Commenti: il linguaggio è esplicito, diretto e non proprio da educande (beh ma esistono ancora creature di tal genere?). Le situazioni forse sono un po' estremizzate, ma non credo siano molto lontane dal reale.

 


Le due dee

di Gaia



Ti guardi i polsi. Segni rossi circolari inanellano la pelle. Tra qualche ora vireranno in un bluastro livido. C’era da aspettarselo con un principiante.
Sogghigni mentre massaggi la pelle lacerata dalla stoffa. Ti siedi sul letto e lo guardi. Ha il volto sconvolto, gli occhi dilatati sia dall’orgasmo che lo ha appena dominato sia perché ha realizzato cosa ha fatto poco prima. Apre la bocca ma la richiude immediatamente. Lo guardi con curiosità e con un pizzico di divertimento. Ti sollevi dal letto dove ti ha bloccato, prono, le braccia aperte e fissate alla spalliera del letto, le gambe divaricate a forza. Ti gemono i muscoli ancora scossi dal lavoro a cui li hai sottoposti.
Un principiante che ci è andato peso.
Un principiante che realizza.
Ti siedi. Una fitta di dolore quando poggi tutto il peso sul letto. Se ne accorge. Ti guarda con il terrore negli occhi.
“Scusa,” balbetta con voce tremante “io non avevo idea.”
Lo guardi diritto in volto e non rispondi. Distoglie lo sguardo appena in tempo per non vedere un mezzo ghigno che ti illumina il viso.
“Davvero, è la prima volta che mi succede una cosa simile… non so come sia potuto accadere, io… io…” 
Continui a non rispondere. Ti godi sadicamente la sua presa di coscienza. Si agita, in piedi davanti a te ed evita il tuo sguardo.
“Io… non so cosa mi è preso. Io… Ma stai bene?” 
Annuisci distrattamente. Sei troppo impegnato nell’osservare le sue spalle che si alzano e si abbassano, spinte dai polmoni che cercano di riportare un contegno nel corpo. Prende fiato, un respiro rumoroso, lungo, profondo come a cercare di assorbire tutta l’energia che può trovare. Si gira. Ti guarda negli occhi.
Sai che non ci troverà niente se non una sottile scia di divertimento, ma sai anche che non riuscirà a decifrarla. Non in queste sue condizioni alterate.
“Io.. scusa.” Le parole gli muoiono tra l’esofago e le labbra.
Lo guardi a lungo, sforzandoti di non ridere della sua sconvolgente scoperta.
Più lo osservi in questo stato più il sangue scorre rapido nelle vene. Converge verso l’inguine come un torrente in piena. Ti eccita. Divarichi le gambe. Il movimento ti causa una fitta di dolore quando sposti il peso facendo perno sul sedere. Lo chiami a te con un gesto della mano.
Si muove con la coda tra le gambe. Non ce la fai più a trattenerti e ti metti a ridere con gusto. Si ferma, non capisce, resta un attimo impacciato, poi riprende il tragitto verso di te. E’ in piedi, immobile, in attesa di un tuo gesto, davanti al tuo cazzo che punta
il cielo.
Ti allunghi per prendere un gommino nella scatola accanto al letto. I movimenti ti fanno contrarre i muscoli. Un’altra manciata di dolore.
Glielo consegni senza dire una parola. Chissa’ cosa capira’. Ti piace tenerlo in tensione.
“Che ne dici se adesso ti occupi un poco di me?” La tua voce e’ quasi flautata.
Sorride sia al tono che alla richiesta. Lo vedi trasfigurare dalla gioia di sentire che non sei arrabbiato, che non vorresti spaccargli la faccia per quello che ha fatto. Ma come potrebbe sapere che ti sei divertito come non ti succedeva da tempo? Hai dovuto dare in cambio un po’ di dolore e qualche livido, ma è stato uno scambio più che a tuo favore, date le condizioni in cui è adesso.
“Cosa vuoi che ti faccia?” La domanda è trepidante, macchiata da una piccola traccia di paura per la possibile risposta.
“Hai una gran bella bocca, labbra sottili ma abili, almeno per quanto sono riuscito a provare fino ad ora...” Lo guardi ammiccante.
Sorride. Sollievo? Forse. Sai che tipo di risposta temeva si ricevere.
Si inginocchia davanti a te, in venerazione della tua carne. La accarezza con una guancia, mentre i capelli vi si avvolgono intono, regalandoti leggeri brividi.
Ti sistemi meglio, portando le mani dietro la schiena e allargando le braccia in modo da aumentare la superficie su cui scaricare il peso, dato che il sedere ti continua a fare un male cane ad ogni movimento.
Ti percorre con i polpastrelli, mentre con l’altra mano si porta la confezione di plastica verso la bocca. La apre con un po’ di impazienza.
Al lieve tocco della mano si sostituisce lo sfiorar di labbra. Solo un volo a fior di pelle, e poi il suo inspirare profondo di te e del tuo odore. Le mani liberate si affaccendano su di te e con mosse abili inguainano il tuo sesso teso.
Ti prende, scivolando lento. Sparisci nella sua bocca.
Caldo avvolgente di mucose che scivolano, sfregano, si allontanano un istante per poi tornare a toccarti.
Si ancora a te cingendoti la vita e stabilisce il ritmo degli affondi. Gemi; metà per il piacere delle sue labbra, metà per il dolore che si irradia dal culo, mentre segui il suo ritmo, mentre ti tiri su per inchiodarlo all’apice del suo movimento ascendente, mentre ti spingi ancora più verso la sua bocca quando sai che non può alzare ulteriormente la testa, mentre scivoli via da lui riabbassandoti velocemente, mentre mugola qualcosa che non capisci, mentre il fiato si fa corto e i movimenti sempre più veloci, mentre la sua mano si apre a ventaglio sulla tua schiena e ti preme verso di se, mentre non vuoi ancora venire per poter assaporare fino in fondo le sue labbra, sottili nella ascesa e piene nella spinta, mentre le vene pulsano e i brividi si irradiano dalla base dell’inguine verso tutto il corpo, l’altra sua mano stringe spasmodica una tua coscia e il suo respiro diviene irregolare, il tuo è spezzato, lo senti sprofondare, inghiottirti fin dove la sua gola lo permette, ti si irrigidiscono i muscoli delle gambe, delle braccia e gridi e zampilli nella plastica. Continua a succhiarti per qualche secondo, ti tiene qualche altro istante al caldo prima di allontanarsi e farti emergere nuovamente all’aria. 
Ti sdrai sul letto.
Annoda l’apertura del gommino e la fa cadere a terra, accompagnado il movimento con “Che spreco!”
Si sdraia accanto a te sul letto disfatto fino all’inverosimile. Nel percorso incontra i tuoi polsi segnati. Lo osservi di sottecchi. Te lo aspetti. E’ sempre così. E’ come se dopo aver dato piacere fossero convinti di avere il diritto di parlare, proprio quando cinque minuti prima non si sarebbero mai azzardati a farlo. Principianti.
“Senti, io non so bene cosa mi sia preso prima, mi dispiace. E’ la prima volta che mi comporto così, giuro, non era voluto, credimi, è che ad un certo punto non sono più stato in grado di fermarmi.”
“L’ho visto, anzi l’ho sentito. E credo che lo sentirò per qualche altro giorno.” Sai quanto sei stronzo quando fai così. “Era la prima volta che legavi qualcuno, vero?”
“Beh, si.”
“E”
“E mi ha dato alla testa. Ecco tutto. Pensare che…” 
“…che mi avevi detto di essere dolce e delicato! Chissà cosa si nasconde sotto quegli occhi chiari…”
Lo senti irrigidirsi. Tirare il fiato.
“Si, ti avevo detto; e è vero, o almeno lo era. Ma non mi sono controllato. Ti ho visto qui, sdraiato, con le lenzuola che si attorcigliavano intono al tuo corpo… però anche te sei stato parecchio stronzo. Mi hai provocato.”
“Ma va’. Ti ho solo detto di fare quello che avevi in mente.”
“O.K. io l’ho fatto. E allora?” Inizia ad alterarsi.
“Niente. Mi sembra che qui non sia io lo sconvolto.” 
Si solleva. Ti guarda con una scintilla di astio. 
Ridi.
“Che c’è da ridere adesso?” il tono è duro, sulla difensiva.
“Beh, che c’è da incazzarsi adesso? Mi hai legato, mi hai scopato come una furia, ti è piaciuto, dove sta’ il problema?” il tuo tono è cristallino, divertito.
“Da nessuna parte.” Abbassa la cresta.
“Vedi?” ridi ancora. Ti alzi con qualche smorfia di dolore e ti rivesti.
Lo vedi intento a snodare lenzuola e coperte dalla testata del letto e a ributtarle alla meno peggio sul materasso.
Aspetti che abbia finito e lo saluti. “Ciao. Buona fortuna per il colloquio di domani.”
“Ciao.” Pausa. Stai per uscire. “Beh, se ripasso da queste parti magari ci rivediamo.”
“Si, tanto io sono sempre in giro la sera e i locali sono sempre tutti nel triangolo d’oro dei gay.”
Annuisce. Vi ci siete incontrati in uno dei bar del ‘triangolo d’oro’. Ha attaccato bottone, ti ha chiesto come è l’ambiente in città, che razza di gente c’è e cose simili, prima di proporti di uscire dal bar per “Fare due passi”, come ha detto lui. E chissà perché quei due passi vi hanno portati proprio sotto il suo albergo.
Ti chiudi la porta alle spalle. Scendi. Alla reception non c’e’ nessuno. Un albergo non male. Almeno le lenzuola reggono a trazioni violente.
Principiante. Li adori. Il loro sguardo quando si accorgono di aver passato il loro limite, l’incazzatura che a volte gli monta quando sbatti loro in faccia cosa hanno appena fatto, il loro scatenarsi quando sanno che è solo per una notte e via, e poi chi si ripesca più, specialmente se poi sono qui per lavoro. Una situazione perfetta, ti ci diverti. Ogni volta non sai mai che aspettarti, però sei certo che non sarà mai quello che le loro parole hanno appena sancito.
Respiri a pieni polmoni, soddisfatto e con il culo che fa male.
Ti piace dannatamente giocare così e le dee stasera sono sazie, ma stai ancora cercando.

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Stare seduto in quest’aula a seguire le lezioni non è una delle prove più facili che devi superare oggi. I segni violacei sui polsi sono occultabili, le fitte di dolore un po' meno, e riportano a galla, dai meandri dei pensieri, l’espressione di quel tipo di ieri sera.
Hai ancora la pelle segnata l’eccitazione della sera prima e la mente percorsa dall’euforia di vedere il volto stravolto di quel ragazzo solo a causa delle sue azioni. Buffa la gente quando mette in pratica i propri desideri e si accorge fin dove si è spinta. E i limiti che supera in un attimo. Chissà se ci aveva mai pensato prima... Saresti curioso di sapere, ma non ti è concesso. Adesso sono cavoli del tipo, non tuoi. In fin dei conti la tua parte di divertimento l’hai avuta.
Però prima o poi ti troverai con qualche osso rotto se continui così. Non sai mai come finirà la serata, anche se te lo puoi immaginare già dalle prime battute che scambi con il ragazzo di turno. Un brivido di eccitazione serpeggia lungo la schiena. Forse, chissà…
A fine mattinata ti accorgi di aver seguito si e no metà delle lezioni. In questo momento te ne frega poco. Hai solo voglia di giocare di nuovo, di rischiare ancora, ma il tuo fisico non è ancora in grado di affrontare un’altra notte come quella che hai appena trascorso. Magari qualcosina di più leggero… Ne hai bisogno, il tuo corpo lo necessita, lo grida. Sono le dee del regno dell’istinto che reclamano ciò che spetta loro.

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Stasera sei nuovamente fuori. In giro, in cerca, in scoperta, annusando l’aria. Respiri soddisfatto al bicchiere di fronte a te, mentre il gruppo di tuoi amici cicaleccia e progetta il fine settimana che bussa insistente ai margini del tempo racchiuso in questa serata. Un istante per decidere quanti siete, un secondo per controllare quante auto avete per arrivare qualche decina di chilometri più lontano di oggi, un minuto appena per salutarvi, appuntamento a domani, per andare a stordirsi in una “vasca di deprivazione sensoriale”, come l’ha definita uno dei tuoi scrittori preferiti.
Scemano via piano piano, a coppie o da soli. Resti un altro po’ di tempo al tavolo, ad affogare un istante nella musica troppo alta, nei profumi zebrati che permeano l’aria, nella lieve scia di dolore che si fa sentire quando ti smuovi sulla sedia e in tutto questo stai bene.
Un ragazzo ti guarda, insistente. Sorridi. Perché no. 
Si avvicina al tuo tavolo. Lo inviti a sedersi. E’ straniero. Parla uno strano inglese frammisto a suoni che sanno di luce, di caldo e di pelle abbronzata.
Quasi percepisci l’odore del sole sulle sue braccia scoperte che emergono dalla t-shirt di griffa. Ha una bocca invitante, labbra troppo carnose, ma ben proporzionate, denti che risaltano sul rosso delle labbra rese ancora più accese dall’alcool che scarseggia nel suo bicchiere quasi vuoto.
Poche parole, pochi gesti, inequivocabili. Un brivido quando ti chiede se ti va. Ti domandi cosa, dato che le possibilità sono numerose e le voglie ancora di più.
Gli guardi le mani. Ferme, salde, stabili sul bicchiere. Lo circondano con una presa sicura ma non rigida. Quasi le senti attorno a te. Un altro brivido, splendido. Te lo legge negli occhi.
Voglia, la prima dea.
Ti sorride con fare sempre più accattivante, mentre lo sguardo vaga guizzante tra bocca e occhi.
Carne, la seconda dea.
Le sue dita si muovono incuranti sulla lunga superficie liscia del bicchiere, i polpastrelli ne saggiano la consistenza, il palmo ne sfiora la rotondità, il pollice si muove come a seguire una vena immaginaria che si traccia nella tua mente ma non nella sua.
Distogli l’attenzione dal bicchiere, maneggiato fino ad ora con totale inconsapevolezza, e ti alzi. Ti segue al volo.
Bagni kitch al limite del sopportabile, con le pareti piastrellate di blu notte e il soffitto color argento, ma numerosi, ampi, comodi per qualunque necessità.
Manca la chiave. Non importa.
Entrate. Metti le spalle contro la porta. Lui è in piedi davanti a te e sorride soddisfatto dell’occasione. Si sbottona i jeans che caracollano a metà coscia. Gran belle gambe, ancora inguainate nel sole. Affonda i pollici nell’elastico dei boxer e li accompagna verso il basso. Emerge già eretto, orgoglioso. Ti fa cenno di avvicinarti.
No, altrimenti la porta chi la regge?
Lo afferri per una mano e lo avvicini a te. Odore della sua pelle, odore dei suoi umori che stanno aspettando di uscire, odore di adrenalina e alcool nella sua bocca. Lo cingi con dita esperte, nello stesso modo con cui le sue mani hanno giocato intorno al bicchiere. Ti mette le mani sulle spalle e cerca di spingerti in basso.
No, non ancora. Non ti piace il sapore della plastica senza l’odore del sesso consumato. Imponi un ritmo rapido e spezzato che lo fa desistere dal suo intento.
Per tutta risposta ti afferra il sedere come se fosse una forma di pane e vi affonda le dita. Si abbandona contro di te e il suo fiato alcoolico ti scivola nell’orecchio, accompagnato da suoni umorali e terrosi. Le sue mani decretano il ritmo. Lui affonda le dita nei tuoi glutei ancora doloranti e tu lo spremi con gli stessi gesti, la stessa foga, per poi fermarti un istante. Cogli una polaroid del suo volto, occhi grandi immensi, risucchianti, dilatati come la rabbia dell’interruzione e l’animalità del piacere, bocca serrata da cui sfuggono a mala pena qualche suono strozzato e il respiro serrato. Il suo volto si dissolve nel suo odore e nella sua urgenza. Apre la
bocca. Gli fai abortire i suoni in gola portando rapido una mano sulle sue labbra. Ti stringe il polso alzato, circondando perfettamente i segni violacei che campeggiano ancora sulla tua pelle. Si accorge del dolore che inanella il polso. Allenta la stretta e guarda un istante il bracciale bluastro. Ti guarda interrogativo. Ora non c’e’ tempo per le domande. 
La tua mano chiusa sulla sua carne riprende a muoversi rapida, precisa e la sua domanda si trasforma in un gemito lattiginoso.
Il suo respiro accelerato ti pulsa nelle orecchie con lo stesso ritmo con cui sale il desiderio di sentire la sua bocca intorno a te. Lo accarezzi, la mano infilata sotto la t-shirt, in attesa che il suo cuore torni a sezionare il tempo con la dovuta lentezza. La sua pelle, increspata da una leggera peluria, crepita sotto le tue dita come foglie autunnali.
L’aria racchiusa tra di voi è umida e carica di lui. 
La sua bocca è ricca, forse troppo, e accattivante come il canto delle sirene. Lo baci d’impulso, con foga, senza chiedere ne’ aspettare. 
Sapore pesante di tabacco spento e tequila.
Resta ad ondeggiare davanti ai tuoi occhi, le labbra dischiuse, il balenar del bianco dei denti. E poi nuovamente le sue labbra che scivolano sulle tue ed  imprimono la loro forma nella tua bocca. Ti spinge contro la porta come se volesse entrare in te, schiacciarsi in te mentre la sua lingua serpeggia tra i tuoi denti. L’afferri e l’imprigioni in uno sfiorar e succhiar di mucose. Il bacio resta sospeso per un istante, per poi precipitare nell’urgenza del tuo sesso gonfio che preme contro la stoffa dei pantaloni. 
Gli afferri una mano e la porti in basso. Soppesa la tua carne accarezzandola da sopra i pantaloni. Un gemito inatteso si mischia ad un bacio in cui è racchiusa tutta la tua voglia.
Stacca le labbra e il suo volto sparisce verso il basso a raggiungere la mano. Ti libera in fretta dalla stoffa solo per ingabbiati nuovamente in una seconda pelle di plastica.
Le sue labbra si chiudono intorno a te, le mani ti cingono la vita, i pollici affondati nelle anche.
Caldo vorace ed accogliente che preme sul tuo cazzo rigido. Bisbigli parole sincopate al cui ritmo si muove la sua bocca. Le labbra scivolano sapienti, lasciando ad ogni passaggio una scia di brividi e il piacere che monta sempre più rapido ed urgente. Gli blocchi la testa mentre si allontana da te. Un istante per guardarlo, per lasciargli un sorriso affogato nel piacere. Una spinta del bacino e rientri prepotente nella sua bocca. Ondeggia, si aggrappa a te per non cadere e spinge con forza contro la porta blu notte facendo perno solo sulla parte di te che è racchiusa nella sua bocca. Il colpo ti provoca una fitta di dolore che si propaga in tutte le terminazioni nervose. Spingi nuovamente con forza il bacino verso la sua bocca per allontanarti dalla porta. Lo senti quasi affogare nel tuo affondo, ma le sue mani si serrano ancor di più intorno alla vita e ti muovono a suo piacimento. Affondi rapidi e precisi che spesso si concludono con una battuta di culo sulla porta. La stoffa dei pantaloni attutisce il rumore ma fa poco per il dolore che si irradia dal sacro e ti avvolge.
Un affondo verso il paradiso delle labbra e un colpo che ti riallontana, in sequenza sempre più rapida fino all’orgasmo.
Risale, ti abbraccia con gesto quasi fraterno e ti imprigiona nuovamente le labbra.
Sapore di plasticatabaccoalcool e odore di sesso che permeano il tuo essere.
Ti stacchi e ti sciacqui il volto in modo che l’acqua porti via sia il sudore che il ricordo epiteliale di dieci minuti di sesso e resta solo questa incredibile sensazione.
Come ti sollevi ti circonda le spalle con un braccio e ti schiocca un bacio rumoroso, poi ti sorride. Gli sorridi di rimando poco convinto. Apri la porta e ti liberi del suo braccio. Nessuno nell’antibagno.
Si ferma bloccando la porta d’uscita. Ti chiede il numero di telefono.
Sorridi sarcastico più a te stesso che a lui. Un formicolio diffuso, la consapevolezza che ti stordisce, ti ammalia, ti eccita. Di nuovo. Sempre, in un’infinita ripetizione di eventi. Pregusti la sua espressione. Lo sai già come sarà. Glielo leggi negli occhi scuri.
Lo afferri per un braccio e lo ricacci dentro un bagno. Lo sbatti rapido contro la porta e gli sbottoni i jeans. Stupore e un brivido di eccitazione che cresce rapida quando gli infili la mano nei boxer e gli afferri i glutei. Ti strusci contro di lui, i sessi che duellano in una intermittenza di affondi, il suo desiderio che monta sotto il tuo contatto, il tuo già gonfio.
Rapidamente scivoli verso il basso, lo inguaini e lo forzi nella tua bocca. Plastica alla vaniglia, calore e marmo. Gli cingi la vita con un braccio mentre con l’altra mano ti sbottoni i pantaloni e inizi a masturbarti tra le sue gambe. Geme sotto le spinte della lingua, gemi sotto le spinte della tua mano.
Esplodi in netto anticipo rispetto alla sua corsa, scosso da un brivido affilato. Lo guardi dal basso verso l’alto, il volto contratto, le gambe tese, il bacino che si muove e spinge contro la tua bocca, le mani affondate nelle spalle che cercano appiglio.
Viene in un ansimo strozzato.
Risali rapido per depositare un altro bacio durante il quale si sbilancia e riesci ad allontanarlo dalla porta. Ti guarda assai stupito.
Che c’e’ di strano? Non era quello che voleva fin dall’inizio? Non guardava le tue labbra come se fossero state la cosa più incredibile dell’universo? 
Ed ora che le ha avute cosa c’e’? Voleva queste, no? E il suo sguardo adesso è a metà tra la lussuria soddisfatta e l’incomprensione.
Esci rapido dal bagno e altrettanto rapido dal bar.
Per un attimo ti sei illuso che il suo sguardo, all’inizio, fosse chiaro, deciso non fraintendibile.
Diceva voglia. Diceva carne. Diceva …

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Giornate che si susseguono al ritmo di lezioni e studio, serate ancora appagate dai due corpi che ti sono passati sotto le mani ormai qualche giorno fa, crepuscoli ridotti che tingono i pensieri e ti portano a riflettere su ciò che il corpo sa di volere e che la mente vuole incasellare, sezionare, riconoscere per non perdersi. Odori e gesti si susseguono in un rimembrare che giunge da lontano e le parole del dopo che si sovrappongono all’olfatto al tatto, inficiandoli.
Ricerca di un gesto che si sostituirà un altro gesto, un odore che prenderà il posto dell’aroma del sesso consumato e non vanificherà ciò che il corpo ha  conosciuto solo qualche istante prima. Per ottenere la chiusura del cerchio. Movimento circolare spinto dal desiderio della carne che non riesce quasi mai a concludersi su se stesso, il piano che si sposta in un moto spiraleggiante, lasciando l’inizio del tragitto orfano, aperto sul nulla. Quando si chiuderà, quando il sesso consumato con un ragazzo trovato a caso in un luogo a caso sarà solo sesso la tua ricerca sarà conclusa e potrà essere trampolino di un'altra ricerca che nascerà dalle ceneri della prima. 
Ti aggiri nelle strade del centro di una città sconosciuta, raggiunta per vedere un’esposizione d’arte e scelta d’impulso, dopo la mostra, per passarci una notte vagabonda. Hai gli indirizzi dei locali, dei bar e delle disco. Controlli la mappa mentre ceni tranquillamente in un locale anonimo. Un'altra sera in cui il tuo spirito ed il corpo sono nella perfetta armonia della ricerca.
Giungi nel bar che hai scelto a caso, uguale a molti, con le solite griffe, la stessa musica a volume alto e le onde di profumo codificato che dipartono dai ragazzi che si muovono intorno a te.
Osservi gli sguardi, le occhiate che tessono una fitta trama nell’aria troppo calda e fumosa del locale.
Stessi occhi, stesse espressioni che ti anticipano il solito finale. Guardi e osservi finché l’aria diventa talmente densa di occhi e messaggi da sembrare melassa. I corpi che urlano o carezzano suadenti la voglia, il tuo che partecipa all’urgenza irrefrenabile che ti circonda. Tutto in onore delle dee.
Il tempo scivola tra le maglie allargate della serata, la voglia di uomo cresce, prende il sopravvento sul crepuscolo.
“Ciao, sei nuovo di qui?.” Grida per sovrastare il rumore della musica a volume troppo alto. 
Guardi il ragazzo in piedi accanto a te, la cui bocca parla con te i cui occhi parlano al groviglio di messaggi che addensano l’aria.
“Foresto.”
“Posso?” Si siede sullo sgabello alto di acciaio e pelle nera. Poggia il bicchiere sul tavolo, continua a guardare altrove e ti parla.
“E come mai sei finito qui, foresto?”
Non ti è chiaro se ci sta provando o se è solo un’ottima copertura per guardare e provare altrove.
“Impulso della notte che chiedeva di essere consumata qui.”
“Uhm uhm.” Concorda distratto.
“E te?”
“Indigeno.”
“Uhm uhm.” Concordi distratto.
Smette di guardarsi attorno e si volta verso di te, dedicandoti tutta la sua attenzione.
“Come sta andando?”
Non riesci a leggergli gli occhi.
“Calma, tranquilla e piatta.”
“Dici?”
“Assolutamente.”
“Ti soddisfa?”
“No.”
Un sorriso si impossessa del suo volto.
“Ti va di uscire?”
Ti aspettavi un ‘fare due passi’. Lo scruti.
“Per andare dove?”
“Ho voglia di spezzare la calma piatta.”
Un brivido ti rimescola il sangue.
“O.K.”
Uscite facendovi largo tra corpi accaldati e compattati nello spazio ormai troppo piccolo del bar. 
Fuori è freddo e silenzioso in confronto all’aria di dentro.
“Luca.” E ti porge la mano.
“Stefano.” La stringi. Presa salda e decisa.
“Come mai sei in questa ridente città?”
“L’esposizione.”
Annuisce. “Ti è piaciuta?”
“Interessante.” Non ti va di parlare di questo. Stai valutando se la scelta sia stata opportuna. Per essere carino, beh, lo è, ti piace, ma forse… Non sono parole quelle che cerchi. Le dee chiamano e il sangue scorre veloce nel freddo della notte. Ponderi un istante la situazione. Concludi che non ti frega del dopo, delle parole che nasceranno in seguito, delle proposte che trascenderanno le due dee alle quali sei devoto. 
“Dove andiamo, indigeno?”
Ti squadra, soffermandosi sulla vita, poi il suo sguardo scende ed indugia. Sorride.
“Se vuoi…” La sua voce ha un’inflessione inequivocabile.
“Da te?”
“Perché no. Seguimi.”
Salite in auto. L’abitacolo è freddo e il motore si lamenta quando deve entrare in moto. Strade sconosciute ti scorrono veloci sotto gli occhi. Uno sconosciuto ti stà portando non sai dove. Prima o poi ti ritroverai con le ossa rotte.
La sua mano si poggia sulla tua coscia risale rapida fino all’inguine. Trattieni un gemito di sorpresa.
Si sofferma sulla zip dei jeans, poi si allontana, afferrando con forza il cambio.
“Lo speravo.” Sussurra, gli occhi piantati sulla strada.
“E te?”
Ti lancia un rapido sguardo di sfida. Assaggi con le dita il suo sesso imbrigliato nei pantaloni. Pulsante e quasi eretto. Soddisfatto ti sistemi meglio sul sedile, senza togliere la mano dal suo corpo. Lo stuzzichi delicatamente, il suo sesso freme sotto la mano.
“Aspetta.” La voce assume una sfumatura piacevolmente roca. “Arriviamo a casa.”
Sollevi la mano. La parola Casa ti turbina nel cervello. Sa di caldo, di tranquillo, di letto profumato del suo corpo, dei suoi umori a cui si mischieranno i tuoi.
Arrivate in fretta, senza aggiungere altre parole, solo il silenzio del corpo che si risveglia ed esprime i suoi voleri.

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Entri in una sala ampia dai colori chiari che parlano di deserti di sabbia. Arredata con gusto, ricolma di parole inchiodate e foto.
Senza altri suoni ti porta in camera. Letto matrimoniale immenso. Due comodini. Libri e altri oggetti da entrambi i lati. Una foto sulla parete. Lui e un altro uomo. La guardi un attimo. Due volti felici.
“E’ il mio ragazzo.” Nessuna inflessione.
Ti volti a guardarlo, staccando gli occhi dai suoi ritratti sulla carta della foto. Stessi occhi, ridenti, color nocciola, solo più febbrili.
Resti un attimo attonito, forse non vuoi capire. La sua voce ti salva dallo strano pantano dei pensieri. 
“Non c’e’.”
Non aggiunge altro e si leva il golf. Lo osservi, immoto.
“Allora Stefano, ci hai ripensato?” Il tono è una sfida suadente.
Lo imiti toglendoti la maglia, il silenzio rotto solo dal crepitar della lana che viene stropicciata.
Si avvicina e passa i polpastrelli sulla tua t-shirt, all’altezza del petto. Sale fino alle clavicole e poi serpeggia lungo le braccia scoperte. Ha le dita calde, morbide. Il tocco ti fa venire la pelle d’oca.
“Speravo proprio che non avessi rinunciato all’idea.”
Ti sussurra quasi sul collo.
Le dee chiedono a gran voce di essere soddisfatte. Un rimescolar di umori e voleri.
Ti insinui sotto la sua maglietta e poggi i palmi sulla schiena. Le mani scivolano leggere verso l’alto, spingendo la stoffa verso il suo collo. Solleva le braccia e si lascia spogliare. Le mani tornano a saggiare la pelle, la schiena liscia, il torace compatto come una mela, il petto che si muove ritmicamente che ti chiama.
La bocca raggiunge il suo capezzolo e lo assapora senza troppe remore, la lingua lo circumnaviga seguendo rotte ubriache e i denti lo scavano. Lo senti frustato da brividi che colonizzano la sua pelle prima di saltare sul tuo corpo.
Con una mano ti trascina verso l’altro capezzolo che ti attende già turgido. Lo circondi e lo succhi. Il suo corpo reagisce con un gemito ribelle che sfugge dalle labbra.
Ti fermi per ascoltare la sua eccitazione, sollevando la testa dal suo petto e abbracciandolo, solo per sentire il battito accelerato del suo cuore rimbombare nel tuo petto. Ti trascina sul letto. Cadi su di lui con un tonfo sordo
Ti afferrala testa e la spinge verso l’addome. 
Il percorso fino all’ombellico è diritto, non ti permette di assaporare la sua pelle, poi si abbandona alle tue volontà sciogliendo la presa sopra la nuca. 
La consistenza dei suoi addominali lascia ai tuoi denti spazio per affondare e mordere, la lingua rotea intorno all’ombellico e le labbra sfiorano la sottile peluria che ombreggia l’addome. Un soffio appena scappa dalle sue labbra, un suono di piacere che vibra fin nel suo ventre.
L’eccitazione cresce, ti fa fremere, accelerare i battiti, e scoppia il desiderio folle di averlo a contatto d pelle. Gli sbottoni i jeans. Solleva il bacino per farli scorrere meglio e glieli levi con un gesto secco. Sono stretti e nel movimento portano via anche la poca stoffa che gli fasci ai fianchi. 
Nudo, eccitato, sdraiato sul letto ti guarda con occhi febbrili. Non resisti alla tentazione di quel lago di pelle ti ci butti dentro. Scivoli lungo il suo corpo e lo copri con il tuo semi vestito. La stoffa scorre sulla sua pelle facendolo rabbrividire. Emette un gemito quando la fibbia della cintura struscia sul sesso gonfio. Ti strusci in modo che il metallo tocchi ripetutamente la sua carne morbida. Risponde al movimento venendoti incontro e smette solo quando al metallo si sostituisce la stoffa gonfia dei tuoi pantaloni. La sua mano si intrufola tra i corpi e saggia il risultato del suo operato, afferrando il tuo sesso indurito.
Il tuo respiro affannato e la sua esclamazione soddisfatta si mischiano, producendo un suono perfettamente armonico.
Ti siedi sul suo ventre e ti sbottoni i pantaloni. Le sue mani sostituiscono le tue, abbassano la lampo e vi spariscono dentro. Inizia ad accarezzarti attraverso il cotone degli slip, con tocchi decisi e pressanti; segue le tue forme, lo circonda, scorre con i polpastrelli sul tessuto teso e ascolta il tuo respiro che diviene più veloce.
Tira giù gli slip e ti afferra. Il tocco è più deciso ed umido. Inizia a pompare velocemente, senza sosta o interruzioni e ti trascina in un rapidissimo crescendo fino ad un passo dall’orgasmo. Ti muore un gemito in gola. Il fiato sospeso nell’attesa, i muscoli contratti per opporti al suo agire, tutto il corpo teso a godere per un istante in più questa corsa.
La tensione sale, diviene insostenibile e ti abbandoni l moto della sua mano, accompagnando i gesti con l’oscillar del bacino. Il tuo altalenare contro il suo cazzo rigido lo fa ansimare. Ti perdi nei suoni dei corpi e vieni con un gemito roco.
Ti lasci andare, la schiena si flette, le spalle si abbassano, poggi le mani sul letto, all’altezza delle sue spalle e resti ad ansimare, con la testa che sfiora il suo petto ornato dal tuo sperma.
Ti prende la nuca e ti tira a sè. Ti trovi incollato alla sua pelle calda, appiccicosa, sudata e odorante di te. Riprendi fiato, distendi le gambe e finisci di toglierti i pantaloni. Lo senti sotto di te, duro, urgente. Lo raggiungi con una mano, circondandolo, mentre con l’altra prendi un gommino dalla tasca dei pantaloni che giacciono poco lontano.
Il sapore della solita plastica alla vaniglia ti invade la bocca mentre ingoi il suo sesso. Ti sparisce in bocca per poi riemergere bagnato ed un po’ ridicolo sotto plastica. Un pensiero strano ti attraversa la mente; come tanta bellezza sia ridotta a questo spettacolo per impellente necessità.
I suoi gemiti ti riportano alla sua eccitazione.
Le labbra si arricciano sulla plastica mentre spingi verso il basso, facendolo affogare in te. Risali cercando di portarlo con te, sfruttando solo i muscoli delle guance e resti sulla punta. E poi un altro affondo, lento, attillato, goloso.
Spinge contro la bocca, la punta ti batte in gola, provocandoti sia piacere che un lieve fastidio, ma seguiti ad inghiottire sempre più a fondo, sempre di più finchè la tua gola può resistere e sopportare. Ti impone il ritmo dei movimenti con piccoli colpi di reni e lo assecondi finchè l’aria si riempie del suo ansimare e del suo basso roboar liberatorio. Lo tieni in bocca, per sentire ogni scossa, ogni brivido che lo attraversa, finchè non perde rigidità.
Rimuovi la plastica e ti sdrai accanto a lui. Resti ad ascoltare il suo respiro mentre le tue mani vagano tra i riccioli del suo sesso.
Un corpo armonioso, muscoli non troppo sviluppati ma perfettamente distribuiti, pelle arrossata e opalescente di sudore, ovale allungato, capelli castani, tagliati un po’ come capita e mani grandi, dita lunghe, che suggellano una promessa di abilità effettiva.
Lo accarezzi sul ventre, lungo i fianchi, su, su, fino alla gola e risali ancora verso il volto, le guance. 
Non si muove e ti guarda con occhi soddisfatti. I tuoi lo stanno mangiando vivo. Se ne accorge, tanto che l’espressione muta rapidamente da soddisfazione in desiderio curioso. Un corpo abbandonato su di un letto ancora intatto, l’aria pregna di sesso e il tuo desiderio che pulsa irruento.
Lo mordicchi alla base del collo, alternando denti a lingua, scivoli sulle spalle e insinui il naso sotto la schiena. Spingi felinamente ed infili tutta la testa sotto la sua spalla. Strusci il volto sulla schiena, aumentando la pressione finchè non si trova con la schiena poggiata sul fianco. Con un colpo di anca si gira completamente si sistema al centro del materasso. Ti riempi gli occhi con tutto questo corpo, lo accarezzi, lo scorri, con mani vagabonde che errano finchè non giungono al culo. Ne saggi la consistenza con dita nervose. Risponde con sospiri di piacere.
Stai al gioco e massaggi queste due mezze pesche, impastandole come fossero pasta da pane. Lo vedi rilassarsi e godere dell’improvvisata seduta di massaggi, lo vedi rabbrividire quando alle mani si sostituiscono le unghie che scorrono leggere sulla pelle morbida. Un’onda di pelle d’oca gli increspa la schiena e porta con se un basso mugolio di piacere a metà tra il sensuale e il soddisfatto. Suoni troppo simili a quelli del piacere puro. Cambi massaggio, che diventa sensuale e tattile, i polpastrelli scorrono sulla pelle, ruotano intorno al sacro, scivolano verso il basso e spariscono tra i glutei.
Trattiene il fiato ma non contrae neanche un muscolo.
Segui diligente la linea scura fino a raggiungere il perineo, separando con la mano le due rotondità. 
Sollecitato dal tuo gesto appena accennato allarga le gambe. Alla mano si sostituisce la lingua. Lecchi la sua carne, separandola prima di sparirci nel mezzo e ti fermi a fior di pelle sul suo buco.
Lo sfiori appena con la punta della lingua e lui reagisce con un gemito ed una spinta del culo in direzione del tuo volto. Ti allontani e continui a stuzzicarlo solo con la punta. I suoi muscoli rispondo contraendosi, come a volerti assorbire. Spingi in lui e la carne cedevole cinge il tuo incedere.
Una voglia incredibile ti esplode nel ventre.
L’eccitazione, che fino ad ora era rimasta in superficie, si rivela in tutta la sua pressante impellenza e confluisce al sesso. Il movimento di questo culo morbido davanti agli occhi è una sirena e tu non sei legato a nessun albero della nave.
Ti sdrai su di lui con mosse serpentine. Il contatto con la sua pelle accaldata, il pressare del tuo cazzo gonfio sul suo culo, il gemito stupito che gli esce dalle labbra ti obbligano ad ancorarti al suo corpo come un naufrago. Lo cingi alla vita con un braccio e inizi a strusciarti come un indemoniato sul suo culo. 
Lui segue la tua danza in controtempo, in modo da amplificare la pressione e la frizione sul tuo cazzo.
Hai il fiato corto, il respiro accelerato e i pensieri in tilt. Lui geme e si contorce, spinge il bacino verso l’alto per venirti incontro. Gli metti due dita in bocca. Le afferra con i denti e le bagna con lingua spiraleggiante. Le fai sparire entrambe in lui, il suo buco che risucchia voluttuoso le sue dita ed inizia a stringerle ritmicamente. La facilità con cui sei scivolato in lui ti grida di affondarci, di sparire dentro questo culo morbido ed aperto. Afferra un gommimo dal cassetto del comodino e te lo passa con gesto urgente. L’operazione non è delle più facili, dato che il suo culo insidia continuamente il tuo poco raziocinio.Ti lecchi le dita e lo umidifichi ancora e con un movimento preciso e lento spingi in lui.
Geme di piacere, i muscoli del culo completamente rilassati, il buco che si dilata millimetro dopo millimetro, l’aria pregna del tuo ansimare rapido e del suo gemere crescente. Il suo culo si apre completamente sotto la pressione del tuo cazzo rigido e ti assorbe.
Lo stringi più forte alla vita ed inizi a pompare rapido, urgente. Lui geme, struscia il bacino sulla coperta, ti si spinge contro per poi rirarsi verso il letto. E’ completamente eccitato e dannatamente eccitante. Il suono del suo corpo è la migliore preghiera che tu abbia mai sentitio e con l’ultimo barlume di lucidità ti accingi ad esaudirla.
Le dee placate da sudore, odore e sperma.
Afferri il cazzo rigido e lo imprigioni con una mano. 
Ad ogni tua spinta lui risponde spingendo nella tua stretta. La mano stringe spasmodica, contratta dai colpi che ti fanno affondare ripetutamente in lui. I suoni sordi del suo culo che batte contro il tuo bacino, i gemiti che affiorano sulle tue labbra e il crescente ansimare del tuo compagno di preghiere ti stordiscono, ti inebriano, ti fanno accelerare i movimenti sia della mano che dei fianchi e lui sotto che si contorce, ti sfugge, ti si lancia contro, circondato dalla tua mano e dal tuo bacino, bloccato nel piacere dal tuo cazzo imperante. 
Ansima sempre più forte, tu gemi sulla sua schiena diventata lucida dal sudore e dal calore che si innalza dai vostri corpi come da un falo’.
Un fluire impetuoso di piacere ti spinge sempre più in lui, affondi, lasci il segno in quella carne che ti ingloba, ti tendi su di lui, pompando sempre più velocemente il suo cazzo ormai in preda agli spasimi, ti afferri alla sua vita e sferri gli ultimi colpi, decisi, violenti, definitivi. Godi in lui mentre il suo culo contiuna a sbattere contro il tuo bacino, i suoi movimenti proseguono determinati, duri, finche la tua mano viene scossa dai suoi brividi e inondata del suo sperma.
Ansimanti vi separate. Ti sdrai, portandoti la mano al volto. L’annusi, succo appena spremuto e ti trattieni dalla tentazione di assaggiarlo. Rimuove la plastica e lascia cadere tutto in terra. Poi ti prende la mano in cui si è svuotato e se la porta alla bocca. Ti lecca le dita, sensuale, poi la porta sul tuo torace e ti accarezza. Il tocco è ancora tremante. Saggia la tua pelle, affonda appena nei tuoi muscoli. Le mani si muovono sicure e parlano di soddisfatta tranquillità. 
Sei rilassato, ma la mente è in allerta, in attesa di un suono vocale, una prima parola che vorresti non sentire. Non parla, continua solo ad affondare, accarezzare, impastare il tuo corpo, come se tutti i suoi ragionamenti dovessero essere espressi dalle sue mani.

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Ti alzi e vai in bagno, sia per effettivo bisogno, sia per non cedere al sonno che bussa dopo una giornata iniziata molto presto e ancora non conclusa. Quando torni lo trovi a sedere sul letto. Ricerchi in silenzio i tuoi vestiti. Ti piace questo silenzio, non è teso, non è imbarazzato, è denso, ricco di sensazioni, ancora carico di pelle; le parole potrebbero solo renderlo squallido.
“E’ pareccho tardi, mi sa che i metrò sono finiti. Se vuoi ti accompagno in albergo.”
Le sue parole ti urtano, ma non per quello che ha detto, solo perchè i suoni hanno infettato quell’atmosfera sospesa e soddisfatta.
“Non ti preoccupare vado a piedi.”
“Sicuro? Qui le distanze sono lunghe.”
“Si, tanto non ho una meta da raggiungere.”
Resta in silenzio ancora un po’, mentre infili t-shirt.
“Se vuoi puoi restare qui.” Pronuncia questa frase e va in bagno. Hai paura di restare, di rovinare una serata quasi perfetta, ma effettivamente l’idea di vagare tutta la notte al freddo non ti attira.
Esce e si dirige a letto, senza chiederti nulla.
Risistema il lenzuolo e la coperta e si mette a letto.
Resti in piedi, in stand by decisionale.
“Ah, dimenticavo, se resti rispogliati. Qui si dorme nudi.”
Segui le indicazioni e scivoli nel letto. Non sai se hai fatto bene, non sai se domani sarà peggio, non sai niente, è solo un altro salto nel vuoto.
Sdraiato sulla schiena, luce spenta, rifletti sulla perfezione della serata, del livello di sintonia dei vostri corpi. Hai visto il suo corpo sdraiato sul letto e quello ti ha stregato. Non perchè sia un corpo fantastico, ma perchè esprimeva tutto quello che c’era da sapere in quel momento. Ti vien voglia di osare ancora, di vedere se è stato quello che hai pensato o se si è trattato solo di infoiamento, proprio ora che Voglia e Carne sono state onorate. E’ su di un fianco, rivolto verso di te. Ti avvicini, lo abbracci. Il suo corpo è caldo e rilassato. Si volta, dandoti le spalle e si adagia contro il tuo petto. Lo cingi alla vita. 
La sua carne si adatta alla tua, ti rilassi sulla sua pelle che sa di calma, di tranquillità, di piena soddisfazione. Non proferisce suono intelleggiblie, si abbandona al contatto e tu ti perdi nel suo epitelio.
Restate abbandonati nel pieno silenzio del corpo.

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Ti svegli con la luce che filtra dalle persiane semichiuse. Il suo corpo caldo è ancora a contatto con il tuo. L’aria è ancora impregnata degli odori della sera prima, la stanza sonnacchia nel caos dei vestiti gettati alla rinfusa e nei resti trasparenti della nottata, sparsi sul pavimento.
Ti allunghi, stiracchi leggermente le gambe senza muoverti troppo per non svegliarlo. Una mano inconsapevole ti sfiora.
Un campanello d’allarme irrompe nel lento emergere dal sonno.
Non può essere la sua, è anatomicamente impossibile, data l’angolazione. Ti immobilizzi ascoltando i suoni.
Il tuo cuore che batte troppo forte, il suo respiro e… e il suono di un altro corpo.
Terrore ti avvolge. Allunghi un braccio, titubante.
Segui il contorno dei suoi fianchi, giungi alla diagonale della sua gamba che sparisce tra un altro paio di gambe.
Omerddaa.
Sudori freddi si impossessano della tua pelle. Ti irrigidisci e il respiro si fa rapido, urgente. Sapore di adrenalina e paura in bocca. Cerchi di allontanarti dal corpo caldo senza svegliarlo. Il letto cede un poco, cigolando.
La mano, prima inconsapevole, si ferma sul tuo fianco e fa presa nella tua carne, afferrandoti.
Merdaaa. Il cuore batte troppo rapido, suoni infernali e grida si alzano dal tuo profondo, e sopra tutto paura.
Prima o poi ti ritroverai con le ossa rotte e hai l’impressione che il poi sia arrivato.
La mano alleggerisce la presa e si poggia delicatamente. Ti sfiora con una carezza lenta, lunga, e ti senti come un gatto accarezzato sulla schiena. La carezza continua, con la stessa lentezza tranquillizante e ti ci abbandoni; il corpo che lotta con la mente per seguire i messaggi che gli arrivano dall’esterno e restar sordo al terrore che è esploso dentro.
Ancora rigido e terrorizzato segui il moto ipnotico della mano, la carne prende il sopravvento sulla ragione e si abbandona alla calma della mano. Rilassi i muscoli, il cuore rallenta, il terrore scivola via ad ogni passaggio delle dita sconosciute finchè il loro moto non diviene sfilacciato e capitola, arrestandosi.
Odi il suono di due corpi abbandonati nuovamente nel sonno.
L’impulso di scappare è rotolato lontano. Resti fermo, ormai il sonno è andato ma il caldo del letto e la tranquillità della mano ti hanno ammaliato. Può valere la pena di aspettare il risveglio e rischiare.

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Il corpo contro di te si desta. Senti la contrazione dei muscoli che si svegliano, il cambio della cadenza del respiro, i suoni della mattina. Anche l’altro corpo si risveglia. Resti fermo, in contatto con il corpo caldo che emerge dal sonno. Uno sbadiglio nel silenzio, rumore di pelle che sfiora altra pelle, lenzuola che frusciano e i suoi capelli che ti solleticano il volto quando si gira.
Occhi ancora pieni di sonno ti guardano. Tranquillità soddisfatta. Spunta una seconda testa da dietro il corpo che ti è accanto. Ti accoglie con un sorriso ancora impastato dalla notte.
Resti per un istante attonito, perso nei due volti che si sono staccati dalla foto alla parete e sono ad un soffio da te. Sorridi a tua volta. Il corpo più esterno si alza. Nudo, armonico, dalle proporzioni elleniche, schiena ampia, culo che sembra sodo come una mela. Riabbassi gli occhi sul volto accanto a te che ti osserva compiaciuto. Le sue dita passano sui tuoi occhi, una carezza complice ti sfiora le labbra, un sorriso lieve increspa la sua bocca, ti bacia, donandoti il sapore del sonno dei giusti.
Si tira su, sedendosi, la schiena appoggiata al cuscino. Dopo qualche minuto la stanza riacquista il terzo corpo, annunciato dall’odore del caffè. Poggia un vassoio con tre tazze sul letto. 
I minuti si sfilacciano nel sapore del liquido scuro, nell’odore della pelle, nella luce della mattina che invade la stanza, nel silenzio non pesante, non imbarazzato. Solo silenzio.
Qualche pensiero bussa alla porta della coscienza, lo ricacci indietro per non rovinare il fluido scorrere delle sensazioni.
Finisci il caffè, ti stiracchi e vai in bagno. Occhi che ti seguono. Ne percepisci la carezza sulla schiena, intorno alla vita, sul collo, lungo il volto. 
Se non ti sentissi sazio scaveresti più a fondo in questa carezza, ma ora stai sperimentando il sapore della perfezione pienamente consumata. 
Bussano alla porta del bagno.
“Se vuoi fare la doccia prendi un asciugamano dal mobile bianco vicino alla finestra.”
Ringrazi e ti metti sotto l’acqua tiepida. I pensieri si sciolgono sotto il flusso caldo. Hai bisogno di restare nel compiuto, nell’immobilità sospesa di questi istanti, godendoti lo stato di grazia che ti ha accolto casualmente.
Esci dal bagno in una nuvola di vapore. Sono ancora distesi sotto le lenzuola, abbracciati, tra carezze, baci, morsi, in bilico tra carne e voglia.
Le due dee sono calme, non urlano in te, il tuo corpo è pacificato mentre la mente si sveglia dall’oblio e richiede spazio, tempo, aria e cielo sopra di sè. Ti rivesti con calma, avvolto dai loro sguardi. Non adesso, non stai cercando la complicità della camera di una domenica mattina. Vestito di tutto punto ti avvicini al letto.
Un tuffo al cuore. E’ gioia infinita, incomprensibile, sazia.
Luca tende un braccio verso di te, invitante. Prendi la mano e la baci sul palmo aperto. Ti sfiora il mento e rientra sotto le lenzuola.
Accarezzi l’altro volto. Strano essere dallo spirito accogliente e dal corpo sconosciuto. Sorride con gli occhi e con i primi suoni che emergono dalla sua gola, le sillabe del suo nome pronunciate prima di un ciao.
Ti allontani dal letto che custodisce al caldo i loro corpi.
“Ciao ragazzi, grazie.”
Esci dalla camera e ritrovi il cappotto. Chissà se hanno capito il perchè di questo grazie. Ti chiudi la porta d’ingresso alle spalle. Il cielo è terso, freddo. Respiri a pieni polmoni e sei felice.




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