DISCLAIMERS: i personaggi sono di Inoue sensei
DEDICA: alla mia sorellina Sakuya per il suo compleanno
NOTE: Hana e Ru sono OOC


Le parfume de la nuit sent la solitude

parte I

di Yurika 


L'alta figura ammantata di nero si muoveva solitaria in mezzo all'indifferenza generale. Ogni tanto lanciava uno sguardo spento verso le ombre che gli facevano compagnia.
A lui non interessava nulla di nessuno. La notte era il suo elemento e la solitudine il suo nutrimento. Il suo spirito era tutto ciò di cui si preoccupasse - del corpo non gli interessava proprio nulla, quello lo aveva venduto ormai da tempo per qualche yen. La sua anima era assopita per non essere costretta a vedere ciò che le accadeva intorno. Solo raramente usciva dal suo stato di torpore mostrando ciò che avrebbe potuto essere veramente. Giusto quando giocava a basket. O quando faceva a botte. No, non era esatto. Quando faceva a botte col do'aho.
L'aveva capito fin dalla prima volta che l'aveva visto che quando stava con lui c'era qualcosa che non andava. Ma non aveva ancora capito cosa fosse e, probabilmente, preferiva non capirlo. Sapeva solo di sentirsi profondamente a disagio. Era una sensazione molto sgradevole. Per questo odiava quel rossino caotico e impulsivo. Per questo cercava di stargli il più lontano possibile. Eppure non faceva altro che sorprendersi a seguirlo con lo sguardo, ad annotare mentalmente ogni suo progresso e a reagire alle sue parole.
Il ragazzo dai capelli d'ebano si fermò di fronte ad un lussuoso condominio socchiudendo gli occhi. Dopo qualche secondo entrò nell'edificio dirigendosi all'ascensore. Undicesimo piano, l'ultimo. Tirò fuori le chiavi ed aprì la porta del lussuoso attico. Non c'era nessuno ad aspettarlo. Si tolse il lungo cappotto nero appoggiandolo sul divano di pelle scura.
Andò in cucina e prese una birra dal frigo. Non amava particolarmente il gusto acre della bevanda, ma almeno gli toglieva il sapore disgustoso di quella donna. Con aria stanca cominciò a spogliarsi preparando l'acqua nella vasca da bagno. Vi si immerse con un sospiro di sollievo tenendo in una mano la lattina da cui, ogni tanto, beveva un sorso. Voleva eliminare anche il ricordo di quella notte, come di tutte le altre notti precedenti.
Non che Karen fosse così spiacevole. Anzi, a volte era perfino commovente l'attaccamento che aveva per lui. 
Si preoccupava proprio come farebbe una madre con il figlio. O almeno così supponeva lui, visto che era da molto tempo che aveva perso i suoi genitori e di loro non conservava che povere memorie labili come i sogni fatti all'alba. Karen aveva quel modo particolare di accarezzargli i capelli, subito dopo aver fatto sesso, che riusciva a calmarlo dal senso di nausea che lo coglieva sempre in quelle situazioni. E poi era generosa. Molto generosa. Era disposta a pagargli quel bellissimo appartamento, i suoi vestiti costosi, i piccoli capricci - tipo l'antenna satellitare per poter vedere l'NBA - e non gli negava mai nulla. Bè, quasi mai. Gli negava proprio la cosa che avrebbe desiderato di più. Un biglietto aero di sola andata
per l'America. Ma sapeva che quello non poteva proprio ottenerlo. L'unica volta che aveva provato a proporle l'argomento lei aveva avuto una mezza crisi isterica dicendogli che se la lasciava si sarebbe ammazzata. 
Non che la cosa gli interessasse realmente. Per quanto gli riguardava, pensava che quella fosse la soluzione migliore per lei. Sposata ad un uomo che la disprezzava e la teneva con sè solo per le apparenze, dedita ad alcool e a droghe, innamorata di un ragazzino che potrebbe essere suo figlio e che la sfruttava per i suoi soldi, disperata alla ricerca di una giovinezza che da tempo l'ha abbandonata. Che futuro ci potrebbe essere per una donna del genere?
Per lui invece... era ancora abbastanza giovane e aveva sufficiente talento da poter realizzare i suoi sogni. L'unica cosa che gli mancava per riuscirci era il denaro, per questo doveva vendere l'unica cosa che possedeva per ottenerlo: il suo corpo perfetto.
Kaede Rukawa terminò la sua birra e, lasciata cadere in terra la lattina, si immerse con la testa sott'acqua. Come sarebbe stato facile lasciarsi cullare in quel liquido silenzioso, aspettando che i suoi polmoni scoppiassero e lo liberassero dal senso di disgusto che avvertiva per tutto ciò che lo circondava. Ma no! Lui aveva qualcosa da fare.
Qualcosa per cui continuare a vivere. Era un campione. 
Sarebbe divenuto il numero uno del basket giapponese e poi il numero uno del basket mondiale. Sapeva che ci sarebbe riuscito, bastava non lasciarsi andare a questi assurdi momenti di sconforto. In fondo non faceva proprio nulla di male. Lottava per ottenere ciò che voleva. Il mondo è uno spazio semi-vuoto sospeso nel tempo infinito. Non c'è nulla qui, ma quello che c'è  è suo. E non avrebbe permesso che glielo portassero via.

L'angelo del fuoco - così era stato ribattezzato dagli avventori del club in cui lavorava - era visibilmente ubriaco e rimaneva immobile con la testa appoggiata sulle braccia incrociate sul tavolo. Il suo turno era finito da un pezzo, ma era rimasto perchè uno dei clienti del locale, un giovane molto attraente dai lunghi capelli ossigenati, lo aveva invitato a bere qualcosa con lui. Non aveva null'altro da fare e, dato che nessuno si sarebbe preoccupato anche se avesse fatto tardi, decise di accettare. Il biondino si era fatto portare una bottiglia di tequila e due bicchieri. Il ragazzo dai magnetici occhi nocciola aveva notato che, mentre il suo simpatico accompagnatore non aveva che bevuto un bicchiere o due di liquore, il suo veniva riempito con la stessa velocità con cui lui lo svuotava. Ma che importava? 
Era forte abbastanza per reggere qualunque dose di alcool, non si sarebbe messo a fare storie come una verginella isterica.
E così, eccolo lì ora, con la testa riversa e gli occhi chiusi. Probabilmente stava dormendo. Il biondino sembrava parecchio infastidito dalla cosa. 
"Ehi, carino! Non vorrai lasciarmi proprio ora che arriva il più bello, vero?"
Hanamichi Sakuragi sollevò con fatica una palpebra.
"Portami a casa".
La voce era impastata, tuttavia era ancora perfettamente percepibile il tono autoritario con cui la frase era stata pronunciata.
"Ma certo, mio bell'angelo. Non aspettavo che un tuo comando".
Il ragazzo aiutò Hanamichi ad alzarsi afferrandolo alla vita e facendogli passare un braccio sulle sue spalle. Lo portò in una casetta non lontano dal club e lo fece sdraiare sul letto. A quel punto Hanamichi, che era rimasto con gli occhi chiusi per tutto il tragitto facendosi guidare dallo sconosciuto, sembrò risvegliarsi.
"Ma questa non è casa mia".
"No, angelo mio, purtroppo non conosco il tuo indirizzo, ma spero che la mi umilissima dimora ti vada bene ugualmente".
Il rossino si guardò un po' in giro e poi richiuse gli occhi.
"Un posto vale l'altro".
L'altro sorrise malizioso.
"Mi fa piacere".
Sakuragi sentiva quello sguardo famelico puntato su di sè. Sapeva benissimo quali fossero le intenzioni dell'altro, ma, a dirla tutta, non gli interessava molto. Che facesse pure i suoi porci comodi, ma che almeno dopo lo lasciasse dormire in pace. Era così stanco!
Le mani del biondo cominciarono a scorrergli per tutto il corpo levandogli i vestiti. La sua bocca gli scorreva sul collo raggiungendo la mascella e continuando a salire alla ricerca delle sue labbra.
Hanamichi girò di scatto la testa da un lato.
"Non voglio che mi baci".
Il ragazzo biondo ridacchiò, ma decise di accontentarlo andando ad occuparsi dei suoi capezzoli.
Ne prese uno tra i denti mordicchiandolo e leccandolo, mentre con una mano si occupava dell'altro. Dopo un po' si stancò di quel gioco volendo passare a qualcosa di più soddisfacente. Si accomodò tra le gambe del rossino baciando e succhiando la pelle tenera dell'interno coscia. Quando udì un leggero mugolio provenire dalla gola di Hanamichi si spostò verso il suo inguine infilando la lingua nella piccola fessura sulla punta del suo sesso eretto, massaggiando i suoi testicoli con una mano. All'improvviso accolse la virilità pulsante del ragazzo sotto di lui nella sua bocca succhiandola con avidità. Il suo lavoro venne presto ricompensato dal fiotto caldo del suo seme.
Sakuragi non aveva emesso un singolo gemito. Solo il rapido alzarsi e abbassarsi del suo petto, indice di un respiro accelerato, testimoniava l'orgasmo appena provato.
L'altro si alzò pulendosi la bocca con la mano destra.
La passività di quell'essere di solito tutto fuoco lo eccitava da morire. Provò a saggiarne le reazioni penetrandolo con un dito. Nulla. Ne aggiunse un altro.
Ancora niente. Quando le dita raggiunsero il numero di tre una lieve smorfia si dipinse sul volto di Hanamichi. Il ragazzo biondo decise che non poteva più aspettare e tolse le dita dall'interno dell'altro aprendo ulteriormente le sue gambe in modo da farsi accogliere nel modo migliore. Proprio in quel momento, però, un piede del rossino si puntò contro il suo sterno tenendolo lontano, mentre un paio di freddi occhi nocciola lo fissavano impenetrabili.
"Mettiti il preservativo prima".
Il giovane gli rivolse un sorriso malizioso.
"Non credevo che gli angeli si preoccupassero di certe cose. Guarda che non ho nessuna malattia".
Quegli occhi che continuavano a fissarlo, però, lo stavano facendo innervosire, per cui abbassò lo sguardo rassegnato.
"E va bene!"
Si allontanò da quel corpo caldo e invitante per dirigersi verso la cassettiera che si trovava in fondo alla stanza. Trovato ciò che cercava se lo infilò e in un batter d'occhio era di nuovo vicino a Sakuragi. Il rossino aveva di nuovo abbassato le palpebre. Pareva di nuovo addormentato. Questo fece infuriare l'altro ragazzo che lo afferrò con poca grazia e, dopo averlo fatto voltare e avergli sollevato il bacino, lo penetrò con un'unica spinta. Sentirsi racchiudere da quella carne bollente lo fece quasi venire immediatamente. Cercò di controllare il respiro per qualche istante e quando si fu un po' calmato cominciò a spingersi più in profondità.
"MMhh... quanto sei stretto... Kami!... mi stai facendo godere tantissimo..."
Hanamichi nel frattempo stringeva forte gli occhi lottando contro le lacrime che volevano uscire a tutti i costi. No, lui non avrebbe pianto! Si morse il labbro inferiore con tanta violenza da farsi uscire il sangue. Voleva solo che tutto quello finisse presto, così poi avrebbe potuto dormire. Sì, dormire! E sognare. Magari l'avrebbe rivisto di nuovo nei suoi sogni. Lo sperava tanto. Aveva pregato tanto perchè tornasse a trovarlo nelle sue visioni notturne, ma ormai erano parecchi mesi che non lo vedeva più. Quel viso. Stentava a ricordarselo. Ciò che meglio percepiva erano le sensazioni che esso gli trasmetteva. Pozzi aperti sul vuoto assoluto. Il nero avvolgente della notte. Il bianco di un tenero fiore calpestato, ma ancora vivo. 
Aprì gli occhi all'udire il roco grido del suo amante che si stava svuotando. Lentamente uscì da lui e gli si gettò al fianco cingendogli la schiena con braccio.
Richiuse gli occhi. Non gli importava se lo abbracciava, gli bastava che lo lasciasse un po' in pace. Solo a rincorrere il suo sogno.

L'aria della notte accarezzava la sua pelle candida, avvolta nelle lenzuola di seta. Il respiro regolare della persona al suo fianco gli solleticava il braccio. Gli occhi sbarrati nel buio fissavano il soffitto. A volte aveva voglia di gridare. Chissà perchè.
Quando era cominciato tutto questo? Cercò di andare indietro con la memoria. In fondo non era passato tanto tempo. Due anni. Già, aveva quattordici anni la prima volta che aveva accettato le offerte di quella donna. A quell'epoca lui viveva con i suoi nonni nella provincia di Kyoto. I suoi genitori erano morti da alcuni anni in un incidente stradale. I suoi nonni paterni erano gli unici parenti rimastigli in vita. 
Loro lo avevano portato in quella antica villa riempita di ricordi di epoche passate e di tradizioni ormai superate. Odiava stare lì. Odiava tutte le regole che gli venivano imposte. E, soprattutto, odiava la rigidità di suo nonno e la triste rassegnazione di sua nonna.
Il giorno in cui era venuto a trovarlo quella vecchia amica di sua madre proponendogli di andare a fare un viaggio con lei non ci voleva credere. Poter abbandonare per un po' quel posto che puzzava di ammuffito era il suo più grande desiderio.
Naturalmente i suoi nonni si erano opposti, ma la donna, Makiko, era stata irremovibile. Aveva o no il diritto di regalare un po' di sano divertimento all'unico figlio della sua migliore amica scomparsa? Così si ritrovò con lei su una nave diretti per una crociera alle Hawaii. Lì lei gli aveva insegnato le mosse giuste per riuscire ad affascinare una donna e i trucchi per farla impazzire a letto. Al termine di quella vacanza Makiko gli propose di liberarsi delle due mummie - così chiamava i suoi nonni - rimanendo accanto a lei come suo protetto. Lui non ci aveva pensato su due volte ed aveva accettato subito. Fu così che si trasferì a Kanagawa, in una villetta in cui lei lo avrebbe raggiunto facilmente ogni week-end. 
Durante la settimana Makiko viveva col marito a Tokyo, dove seguiva anche i suoi numerosi affari. Lui si iscrisse in una scuola lì vicino e decise di entrare nel club di basket, sport che lo aveva sempre affascinato, ma che i suoi nonni non consideravano adatto ad un ragazzo di buona famiglia come lui. Loro avevano stabilito che avrebbe dovuto fare kendo, dedicandosi all'arte della spada dell'antico Giappone.
Per fortuna nessuno nella nuova scuola gli fece troppe domande. Di amici non ne aveva, non era nel suo carattere trovarne. Tutto procedeva nel migliore dei modi.
Rimasero assieme per circa un anno. Poi, un giorno qualunque, gli arrivò una telefonata di Makiko durante la quale gli disse che, anche se le dispiaceva immensamente, doveva rinunciare a lui. Suo marito aveva scoperto ogni cosa e minacciava di denunciarla se non avesse smesso di vederlo. Si sorprese a pensare che, in fondo, non gli importava molto di perderla. Le era molto riconoscente, questo sì, ma ormai aveva imparato abbastanza da lei per potersela cavare anche da solo. Avrebbe trovato qualcun altro disposto a pagargli le sue abitudini lussuose.
Cominciò a frequentare locali dove sapeva che ricche signore cercavano la compagnia di giovani prestanti.
Ebbe parecchie amanti. Alcune duravano alcune settimane, altre poche notti. Finché, sei mesi fa, conobbe Karen. In fondo, era stato fortunato.
La donna distesa accanto a lui si mosse spostandosi addosso a lui baciandogli il petto.
"Devo andare a scuola domani mattina".
Si girò su un fianco dandole le spalle. Lei lo
abbracciò da dietro appoggiando il mento nell'incavo della sua spalla.
"Andiamo Kaede. Potresti anche saltarla per una volta, no?"
"Ci sono gli allenamenti".
Karen si scostò accendendo la luce e infilandosi una leggera vestaglia di raso bianco.
"Ah già! I tuoi preziosissimi allenamenti!"
Si alzò andando verso il mobile bar di quella stanza d'albergo e versandosi un bicchiere abbondante di bourbon.
"Dovresti smetterla di bere, Karen".
"Oh, andiamo! Non dirmi che ora ti preoccupi per me".
Rukawa non rispose. Rimase a fissare un punto imprecisato davanti a lui.
La donna si portò di fronte allo specchio ovale che stava in fondo alla stanza. Beve un sorso del forte liquido scuro. Mentre una mano abbassava il bicchiere, l'altra si alzava andando a sfiorare la liscia superficie che rimandava la sua immagine.
"Ho una nuova ruga".
"E' solo una tua impressione".
"Tu dici? La verità è che sono vecchia".
"Sei una donna splendida, Karen. Non temere".
Lei gli sorrise attraverso lo specchio.
"E tu sei un adorabile bugiardo".
Si avvicinò al letto e si sedette vicino a lui accarezzandogli i capelli neri.
"Credi che non lo sappia che a te non importa nulla di me? A te interessa solo il tenore di vita che sono in grado di garantirti. Ma a me non importa, sai? Mi basta pensare che tu starai con me anche la notte di domani e quella di dopodomani e quella del giorno dopo ancora per sentirmi ancora viva e in forze. Tu sei la mia giovinezza perduta, Kaede".
Si abbassò a baciargli la fronte. Rukawa si chiese se anche sua madre lo baciava in quel modo quando era viva. Ormai non se lo ricordava più.
Lei si alzò e si riposizionò davanti allo specchio.
Lui rimase immobile per qualche minuto, poi si sollevò a sedere e si infilò i pantaloni.
"Vado a farmi una doccia".
Karen non gli rispose, troppo occupata a continuare ad osservare la sua immagine.
Rukawa si mise sotto il getto caldo, stando ben attento a cancellare ogni traccia della donna che poteva essere rimasta su di sè. Si comportava proprio come un uomo che è appena stato con l'amante e che ora deve tornare a casa dalla moglie. Ma lui non aveva nessuno ad aspettarlo a casa. Solo, gli dava molto fastidio conservare tracce della sua vita notturna.
Quella era un'altra cosa, non c'entrava con lui. Se si concentrava bene a volte se ne dimenticava pure. Quando tornò nella stanza trovò Karen sdraiata nel letto, sprofondata in un sonno pesante. Sul suo comodino c'erano un tubetto di sonniferi e il bicchiere di bourbon vuoto.
Kaede scosse la testa contrariato. Si rivestì in fretta e uscì dalla camera senza fare rumore. Di fuori, la notte lo accolse stringendolo nel suo gelido abbraccio.

Il club si stava lentamente svuotando. I pochi avventori rimasti erano quasi tutti abitué. Il ragazzo al bancone stava mettendo a posto i bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie.
"Ehi, Angelo del Fuoco! Versamene un altro, per favore".
Hanamichi assentì con il capo e prese la bottiglia di whisky dietro di sè, riempiendo il bicchiere indicatogli.
"Questo è l'ultimo, fra poco chiudiamo".
Il cliente fece una smorfia contrariata e si concentrò nuovamente sul suo drink.
"Buona sera, mio focoso Angelo".
Il rossino si voltò verso quella voce lasciva che lo aveva apostrofato. Di fronte a sè c'era il biondino della sera prima che lo guardava con un sorriso famelico.
"Stiamo per chiudere, se vuoi qualcosa sbrigati ad ordinare".
Il ragazzo si sedette su un alto sgabello continuando a percorrergli tutto il corpo con gli occhi.
"Temo che quello che desidero non sia contemplato nel menù".
Si passò la lingua sulle labbra con fare goloso.
"Se non vuoi niente puoi anche uscire".
Il giovane dai capelli lunghi storse un po' il naso.
"Non è carino trattare in questo modo chi si preoccupa tanto per te. Sai, mi è dispiaciuto molto svegliarmi stamattina e non trovarti più al mio fianco. Perchè te ne sei andato senza nemmeno salutarmi?"
Sakuragi lo guardò dritto negli occhi senza rispondergli. Quando l'altro abbassò lo sguardo, si voltò tornando al suo lavoro. Il biondino rimase nel locale finché non ne fu annunciata la chiusura. Allora si alzò e andò vicino ad Hanamichi.
"Aspetto che tu abbia finito".
"Perchè mai dovresti aspettarmi?"
Gli occhi marroni del ragazzo si allargarono stupiti.
"Bè, pensavo che avremmo potuto ripetere la piacevole esperienza di ieri sera".
"Temo di doverti deludere, allora. Non ci sarà proprio nessuna replica".
La bocca del giovane si aprì senza emettere alcun suono.
"Scusami, ma ora ho da fare".
Il rossino si sentì afferrare per un gomito.
"Aspetta! Cosa... cosa vuol dire questo?"
Hanamichi lo guardò con aria annoiata. Tutte le volte la stessa scena. Possibile che non potesse farsi qualcuno senza poi doversi sorbire il loro isterico attaccamento? Ma che cavolo volevano tutti? In fondo faceva sempre in modo che non conoscessero nemmeno il suo nome e stava bene attento che non gli venisse rivelato il loro.
Il viso del biondino si contorse in un ghigno malizioso.
"Oh, ora ho capito! la prima volta è gratis, ma dalla seconda si paga, giusto?"
Si frugò in una tasca dei pantaloni tirandone fuori una mazzetta di banconote.
"Allora, sentiamo! Quale sarebbe il tuo prezzo?"
I begli occhi nocciola di Sakuragi si dilatarono dalla rabbia. Afferrò l'altro ragazzo per il collo della maglia portandoselo a pochi centimetri dalla faccia. 
Tremava per la violenza con cui si stava trattenendo dal dare una testata su quel nasino perfetto!
"Io non mi vendo proprio a nessuno, è chiaro? Mi fanno schifo le persone che danno via la propria dignità per una manciata di sporchi spiccioli! Ciò che faccio e, soprattutto, con chi e quando sono cose che decido solo io e nessun altro. Ieri sera mi andavi bene perchè ero ubriaco, ma ora non mi farei sbattere da te neppure se mi offrissi in dono l'intero Giappone!"
Lo lasciò andare facendolo sbattere contro la parete.
"E ora sparisci e vedi di non  ronzarmi più intorno. La prossima volta potrei non essere altrettanto clemente".
Il biondino, terrorizzato, si volatilizzò nel giro di un nanosecondo.
Sakuragi sorrise soddisfatto. Uno scocciatore in meno.

Continua...



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