Disclaimers: I pg sono miei dal primo all’ultimo, quindi la loro triste sorte è in mano mia bwahahahahah ß risata da delirio di onnipotenza. L’ Alabaster Angel e tutti i luoghi sono di mia creazione… tranne la città di Bergen che appartiene alla Norvegia ^^;;

Ehi -_- ricordati di dire che Vajrin è di Pam e che la ringrazi per avetelo prestato -___- ndMilos

Già già, grazie signorina per averci creato questo meraviglioso angelo *_* ndEros

Tzè -_-… grazie... ndMilos

Ehm... sì… effettivamente Vajrin è di Pam_chan e devo ringraziarla per avermelo prestato ^^. ‘Assie more ^*^ ndSaku

Anche se non c’è nessuna menzione di termini o richiami diretti, l’ambientazione non è, purtroppo ç_ç, di mia invenzione, ma della White Wolf Game Studio, creatrice di “Vampire, the Masquerade”, gioco di ruolo nell’ambito del quale nascono tutti i personaggi e i luoghi presenti nella storia.

Note: Se questa cosa vi fa schifo prendetevela con Pam che me l’ha chiesta… ma a parte questo… vi anticipo che sarà una fic stranissima perché… beh, lo vedrete ^-^

Dediche: A tutti coloro che hanno bisogno di un raggio di luce in un momento di oscurità.

A Pam, mia luce, colei che ha portato luce e pace nella mia anima ricreandola e ricostruendola, portandola a nuova vita.

 


 

LE MIE DUE ANIME PER TE

 

Secondo capitolo

 

Di Sakuya

CAP 2: ANGELO

 

Le gambe, che dovrebbero sorreggermi mentre mi sto per alzare, sembrano deboli, troppo per sostenermi, gli occhi, che dovrebbero aprirsi per guardare il mondo che li circonda, fanno più fatica del solito a schiudersi, forse anche a causa del momento, ancora troppo vicino al giorno, per me.

Ho avuto un altro incubo… una serie di sogni angosciosi che si rincorrerevano uno dopo l’altro, lasciandomi in un mare di profonda disperazione e in un lago nero di tenebre e oscurità.

Non so come riesco ad aprire gli occhi e alzarmi. La mia immagine si riflette nello specchio del bagno, nel quale sono appena entrato, e un’ondata di disgusto mi pervade mentre i miei occhi si rispecchiano in loro stessi, profonde azzurrità di un cielo che volge all’alba, senza stelle né luna né sole ad illuminarlo. Questo sono i miei occhi, pietre fredde e senza vita né luce, che rifuggono ogni contatto.

La doccia fredda mi aiuta a schiarirmi le idee e a cancellare le ultime immagini che hanno affollato la mia mente durante il riposo. Il mio è un sonno agitato, da sempre, un sonno popolato di incubi… ma nessun mostro o paura viene incarnato in essi, solo ricordi, ricordi di un passato lontano e da cui è dipesa la mia intera esistenza.

Stanotte devo essere concentrato e attento, se Andrej mi ha mandato a chiamare è evidente che abbia bisogno dei miei servigi… mi chiedo se dovrò spezzare la gambe a qualche umano che non rispetta le ‘regole’ che vigono in città, oppure tagliare la testa a qualche intruso che è stato così maleducato, da tentare di tener celata la sua presenza agli occhi onnipresenti del nostro caro sovrano.

La cosa non mi tange, non mi importa chi sia o cosa abbia fatto, io eseguo gli ordini, è per questo che sono stato chiamato qui, ed è per questo che qui rimango.

Infilo i pantaloni neri e il maglione ugualmente nero, e quasi per sbaglio lo sguardo mi cade sulla mia stessa immagine, riflessa questa volta dallo specchio che si trova all’interno di una delle ante dell’armadio. Eros ha messo fin troppi specchi in questa dannata casa!

Gli occhi mi cadono, quasi casualmente, su un marchio… qualcosa che porto su di me da tanti… troppi anni… qualcosa che mi impedisce di ricominciare a vivere… nonostante sia praticamente impossibile farlo, per chi è come me… ma sembra che Eros questo, riesca a dimenticarlo.

Sbatto violentemente un pugno contro lo specchio, frantumandolo, ma la mia immagine non scompare, anzi si ripete mille e mille altre volte, riportandomi con la mente a secoli fa, con i ricordi ad un tempo ormai perso, ad un luogo dimenticato, in cui non voglio più far ritorno.

Fiamme… fumo… e poi… un dolore allucinante, dentro e fuori… un ferro rovente premuto su un fianco e la cicatrice di una bruciatura, qualcosa che mi deturpa la pelle, partendo dalla base della schiena, risalendo fino a metà stomaco… tutto a causa della mia incapacità… tutto per colpa della mia stupidità…

Di nuovo uno scatto di rabbia mi porta a cercare di spaccare quei pochi frammenti che ancora sono attaccati all’armadio, ma non faccio altro che tagliarmi una mano, solo questo.

Guardo il sangue fluire dalla mano a terra e mi dico che è stupido sprecare della preziosissima linfa in questo modo smisuratamente ridicolo… ma forse… se lo lasciassi uscire tutto… goccia dopo goccia, allora…

Lo squillo del cellulare mi fa sobbalzare e mi alzo quasi meccanicamente rispondendo con tono secco e freddo, come sempre del resto.

“Milos? Buonasera sono Serych. Volevo solo sapere se Eros ti aveva… avvertito… dell’incontro con…”

“Sì, lo so, tra poco sono lì.”

“Bene.”

Nessun saluto e entrambi riattacchiamo. Mi piace Serych, si fa i fatti suoi e non cerca di sembrare allegro e spensierato come la maggior parte di noi, patetiche creature che si illudono di poter trovare un fine, una felicità, una vendetta o chissà cos’altro nelle spire di un tempo lungo più di ogni altro, senza rendersi conto che quelle stesse spire li avvolgono stritolandoli, e non rendendoli liberi.

Non c’è nulla di bello in una notte eterna e senza fine, non c’è nulla di allegro in un tormento eterno, che si ripete, notte dopo notte, anno dopo anno, secolo dopo secolo, senza che gli si possa porre termine.

Raccolgo i vetri e mi fascio la mano dopo averla pulita, non sento dolore e di certo il taglio sparirà in una notte, dovrò solo nutrirmi un po’.

 

Nessun inutile convenevole, Andrej, signore incontrastato di Bergen e non solo, mi da disposizioni per il mio nuovo incarico, reperire (cosa abbastanza facile visto che si conosce il suo rifugio) uno sciocco che crede di poter entrare nelle città degli altri senza mettere a parte il padrone della sua presenza, e poi dargli una lezioncina. Niente di più semplice, almeno avrò modo di sgranchirmi un po’.

Scendo le scale che mi fanno tornare alla sala principale, dopo essere stato nell’ufficio del principe che tutti temono, amano e ammirano, mi guardo intorno con aria distaccata, convinto che niente e nessuno possa attirare la mia attenzione, del resto, chi mi conosce sa che non voglio compagnia, chi non mi conosce… è meglio per lui starmi alla larga.

“Jarod, vodka liscia.”

Jarod accenna un sorriso e mi porge immediatamente il bicchierino contenente il liquido trasparente che io ingoio tutto d’un fiato. Non posso certo ubriacarmi, quindi nemmeno l’alcol mi può dare oblio, anche solo per un’istante… sono condannato, sempre, in ogni attimo a ricordare qualcosa, a rivivere un frammento di passato, o anche solo a sentire l’amarezza che gli anni mi hanno conferito. Nemmeno il sonno mi porta riposo, un solo istante di dimenticanza… niente… perché quando dormo sogno e quando sono sveglio ricordo…

“Eros! Ciao! Come stai?”

Mi volto appena per guardare chi mi ha rivolto queste parole, evidentemente scambiandomi per qualcun altro…

E’ un moccioso… grandi occhi marroni che sembrano chiedere solo affetto, corti capelli castani che gli ricadono scompostamente sulla fonte e su parte degli occhi e del viso e… orecchie da gatto nere…

“Non sono Eros, sparisci.”

Vedo i suoi grandi, immensi occhioni spalancarsi per lo stupore e poi fissarmi contriti, come per chiedermi perdono per lo sbaglio, mentre le orecchie si abbassano, in un gesto più simile a quello di un cane rimproverato dal padrone, piuttosto che a quello di un gatto.

“Scu-scusatemi… io… credevo… scu-scusatemi… è che… siete identici.. e allora… scusate tanto”

Chissà perché questo mocciosetto mi sembra di conoscerlo… che sia quel Vajrin che piace tanto a Eros? Le orecchie da gatto ci sono…

“Non sono Eros, chiaro? E adesso sparisci.” Già odio questo moccioso… che vuole da me? Non posso rimanermene in santa pace per un po’? Perché anche gli altri devono angosciarmi e stancarmi? Voglio solo stare da solo… come è giusto che sia…

“... Ma... io... insomma... per caso siete Milos?”  Percepisco chiaramente che ha cercato di azzeccare la risposta tirando a casaccio, si vede nei suoi occhi, sono un tipo che si accorge immediatamente di queste cose… e poi l’imbarazzo che pervade tutto il suo viso, il suo sguardo, e quelle orecchie che si muovono avanti e indietro… non fanno altro che confermare la mia tesi.

“Sì e adesso che lo sai sparisci… la curiosità uccise il gatto.” Gli faccio un sorriso freddo e tetro e mi allontano dopo aver salutato Jarod.

Percepisco lo sguardo smarrito che lancia al nostro barista, che non mi può sopportare almeno quanto, invece, adora il ‘caro’ Eros e esco soddisfatto di me stesso… per una volta almeno. Sono riuscito a fare qualcosa contro Eros.

Non so perché questo mi dia così soddisfazione… probabilmente perché lui è come io non sono… come non sono mai stato… e come… vorrei poter essere… ma io ho delle colpe… dei ricordi… che lui non ha… non potrò mai essere felice come lui è… e questo… me lo fa invidiare tanto da odiarlo, tanto da voler cancellare tutto quello che lo rende felice… ogni cosa…

 

“Milos… scusatemi…”

La voce del moccioso mi fa fare una mezza smorfia mentre sto per mettermi il casco, ma… un suo gesto… mai e poi mai avrebbe dovuto farlo… no… non voglio… non deve… nessuno può!

Nessuno deve toccarmi, nessuno può sfiorarmi, non voglio sentire le mani di nessuno su di me! Nemmeno se si limitano ad un gesto innocente e lieve come questo, un leggero tocco su una spalla.

Lo prendo per il collo e sbatto violentemente contro il muro che ci è vicino e lo guardo furente negli occhi. Lui sussulta, sembra farsi piccolo piccolo ma mi guarda… come osa guardarmi?

“Non azzardarti MAI più a toccarmi!” La mia voce è un ringhio basso, una lama tagliente che cerca di lacerare tutto quello che mi fa soffrire… Se solo fosse stato così anche allora.. se solo fossi riuscito a… oppormi… salvarmi... salvare tutti loro…

 

Niente, non deve accadergli niente… è troppo dolce per soffrire, è troppo puro per essere ferito, è troppo speciale per essere trattato come tutti gli altri… voglio proteggerlo… voglio aiutarlo… voglio farmi salvere da lui…

 

Lo sguardo terrorrizato che vedo nei suoi occhi mi ricorda il mio, la paura che leggo nella sua anima… è troppo simile a quella che io stesso ho provato… eppure non è così forte, eppure è diversa.

Il suo sguardo si rasserena lentamente e lui mi guarda molto più tranquillo ora, nonostante continui a serrargli la mano sulla gola.

“Scusatemi, non volevo indisporvi.” Semplicemente mi guarda e continua a farlo con qualcosa negli occhi… non più terrore e paura, ma… dolcezza… Come può questo moccioso guardarmi dolcemente dopo che l’ho sbattuto addosso ad un muro con tutte le intenzioni di fargli del male?

Quasi incosciamente stringo la presa… non può guardami così… io VOLEVO fargli del male! Volevo annientare tutto ciò che mi si avvicinava… non sopporto chi mi tocca… perché mi guarda così? Perché mi parla tranquillamente e con dolcezza? Perché?

Lui deve odiarmi, così come io odio lui… così come io odio chiunque… lui non può non farlo, altrimenti io… che posso fare? Come posso agire io?

“Smettila!” glielo ringhio contro con astio, con durezza e rabbia. Non voglio che qualcuno mi guardi così, non lo sopporto!

“Scusatemi solo che... io... vorrei insomma... vi ho fatto qualcosa che non dovevo?” Muove le orecchie e a me verrebbe voglia di strappargliele, tanta è la rabbia che mi procura ogni sua parola.

La sua voce dolce e preoccupata non può essere per me, le sue parole piene di apprensione e il suo sguardo dolce ma che cerca di scrutare in me… non possono essere veri, non DEVONO esserlo! Altrimenti io… perché mi starei comportando così? Perché vorrei solo che questo dolore che mi lacera il petto finisse, e perché penserei che l’unico modo per porre termine a tutto sia solo odiare questo moccioso che non fa altro che guardarmi con questi grandi… bellissimi… occhi pieni di apprensione?

“Ti ho detto che non devi MAI toccarmi, chiaro??” la mia voce è più rabbiosa di prima e il mio sguardo scintilla furente. Ma non posso… non riesco a sostenere i suoi occhi, non ce la faccio a vederlo fissarmi…

Lo lascio andare di scatto e mi volto raccogliendo il casco caduto a terra. Una voce dentro di me mi dice che dovevo ammazzarlo, e non lasciarlo andare, mentre un’altra… un’altra mi urla di guardarlo, di non scappare da lui…

Perché questo sto facendo… sto scappando dagli occhi  profondi e dolci di uno che non ho mai visto, ma che cerca in tutti i modi di essere gentile con me… qualcosa che nessuno aveva mai fatto… ecco perché non  so come comportarmi.

Gli altri mi odiano, mi evitano per il mio atteggiamento scostante che rasenta la maleducazione e io sto in pace, sto tranquillo, bado alle mie cose e non devo preoccuparmi di come relazionarmi con gli altri. Eppure questo moccioso… non può davvero cercare me… non può interessarsi di cosa ha fatto di sbagliato o cosa potrebbe fare per rimediare! No!! Non lo accetto! Non posso accettarlo…

“Scusatemi… posso disturbarvi solo un istante? Volevo solo chiedervi perché non permettete che Eros prenda un gattino... sapete non danno fastidio sanno badare a loro stessi e sono molto indipendenti… ma anche affettuosi e leali...” Mi si è riavvicinato e mi parla con una dolcezza che non avevo mai sentito a nessuno… perché a nessuno è mai stato permesso essere dolce con me, e perché nessuno ci ha mai nemmeno provato. Poi muove quelle sue orecchie avanti a indietro e mi guarda sorridendo, con gli occhi che brillano mentre parla di questi animali.

“Potrei staccarti le orecchie e darle a Eros… avrebbe un gatto. Bella idea, vero?” Lo guardo e sorrido in maniera così sinistra da far paura. Quello che voglio è solo essere lasciato in pace, voglio solamente poter rimanere solo… per sempre… senza nessuno… nessuno a cui affezionarmi… nessuno da perdere… nessuno che mi tradisca... nessuno che mi lasci in balia del mondo…

Vedo quelle orecchiette pelose fermasi immediatamente e per un attimo mi sembra di poter finalmente andarmene in pace, perché ho raggiunto il mio scopo… finalmente l’ho spaventato!

Purtroppo però le mie supposizioni sono sbagliate perché il moccioso ricomincia  a muoverle avanti e indietro e inclina la testa di lato guardandomi con la stessa dolcezza… io adesso lo ammazzo… non lo sopporto!

“No, voi non lo fareste mai… in voi alberga una bontà immensa…”

Neanche penso, lo afferro per un braccio e lo trascino per una decina di metri nel vicolo vicino al quale ci troviamo, lo scaglio contro il muro e gli strappo senza fatica i pantaloni e poi lo guardo con un odio che non credo di aver mai riservato a nessuno.

“Sono buono? Mai mettersi contro chi non si conosce!”

Lui fa solo un gemito di sorpresa mentre gli tiro giù i pantaloni e lo volto facendolo sbattere di nuovo contro il freddo cemento del muro. Mi appoggio con forza a lui e spingo i fianchi contro i suoi… e per un istante… un brivido di paura mi percorre la schiena… ma tutto questo dura solo un momento.

Il gatto comincia a tremare leggermente e io non so se sentirmi soddisfatto o più sporco e solo di prima… non capisco se è davvero questo quello che voglio…

 

Vorrei abbracciarti piccolo angelo, dirti che andrà tutto bene… ma tu questo già lo sai. Sai, come lo so io, che non potrà mai accaderti niente di male a causa mia… nostra… Perché tu sei una luce nell’oscurità della notte… sei un raggio di vita che illumina un’anima morta…

 

“Non pensate che io cambi opinione su di voi solamente perché state cercando di provare a voi stesso che potete compiere un atto di forza e violenza... ho letto in voi... nel vostro sguardo, dietro alla cortina di rabbia e dolore, brilla un'anima pura e recante bontà...”

Improvvisamente ha smesso di tremare e la sua voce esce dolce come se niente fosse, come se non lo stessi minacciando… e come se fossi davvero una persona buona… dall’anima pura…

Nonostante non possa vederlo chiaramente, scorgo un sorriso, dolce come lo è la sua voce, increspargli le labbra…

La mia anima urla di frustrazione e dolore… voglio essere distruttivo, voglio essere solo… voglio allontanare tutti, voglio… non voglio più soffrire… non voglio più perdere nessuno… non voglio che nessuno tenga a me, nessuno! Chi lo fa… muore… nessuno deve tenere a me!!

Lo lascio andare di scatto e mi volto per nascondere la paura che i miei occhi di certo rivelerebbero. Ho paura di uno stupido gatto nero che mi ha attraversato la strada… così paura da volerlo uccidere… o forse… stringere…

“Non ronzarmi mai più intorno o ti ammazzo.”

“Milos... non dovreste nascondere così il vostro animo agli altri.”

Me lo ritrovo davanti che mi guarda con gli occhi tristi e il suo tono sembra così… dispiaciuto…

E’ incredibile… io stavo per ferirlo, umiliarlo… procurargli un dolore che mai niente e nessuno avrebbe potuto lenire… e lui è dispiaciuto per me? Non si preoccupa minimamente per sé, perché? Perché sta succedendo tutto questo con una persona che non conosco?

“Sparisci moccioso.”

Riesco a dire solo questo mentre esco dal vicolo, recupero il casco e salgo in moto. Nessun tono particolare, nessuno scatto di rabbia, niente.

Percepisco chiaramente i suoi occhi tristi puntati sulla mia schiena, e tutto quello che voglio è scappare lontano, fuggire da questo che sembra essere un demonio peggiore di ciò che noi siamo…

Un vampiro succhia il sangue, ruba la vita perché ha cercato di sfuggirle senza vincere davvero, ha cercato di vivere tra le braccia della Morte, ma non è vivo e non è morto… fluttua nel tempo, senza una dimensione propria… senza un posto in cui collocare la propria esistenza senza senso.

Questo vampiro che mi sto lasciando alle spalle… cerca l’anima di chi gli sta attorno, e poi… non la succhia, non la ruba, non l’affoga in un mare di atroce dolore… cerca di salvarla, redimerla dai peccati commessi in passato… dal dolore provato…

Come faccio a sapere tutto questo? Non lo so… è una cosa che sento dentro… in un posto vacante injcui prima era alloggiata la mia anima. Se non ne ho una, come può quel gatto nero salvarla?

Corro sempre più forte, l’acceleratore è al massimo, nonostante il casco e la giacca di pelle, il vento soffia fortissimo, mi entra dentro, gelandomi fin nelle ossa. Come posso avere freddo se sono morto? Come posso sentire i denti battere e le mie membra tremare se il mio corpo è unicamente un’involucro vuoto che dovrebbe solo marcire?

 

Le scale che dal garage mi portano in casa sembrano infinite, una sorta di scalinata verso il paradiso… un paradiso fatto di morte e fiamme… un paradiso che in realtà è peggiore dell’inferno.

Perché mi sta succedendo tutto questo?

Chiudo la porta sbattendola e mi butto sotto la doccia senza nemmeno spogliarmi, l’acqua gelida mi è sempre servita per cancellare ogni cosa, ogni pensiero, ogni dubbio, ogni angoscia. L’intorpidimento di queste carni morte da secoli sembra riuscire a raggiungere anche il cervello, che è l’unico organo ancora vivo dopo tanto tempo… ma non stavolta, oggi no.

Stanotte è tutto diverso, stanotte due occhi continuano a perseguitarmi. Eppure sono sveglio, non sono occhi che vedo solo in sogno, non sto ricordando nessun passato tormentato e colmo di disperazione.

Sto pensando ad un gatto, io odio gli animali, io odio ogni cosa! Io odio me stesso… solo questo… soprattutto questo… me stesso…

Odio questo corpo morto, odio quello che sono diventato, odio la cicatrice che ho sul busto, segno della mia totale incapacità e della mia assoluta inettitudine, così grande da non permettermi di salvare nessuna delle persone che era presente quel giorno. Odio le cicatrici che ho sui polsi, testimonianze di un mio ulteriore fallimento… non sono nemmeno riuscito ad uccidermi, e non solo perché il mio sire mi ha salvato trasformandomi in ciò che sono… ma soprattutto perché non ne ero davvero convinto.

Odio il marchio che ho sul fianco, segno indelebile ed eterno del mio dolore, di quello che mi marchia non la pelle, ma l’anima, o ciò che ne resta, segno di tutto ciò che avrei dovuto capire e non ho compreso se non troppo tardi, di tutto quello che potevo fare e non ho compiuto se non troppo tardi, di tutto quello che ho causato e potevo evitare.

Mi lascio andare contro le piastrelle e chiudo l’acqua, più che per abitudine che per altro, mentre due occhi marroni continuano a cercare i miei, continuano ad ossessionarmi con la loro dolcezza, che ho deciso essere falsa, costruita e mendace… nessuno può e deve guardarmi così… nessuno può farmi stare così…

Nessuno… nessuno deve leggermi nell’anima… nessuno deve vedere in me… nessuno deve trovarmi, perso nelle profondità dell’oscurità che mi avvolge, mi pervade e mi costituisce…

Non voglio essere salvato dalla Tenebre… qui sono al sicuro… qui… non posso fare del male a nessuno e nessuno può farne a me…

Quasi barcollando esco dalla doccia, senza nemmeno pensare mi toglo i vestiti zuppi, lasciandoli a terra mi abbandono sul letto, mentre due occhi dolci e grandi si marchiano a fuoco nella mia mente, cullandomi in un mondo dal quale non voglio uscire.

 

Secondo capitolo - Fine

 

 

 


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