Disclaimers: i personaggi sono di mia esclusiva
proprietà, quindi mi riservo il diritto di trattarli male quanto voglio^^
.
Le feu dans
l'ame
parte I -
Flammes
di
Kourin
Non era stata colpa
sua.
Arretrò di un passo, gli
occhi sbarrati per la paura e il dolore.
Non era stata colpa
sua.
Una donna si girò verso
di lui ma nella penombra della sera, abbagliato dalle fiamme alle sue
spalle, non riuscì a distinguerne il volto. Deglutì a vuoto. Lentamente,
inesorabilmente altre donne cominciarono a voltarsi e nei loro occhi resi
lucidi dal terrore lesse la ferocia e l’odio che per anni avevano custodito
nella parte più profonda delle loro anime. Il suo istinto gli urlò di
voltarsi e cominciare a correre, ma il suo corpo ormai non era più in grado
di ubbidirgli. Un brivido gelido gli percorse la spina dorsale. L’aria densa
per il fumo era quasi irrespirabile e l’odore acre di stoffa e carne
bruciata gli serrò la gola e il cuore, scuotendolo con un singhiozzo. Si
accorse che anche gli uomini lo stavano guardando; alcuni avevano il viso e
le mani ustionate dal vano tentativo di spegnere le fiamme che avevano
avvolto il corpo dei loro figli. Per alcuni istanti il tempo sembrò
fermarsi. Rimase immobile, lo sguardo allucinato, fronteggiando senza
vederla davvero la piccola folla radunata di fronte a lui, poi con la coda
dell’occhio percepì il movimento di una donna anziana, una di quelle che
avevano consigliato la sua soppressione e quella di sua madre quando il suo
concepimento non aveva più potuto essere nascosto. La vide raccogliere
qualcosa da terra e raddrizzarsi di nuovo. Una pietra…pensavano forse di
lapidarlo? Si lasciò andare ad una risata stridula, folle che sovrastò
perfino il crepitare furioso delle fiamme. Tornò a guardare di fronte a sé,
ciò che restava delle sue labbra piegato in un ghigno mostruoso. La prima
pietra mancò la sua testa di un soffio, cadendo con un tonfo sordo nella
fanghiglia che era stata neve fino a pochi minuti prima; poi altre pietre
fendettero l’aria, veloci, ma solo per esplodere a mezz’aria davanti al suo
viso. Sogghignò di nuovo. Trasse un respiro profondo, incurante del dolore
e si concentrò sulle case di legno, sui tetti di paglia, su ogni cosa che il
suo fuoco potesse attaccare. Le fiamme divamparono con più forza, esplodendo
dall’interno delle abitazioni con un suono cupo, surriscaldando l’aria. Con
distacco abbassò lo sguardo sulle sue mani, bruciate tanto in profondità che
la carne era caduta a brandelli. Divertente, non avrebbe mai pensato che in
una mano potessero esserci così tante ossa. Il calore era diventato
insopportabile, l’aria rovente gli bruciava i polmoni e seccava gli occhi,
impedendogli di mettere a fuoco la vista. Il suo potere lo stava consumando,
lo avrebbe bruciato come tutto quello che aveva intorno a sé. Gettò
un’ultima occhiata alle persone con cui aveva dovuto condividere la sua vita
e sospirò piano, a testa china, mentre richiamava le fiamme prima che
raggiungessero i granai. Gemette, cercando di mantenere il controllo ma era
troppo indebolito e le fiamme riesplosero per un istante, per poi riversarsi
sul terreno, serpeggiando come torrenti e disperdendo la gente terrorizzata;
allora senza più curarsi degli altri diede le spalle al villaggio,
dirigendosi verso la foresta che copriva i pendii scoscesi delle montagne.
Le gambe faticavano a reggerlo, ogni articolazione gridava il suo dolore al
minimo movimento. Singhiozzò. Non voleva morire vicino a quella gente, in
quello spiazzo ai cui margini sorgeva ancora l’albero a cui avevano
impiccato sua madre. Gli occhi si fecero umidi, ma ancora troppo poco perché
potesse piangere. Le grida e il rumore dell’incendio si affievolirono man
mano che avanzava nella foresta e lasciava bruciature sui tronchi a cui si
appoggiava. Percepì la sofferenza degli alberi e si stupì di provare una
tristezza tanto profonda per loro quando non aveva sentito nulla di simile
per i ragazzi che erano morti tra le sue fiamme. Le gambe gli cedettero
all’improvviso e cadde a faccia avanti nella neve. Sbatté le palpebre quando
il pulviscolo gli entrò negli occhi, liquefandosi immediatamente. Ora
avrebbe avuto le sue ultime lacrime da piangere. Sorrise. Lo spesso strato
di neve sotto di lui aveva già cominciato a sciogliersi, carezzando con dita
tiepide la pelle ustionata e gli ultimi brandelli carbonizzati che erano
stati i suoi vestiti. Chiuse gli occhi e lasciò che il suo potere scorresse
senza più freni. Sospirò profondamente. C’era silenzio, profondo, setoso,
rotto solo dal lieve frusciare del vento notturno e dal canto dei cristalli
di neve che si scioglievano.
“Madre.”mormorò.
L’oscurità lo avvolse,
dolce e finalmente non sentì più nulla.
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions
|
|