Disclaimers: nessuno, perché la storia è mia (tiè, autori miliardari).



Le pietre di New Empire 

parte II

di Petra


IV

Verso la fine di quello stesso giorno Milos Ranke fu convocato nell'ufficio del direttore. Il ragazzo non si chiese nemmeno per un attimo quale potesse essere il motivo, dato che riusciva ad immaginarselo senza alcuno sforzo. Si stupì solo della velocità con cui le cose avevano cominciato a precipitare. Avrebbe giurato che quel ragazzo, Athom Coleen, ci avrebbe messo almeno qualche giorno a denunciarlo alle autorità per quello che era successo la sera prima. Avrebbe giurato che almeno si tormentasse per un po' nell'incertezza, o in un qualche senso di colpa, verso un compagno mandato al macello.
"Ma in fondo le rogne è meglio affrontarle subito."
Disse a se stesso stringendosi nelle spalle e fingendo un'indifferenza che era ben lontano dal provare.
Automaticamente, per l'ennesima volta, si diede dello stupido per essersi messo in quella situazione, proprio lui che credeva di essere tanto furbo, capace di mettere nel sacco il mondo intero. Ma era inutile stare a recriminare, doveva far fronte a quella cosa in un modo qualunque, e Milos era pronto anche a strisciare se fosse stato necessario. Tutto pur di non finire in un istituto di recupero.
Bussò alla massiccia porta di ebano, cercando di controllare i battiti del cuore. L'uomo seduto dietro la scrivania era robusto e tarchiato, forte come una roccia, dentro la divisa nera e dorata da master di secondo grado.
Milos entrò e scattò sull'attenti esibendosi in un perfetto saluto militare. Il Master non si degnò di sollevare gli occhi dagli incartamenti che aveva davanti e lo lasciò lì a macerarsi per qualche minuto.
Ma il trucco, che doveva servire ad intimidirlo, in qualche modo gli diede sicurezza. Quella tattica così abusata conduceva Milos su un terreno già noto, in un gioco di cui lui conosceva a menadito ogni regola. 
Sorrise di compatimento dentro di sé, ma lasciò che il suo volto assumesse la giusta espressione seria e compita. Sapeva che sarebbe stato un errore mostrare apertamente di avere paura. Bisognava invece che trasparisse il suo desiderio di mostrarsi freddo e controllato, e tradire il nervosismo solo con qualche gesto apparentemente istintivo. Per esempio, poteva sbattere le ciglia, una , due, tre volte. Perfetto. Il direttore Reitman aveva di fronte a sé esattamente ciò che si aspettava: un povero ragazzo preso in fallo, che se la faceva sotto dalla paura, ma che tentava coraggiosamente di nasconderlo, per salvare la propria dignità. Milos non aveva nemmeno bisogno di uno specchio per controllare l'effetto di quella commedia, sapeva già, per lunga esperienza, di essere assolutamente in parte.
Finalmente il Master si decise ad alzare gli occhi grigi e di puntarli sullo studente e Milos trattenne il fiato. Quel piccolo accorgimento gli avrebbe provocato un leggero pallore e un lieve ansito nel momento in cui sarebbe toccato a lui parlare.  Tutti segni che il direttore non avrebbe mancato di notare e che forse avrebbero potuto metterlo in una luce migliore. In fondo la sua linea di difesa si basava sulla compassione che sarebbe riuscito a suscitare in quell'uomo freddo e abituato a comandare con durezza decine di ragazzi. Non sarebbe infatti servito a niente negare la sua colpa, ma doveva far considerare ciò che era successo un semplice fallo momentaneo, un attimo di follia assolutamente imprevedibile ed incontrollabile. Doveva convincere quell'uomo che era stata la prima volta e che la cosa aveva sorpreso e spaventato lui per primo. A tempo debito avrebbe dovuto mostrare paura, confusione e pentimento. Forse avrebbe dovuto addirittura piangere, piangere come se gli fosse appena morto il gatto.
- Milos Ranke, - il direttore lesse dai suoi incartamenti - nato nel distretto di Serenity diciassette anni fa. Campione regionale di nuoto per tre anni consecutivi.  L'anno scorso quarto ai campionati planetari e da quest'anno rappresentante della scuola per i giochi di primavera, validi per la qualificazione ai giochi pangalattici. Capocamerata della sezione dodici per il secondo anno consecutivo e attualmente in stato di punizione per allentamento della disciplina. Ho dimenticato qualcosa?
- No, signore.
- Bene, - l'uomo intrecciò la mani sulla scrivania, mostrando le nocche bianche per la tensione. - Le devo comunicare che dopo le lezione del mattino uno dei cadetti della sua camerata, la matricola Athom Coleen, mi ha inoltrato la richiesta di cambiare alloggio. 
Milos non ebbe alcun bisogno di fingersi stupito, il suo sbigottimento fu la cosa più genuina che avesse mostrato negli ultimi dieci anni.
- Cambiare alloggio? - chiese.
- Esatto. Pare che nella sua attuale sistemazione gli riesca difficile concentrarsi sugli studi a causa di. - cercò nei suoi incartamenti e poi lesse di nuovo - . a causa del timore di recare disturbo agli altri cadetti con i suoi esercizi di musica. Per tale motivo, quindi, il suddetto chiede di essere trasferito in una camera d'isolamento, una di quelle che vengono utilizzate per gli studenti che siano incorsi in qualche grave infrazione disciplinaria.
Milos si limitò a spalancare gli occhi, sperando così di prendere tempo per recuperare il sangue freddo. Ma nella confusione che sentiva dentro la sua testa, almeno una cosa era chiara:  Athom non lo aveva denunciato.
- In poche parole - aggiunse il direttore, allontanando le carte e fissando dritto in faccia il ragazzo, - il cadetto Coleen chiede di avere una camera tutta per sé. Allora signor Ranke, cosa crede che dovrei rispondere a questa richiesta così accorata?
Milos annaspò. Se quella era una trappola era fin troppo ben congegnata e lui adesso si sentiva completamente spiazzato. Non si era mai trovato in una situazione simile, quindi, non potendo fare ricorso alla sua esperienza, decise di rischiare. Guardò l'uomo dritto negli occhi e ci mise un attimo a trovare il tono giusto, la giusta mescolanza di orgoglio giovanile e di timore per la propria spavalderia.
- Non mi permetterei mai di suggerirle come comportarsi signore - disse - ma personalmente la trovo una pretesa inaudita.
Lontano, nel fondo della  sua coscienza avvertì una piccola morsa. Athom non lo aveva denunciato, ma lui non ci stava nemmeno pensando alla possibilità di mettere la strana richiesta del ragazzo in una luce più favorevole, anzi. 
L'uomo davanti a lui annuì gravemente e Milos si permise di sospirare di sollievo. La voce della coscienza poteva andare all'inferno, l'importante era riuscire a scamparla da quella situazione. Cosa che oramai, a giudicare dall'espressione di approvazione sulla faccia del Master non sembrava difficile. Ed in fondo quando mai lo era stato? Il trucco era di indovinare quello  che il proprio interlocutore desiderava sentire o vedere e il gioco poteva essere condotto ad occhi chiusi. Il direttore Reitman si aspettava che il campione di nuoto Milos Ranke fosse un giovane atleta un po' ottuso, rispettoso delle regole, ma anche impetuoso ed incapace di tenersi dentro le sue opinioni anche a rischio di dire troppo.
 E Milos in quella parte ci si trovava a perfetto agio, visto che da una vita la recitava a beneplacito di chiunque fosse intenzionato a crederci.
- Inaudita è la parola giusta - disse infatti l'uomo appoggiandosi alla spalliera della poltrona - ma non ci si può aspettare altro quando le porte di una scuola di antica tradizione vengono aperte ad individui come il cadetto Coleen. Solo due anni fa uno come lui non si sarebbe neppure potuto avvicinare al cancello di servizio, ma le cose cambiano in fretta, purtroppo. Improvvisamente il Consiglio degli Anziani decide che è necessario inserire un programma di musica nelle scuole e, senza che si abbia il tempo di riflettere sulle conseguenze, viene introdotto un corso per formare i nuovi musicisti di New Empire - si immerse qualche secondo nei suoi pensieri,  durante i quali Milos rimase fermo a guardare marzialmente di fronte a sé.
- Lei conosce Master Reinald?- chiese alla fine.
Era una domanda molto stupida, perché anche i sassi a New Empire conoscevano quel nome. 
- Certo signore. Ha la carica di Master di primo grado ed è il più giovane dei membri mai eletto nel Consiglio degli Anziani. Si è conquistato questo onore grazie  ai suoi meriti atletici, oltre che diplomatici. È stato per lungo tempo campione di ginnastica ai giochi pangalattici, nella specialità del corpo libero. Nessuno ha vinto tante medaglie d'oro come lui nella storia di New Empire, perciò è considerato un eroe ed è stato insignito del titolo di Difensore della Patria.
La pappardella era ben recitata eppure il volto del direttore si oscurò.
- Già - disse - proprio così, un uomo che ha riempito di onore New Empire senza dubbio. È stato lui a scovare il giovane Coleen, lo sapeva? Lo ha trovato in un qualche sperduto villaggio della zona occidentale e ce lo ha spedito fin qui. Pare che il cadetto sia una sorta di talento naturale, un vero genio della musica.  Strani tempi si annunciano quando c'è gente che si gloria di simili talenti.
Puntò di nuovo gli occhi grigi dritti in faccia a Milos e il ragazzo poté leggervi dentro le fiamme di una collera fredda.
- Forse è a causa di questa protezione che il cadetto Coleen si aspetta un trattamento di riguardo. Ma questa è la mia scuola e se devo sopportare musicisti nelle mie camerate e alle mie lezioni, costoro dovranno sottostare alle mie regole.
Fece una nuova pausa e guardò Milos con aria piena di sottintesi.
- Crede di essere in grado di far imparare al cadetto Coleen quali sono queste regole, cadetto Ranke?
Milos trattenne il fiato, stavolta senza volerlo, mentre un'ondata di pura rabbia lo invadeva. Così finalmente si era arrivati al punto. Il direttore Reitman aveva convocato il promettente atleta e capocamerata Ranke perché si aspettava che costui si trasformasse nell'aguzzino a cui affidare l'educazione di uno smidollato musicista. Evidentemente il master aveva bisogno di qualcuno abbastanza robusto, ma soprattutto abbastanza idiota a cui affidare quel compito. Un bruto incapace di capire quale patata bollente gli stese capitando tra le mani. Tormentare un protetto di Master Reinald, infatti, era sicuramente la strada più corta per ritrovarsi in un istituto di recupero ancor prima che finisse l'anno scolastico. E per giunta Milos avrebbe scommesso che al direttore non importava un tubo di quel povero Athom, né della sua educazione alle regole, voleva solo mettere i bastoni tra le ruote a Master Reinald, l'uomo che si era battuto per l'introduzione della musica nel programma scolastico di New Empire, facendola pagare al suo pupillo.
Milos si sforzò di trattenere la smorfia di puro disgusto che stava per apparirgli sul volto. Stavolta gli ci volle più di qualche frazione di secondo, ma alla fine la sua espressione era di nuovo perfetta.
Guardò in faccia Master Reitman con i suoi innocenti occhi azzurri e disse con l'inflessione più sincera del suo repertorio:
- Certamente, signore. Farò subito un richiamo ufficiale al cadetto Coleen. Sottolineerò quanto voi, signore, abbiate trovato disdicevole la richiesta da lui inoltrata. Farò in modo che tale biasimo appaia nelle note personali del cadetto, in modo che chiunque possa leggerlo.
Non sottolineò la parola chiunque, per non strafare, ma non ce ne fu bisogno. Master Reinald trasalì leggermente e lo guardò con sospetto, ma tutto ciò che vide fu un giovane atleta, rappresentante della valorosa gioventù di New Empire, colmo di impetuoso zelo.
- Può andare, caporeparto Ranke - disse l'uomo, incapace di nascondere la sua delusione e Milos si incamminò verso la porta, contando mentalmente.
Non era arrivato ancora a dieci quando il master lo richiamò. Milos prima di girarsi nuovamente verso la scrivania si permise un enorme sorriso di soddisfazione: ancora una volta aveva previsto le mosse di quell'uomo, non solo, ma sapeva già perfettamente cosa egli stesse per dire. Se in quel momento avesse potuto scommettere un'intera miniera di uranio sarebbe diventato milionario.
- Per quella faccenda delle note personali, cadetto Ranke, credo che sia meglio soprassedere.- 
Milos finse un leggero stupore.
- Non vuole che il cadetto Coleen sia punito, signore? - disse quasi scandalizzato.
 - Me ne occuperò io - l'uomo adesso sembrava davvero spazientito - Penserò io stesso a richiamarlo, per questa volta credo sia meglio non sporcare le sue note personali.
Milos si chiese se fosse il caso di complimentarsi con il direttore per la sua clemenza, ma decise che riuscire a non apparire ironico era superiore alle sue forze. Perciò si limitò ad esclamare un convinto sissignore, e dopo aver salutato di nuovo, uscì dalla stanza.

L'incidente per il momento sembrò completamente chiuso. Athom rimase stabilmente nella camerata dodici. In quanto a Milos, nei giorni appresso, evitò, almeno apertamente, di posargli gli occhi addosso.

V

Durante gli ultimi giorni dei suoi arresti domiciliari, però, Milos ebbe modo di osservare alcune interessanti novità. Per prima cosa Athom smise di ammorbarlo con i suoi esercizi di musica. Dopo che fu dichiarato perfettamente guarito dal medico della scuola il ragazzino cominciò a recarsi di nuovo alle sue lezioni e, una volta tornato in camerata, rimaneva per lo più a guardare fuori dalla finestra con una strana espressione sul viso accigliato. 
Della seconda novità, invece, Milos si accorse il giorno stesso in cui Athom uscì dalla stanza la prima volta. Al suo ritorno dalla lezione lo osservò di sottecchi, con attenzione vigile, e non ebbe alcun dubbio. Athom si muoveva a fatica, e a volte, quando pensava che nessuno lo osservasse, una smorfia di dolore appariva sul suo volto delicato. Era evidente che il direttore Reitman aveva trovato la persona disposta ad educare il ragazzo alle dure regole della scuola.
Nei suoi diciassette anni di vita il capcamerata Milos Ranke aveva fatto tesoro di un gran numero di insegnamenti. Molti di questi lo avevano abituato di attendere il momento giusto in cui intervenire nelle situazioni che non gli andavano giù, per non provocare più guai di quanti desiderasse ripararne, guai soprattutto a se stesso. Per questo motivo attese pazientemente che scadesse il termine della punizione, continuando ad ignorare ostentatamente il cadetto Coleen.
Ma esattamente il giorno stesso della sua riacquistata libertà, dopo le lezioni del pomeriggio, andò ad appostarsi nelle vicinanze del laboratorio di musica.
L'edificio sorgeva ad una certa distanza dal palazzo principale, ed era piuttosto isolato, per mezzo di un piccolo parco, anche dagli altri laboratori e dalle palestre.
Non dovette attendere a lungo, perché pochi minuti dopo sentì del trambusto e delle voci concitate
provenire da un luogo fuori vista, dietro ad un viale alberato. Si diresse con tutta calma in quella direzione e voltato l'angolo dell'auditorium si ritrovò ad assistere esattamente alla scena che aveva immaginato. Due ragazzi del corso di ginnastica, che lui conosceva per la loro totale mancanza di ogni senso della misura, tenevano per le braccia Athom Coleen, mentre quello scimmione di Mark West gli agitava sotto il naso l'albatros di cui si era evidentemente impadronito con la forza.
La voce del ragazzo più grosso gli arrivò chiara alle orecchie, in tutta la sua sgradevolezza.
- Allora, finocchio, facciamo un patto noi due. Se tu mi lecchi per bene le scarpe io ti restituisco questa merda. Che c'è? Non sei convinto? Avanti ragazzi aiutatelo a decidere.
I due energumeni ridendo costrinsero  Athom in ginocchio, poi cercarono di forzarlo ad abbassare la testa verso gli stivali di Mark. Erano talmente impegnati in quel divertimento che non si accorsero dell'arrivo di Milos.
- Ma che bello spettacolo! - disse il ragazzo facendoli sobbalzare.
I gorilla, presi alla sprovvista, mollarono la presa e subito Athom ne approfittò per prendere lo strumento dalla mani di Mark. Quello però non si lasciò sorprendere ed anzi lo afferrò per un braccio e glielo torse dietro la schiena.
- Stanne fuori Ranke, - ringhiò contro l'inaspettato visitatore - questi non sono affari tuoi.
Milos si fermò ad osservare la scena con aria divertita.
- Ma lo sai Mark che mi stupisci? Non avrei mai pensato che avessi il fegato di attaccare un ragazzo più piccolo e più debole con appena due soli gorilla a proteggerti le spalle. Complimenti davvero! Mark diede uno spintone ad Athom, mandandolo gambe per aria e si rivolse verso Milos con aria inviperita.
- Che  c'è? Hai voglia di litigare?- Milos lo guardò serissimo.
- Certo che ho voglia di litigare , stronzo. Mi sono fatto quindici giorni di punizione, perché quel pollo ha dichiarato che era stato solo un incidente quello che è successo in camerata. Invece, da quello che vedo, capisco che è da un pezzo che te la prendi con lui e chissà da quanto è iniziata questa storia.
- Ma che stai dicendo? Guarda che l'incidente della scarpa non c'entra niente.
- Sul serio? E sei convinto che io me la beva, vero? Sai invece che cosa faccio? Vado a farvi rapporto a tutt'e quattro, direttamente dal caporeparto, così te la faccio pagare cara la voglia di fare lo stronzo verso i tuoi compagni.
- Ma che vuole dire Mark? - disse uno dei due gorilla - che cos'è questa storia?
Mark non lo degnò di uno sguardo, stava letteralmente schiumando di rabbia.
- Se ti azzardi a fare la spia coi master vedrai che nessuno dei ragazzi ti rivolgerà più la parola, ti daranno l'ostracismo.
- Io invece dico che l'ostracismo lo daranno a te quando verranno a sapere che hai lasciato che mi facessi quindici giorni di punizione senza prenderti le tue responsabilità. Quindici giorni lontano dagli allenamenti, con le gare di primavera che si avvicinano. La squadra di nuoto ti farà il culo, altro che ostracismo.
- Va' all'inferno, stronzo,- disse Mark, ma il suo tono era insicuro e anche gli altri due, per quanto non brillassero per intelligenza, cominciavano a sentire che le cose non stavano andando per il verso giusto.
- Che si fa Mark? - chiese uno dei due. Quello per tutta risposta diede un violento calcio ad uno dei sassi per terra.
- Andiamocene - ringhiò - Ma guarda che non finisce così, Ranke, non stare a cantare vittoria.
Si allontanarono, finalmente, parlottando tra di loro.
Intanto Athom si era rialzato, stringendo l'Albatros tra le mani.
- Ti sei fatto male? - gli chiese Milos.
Il ragazzo si spolverò i calzoni della divisa sulle ginocchia.
- Niente di grave - disse con una lieve smorfia di dolore e poi sorrise.
- Si è rotto? - chiese ancora Milos, indicando lo strumento e cercando di nascondere l'effetto che gli faceva quel sorriso sul volto del ragazzo più giovane.
- Non lo so - rispose l'altro con aria preoccupata, - sarebbe un guaio.
 Si diresse verso una delle panchine di legno grezzo che ornavano il piccolo parco e si sedette. Milos lo seguì e gli si sedette accanto. Athom portò alla bocca lo strumento e soffiò dentro alcune note.
- Tutto a posto - disse con evidente sollievo - è più robusto di quanto non sembri. Pare fatto di vetro, ma in realtà è una resina artificiale. Li fabbricano solo su Notos 3 per questo sono così rari. Su tutto New Empire ce ne saranno solo una decina, sai?
Milos allungò una mano e accarezzò lievemente l'oggetto con le dita.
- Sembra davvero vetro - disse pensieroso - però è più caldo.
L'altro riportò lo strumento alla bocca e suonò una scala per intero.
- Ah no! - esclamò Milos con un'espressione buffa sul viso - non ricominciare con questo strazio, adesso. Se proprio devi provarlo, suona almeno qualcosa di decente. Dicono tutti che sei bravo, su, fammi sentire un po'.
Athom lo guardò stupito, poi annuì. Attaccò una marcetta popolare, che tutti gli abitanti di New Empire imparavano fin dalle scuole primarie, e Milos ridacchiò riconoscendola.
Il ragazzo la suonava con disinvoltura, sottolineando certi passaggi e sorvolando in fretta su altri. Poi senza alcun preavviso ci aggiunse una nota grave in sottofondo. Una pulsazione regolare, cupa e profonda, come il battito di un cuore. E la marcetta si trasformò. I toni lieti vennero a tratti soffocati da quel battito, ma sempre rinascevano come lottando, per tornare ancora a morire dentro quella nota che si fece man mano sempre più lunga e profonda. Presto essa divenne come un lamento, intriso di un dolore strano, antico. Sembrava di  udire il ruggito di una belva che si dilaniava in catene. Ma dopo poche battute  la voce si trasformò di nuovo elevandosi in un'unica nota lunghissima, che si innalzò limpida nell'aria. Divenne un canto lucido e chiaro, di nostalgia per qualcosa da sempre desiderata e mai raggiunta, ed insieme una promessa ostinata e straziante, un vero atto di fede nel domani. Poi, le note ingenue della marcetta tornarono improvvisamente al loro posto, arricchite di una vitalità nuova, un'esplosione di pura gioia e fiducia, come di mille sguardi infantili rivolti verso un cielo senza traccia di nubi ed infine lentamente morirono in un sussurro, cessando del tutto.

Milos rimase in silenzio a guardare di fronte a sé con volto accigliato. Athom pensò che si fosse distratto in chissà quali pensieri e si stava quasi per scusare di averlo annoiato. Ma Milos lo prevenne e quando parlò la sua voce era scura.
- Non l'avevo mai sentita suonare in questo modo - disse, e sembrava molto turbato.
- Perché ho improvvisato sul momento. - spiegò Athom - Ti piace?
- Ma tu credi davvero di poter suonare in questo modo e  farla franca? - chiese Milos senza guardarlo in
faccia.
Athom arrossì violentemente, le labbra gli tremarono, ma sembrò riuscire a controllarsi.
- Non c'è niente di male nella musica - disse - non è corruzione, non c'è un solo versetto sulle pietre che parli contro la musica.
Milos scosse la testa.
- Le pietre sono tante - disse - e scommetto che qualcosa la troveranno. La trovano sempre.
Athom sentì il cuore accelerare i battiti ma non volle cedere.
- Spiegati meglio, sembra che tu stia accusando qualcuno in particolare.
Milos guardò il ragazzo con sospetto. Era il protetto di un Master di primo grado e lui si era già compromesso abbastanza, ma gli era esploso qualcosa dentro, una sorta di rancore davanti a quegli occhi innocenti e a quella musica così strana e misteriosa, qualcosa che dopo anni lo costringeva ad essere sincero.
- Ma non lo vedi che ce l'hanno a morte con ogni cosa bella? Tutti quanti, a cominciare dai Padri Coloni, fino all'ultimo dei Master. Tutto quello che vogliono è che si faccia ciò che loro ordinano e il solo pensiero che qualcuno possa stare bene, magari semplicemente divertirsi un po', li fa diventare pazzi. Dove ce li hai gli occhi? Non lo vedi cosa succede a chiunque sia diverso da come vogliono loro? 
- No, non è vero - Athom si ribellò con violenza - Tu stai parlando dei nostri capi. Se sono severi è solo perché vogliono che New Empire abbia il futuro più glorioso fra tutte le colonie della Terra.
- Quello che vogliono è solo mantenere il potere il più a lungo possibile e New Empire è solo un pezzo di roccia sperduto nella galassia.  Scommetto che gli altri pianeti ci ridono dietro quando ci sentono delirare nei nostri sogni di onnipotenza.
- Ma come puoi dire così, proprio tu? - Il ragazzo adesso stava quasi urlando per lo sdegno. - Tu che sei.. sei.. perfetto. Tu sei la nostra speranza. È a quelli come te che è affidato il Grande Compito di estendere il Patto.
Milos sorrise, mostrando i denti bianchissimi e per un attimo sembrò un giovane lupo feroce.
- Per carità, smettila di ripetermi le parole delle Pietre, le conosco anch'io, me le hanno ripetute fino alla nausea. Ma ti sei chiesto sul serio cosa significano? Lo capisci, o no, che sono un vero atto di guerra? O credi che le altre colonie si lasceranno imporre le nostre leggi senza difendersi?
- Se ci sarà da combattere, sarà nostro dovere farlo - disse Athom con decisione.
- Sicuro, a te cosa costa! Non ci manderanno certo i musicisti a fare la guerra, toccherà a quelli come me, i grandi atleti di New Empire.  E questo vuol dire che io dovrò rischiare la pelle perché il sogno di qualche vecchio decrepito, si avveri.  E magari morire, col nome di New Empire sulle labbra, mentre il Capitano dell'Astronave si riposa tra le sue lenzuola di seta.
- Rifiuteresti di fare il tuo dovere se te lo chiedessero? - chiese Athom, stavolta davvero scandalizzato.
Milos rimase in silenzio, pensieroso, poi un sorriso cinico gli tirò gli angoli della bocca.
- Non ci penso neppure. - disse - Per ora fare il mio dovere è l'unica cosa che mi può tirare fuori dai guai. Andrò ai giochi pangalattici e vincerò tante di quelle medaglie che non potranno fare a meno di nominarmi Difensore della Patria. Così entrerò al più presto nel Consiglio degli Anziani e allora sarò anch'io troppo importante per essere trattato come carne da macello.
- Ma tu credi davvero a quello che stai dicendo? - Athom era completamente sconvolto, Milos lo guardò in faccia e sorrise divertito, mentre una luce stranamente tenera gli si accendeva negli occhi.
- Forse sì o forse no. Forse ti sto solo prendendo in giro per farti arrabbiare. Sei incredibile quando ti arrabbi i tuoi occhi diventano immensi. 
Mentre ancora parlava lo afferrò dolcemente per il mento e gli sfiorò le labbra con le sue. Athom sussultò e scattò in piedi.
- Tu piuttosto credi che comportandoti così la farai franca?- disse con voce tremante di rabbia, girandosi a guardarlo in viso.
Milos non rispose. Rimase seduto con le mani inerti lungo le cosce da atleta, ma il suo volto fu sconvolto da un'espressione di odio assoluto, così profondo e selvaggio che Athom ne fu spaventato.
- Proprio così, -  ringhiò e strinse i pugni fino a che le nocche non gli divennero bianche. - e se pensi che permetterò a qualcuno, chiunque sia, di farmi a pezzi il cervello vedrai quanto ti sbagli. 
Athom inghiottì il nodo che gli stringeva la gola, e arretrò di un passo mentre il ragazzo si alzava in piedi. Ma l'altro si limitò a scansarlo e a procedere oltre. Dopo aver fatto pochi passi però si fermò e si voltò indietro. Il suo viso si era ricomposto e aveva assunto la sua maschera solita di indifferenza. 
- Ti do un consiglio, Coleen, smettila di fare richieste assurde alla direzione, o la prossima volta invece che da tre stupidi dovrai difenderti da me. Ed io non sono uno stupido, se voglio posso farti molto male. Davvero molto. Non pensarci in alcun modo di mettermi nei guai, intesi? Ed un'altra cosa, io lo so benissimo che quello che è successo tra noi una certa sera è piaciuto tantissimo anche a te, perciò evita di parlarne in giro, soprattutto con chi sai tu, o ti ritrovi nei guai esattamente quanto me.
Gli lanciò un ultimo sguardo sprezzante e si allontanò lungo il viale, lasciandolo solo, abbandonato accanto alla panchina, con l'albatros nelle mani che riluceva nell'ultima luce del giorno.
 

continua







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