DISCLAMERS: I personaggi non sono miei e neanche la trama è tanto originale

DEDICHE: A Elena (Grazie di esistere tesoro, senza di te e i tuoi commenti sinceri anche quando si trattava di criticare avrei smesso di scrivere da un pezzo, ti voglio un mondo di bene perché sei una persona eccezionale, capace di improvvisarsi scrittrice e con ottimi risultati di Ruhana o meglio di Hanaru (anche se preferisci le prime) pur di tirarmi su il morale, sei un’amica fedele su cui posso sempre contare anche se sei distante, in poco tempo sei diventata per me una costante nella vita, un’amica indispensabile e fedele  Sei straordinaria e non dire di no. Hai capito? Questa è la tua fic di compleanno, spero che ti piaccia se no dimmelo subito che evito di continuarla e ti scriverò qualcos’altro in futuro. Sii sincera come al solito mi raccomando. Comunque per il proseguo dovrai aspettare che finisca almeno La coppia perfetta? Mi dispiace ma sono molto indietro)

NOTE: 1. La trama è tratta molto alla lontana dal romanzo dello Stevenson Lo strano caso del dottor Jackiel e Mister Hyde (spero si scriva così, sono molto ignorante in materia), da cui sono stati tratti anche due film umoristici che mi sono piaciuti abbastanza ovvero Il professore matto e soprattutto Le strane notti del dottor Jerryl (anche qui non sono sicura che il titolo sia esatto anche se è un film che riguardo sempre volentieri, il mio preferito di Jerry Lewis insieme a Mezzogiorno di fifa. Troppo forte) da cui il titolo della fic fa il verso. La trama ovviamente come al solito io me la gestisco come voglio per cui non crediate che la faccenda si così semplicistica solo perché conoscete i film.

NOTE: 2. Ru è molto OOC anche se veramente sarebbe più vero dire che è fuori di zucca.

NOTE: 3. Come al solito ditemi se devo continuare a postare questa fic in ml oppure preferite che evito e me la scrivo solo per me ed Elena.

NOTE: 4 Spero vi piaccia ma anche se non fosse, fa lo stesso. Ditemelo. Commentate. Ok?

  


Le brade notti di Rookie

Parte I

di Ise


 

CAPITOLO 1 – LA TRASFORMAZIONE

 

-Maledizione- ringhiò fra se un ragazzo dai capelli neri e occhi blu profondi come l’oceano, carnagione pallida e volto impassibile mentre nel laboratorio interrato che sostituiva la cantina nella sua abitazione, fatto costruire da suo padre un chimico internazionale per avere sempre sotto occhio il suo lavoro, ora in viaggio di piacere con la moglie in Europa,  trafficava con delle provette contenente del liquido colorato –Perché devo  avere un carattere così schifoso? Perché tutti si fermano sull’apparenza invece di tentare di scavare in profondità?-

 

Ed in effetti per lui era sempre stato così. Fin dalla più giovane età a parte i suoi genitori che lo amavano con i suoi pregi e i suoi difetti ma che purtroppo erano quasi sempre assenti a causa del lavoro del padre, aveva conosciuto solo due categorie di persone, quelle che lo amavano alla follia per via della sua superba bellezza fisica e quelli che lo odiavano per la sua incapacità di rapportarsi agli altri in maniera normale apparendo così come una persona insensibile, fredda e menefreghista.

 

Ma in verità lui non era così. Lui non era solo bello fisicamente aveva anche un’anima. E quello scudo di freddezza che tutti conoscevano, per lui era un blocco mentale che difficilmente riusciva ad infrangere costruito dalla sua innata timidezza che lo portava già quando era un bambino a non dire  alle maestre se si faceva male all’asilo, fingendo di stare bene fino a quando non arrivava a casa e si ritrovava a piangere come una fontana sopraffatto dal dolore.

 

Quando si trovava davanti ad una persona che non conosceva bene le parole che avrebbe tanto voluto dire gli morivano in gola lasciandolo boccheggiante ed inebetito. Le sue guance non si arrossavano solo perché aveva un controllo tremendo sul suo corpo e così riusciva a bloccare sul nascere quella forma di debolezza che il suo orgoglio rinnegava. Era sempre stato un tipo orgoglioso e questo lato del suo carattere aveva creato  un cocktail micidiale con la timidezza visto che aveva sortito l’effetto di costruirgli la maschera da duro e cinico che usava quando era a scuola o per strada. Maschera che non s’infrangeva mai o meglio quasi mai.

 

 

Quando infatti giocava a basket le cose cambiavano. Aveva scoperto quel gioco in America quando aveva 10 anni. I suoi genitori se lo erano portati dietro perché sua madre voleva compagnia visto che il marito sarebbe stato molto impegnato in quei giorni  dovendo tenere un importante seminario a Los Angeles. Durante una delle pause erano andati a vedere una partita tra i Lakers e i Bulls e c’era stata la folgorazione. A discapito della timidezza che lo rendeva insicuro chiese ai suoi di poter prendere delle lezioni e ci fu la svolta. Mentre giocava non c’era timidezza che teneva, si sentiva libero e capace di fare qualunque cosa. Il suo corpo sembrava scolpito da uno scultore greco a posta per prendere una palla in mano e schiacciarla a canestro. I tiri gli venivano fuori con una grazia incredibile e sempre perfetti e naturali. Tuttavia anche nel basket c’era un problema ovvero i compagni di squadra, questi  non erano qualcosa di inanimato ma bensì essere umani e quindi con loro si faceva vivo il ragazzo freddo ed impassibile incapace di relazionare.  Il suo gioco divenne molto egoistico, riusciva a passare la palla solo a giocatori che avevano una certa affinità di stile con il suo  nonostante i silenzi.  Tuttavia riuscì a farsi notare lo stesso. Alle medie era già una giovane promessa in quello sport e….fu in quel periodo che cominciò pure a dormire in classe. I suoi allenamenti solitari nei vari campetti della città si protraevano sempre fino a notte inoltrata e così al mattino se non era particolarmente stimolato non riusciva a tenere gli occhi aperti.

 

Finalmente nonostante i suoi problemi di socializzazione aveva trovato un equilibrio nella sua vita ma però non aveva ancora fatto i conti con l’adolescenza, periodo di grandi cambiamenti per tutti e delle prime cotte. L’inizio della sua pubertà fu traumatico, tutte quelle ragazzine che gli ronzavano intorno nel tentativo di farsi notare e uscire con lui quando per lui erano solo un grosso peso visto che gli era sempre stato chiaro, fin dalla prima volta che si era eccitato guardando il video di un cantante dai  capelli tinti di rosso e dal fare esuberante, di essere gay. Non che le sue tendenze sessuali gli interessassero, vista la teca di cristallo chiusa in ogni lato  in cui viveva senza avere legami ed affetti e con l’incapacità ormai palese per lui di potersi fare amici o anche semplici nuove conoscenze, gli era fin troppo chiaro che difficilmente avrebbe trovato qualcuno di interessante d’amare sul serio. Ed infatti in sedici anni di vita non aveva mai vissuto il primo amore fino a quando un’idiota dai capelli rossi non gli si era parato davanti nella terrazza dell’istituto superiore che aveva deciso di frequentare. Aveva appena finito di sistemare degli imbecilli che avevano disturbato il suo sonno senza grosse difficoltà visto che ormai era avvezzo alle risse, dato che molto spesso gente di ogni tipo tentava di picchiarlo per colpa di un amore finito sul nascere perché la tipa a cui l’individuo era interessato si era innamorato di lui oppure perché tentavano di disturbare il suo meritato riposo, unico momento della giornata in cui si sentiva a suo agio ed integrato nella società visto che non doveva pensare ai suoi problemi legati alla timidezza, quando quella scimmia rossa ancora da ammaestrare gli si era parata davanti e a forza di craniate era riuscita a scalfire la corona di ghiaccio che aveva costruito intorno al suo cuore facendosi amare a prima vista.

 

Immediatamente il suo cuore aveva cominciato a battere all’impazzata sperando in qualcosa che non avrebbe mai dovuto considerare ed infatti con l’arrivo di una ragazzina petulante anche quel nuovo sentimento nato in lui sprofondò nel baratro della solitudine come d’abitudine. Non sarebbe mai stato corrisposto da chi amava, perché l’altro era eterosessuale ed era già cotto di Haruko, la sorella del capitano della squadra di basket Takenori Akagi. Inoltre proprio perché la Akagi aveva un debole per lui, la testa rossa lo odiava. Quante volte si era trovato in mezzo a quella situazione senza mai scomporsi ed invece adesso se ne sentiva oppresso. Provò a smettere di amarlo ma non vi riuscì visto che per sua sfortuna se lo ritrovò in squadra anzi quel sentimento appena sbocciato crebbe nel tempo alimentato dalla scoperta del carattere del rossino. Era allegro, spontaneo, naturale anche se strafottente. Non si faceva mettere i piedi in testa a nessuno ed era orgoglioso quanto lui. Era una continua sorpresa e così estroverso da non conoscere proprio per nulla il significato della parola timidezza. Inoltre il suo talento nel basket era immenso. Era un ragazzo straordinario e per lui il moretto si ritrovò molto spesso a sconfiggere lo  scudo freddo ed impassibile che proteggeva l’io fragile di un ragazzo insicuro nelle sue timidezze. Più di una volta i suoi piedi si erano mossi in direzione  del compagno senza che la sua volontà potesse impedirlo per  incitarlo nei momenti del bisogno, certo le sue parole erano state più che altro insulti e il suo tono era stato burbero ma….ogni volta per sua felicità non espressa ottenne il risultato voluto. Almeno qualcosa per quel do’aho riusciva a farla. Però purtroppo per lui il rossino ogni volta fraintendeva le sue intenzioni dando vita a risse su risse con lui.

 

Lui sapeva di non essere un grande oratore e che certi suoi atteggiamenti potevano essere facilmente fraintesi. Insomma se una ragazza gli chiedeva di mettersi con lei come succedeva a volte, e lui rispondeva no freddamente senza aggiungere altro, era normale che questa si sentisse ferita e che tra le schiere delle sue conoscenze girasse la voce che lui era un insensibile. Era naturale che i suoi mugugni potessero essere interpretati come meglio credevano gli altri. Per esempio quella sera circa un’ora fa dopo gli allenamenti il play maker della sua squadra  aveva chiesto a tutti se avevano voglia di fermarsi a bere qualcosa in un bar prima di tornare a casa, lo aveva chiesto pure a lui e anche se il moretto aveva sulle labbra un si, sarebbe stato bello passare del tempo con il rossino anche al di fuori degli allenamenti, gli era sgorgato un hn. Subito il loro numero 7  considerando il carattere del compagno aveva pensato che fosse un no, e facendo spallucce si era affrettato a dire che non faceva niente, che sarebbe stata per un'altra volta. Così nel giro di pochi minuti si era ritrovato da solo negli spogliatoi con il suo solito volto impassibile e con una grande insoddisfazione nel cuore. Come faceva a diventare amico del rossino, l’unica cosa che desidera in quel momento visto che di diventare qualcosa di più non se ne parlava nemmeno, se non riusciva neanche ad uscire con lui? Era impossibile.

 

Ebbene si lui Kaede Rukawa asso dello Shohoku con dentro di se una timidezza che nessuno sospettava era innamorato dell’adorabile casinista per eccellenza dello Shohoku alias Hanamichi Sakuragi e avrebbe fatto di tutto per stare in compagnia dell’altro, chiacchierando (che parola grossa per lui che era tanto se farfugliava due parole dietro l’altra e solo se interpellato) pacatamente senza passare alle mani. Desiderava solo avere un rapporto complice con l’altro, se lo sarebbe fatto bastare per tutta la vita, ma purtroppo il suo stupido carattere glielo impediva.  

 

Ma finalmente quel giorno qualcosa sarebbe cambiata.

 

Rukawa era pronto a dire addio alla sua timidezza. Finalmente sarebbe stato pronto ad andare dai suoi compagni di classe con un sorriso stampato sulle labbra a rivelare loro la profondità del suo vero io. Avrebbe conquistato il ragazzo del suo cuore costi quel che costi e in breve sarebbero stati amici inseparabili. Si, sorrise internamente, che bel progetto si prospettava per lui all’orizzonte.

 

Nessuno sapeva che Kaede visto i suoi voti era bravissimo in chimica. Aveva il talento del padre e a soli sei anni era riuscito a creare una soluzione per la tintura dei capelli che già era in commercio arricchendo i suoi genitori e facendo aumentare il prestigio di suo padre che l’aveva diffusa a suo nome. Da circa tre mesi dopo aver conosciuto Sakuragi e aver per la prima volta  assaporato appieno l’impotenza del suo carattere aveva cominciato a lavorare su una pozione di aminoacidi che ingerita gli avrebbe permesso di abbattere i blocchi mentali che accompagnavano la sua timidezza. Era quasi pronta, bastava solo che la cospargesse con un po’ di succo che producevano le ghiandole sessuali di un gatto. Il suo gatto nero Baka (aveva una inclinazione pazzesca a chiamare ciò a cui teneva con degli insulti, non capiva perché, forse era l’ironia dovuta alla solitudine) era stato ben felice di collaborare visto che era in calore. Finì velocemente di predisporre la pozione, versò il liquido giallognolo contenuto su una boccetta, su un contenitore più capiente sempre di vetro che bolliva sul piccolo gas della stanza e che conteneva una soluzione verdognola. Subito ci fu una reazione chimica e la pozione eruttò del fumo diventando blu. Rukawa la fece bollire un altro po’ e, poi, con dei guanti per resistere al calore del vetro la prese in mano. Versò il risultato su una tazza che aveva sistemato sul tavolino centrale del laboratorio e la lasciò raffreddare. Fra poco lui sarebbe diventato un’altra persona. Per un attimo pensò che era stupido provare su se stesso quel miscuglio di sostanze chimiche  che emanava un odoro terrificante di topo morto non sapendo che risultati poteva sortire, ma poi il suo orgoglio si fece nuovamente sentire. Lui era il numero uno, non poteva sbagliare. Ci aveva lavorato per tanto tempo su quella pozione così importante, era sicuro del risultato. Aveva seguito passo per passo tutte le controindicazioni della sua timidezza, sconfiggendole con l’aminoacido giusto. Era perfetta.

 

Prese la tazza e dopo aver tirato un profondo respiro di sollievo, chiuse il naso con una mano per non essere costretto a sentire il cattivo odore di quella sostanza., che sul serio non prometteva niente di buono, e tutto d’un fiato per non far caso al gusto la bevve.

 

All’inizio non successe niente a tal punto che Kaede pensò di aver fatto fiasco, ma dopo un gran calore scaturì dal suo intestino e velocemente si diffuse nel resto del suo corpo. Sentì le viscere muoversi provocandogli un gran dolore. La sua pelle cominciò a gonfiarsi a bolle per poi ritornare normale. Il suo cuore batteva all’impazzata e si sentiva andare a fuoco. Le sue ossa scricchiolavano. I suoi capelli erano sbiancati di colpo diventando come neve lucente. Era come se il suo organismo si stesse modificando per diventare qualcos’altro.

 

-Cosa diavolo ho combinato?- fu il suo ultimo pensiero cosciente prima di crollare a terra svenuto portandosi dietro nella caduta recipienti e provette varie che s’infransero cospergendolo di vetri.

 

Il ragazzo riprese conoscenza solo un’ora dopo, si alzò in piedi e subito si notò il cambiamento.  I suoi capelli erano di nuovo neri però si erano allungati fin sotto le spalle e davanti la frangia si era ridotta a due unici ciuffi ribelli che cadevano  ai lati degli occhi raggiungendo le guance. Il suo colorito di solito pallido era diventato bronzeo più di quello di Sakuragi, sembrava essersi fatto le lampade. I suoi occhi avevano lo stesso taglio ma il colore si era tramutato in un raro verde scintillante che subito balzava all’occhio. Il suo fisico era sempre lo stesso, muscoloso e nel contempo aggraziato, ma sembrava  diverso per via del portamento che aveva preso. Sembrava più sfottente e scavezzacollo. La cosa più inquietante però era il sorriso che aleggiava sulle sue labbra. Era un sorriso beffardo, di sfida, era il sorriso di una persona che era in guerra pronta a conquistare la sua preda.

 

Quel ragazzo chi era, era ancora Kaede Rukawa oppure no?

 

Poi il moretto si guardò nel riflesso della cassettiera di metallo in cui il professore Rukawa teneva di solito le solvenze chimiche e sorriso soddisfatto, concentrò la sua attenzione sulla tuta che indossava  e storse il naso un po’ disgustato. Alzò le spalle e sussurrò con una voce simile a quella solita del volpino ma più bassa e roca “Credo proprio che dovrò cambiarmi. Questa sera ci sarà da divertirsi”

                                                                                                                

Uscì dalla stanza e…..

 

CAPITOLO 1 – LA TRASFORMAZIONE

 

 

 

 

L’ANGOLO DI ISE

 

Allora cosa ne pensate?

Devo andare a nascondermi?

Ciao. Ise



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