Leo

di Greta


Era buffo notare come tutte le persone, qualunque fosse l’età o il mestiere, si facessero catturare dalle abitudini!
Ogni mattina, da mesi ormai, lui e i suoi amici salivano sullo stesso vagone e sedevano sugli stessi sedili del treno che li portava a scuola, e ogni mattina incontravano le stesse facce!
Il suo gruppo era composto da quattro persone, tutti studenti delle secondarie, anche se parecchie volte si riduceva a lui e Leonardo. Quella mattina, però, erano al gran completo: Giovanni era seduto accanto a Davide, mentre Leonardo era come sempre alla sua destra, padrone del sedile che si affacciava sul corridoio.
Davide e Giovanni erano suoi compagni di scuola, mentre Leonardo frequentava il quarto anno del Liceo Artistico. 
Tutti gli altri viaggiatori abituali di quel vagone li conoscevano: indubbiamente loro non facevano molto per far passare inosservata la propria presenza. La maggior parte del tempo erano infatti impegnati in feroci discussioni: lui e Leonardo erano infatti differenti come il giorno e la notte, già a partire dall’aspetto fisico, con Leonardo biondo, con i capelli lunghi fino alle spalle, lisci, che teneva legati in un ciuffetto, gli occhi azzurri e la pelle molto chiara, il viso dai tratti delicati, quasi effeminati, nonostante il fisico alto, asciutto ma muscoloso grazie agli allenamenti di nuoto. Lui invece aveva i capelli castani, corti, con la tendenza ad arricciarsi, era sì alto e magro, ma la pallavolo lo aveva reso più robusto. Anche il modo di vestirsi era completamente diverso: la kefia e i jeans di Leonardo contro i suoi anfibi e la sua giacca di pelle, così come diverse erano le scelte del percorso scolastico: come già detto Leonardo aveva deciso di seguire la propria vena artistica, ed effettivamente disegnava molto bene, mentre lui, un po’ per propria scelta, un po’ per pressione dei genitori, aveva deciso per il Liceo Classico.
Così diversi, erano però molto amici da quattro anni. Ovviamente lui non avrebbe mai ammesso una cosa del genere davanti ad estranei... ma, tutto sommato, neanche allo stesso Leonardo! Si vedevano spesso anche il pomeriggio, quando riuscivano a liberarsi dai rispettivi allenamenti sportivi e dai compiti per la scuola. Si vedevano, uscivano insieme, ma poi in treno ricominciavano i loro litigi, come se fossero poco più che estranei. E lui sapeva di essere l’unico responsabile... l’artefice di questa stupida finzione: infatti Leonardo era una persona molto trasparente, che soffriva di questi continui sbalzi di umore, dei rimproveri che considerava ingiusti, della continua derisione per quella scuola che l’altro si ostinava a prendere in giro, definendola di serie B, di quelle umilianti interrogazioni di storia o inglese con testimoni tutti i passeggeri del treno... Eppure lui non riusciva a fermarsi... aveva paura, gli serviva questa corazza, gli serviva per ricordarsi che quei sentimenti erano sbagliati, che quei pomeriggi in cui si addormentava tenendolo tra le braccia non erano che uno sciocco gioco da ragazzi, perché lui... LUI era un uomo!
"... insomma, se non riuscissi a diventare un grande disegnatore di manga..."
"E non ci riuscirai, questo è certo!" scherzò Giovanni.
"... vabbè, se non dovessi riuscirci, potrei entrare in aviazione..." Leonardo aveva ricominciato con i suoi discorsi sconclusionati!
"Sei proprio idiota! Ma non lo vedi quanto sei incoerente!? Prima vai in giro con la kefia e dici che sei pacifista, e poi vuoi entrare nell’esercito!" lo aggredì, alzando la voce.
"ma perché... non è incoerente... pensa alle missioni di pace!" riuscì a rispondere Leonardo, pensando di essere riuscito a cavarsela bene, stavolta.
"Sei un idiota... sai bene che le missioni di pace non esistono... se vai stringendo tra le mani un mitra non puoi chiamarla missione di pace..." poi, rivolgendosi agli altri due "è incredibile quante idiozie sia capace di sparare! Ogni volte se ne esce con una diversa..."
Giovanni e Davide risero. Per loro era come uno spettacolo uguale e nuovo ogni giorno. Era divertente osservare gli altri due scannarsi ogni giorno, intuendo comunque che sotto sotto fossero buoni amici,
Il viaggio continuò così, con uno che rimproverava, l’altro che cercava di giustificarsi, e tutti e due che si intimavano vicendevolmente di abbassare il tono di voce.
Finalmente arrivò la loro fermata. Davide e Giovanni si avviarono velocemente verso l’ingresso della scuola, consapevoli di dover trovare qualcuno da cui copiare il compito di latino, mentre loro proseguirono con un passo un po’ più lento.
"Io non capisco perché ogni volta tu debba farmi sentire una persona di serie B, come se nel mio Liceo crescessero degli zoticoni, come se io non potessi avere che idee sciocche e puerili..." si stava lamentando Leonardo.
"Mph" mugugnò lui.
"E poi io disegno bene... spero davvero di farcela... a scuola stiamo partecipando ad un concorso indetto da un mensile di manga... la migliore storia, che significa trama e tavole, verrà pubblicata!"
Non sapeva perché, ma aveva una voglia terribile di dirgli che tanto non ce l’avrebbe fatta, di elencargli tutti i suoi difetti... era così: ogni volta che Leonardo parlava dei propri sogni, lui ardeva dalla voglia di attaccarli... di distruggerli...
Stavolta cercò di trattenersi, e riuscì a mantenersi in silenzio.
"Oggi pomeriggio ho gli allenamenti... devo fare non so più quante centinaia di vasche stile..." riprese l’altro.
Qui sbottò: "Che diavolo Leo! Ma non ci sei andato ieri agli allenamenti?!"
Leonardo alzò la testa per guardarlo:
"Sì, ma lo sai che avrò le gare tra due settimane!"
"Già, per quello che vali! Tutti in piscina riescono a fare tempi migliori dei tuoi..." gli disse sarcastico.
"ma... ma... sai benissimo che non è vero! Poi quest’anno sono migliorato un sacco... Sono sceso di 2 secondi!"
"A me lo ha detto Simone..." si stava davvero divertendo!
"E tu gli hai dato retta? Ma se lui me lo lascio dietro di mezza vasca!" Leonardo ora stava cominciando ad alterarsi... era davvero facile farlo andare in bestia!
"Bah, lui non ha detto così..." questa volta non riuscì a reprimere la risata...
"Ma allora sei proprio uno stronzo! Per fortuna che io non ti avevo creduto!"
"Sì, sì! Evidentemente avevo ragione, anche se avevo sparato a caso!"
Per un po’ Leonardo tenne il broncio. Sembrava deciso a non perdonargliela... evidentemente non ce la faceva più a sopportare i suoi scherzi... poi però sembrò risvegliarsi dai propri sogni a occhi aperti:
"Se vuoi potremmo vederci davanti alla piscina verso le otto..." mormorò fermandosi.
"E perché mai? Che me ne frega di vederti!" gli rispose lasciandolo indietro sul viale della scuola.

Faceva freddo, un vento gelido stava imperversando su tutta la città... e poi aveva voglia di tornare a casa... per non dimenticare la montagna di esercizi di trigonometria che lo attendeva... e invece stava lì, intirizzito, appoggiato a un muro!
"Allora sei venuto!" la voce stupita e contenta di Leonardo lo investì all’improvviso.
"Mi trovavo a passare di qui, non credere che..." non fece in tempo a finire che si trovò le labbra di Leonardo sulle proprie.
"Ma che cazzo fai! Staccati, idiota!"
Leonardo si ritrasse senza perdere il sorriso, nonostante quell’accoglienza: "Guarda che a quest’ora qui non c’è nessuno..."
"Non me ne frega niente... io non sono una checca come te! Dovresti ricordartelo!"
Queste parole andarono a segno. L’espressione di Leonardo si incupì... era sempre così: non poteva mai prendere l’iniziativa, lui non era che la ‘vergogna’ della vita dell’altro...
"E adesso che cazzo c’hai? Sbrigati, che i miei sono andati a teatro e tornano verso mezzanotte... gli intimò.
"No, non vengo..." Leonardo sentiva gli occhi bruciargli.
"Piantala di fare il deficiente. Non ho tutta la sera..." che diavolo stava succedendo a quell’idiota?
Si avviò, ma poco dopo sorrise tra sé e sé nel constatare che l’altro lo stava seguendo. Per un momento si era quasi preoccupato...
Erano appena entrati, il portone si stava ancora chiudendo e già aveva addossato Leonardo al muro, chiudendogli la bocca con la propria, mentre con le mani cercava di spogliarlo il più in fretta possibile...
Era sempre così, quando lo aveva a disposizione non poteva trattenersi... già quell’ultimo pezzo a piedi era stato una tortura... non vedeva l’ora di poterlo bloccare sotto di sé, di dominarlo per provare quelle sensazioni che con le ragazze non era mai riuscito a provare.
Fu mentre risaliva verso il viso del compagno che si rese conto che qualcosa non stava andando come al solito...
Il viso di Leonardo era bagnato di lacrime, sebbene il ragazzo non emettesse un singhiozzo.
"Che ti prende adesso? Ti sei dimenticato che i miei torneranno tra un po’? Vogliamo perdere tutta la serata... insomma! Ma che cazzo vuoi stasera!"
"Cosa credi che abbia, stronzo! Sono stanco di essere la tua puttana! Ti stupisce... ti stupisce che possa soffrire... io mi sono innamorato di te! ...e per te non sono... non sono altro che..."
Gli rise in faccia. Era quello, solo quello. Ancora...
"Lo sai benissimo che per me è solo sesso... non te l’ho mai nascosto! E ora piantala."
Ma l’altro si stava cominciando a rivestire.
"E adesso dove penseresti di andare?" cominciava a pensare di avere esagerato...
"A casa... mia madre sarà preoccupata non vedendomi tornare..."
"Non dire stronzate, tua madre fa il turno di notte in ospedale... e poi IO non voglio che te ne vai, non ancora, non ho ancora finito!"
L’altro scosse la testa, mentre cercava di raggiungere l’uscita. Ma due braccia forti lo afferrarono:
"Ti ho detto che da qui non te ne vai..." gli disse sbattendolo sul pavimento.

La mattina successiva Davide gli chiese se sapesse perché Leo non fosse andato a scuola. Gli rispose di non sapere niente, ma in realtà era piuttosto preoccupato. La sera precedente ci era andato giù pesante... in effetti lo aveva praticamente violentato sul pavimento di casa... Leo sanguinava, ma lui non si era fermato, poi si era addormentato, e al risveglio si era trovato solo...
Qualcosa di simile ad un senso di colpa cominciò ad assalirlo... possibile che dovesse provare qualcosa di così... strano... doloroso per quella stupida checca?
All’intervallo lo chiamò. Il cellulare suonava libero, ma non ci fu risposta.
Quante volte l’altro gli aveva detto di fermarsi, che non voleva? Sentiva ancora la sua voce disperata nella testa... ma perché non si era fermato? Faceva finta di non saperlo, ma lo sapeva più che bene... Aveva bisogno che Leo fosse solo suo, aveva sempre odiato tutte le altre passioni del suo amico, il disegno, il nuoto, per questo: perché lo allontanavano da lui, perché erano delle cose che lo escludevano! Ma cosa andava a pensare: lui era normale... probabilmente si trovava in quello stato dell’adolescenza in cui si verifica l’esplosione ormonale e si vuole sperimentare un po’ di tutto...
Quante stronzate si stava raccontando! Scosse la testa e decise di passare da casa di Leo appena dopo la scuola. Dovevano parlare... forse doveva spiegarsi...
Arrivò alle tre in punto. Suonò al campanello, sperando che l’altro non lo costringesse ad una piazzata pubblica...
Leo non fece in tempo ad aprire il portone che lui fu dentro. Fu doloroso vedere l’altro ripararsi con le braccia, come a proteggersi da un assalto... eppure era lui che lo aveva ridotto così!
"Cosa vuoi? Vattene, non ti è bastato quello che mi hai fatto ieri sera!" il ragazzo aveva lo sguardo impaurito di un animale braccato. E lui non poté fare a meno di osservare i graffi recenti che gli si allungavano sul collo, la difficoltà a camminare che gli rendeva lento ogni spostamento... e capì, capì finalmente cosa aveva tentato di fare quella sera: sì, aveva considerato Leo la sua ‘puttana’, una puttana che doveva rimanere silenziosa per non turbare la sua immagine di ragazzo e studente modello, e quando questo ‘lato oscuro’ aveva cercato un riconoscimento, aveva cercato di umiliarlo, di rispedirlo nell’angolo...
"Leo, mi dispiace..."
"Non me ne frega niente, vattene!"
"Non prima di averti detto che..."
"Che cosa? Che i tuoi genitori stasera non ci sono?" 
Una stilettata meritata... abbassò la testa:
"Ti voglio bene, te ne volevo anche prima, ma non riuscivo ad ammetterlo..."
Il tono di Leo voleva continuare a essere sarcastico, ma non ci riuscì del tutto quando rispose:
"Non ti sembra un po’ tardi?"
"No, se tu mi vuoi ancora un po’ di bene... io non sono quello di ieri sera, lo sai..."
"Mi dispiace, non ti conosco... non ti conosco più!"
"Leo... ti prego..." implorò avvicinandosi.
"Stai lontano..." lo ammonì l’altro, facendo riemergere la paura.
"Non ti toccherò più, se non vuoi. Ma promettimi di pensarci..."
Leo non rispose.
"Lo prendo per un sì, ma non ho fretta... posso aspettarti, almeno quanto hai aspettato tu..."
Si avviò verso il portone e uscì.
Non sapeva cosa fare. Odiava dover dipendere dalle decisioni di un altro, lui che aveva sempre cercato di dominare...
Erano le due di notte, non riusciva proprio a prendere sonno.
Si girò per la trecentomilionesima volta... chissà cosa stava facendo Leo... Idiota! Stava dormendo, che altro doveva fare alle due di notte!
In quel momento gli squillò il cellulare... lo prese in mano e rimase qualche istante immobile come un ebete a fissare il nome che era comparso sopra lo schermo:era lui… era il suo nome!
"Pronto... Leo!" esclamò raggiante.
All’inizio non ebbe risposta, poi udì la voce ben nota, un po’ intimidita e un po’ scherzosa che chiedeva:
"Ehm... domani mattina... sempre primo vagone?"



FINE




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