Le ali della città parte VII di Releuse
Piove, là fuori. Il cielo è avvolto da numerose nubi grigie, talmente scure e minacciose da sembrare un enorme drappo di velluto pesante. Un'unica, compatta macchia di pece. Le luci accese della città, alimentate dai fari delle auto e dei lampioni sul ciglio delle strade, si trovano a lottare contro quell'oscurità dilagante, dando vita ad un'atmosfera tristemente artificiale. Sintetica e falsa. Come un'enorme macchinario arrugginito e cigolante. Che fatica ad andare avanti.
Poi un improvviso bagliore, intenso e silenzioso, si rivolta contro quelle tenebre profonde. Ma è solo un attimo. Un'impercettibile salvezza, che si perde lontano, dilatandosi nel cielo. Spazzando via con sé ogni residuo di luce. Ed infine un boato, che sembra squarciare la Terra intera. Aria e suolo, insieme, coinvolti nello stesso destino. Eppure si sa, come poco lontano, nessuno ha udito questo fragore.
“Questo temporale proprio non ci voleva!” Aliger sbuffa, infastidito, mentre solleva una tenda dalla finestra sbirciando il tempo là fuori.
Il ragazzo sembra una sagoma che vaga nel vuoto, come indefinita e priva di contorni . È colpa di quella luce fioca e tentennante, emanata da tre candele poggiate sul tavolo, la cui cera scivola sinuosa per tutto il loro corpo.
“Uff, non accenna a finir....AAAHHH!!” Grida all'improvviso il ragazzo, in risposta ad un altro violento tuono.
Si tiene la testa fra le mani, tappandosi le orecchie, mentre il suo corpo s'irrigidisce, cominciando a tremare.
“Hey, Aliger, non avrai paura dei temporali....” Chiede Ise, con tono ironico, guardando il ragazzo divertito.
È disteso sul divano, con le mani dietro la testa, le gambe piegate e accavallate fra loro. Non un libro, non un cd di musica. Praticamente si trova in quella posizione da quando ha cominciato a piovere. Si è portato su quel divano e posizionato in modo da avere la finestra sotto il controllo del suo sguardo. In silenzio aveva cominciato a guardare fuori, pensieroso, mentre di tanto in tanto i suoi occhi blu come la notte, passavano sul soffitto, intenti a concentrasi su un indefinito punto in quell'intonaco bianco.
“Ma quale paura! Che dici!” Ribatte Aliger quasi offeso per le allusioni del ragazzo. “Io non ho assolutamente paura...aaargh!”
Un ulteriore tuono blocca il ragazzo sul posto, che nuovamente si stringe fra sè.
“Bè...un po' sì...mi inquietano i temporali...”
Ammette, arrossendo un poco, mentre sposta una sedia per sedersi a cavalcioni su di essa e poggiare le mani sullo schienale, in direzione di Ise. Questi gli sorride, ora quasi con tenerezza.
“Sei...curioso!” Esclama il moro divertito. “Macchè curioso. Non prendermi in giro! Perché a te non ti mette timore il temporale?” Domanda imbronciato Aliger fissando fintamente innervosito il ragazzo. “Mmmh, no....” Risponde Ise distogliendo lo sguardo da lui, per riportarlo su quella finestra scheggiata dalle infinite gocce di pioggia sul vetro.
“Anzi, mi piace...” Conclude poi quasi distrattamente.
È serio, Ise. Tremendamente serio, e silenzioso. Quasi malinconico. Ha continuato a guardare fuori per tutto il pomeriggio, senza fare nient'altro. Come se aspettasse da tempo quella pioggia per poter pensare.
Aliger lo guarda, inquieto. Non aveva mai visto il ragazzo così assorto. Continua a fissarlo, rendendosi conto che l'oscurità della stanza, mista alla flebile luce delle candele, rendono il viso di Ise bronzeo, quasi sovrannaturale.
Il cuore del ragazzo comincia a svegliarsi, e a battere, intensamente.
“...se non è il temporale...c'è qualcos'altro che ti fa paura?”
La voce di Aliger si infrange nell'aria, mentre i suoi occhi verdi cercano quelli di Ise, che si volta lentamente, non appena comprende il significato della domanda del ragazzo.
Ise si sofferma sul biondino, seduto sul lato lato, con il petto poggiato sullo schienale della sedia, con lo sguardo intento su di lui, come se lo stesse vegliando. E i loro occhi si incatenano. Entrambi tenaci, e ribelli.
Pochi attimi di silenzio, di respiri che si alternano, in attesa di un cenno che possa spezzare quel limbo dove i due ragazzi si sono intrappolati.
“No.”
Preciso, come un proiettile che arriva a colpire al centro tutti quei cerchi concentrici. Diretto. Spinoso.
“Non ho paura di nulla, solitamente.”
Ribadisce, tenendo il suo sguardo incatenato a quello di Aliger, che lo osserva, trattenendo il respiro. Stupito dalle sue parole.
“Vivo da solo da tempo. Ho imparato che per vivere devo affrontare la vita quotidiana senza avere timore di nulla. Non temo le persone, non temo i temporali...” Aggiunge con una nota scherzosa. “...non temo nulla oggettivamente parlando...”. Sospira, come se avesse detto una cosa normalissima.
Eppure i suoi occhi in quel momento non riescono. Non riescono a reggere il confronto con quelli di Aliger. Certe cose, lo sa bene, non può dirle incontrando il suo sguardo. Perché sono parole incomplete.
'...temo le emozioni....'
Ora infine concluse, solo nel suo pensiero.
Aliger lo sente il disagio percorrere la sua schiena, camminare fino alla sua gola, spezzandogli la voce. Deglutisce, stranito, poiché si è perfettamente accorto della reazione di Ise. Ogni volta, sempre più sfuggevole. Il biondino cerca di farsi coraggio, nonostante dentro di sé continua ad avvertire qualcosa di pungente, che si trasforma in dolore, ogni volta che l'atmosfera si tinge di quei toni confusi. E decide allora di parlare, ed azzardare.
“...vivi solo da tempo? E la tua...famiglia?”
Intanto un lampo illumina d'improvviso l'intera stanza, frantumandosi sulle pareti, e un boato scuote il cielo, facendo tremare le finestre, un rumore simile a tanti granelli di sabbia che scivolano per il vetro. Probabilmente la pioggia .
“I miei sono in Giappone, da tre anni.” Si sente rispondere, quasi con indifferenza.
Aliger attende, quasi curioso. Il moro lo guarda, e capisce che probabilmente il ragazzo ha bisogno che lui gli parli di sè. E forse non per semplice curiosità. Ise allora gli sorride, e facendo forza con la schiena si mette a sedere sul divano, di fronte a lui, e lo osserva, con un finto fare di sfida.
“Hanno deciso di trasferirsi in seguito ad un'occasione lavorativa. È sempre stato il loro sogno tornare laggiù. Al contrario mio, loro sono nati e cresciuti là.” “Ah...capisco, ma tu? Non sei voluto andare con loro?” Domanda perplesso Aliger.
Ise soffoca una risata. “Ma, veramente no. Te l'ho detto, io sono nato e cresciuto qui. Frequentavo già l'università, figurati se mi andava di trasferirmi in un posto tanto lontano e iniziare tutto da capo!” Esclamò il ragazzo in tono divertito.
“E i tuoi? Non si sono dispiaciuti di questo?”
“Eh, eh,eh! Certo che si sono dispiaciuti, ma sapevano anche che io non li avrei mai seguiti, e che sono fatto anche a modo mio. Sono testardo dopotutto!”
“Ah, bè. Questo si vede!” Scherza Aliger, ridendo.
“Ah, lo prendo come un complimento! E comunque vivo da solo da quando avevo vent'anni. Ho sempre voluto sperimentare la vita solitaria!” Spiega il ragazzo quasi con nostalgia.
“Accidenti...però il Giappone così lontano, mi chiedo come abbiano fatto i tuoi a ....” Aliger si blocca E pensa un attimo, fra sè. E ricorda le parole di Ise, qualche tempo prima.
Non riesce più a parlare, chiudendosi in un muto silenzio, abbassando lo sguardo, poggiando la testa sulle sue stesse braccia incrociate sulla sedia di legno chiaro, la quale emette un piccolo scricchiolio nell'accogliere il corpo del ragazzo. Forse è la mancanza degli occhi di Ise su di lui, o i muscoli che si rilassano improvvisi, o i capelli che gli accarezzano il viso, rassicurandolo. Eppure, quello che credeva impossibile da dire, ora emerge dalle sue labbra. Mentre il cuore si stringe in una morsa dolorosa.
“...di cosa è morta?”
Ise sussulta. Se l'aspettava, quella domanda. E mentre sente il sangue nelle sue vene bruciare come olio bollente, capace di lasciare segni evidenti sulla pelle, trema.
E decide di parlare.
“Maya..tumore. Al seno. Quando glielo hanno trovato era già in metastasi per gran parte del suo corpo. In pochi mesi se n'è andata, un paio d'anni fa....”
“Mi...dispiace....”
Le pensa, Aliger. Le uniche, banali, insulse parole. Eppure le pensa, per davvero.
Ise sospira. “Stavamo insieme da pochi mesi, quando le hanno diagnosticato il tumore. Ma la conoscevo da una vita. Era la mia migliore amica, dopotutto. Non è...stato facile...”
Aliger è senza parole. Continua a sentirlo il suo cuore che lotta violento per poter uscire da quel torace che lo rende prigioniero. E capisce la sofferenza di Ise, o almeno se la immagina.
“Devi essere stato molto male...” “Già.” Ise fa un respiro profondo. “Il tempo...mi ha aiutato a superare...”
Il ragazzo ha abbassato gli occhi, segno di evidente difficoltà nell'esprimersi. Perché lo sa benissimo. Ancora frasi incomplete. Significati negati.
“Sei davvero forte, Ise.” Sussurra Aliger con un sorriso dolce, impercettibile, colmo di tristezza, ma anche di affetto.
Ise a quelle parole sente una fitta pervadergli il petto. Perché i sentimenti lo stanno soffocando. Distruggendo. E si chiede se quel tormento prima o poi...non lo faccia impazzire.
Infine allunga quasi inconsciamente la mano , e la poggia sulla guancia di Aliger, accarezzandola lievemente.
Gli sorride, in silenzio.
Un silenzio traboccante di sensi di colpa.
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Luci confuse. Calde. Simili a venature colorate che si dilatano per tutto lo spazio circondante, riflettendo cristalli esagonali sulle pareti, sui visi, sui corpi trascinati dal fragore della musica. Corpi che si muovono ad intermittenza. Luce e oscurità che si alternano dentro quell'immensa cassa sonora, costringendo le figure ad essere inghiottite nel buio più profondo, per poi riemergere brillanti, assorbendo quei bagliori violenti nei loro corpi. Luci cangianti. Bianche, rosse, blu. Elettrizzanti.
L'ambiente. Ormai rese un unico impasto di persone, suoni e sprazzi di luce.
Ise e Aliger si trovano in questo locale, un particolare pub con un'ampia pista da ballo al centro, ornata da un pavimento di un bianco brillante e riflettente. Pesanti tende di velluto, dal colore scarlatto del vino, ricoprono invece le pareti, donando una sensazione di solennità. Ma anche di soffocamento, a tratti.
I due ragazzi stanno bevendo un paio di cocktail, seduti in morbidi divanetti dello stesso colore dei tendaggi, posti in un discreto angolo del locale, separato dalla pista da un arco di lucido marmo nero. Una serata sicuramente diversa, realizzata da Ise per accontentare il biondino, che gli aveva confessato un paio di giorni prima di aver voglia di ballare. Era arrossito, nell'affermarlo, sperando che Ise non fraintendesse le sue parole, dato che sapeva bene che genere di balli lui improvvisava durante il suo 'lavoro' nei locali notturni. In verità aveva solo bisogno di muoversi un po', per scaricare la tensione che nell'ultimo periodo, a momenti, lo assaliva.
“Mah, basta che non ti spogli davanti a tutti, si può fare!” Aveva esclamato Ise con una delle sue solite battute ironiche. “Bè...dipende da quanto mi pagano!” Aveva risposto Aliger lanciandogli uno sguardo seducente, mentre giocava con una ciocca dei suoi lunghi capelli. Ormai aveva imparato a rispondere alle sue provocazioni.
“Balliamo?” Chiede d'un tratto Aliger, rompendo un silenzio dovuto alla musica troppo alta e alla concentrazione sulle persone intorno a loro. “Mh, ora non mi va. Vai pure tu, tranquillo.” Gli sorride Ise un poco assente. “Oh, ok!” Annuisce Aliger perplesso, mentre si alza per entrare in pista.
È confuso, si chiede cosa abbia Ise questa sera, dato che gli è parso distratto per tutto il tempo. Decide comunque di non pensarci e, attraversato l'imponente arco, si mescola alla folla, non prima di essersi nuovamente voltato dal suo padrone, inclinando la testa all'indietro, per sorridergli, leggermente.
Ise ha seguito il suo movimento. Ogni passo, ogni istante. E anche ora continua a riservare il suo sguardo ad Aliger. Aliger che indossa quella sagomata camicia nera dalle cuciture dorate, con i primi due bottoni slacciati, che lasciano intravedere lembi di pelle bianca e accattivante.
Cosa si proverebbe a baciare quel collo sensuale?
Un primo sussulto.
Aliger che indossa bianchi pantaloni aderenti, lucidi, che scolpiscono le forme delle sue lunghe gambe, fasciando i fianchi in una stretta decisa, su cui gli occhi non possono non poggiarsi.
E le mani, potrebbero farlo?
Un secondo sussulto.
Ise continua a guardarlo. Fisso e assorto. Guarda Aliger, che sin da subito sulla pista, ha conquistato il ritmo dei movimenti, seguendo la musica in ogni sua sfaccettatura, disegnando col suo corpo ogni acuto, ogni basso, ogni vibrazione di chitarra elettrica.
È estasiato Ise. Ormai completamente prigioniero di quell'immagine sublime, dalla quale i suoi occhi non possono separarsi.
Quel corpo che continua a muoversi morbido, che riflette i colori dei fari di luce posti sul soffitto, l'unico distinto in quella folla confusa. Nel muoversi, Aliger, fa oscillare i suoi fianchi sui lati, mentre con le mani si accarezza il bacino, per poi portarle sulla sua fronte, e farle perdere fra i suoi capelli, tendendo la testa all'indietro.
Ise deglutisce, forse un po' nervoso, pervaso da un milione di sensazioni svariate. E soffocanti. Le stesse che da un po' di tempo hanno cominciato ad investirlo e che ora, stranamente, sembrano amplificarsi, come se fossero le stesse note che pervadono l'aria.
Vorrebbe abbracciarlo, questo lo sa bene. Sa bene quanto tormento gli procura la presenza di Aliger, quando è fin troppo vicino a lui. Quando lo ha baciato, l'ultima volta.
È la musica. È la confusione. È la folla. È Aliger che balla lì in mezzo al tutto, con le luci che si riflettono sulle filigrane dorate della sua camicia. Una visione magnetica.
Non c'è più ragione dentro la testa di Ise, come se fosse spazzata via da quella immagine del biondino che, prepotente, ha deciso di dominare la sua mente. Ed il ragazzo si alza, come sospinto da una mano invisibile che lo guida verso l'oggetto della sua follia, liberando la sua presa non appena è a pochi passi da lui.
Aliger lo guarda, stupito, mentre continua a muovere il suo corpo.
“Mi è venuta voglia di ballare....” Sorride Ise, determinato e sicuro di sè. Il biondino gli lancia un'occhiata di intesa.
Il ragazzo comincia a ballare, insieme ad Aliger, seguendo il ritmo della musica, cercando di sciogliere i suoi muscoli ancora intorpiditi ed incerti.
“Cerca di essere più rilassato...” , consiglia Aliger, sfiorando il bacino di Ise con le mani, accompagnandone il movimenti. Prima su un lato. Poi sull'altro.
Ise trattiene il respiro, mentre sente scosse fulminee fluire per tutto il suo corpo, facendo ribollire il suo sangue, martellando la sua testa, ancora più intensamente, non appena le mani di Aliger raggiungono le sue spalle, ripetendo il movimento fatto per il bacino.
“Sciogli di più le spalle...” , aggiunge il biondo sorridendo per questo 'gioco'. “Hn, va bene, 'esperto'....” Risponde Ise, divertito.
Ballano insieme, sciolti e confusi fra le persone intorno a loro, dimenticando per quegli istanti tutti i legami, tutte le congetture. Tutta la realtà.
Eppure i loro sguardi continuano ad essere incatenati l'uno all'altro.
Poi, improvvisamente, la musica cambia, diffondendo nell'aria le vibrazioni di una melodia dolce e romantica, quella di un lento. Battiti improvvisi, scatenati da un indefinito timore pervadono il cuore di Aliger, che sembra bruscamente tornare in sè, portandolo con i piedi per terra. Non vuole rovinare quella serata, mettendo Ise in difficoltà, o costringendo se stesso ad un'inutile sofferenza, nel ricevere l'ennesimo rifiuto.
“Meglio sederci ora...”, afferma, mentre si sta per allontanare dalla pista, evitando lo sguardo del ragazzo.
Ma la presa decisa di Ise sul suo polso, gli impedisce un ulteriore movimento.
“Non vuoi ballarlo...?” Sono le chiare parole che provengono dalle sue labbra, espresse senza pensare.
Anzi, senza dare ascolto ai suoi pensieri. Che glielo avrebbero negato. Ed impedito.
Aliger lo guarda nei suoi profondi occhi blu, annuendo quasi inconsciamente, un poco turbato. Ed emozionato. Probabilmente, felice.
E dopo un breve attimo, solo calore reciproco.
I loro corpi, abbracciati, oscillano sullo stesso punto di quel pavimento bianco, mentre la delicata musica del lento li accarezza come una leggera folata di vento. Le braccia che stringono la schiena, i loro bacini che si sfiorano, i loro visi tuffati nel collo dell'altro, solleticati dai capelli che accarezzano le guance.
Aliger prova un'intensa emozione, il suo cuore si scalda, sempre di più, mentre la sua mente comincia a condensare quel pensiero, quel dubbio che ormai è diventata una certezza. E che vorrebbe esprimere. Vorrebbe dirglielo. E lo fa, attraverso parole impercettibili, rese reali solo dal movimento preciso delle sue labbra, incapaci di essere lette dal ragazzo alle quali sono dirette, poiché poggiate sulla sua spalla.
Eppure per Aliger, aver espresso le sue parole anche solo in questo modo, è qualcosa di significativo, si sente più sereno, come svuotato di un peso che gli impediva di respirare. Non importa se quelle sillabe si sono sciolte nell'aria. L'importante è che abbiano avuto la forza di venir fuori.
Ise cerca di non pensare. Vuole solo 'sentire', assaporare quelle sensazioni che sta provando nel ballare con Aliger, avvolto fra le sue braccia. Si sente come immerso in una dimensione parallela, un ambiente incerto dal quale non vorrebbe più uscire, perché brutalmente piacevole. E allora non pensa a nulla, per godersi fino in fondo quel momento di quiete e di sentimenti intensi, dopo i quali la realtà, sa bene, tornerà ad incombere su di loro. Più dolorosa di prima. Per aver condiviso quel momento insieme.
E come per godere maggiormente di questo limbo indefinito dentro i quali si sono rifugiati, Ise alza leggermente la testa, portando la sua guancia a sfiorare quella di Aliger, come per accarezzarla. Infine accompagna le sue labbra su di essa, sfiorandola come se volesse baciarla, per sentire ancora una volta il sapore della sua pelle. E si impone un doloroso sforzo, per non andare altre, per non seguire l'impulso sconquassante del suo corpo.
Ed infine la musica termina, portandosi via tutti i sentimenti, e tutte le possibili parole. Confondendo i due ragazzi dentro quella che è tornata ad essere la realtà. Un tacito accordo di reciproco silenzio.
“Vado a prendere una cosa da bere...cosa vuoi?” Chiede Ise, mentre si avvicinano al loro divanetto. “Solo un bicchiere d'acqua...grazie.” Sorride Aliger.
Tutto ossessivamente normale. Aliger intanto è ancora in piedi, poggiato sul lucido muro nero. Un brivido gli percorre la schiena non appena sente il freddo marmo a contatto con le sue spalle, che lo aiuta a destarsi da quella sensazione di torpore simile a quella di un sogno bruscamente interrotto. Respira, profondamente, tendendo gli occhi chiusi, inclinando il viso verso l'alto come per voler catturare gli ultimi residui di aria pura.
“...ma tu...non sei il ragazzo de ' Le mille strade'?”
Una voce roca, pungente, giunge aggressiva e compiaciuta alle orecchie di Aliger, che, nell'udirla si sente raggelare il sangue. Il nome del suo locale. I primi istanti gli era sembrato qualcosa di dimenticato, qualcosa di estremamente lontano dalla sua vita. E che ora, riprendendo lucidità, lo rende spaventosamente conto di chi è realmente.
Aliger apre gli occhi, nascondendo l'agitazione che all'improvviso si è impadronita di lui, e si volta verso la fonte del suo disagio. Un uomo sulla cinquantina si trova di fronte a lui, lo sta guardando con occhi acquosi, e con la bocca impastata e maleodorante di alcool.
“Sei tu, il ragazzo che balla sul palco...” Aggiunge l'uomo con un sorriso compiaciuto, leccandosi le labbra troppo secche, per l'insaziabile sete.
Aliger è atterrito. Ogni suo muscolo si è irrigidito, le vene del suo collo cominciano ad evidenziarsi in maniera spropositata.
“...non...non so di cosa stia parlando...” Riesce a dire, con uno sforzo enorme, lottando contro le sue corde vocali troppo tese per l'agitazione.
Ed è di nuovo nausea. Ed è di nuovo quella disgustosa sensazione di ribrezzo e avversione che si fonde con tutte le cellule del suo corpo.
“Ma come, non sai di cosa? Eppure quella sera ci siamo pure divertiti io e te...” Insiste l'uomo avvicinandosi verso il ragazzo e allungando la mano nel tentativo di toccarlo.
“Non mi tocchi!” Grida Aliger atterrito, facendo uno scatto indietro nel tentativo di svincolarsi, sbattendo il suo corpo su qualcuno dietro di lui.
“Hey, tutto bene?” È la voce calda di Ise.
Mai così tremendamente rassicurante.
“I...Ise...” Sussurra confuso il biondino, in preda al panico.
E al tremore, che si trasmette alle mani di Ise poggiate sulle sue spalle. Il moro affonda di più la presa su di esse, come per tranquillizzare il ragazzo.
“Non preoccuparti...” Gli sussurra, per poi rivolgersi all'uomo con sguardo severo.
“Lei sta sbagliando persona...” Dice poi, molto seriamente.
L'uomo pare non scomporsi più di tanto, complice l'ambiente, complice l'alcool eccessivo ingerito. “Ma quale sbagliando persona, quello è il ballerino del locale notturno...” Aggiunge, cercando di avvicinarsi verso Aliger. Ma Ise si antepone al ragazzo, afferrando per il polso l'uomo, mentre tenta di allungare nuovamente il suo braccio.
“Forse non mi ha capito bene...” Ise stringe la sua mano, con rabbia.
Aliger, dietro di lui non riesce a parlare. Quella situazione lo spaventa, eppure allo stesso tempo si sorprende della reazione protettiva di Ise nei suoi confronti.
In fondo è la verità, quella sostenuta dall'uomo. Perché lui...
“Lui è il mio ragazzo...”
Un sussulto, da parte di Aliger.
“...e se la vedo ancora importunarlo con allusioni assurde credo che mi costringerà ad intervenire diversamente.” Conclude Ise, accompagnando le sue parole con una stretta ancora più decisa sul polso dell'uomo e uno sguardo tagliente.
“S-sì. Ho capito...scusatemi...” Balbetta questi svincolandosi, dando un ultima occhiata incerta ad Aliger, per poi allontanarsi.
“Va tutto bene, Aliger?” Domanda Ise voltandosi verso il ragazzo, con un tono visibilmente preoccupato.
“S...sì...grazie...” Riesce solo a dire poche e sconnesse parole, Aliger.
Ancora scosso per il malessere provato, non è in grado di soffermarsi sulle parole pronunciate da Ise. O forse semplicemente non vuole darci peso, ben conscio del fatto che le ha usate solo per salvarlo da quella difficile situazione.
Non vuole più illudersi.
“Stai...ancora tremando...”
Ise poggia la sua mano sul viso del ragazzo, accarezzandogli la guancia.
“Ora...ora mi passa...” Aliger è ancora confuso, ha difficoltà nel parlare. “...non so cosa mi sia preso...ho avuto un attimo di smarrimento, non ci stavo pensando che io in verità sono...”
Non riesce a finire la sua frase. Le sue labbra sono costrette a non muoversi altre, poiché catturate dal quelle di Ise improvvisamente poggiate sulle sue. Un casto bacio che spezza ogni parola residua. Che annienta ogni possibile suono.
Aliger sgrana gli occhi, sorpreso, per quel gesto.
“...non pensarci...” Gli sussurra Ise sulle labbra, mentre allontana il suo viso da quello del biondino.
Cerca di tenere a freno il suo cuore, Aliger. E le sue emozioni. Che fremono dentro di lui come in preda ad uno spasimo. Perché sa che quell'uomo è ancora lì, poco distante, e che probabilmente Ise non ha fatto altro che dare conferma delle sue parole.
Non può sapere la verità. Non può leggerla attraverso lo sguardo troppo serio di Ise. Troppo estraneo. Non può leggerla attraverso i suoi silenzi. Non può sapere che per il ragazzo quello è stato un gesto spontaneo, inconscio. Incontrollato. Determinato dal desiderio di tranquillizzare l'animo inquieto di Aliger. Determinato da un desiderio fin troppo inappagato dentro il suo animo.
Ed è ancora un lungo e infinito silenzio.
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È mattino. Nella stanza di Aliger, la serranda alzata di pochi centimetri lascia ai raggi del sole lo spazio per dilatarsi un poco, sotto la finestra. Il resto è ancora avvolto nell'oscurità, ancora impercettibile.
Aliger è sul letto, disteso, e sta fissando la porta attentamente, assorto. Come se attendesse qualcosa. Ormai completamente sveglio.
All'improvviso pochi passi, e il portone d'ingresso che si chiude, con un pesante rumore che vibra fra le pareti. Con scatto fulmineo il ragazzo si alza, avvicinandosi alla finestra, sul lato, per il timore di essere visto. Si avvicina ai buchi della serranda, dai quali filtra la luce, per guardarci attraverso. E aspetta.
La sicura che si solleva. Lo sportello che si chiude con un leggero tocco sulla portina. La chiave che mette in moto. E il motore che si scalda.
Pochi secondi e l'auto di Ise si allontana.
Aliger fa un respiro profondo, come per liberarsi di una certa paura. Una certa ansia che sospira sulla sua pelle, rendendola particolarmente gelida.
Deglutisce e stringe i pugni, mentre nei suoi occhi si accende una luce fatta di determinazione e desiderio di risposte. Esce dalla sua camera, mai la casa gli era sembrata così vuota. E così silenziosa. Sembra quasi volerlo assecondare nel suo cammino, che lo porta diretto davanti alla porta della sua stanza. La stanza di Ise.
Aliger tentenna, per qualche attimo. Si sente tremendamente colpevole. E forse un po' vigliacco. Ma teme che se non lo farà ora, rischierà di impazzire. Se non è già prigioniero da tempo di una sinistra follia.
Si fa coraggio, ed abbassa la maniglia. Il cigolio che si riversa nell'aria pare quasi un lamento per ciò che sarà violato.
Aliger entra, lasciando comunque la porta aperta, come per avere una via di fuga, in qualsiasi momento.
Si guarda intorno, riconoscendo per bene la stanza di Ise, che ha avuto modo di vedere più volte, da quando si trova lì.
E decide di agire. Esasperato dai continui silenzi del ragazzo. Dai suoi sguardi assorti. Dalle spiegazioni mancate. Anche la sera prima, al disco-pub. Come se nulla fosse successo.
Aliger decide che vuole sapere. Cosa, ancora non lo sa. Conoscere Ise, sapere qualcosa di più su di lui. Sapere il perché di tutto questo.
Perché forse c'è un perchè?
E sapere di lei...Maya.
Forse per gelosia?
Il ragazzo, privatosi dei residui sensi di colpa, decide di farsi coraggio. E comincia a cercare. Apre i cassetti dell'armadio, quello della scrivania, e trova vecchie foto, qualche cartolina, qualche oggetto ancora dentro la confezione. Ma non è soddisfatto. E l'agitazione continua a crescere, turbandosi d'inquietudine. Decide di aprire anche il cassetto del comodino, quello più vicino alla finestra.
E si blocca, fissandone il contenuto. Passano pochi secondi, o forse sono minuti interi. Trema Aliger, mentre allunga la mano per afferrare qualcosa.
È una foto, con sotto una lettera indirizzata ad Ise. Il mittente...Maya.
Lei è la ragazza della foto. Lei tiene a braccetto Ise sorridendogli, mentre lui la guarda contrariato. Qualcosa scuote Aliger, mentre osserva la ragazza. Mentre osserva il suo viso. Ed un flebile ed incerto pensiero comincia a scaturire dalla sua testa.
È un movimento meccanico, ormai inconscio. Apre la lettera, riuscendo con difficoltà a tenerla fra le mani.
E la legge.
E per il suo cervello c'è solo un violento black out. Troppo feroce. E troppo improvviso.
Sotto i suoi piedi è come se ci fosse una voragine, che lo attira a sè, dentro un baratro di cui non si vede la fine.
“Non è possibile....non è...vero....”
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