Commenti: il linguaggio è esplicito, diretto e non
proprio da educande (beh ma esistono ancora creature di tal genere?). Le
situazioni forse sono un po' estremizzate, ma non credo siano molto lontane dal
reale.
Le due dee di
Gaia
Ti guardi i polsi. Segni rossi circolari inanellano la
pelle. Tra qualche ora vireranno in un bluastro
livido. C’era da aspettarselo con un principiante.
Sogghigni mentre massaggi la pelle lacerata dalla
stoffa. Ti siedi sul letto e lo guardi. Ha il volto
sconvolto, gli occhi dilatati sia dall’orgasmo che lo
ha appena dominato sia perché ha realizzato cosa ha
fatto poco prima. Apre la bocca ma la richiude
immediatamente. Lo guardi con curiosità e con un
pizzico di divertimento. Ti sollevi dal letto dove ti
ha bloccato, prono, le braccia aperte e fissate alla
spalliera del letto, le gambe divaricate a forza. Ti
gemono i muscoli ancora scossi dal lavoro a cui li hai
sottoposti.
Un principiante che ci è andato peso.
Un principiante che realizza.
Ti siedi. Una fitta di dolore quando poggi tutto il
peso sul letto. Se ne accorge. Ti guarda con il
terrore negli occhi.
“Scusa,” balbetta con voce tremante “io non avevo
idea.”
Lo guardi diritto in volto e non rispondi. Distoglie
lo sguardo appena in tempo per non vedere un mezzo
ghigno che ti illumina il viso.
“Davvero, è la prima volta che mi succede una cosa
simile… non so come sia potuto accadere, io… io…”
Continui a non rispondere. Ti godi sadicamente la sua
presa di coscienza. Si agita, in piedi davanti a te ed
evita il tuo sguardo.
“Io… non so cosa mi è preso. Io… Ma stai bene?”
Annuisci distrattamente. Sei troppo impegnato
nell’osservare le sue spalle che si alzano e si
abbassano, spinte dai polmoni che cercano di riportare un contegno nel corpo. Prende fiato, un respiro
rumoroso, lungo, profondo come a cercare di assorbire
tutta l’energia che può trovare. Si gira. Ti guarda
negli occhi.
Sai che non ci troverà niente se non una sottile scia
di divertimento, ma sai anche che non riuscirà a
decifrarla. Non in queste sue condizioni alterate.
“Io.. scusa.” Le parole gli muoiono tra l’esofago e le
labbra.
Lo guardi a lungo, sforzandoti di non ridere della sua
sconvolgente scoperta.
Più lo osservi in questo stato più il sangue scorre
rapido nelle vene. Converge verso l’inguine come un
torrente in piena. Ti eccita. Divarichi le gambe. Il
movimento ti causa una fitta di dolore quando sposti
il peso facendo perno sul sedere. Lo chiami a te con
un gesto della mano.
Si muove con la coda tra le gambe. Non ce la fai più a
trattenerti e ti metti a ridere con gusto. Si ferma,
non capisce, resta un attimo impacciato, poi riprende
il tragitto verso di te. E’ in piedi, immobile, in
attesa di un tuo gesto, davanti al tuo cazzo che punta
il cielo.
Ti allunghi per prendere un gommino nella scatola
accanto al letto. I movimenti ti fanno contrarre i
muscoli. Un’altra manciata di dolore.
Glielo consegni senza dire una parola. Chissa’ cosa
capira’. Ti piace tenerlo in tensione.
“Che ne dici se adesso ti occupi un poco di me?” La
tua voce e’ quasi flautata.
Sorride sia al tono che alla richiesta. Lo vedi
trasfigurare dalla gioia di sentire che non sei
arrabbiato, che non vorresti spaccargli la faccia per
quello che ha fatto. Ma come potrebbe sapere che ti
sei divertito come non ti succedeva da tempo? Hai
dovuto dare in cambio un po’ di dolore e qualche
livido, ma è stato uno scambio più che a tuo favore,
date le condizioni in cui è adesso.
“Cosa vuoi che ti faccia?” La domanda è trepidante,
macchiata da una piccola traccia di paura per la
possibile risposta.
“Hai una gran bella bocca, labbra sottili ma abili,
almeno per quanto sono riuscito a provare fino ad
ora...” Lo guardi ammiccante.
Sorride. Sollievo? Forse. Sai che tipo di risposta
temeva si ricevere.
Si inginocchia davanti a te, in venerazione della tua
carne. La accarezza con una guancia, mentre i capelli
vi si avvolgono intono, regalandoti leggeri brividi.
Ti sistemi meglio, portando le mani dietro la schiena
e allargando le braccia in modo da aumentare la
superficie su cui scaricare il peso, dato che il
sedere ti continua a fare un male cane ad ogni
movimento.
Ti percorre con i polpastrelli, mentre con l’altra
mano si porta la confezione di plastica verso la
bocca. La apre con un po’ di impazienza.
Al lieve tocco della mano si sostituisce lo sfiorar di
labbra. Solo un volo a fior di pelle, e poi il suo
inspirare profondo di te e del tuo odore. Le mani
liberate si affaccendano su di te e con mosse abili
inguainano il tuo sesso teso.
Ti prende, scivolando lento. Sparisci nella sua bocca.
Caldo avvolgente di mucose che scivolano, sfregano, si
allontanano un istante per poi tornare a toccarti.
Si ancora a te cingendoti la vita e stabilisce il
ritmo degli affondi. Gemi; metà per il piacere delle
sue labbra, metà per il dolore che si irradia dal culo, mentre segui il suo ritmo, mentre ti tiri su per
inchiodarlo all’apice del suo movimento ascendente,
mentre ti spingi ancora più verso la sua bocca quando
sai che non può alzare ulteriormente la testa, mentre
scivoli via da lui riabbassandoti velocemente, mentre
mugola qualcosa che non capisci, mentre il fiato si fa
corto e i movimenti sempre più veloci, mentre la sua
mano si apre a ventaglio sulla tua schiena e ti preme
verso di se, mentre non vuoi ancora venire per poter
assaporare fino in fondo le sue labbra, sottili nella
ascesa e piene nella spinta, mentre le vene pulsano e
i brividi si irradiano dalla base dell’inguine verso
tutto il corpo, l’altra sua mano stringe spasmodica
una tua coscia e il suo respiro diviene irregolare, il
tuo è spezzato, lo senti sprofondare, inghiottirti fin
dove la sua gola lo permette, ti si irrigidiscono i
muscoli delle gambe, delle braccia e gridi e zampilli
nella plastica. Continua a succhiarti per qualche
secondo, ti tiene qualche altro istante al caldo prima
di allontanarsi e farti emergere nuovamente all’aria.
Ti sdrai sul letto.
Annoda l’apertura del gommino e la fa cadere a terra,
accompagnado il movimento con “Che spreco!”
Si sdraia accanto a te sul letto disfatto fino
all’inverosimile. Nel percorso incontra i tuoi polsi
segnati. Lo osservi di sottecchi. Te lo aspetti. E’
sempre così. E’ come se dopo aver dato piacere fossero
convinti di avere il diritto di parlare, proprio
quando cinque minuti prima non si sarebbero mai
azzardati a farlo. Principianti.
“Senti, io non so bene cosa mi sia preso prima, mi
dispiace. E’ la prima volta che mi comporto così,
giuro, non era voluto, credimi, è che ad un certo
punto non sono più stato in grado di fermarmi.”
“L’ho visto, anzi l’ho sentito. E credo che lo sentirò
per qualche altro giorno.” Sai quanto sei stronzo
quando fai così. “Era la prima volta che legavi
qualcuno, vero?”
“Beh, si.”
“E”
“E mi ha dato alla testa. Ecco tutto. Pensare che…”
“…che mi avevi detto di essere dolce e delicato!
Chissà cosa si nasconde sotto quegli occhi chiari…”
Lo senti irrigidirsi. Tirare il fiato.
“Si, ti avevo detto; e è vero, o almeno lo era. Ma non
mi sono controllato. Ti ho visto qui, sdraiato, con le
lenzuola che si attorcigliavano intono al tuo corpo…
però anche te sei stato parecchio stronzo. Mi hai
provocato.”
“Ma va’. Ti ho solo detto di fare quello che avevi in
mente.”
“O.K. io l’ho fatto. E allora?” Inizia ad alterarsi.
“Niente. Mi sembra che qui non sia io lo sconvolto.”
Si solleva. Ti guarda con una scintilla di astio.
Ridi.
“Che c’è da ridere adesso?” il tono è duro, sulla
difensiva.
“Beh, che c’è da incazzarsi adesso? Mi hai legato, mi
hai scopato come una furia, ti è piaciuto, dove sta’
il problema?” il tuo tono è cristallino, divertito.
“Da nessuna parte.” Abbassa la cresta.
“Vedi?” ridi ancora. Ti alzi con qualche smorfia di
dolore e ti rivesti.
Lo vedi intento a snodare lenzuola e coperte dalla
testata del letto e a ributtarle alla meno peggio sul
materasso.
Aspetti che abbia finito e lo saluti. “Ciao. Buona
fortuna per il colloquio di domani.”
“Ciao.” Pausa. Stai per uscire. “Beh, se ripasso da
queste parti magari ci rivediamo.”
“Si, tanto io sono sempre in giro la sera e i locali
sono sempre tutti nel triangolo d’oro dei gay.”
Annuisce. Vi ci siete incontrati in uno dei bar del
‘triangolo d’oro’. Ha attaccato bottone, ti ha chiesto
come è l’ambiente in città, che razza di gente c’è e
cose simili, prima di proporti di uscire dal bar per
“Fare due passi”, come ha detto lui. E chissà perché
quei due passi vi hanno portati proprio sotto il suo
albergo.
Ti chiudi la porta alle spalle. Scendi. Alla reception
non c’e’ nessuno. Un albergo non male. Almeno le
lenzuola reggono a trazioni violente.
Principiante. Li adori. Il loro sguardo quando si
accorgono di aver passato il loro limite,
l’incazzatura che a volte gli monta quando sbatti loro
in faccia cosa hanno appena fatto, il loro scatenarsi
quando sanno che è solo per una notte e via, e poi chi
si ripesca più, specialmente se poi sono qui per
lavoro. Una situazione perfetta, ti ci diverti. Ogni
volta non sai mai che aspettarti, però sei certo che
non sarà mai quello che le loro parole hanno appena
sancito.
Respiri a pieni polmoni, soddisfatto e con il culo che
fa male.
Ti piace dannatamente giocare così e le dee stasera
sono sazie, ma stai ancora cercando.
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Stare seduto in quest’aula a seguire le lezioni non è
una delle prove più facili che devi superare oggi. I
segni violacei sui polsi sono occultabili, le fitte di
dolore un po' meno, e riportano a galla, dai meandri
dei pensieri, l’espressione di quel tipo di ieri sera.
Hai ancora la pelle segnata l’eccitazione della sera
prima e la mente percorsa dall’euforia di vedere il
volto stravolto di quel ragazzo solo a causa delle sue
azioni. Buffa la gente quando mette in pratica i
propri desideri e si accorge fin dove si è spinta. E i
limiti che supera in un attimo. Chissà se ci aveva mai
pensato prima... Saresti curioso di sapere, ma non ti
è concesso. Adesso sono cavoli del tipo, non tuoi. In fin dei conti la tua parte di divertimento l’hai
avuta.
Però prima o poi ti troverai con qualche osso rotto se
continui così. Non sai mai come finirà la serata,
anche se te lo puoi immaginare già dalle prime battute
che scambi con il ragazzo di turno. Un brivido di
eccitazione serpeggia lungo la schiena. Forse, chissà…
A fine mattinata ti accorgi di aver seguito si e no
metà delle lezioni. In questo momento te ne frega
poco. Hai solo voglia di giocare di nuovo, di
rischiare ancora, ma il tuo fisico non è ancora in
grado di affrontare un’altra notte come quella che hai
appena trascorso. Magari qualcosina di più leggero… Ne
hai bisogno, il tuo corpo lo necessita, lo grida. Sono
le dee del regno dell’istinto che reclamano ciò che
spetta loro.
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Stasera sei nuovamente fuori. In giro, in cerca, in
scoperta, annusando l’aria. Respiri soddisfatto al
bicchiere di fronte a te, mentre il gruppo di tuoi
amici cicaleccia e progetta il fine settimana che
bussa insistente ai margini del tempo racchiuso in
questa serata. Un istante per decidere quanti siete,
un secondo per controllare quante auto avete per
arrivare qualche decina di chilometri più lontano di
oggi, un minuto appena per salutarvi, appuntamento a
domani, per andare a stordirsi in una “vasca di
deprivazione sensoriale”, come l’ha definita uno dei
tuoi scrittori preferiti.
Scemano via piano piano, a coppie o da soli. Resti un
altro po’ di tempo al tavolo, ad affogare un istante
nella musica troppo alta, nei profumi zebrati che
permeano l’aria, nella lieve scia di dolore che si fa
sentire quando ti smuovi sulla sedia e in tutto questo
stai bene.
Un ragazzo ti guarda, insistente. Sorridi. Perché no.
Si avvicina al tuo tavolo. Lo inviti a sedersi. E’
straniero. Parla uno strano inglese frammisto a suoni
che sanno di luce, di caldo e di pelle abbronzata.
Quasi percepisci l’odore del sole sulle sue braccia
scoperte che emergono dalla t-shirt di griffa. Ha una
bocca invitante, labbra troppo carnose, ma ben
proporzionate, denti che risaltano sul rosso delle
labbra rese ancora più accese dall’alcool che
scarseggia nel suo bicchiere quasi vuoto.
Poche parole, pochi gesti, inequivocabili. Un brivido
quando ti chiede se ti va. Ti domandi cosa, dato che
le possibilità sono numerose e le voglie ancora di
più.
Gli guardi le mani. Ferme, salde, stabili sul
bicchiere. Lo circondano con una presa sicura ma non
rigida. Quasi le senti attorno a te. Un altro brivido,
splendido. Te lo legge negli occhi.
Voglia, la prima dea.
Ti sorride con fare sempre più accattivante, mentre lo
sguardo vaga guizzante tra bocca e occhi.
Carne, la seconda dea.
Le sue dita si muovono incuranti sulla lunga
superficie liscia del bicchiere, i polpastrelli ne
saggiano la consistenza, il palmo ne sfiora la
rotondità, il pollice si muove come a seguire una vena
immaginaria che si traccia nella tua mente ma non
nella sua.
Distogli l’attenzione dal bicchiere, maneggiato fino
ad ora con totale inconsapevolezza, e ti alzi. Ti
segue al volo.
Bagni kitch al limite del sopportabile, con le pareti
piastrellate di blu notte e il soffitto color argento,
ma numerosi, ampi, comodi per qualunque necessità.
Manca la chiave. Non importa.
Entrate. Metti le spalle contro la porta. Lui è in
piedi davanti a te e sorride soddisfatto
dell’occasione. Si sbottona i jeans che caracollano a
metà coscia. Gran belle gambe, ancora inguainate nel
sole. Affonda i pollici nell’elastico dei boxer e li
accompagna verso il basso. Emerge già eretto,
orgoglioso. Ti fa cenno di avvicinarti.
No, altrimenti la porta chi la regge?
Lo afferri per una mano e lo avvicini a te. Odore
della sua pelle, odore dei suoi umori che stanno
aspettando di uscire, odore di adrenalina e alcool
nella sua bocca. Lo cingi con dita esperte, nello
stesso modo con cui le sue mani hanno giocato intorno
al bicchiere. Ti mette le mani sulle spalle e cerca di
spingerti in basso.
No, non ancora. Non ti piace il sapore della plastica
senza l’odore del sesso consumato. Imponi un ritmo
rapido e spezzato che lo fa desistere dal suo intento.
Per tutta risposta ti afferra il sedere come se fosse
una forma di pane e vi affonda le dita. Si abbandona
contro di te e il suo fiato alcoolico ti scivola
nell’orecchio, accompagnato da suoni umorali e
terrosi. Le sue mani decretano il ritmo. Lui affonda
le dita nei tuoi glutei ancora doloranti e tu lo spremi con gli stessi gesti, la stessa foga, per poi
fermarti un istante. Cogli una polaroid del suo volto,
occhi grandi immensi, risucchianti, dilatati come la
rabbia dell’interruzione e l’animalità del piacere,
bocca serrata da cui sfuggono a mala pena qualche
suono strozzato e il respiro serrato. Il suo volto si
dissolve nel suo odore e nella sua urgenza. Apre la
bocca. Gli fai abortire i suoni in gola portando
rapido una mano sulle sue labbra. Ti stringe il polso alzato, circondando perfettamente i segni violacei che
campeggiano ancora sulla tua pelle. Si accorge del
dolore che inanella il polso. Allenta la stretta e
guarda un istante il bracciale bluastro. Ti guarda
interrogativo. Ora non c’e’ tempo per le domande.
La tua mano chiusa sulla sua carne riprende a muoversi
rapida, precisa e la sua domanda si trasforma in un
gemito lattiginoso.
Il suo respiro accelerato ti pulsa nelle orecchie con
lo stesso ritmo con cui sale il desiderio di sentire
la sua bocca intorno a te. Lo accarezzi, la mano
infilata sotto la t-shirt, in attesa che il suo cuore
torni a sezionare il tempo con la dovuta lentezza. La
sua pelle, increspata da una leggera peluria, crepita
sotto le tue dita come foglie autunnali.
L’aria racchiusa tra di voi è umida e carica di lui.
La sua bocca è ricca, forse troppo, e accattivante
come il canto delle sirene. Lo baci d’impulso, con
foga, senza chiedere ne’ aspettare.
Sapore pesante di tabacco spento e tequila.
Resta ad ondeggiare davanti ai tuoi occhi, le labbra
dischiuse, il balenar del bianco dei denti. E poi
nuovamente le sue labbra che scivolano sulle tue ed imprimono la loro forma nella tua bocca. Ti spinge
contro la porta come se volesse entrare in te,
schiacciarsi in te mentre la sua lingua serpeggia tra i tuoi denti. L’afferri e l’imprigioni in uno sfiorar
e succhiar di mucose. Il bacio resta sospeso per un
istante, per poi precipitare nell’urgenza del tuo
sesso gonfio che preme contro la stoffa dei pantaloni.
Gli afferri una mano e la porti in basso. Soppesa la
tua carne accarezzandola da sopra i pantaloni. Un
gemito inatteso si mischia ad un bacio in cui è
racchiusa tutta la tua voglia.
Stacca le labbra e il suo volto sparisce verso il
basso a raggiungere la mano. Ti libera in fretta dalla
stoffa solo per ingabbiati nuovamente in una seconda
pelle di plastica.
Le sue labbra si chiudono intorno a te, le mani ti
cingono la vita, i pollici affondati nelle anche.
Caldo vorace ed accogliente che preme sul tuo cazzo
rigido. Bisbigli parole sincopate al cui ritmo si
muove la sua bocca. Le labbra scivolano sapienti,
lasciando ad ogni passaggio una scia di brividi e il
piacere che monta sempre più rapido ed urgente. Gli
blocchi la testa mentre si allontana da te. Un istante
per guardarlo, per lasciargli un sorriso affogato nel
piacere. Una spinta del bacino e rientri prepotente
nella sua bocca. Ondeggia, si aggrappa a te per non
cadere e spinge con forza contro la porta blu notte
facendo perno solo sulla parte di te che è racchiusa
nella sua bocca. Il colpo ti provoca una fitta di
dolore che si propaga in tutte le terminazioni
nervose. Spingi nuovamente con forza il bacino verso
la sua bocca per allontanarti dalla porta. Lo senti
quasi affogare nel tuo affondo, ma le sue mani si
serrano ancor di più intorno alla vita e ti muovono a
suo piacimento. Affondi rapidi e precisi che spesso si
concludono con una battuta di culo sulla porta. La
stoffa dei pantaloni attutisce il rumore ma fa poco
per il dolore che si irradia dal sacro e ti avvolge.
Un affondo verso il paradiso delle labbra e un colpo
che ti riallontana, in sequenza sempre più rapida fino
all’orgasmo.
Risale, ti abbraccia con gesto quasi fraterno e ti
imprigiona nuovamente le labbra.
Sapore di plasticatabaccoalcool e odore di sesso che
permeano il tuo essere.
Ti stacchi e ti sciacqui il volto in modo che l’acqua
porti via sia il sudore che il ricordo epiteliale di
dieci minuti di sesso e resta solo questa incredibile
sensazione.
Come ti sollevi ti circonda le spalle con un braccio e
ti schiocca un bacio rumoroso, poi ti sorride. Gli
sorridi di rimando poco convinto. Apri la porta e ti
liberi del suo braccio. Nessuno nell’antibagno.
Si ferma bloccando la porta d’uscita. Ti chiede il
numero di telefono.
Sorridi sarcastico più a te stesso che a lui. Un
formicolio diffuso, la consapevolezza che ti
stordisce, ti ammalia, ti eccita. Di nuovo. Sempre, in
un’infinita ripetizione di eventi. Pregusti la sua
espressione. Lo sai già come sarà. Glielo leggi negli
occhi scuri.
Lo afferri per un braccio e lo ricacci dentro un
bagno. Lo sbatti rapido contro la porta e gli sbottoni
i jeans. Stupore e un brivido di eccitazione che
cresce rapida quando gli infili la mano nei boxer e
gli afferri i glutei. Ti strusci contro di lui, i
sessi che duellano in una intermittenza di affondi, il
suo desiderio che monta sotto il tuo contatto, il tuo
già gonfio.
Rapidamente scivoli verso il basso, lo inguaini e lo
forzi nella tua bocca. Plastica alla vaniglia, calore
e marmo. Gli cingi la vita con un braccio mentre con
l’altra mano ti sbottoni i pantaloni e inizi a
masturbarti tra le sue gambe. Geme sotto le spinte
della lingua, gemi sotto le spinte della tua mano.
Esplodi in netto anticipo rispetto alla sua corsa,
scosso da un brivido affilato. Lo guardi dal basso
verso l’alto, il volto contratto, le gambe tese, il
bacino che si muove e spinge contro la tua bocca, le
mani affondate nelle spalle che cercano appiglio.
Viene in un ansimo strozzato.
Risali rapido per depositare un altro bacio durante il
quale si sbilancia e riesci ad allontanarlo dalla
porta. Ti guarda assai stupito.
Che c’e’ di strano? Non era quello che voleva fin
dall’inizio? Non guardava le tue labbra come se
fossero state la cosa più incredibile dell’universo?
Ed ora che le ha avute cosa c’e’? Voleva queste, no? E
il suo sguardo adesso è a metà tra la lussuria
soddisfatta e l’incomprensione.
Esci rapido dal bagno e altrettanto rapido dal bar.
Per un attimo ti sei illuso che il suo sguardo,
all’inizio, fosse chiaro, deciso non fraintendibile.
Diceva voglia. Diceva carne. Diceva …
*******************************************************
Giornate che si susseguono al ritmo di lezioni e
studio, serate ancora appagate dai due corpi che ti
sono passati sotto le mani ormai qualche giorno fa,
crepuscoli ridotti che tingono i pensieri e ti portano
a riflettere su ciò che il corpo sa di volere e che la
mente vuole incasellare, sezionare, riconoscere per
non perdersi. Odori e gesti si susseguono in un
rimembrare che giunge da lontano e le parole del dopo
che si sovrappongono all’olfatto al tatto,
inficiandoli.
Ricerca di un gesto che si sostituirà un altro gesto,
un odore che prenderà il posto dell’aroma del sesso
consumato e non vanificherà ciò che il corpo ha conosciuto solo qualche istante prima. Per ottenere la
chiusura del cerchio. Movimento circolare spinto dal
desiderio della carne che non riesce quasi mai a
concludersi su se stesso, il piano che si sposta in un
moto spiraleggiante, lasciando l’inizio del tragitto
orfano, aperto sul nulla. Quando si chiuderà, quando il sesso consumato con un ragazzo trovato a caso in un
luogo a caso sarà solo sesso la tua ricerca sarà
conclusa e potrà essere trampolino di un'altra ricerca
che nascerà dalle ceneri della prima.
Ti aggiri nelle strade del centro di una città
sconosciuta, raggiunta per vedere un’esposizione
d’arte e scelta d’impulso, dopo la mostra, per
passarci una notte vagabonda. Hai gli indirizzi dei
locali, dei bar e delle disco. Controlli la mappa
mentre ceni tranquillamente in un locale anonimo.
Un'altra sera in cui il tuo spirito ed il corpo sono
nella perfetta armonia della ricerca.
Giungi nel bar che hai scelto a caso, uguale a molti,
con le solite griffe, la stessa musica a volume alto e
le onde di profumo codificato che dipartono dai
ragazzi che si muovono intorno a te.
Osservi gli sguardi, le occhiate che tessono una fitta
trama nell’aria troppo calda e fumosa del locale.
Stessi occhi, stesse espressioni che ti anticipano il
solito finale. Guardi e osservi finché l’aria diventa
talmente densa di occhi e messaggi da sembrare
melassa. I corpi che urlano o carezzano suadenti la voglia, il tuo che partecipa all’urgenza irrefrenabile
che ti circonda. Tutto in onore delle dee.
Il tempo scivola tra le maglie allargate della serata,
la voglia di uomo cresce, prende il sopravvento sul
crepuscolo.
“Ciao, sei nuovo di qui?.” Grida per sovrastare il
rumore della musica a volume troppo alto.
Guardi il ragazzo in piedi accanto a te, la cui bocca
parla con te i cui occhi parlano al groviglio di
messaggi che addensano l’aria.
“Foresto.”
“Posso?” Si siede sullo sgabello alto di acciaio e
pelle nera. Poggia il bicchiere sul tavolo, continua a
guardare altrove e ti parla.
“E come mai sei finito qui, foresto?”
Non ti è chiaro se ci sta provando o se è solo
un’ottima copertura per guardare e provare altrove.
“Impulso della notte che chiedeva di essere consumata
qui.”
“Uhm uhm.” Concorda distratto.
“E te?”
“Indigeno.”
“Uhm uhm.” Concordi distratto.
Smette di guardarsi attorno e si volta verso di te,
dedicandoti tutta la sua attenzione.
“Come sta andando?”
Non riesci a leggergli gli occhi.
“Calma, tranquilla e piatta.”
“Dici?”
“Assolutamente.”
“Ti soddisfa?”
“No.”
Un sorriso si impossessa del suo volto.
“Ti va di uscire?”
Ti aspettavi un ‘fare due passi’. Lo scruti.
“Per andare dove?”
“Ho voglia di spezzare la calma piatta.”
Un brivido ti rimescola il sangue.
“O.K.”
Uscite facendovi largo tra corpi accaldati e
compattati nello spazio ormai troppo piccolo del bar.
Fuori è freddo e silenzioso in confronto all’aria di
dentro.
“Luca.” E ti porge la mano.
“Stefano.” La stringi. Presa salda e decisa.
“Come mai sei in questa ridente città?”
“L’esposizione.”
Annuisce. “Ti è piaciuta?”
“Interessante.” Non ti va di parlare di questo. Stai
valutando se la scelta sia stata opportuna. Per essere
carino, beh, lo è, ti piace, ma forse… Non sono parole
quelle che cerchi. Le dee chiamano e il sangue scorre
veloce nel freddo della notte. Ponderi un istante la
situazione. Concludi che non ti frega del dopo, delle
parole che nasceranno in seguito, delle proposte che
trascenderanno le due dee alle quali sei devoto.
“Dove andiamo, indigeno?”
Ti squadra, soffermandosi sulla vita, poi il suo
sguardo scende ed indugia. Sorride.
“Se vuoi…” La sua voce ha un’inflessione
inequivocabile.
“Da te?”
“Perché no. Seguimi.”
Salite in auto. L’abitacolo è freddo e il motore si
lamenta quando deve entrare in moto. Strade
sconosciute ti scorrono veloci sotto gli occhi. Uno
sconosciuto ti stà portando non sai dove. Prima o poi
ti ritroverai con le ossa rotte.
La sua mano si poggia sulla tua coscia risale rapida
fino all’inguine. Trattieni un gemito di sorpresa.
Si sofferma sulla zip dei jeans, poi si allontana,
afferrando con forza il cambio.
“Lo speravo.” Sussurra, gli occhi piantati sulla
strada.
“E te?”
Ti lancia un rapido sguardo di sfida. Assaggi con le
dita il suo sesso imbrigliato nei pantaloni. Pulsante
e quasi eretto. Soddisfatto ti sistemi meglio sul
sedile, senza togliere la mano dal suo corpo. Lo
stuzzichi delicatamente, il suo sesso freme sotto la
mano.
“Aspetta.” La voce assume una sfumatura piacevolmente
roca. “Arriviamo a casa.”
Sollevi la mano. La parola Casa ti turbina nel
cervello. Sa di caldo, di tranquillo, di letto
profumato del suo corpo, dei suoi umori a cui si
mischieranno i tuoi.
Arrivate in fretta, senza aggiungere altre parole,
solo il silenzio del corpo che si risveglia ed esprime
i suoi voleri.
*******************************************************
Entri in una sala ampia dai colori chiari che parlano
di deserti di sabbia. Arredata con gusto, ricolma di
parole inchiodate e foto.
Senza altri suoni ti porta in camera. Letto
matrimoniale immenso. Due comodini. Libri e altri
oggetti da entrambi i lati. Una foto sulla parete. Lui
e un altro uomo. La guardi un attimo. Due volti
felici.
“E’ il mio ragazzo.” Nessuna inflessione.
Ti volti a guardarlo, staccando gli occhi dai suoi
ritratti sulla carta della foto. Stessi occhi,
ridenti, color nocciola, solo più febbrili.
Resti un attimo attonito, forse non vuoi capire. La
sua voce ti salva dallo strano pantano dei pensieri.
“Non c’e’.”
Non aggiunge altro e si leva il golf. Lo osservi,
immoto.
“Allora Stefano, ci hai ripensato?” Il tono è una
sfida suadente.
Lo imiti toglendoti la maglia, il silenzio rotto solo
dal crepitar della lana che viene stropicciata.
Si avvicina e passa i polpastrelli sulla tua t-shirt,
all’altezza del petto. Sale fino alle clavicole e poi
serpeggia lungo le braccia scoperte. Ha le dita calde,
morbide. Il tocco ti fa venire la pelle d’oca.
“Speravo proprio che non avessi rinunciato all’idea.”
Ti sussurra quasi sul collo.
Le dee chiedono a gran voce di essere soddisfatte. Un
rimescolar di umori e voleri.
Ti insinui sotto la sua maglietta e poggi i palmi
sulla schiena. Le mani scivolano leggere verso l’alto,
spingendo la stoffa verso il suo collo. Solleva le
braccia e si lascia spogliare. Le mani tornano a
saggiare la pelle, la schiena liscia, il torace
compatto come una mela, il petto che si muove
ritmicamente che ti chiama.
La bocca raggiunge il suo capezzolo e lo assapora
senza troppe remore, la lingua lo circumnaviga
seguendo rotte ubriache e i denti lo scavano. Lo senti
frustato da brividi che colonizzano la sua pelle prima
di saltare sul tuo corpo.
Con una mano ti trascina verso l’altro capezzolo che
ti attende già turgido. Lo circondi e lo succhi. Il
suo corpo reagisce con un gemito ribelle che sfugge
dalle labbra.
Ti fermi per ascoltare la sua eccitazione, sollevando
la testa dal suo petto e abbracciandolo, solo per
sentire il battito accelerato del suo cuore rimbombare
nel tuo petto. Ti trascina sul letto. Cadi su di lui
con un tonfo sordo
Ti afferrala testa e la spinge verso l’addome.
Il percorso fino all’ombellico è diritto, non ti
permette di assaporare la sua pelle, poi si abbandona
alle tue volontà sciogliendo la presa sopra la nuca.
La consistenza dei suoi addominali lascia ai tuoi
denti spazio per affondare e mordere, la lingua rotea
intorno all’ombellico e le labbra sfiorano la sottile
peluria che ombreggia l’addome. Un soffio appena
scappa dalle sue labbra, un suono di piacere che vibra
fin nel suo ventre.
L’eccitazione cresce, ti fa fremere, accelerare i
battiti, e scoppia il desiderio folle di averlo a
contatto d pelle. Gli sbottoni i jeans. Solleva il
bacino per farli scorrere meglio e glieli levi con un
gesto secco. Sono stretti e nel movimento portano via
anche la poca stoffa che gli fasci ai fianchi.
Nudo, eccitato, sdraiato sul letto ti guarda con occhi
febbrili. Non resisti alla tentazione di quel lago di
pelle ti ci butti dentro. Scivoli lungo il suo corpo e
lo copri con il tuo semi vestito. La stoffa scorre
sulla sua pelle facendolo rabbrividire. Emette un
gemito quando la fibbia della cintura struscia sul
sesso gonfio. Ti strusci in modo che il metallo tocchi
ripetutamente la sua carne morbida. Risponde al
movimento venendoti incontro e smette solo quando al
metallo si sostituisce la stoffa gonfia dei tuoi
pantaloni. La sua mano si intrufola tra i corpi e
saggia il risultato del suo operato, afferrando il tuo
sesso indurito.
Il tuo respiro affannato e la sua esclamazione
soddisfatta si mischiano, producendo un suono
perfettamente armonico.
Ti siedi sul suo ventre e ti sbottoni i pantaloni. Le
sue mani sostituiscono le tue, abbassano la lampo e vi
spariscono dentro. Inizia ad accarezzarti attraverso
il cotone degli slip, con tocchi decisi e pressanti;
segue le tue forme, lo circonda, scorre con i
polpastrelli sul tessuto teso e ascolta il tuo respiro
che diviene più veloce.
Tira giù gli slip e ti afferra. Il tocco è più deciso
ed umido. Inizia a pompare velocemente, senza sosta o
interruzioni e ti trascina in un rapidissimo crescendo
fino ad un passo dall’orgasmo. Ti muore un gemito in
gola. Il fiato sospeso nell’attesa, i muscoli
contratti per opporti al suo agire, tutto il corpo
teso a godere per un istante in più questa corsa.
La tensione sale, diviene insostenibile e ti abbandoni l moto della sua mano, accompagnando i gesti con
l’oscillar del bacino. Il tuo altalenare contro il suo
cazzo rigido lo fa ansimare. Ti perdi nei suoni dei
corpi e vieni con un gemito roco.
Ti lasci andare, la schiena si flette, le spalle si
abbassano, poggi le mani sul letto, all’altezza delle
sue spalle e resti ad ansimare, con la testa che
sfiora il suo petto ornato dal tuo sperma.
Ti prende la nuca e ti tira a sè. Ti trovi incollato
alla sua pelle calda, appiccicosa, sudata e odorante
di te. Riprendi fiato, distendi le gambe e finisci di
toglierti i pantaloni. Lo senti sotto di te, duro,
urgente. Lo raggiungi con una mano, circondandolo,
mentre con l’altra prendi un gommino dalla tasca dei
pantaloni che giacciono poco lontano.
Il sapore della solita plastica alla vaniglia ti invade la bocca mentre ingoi il suo sesso. Ti sparisce
in bocca per poi riemergere bagnato ed un po’ ridicolo
sotto plastica. Un pensiero strano ti attraversa la
mente; come tanta bellezza sia ridotta a questo
spettacolo per impellente necessità.
I suoi gemiti ti riportano alla sua eccitazione.
Le labbra si arricciano sulla plastica mentre spingi
verso il basso, facendolo affogare in te. Risali
cercando di portarlo con te, sfruttando solo i muscoli
delle guance e resti sulla punta. E poi un altro
affondo, lento, attillato, goloso.
Spinge contro la bocca, la punta ti batte in gola,
provocandoti sia piacere che un lieve fastidio, ma
seguiti ad inghiottire sempre più a fondo, sempre di
più finchè la tua gola può resistere e sopportare. Ti
impone il ritmo dei movimenti con piccoli colpi di
reni e lo assecondi finchè l’aria si riempie del suo
ansimare e del suo basso roboar liberatorio. Lo tieni
in bocca, per sentire ogni scossa, ogni brivido che lo
attraversa, finchè non perde rigidità.
Rimuovi la plastica e ti sdrai accanto a lui. Resti ad
ascoltare il suo respiro mentre le tue mani vagano tra
i riccioli del suo sesso.
Un corpo armonioso, muscoli non troppo sviluppati ma
perfettamente distribuiti, pelle arrossata e
opalescente di sudore, ovale allungato, capelli
castani, tagliati un po’ come capita e mani grandi,
dita lunghe, che suggellano una promessa di abilità
effettiva.
Lo accarezzi sul ventre, lungo i fianchi, su, su, fino
alla gola e risali ancora verso il volto, le guance.
Non si muove e ti guarda con occhi soddisfatti. I tuoi
lo stanno mangiando vivo. Se ne accorge, tanto che
l’espressione muta rapidamente da soddisfazione in
desiderio curioso. Un corpo abbandonato su di un letto
ancora intatto, l’aria pregna di sesso e il tuo
desiderio che pulsa irruento.
Lo mordicchi alla base del collo, alternando denti a
lingua, scivoli sulle spalle e insinui il naso sotto
la schiena. Spingi felinamente ed infili tutta la
testa sotto la sua spalla. Strusci il volto sulla
schiena, aumentando la pressione finchè non si trova
con la schiena poggiata sul fianco. Con un colpo di
anca si gira completamente si sistema al centro del
materasso. Ti riempi gli occhi con tutto questo corpo,
lo accarezzi, lo scorri, con mani vagabonde che errano
finchè non giungono al culo. Ne saggi la consistenza
con dita nervose. Risponde con sospiri di piacere.
Stai al gioco e massaggi queste due mezze pesche,
impastandole come fossero pasta da pane. Lo vedi rilassarsi e godere dell’improvvisata seduta di
massaggi, lo vedi rabbrividire quando alle mani si sostituiscono le unghie che scorrono leggere sulla
pelle morbida. Un’onda di pelle d’oca gli increspa la
schiena e porta con se un basso mugolio di piacere a
metà tra il sensuale e il soddisfatto. Suoni troppo
simili a quelli del piacere puro. Cambi massaggio, che
diventa sensuale e tattile, i polpastrelli scorrono
sulla pelle, ruotano intorno al sacro, scivolano verso
il basso e spariscono tra i glutei.
Trattiene il fiato ma non contrae neanche un muscolo.
Segui diligente la linea scura fino a raggiungere il
perineo, separando con la mano le due rotondità.
Sollecitato dal tuo gesto appena accennato allarga le
gambe. Alla mano si sostituisce la lingua. Lecchi la
sua carne, separandola prima di sparirci nel mezzo e
ti fermi a fior di pelle sul suo buco.
Lo sfiori appena con la punta della lingua e lui
reagisce con un gemito ed una spinta del culo in
direzione del tuo volto. Ti allontani e continui a
stuzzicarlo solo con la punta. I suoi muscoli rispondo
contraendosi, come a volerti assorbire. Spingi in lui
e la carne cedevole cinge il tuo incedere.
Una voglia incredibile ti esplode nel ventre.
L’eccitazione, che fino ad ora era rimasta in
superficie, si rivela in tutta la sua pressante
impellenza e confluisce al sesso. Il movimento di
questo culo morbido davanti agli occhi è una sirena e
tu non sei legato a nessun albero della nave.
Ti sdrai su di lui con mosse serpentine. Il contatto
con la sua pelle accaldata, il pressare del tuo cazzo
gonfio sul suo culo, il gemito stupito che gli esce
dalle labbra ti obbligano ad ancorarti al suo corpo
come un naufrago. Lo cingi alla vita con un braccio e
inizi a strusciarti come un indemoniato sul suo culo.
Lui segue la tua danza in controtempo, in modo da
amplificare la pressione e la frizione sul tuo cazzo.
Hai il fiato corto, il respiro accelerato e i pensieri
in tilt. Lui geme e si contorce, spinge il bacino
verso l’alto per venirti incontro. Gli metti due dita
in bocca. Le afferra con i denti e le bagna con lingua
spiraleggiante. Le fai sparire entrambe in lui, il suo
buco che risucchia voluttuoso le sue dita ed inizia a
stringerle ritmicamente. La facilità con cui sei
scivolato in lui ti grida di affondarci, di sparire
dentro questo culo morbido ed aperto. Afferra un
gommimo dal cassetto del comodino e te lo passa con
gesto urgente. L’operazione non è delle più facili,
dato che il suo culo insidia continuamente il tuo poco
raziocinio.Ti lecchi le dita e lo umidifichi ancora e
con un movimento preciso e lento spingi in lui.
Geme di piacere, i muscoli del culo completamente
rilassati, il buco che si dilata millimetro dopo
millimetro, l’aria pregna del tuo ansimare rapido e
del suo gemere crescente. Il suo culo si apre
completamente sotto la pressione del tuo cazzo rigido
e ti assorbe.
Lo stringi più forte alla vita ed inizi a pompare
rapido, urgente. Lui geme, struscia il bacino sulla
coperta, ti si spinge contro per poi rirarsi verso il
letto. E’ completamente eccitato e dannatamente
eccitante. Il suono del suo corpo è la migliore
preghiera che tu abbia mai sentitio e con l’ultimo
barlume di lucidità ti accingi ad esaudirla.
Le dee placate da sudore, odore e sperma.
Afferri il cazzo rigido e lo imprigioni con una mano.
Ad ogni tua spinta lui risponde spingendo nella tua
stretta. La mano stringe spasmodica, contratta dai
colpi che ti fanno affondare ripetutamente in lui. I
suoni sordi del suo culo che batte contro il tuo
bacino, i gemiti che affiorano sulle tue labbra e il
crescente ansimare del tuo compagno di preghiere ti
stordiscono, ti inebriano, ti fanno accelerare i
movimenti sia della mano che dei fianchi e lui sotto
che si contorce, ti sfugge, ti si lancia contro,
circondato dalla tua mano e dal tuo bacino, bloccato
nel piacere dal tuo cazzo imperante.
Ansima sempre più forte, tu gemi sulla sua schiena
diventata lucida dal sudore e dal calore che si
innalza dai vostri corpi come da un falo’.
Un fluire impetuoso di piacere ti spinge sempre più in
lui, affondi, lasci il segno in quella carne che ti
ingloba, ti tendi su di lui, pompando sempre più
velocemente il suo cazzo ormai in preda agli spasimi,
ti afferri alla sua vita e sferri gli ultimi colpi,
decisi, violenti, definitivi. Godi in lui mentre il
suo culo contiuna a sbattere contro il tuo bacino, i
suoi movimenti proseguono determinati, duri, finche la
tua mano viene scossa dai suoi brividi e inondata del
suo sperma.
Ansimanti vi separate. Ti sdrai, portandoti la mano al
volto. L’annusi, succo appena spremuto e ti trattieni
dalla tentazione di assaggiarlo. Rimuove la plastica e
lascia cadere tutto in terra. Poi ti prende la mano in
cui si è svuotato e se la porta alla bocca. Ti lecca
le dita, sensuale, poi la porta sul tuo torace e ti
accarezza. Il tocco è ancora tremante. Saggia la tua
pelle, affonda appena nei tuoi muscoli. Le mani si
muovono sicure e parlano di soddisfatta tranquillità.
Sei rilassato, ma la mente è in allerta, in attesa di
un suono vocale, una prima parola che vorresti non
sentire. Non parla, continua solo ad affondare,
accarezzare, impastare il tuo corpo, come se tutti i
suoi ragionamenti dovessero essere espressi dalle sue
mani.
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Ti alzi e vai in bagno, sia per effettivo bisogno, sia
per non cedere al sonno che bussa dopo una giornata
iniziata molto presto e ancora non conclusa. Quando
torni lo trovi a sedere sul letto. Ricerchi in
silenzio i tuoi vestiti. Ti piace questo silenzio, non
è teso, non è imbarazzato, è denso, ricco di
sensazioni, ancora carico di pelle; le parole
potrebbero solo renderlo squallido.
“E’ pareccho tardi, mi sa che i metrò sono finiti. Se
vuoi ti accompagno in albergo.”
Le sue parole ti urtano, ma non per quello che ha
detto, solo perchè i suoni hanno infettato
quell’atmosfera sospesa e soddisfatta.
“Non ti preoccupare vado a piedi.”
“Sicuro? Qui le distanze sono lunghe.”
“Si, tanto non ho una meta da raggiungere.”
Resta in silenzio ancora un po’, mentre infili
t-shirt.
“Se vuoi puoi restare qui.” Pronuncia questa frase e
va in bagno. Hai paura di restare, di rovinare una
serata quasi perfetta, ma effettivamente l’idea di
vagare tutta la notte al freddo non ti attira.
Esce e si dirige a letto, senza chiederti nulla.
Risistema il lenzuolo e la coperta e si mette a letto.
Resti in piedi, in stand by decisionale.
“Ah, dimenticavo, se resti rispogliati. Qui si dorme
nudi.”
Segui le indicazioni e scivoli nel letto. Non sai se
hai fatto bene, non sai se domani sarà peggio, non sai
niente, è solo un altro salto nel vuoto.
Sdraiato sulla schiena, luce spenta, rifletti sulla
perfezione della serata, del livello di sintonia dei
vostri corpi. Hai visto il suo corpo sdraiato sul
letto e quello ti ha stregato. Non perchè sia un corpo
fantastico, ma perchè esprimeva tutto quello che c’era
da sapere in quel momento. Ti vien voglia di osare
ancora, di vedere se è stato quello che hai pensato o
se si è trattato solo di infoiamento, proprio ora che
Voglia e Carne sono state onorate. E’ su di un fianco,
rivolto verso di te. Ti avvicini, lo abbracci. Il suo
corpo è caldo e rilassato. Si volta, dandoti le spalle
e si adagia contro il tuo petto. Lo cingi alla vita.
La sua carne si adatta alla tua, ti rilassi sulla sua
pelle che sa di calma, di tranquillità, di piena
soddisfazione. Non proferisce suono intelleggiblie, si
abbandona al contatto e tu ti perdi nel suo epitelio.
Restate abbandonati nel pieno silenzio del corpo.
*******************************************************
Ti svegli con la luce che filtra dalle persiane
semichiuse. Il suo corpo caldo è ancora a contatto con
il tuo. L’aria è ancora impregnata degli odori della
sera prima, la stanza sonnacchia nel caos dei vestiti
gettati alla rinfusa e nei resti trasparenti della
nottata, sparsi sul pavimento.
Ti allunghi, stiracchi leggermente le gambe senza
muoverti troppo per non svegliarlo. Una mano
inconsapevole ti sfiora.
Un campanello d’allarme irrompe nel lento emergere dal
sonno.
Non può essere la sua, è anatomicamente impossibile,
data l’angolazione. Ti immobilizzi ascoltando i suoni.
Il tuo cuore che batte troppo forte, il suo respiro e…
e il suono di un altro corpo.
Terrore ti avvolge. Allunghi un braccio, titubante.
Segui il contorno dei suoi fianchi, giungi alla
diagonale della sua gamba che sparisce tra un altro
paio di gambe.
Omerddaa.
Sudori freddi si impossessano della tua pelle. Ti
irrigidisci e il respiro si fa rapido, urgente. Sapore
di adrenalina e paura in bocca. Cerchi di allontanarti
dal corpo caldo senza svegliarlo. Il letto cede un
poco, cigolando.
La mano, prima inconsapevole, si ferma sul tuo fianco
e fa presa nella tua carne, afferrandoti.
Merdaaa. Il cuore batte troppo rapido, suoni infernali
e grida si alzano dal tuo profondo, e sopra tutto
paura.
Prima o poi ti ritroverai con le ossa rotte e hai
l’impressione che il poi sia arrivato.
La mano alleggerisce la presa e si poggia
delicatamente. Ti sfiora con una carezza lenta, lunga,
e ti senti come un gatto accarezzato sulla schiena. La
carezza continua, con la stessa lentezza
tranquillizante e ti ci abbandoni; il corpo che lotta
con la mente per seguire i messaggi che gli arrivano
dall’esterno e restar sordo al terrore che è esploso
dentro.
Ancora rigido e terrorizzato segui il moto ipnotico
della mano, la carne prende il sopravvento sulla
ragione e si abbandona alla calma della mano. Rilassi
i muscoli, il cuore rallenta, il terrore scivola via
ad ogni passaggio delle dita sconosciute finchè il
loro moto non diviene sfilacciato e capitola,
arrestandosi.
Odi il suono di due corpi abbandonati nuovamente nel
sonno.
L’impulso di scappare è rotolato lontano. Resti fermo,
ormai il sonno è andato ma il caldo del letto e la
tranquillità della mano ti hanno ammaliato. Può valere
la pena di aspettare il risveglio e rischiare.
*******************************************************
Il corpo contro di te si desta. Senti la contrazione
dei muscoli che si svegliano, il cambio della cadenza
del respiro, i suoni della mattina. Anche l’altro
corpo si risveglia. Resti fermo, in contatto con il
corpo caldo che emerge dal sonno. Uno sbadiglio nel
silenzio, rumore di pelle che sfiora altra pelle,
lenzuola che frusciano e i suoi capelli che ti
solleticano il volto quando si gira.
Occhi ancora pieni di sonno ti guardano. Tranquillità
soddisfatta. Spunta una seconda testa da dietro il
corpo che ti è accanto. Ti accoglie con un sorriso
ancora impastato dalla notte.
Resti per un istante attonito, perso nei due volti che
si sono staccati dalla foto alla parete e sono ad un
soffio da te. Sorridi a tua volta. Il corpo più
esterno si alza. Nudo, armonico, dalle proporzioni elleniche, schiena ampia, culo che sembra sodo come
una mela. Riabbassi gli occhi sul volto accanto a te
che ti osserva compiaciuto. Le sue dita passano sui
tuoi occhi, una carezza complice ti sfiora le labbra,
un sorriso lieve increspa la sua bocca, ti bacia,
donandoti il sapore del sonno dei giusti.
Si tira su, sedendosi, la schiena appoggiata al
cuscino. Dopo qualche minuto la stanza riacquista il
terzo corpo, annunciato dall’odore del caffè. Poggia
un vassoio con tre tazze sul letto.
I minuti si sfilacciano nel sapore del liquido scuro,
nell’odore della pelle, nella luce della mattina che
invade la stanza, nel silenzio non pesante, non
imbarazzato. Solo silenzio.
Qualche pensiero bussa alla porta della coscienza, lo
ricacci indietro per non rovinare il fluido scorrere
delle sensazioni.
Finisci il caffè, ti stiracchi e vai in bagno. Occhi
che ti seguono. Ne percepisci la carezza sulla
schiena, intorno alla vita, sul collo, lungo il volto.
Se non ti sentissi sazio scaveresti più a fondo in
questa carezza, ma ora stai sperimentando il sapore
della perfezione pienamente consumata.
Bussano alla porta del bagno.
“Se vuoi fare la doccia prendi un asciugamano dal
mobile bianco vicino alla finestra.”
Ringrazi e ti metti sotto l’acqua tiepida. I pensieri
si sciolgono sotto il flusso caldo. Hai bisogno di
restare nel compiuto, nell’immobilità sospesa di
questi istanti, godendoti lo stato di grazia che ti ha
accolto casualmente.
Esci dal bagno in una nuvola di vapore. Sono ancora
distesi sotto le lenzuola, abbracciati, tra carezze,
baci, morsi, in bilico tra carne e voglia.
Le due dee sono calme, non urlano in te, il tuo corpo
è pacificato mentre la mente si sveglia dall’oblio e
richiede spazio, tempo, aria e cielo sopra di sè. Ti
rivesti con calma, avvolto dai loro sguardi. Non
adesso, non stai cercando la complicità della camera
di una domenica mattina. Vestito di tutto punto ti
avvicini al letto.
Un tuffo al cuore. E’ gioia infinita, incomprensibile,
sazia.
Luca tende un braccio verso di te, invitante. Prendi
la mano e la baci sul palmo aperto. Ti sfiora il mento
e rientra sotto le lenzuola.
Accarezzi l’altro volto. Strano essere dallo spirito
accogliente e dal corpo sconosciuto. Sorride con gli
occhi e con i primi suoni che emergono dalla sua gola,
le sillabe del suo nome pronunciate prima di un ciao.
Ti allontani dal letto che custodisce al caldo i loro
corpi.
“Ciao ragazzi, grazie.”
Esci dalla camera e ritrovi il cappotto. Chissà se
hanno capito il perchè di questo grazie. Ti chiudi la
porta d’ingresso alle spalle. Il cielo è terso,
freddo. Respiri a pieni polmoni e sei felice.
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