Le parole della follia

di Nefertari



 

Da quanto mi trovo qui?

Da quanti giorni?

Da quanti mesi?

 

Queste quattro mura mi soffocano.

Il cielo ultimamente è sempre grigio e minaccioso…. lugubre.

Lo osservo ogni giorno dall’unica finestra di questa detestabile stanza , ma i vetri sigillati , resi opachi dal logorante soffio del tempo, mi impediscono di scorgere le sfumature.

 

Cosa darei per camminare di nuovo all’aria aperta, sotto la pioggia d’estate… per calpestare le distese di foglie autunnali … per mangiare la prima neve d’inverno,mentre cade, lasciandola sciogliere sulla lingua.

Ripenso alle fragranze primaverili e so che forse non potrò mai più rotolare nell’erba fresca.

Sono condannato a nutrirmi del suono del vento senza poter avvertire la brezza che mi sfiora la pelle.

 

Tuttavia…

 

…tuttavia potrei anche sopportare di stare qui, se solo mi venisse concessa ,qualora lo desiderassi, la compagnia di persone nuove, non solo quella dei vecchi libri ingialliti che si impolverano sulla scrivania.

Un tempo dicevo di amare la solitudine, di preferire la mia sola compagnia a quella di persone vuote e senza carattere.

Chiunque era inutile, per me che avevo tutto.

Chiunque era noioso, per me che avevo già visto e letto le cose più strane.

 

A dire il vero credo ancora che sia meglio stare per conto mio… ma vorrei essere IO a decidere se e per quanto tempo isolarmi.

 

In ogni caso, sono il peggior compagno per me stesso.

Penso.

E penso….ogni ora , ogni minuto…..

E i pensieri mi si rivoltano contro stordendomi, rendendomi pazzo.

Si… Sto certamente diventando pazzo.

L’esistenza è ormai per me un interminabile monologo dai toni cupi e patetici.

Non credo di essere ancora capace di eseguire un ragionamento lucido e coerente.

Dopotutto la vita stessa non è mai coerente: ci si sforza di intravedere un disegno, una qualche armonia in mezzo a tutta la fuorviante bellezza che ci circonda… ma non esiste altro che il Caso.

 

E proprio il Caso mi ha fatto incontrare lui…. lui, che si è preso la mia vita…

 

E io…non posso fare altro che ….

 

*** Le parole della follia ***

 

 

“Buonasera Julien.”

 

Bertrand.

Immobile sulla porta, avvolto da una vestaglia di velluto blu.

Non si è fatto vedere per un intero mese.

Mi tiene chiuso qui dentro senza una vera ragione ed ha perfino il coraggio di lasciarmi solo così a lungo.

 

Lo detesto…

 

“Le tue visite diventano sempre più rare.”  Uso un tono esasperato, per palesare il mio risentimento…ma lui sorride ingenuamente, ignorando il mio sguardo carico di rabbia.

E la mia indignazione aumenta nell’udire le sue ragioni: “Ho avuto molto da fare.”

E’ evidente che non si preoccupa minimamente di quello che provo: il suo volto è disteso, rilassato.

Vorrei prenderlo a pugni, per deformare quella sua espressione felice, quasi canzonatoria.

Ma non sono così forte da poterlo affrontare…

 

Recupero la mia freddezza e replico:“Mi domando cosa ti abbia tenuto impegnato visto che sei ricco da fare schifo e lavori solo se ne hai voglia.”

“Hai sentito la mia mancanza?” mi chiede compiaciuto.

Tipico di Bertrand: quando qualcuno lo aggredisce, lui non raccoglie le provocazioni  e stravolge il discorso con magistrale spontaneità.

“Potresti anche sparire, per quanto mi riguarda.” sibilo , avvicinandomi alla finestra chiusa, guardando verso il giardino di questo antico palazzo.

“Non lo pensi sul serio…” insinua lui, raggiungendo la scrivania alle mie spalle.

Quando mi volto, lo trovo intento a leggere le poche righe che ho scritto durante la giornata : brevi versi, composti di getto.

Ho sempre amato scrivere modeste poesie, espressioni immediate dei miei sentimenti.

Lo facevo per fissare gli stati d’animo, per dare una forma ordinata a sensazioni confuse… non avrei mai immaginato che questa mia passione sarebbe diventata l’unico sollievo rimastomi.

 

“Il tuo stile sta maturando.” Osserva Bertrand senza staccare gli occhi dal foglio. “Un tempo i tuoi scritti erano più vivaci… ma molto meno intensi.”

“Sono intensi perché intensa è la mia rabbia , bastardo!” gli abbaio contro,stizzito. “Per quanto ancora credi di tenermi chiuso qui dentro? Questa reclusione è assurda! Non ha senso!”

“Tutte le volte mi chiedi la stessa cosa.” sospira, fissandomi con quei profondi occhi di giada.

“Non dovrei?” domando indignato. “Escludendo te, non parlo con qualcuno da almeno sei mesi. Anche il cibo mi viene passato da quella stupida apertura intagliata nella porta!”

“Non ti faccio mancare niente. Qui sei al sicuro…” la sua tranquillità è sconcertante!

Non vede che sto scoppiando?

Perché finge di non capirmi?

 

“Non essere così nervoso…” lascia cadere i fogli sul pavimento e porta le mani sulle mie guance. “Stai diventando scontroso, somigli sempre meno al ragazzo posato ed elegante di cui mi sono innamorato.”

Non ho le energie per respingerlo.

Sono sempre stato insopportabilmente debole.

Così sono costretto a lasciarlo fare, a permettergli di sfiorarmi le labbra con le dita fredde.

Sapevo che era venuto per questo… per esplorare di nuovo la mia bocca, il mio corpo…

E mentre mi bacia e mi accarezza i capelli con desiderio crescente, riesco solo a sussurrare: “Voglio uscire da qui…ti prego, Bertrand.”

Ma la mia supplica rimane inascoltata.

C’è passione nei suoi baci… e forse c’è anche amore, ma un amore malato, che lo porta a non volermi condividere con il resto del mondo.

Spesso, ogni volta che mi fa suo, mi bisbiglia ansimante: “Nessun altro deve avvicinarsi a te. Nessuno!”

Deliri di un pazzo prossimo all’orgasmo,forse… oppure tipiche frasi di un innamorato geloso.

In ogni caso, la mia vita non mi appartiene più.

 

Vorrei piangere mentre , ancora una volta, Bertrand mi slaccia la camicia, rivelando il mio corpo esile e pallido…. ma il desiderio di pianto viene sostituito dalla fame che mi infiamma le carni quando lui mi tocca.

Avverto il gentile solletico dei suoi lunghi capelli neri che ricadono sul mio costato e poi, pochi attimi dopo, mi ritrovo sotto di lui, schiavo di antichi istinti … e la mia vista si fa annebbiata.

Rispondo inconsciamente agli stimoli , incapace di oppormi mentre mi invade,strappandomi gemiti e lamenti.

E tutto si fa confuso… e bellissimo.

 

***************

 

Conobbi Bertrand due anni fa.

 

Il mio tutore mi aveva permesso di frequentare un famoso collegio a Fontainebleu, vicino a Parigi, e io avevo lasciato il mio paese natale due anni prima per trasferirmi definitivamente nell’istituto.

 

Era la primavera del 1882, avevo sedici anni …e odiavo stare in mezzo ai miei compagni.

Spesso mi appartavo presso una panchina di pietra, in giardino, vicino alla più vecchia quercia della città.

Era un luogo poco frequentato dagli altri studenti, che preferivano svagarsi giocando a palla.

Non appena arrivava la bella stagione e non ero più costretto a chiudermi in biblioteca, passavo delle ore nascosto nel mio piccolo rifugio, scrivendo e leggendo.

 

A volte gli insegnanti organizzavano gite scolastiche nel centro di Parigi, per permetterci di visitare musei e piazze dal glorioso passato.

E fu una visita al museo del Louvre a cambiare la mia vita.

Mi ero staccato dal gruppo per osservare meglio alcune statue provenienti dalla Grecia.

Mi piacquero tanto da ispirarmi, così mi sedetti ai piedi di una statua di Atena e iniziai a inventarmi dei versi, ricordando le opere omeriche , che avevo da poco studiato e imparato ad amare.

 

“Bravo! Scrivi davvero bene.”

Una voce penetrante e dura.

Apparteneva ad un giovane uomo dai lunghi capelli color carbone ; era arrivato alle mie spalle e si era permesso di leggere ciò che stavo componendo.

Mi sentii avvampare.

Mi sono sempre imbarazzato quando qualcuno leggeva ciò che scrivevo: era come mostrare un lato della mia anima, i miei pensieri più profondi e più intimi.

Avrei preferito correre nudo lungo le rive della Senna piuttosto che permettere a qualcuno di accedere ai miei scritti.

 

L’individuo notò subito il mio disagio e si giustificò : “Scusami, non ti ho spiato di proposito. Credevo fossi anche tu un pittore e volevo dare un’occhiata ai tuoi schizzi. E invece sei uno scrittore. I miei complimenti! Mi dispiace di essere stato troppo invadente.”

Non feci neppure in tempo a rispondere.

Si congedò subito, con discrezione, e si sedette di fronte ad una Venere , armato di fogli e carboncino da disegno.

 

Non so perché, un istante dopo, mi mossi verso di lui.

Forse ero solo intenzionato a dare un’occhiata al suo schizzo, o forse c’era qualcosa di magnetico nella sua voce, nel suo modo di fare… fatto sta che mi ritrovai in piedi, dietro di lui, incantato di fronte alla maestria con la quale dirigeva il carboncino.

 

“Mi chiamo Bertrand.” Mi disse, senza voltarsi.

“Julien.” Risposi io, sedendomi vicino a lui.

Restammo così, in silenzio, per almeno mezz’ora… o forse di più.

Non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue mani… così sicure e leggere.

 

Mi parlò ancora: “ Di solito non amo leggere poesie: sono quasi sempre scontate o false. Ma, se posso permettermi, quello che stavi scrivendo poco fa era davvero notevole.”

“Grazie.” Dissi sottovoce, commosso e imbarazzato.

Era il complimento più bello che avessi mai ricevuto.

Lui sorrise.

E io lo trovai dannatamente affascinante.

 

Durante quella giornata al Louvre, dopo aver parlato a lungo con lui,gli spiegai come raggiungere il mio collegio, convinto però che non lo avrei mai più rivisto…

E invece lui passò a trovarmi spesso, nei seguenti sei mesi.

Io scappavo dalla mia camera, durante la notte, e mi incontravo con lui, per parlare di arte, poesia, letteratura, musica…

Non avevo mai conosciuto qualcuno capace di stimolare a quel modo ogni fibra della mia mente.

Gli permisi di leggere ciò che scrivevo e lui mi convinse perfino a farmi ritrarre.

 

Lo scorso anno fuggii definitivamente dal collegio e mi trasferii nella sua villa… un’imponente abitazione piuttosto antica, dove spesso si potevano udire degli strani lamenti.

Bertrand mi spiegò semplicemente che la sua casa era infestata dagli spiriti.

Scoprii che viveva da solo e che i soldi lasciatigli dai defunti genitori erano sufficienti per vivere nel lusso fino alla morte.

Al suo servizio lavoravano due domestiche e un giardiniere.

Bertrand dipingeva per passione , dato che non gli era necessario lavorare.

 

Per sei mesi mi sembrò di vivere in un sogno.

Mi scoprii innamorato di Bertrand e lasciammo che i nostri sentimenti si concretizzassero.

Non avevo mai avuto esperienze sessuali, prima di allora…

E la mia prima volta con lui fu indescrivibile: dolce e passionale, delicata e violenta, tenera e selvaggia.

 

Pensai di aver trovato la felicità.

 

E poi mi ritrovai chiuso a chiave in una stanza.

Senza un perché.

 

***************

 

Mi tiene stretto a sé, carezzandomi la schiena.

Profuma di acqua di rose… la usa sempre, ogni sera.

E’ curioso come mi faccia sentire sereno lo stargli vicino dopo aver fatto l’amore con lui… eppure non faccio che maledirlo tutto il tempo, quando mi lascia qui da solo.

Tempo fa ero davvero innamorato … del suo carisma, del talento che traspare in ogni cosa che fa…

Ma adesso… dopo tutto quello che mi ha fatto…

 

“Mi ami, Julien?”

La sua domanda mi strappa alla beatitudine a cui mi ero abbandonato.

Alzo lo sguardo verso di lui , senza fiatare.

“Tu devi essere solo mio…” sussurra, e mi bacia la fronte con la dolcezza di cui è capace.

Sospiro, e rispondo: “Sarei tuo comunque, anche fuori da questa stanza.”

Non lo vedo in viso,ma sento che sta sorridendo.

“Non ti tengo chiuso qui per impedirti di lasciarmi.” Parla sottovoce , stringendomi più forte. “Io voglio solo impedire che il mondo ti contamini.

Sei così bello, Julien… così appassionato…

Non voglio che qualcuno ti ferisca, lasciandoti delle cicatrici che distruggerebbero ciò che io amo in te.

Qui sei al sicuro…

Qui.

Con me.

Sarai sempre il mio Julien, come ora.”

 

Non so cosa pensare…

Non so come replicare…

Salvarmi dal mondo…

Questa è la ragione di ciò che mi sta facendo.

E io patisco gli effetti di questi suoi vaneggiamenti… della sua insana logica.

 

Si allunga verso la sua vestaglia, abbandonata disordinatamente in fondo al letto…

Lo vedo frugare nella tasca finché non trova ciò che stava cercando………….. un coltello!

Un coltello piccolo e scintillante.

Rabbrividisco, non sapendo più cosa aspettarmi.

E lui…lui mi guarda e mi sorride.

 

Inorridisco mentre si incide il palmo della mano.

Poi mi afferra per il polso e in pochi secondi fa lo stesso con il mio palmo.

Il dolore mi si irradia in tutto il braccio un istante dopo…

 

Il taglio brucia…

E ho paura.

 

“Siamo uniti, Julien…” mormora mentre unisce le nostre ferite… intrecciando le dita con le mie… stringendo forte.

Un patto di sangue.

Un giuramento eterno.

Bertrand si è preso anche questo.

 

********************

********************

 

Sono passati quindici giorni…

Ma di Bertrand nemmeno l’ombra.

In fondo me lo aspettavo.

 

Eppure vivo nella sua villa!

Perché sparisce tanto a lungo?

E’ come se si dimenticasse della mia esistenza.

E io resto seduto vicino alla finestra, fissando insistentemente la porta… aspettando che si ricordi di me…. che sono solo.

 

E mentre continuo a guardare la porta, questa si apre, cigolando… ed un uomo in uniforme, sulla cinquantina, entra deciso nella mia stanza.

 

Rimango immobile, incapace di proferire parola…

Sono rimasto chiuso qui talmente tanto tempo che i miei comportamenti sono come quelli di un animale selvatico, impaurito e diffidente.

 

“Sono qui per aiutarvi…” sussurra lui. “Povero ragazzo…”.

Si avvicina a me facendomi cenno di stare calmo e intanto continua a parlare: “Sono venuto a liberarvi…

E’ tutto finito.

Bertrand Boieux è morto due giorni fa, ucciso da un individuo di cui abbiamo perso le tracce.

Oggi siamo venuti in questa casa , ad effettuare un sopralluogo… e abbiamo trovato voi.”

 

No…

Un momento…

Non… non capisco più niente.

 

Mi sento una bambola vuota, i miei sensi si sono intorpiditi tutto a un tratto.

Bertrand… morto.

 

Morto.

 

“Venite… uscite da questa stanza.”

Vengo trascinato all’esterno…

Ho bisogno di essere sorretto ; sono così sconvolto da non riuscire a reggermi in piedi.

E finalmente oltrepasso la soglia della mia prigione e rivedo il corridoio.

 

E…

 

Due… quattro… dieci….

Davanti a me ci sono almeno una ventina di ragazzini.

Alcuni piangono, altri esultano.. altri ancora hanno la mia stessa espressione allibita.

 

“Il signor Boieux…” mi spiega il gendarme vedendomi disorientato, “…vi teneva chiusi come bestie nelle stanze della sua villa. Dio solo sa quali abusi abbiate dovuto sopportare. Non so esprimervi la mia indignazione per quanto è avvenuto finora in questa casa. ”

 

Solo ora capisco…

 

Un pazzo… Bertrand era davvero pazzo come sospettavo.

Un folle che diceva di amarmi……  e che diceva la stessa cosa ad altri venti ragazzini…

VENTI!

 

E forse amava davvero ognuno di noi… e desiderava fare sua in eterno la nostra bellezza.

Si era costruito un piccolo museo dove conservare i suoi amanti…

Tutto questo mi dà… la nausea…

 

Basta!

 

Non voglio più pensarci…

Dimenticherò questo brutto incubo.

Dimenticherò questa prigionia odiosa.

Dimenticherò quel * mostro * squilibrato.

 

Sono libero.

Me ne posso andare da qui…e tornare a vivere.

Non appartengo più a nessuno!

Sono felice…

Davvero felice.

Comincerò una nuova vita e…

 

……….

 

E lui ….

 

Lui … era pazzo…

Ma io…

Io…

 

Vorrei solo … poterlo rivedere ancora una volta.

 

Vorrei che lui avesse amato me soltanto.

Lui DOVEVA amare solo me!

Diceva di volermi bene…

E anch’io….

Io lo aspettavo…

 

Bertrand…

Bertrand...

Bertrand…

 

Morto.

 

Non riesco più…. a trattenere le lacrime.

 

FINE

 

 





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