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Disclaimer: In questo racconto ci sono situazioni di sesso e di violenza. Suicidi, omicidi e sette. A chi è sensibile a questi argomenti consiglio di astenersi dalla lettura.

 


Le désire n’est pas un ange.

di Armand de Romanus

*fic scritta per il progetto letterario "Morceaux"

 

La maschera era scivolata a terra, macchiata di rosso. I tuoni rimbalzavano sopra il fienile. L’acqua stava lavando via il sangue da terra. Un ragazzo piangeva ed un altro rideva.

La salita era sempre più ripida. La bicicletta correva come un lampo risalendo la strada bagnata. Fedro guardava i campi che lo circondavano, lunghi e sconfinati. Pedalò più veloce. Michel lo aspettava da più di un’ora e non poteva permettersi di ritardare oltre. Accelerò il ritmo.
Michel era seduto sulla veranda. L’odore di legno umido gli riempiva le narici. Sorrise vedendo arrivare l’amico. Fedro aveva un aspetto selvaggio, la chioma castana lunga fino alle spalle lo faceva sembrare un uomo della giungla. I vestiti fradici gli calzavano a pennello sottolineando le sue forme virili. Faceva invidia solo a guardarlo. Scese dalla veranda e lo salutò con un abbraccio. “Fedro! Da quanto non ci vedevamo?”. Il ragazzo rise e rispose: “Scusami! Sono un terribile migliore amico! È più di tre mesi che non mi faccio vivo. Ti giuro Miky avrei voluto chiamarti ma sono stato molto impegnato e…”. Michel gli appoggiò un dito sopra le labbra. “Non importa che ti giustifichi. Qualsiasi cosa tu mi dica sei colpevole di avermi abbandonato in questa landa desolata!”. Fedro rise: “Ma non eri tu quello che diceva di amare i luoghi tranquilli?”. Michel non rispose e gli tirò giocosamente un buffetto sulla testa. “Vieni in casa che Leila ti aspetta”. Fedro sorrise a quel luogo a lui familiare. Quante giornate aveva passato in quella casa, in quei campi, in quel mondo da film. Si strinse nei vestiti umidi e s’incamminò verso la casa.

Leila accolse con calore l'amico del fratello, lo baciò sulle guance e lo riempì di domande. La sorella di Michel era una ragazza molto gentile e benvoluta da tutti. Fin da piccola era sempre stata posata e educata al contrario di suo fratello che era una vera peste. Fedro ricambiò i baci e le raccontò del suo viaggio, delle sue esperienze, e non mancò di dirle quanto lei e quella casa gli fossero mancati. Fratello e sorella lo ascoltarono con attenzione e lo costrinsero a cenare con loro. Le cene in quella casa erano sempre state abbondanti, in tavola non mancava mai niente, neppure adesso che i vecchi se n'erano andati. Tutto proprio come una volta.
“Fedro, tutto quello che hai detto è molto interessante. Davvero! Anche se… il tuo ritorno così in ritardo è sospetto. Non ci sarà mica di mezzo una donna?”. Fedro avvampò, qualcuno di mezzo c’era, ma non si trattava di una donna. Durante quegli anni aveva vissuto un'intensa relazione con un bellissimo ragazzo asiatico. Scoprire questo nuovo lato di sé lo aveva spaventato, ma aveva vissuto pienamente quella nuova ed eccitante esperienza. Aveva imparato ad amare senza limiti e a vedere il mondo da più punti di vista. Sorrise e rispose: “Sì; c’è di mezzo una persona. Ma non mi va di parlarne ed è stata solo una storia passeggera.”. Fedro si augurò che la risposta soddisfacesse i suoi amici. Non amava parlare delle sue questioni private, eaveva sempre detestato chi sbandierava ai quattro venti fatti che avrebbero dovuto rimanere chiusi tra quattro mura o tra le lenzuola. I due risero di gusto, dandogli del mandrillo e del Dongiovanni e deridendolo in modo giocoso. “Ragazzi io proporrei di andare a dormire! Fedro io e te dormiremo insieme, so che preferiresti mia sorella nel tuo letto ma ti dovrai accontentare!” esclamò Michel; il solito burlone. Risero tutti e si incamminarono verso le loro stanze.
Le luci si spensero e le tenebre si impossessarono della casa.

Il respiro di Fedro era regolare, Michel si alzò silenziosamente. La testa gli girava, e si sentì cadere per terra. Tentò di rialzarsi, la pressione gli si stava abbassando e aveva bisogno di qualcosa di dolce per stare bene. Sentì che qualcuno lo stava facendo sedere. “Cosa ti succede? Hai bisogno di qualcosa?” Michel affermò che aveva bisogno di qualche zolletta di zucchero e chiuse gli occhi tentando di riprendersi. Pochi minuti dopo Fedro e sua sorella gli porgevano la zolletta e gliela accostavano alle labbra. Si lasciò aiutare finché non ritrovò il controllo. Odiava avere cali di pressione, lo facevano sentire debole, e il mondo sembrava rivoltarsi su se stesso. Fortuna che le sue zollette speciali lo facevano sentire meglio. Leila lo aiutò a mettersi a letto. Si lasciò scivolare tra le coperte e guardò sua sorella allontanarsi. Fedro si stese accanto a lui. Sentiva il calore dell’amico sfiorargli la pelle. Era una bella sensazione. Si voltò verso di lui nel buio ed esclamò: “ Devo parlarti”. Michel aprì gli occhi ed emise un basso mugolio. “Ricordi quando eravamo piccoli?”. Michel mormorò una risposta affermativa. Se lo ricordava benissimo, non si sopportavano. Ricordava quando per dispetto giocava a spaventarlo e che una volta l’aveva fatto piangere talmente forte da far intervenire tutta la famiglia. Gli aveva solo mostrato un animale morto e quello stupido si era spaventato a morte. Fedro proseguì :“Ti ricordi di quella volta in cui per scherzo ti baciai? Avevamo undici anni, se non sbaglio tu ridesti mentre io rimasi serissimo". Michel rispose affermativamente, e rise tra sé e sé. Fedro era sempre serio, fin da piccolo era stato un musone. “Io sono andato a letto con uomo.” Esclamò Fedro con tono sicuro. La risata di Michel si levò alta. “Fedro! Non ho mai trovato nessuno che mi faccia ridere come te! Che vuoi che mi importi con chi vai a letto?”. Michel soffocò le risate con la coperta. Sapeva da anni che il suo amico era diverso da tutti gli altri maschi, non lo reputava gay ma qualcosa di simile. Era sempre stato il più sensibile, il più intelligente e quello con più amiche femmine e anche quello che non sfogliava mai le sue riviste porno. Era diverso da tutti. Speciale. Fedro lo guardò torvo e proruppe: “cosa c’è di tanto divertente? Michel tu non fai altro che ridere di me!”. Michel si ricompose: “Fedro, non essere permaloso! Ho appena avuto un calo e stavo per svenire, ci manca solo che te la prendi per ciò che dico! Comunque, nel caso non te ne fossi mai accorto, si notava che eri dell’altra sponda dalle elementari! Quindi di cosa mi devo stupire? Buon per te che te ne sei finalmente reso conto!”. Fedro era stupito, se ne era accorto? Perché reagiva come se niente fosse? Perché non lo schiaffeggiava dicendogli di tornare in sé? Perché non gli dava del depravato?. Questo era ciò che si era aspettato. Ma in fondo, si disse, da Michel non ci si poteva aspettare niente. Lui era sempre imprevedibile, non riuscivi mai a capire quando scherzava e quando diceva sul serio. Michel gli si accostò mollandogli un grande bacio sulla guancia ed esclamò: “Ora dormiamo. Ti voglio bene in qualsiasi modo tu sia.”. Fedro si sentì rassicurato da quelle parole e dovette reprimere l'istinto di abbracciare l’amico. Aveva davvero detto una bella cosa, anche se quella tranquilla reazione lo insospettiva un poco. Si costrinse a non pensarci , chiuse gli occhi e attese il sonno.

Il Sole del mattino splendeva sui campi. Alcune auto si muovevano nelle strade semideserte. Fedro si sedette a tavola e bevve con avidità la sua tazza di latte. Michel alzò gli occhi dal quotidiano: “Dormito bene? Buono il latte?". L’amico annuì e sorrise. Michel esclamò: “Sai che ieri notte Rebecca si è suicidata?”. Fedro rispose con tono dispiaciuto: “Mi spiace. Era la tua migliore amica alle elementari, vero? Poverina”. Michel esclamò passando il giornale all amico: “Guarda qui. Si è uccisa gettandosi dal granaio di suo nonno. E in tasca aveva dello zucchero e delle monete. Non ha lasciato nessun biglietto d’addio. Sai Fedro, lei è già la terza che si è uccisa in questo mese.”. Sul suo volto per un attimo calò un’ombra di profondo dispiacere. Michel disse a l’amico che non capiva per quale ragione quelle ragazze si togliessero la vita. Disse che si chiedeva, guardandosi attorno, come potessero odiare così tanto la loro vita. Vivevano in un luogo un poco fuori mano ma tranquillo. Come si può detestare un luogo tranquillo?. Chiese rivolto all’amico. Fedro rispose al suo discorso: “Perché lo fanno solo Dio lo sa! Comunque è la terza! non può essere un caso!”. Michel parve incupirsi e Fedro spostò la conversazione su argomenti più allegri. Non voleva far rattristare il suo amico. E neppure se stesso. Sono brutte cose che capitano, si disse, e pensò ad altro.

Michel sorrise tra sé e sé. Sono sempre stato bravo, si disse. Povera Rebecca. Amen.

La notte era calata. La maschera stava per sciogliersi. La riallacciò e corse verso l’edificio più alto. Loro la aspettavano lì. Erano uniti in cerchio, tesero le loro mani verso di lei. Stava a lei chiudere il cerchio. Socchiusero gli occhi, e all’unisono invocarono l’angelo. Colui che senza dubbio li avrebbe salvati. Il mondo stava per finire e loro dovevano compiere il proprio dovere. Preparare la strada per il cielo ai nuovi venuti. Uno alla volta sarebbero caduti nella valle nera, l’angelo li avrebbe raccolti e dato loro un lume ciascuno, per illuminare la via a tutto il mondo. Ma i portatori della luce erano loro. Loro sette e nessun altro. La quarta si levò la maschera. La gettò per terra. Si buttò. Il quarto portatore di luce stava andando verso il suo destino celeste.

La notte calava anche per i due compagni. Avevano passato il giorno nei campi. Lavorare la terra era tremendamente faticoso. Una cena a base di verdure e carne, una doccia veloce e già si erano accovacciati nel letto. Michel rise guardando l’amico, delicato come sempre, che pareva distrutto. “Consolati. Domani è domenica. Ci si riposa.”. Fedro tirò un sospiro di sollievo; non ne poteva più di quel lavoro. Si sentiva stanco e spossato. E in più era dal pomeriggio che aveva degli strani pensieri in testa. Vedere l’amico sudato sotto il sole a lavorare gli aveva provocato strane sensazioni, e se ne vergognava profondamente. Era da quando erano adolescenti che non gli era più capitato di desiderarlo. E inoltre era attanagliato dalla tristezza. Sotto il sole cocente aveva ricordato Rebecca e il suicidio, gli erano venuti i brividi, eppure ci aveva pensato per l’intera giornata. Tormentato dall’idea di lei che cadeva, di lei che perdeva ogni speranza, del suo sangue che macchiava la terra. Sangue, scacciò via il pensiero prima che potesse fargli del male. Decise di dormirci sopra. In fondo erano solo sensazioni, sarebbero svanite. Solo brutti pensieri che non facevano altro che impaurirlo. Chiuse gli occhi e Michel lo imitò.

La domenica si rivelò una giornata soleggiata. Fedro, nonostante la stanchezza della sera prima, si alzò di buon ora. Attraversò la casa, e si sedette sulla veranda. Adorava farsi carezzare dal sole del mattino. Si lascio cullare nel torpore per alcuni minuti. Poi con la coda dell’occhio notò una ragazza e una macchina accostate sul ciglio della strada che conduceva al vicino granaio. Incuriosito, si incamminò verso di loro. Finalmente si sentiva tranquillo e rilassato, e curiosare in giro non gli sembrava una brutta idea. La ragazza era una biondina dal volto grazioso. Teneva una mano premuta sopra la bocca. Fedro si avvicinò con circospezione, quella ragazza pareva turbata. “Tutto a posto?”chiese con fare educato. La ragazza fece cenno di no e puntò il dito verso il granaio , dove vi erano due poliziotti chini per terra. Andò a vedere da vicino.

Sentì il vomito uscirgli dalle labbra Tremava, sudava. Sentiva i brividi lungo la schiena. Sangue, per terra, su di lei. Ovunque. Sentì un brivido gelido su tutto il corpo. Stava per piangere. Tutto quel sangue. Rosso, pulsante e viscido. Chiuse gli occhi cercando di focalizzare i suoi pensieri sul mare. Distesa di acqua azzurra. Rossa , viscida, scura, grumosa. Strinse più forte gli occhi. Non ci riusciva. Il sangue lo terrorizzava. Sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Dita esili. “Vieni. Ti porto a casa. Se non sopporti il sangue, é meglio che ti allontani.”. Fedro prese tra le sue mani le dita esili e se le posò sulla fronte mentre si rialzava. Quel contatto lo calmava. Leila lo aiutò ad alzarsi. “Ti prego non dire a tuo fratello di ciò che è appena successo”. Leila promise di non rivelare niente e Fedro si lasciò aiutare a tornare in casa.

Michel scese in cucina. Il tè era già pronto. Miracolo!. Leila e Fedro sedevano di fronte a lui, pallidi come lenzuoli. “Grazie del buongiorno… ma è morto qualcuno? Sembrate due fantasmi!” esclamò Michel. L’amico lo guardò in modo un poco torvo. Sua sorella gli posò tra le mani una tazza di tè e gli raccontò di ciò che avevano visto, omettendo la crisi di Fedro. “Mio Dio, la quarta in un mese! Ecco perché siete così pallidi. Mi passi le zollette di zucchero, per favore?. Con questa allegria di prima mattina mi fate calare la pressione.”.

Leila era uscita. Si vedrà col fidanzato, aveva scherzato Michel. Fedro si ritrovò con lui in veranda. Guardava il cielo. Limpido e celeste. Perché anche la vita non era così?. Ripensò con terrore alla crisi del giorno prima. Si sentiva ancora i brividi addosso al pensiero di tutto quel sangue .
Avevano passato la domenica in assoluto silenzio. Coricandosi presto e cenando con poco appetito. Era stata una giornataccia. Ricordava con angoscia la sua paura per il. Solo lui e le ragazze sapevano del suo terrore. I maschi lo deridevano già abbastanza, non avrebbe mai rivelato loro di non sopportare la vista del. Anche adesso che era adulto detestava ammettere la sua fobia di fronte agli uomini. Aver paura del sangue è da femminucce. Michel lo avrebbe pensato di certo, e lui non voleva che lo pensasse. Si voltò verso l’amico. Dormiva accovacciato su una amaca.. Gli si accostò e lo baciò sulle labbra. Voleva farlo da tanto. Assaporò quel bacio rubato, e dentro di sé strepitò come un ragazzino alle prese col primo amore. E in fondo, si disse, lui era il suo primo amore. E rise di se stesso per le sciocchezze romantiche che stava pensando. Si mise a sedere e si lasciò travolgere dalle belle sensazioni che provava. Era meglio pensare alle labbra di Michel, a quanto lo aveva amato quando erano piccoli piuttosto che pensare alla sua fottuta paura e a tutta quella morte che lo circondava. Per fortuna io sono vivo e i miei amici pure, disse a se stesso. ,rallegrandosi a quel roseo pensiero in quei momenti grigi.

Il lavorò cominciò nel pomeriggio e si concluse la sera. I due ragazzi erano allegri. Avevano compreso che scherzando e raccontando barzellette il lavoro pesava meno. Così, per cena, euforici per le risate della giornata, continuarono a burlarsi l’uno dell’altro e della povera Leila che sorrideva vedendoli così sereni. Che brava donna! “Fedro, non ho mai riso così tanto con te! Di solito bisticciavamo!” esclamò Michel rivolgendosi all amico. “Hai ragione. Ma ora siamo adulti. Siamo cambiati! Guarda come sei diventato brutto!”. Michel gli lanciò una pallina di mollica di pane con la forchetta e rispose con tono mellifluo: “Secondo me non mi trovi davvero così brutto”. Fedro si sentì avvampare, e sperò che il rossore che gli si stava allargando sul viso non si notasse troppo. Che avesse capito qualcosa? La frase era estremamente provocante. Volutamente o no? Fedro si chiese se davvero stesse dormendo quel pomeriggio e sentì un morso allo stomaco .Si era forse accorto del bacio? .Si sentì tremare alla sola idea. Sarebbe morto di vergogna .Decise di salutare gli amici e di andare a farsi una.doccia Doveva calmarsi e una doccia lo avrebbe aiutato. Forse era troppo paranoico. Una rinfrescata lo avrebbe distratto.
Michel lo seguì con lo sguardo mentre usciva. E si chiese se l’altro avesse colto o meno la sua provocazione. Fedro non sono come pensi,eppure un poco; sono come te. Anzi sono peggio. Pensò tra sé e sé mentre gli occhi scivolano sulla schiena dell’ amico che si allontanava.

La quinta tese una mano verso la sacca. Ingoiò le zollette. Senza non avrebbe visto ciò che doveva vedere. La quarta non le aveva prese. Lei non doveva vedere.la quarta doveva rimanere cieca. Sentì il vento sfiorarle la pelle. Vedeva. Ora era chiaro. Si gettò. Ora la sesta doveva finire la missione, portare la settima con sé. Disse un addio silenzioso alla sua vecchia vita e si lanciò verso la propria rinascita.

La notizia del quinto suicidio scosse tutta la campagna. I giornali ormai non parlavano di altro. Ragazze morte ovunque. I brividi lo invasero; non voleva pensarci.
Fedro ripiegò il giornale e lo posò sul comodino. Aveva lavorato tutto il giorno, eppure non si sentiva affatto stanco. Era forse merito dell’abbondante colazione? Si voltò verso il bagno. Michel era nella doccia. Lasciò correre l’immaginazione. Michel che usciva ancora bagnato e si sedeva sul letto; si slacciava l’asciugamano dai fianchi e mostrava la sua virilità. Arrossì e rise di sé e dei suoi pensieri. Stava forse diventando malizioso? La vita di campagna risvegliava in lui strani istinti. La porta del bagno si aprì e Fedro si scosse bruscamente dalle proprie fantasticherie. “Mi ci voleva! E ora a letto! Yahoo!” Michel facendo volteggiare l’asciugamano in stile lazzo da cowboy. “Tu sei matto! Buonanotte.” disse Fedro, fissandolo lo sguardo su di lui, e cercando di guardarlo in faccia e non in altri punti. Michel dopo due giravolte rispose alla buona notte e si intrufolò nel letto. “Miky! Sei gelido!” esclamò Fedro, rabbrividendo. “Riscaldami tu!” rispose l’amico. “Miky a che gioco stai giocando?”. “Nessuno. Mi hai baciato” rispose Michel. Fedro si sentì morire dalla vergogna. Negare non gli sarebbe servito; fingere neppure. Il silenzio era l’unica alternativa che gli rimaneva. Oppure il coming out. Ma il silenzio era di gran lunga la migliore delle due. Michel lo baciò. Alla francese. Stentava a crederci. Lo spinse via. “Perché lo fai?”. Michel non rispose e continuò a baciarlo, prima sul viso, poi scendendo sul collo. I suoi baci lo inebetivano, non aveva il coraggio di fermarlo, lo desiderava. Chiuse gli occhi e decise di mettersi nelle mani del destino e in quelle di Michel. L’amico con passione lo baciò ovunque, e quando questi prese in bocca il suo membro Fedro credette di esplodere dall’ondata di piacere che il gesto provocò in lui. Si vergognava per ciò che stavano facendo, lo voleva da tanto eppure non riusciva a vederlo come una cosa naturale. Lo vedeva come un incesto. In fondo lui e Michel erano come fratelli!. La carne è debole, disse a se stesso Fedro. Troppo debole. Allungò le mani sul membro dell’amico e per tutta la notte, cercarono il piacere assieme).

Fedro si guardò allo specchio. Il sole filtrava pallido attraverso la finestra del bagno. Michel dormiva della grossa. Si strofinò il viso e dopo una lunga toeletta si incamminò verso la cucina. Leila era seduta composta al tavolo. “Buongiorno! Vuoi un po’ di latte?”.Fedro annuì con la testa; una bella colazione gli ci voleva proprio. “Nessun nuovo suicida stamani?” chiese, ripensando agli articoli dei giornali delle mattine precedenti. Stavolta preferiva pensare ai suicidi piuttosto che alla notte appena trascorsa. Leila trasalì un attimo e rispose: “Oh no. Per fortuna oggi nessun morto.”. Gli posò una calda tazza di latte fumante davanti e Fedro bevve avidamente. Ripassò mentalmente cosa avrebbe dovuto fare quel giorno e cercò disperatamente di non pensare a ciò che aveva fatto quella notte. Voleva assolutamente uscire prima che Michel si alzasse. Non aveva il coraggio di incrociare il suo sguardo alla luce del giorno. Lo avrebbe evitato, finchè poteva. Riconobbe che non era un atto nobile ma non riusciva a fare altrimenti. Salutò Leila e corse fuori a prendere la bicicletta. Una bella passeggiata lo avrebbe di sicuro fatto star meglio.

La sesta.contorse le mani. Il momento era vicino. La settima luce presto avrebbe fatto il suo ingresso nella valle nera. Ora stava a lei condurcela. Aveva chi l’avrebbe aiutata. Lui l’amava e l’avrebbe aiutata a fare ciò che andava fatto. Lui credeva nella luce. Insieme ci sarebbero riusciti.

Michel si alzò, sentiva addosso a sé l’odore dell’amico. Era una sensazione piacevole. Tutto era stato molto piacevole quella notte .Ripensandoci, si chiese se ciò che era accaduto avrebbe compromesso qualcosa. Scacciò subito quell’idea. Era solo stata una notte brava. Odiava farsi inutili paranoie. Liquidò i pensieri dubbiosi che stavano per affiorargli nella testa e si gettò sotto la doccia. Sarebbe stata una notte stancante. Ma non di sesso. L’acqua calda e il vapore lo avvolsero. Lasciò che l’acqua lavasse via l’odore di Fedro, le sue preoccupazioni e le lacrime che gli rigavano il volto. E quella strana sensazione di paura che si stava insidiando in lui.

Fedro posò la bici. Aveva udito strani rumori mentre costeggiava il sentiero del bosco. Pensando che si trattasse di un animale ferito si era fermato. Un ragazzo piangeva a ridosso di un albero.
Non erano fatti suoi. Lo sapeva. Eppure qualcosa lo aveva indotto ad avvicinarsi a quella figura devastata dalle lacrime. “Tutto a posto?” chiese al giovane porgendogli un fazzoletto. Il ragazzo alzò la testa, prese il fazzoletto e si asciugò il viso, mormorando parole di scusa. “Sara è morta. Io non so che fare. Sto tanto male.”. Le lacrime continuavano a rigargli le guance, mentre goffamente cercava di tamponarle. Fedro lo lasciò parlare, limitandosi a posargli gentilmente una mano sulla testa .Il ragazzo proseguì: “Si è uccisa. Non capisco perché! Non ne sapevo nulla. Io la amavo così tanto! Le avevo promesso che l’avrei sposata!” Scoppiò di nuovo a piangere. Fedro ripensò alle ragazze suicidatesi, sicuramente si trattava di una di loro. Provava molta pena per quel povero ragazzo. Cercò di consolarlo con parole di conforto. Il ragazzo lo guardò e con voce rabbiosa esclamò :“Di sicuro è colpa delle sue amiche! Sono morte pure loro! Le hanno fatto il lavaggio del cervello! Quelle puttane! Ne è rimasta viva solo una e non mi vuole dire perché Sara è morta. Lei lo sa!”. Il ragazzo esplose nell’ennesima crisi di pianto. Fedro lo osservò e attese che finisse.

Il locale era semi deserto. I due ordinarono un caffè. Il ragazzo si era calmato e aveva accettato di prendere qualcosa alla locanda più vicina. Si chiamava Alessandro e aveva sedici anni. Fedro era riuscito ad ottenere una conversazione stabile e a far calmare Alessandro. “Grazie per il caffè. Scusami per prima, ma sono molto scosso e …”.Fedro annuì, non doveva giustificarsi di niente. Aveva perso la persona di cui era innamorato. Aveva tutti i diritti di essere scosso. Per un attimo si chiese come sarebbe stato perdere Michel. Si stupì di aver formulato un pensiero cosi assurdo e tornò a concentrarsi su Alessandro. “Io so che l’amica di Sara sa! Le sue amiche si sono uccise tutte! Tranne lei! Non può essere una fottuta coincidenza!. Sara mi parlava spesso di un angelo, era così religiosa, non poteva uccidersi!”. Fedro si azzardò a chiedere: “La sua amica non ti ha proprio detto niente?”. Voleva fargli vedere che era partecipe. Alessandro rispose: “no, Leila non ha voluto dirmi niente. Ha detto che non ne sapeva nulla! Impossibile! Sara e lei passavano insieme tutte le giornate parlando di religione!”. Fedro sentì il suo stomaco chiudersi. Leila?. Chiese al ragazzo di ripetere il nome dell’amica. E se parlasse della sorella di Michel?. Il ragazzo annuì, si riferiva proprio a lei.
Fedro si chiese cosa c’entrasse Leila.

Salutò Alessandro dopo un’ora passata a discorrere. Era confuso. Forse Leila era solo un’amica di Sara e non c’entrava niente con i suicidi. In fondo Alessandro era accecato dal dolore. Cercava un capro espiatorio e Leila, l’unica amica viva della sua amata, era perfetta per quel ruolo. Pedalò veloce verso casa. Voleva parlarle. Magari così avrebbe aiutato Alessandro. E avrebbe appurato se Leila c’entrasse davvero in quella faccenda o meno. Si augurava davvero che l’amica non avesse a che fare con le morti. Ora si che sapeva come non pensare a Michel. A lui ci avrebbe pensato più tardi. Aveva un povero ragazzo distrutto e tante domande per cui preoccuparsi.

Leila posò il latte davanti al fratello. Gli si sedette di fronte ed esclamò: “Perché l’hai fatto?”. Michel la fissò con aria interrogativa esclamando: “Fatto cosa?”. La sorella alzò la voce e disse: “Perché hai fatto sesso con lui?”. Michel rise e rispose: “Cos’è, ci spiavi forse?. Io ho diritto di fare sesso con chi mi pare e piace.” Si fissarono torvi. Leila esplose gridando: “Lo sapevi! Maledizione! Non con lui! Ci serve! O forse te nei sei scordato?!”.

Fedro entrò in casa. Doveva assolutamente parlare a Leila della discussione con Alessandro. Mentre formulava mentalmente un discorso che stesse in piedi, lo sorprese Michel. Sussultò nel vedere l’amico piombargli davanti. “Sei già a casa?” esclamò l’amico sorridendogli. “Volevo parlare con tua sorella. Sai dove si trova?”. Fedro osservò Michel, nei suoi occhi non c’era niente che rivelasse ciò che era successo quella notte. Era perfettamente a suo agio, come sempre. Sperò che non notasse il proprio, di disagio. Non riusciva a sostenere il suo sguardo. Michel indicò la cucina e cingendogli le spalle lo accompagnò. “Sorellina! Fedro vuole parlarti!” gridò. Leila sorrise a entrambi. “Anche io e Michel ti dobbiamo parlare”. La sua voce si era fatta grave e il suo volto si era incupito. Fedro si augurò che ciò che dovevano dirgli non fosse troppo brutto. Non riusciva a immaginare cosa fosse potuto accadere. Forse Leila li aveva scoperti e si era indignata? O forse riguardava altre notizie poco piacevoli ma che non si riferivano alla notte passata con Michel?. Si sedette e osservò i suoi due amici. Avrebbe rimandato a dopo la discussione su Alessandro. Leila parlò: “Come hai visto, Fedro, in paese succedono cose molto strane. Molte ragazze sono morte.”. Fedro la interruppe. “Leila so che erano tue amiche, oggi ho parlato con Alessandro e lui..” Leila si alzò di scatto e imprecò. Fedro si chiese cosa potesse averla turbata .Probabilmente, si disse, la faccenda delle ragazze morte era più grande di quanto lui credesse e lei ne era coinvolta. Leila si rimise a sedere e si ricompose, mentre Michel le batteva con solidarietà una mano sulla spalla. Imperturbabile come sempre. “Cosa ti ha detto Alessandro?” chiese Leila, cercando di mantenere un tono di voce pacato. Fedro riferì fin nei dettagli la conversazione avuta col ragazzo. La tristezza che lo aveva afflitto nel vederlo e il bisogno di aiutarlo che sentiva dentro di sé. I suoi amici lo ascoltarono attenti. A volte il volto di Leila si incupiva mentre Michel rimaneva impassibile e distaccato come era suo solito. Mangiando le sue zollette di zucchero.

La sesta pensò a ciò che stava per accadere. Quel guastafeste! Per poco non rovinava la sua missione. Si chiese se il suo aiutante sarebbe riuscito a sostenere il gravoso compito che li attendeva. Si sentiva tesa, il settimo elemento non doveva essere al corrente del suo importante ruolo, o tutto sarebbe crollato.
Doveva riuscire a convincerlo a seguirla durante quella notte. E il volere dell’angelo si sarebbe compiuto.

La giornata trascorse serena. Leila gli aveva chiesto di preparare i bagagli. Gli aveva detto che aveva paura di queste tremende morti e che voleva fuggire da lì con lui e Michel. I due erano andati a salutare gli amici e Fedro era solo in casa. Si interrogò su quelle giornate. Tutto gli pareva talmente ovattato da sembrare persino surreale. Erano successe molte cose eppure non riusciva a capacitarsene. Il sesso con Michel, l’inaspettato coinvolgimento della sua amica in una serie di suicidi, l’incontro con Alessandro. Si chiese se per caso non gli fosse sfuggito qualcosa. Sentiva che c’era qualcosa sotto ma non capiva di cosa si trattasse. La sconcertante freddezza di Michel iniziava ad apparirgli sinistra. Il buon carattere di Leila gli sembrava sospetto. O erano solo sensazioni?. Si detestava per il suo carattere paranoico , spesso vedeva pericoli dove non ve ne erano e si insospettiva per qualunque cosa.
Era semplice, Michel aveva voluto fare qualcosa di diverso dal solito, Leila aveva stretto amicizia con le persone sbagliate e i suicidi erano solo frutto della pazzie di alcune ragazze disperate. Tutto qui. Niente di più. Decise di smetterla di farsi paranoie.
Michel guardò la sorella e disse: “Lo farò io. Te lo porterò.”. Lei lo guardò dolcemente e lo abbracciò. “Grazie fratellino. Sapevo che tu avresti compreso. La luce te ne sarà grata.”.

La notte calò e Michel rientrò. “Fedro, amico mio! Che combini da solo?”. Fedro alzò gli occhi dal libro che stava leggendo e fece un sorriso all’amico. “Dove si trova Leila? Sta meglio?” chiese, sinceramente preoccupato per l’amica. Michel disse che Leila era fuori con il suo ragazzo e che l’avrebbe consolata lui. E invitò l’amico a fare una passeggiata.
Fedro accettò. Forse Michel voleva parlargli di ciò che era successo tra loro. Tremava al pensiero di cosa era successo, al pensiero che potesse succedere di nuovo. Era assurdo pensarlo ma nonostante la vergogna sentiva di desiderare Michel come mai gli era capitato. Voleva toccarlo, disperatamente smaniava di sentire il suo corpo sopra di sé. Presero i giubbotti e uscirono.

La sesta era pronta. Tra poco lei e la settima si sarebbero ricongiunte in cielo.

Michel si fermò di fronte ad uno dei vecchi granai. Avevano camminato per quasi un’ora .Michel lo aveva preso per con naturalezza, avevano parlato di cose futili. Eppure Fedro sentiva che si stava creando qualcosa di profondo fra loro. Forse era l’atmosfera della notte, l’aria pungente o il calore della di Michel che lo facevano sentire profondamente legato a lui. Stava attento a non stringere quelle dita, gli sembravano un appiglio, verso quel mondo misterioso di nome Michel. Si lasciò condurre dentro al granaio.

Michel gli tese una zolletta di zucchero. Fedro la prese, non aveva molta fame ma gli sembrò scortese non accettare qualcosa da quella mano. Sentì che le labbra di Michel si avvicinavano alle sue. Si baciarono con estrema tenerezza. Quel bacio sapeva di zucchero. Per mano si avviarono nel piano superiore del granaio, verso il tetto. Fedro si sentiva euforico. Non capiva. Il bacio doveva avergli mandato in tilt il cervello. Si sentiva come drogato. Era bellissimo. Michel era bellissimo. Toccare la sua mano, seguirlo, tutto era fantastico. Voleva fare l’amore con lui. Lo sapeva, ora ne era certo. Avrebbero fatto l’amore lì in quel granaio. Come si vede nei film, con i due amanti che si rotolano nella paglia sudati e felici. Il cuore gli martellava in petto. Lo voleva .
Leila era seduta sul tetto. Che ci faceva lì?. Fedro guardò Michel. “Stai calmo Fedro. Non vogliamo farti male, non tremare. Vieni sediamoci con Leila.” disse Michel, cingendogli la vita. Quel contatto lo rassicurò, tremava, non capiva cosa stesse accadendo. La cose sembrava comica, loro tre su di un tetto. E lui che credeva di fare l’amore con Michel. E se fosse stato l’implicito invito in un ménage a trois?. Impossibile; Leila non accetterebbe mai di fare giochi simili.
Si sedettero sul bordo del tetto. Michel si avvicinò a Leila come per parlarle. Il silenzio era totale. Il buio denso. Fedro guardò i due amici. C’era qualcosa che luccicava fra di loro. Un coltello. Impallidì. Michel aveva accoltellato Leila. Chiuse gli occhi. Non era vero. Non poteva esserlo. Michel è un bravo ragazzo!. Sentì un tonfo, aprì gli occhi e gridò. Gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Leila se ne stava sdraiata i fronte a lui, il sangue le contornava il vestito. Pianse, sentì le lacrime scendergli giù calde sul viso. O mio Dio, o mio Dio, o mio Dio fu l ‘unico pensiero che riuscì a formulare. Non riusciva a parlare. Sentiva la gola ferma e le lacrime di paura che continuavano a cadere. Tremava , voleva scappare, il cuore batteva all’impazzata. Il terrore lo stava invadendo e non sapeva come scacciarlo. Si piegò su se stesso e si mise le mani intorno alla testa, il mondo sembrava capovolgersi sotto i suoi piedi. Si sentiva ancora euforico. Euforicamente spaventato. Michel rideva, la sua risata cristallina era terrorizzante. “Non piangere! Presto la raggiungerai. Lei e le sue stupide fantasie. L’angelo mi aspetta! facciamoci fuori perché c'è l’angelo che ce lo comanda! Balle! E lei ci credeva pure!” rise e proseguì: “Aiutami Michel, la settima è Fedro l’ho sognato! Aiutami Fratello! Che bella occasione per farla fuori con il suo consenso! E ora mi consolerò con la sua bella eredità" rise. Fedro lo guardò tra le lacrime. Non poteva crederci. Doveva essere un incubo. La testa gli girava. Chiuse gli occhi. Michel proseguì mettendogli il coltello tra le mani e dicendo: “Adesso tu ti butterai, e tutti crederanno che tu sia l’assassino della mia povera sorella, che poi per disperazione si è gettato giù”. Avanzò verso Fedro, lo baciò, e con le punta delle dita lo spinse di sotto.
Quel bacio sapeva di sale.

Michel aprì il giornale .Giovane donna uccisa barbaramente dall’amico d’infanzia,il quale, dopo il brutale omicidio, si è gettato giù dal tetto del luogo dove sono accaduti i fatti. Il fratello della donna distrutto piange la scomparsa di entrambi.
Mangiò una zolletta e uscì. Aveva una nuova vita davanti. E da preparare due funerali.

 


Fine