TITOLO: Le Syriane

AUTORE: Marty.

SERIE: Slam Dunk

PARTE: 3/?

PERSONAGGI: Kaede Rukawa - Hanamichi Sakuragi

RATING: Songfic, angst, NC-17 in alcuni capitoli.

DEDICHE unt RINGRAZIAMENTI: alla mitica Niane, che mi presta il locale “Iguana club” (*ç*) come ambientazione per uno dei capitoli!

Senza di lei questa fic non avrebbe potuto esistere!^^

(uhm…ora so chi devo uccidere…ndHana)

altro immenso grazie alla dolce Najka,che mi ha dato lo stimolo giusto per diventare una fic writer…

(altro cadavere che cammina…hn…ndRu)

ovviamente non dimentico Yukari, la tenera fanciulla che mi ha fatto appassionare alle fic commedia e che scrive le uniche fic SD etero che leggerò mai…

Grazie!

E un bacio speciale ad Ise, Lal, sys Lucy e sys Silene tutte mie coautrici…

A Saya che mi ha ispirato LA MOTO…*ç*,

Alla sua ex moglie con cui condivido la grande passione per Feel 100%…

A Seimei e al suo pestifero fratello…

A Raphael, per il cui ciomply mi sono sbizzarrita…

A Soffio d’argento, dolcissima fanciulla…

A Yvae, per il suo sostegno e affetto, nonché per le immy che ispirano sempre…*__*

Ad Eny,Auramasda,  elfuccia, Micky N, Elyxyz, Eternity, Reichan, Miky, Masha, Melly, Antares, Hymeko… insomma, a tutte coloro che mi hanno sostenuto e commentato i miei lavori, dandomi la forza di andare avanti anche se a volte il sonno prendeva il sopravvento…

Ovviamente grazie di cuore anche a tutte coloro che mi hanno inconsapevolmente ispirato!

(Hana, hai ancora il numero della banda di Tetsuo? Qua ci vuole una spedizione punitiva…ndRu)

A Leyla Mayfair per le sue stupende tales che non vedo l’ora di leggere tutto d’un fiato fino alla fine…

E non so più…

Ah, certo, alla mia kitsunina dolce che mi è sempre accanto e non si stufa di me! Grazie di volermi bene!^^

Se ho dimenticato qualcuno, chiedo venia, siete tutte (più Raphy) nel mio cuore!

Se scrivo è anche per voi!

Vi voglio bene, spero che vi piaccia la mia prima fic in serie!

DISCLAIMERS: I personaggi sono di Takehiko Inoue, io sono sempre la poveraccia senza un soldo bucato che ero quando ho acceso il pc, anzi, ci ho pure sacrificato qualche ora di sonno…

NOTE 01: RuHanaRu forever! Ma adoro anche Mituccio, Hisashi (che è di Yukari ^^)…e chi più ne ha più ne metta!

La storia prende spunto da una serie di canzoni della cantante Syria, la storia verrà accompagnata, sottolineata ed inframmezzata con le sue parole.

Spero vi diano quanto hanno dato a me.

Per qualsiasi commento ( accio ) la mia mail è marty_rurulove@yahoo.it !

NOTE 02: tra gli asterischi i flash back, in corsivo il testo delle canzoni/poesie, i cambi di POV sono segnalati...tutto come sempre insomma! Ah, dato che in ML non si vede il corsivo (non ho mai avuto questo problema fino ad oggi, non utilizzando i testi ç_ç) mi limiterò a piazzare le strofe solitarie in mezzo a righe vuote…dovreste capire quali sono ^^

ARCHIVIO: se Ria o Erika o Benni (o chi per loro) la vogliono...la

pubblichino pure! Mi faranno solo felice!

Spero vi piaccia!

 

Un baci8 a tutti!

Marty

 

UN PASSO INDIETRO: in questo spazio, metterò il riassunto del capitolo precedente e le mie annotazioni.

 Allora...

Per riprendermi dallo sforzo psicofisico della mia prima lemon, per di più angst, un capitolo transitorio.

Sarete curiosi di sapere chi è Hiroshi, no?

Perché Kaede in Hanamichi cerca di ritrovarlo?

Cosa c’è stato tra i due?

E soprattutto, c’è qualche possibilità di aggiustare il loro rapporto?

E chi era il misterioso personaggio che ha spiato i nostri eroi nella palestra?

I loro sentimenti cambieranno?

Spero di sì, già sono stufa di scrivere cose prive di romanticismo, non fa per me -.- …

 

 

Le Syriane

-capitolo terzo-

 

- Station Wagon -

 

Sono stanco di questi giorni
e di quei rumori che il tempo ci da

 

Quest’attesa è snervante.

Vivere è snervante.

Sono stufo di ascoltarti sparare cazzate a tutto spiano, solo perché non hai il coraggio di affrontare il silenzio.

Forse hai paura di pensare?

Ogni volta che per qualche motivo resti solo con me inizi a strepitare, o ti allontani.

Oppure dici quella maledetta frase.

Sempre la stessa.

Odiosa.

Rabbrividente.

Gelida frase.

E non voglio più sentirla.

Mi spaventa.

E mi spaventa ogni volta di più perché sto iniziando ad aspettarla.

A desiderare che tu la pronunci.

E questo è sbagliato!

 

cercherò negli occhi finché troverò
nuovi sapor, aromi, essenze
di gente nuova, nuove conoscenze

Non accetto il dominio che hai rivendicato su di me.

Non accetto quel corpo che mi tradisce ogni volta piegandosi, aprendosi a te come un fiore alla pioggia estiva.

Non accetto quell’odore pungente che mi penetra nel cervello quando mi marchi durante l’allenamento.

Non accetto il bagliore dei tuoi occhi quando non riesco a smettere di guardarti.

Non accetto il colore dei miei occhi quando ti osservano dormire.

Non accetto il battito di quel muscolo al centro del petto che credevo di non avere, che accelera quando la tua voce si fa bassa e suadente.

Non accetto la tensione di tutti gli altri muscoli quando ti avvicini.

Non accetto questi sogni che mi tengono sveglio.

Non ti accetto, Hanamichi.

Non voglio accettarti.

Non ti voglio nella mia vita, né te né nessun altro.

Non ci ho voluto neanche Hiroshi, che era l’unico che avrebbe potuto accampare una simile pretesa.

Dividere qualcosa.

Non è da me, io sono una persona con uno spiccato senso della proprietà: ciò che è mio, è mio. Ciò che è tuo, è tuo.

O tutto o niente.

Ho sempre vissuto così, e nessuno mi ha mai chiesto di comportarmi diversamente.

Ed è questo che mi manda più in bestia.

Che non me l’hai chiesto.

Forse neanche vuoi dividere qualcosa con me.

Ormai ho capito che la dichiarazione d’amore che mi hai fatto quella notte era dettata solo dalla pena.

Tu volevi solo il mio corpo, e te lo sei preso. E preso. E preso.

Non ti importa di quello che sento in quei momenti, non ti importa se rimango accanto a te quando finiamo.

Per questo mi alzo e vado via.

Non sopporterei che, uscendo dalla doccia e trovandomi ad aspettarti, mi dicessi qualcosa tipo “che diavolo ci fai ancora qui?”

Quel poco di dignità che mi resta fa sì che riesca a tenerti fuori dalla mia vita.

Mi scopi.

Ok.

Mi faccio scopare.

Benissimo.

Ma finisce lì.

Non voglio sapere cosa fai quando non sei con me, chi vedi, chi ti ascolta, chi ti parla.

Non mi interessa chi conoscerai, se qualche ragazza farà l’oca con te e tu magari le darai corda.

Ormai sono il tuo ragazzo solo quando mi fai quella domanda.

La tua vita segue un binario diverso dalla mia, e questo lo sapevo già.

Quello che non sapevo è quanto questo potesse ferirmi.

Sì, perché sto iniziando a voler entrar a far parte della tua stupida vita, maledetto idiota!

Per quanto io odi stare in mezzo alla gente, vorrei camminare accanto a te sul marciapiede.

Ma più tempo passa e più il distacco tra noi cresce.

Più tempo passa e più sarà difficile dirti che vorrei essere davvero il tuo ragazzo.

Mi siedo e mi massaggio le tempie.

Il mio mal di testa non fa che peggiorare.

So perché.

Non capisco cosa sto facendo, cosa mi sta succedendo.

E così mi guardo indietro una volta di troppo.

 

aprirò le porte del futuro
e andrò

Già, per creare un “domani” devo prima chiudere lo “ieri”.

Anche se nel mio domani tu non ci fossi, Hanamichi, per poterlo vivere devo risolvere quello che ho lasciato in sospeso.

Questo mi atterrisce, e forse non sono ancora pronto.

Ma ho deciso cosa fare.

Andrò da Hiroshi.

Se davvero sto con te solo per non sentire il vuoto che mi ha lasciato lui, forse il rivederlo e chiarire finalmente quello che è successo mi darà la forza per dirti addio.

O benvenuto.

Non lo so.

Ma è l’unica possibilità che mi resta per non impazzire.

Ogni volta sei più irruento, come se volessi punirmi per qualcosa.

E io non capisco, e sono stanco.

I dubbi mi dilaniano a sangue.

Proprio ora che le mie ferite si stavano rimarginando…

Per questo lo faccio.

Me ne vado.

Ora devo solo dirtelo.

 

********************

 

Ti ho chiamato perché venissi a casa mia.

Non l’avevo mai fatto prima, e giurerei che nel tuo tono sorpreso ci fosse una punta di gioia.

Ma credo siano tutte fantasie della mia mente che non vuole arrendersi all’evidenza.

“Me ne vado” ti dico, secco.

 

tu sei lì che guardi e mi chiedi “dove vai?
in fondo l'hai detto altre volte, ma non l'hai fatto mai…”

 

Non te l’aspettavi, e ora mi fissi con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta.

“Mi stai lasciando, kitsune?”

La tua voce è fredda ed atona.

Sembra la mia.

Oh, ho fatto proprio un buon lavoro.

Stai diventando un mio clone.

Ci manca solo che inizi a rispondermi a monosillabi e siamo a posto.

Mi sale l’amaro in bocca.

È da un po’ che non sorridi più.

Ma non dipende certo da me, a te non importa nulla di quello che faccio, e ti piace la tua indipendenza.

La tua è solo smania di possesso.

Non puoi pensare che io me ne vada con qualcun altro.

Sono TUO.

Un altro degli oggettini della tua vetrinetta, da mettere in mostra per farsi invidiare dagli amici.

Ma io non ti sto lasciando, Hanamichi.

Ficcatelo bene in testa.

E non ti sto lasciando perché non stiamo insieme.

Non lo siamo mai stati, e lo sai.

Per questo mi ripeti quella domanda.

Non solo per cercare il mio assenso a quello che vuoi fare, ma perché vuoi sentirmelo dire.

Io però non ti ho mai risposto.

Perché sarebbe una menzogna.

Comunque, certo non te lo dirò adesso.

Dopotutto, io non ho mai avuto un ragazzo, e quindi non so neppure bene cosa questo voglia dire, perciò lascerò tutto come sta.

Al mio ritorno se ne riparlerà.

 

voglio salire sul mondo e non dire mai più mai:
stavolta non mi fermerò.
stavolta non mi fermerai.

 

Ogni volta che mi sembra di avere lo spirito risoluto a questa decisione, mi tarpi le ali costringendomi a terra, e le poche volte che non lo fai sono io stesso a riempirmi la testa di dubbi.

Per questo non sono ancora riuscito a partire.

Ma stavolta non cercherai neanche di fermarmi, me lo sento.

Non ti ho detto che vado a cercare Hiroshi, non ti ho detto che andrò fino in capo al mondo se necessario pur di vederlo, non ti ho detto neppure chi è Hiroshi, a pensarci bene tu non sai neanche chi sia…

Per troppo tempo ho pensato che non l’avrei mai trovato, che non sarebbe mai finita, che non mi sarei mai più trovato in una situazione simile…

È il momento di crescere.

“Resta qui, do’hao, a tenere d’occhio la casa e i gatti mentre sono via.

Occupati del giardino e di mettere in ordine il caos che lasci ogni volta che ti fermi.

Tanto a casa tua non c’è nessuno, e da qui ci metterai cinque minuti ad arrivare a scuola, ne guadagnerai in ore di sonno.

E poi mi risparmio i soldi dell’ospizio per animali”.

Tu ovviamente accetti, anche se sento qualcosa che non va.

Ma non ho tempo ora di preoccuparmene.

Sono già troppo in ritardo.

Così imbocco la porta salutandoti con un cenno della testa e mi dirigo alla stazione.

 

********************

 

partirò con l'estate, con un vagone
e una station wagon di belle giornate

Il paesaggio che sfila sotto i miei occhi oltre il finestrino mi concilia il sonno.

Sembra una giornata pitturata.

Il sole splende, il cielo è limpido e l’aria è tersa e frizzante.

Siamo agli inizi dell’estate, eppure rabbrividisco lo stesso.

Ma non è il freddo.

È quel rettangolo bianco che ho in tasca.

Non so cosa dice, non ho ancora avuto il coraggio di guardarla.

Come uno strano scherzo del destino, mentre uscivo dal cancello ho incrociato il postino che mi ha porto la busta dicendo che trattandosi di una raccomandata se non l’avessi presa subito avrei dovuto poi passare all’ufficio postale.

E neanche a farlo apposta la lettera viene da lui.

Hiroshi.

 

Partirò, ne ho già sete;
forse ti scriverò e mi raggiungerai…

 

Non so come mai sia arrivata solo ora, porta la data dell’ultima che gli mandai (parliamo di tre-quattro mesi fa) in cui gli comunicavo la mia decisione di cercarlo, pregandolo di farmi sapere dove rintracciarlo quando avessi deciso di raggiungerlo.

Sbuffo stizzito dalla mia stessa inettitudine.

Magari sto andando nella direzione opposta, solo perché non ho le palle di leggere due righe?!

Mi convinco.

Tiro fuori la busta e la guardo soppesandola per qualche istante.

Poi la straccio e ne estraggo due fogli scritti fitti fitti.

Mi immergo nella lettura.

 

********************

 

Quando arrivo in fondo chiudo gli occhi e mi appoggio allo schienale del sedile, respirando velocemente.

Devo calmarmi, o non arriverò vivo.

Per distrarmi tiro giù il mio zaino dallo scomparto superiore e ne estraggo il mio fedele walkman.

 

quattro cose mi basteranno
lascio le cose inutili

Passo in rassegna il suo contenuto: prevedendo una lunga ricerca mi sono caricato il meno possibile, mi conosco, so che ho bisogno solo dello stretto indispensabile: qualcosa da mangiare, un paio di cambi e biancheria per qualche giorno.

Sono abbastanza spartano, devo ammetterlo.

In più dormo dovunque e in qualsiasi condizione, il che è un vantaggio non indifferente se si deve viaggiare molto.

Preso dalle elucubrazioni non mi sono neppure accorto che siamo arrivati alla mia stazione.

Faccio appena in tempo a saltare giù dal predellino che la porta mi si chiude alle spalle con un rumore secco e il treno riparte fischiando.

Sbatto le palpebre un paio di volte, per riabituarmi alla luce che mi ferisce gli occhi dopo tante ore di semioscurità.

Mi incammino verso il grande viale alberato che costeggia il fiume.

Conosco queste zone.

Ricordo che Hiroshi mi ci portò, per festeggiare il mio ingresso nella squadra di basket.

Non ricordo un solo momento felice della mia vita (non sono molti per la verità) in cui lui non fosse presente.

O forse sì: la vittoria contro lo Shoyo.

Il suo primo canestro da tre punti.

La festa per la dimissione dall’ospedale del coach Anzai.

A ben pensarci, nell’ultimo anno ci sono stati più momenti felici di quanto ricordassi.

E se non fosse un’immensa sciocchezza, direi che il merito è suo.

Ma appunto è una sciocchezza e non la dico.

Tanto più che sono arrivato.

Abita qui.

Mi sfugge un piccolo sorriso.

La casa che avevamo sempre sognato, quella in cui avevamo progettato di vivere insieme appena avessi iniziato l’università e avessi avuto i soldi per dividere le spese.

Ce l’ha fatta.

Ma sinceramente non ne dubitavo.

Mi avvicino alla porta di legno massiccio e allungo una mano per bussare, ma poi la ritiro e faccio un passo indietro.

Perché toccare fili scoperti che ci fanno ancora soffrire?

Perché ricordare a me che mi ha lasciato solo e a lui quello che ha dovuto affrontare?

Perché vedere la sua nuova vita di cui io non farò mai parte e far vedere a lui l’uomo che sono diventato senza averlo al mio fianco?

Chino il capo e mi volto, per andarmene silenzioso come sono arrivato.

“Ciao, Kaede. Ti stavo aspettando”.

Mi fermo mentre sento un fastidioso pizzicore agli occhi.

“Ciao, Hiroshi”.

La sua mano si posa sulla mia spalla.

Lentamente sollevo la testa per guardare il suo viso, che popola sempre i miei sogni.

 

cercherò negli occhi finché troverò

 

Non è cambiato affatto.

Il profilo affilato, le labbra chiare e sottili che si schiudono in sorrisi che toccano il cuore, lo sguardo da gatto, i lunghi capelli neri che gli scendono in volute crepitanti sulle spalle, il petto ampio, le gambe lunghe e tornite.

È solo diventato ancora più alto dall’ultima volta.

Mi supera di una buona testa.

La sua mano mi accarezza la guancia e poi, senza preavviso, mi attira a sé e mi stringe al suo petto.

Profumo di pino selvatico.

Sempre lo stesso, lo stesso che ancora riesco a sentire nel suo maglione che ha lasciato a casa mia.

D’istinto gli cingo la vita con le braccia mentre le sue dita delicate, da pianista, s’intrecciano con i miei capelli.

Le sue labbra vi posano un bacio leggero.

Io mi divincolo e lo guardo irritato.

“Non sono più un bambino” gli sibilo.

Il suo sguardo si addolcisce ulteriormente, facendosi lucido.

“Lo so” mi risponde. Fa un passo a ritroso verso casa.

Poi mi sorride, facendomi un cenno.

Mi affianco a lui ed entriamo.

Sento che ho fatto bene a venire qui.

 

********************

 

e tu chissà che pensi, mentre chiedi “dove sei?”
ho solo un gettone per dirti quanto ti vorrei

 

“Do’hao, mi senti?

Do’hao!”

“ao…Ede…nto…ene…usa…”

Merda!

I telefoni in questo cazzo di paese fanno davvero schifo!

Speriamo che almeno lui capisca quello che voglio dirgli!

“Do’hao, io mi fermo solo stanotte, capito?

Domani all’ora di pranzo torno a casa!

Hai capito?

Hana!

Ci vediamo domani!”

“ito…osa…to?

… ndo…ni?”

“Domani mattina prendo il treno, dovrei essere lì per le tre!”

“nto?…ede?…inea…dist…ata…a…io…ani…ene?…io…TU TU TU TU….”

A posto, è anche caduta la linea!

Vabbè, pazienza, tanto non credo che cambi molto se lo sa o meno.

Quella è casa mia e, a rigor di logica, ci torno quando mi pare!

Tanto ho le altre chiavi, quindi anche se non è a casa non avrò problemi a rientrare.

Sbuffo e rimetto a posto la cornetta prima di tornare in salotto, dove Hiroshi mi aspetta seduto sul divano.

Sul tavolino ha disposto quattro tazze da tè e un paio di vassoi con biscotti assortiti.

Mi siedo di fronte, sulla poltrona, ma lui con una risatina mi afferra per un braccio e mi fa sedere al suo fianco.

“Sei sempre così freddo e asociale, Kae!

Fai una tenerezza infinita!”

“Mpf” rispondo acido.

Poi noto il numero delle tazze.

“Kazuhiro…?” domando, indicandole.

Lui annuisce, con un sorriso mesto.

“Così sta ancora con te…” la mia è un’affermazione, non una domanda.

Ma me lo aspettavo. Hiroshi non è tipo che cambia idea facilmente.

“Ho perso te per stare con lui, non pensare che sia stata un capriccio del momento.

Il nostro è amore vero.

Anche se a volte l’ho odiato perché mi teneva lontano da te…”

Tocca a me stavolta riprenderlo.

“Sei uno sciocco!

Non è stata colpa di nessuno!

Semplicemente è successo.

È inutile che roviniate la felicità che vi siete guadagnati con tanta fatica per stupide diatribe sterili!

Io non ce l’ho mai avuta con te” faccio una pausa “neanche per un solo momento, e tantomeno con Kazuhiro che è ancora meno responsabile.

Ci si è trovato invischiato”.

“Sai, all’inizio spesso ho pensato che forse sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai incontrati.”

Lo schiaffo mi parte istintivo.

Mi alzo a pugni stretti.

“Non posso credere che tu, proprio tu, la persona che più di tutte mi ha insegnato a difendere le mie posizioni, anche con l’esempio della propria esperienza personale, pensi una simile stronzata!

Spero che questo lui non lo sappia!

Ti rendi conto di quanto lo ferirebbe una cosa simile?!

Non pensi a quanto si sentirebbe perso se pensasse anche solo per un momento di essere stato un peso, un disturbo per te?

Se capisse che per te il vostro amore è stato solo sofferenza?

Non hai pensato a quanto male gli faresti con queste parole?”

Lo sguardo di Hiroshi è incredulo.

Sembra che non si capaciti di avere davanti proprio me.

“Cosa ti è successo, Kaede?

Chi ti ha cambiato così?”

“Di che parli?

Io non sono cambiato!

Sono sempre lo stesso!”

Ma lui scuote la testa.

“Il Kaede che ho lasciato io” mi dice lentamente “non ha fatto una piega quando i suoi genitori gli hanno proibito di rivedermi.

Il Kaede che io ricordo non ha mai lasciato trasparire un’emozione dal suo sguardo, non ha mai alzato la voce né detto una parola non ponderata.

Il Kaede” sorride “che ho sempre amato e continuo ad amare, ha sempre avuto paura di restare solo e non si è mai affidato a nessuno.

Anche se il suo cuore ha sempre cercato qualcuno che lo stringesse tra le braccia…”

Arrossisco lievemente.

“Ehi!

Ma che hanno fatto al mio ghiacciolo preferito?

Confessa, Hirochan, lo hai fatto bere!

Altrimenti non si spiega come mai sia apparso un po’ di rosso sul simpatico color terra di camposanto che si ritrova in faccia!”

Nel giro di pochi secondi mi ritrovo stritolato in un abbraccio mozzafiato che profuma di agrumi.

“Kazu, lascialo o me lo soffocherai!” lo sgrida bonariamente Hiroshi.

Finalmente Kazuhiro mi libera dalla sua presa e i miei polmoni ringraziano.

Sorrido.

Anche lui non è cambiato di una virgola.

Al vedermi annaspare porta una delle sue enormi mani da giocatore di rugby dietro il collo, imbarazzato.

Si scompiglia i corti capelli color miele mentre mi guarda di sottecchi con i grandi occhi nocciola sempre in movimento.

Ha le spalle larghe e le braccia muscolose, tutto in lui ispira sicurezza.

Nessuno avrebbe mai scommesso su un loro rapporto: il pianista secchione e il capitano della squadra di rugby!

Coppia più improbabile era difficile da immaginare.

Forse solo io ed il do’hao possiamo paragonarci al loro livello…

Ehi!

Ferma tutto!

Io E il do’hao?

Sto pensando a noi come una coppia?!

Sapevo che l’aria familiare di questa casa avrebbe peggiorato le mie condizioni peraltro già precarie…

Mi rendo conto che manca qualcuno.

“Dov’è Olga?” domando.

Non ricevendo risposta, mi volto verso il divano.

Kazuhiro è seduto accanto a Hiroshi e le loro fronti si toccano, mentre con le dita delle mani intrecciate si scambiano paroline dolci.

Mi sale il sangue alla testa.

Odio essere ignorato!

“RUKAWA HIROSHI!” strillo.

Kazuhiro fa un salto per la sorpresa, e mi guarda stralunato.

Hiroshi scoppia a ridere, e ride, ride fino alle lacrime, appoggiandosi poi alla spalla del suo compagno.

“Hai…ahahahah…hai visto quant’è cambiato?…pff…hihihihi…”

Sembra che abbia deciso di prendersi gioco di me per un bel po’, quindi incrocio le braccia e mi siedo sul bracciolo della poltrona, aspettando la fine dell’attacco d’ilarità.

Finalmente si calma e, asciugandosi gli occhi mi risponde a singulti “Starà arrivando, Masha è andata a prenderla a scuola.

Sai che va in prima elementare, adesso?

Le maestre dicono che è la più brava della classe” dice orgoglioso.

“Siete stati molto coraggiosi, lo sai Hiro?” sussurro.

“Non tutti si sarebbero comportati come voi.

Avete avuto contro le vostre famiglie, i vostri amici, gli insegnanti…

Eppure anche se soli non vi siete arresi.

All’epoca ero solo un bambino, e papà e mamma mi hanno proibito ogni contatto con te.

Non sai quanto ho sofferto…

Ti sognavo la notte, ti cercavo di giorno, avevo bisogno di te.

Ma non c’eri.

E così mi sono chiuso sempre di più, ho rifiutato di legarmi ancora a qualcuno per paura di soffrire, ho ridotto all’osso i contatti con quella gente che ora mi sembrava tutta crudele e meschina per quello che vi aveva fatto.

Mi era rimasto solo il basket.

Ma ora…

Ora forse c’è qualcosa che per me è più importante.

E ho paura.

Sono venuto fin qui anche per questo.

Ho bisogno del vostro aiuto”.

Tiro il fiato.

Non credevo sarei riuscito a vuotare il sacco così facilmente.

Kazuhiro si alza e si avvicina al camino.

Ravviva la fiamma e poi spegne la luce elettrica.

Hiroshi intanto ha steso un plaid a quadri sul cotto del pavimento, davanti al calore, e con un cenno mi invita a sedermi accanto a loro.

Lo accontento, e quasi subito sento le sue braccia avvolgermi, mentre la calda voce di Kazuhiro inizia a raccontare.

“Io ero il personaggio più famoso della scuola.

Ero bello, bravo, sportivo, gentile e sempre allegro…”

“Un mix letale!” lo prende in giro Hiroshi, gelato sul posto da un mio sguardo che incita Kazu a continuare.

“Insomma, avevo naturalmente anche io il mio fan club personale, formato dalle ragazze più carine della scuola, con cui uscivo a rotazione e, capirai, non mi limitavo ai baci…in fondo ero un adolescente in pieno sviluppo ormonale!

Un giorno in cui pioveva a dirotto avevo deciso di bigiare le lezioni per incontrarmi con una di loro ma questa, forse per il tempaccio o forse per altri problemi, non si presentò.

Io non sapevo cosa fare, non potevo restare ad inzupparmi ma d’altro canto non potevo neppure entrare a scuola, col rischio che qualche insegnante mi beccasse!

Poi ho avuto l’illuminazione: la scuola aveva un’ala inutilizzata in cui non andava mai nessuno, avrei potuto rifugiarmi lì fino a che non fosse spiovuto!

Tutto gongolante per la grande idea, mi diressi verso quella parte dell’istituto ma, appena prima di entrare, ho sentito una strana musica provenire dall’interno.

Ora, lungi da me l’idea di credere a sciocche superstizioni, ma si diceva in giro che anni prima un ragazzo del club di musica si fosse suicidato per l’eccessiva pressione psicofisica a cui lo sottoponevano genitori ed insegnanti, e che tornasse a suonare il piano ogni volta che pioveva.

Per quanto non credessi a questa storia, reputai migliore agire con prudenza, e così sono entrato circospetto nell’edificio.

La musica diventava sempre più forte mano a mano che mi avvicinavo alla sala grande, fino a che, arrivato alla porta, non ho guardato dentro e ho visto…il mio fantasma:

un ragazzo a torso nudo con la pelle di porcellana su cui si rincorrevano goccioline di pioggia, lunghissimi capelli neri come l’ala di un corvo appiccicati a una schiena perfettamente modellata,i denti bianchi che mordicchiavano le labbra sottili mentre una mano suonava e l’altra annotava frettolosamente qualcosa su un foglio pentagrammato.

Devo aver trattenuto il respiro per qualche istante, ma poi l’ho rilasciato con troppa forza e così il ragazzo ha alzato il viso puntando su di me due occhi verdi che ricordavano quelli di un gatto, profondi ed indecifrabili.

“Chi sei?”gli ho chiesto, con la voce che tremava.

“Il fantasma” mi ha risposto serio, con lo sguardo che s’incupiva visibilmente.

Devo essere sbiancato, perché è scoppiato a ridere e mi ha fatto cenno di avvicinarmi.

“Non prendertela, dai, stavo solo scherzando!

Sai, la leggenda l’ho inventata io, per tenere la gente lontana da qui.

Non mi piace il chiasso né la compagnia.”

Allora io ho fatto per andarmene, ma le sue lunghe dita affusolate mi hanno fermato.

“Ma tu resta, ti prego” la sua voce era così dolce che per poco non mi è preso un colpo.

Così sono rimasto.

Quel giorno e anche tutti quelli seguenti.

Abbiamo iniziato a frequentarci sempre più assiduamente.

Io ero affascinato da lui, ma ero solo un ragazzino e quindi non volevo accettare quello che mi stava nascendo dentro.

E ho continuato ad uscire con le ragazze che me lo chiedevano, senza farmi scrupoli.

Questo finché non ho incontrato Sachiko.

Era molto carina, ma completamente vuota.

Quasi tutta la scuola le sbavava dietro, ma lei aveva scelto me, e la cosa mi riempiva d’orgoglio.

Allo stesso tempo, però, ce l’aveva con Hiroshi.

Diceva che mi stava troppo appiccicato.

Però a letto ci sapeva fare, oh sì” così dicendo Kazuhiro si becca una gomitata nelle costole e un’occhiataccia, fa una smorfia di dolore per poi replicare “scusa, ma secondo te Olga da dove è uscita?!”

Hiroshi sbuffa ma non dice niente, quindi Kazu riprende a raccontare.

“Insomma, una sera aveva insistito moltissimo perché uscissimo insieme.

Io non ne avevo voglia, perché avevo avuto la partita ed ero stanco morto, ma alla fine pur di non sentirla ho accettato, a patto che si facesse quello che dicevo io.

Per un po’ tutto bene, poi ho proposto di fare un giretto al parco e lei è impallidita, iniziando a balbettare che non era una buona idea e voleva tornare a casa.

Non me la raccontava giusta, così mi sono impuntato e ce l’ho trascinata di peso.

Ho subito sentito grida, risa sguaiate e tonfi soffocati.

Mi sono voltato verso di lei, che non mi guardava.

Ho avuto un sospetto terribile e mi sono messo a correre verso il centro del parco, quando mi ha gridato contro che se la avessi lasciata così lei lo avrebbe detto a tutti che io ero un fottuto omosessuale.

Non la sono stata neppure a sentire e mi sono trovato di fronte alla concentrazione di tutti i miei timori.

Il fratello maggiore di Sachiko, un teppista con una pessima fama, stava con tutta la sua banda (armata di spranghe e bastoni) intorno a qualcuno gettato a terra.

Mi si è fermato il cuore in petto quando ho visto la mano che stava schiacciando con la suola della scarpa.

Ho perso completamente il controllo.

Quando mi sono ripreso, nel parco non c’era più nessuno.

Solo Hiroshi svenuto fra le mie braccia.

Era ridotto male.

I sensi di colpa mi schiacciavano, io avevo capito cosa provava per me ma non avevo avuto il coraggio di dirgli che lo ricambiavo…

Non avevo saputo proteggerlo…

Ma mi sono ripromesso che non avrei più commesso un simile errore.

Non ci siamo mai vergognati di quello che ci legava.

Quando però Hiroshi ha parlato con i tuoi, loro l’hanno presa molto male e l’hanno cacciato di casa.

Così l’ho portato a casa mia e l’ho curato con tutto l’amore che ora non dovevo più nascondere.

I giorni sono passati ed anche i mesi.

Avevamo contro tutta la città, ci odiavano, ci indicavano a dito.

Avevamo anche lasciato l’università.

Poi all’improvviso una mattina suonano alla porta.

Siamo andati ad aprire e sul gradino davanti all’ingresso c’era un cestino di vimini con dentro una copertina cremisi.

E nella copertina…

C’era Olga.

Con un biglietto: “Non voglio il frutto malato di un deviato schifoso come te”

Io e Hiroshi eravamo senza parole: come si poteva dire una cosa simile di una creatura del cielo come quella bimba?

Non ti dico le reazioni della tua famiglia alla nostra decisione di tenerla e crescerla: hanno cercato di renderci la vita impossibile, e non volevamo che la piccina crescesse in un simile clima.

Così abbiamo deciso che quello non era più posto per noi, e prese armi e bagagli, abbiamo detto addio a tutto e tutti e siamo venuti qui.

Ora siamo felici come non avremmo mai sognato di essere. Non abbiamo bisogno di altro che non del nostro stare insieme.

Dico bene Hirokun?” conclude sfiorando dolcemente le labbra di mio fratello.

Hiroshi non risponde, si limita a rivolgergli uno sguardo pieno d’amore che non ha bisogno di parole.

Ed io finalmente ho tutto chiaro.

Voglio stare con lui.

Non era un surrogato di Hiroshi.

Era LUI che volevo.

È lui che deve starmi accanto.

Ripenso ai nostri allenamenti, a come mi mandi in bestia vedere che non si impegna, a quando mi imbambolo a guardarlo mentre si fa la doccia, alla furia che mi è montata in corpo quando gli scagnozzi di Mitsui l’hanno colpito, al mio sangue che ribolle quando vedo qualcuna che lo guarda.

Richiamo alla mente il suo sorriso.

Rivedo la sua rabbia quando Minami mi ha dato quella gomitata nell’occhio.

Mi rimbombano in testa tutti i “Do’hao” e “Baka kitsune” che ci siamo scambiati, e mi sembra che non esistano parole più dolci.

Il mio mal di testa è scomparso completamente.

 

voglio salire sul mondo e non dire mai più mai

È finito il tempo della paura e dell’indecisione.

Troverò il coraggio di vivere appieno quello che sento, senza preoccuparmi del “dopo”.

Non posso rischiare di perderlo.

Sorrido a mio fratello e al suo compagno, ormai persi l’uno nell’altro, e mi alzo da terra per andarmene a dormire.

Sta calando la notte, e voglio partire con il primo treno del mattino.

 

stavolta non mi fermerò
stavolta non mi fermerai

Non vedo l’ora di abbracciare forte la mia scimmiotta, e dirgli che lo amo più di qualunque altra cosa.

Gli chiederò scusa per la freddezza con cui l’ho escluso dalla mia vita, gli chiederò di provare a stare insieme davvero, come una vera coppia, gli griderò in faccia tutto quello che ho represso in questi mesi, non gli permetterò di interrompermi e non smetterò di parlare finché non mi stringerà forte tra le braccia dicendo che mi ama, mi ha sempre amato e non può stare senza di me.

 

partirò con l'estate, con un vagone
e una station wagon di belle giornate

 

La nostra estate inizia adesso.

Quel treno mi riporterà a casa cambiato, cresciuto, pronto a guardare avanti e a lasciare il buio alle mie spalle, per vivere ogni giorno come qualcosa di speciale, qualcosa che ci divideremo solo noi due e che sarà per noi il più bello dei ricordi.

 

partirò ne ho già sete

 

Ora posso ammetterlo: voglio fare l’amore con lui.

Non sesso.

Amore.

Appena entrerò dalla porta di casa gli salterò al collo e mi sazierò della sua bocca, mentre per la prima volta saranno le mie mani a cercare la sua pelle, i miei occhi a mostrargli quella scintilla maliziosa che tante volte ho visto nei suoi.

Dev’essere stato terribilmente frustrante per lui, durante tutto questo tempo, cozzare contro il mio muro d’indifferenza.

Aspettami, Hana: ho abbattuto quel muro, l’ho abbattuto solo per te.

Ora posso correrti incontro, finalmente non ho più paura.

 

 

 

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“Moshi moshi?”

“…hao…i…nti?…ao…”

“Ciao, Kaede, non ti sento molto bene, scusa ma dove sei?”

Merda!

Ma dove diavolo è andato?

Sui monti con Annette?

“…ao…rmo…olo…tte…ca…to?

Do…ni…nzo…tor…sa!

Ha…to?

…na!

Ci…ve…mo…ni!”

“Non ho capito, che cosa hai detto?

Ti fermi anche domani?”

“Dom…i ma…do…tr…ei…re…zo!”

“Pronto?Kaede? La linea è disturbata, ti chiamo io domani, va bene? Senti, io…TU TU TU TU….”

Vai a cagare, maledetto borgo montanaro!

Adesso chissà cosa voleva dirmi il volpino, non è da lui telefonare senza motivo!

Mah, chi lo capisce è bravo.

Diamo un’occhiata a cosa fanno in tv…

 

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DRIIIN

Yawn…

…Che ore sono?

…LE DIECI E MEZZA?

Ma chi è il folle che suona alle porte altrui a quest’ora?!

Arrivo!

Arrivo!

Sto arrivando!

Datevi pace, cazzo, un po’ di rispetto per il sonno del Tensai!

Eccomi, ma chi…

Oh!

E tu che ci fai qui?

 

* OWARI *

^^ ndMarty

 

-____- ndHana

 

Che c’è che non va stavolta?

Ru si accorge di amarti, tu pensi a lui…

Tutto si risolverà al più presto!^^

 

Sì, come se non ti conoscessi…

Questa fic è lunga 22 capitoli, quindi adesso sicuramente capita qualche sciagura…

 

^///^

 

Lo sapevo, maledetta guastafeste…

>__<

E cosa, eh?

Deraglia il treno?

 

No…

 

A uno dei due viene un malanno fulminante?

 

No…

 

Allora cosa…

No!

Non mi dirai che…

 

Proprio così!^^

 

Noooooooooooooooooooooo ç__ç

 

Ma chi è alla porta? NdLettori

 

Ma io, naturalmente!

Vi pare che mi facevo scappare un’occasione ghiotta come questa?

Il mio rossino da solo in casa…depresso…fragile…*ç*…

 

Maledetto hentai!

 

Spero vi sia piaciuto, a presto con il quarto capitolo!

 

Marty