e poi con l’altra mano mi bagno il collo e le tempie. Respiro profondamente. Mi sembra di recuperare un po’ il controllo.

 

uscire da una storia come da una stanza

con la mia foto in fondo ad un cassetto

io carta straccia di un giornale già letto

 

Magari col tempo riuscirò a considerare la nostra breve parentesi insieme conclusa con la mia uscita da casa sua.

Magari col tempo riuscirò a buttare via la foto sua che ho nascosto sotto i maglioni di lana.

Magari quando se ne andrà in America riuscirò ad impedirmi di comprare tutte le riviste dove ci sarà anche solo un trafiletto su di lui.

Magari.

Ma chi l’ha detto?

Forse se gli parlo e gli dico la verità, lo costringo ad ascoltarmi e a capire che sono sincero…

Finisco in fretta di bendare la mano e poi mi cambio.

Vado a cercarlo.

Non so dove sia, non so dove andare, ma lo devo trovare e dirgli che lo amo da morire.

Non è finita finché non è finita, non diceva così un famoso detto popolare?

Allora io non mi arrendo.

Raggiungo la porta, ma ho come un mancamento e crollo a terra.

Credo di aver perso troppo sangue.

Questo è l’ultimo pensiero coerente prima che tutto diventi nero.

 

POV Ru

 

Quanto tempo sarà passato da quando sono entrati in casa?

Non so.

Io non so da quanto sono qui seduto.

Dopo pochi minuti sono corso via, e sono venuto a guardare il mare.

Un passo mi avvicina pericolosamente allo strapiombo.

Dopotutto che cosa vivo a fare?

Prima credevo che con il basket non avrei avuto bisogno di altro.

Ma ora ho capito che avrei vissuto una vita a metà. E così non ne vale la pena.

 

liberarti ancora

e barattarmi in tutto

 

Un altro passo.

Sono al limite.

Però poi retrocedo di scatto.

Non ti darò anche la soddisfazione di liberarti di me, do’hao, non ti permetterò di scrollarti il senso di colpa per avermi devastato l’anima dalle spalle con la mia scomparsa. Non ti renderò facile andare avanti.

Anzi, te lo complicherò quanto più mi sarà possibile.

Anche se sarà difficile, mi dico con un sorriso sarcastico.

Tu mi hai già rimpiazzato.

Cancellato dalla tua mente e dal tuo cuore, con un colpo di spugna. Mi hai dimenticato senza sforzo.

Nei tuoi occhi, l’ultima volta che li ho visti, c’era un qualcosa di indecifrabile ed ero anche preoccupato, lo ammetto. Ma ho sbagliato. Eri solo nervoso per l’appuntamento, certo, avrei dovuto immaginarlo!

Ti ho deluso, Hana?

Lo so, non sono quello che speravi!

Non sono un bambolotto vuoto con cui poter fare ciò che vuoi!

Anche io ho dei sentimenti, e sono molto più complessi di quelli degli altri.

Forse sono sbagliato, forse sono inutile, ma sono comunque un essere vivente e non mi meritavo di essere trattato così.

“…Rukawa?”

 

POV Hana

 

Mi riprendo a fatica.

Kami, non mi reggo in piedi.

Temo sia perché non ho mangiato molto, ultimamente.

Comunque mi alzo, mi ravvio i capelli ed esco lo stesso, dopo aver afferrato il primo giubbotto che mi capita sotto le mani.

È troppo importante.

Mi manca troppo Rukawa, mi manca ciò che mi ha dato e ciò che mi darà quando finalmente riusciremo ad amarci come è giusto.

Sono già pronto psicologicamente all’estenuante ricerca che mi si prospetta, ma non a ritrovarmelo davanti.

Ho percorso poche centinai a di metri, e lui è qui.

Sta parlando con…Haruko?!

Ma come!!

E le tiene amichevolmente una mano sulla spalla!

Il sangue mi ribolle nelle vene. Quel…quel…

Mi sta rimpiazzando!

Mi ha già dimenticato!

Io lo sapevo…è tardi…

Beh, cerchiamo almeno di uscirne con un po’ di stile.

“Rukawa” ringhio quando arrivo a pochi centimetri da lui.

Volta il capo infastidito.

“Che vuoi, do’hao?” mi domanda, e per la prima volta quel nomignolo risuona davvero offensivo.

“Devo parlarti” rispondo.

“Da solo” aggiungo.

“ADESSO” concludo.

“Qualunque cosa sia può aspettare” risponde, asciutto.

“Stavo per invitare Haruko-chan a cenare a casa mia” aggiunge scoccandole un’occhiata molto eloquente.

Ma come mi aspettavo, lei si ritrae, sorpresa dall’atteggiamento del volpino.

“Veramente, Rukawa-san, avrei già un impegno” risponde arrossendo “magari un’altra volta!” aggiunge andandosene.

Lo guardo alzando un sopracciglio con aria divertita.

“Allora, vieni con me o ti devo pregare?”

Mi fulmina con lo sguardo, ma mi segue fino a un vicolo lì vicino.

Si appoggia alla parete e poi incrocia le braccia.

“Avanti, sentiamo” dice con voce atona.

Sono teso da morire, devo calmarmi.

Metto le mani in tasca e tocco un pacchetto rettangolare.

Lo tiro fuori: che fortuna, sono le sigarette che fumavo quando ero un teppista di quelli terribili…a quanto pare erano rimaste in questo giubbotto.

Cerco nell’altra tasca l’accendino e ne accendo una.

Aspirando la prima boccata torno padrone di me stesso.

 

*tsuzuku*

 

al prossimo capitolo!

Commentate!

Marty