Disclaimer: I pg sono miei dal primo all’ultimo, quindi la loro triste sorte è in mano mia bwahahahahah ß risata da delirio d’onnipotenza. L’ Alabaster Angel e tutti i luoghi sono di mia creazione… tranne la città di Bergen che appartiene alla Norvegia ^^;;

Ehi -_- ricordati di dire che Vajrin è di Pam e che la ringrazi per avertelo prestato -___- ndMilos

Già già, grazie signorina per averci creato questo meraviglioso angelo *_* ndEros

Tzè -_-… grazie... ndMilos

Ehm... sì… effettivamente Vajrin è di Pam_chan e devo ringraziarla per avermelo prestato ^^. Assie more ^*^ ndSaku

Anche se non c’è nessuna menzione di termini o richiami diretti, l’ambientazione non è, purtroppo ç_ç, di mia invenzione, ma della White Wolf Game Studio, creatrice di “Vampire, The Masquerade”, gioco di ruolo nell’ambito del quale nascono tutti i personaggi e i luoghi presenti nella storia.

Note: Se questa cosa vi fa schifo prendetevela con Pam che me l’ha chiesta… ma a parte questo… vi anticipo che sarà una fic stranissima perché… beh, lo vedrete ^-^

Note 2: Nel capitolo 5 Vajrin piange e volevo specificare che i vampiri piangono sangue, e non hanno sperma, ma sempre sangue. Saliva, liquido di lubrificazione degli occhi, invece, sono normali. ^^

Vista l’ambientazione, c’è da dire anche che se un vampiro beve da un altro, per tre volte, in tre sere diverse, si crea il cosiddetto ‘legame di sangue’ che porta chi ha bevuto ad amare, in eterno, la persona da cui lo ha fatto.

Dediche: A tutti coloro che hanno bisogno di un raggio di luce in un momento di oscurità.

A Pam, mia luce, colei che ha portato luce e pace nella mia anima ricreandola e ricostruendola, portandola a nuova vita.

 


 

LE MIE DUE ANIME PER TE

 

Sesto capitolo

 

Di Sakuya

 

CAP 6:  SORRISI

 

POV MILOS

 

Entriamo in casa e Vajrin si rilassa completamente, si toglie la bandana che usa per coprire le orecchie, e comincia a muoverle ritmicamente avanti ed indietro.

Non so perché, ma quelle sue orecchiette sono una specie di piccola calamita per me, non riesco a non fissarle, ma il vero problema è un altro. Mi viene davvero una gran voglia di toccargliele.

In realtà, credo che la vera calamita sia lui. Non mi sono mai sentito attratto da nessuno, e questo mi spaventa, come mi impaurisce anche il fatto che ora lui sia qui, in casa mia, e che in qualsiasi momento potrebbe leggermi dentro, spogliarmi del mio stesso corpo, mettere a nudo la mia anima, e tutto questo senza che io possa fare assolutamente niente.

“La casa la conosci, no?”

“Ehm… sì…” mi fa un sorriso candido e tranquillamente comincia ad andare verso le camere da letto.

“Milos…” la sua voce dolce mi arriva alle orecchie e il mio cuore, se ne ho ancora uno, si sente improvvisamente più leggero. Non so perché, ma succede sempre così, cioè, succede così da quando conosco questo micetto…

Mh?”

“Dove… dove dormo io?”

Si picchietta un dito sulle labbra, in attesa di una mia risposta… e io… che dovrei dire?

Una stanza in più ci sarebbe, ma so già che se gli dicessi di dormire di là ci resterebbe malissimo… ma ce la faccio davvero a farlo dormire con me?

Dove hai dormito l’altra volta.”

L’ho fatto, mi sono rovinato con le mie stesse mani chiedendogli di dormire con me… nel mio letto, con il rischio di ritrovarmelo avvinghiato al risveglio… questo gattaccio è capacissimo di farlo!

Un sorriso enorme gli disegna le labbra e i suoi occhi brillano come fossero stelle. Ogni volta mi stupisco di come possa fare tanto con così poco.

Non ho mai creduto a tutte quelle stronzate sul potere delle parole, a me le parole hanno portato solo dolore, ma sembra quasi che con lui tutto sia diverso, sembra che lui riesca a sovvertire ogni mia aspettativa e ogni mio pensiero.

Appoggia l’unica valigia che gli ho permesso di portare a terra, delicatamente e poi si butta direttamente sul letto.

Scuoto la testa mentre metto a terra le due che portavo io. Questo moccioso ha racchiuso in tre piccole valigia la sua intera esistenza ed è partito alla volta di un mondo diverso, alla scoperta di qualcosa che non sapeva di volere, ma che cercava disperatamente.

Ha ragione Eros, si vede dai suoi occhi che è in cerca solo di amore e protezione, solo di quel calore che gli è sempre stato negato.

Ma come posso dargli io calore? Non stiamo parlando di Eros che è in grado di far commuovere i sassi tanto è generoso, gentile, dolce e tutte quelle smancerie, ma di ME!

Questo esserino sembra avere molto meno dei tre secoli che si porta sulle spalle, sembra un ragazzino di 15 anni, e forse è lì che il suo cuore si è fermato.

“Vuoi che faccia qualcosa? Ti serve aiuto? Vuoi che…”
”No!” Vajrin abbassa le orecchie alla mia risposta, secca e dura… ma perchè devo badare a come parlo???

“Non preoccuparti… va bene così… va a farti una doccia…” Lui si rilassa e mi sorride di nuovo, apre una valigia e ne tira fuori spazzola, bagnoschiuma e via dicendo, dopodichè mi schiocca un bacio sulle labbra e si infila in bagno come niente fosse.

E’ già la seconda volta che lo fa e io rimango impalato, imbambolato come un perfetto idiota!

Dovrei stabilire le regole, mettere bene in chiaro che non ho alcuna intenzione di essere come Eros, che baci lui se proprio vuole, ma non me!

Senza neanche accorgermene comincio a tirare fuori i suoi vestiti dalle valigie, li sistemo sul letto, e poi comincio a far spazio nell’armadio. Se metto i miei vestiti e quelli di Eros insieme, due ante dovrebbero bastare per le cose del gatto, no?

Mi rendo conto di quello che sto facendo solo al suono della sua voce che mi chiama, dolce, melodiosa e delicata come sempre.

Se avessi un cuore però, di certo mi prenderebbe un infarto nel vederlo in questo… stato?

E’ mezzo bagnato, goccioline impalpabili e piccolissime gli imperlano il corpo e i capelli gli stanno attaccati al viso, mettendo ancora di più in risalto le orecchie e i suoi grandissimi occhi.

“Senti Milos, mi sa che il rubinetto del lavandino perde… continua a fare plic plic, lo sento anche se sono sotto la doccia!”

“… Ah…”

“Ok torno a lavarmi, ciao ciao!” Mi saluta con la manina sorridendo e io continuo a fissarlo mentre entra in bagno, sento l’acqua che si apre e immagino la fortuna che ha quel getto di poterlo toccare…

Stop. Rewind. Che mi importa di toccarlo??

Niente!!

Non posso lasciarmi andare, proprio non mi è concesso… fino ad ora ho già compiuto così tante azioni che non credevo di poter realizzare, è come se questo gatto mi stesse spingendo su sentieri che mi erano sconosciuti, obbligandomi a percorrere vie che credevo mi fosse precluse, l’ho persino baciato, e mi lascio toccare da lui senza problemi.

Che significa questo? Che tutto sta cambiando e io sto tornando a vivere, nonostante sia morto? Non lo so davvero, e soprattutto non credo mi sia concesso, quindi non ci spero, e cerco di non pensarci, perché se mi stessi sbagliando soffrirei, ma la cosa che mi fa più male e più paura, è il far soffrire Vajrin.

Sto cominciando ad affezionarmi a quel micetto, tanto da preoccuparmi per lui e per la sua felicità. Forse perché ormai lo considero un piccolo angelo dalle ali candide, l’angelo piovuto dal cielo solo per salvarmi.

Sono impazzito? Forse, anzi, di certo…

 

Ali splendenti di luce, sorrisi colmi di gioia, occhi che brillano di serenità e felicità. So che non posso darti tutto questo, ma mi accontento di guardarti, anche dall’ombra che ti segue e cerca di inghiottirti. Lui ti darà la luce, io impedirò al buio di impossessarsi di te…

 

Mentre sono immerso nei miei pensieri, semi sdraiato sul letto, con la schiena appoggiata alla spalliera e il braccio che mi copre gli occhi chiusi, una mano, dolcemente, fredda come la morte, e calda come il cuore di colui che la muove, mi sfiora leggermente, e quando riapro gli occhi, un sorriso dolce illumina il viso di Vajrin, e io, di riflesso, accenno un sorriso.

Che ti va di fare?”

“Sistemo le valigie se posso.”

“A dire il vero… ho già messo alcune cose nell’armadio, il resto dei vestiti li ho messi lì, sulla poltrona, puoi prendere le due ante di sinistra, se vuoi un armadio tutto tuo però, puoi usare quello della stanza degli ospiti…”

“Oh no non preoccuparti! Tanto ho poche cose, mi bastano le due ante, sempre che la cosa non ti infastidisca… o non dia fastidio a Eros!”

Un sorriso divertito mi sale alle labbra. Devo ammettere che tutti gli scrupoli che si fa, la costante attenzione a cercare di non ferire me o Eros, è davvero ammirevole, e mi lascia ancora stupito. Però… che altro c’è da aspettarsi da un angelo, se non il desiderio costante di rendere felici i suoi protetti?

Sto diventando davvero monotono, e sto correndo come un matto. Mi sono messo in casa uno mai visto, lo conosco, da quanto? Un secondo? Eppure l’ho portato nella mia stanza e nel mio stesso letto, dandogli la possibilità di uccidermi in qualsiasi momento, ma… se lo facesse, non farebbe altro che confermare ogni mia aspettativa.

Non si può ricevere altro che pugnalate alle spalle, e poi, se mi uccidesse davvero… farebbe solo il mio gioco…

La vera sorpresa sarebbe il contrario, sarebbe svegliarmi ogni notte, e vederlo al mio fianco, sapere che un altro giorno è passato e che ancora lui non mi ha tradito. Possibile che gli stia dando tutta questa fiducia, che da un giorno all’altra tutto sia scomparso? Ogni paura, ogni remora, ogni altro pensiero che non sia quello di renderlo felice, ed essere felice io stesso di riflesso?

Non lo so davvero, non riesco a capirmi, anche se forse, il punto cruciale di tutto questo, è che non voglio comprendermi, non voglio affatto trovare una giustificazione valida alle mie azioni, perché questo vorrebbe dire leggermi dentro, e mettermi molto più in gioco di quello che non abbia fatto fino ad ora.

“Milos?”

“Scusa… no, prendi pure l’armadio, non ci sono davvero problemi.

Grazieeee!!” Mi schiocca l’ennesimo bacio sulle labbra e poi si mette tutto contento a sistemare i suoi vestiti.

Mi chiedo come sia possibile che abbia tutte queste energie in corpo, e perché mai abbia così tanta voglia di baciarmi le labbra.  Non che le sue non siano più che invitanti, ma non sarebbe meglio donare a piccole dosi gesti così significativi e allo stesso tempo impegnativi? Ormai conosco il suo passato, quindi non posso di certo avere il sospetto che lo faccia solo perché è un gesto privo di valore, ma… sono davvero così importante per lui?

Perché mi baci sempre?” Vajrin si volta sorpreso e sussulta leggermente non appena comprende appieno le mie parole, ma di certo deve avere frainteso, perché abbassa lo sguardo e appiattisce le orecchie come se lo avessi sgridato dopo una marachella.

Scu-scusa... non… non lo farò più…”

Mi alzo scuotendo la testa, mentre lui si rimette s sistemare i vestiti, solo che ora lo fa come se portasse sulle spalle un masso pesante una tonnellata.

“Micio… lo chiedevo per curiosità, non m da affatto fastidio, sai?”

“Davvero?” Una piccola luce torna ad accendergli gli occhi, come se sperasse di aver sentito bene, mentre le orecchie si alzano di nuovo, come animate da nuova vita.

“Sì, davvero…”

“Ehm… ecco… perché… perché mi piace…” Un rossore intenso gli pervade il viso, retaggio di un passato che la fa ancora da padrone. Noi non arrossiamo, non sospiriamo, non ci eccitiamo. Ma spesso la nostra mente è ancora troppo attaccata alle abitudine prese nei pochi anni vissuti, che non riesce a non far compiere al corpo azioni che sono del tutto inutili ed innaturali… bella parola per degli esseri che sfidano la Vita e la Natura, non c’è che dire…

Mi abbasso e sfioro le sue labbra con le mie, poi mi limito ad accennare un sorriso e a voltarmi, tornando verso il letto. Un dolce peso però mi si aggrappa alla schiena, e mi stringe con una forza quasi disumana.

“Grazie, grazie, grazie, grazie!! Milos… io… ecco… ti voglio bene!”

Lui mi vuole… che?

Lo faccio scendere di forza dalla mia schiena e lo obbligo a guardarmi. Vajrin tiene gli occhi bassi, come cercando di nascondere la colpa che prova per aver osato dirmi una cosa del genere. Di certo è convinto che a lui non sia concesso, che non possa voler bene a qualcuno, senza che questo qualcuno provi disgusto per lui e per i suoi sentimenti.

“Io… scusa... ti prego…”

“Zitto, ripetilo!”

Cosa?”

Ridillo!”

“Ti… ti voglio… bene…” la voce tremante, incerta, convinta di ricevere in cambio solo insulti, impaurita da un rifiuto, l’ennesimo, la riprova che lui è un essere maledetto, destinato solo a sporcare quelli con cui viene in contatto. E’ come me, certo che niente e nessuno possa apprezzarlo davvero, sicuro di essere rivolto solo al male, perché da lui solo quello può nascere, odio, sofferenza, dolore, solitudine, morte.

“Io… io…” Chiudo per un attimo gli occhi: indietro non si torna, ricordalo Milos. Quando si percorre una strada si può solo andare avanti, non ci è concesso tornare sui nostri passi, perché il sentiero che ci ha preceduti viene cancellato di un passo, ad ogni tratto che avanziamo, e un altro passo viene portato alla luce, pronto ad essere perso una volta superato. Mai voltarsi indietro, sai bene che se e quando lo si fa, allora non si è più in grado di guardare avanti… a meno che…

A meno che non arrivi un gatto nero che ti prenda il viso e ti obblighi a guardare avanti, nella direzione in cui lui è, di fronte a te, pronto a camminare con te, pronto a vedere il sentiero davanti a voi illuminarsi, mentre quello alle vostre spalle si oscura, cancellato e dimenticato dal nuovo che prepotente chiede di prenderti con sé.

“… Anche io…”

Due occhi immensi si fanno ancora più grandi, polle di ambra che mi fissano incredule e sbigottite, certe di non aver affatto sentito cosa la mia voce, bassa e imbarazzata, ha pronunciato. E poi, un sorriso grande, dolce e luminoso, qualcosa che riesce a rilassarmi, ma soprattutto, capace di far giungere un raggio di sole in un antro colmo solo di freddo e buio. Gli occhi gli diventano lucidi e io mi limito a passare un dito lungo la loro linea leggermente allungata, così da fargli capire che non deve assolutamente piangere, non merito alcuna lacrima, ma soprattutto, non voglio che lui pianga per colpa mia.

Vajrin fa sì con il musetto e muove le orecchie, per una volta… non riesco a trattenermi e gliele sfioro leggermente, causandogli un fortissimo brivido, lo sento persino io, mentre gli occhi gli si chiudono e le labbra di aprono per permettere ad un profondo gemito di uscire.

“… Scusa…”

Il micetto scuote leggermente la testa cercando di riprendersi e riassumere un po’ di contegno. A dire il vero, non sono per niente pentito di quello che ho fatto… volevo toccare le sue orecchie e l’ho fatto… e la sua reazione mi ha piacevolmente colpito. Faccio un sorrisino compiaciuto prima che riapra gli occhi,e non gli do nemmeno la possibilità di farlo, o forse… lui spalanca gli occhi per lo stupore, non lo so a dire il vero, perché sono completamente perso in quello che ho appena fatto, senza pensare, senza rendermene realmente conto, cercando, per una volta, di agire solo spinto dal mio istinto.

Le sue labbra sono buone, e anche il suo sapore lo è. Sì, lo sto baciando, sto gustando ogni centimetro di questa bocca, ogni sua più piccola parte, sento la sua lingua incerta rispondermi, ancora non è sicuro di quello che sta accadendo, e forse nemmeno io lo sono. Non so perché mi sia presa voglia di baciarlo, forse perché il suo gemito mi ha provocato un piccolo brivido, o forse perché lo voglio da tanto, anche se non ero capace di ammetterlo. Perché lo sto baciando? Perché voglio farlo? Per una volta dovrei evitare di pensare e agire, dovrei solo godermi questo momento, e lo faccio.

Sento solo le nostre bocche fuse, le nostre lingue intrecciate, perse in una danza che non ricordavo, e che forse lui non conosceva. Sono felice di questo, sono felice di essere il primo a poter assaporare questo meraviglioso sapore…

Appena mi stacco tengo gli occhi chiusi per un attimo, cercando di non perdere il residuo del suo sapore, che sembra avermi invaso ogni cellula della bocca, qualcosa che sembra avermi pervaso anche la gola e lo stomaco, organi che non credevo di avere più, che credevo essere ormai solo tessuti atrofizzati, ma che sembrano invece, con un solo bacio, essere tornati miracolosamente in vita.

Riapro  gli occhi e li fisso in quelli castani di Vajrin, che ancora mi guarda stupito e incredulo per quello che è avvenuto, ma si riprende presto, mi getta le braccia al collo con un sorriso immenso e mi riempie il viso di bacini dolci e che mi inteneriscono.

Davvero posso provare questi sentimenti? Seriamente riesco a sentire emozioni che mi sono così lontane nei ricordi, da non essere nemmeno sicuro di averle mai provate? E per cosa? Un semplice bacio, un’azione normale eppure per me difficile, e persino impensabile da compiere.

“Sembri davvero un gatto…” il mio tono è calmo, ma lui si affretta a chiedere scusa, o almeno ci prova, perché gli metto due dita sulle labbra e gli intimo di non scusarsi, minacciando, come sempre ormai, le sue orecchie.

Lui le appiattisce d’istinto e poi scoppia ridere, una risata leggera e felice, dolce e brillante, tanto da rendere un po’ più sereno persino me, spingendomi a non pensare a nulla, almeno per il pochissimo tempo che ci separa dal riposo quotidiano. Altri incubi e ricordi mi aspettano, ma, almeno per ora, non voglio pensarci…

 

Mentre mi sveglio stanco, tanto da essere quasi indolenzito pur non avendo fatto nulla, con la mente piena di immagini devastanti, il sole è tramontato anche oggi, e anche oggi sono costretto a vivere un incubo ad occhi aperti.

Mi copro gli occhi con il braccio e aspetto di sentire un qualche rumore che mi faccia capire che quel gattaccio sta facendo danni da qualche parte in giro. Mentre dormivo mi pare di aver sentito il trillo di una sveglia, ma ero troppo intorpidito ed addormentato per sapere se era quello, oppure un suono presente nei miei sogni e che io ho preferito scambiare per qualcosa che mi tenesse legato alla realtà.

La mia attesa però comincia ad essere davvero lunga, possibile che quel felino mal riuscito sia finito giù in fucina?

Apro gli occhi e mi guardo intorno. Non ci sono i vestiti di ieri, nemmeno i miei a dire il vero, ed ora che ci faccio caso, sento il rumore sommesso della lavatrice nel bagno del corridoio. Ha attaccato la lavatrice… come se avessi bisogno di lavare vestiti o biancheria…

Non abbiamo fluidi corporei se non il sangue, non sudiamo, quindi non abbiamo odore… non che io non lavi gli indumenti, chiaro, ma non è che adesso Vajrin debba mettersi a fare la brava massaia di casa… quel gatto è senza speranze! Non capisce che basta la sua presenza a ripagarmi, e lo stesso vale per Eros, dell’ospitalità? Come se poi dovessi sfamarlo o chissà cos’altro

“Gattaccio, dove sei?”

Nessun miao in risposta. Mi alzo e prendo un paio di pantaloni dall’armadio, infilandoli lo chiamo di nuovo  ma di nuovo non ho risposte. Metto la prima maglia che mi capita e comincio a girare per casa, chiamandolo raramente ma guardando in ogni angolo. Rischiando di cadere perché metto le scarpe mentre cammino, guardo anche in fucina ma niente… non c’è… è sparito…

Non penso a niente se non a precipitarmi su per le scale, cercando di arrivare alla porta il più presto possibile. Dove si sarà cacciato? Che ho sbagliato stavolta? Perché se n’è andato?

Apro la porta di scatto e… un moccioso con una bandana nera sulla testa tira indietro la mano in cui aveva le chiavi, che stava chiaramente per infilare nella serratura, e alza il viso sorridendomi come niente fosse.

Lo prendo per un braccio e lo tiro dentro, infischiandomene di fargli male o di non sbattere la porta con l’altra mano.

“Dove diavolo eri? Che cazzo di fine hai fatto??”

“Pappe!!!” Mi sorride dolcemente, dopo il primo attimo di smarrimento, e mi mostra un thermos,di quelli grandi da più di un litro e io sento gli occhi allargarmisi e fissarsi increduli sulla plastica colorata dell’oggetto.

“Tu…”

“Ehm… avevo fame no? E allora sono uscito… però ho pensato che sarebbe stato carino se ti avessi portato la colazione, cioè… la cena al letto, ho comprato questo e ho cacciato anche per te…” Un sorriso enorme e assolutamente spontaneo e dolce, gli illumina il viso e gli occhi, due occhi stupendi che avrei voluto vedere al risveglio, proprio come ho fatto prima di cadere addormentato stamattina, al sorgere del sole.

“Stupido!” Ma invece di dargli lo schiaffo che merita per avermi fatto preoccupare inutilmente, lo serro tra le braccia, così forte quasi da rompergli le ossa…

Perché ero così preoccupato? Sono stupido o cosa? Se ne sarebbe andato dopo aver preparato la lavatrice? No, non mi avrebbe mai lasciato i panni da stendere…

Mi rendo conto di aver fatto una battuta idiota nella mia stessa testa, e sento la voce di Eros ridere leggera, in una risata simile a quella di Vajrin. Da quando c’è lui, sono persino riuscito ad ammettere che non odio affatto Eros, lo invidio certo, ma… non so se sarei lo stesso senza di lui, forse sarei troppo solo per andare avanti… anche se… adesso c’è Vajrin…

Quest’ultimo pensiero non mi stupisce nemmeno più tanto, sto cercando di non sorprendermi troppo per tutte le sciocchezze che mi fa pensare questo ragazzino, che poi ragazzino non è, anche se devo ammettere che qualche incertezza sul fatto che sia davvero io a pensare certe cose, mi resta. Allento la presa, e sento la sua farsi invece più serrata.

“Scusa Milos! Non volevo farti preoccupare!”

Shh, è passato… e grazie per la cena.” Lo scosto un po’ da me e gli sorrido leggermente, so che vorrebbe uno di quei sorrisi che fa Eros, ma davvero non ne sono capace, spero apprezzi anche i miei…

Prendo il thermos in mano e guardandolo sorseggio un po’ del sangue che mi ha portato. E’ ancora leggermente caldo, non è male, anche se… vorrei assaggiare di nuovo il suo… quest’ultimo pensiero sì che mi lascia stupito di me stesso, ma il suo sangue era così dolce…

Finisco la ‘cena’ che mi ha portato e poi vado in camera a cambiarmi, Vajrin rimane lì in salotto, picchiettando nervosamente gli indici di entrambe le mani tra di loro, in attesa che io dica o faccia qualcosa. Possibile che non possa fare un passo da solo? Però uscire per pendermi la cena, e farmi preoccupare come un matto, questo sì che può farlo, vero? Grr, ecco perché vorrei ammazzarlo a volte!

“Prendi i caschi e le chiavi della moto, andiamo all’Alabaster.  Mi urla on semplice ‘Ok’ in risposta, ma sento la sua voce chiara e allegra farsi serena, come sempre dopo che l’ho rassicurato, anche con una sola parola. Mi chiedo se ho davvero la forza per andare avanti così,ma… se anche non l’avessi, non è detto che non riesca a trovarla grazie a lui…

 

C’è una specie di mormorio sommesso, ma nemmeno troppo, quando chi mi conosce mi vede entrare con Vajrin al fianco. Devo ammettere che vengo raramente qui, di solito c’è Eros, ma basta vedere la differenza nel vestiario per avere una prima idea di chi c’è…

Jarod mi abbozza un saluto e sorride a Vajrin in maniera esageratamente felice. Quel ragazzino (e lui è davvero un ragazzino, visto che ha più di duecento anni meno di me) è sempre allegro e felice, un vero toccasana per l’anima, almeno così lo definisce Eros. Per me è solo esageratamente falso. Nessuno può essere sempre così allegro, anche se devo ammettere che da quando quel tizio moro, un nuovo arrivato che mi pare si chiami Kujaku (In onore di Kujaku di RGVeda *_* ndSaku), gli gira intorno, sembra realmente sereno, e il suo non sembra più essere solo un atteggiamento di facciata. Istintivamente guardo il micio accanto a me, che chiacchiera col barista e sorride tranquillo, chiedendomi se anche io potrò mai essere più sereno grazie a lui.

Mentirei se non dicessi che già un po’ lo sono, ma posso davvero raggiungere un livello al quale mi risulti semplice sorridere al mondo come fa il moccioso? Mi volto quando una manica del maglione a collo alto che indosso mi viene tirata, come quando un bambino tira la manica della camicia di sua madre per farsi dare ascolto.

“Milos… ti spiace se vado a fare un giro?”

“Vai.” Lui mi sorride e comincia a girare qua e là, salutando discretamente, ed improvvisamente di nuovo uomo maturo, le persone che conosce.

“Milos, scusate il disturbo, il Principe vuole vedervi. Mi volto verso la voce alla mia sinistra, che ho riconosciuto essere quella bassa e profonda di Serych, sempre composta, educata e atona. Faccio solo un cenno di assenso e mi dirigo verso le scale di ardesia che conducono al piano superiore. Quando sono in cima alla balconata, che unisce le due rampe di scale che si dipartono dai due lati opposti della sala, e che sovrasta l’intera area sottostante, do una rapida occhiata di sotto e vedo Vajrin chiacchierare di nuovo con Jarod. Non conosce quasi nessuno, in fondo è arrivato da nemmeno una decina di giorni, e io e Jarod siamo gli unici con cui abbia un po’ di confidenza. Con me, a dire il vero, ne ha un po’ più di ‘un po’, comunque Jarod lo fa ridere e poi sono certo che non ha cattive intenzioni, quindi posso stare tranquillo ed andare a sentire cosa vuole quel gran rompiscatole del Principe.

Quando esco dall’ufficio mi massaggio il collo. Ho un’altra missione, ma questa è facile facile, devo solo trasportare un po’ di soldi fino in banca… beh, un po’ tanti, ma non mi interessa molto.

Mi guardo intorno dalla balconata, per vedere che fine ha fatto Vajrin nel frattempo, e lo vedo parlare e sorridere leggermente e forzatamente ad un tizio dai capelli scuri che lo guarda in maniera alquanto equivoca. Che cavolo ci fa Vajrin con quel tizio? Perché cavolo Jarod non lo ha fermato? Adesso se ne sta appoggiato al bancone del bar a parlare con questo che, noto avvicinandomi, se lo sta letteralmente mangiando con gli occhi.

Ma dico, siamo impazziti? Sono io il pazzo qui, non si viene a rubare in casa dei ladri! Nessuno deve avvicinarsi a Vajrin, nessuno che so non avere intenzioni meno che nobili. Questo ha come minimo voglia di scoparselo! Io lo trucido seduta stante!

Arrivo alle spalle di Vajrin e lo abbraccio molto possessivamente intorno ai fianchi. Lui mi guarda sorpreso per il gesto, ma per niente stupito della mia comparsa, come se avesse saputo che stavo per arrivare. Mi sorride e si rilassa completamente lasciandosi andare contro di me, e io non faccio altro che stringerlo più forte e cominciare a camminare verso l’uscita.

“Andiamo.”

Ma… stavo parlando…”

Lo guardo duramente, cercando di nascondere la paura che mi invade. E se gli piacesse? Certo io non posso impedirgli di avere alcuna relazione, io non sono nessuno…

“Ti piace?” So che non sono stato io a chiederlo, ma anche Eros ha bisogno di sapere, e a volte riesce a soggiogare la mia volontà, spingendomi a fare cose che preferirei evitare, cercando di nascondermi da ulteriori sofferenze.

“No!! Bleah!! Perché?” L’ingenuità gli illumina lo sguardo, davvero non aveva capito che quello ci stava provando e voleva portarselo al letto? Dovrei spiegarglielo perché non capiti più una situazione del genere, ma… a che serve? Ci sarò sempre io a proteggerlo…

“Ci stava provando, ma non fa niente, se qualcuno ti si riavvicina lo ammazzo. La mia voce piatta e calma mi fa quasi paura, ma davvero sarei capace di uccidere chiunque toccasse o facesse anche solo un graffio al micio… il mio micio… Almeno finché la situazione non avrà una svolta, non è male considerarlo mio…

Lui continua a negare che quello volesse solo una determinata cosa per tutto il tragitto fino a casa, ma non mi importa molto, basta solo che stia bene.

 

Una doccia rilassante è quello che mi ci voleva, e mentre aspetto che anche Vajrin esca dal bagno, guardo distrattamente le cicatrici che ho sui polsi, e sfioro quella sul busto. Per la prima volta da quando sono ciò che sono, penso con tranquillità, e una serenità mai avuta, che se non fosse stata per questa, quelle sui polsi non ci sarebbero state, e se non ci fossero state quelle, io non sarei qui ora…

Per una volta… non mi dispiace aver attraversato indenne i secoli…

“Letto!!” Vajrin entra in camera e si tuffa letteralmente sul letto, al mio fianco, con un’espressione beata sul viso, gli occhi chiusi e un sorriso tranquillo sulle labbra.

Gli accarezzo istintivamente i capelli e lui apre gli occhi guardandomi, la solita luce splendente li illumina e mi fa sorridere, facendo fare lo stesso anche a lui, ma moltiplicando il mio gesto di mille volte in intensità e bellezza.

“Buon riposo Milos.” Mi sorride ancora, deposita un lieve bacio sulle mie labbra e mi si accoccola contro, pronto a ritirarsi se io volessi. Ma lo voglio? No, non credo.

Sogni nefasti mi attendono, come ogni altro giorno, e poi una notte uguale a questa mi desterà. Ma addormentandomi con due occhi castani incisi nella mente, e con la consapevolezza di ritrovarli al mio risveglio, mentre una mano mi accarezza i capelli, come ha già fatto in precedenza, mi rende un po’ meno ansioso. Verrà quel che verrà, sono pronto ad affrontarlo, perché per la prima volta ho un motivo per svegliarmi domani.

 

 

Sesto capitolo - Fine

 

 


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