I personaggi non sono
i miei purtroppo, ma del sommo maestro Inoue!! Questa è la mia prima
ff su Slam dunk, iniziata a febbraio 2007 e conclusa questo giugno 2007!
che fatica! La dedico alla mia
carissima amica Quistis, che mi è sempre vicina in ogni momento^_^!
La vita che verrà parte IV di Releuse
“ È QUESTO CIÒ CHE VUOI CONDIVIDERE CON ME? CIÒ DI CUI VUOI PRENDERTI CURA?”
Parole. Dure. Disperate. Devastanti. Il loro suono prepotentemente invadeva la testa di Sakuragi. Facendolo impazzire. Come un interminabile tormento, una lenta agonia cominciata nel momento stesso in cui il ragazzo aveva lasciato la casa di Rukawa poche sere prima. Un dolore che divorava lembo per lembo ogni centimetro della sua carne. Del suo cuore. E non lo abbandonava. Hanamichi Sakuragi non faceva altro che pensare a quelle parole in ogni momento della giornata. A casa, a scuola, in palestra. Nella sua testa non c'era spazio per nient'altro. Non aveva più visto né Rukawa né la piccola Eriko da quella sera. Non aveva più avuto il coraggio di presentarsi alla loro porta. Si recava comunque a scuola e in palestra. Come se tutto fosse normale, ma solo apparentemente. Durante gli allenamenti il rossino continuava ad eseguire movimenti meccanici, precisi, spesso perfetti. Inoltre non parlava più, non scherzava più con i compagni, non si metteva in mostra come era solito fare. Ormai era diventato davvero l'ombra di Kaede Rukawa. Quel numero undici che da tempo non si presentava né a scuola né in palestra e che non aveva più dato notizie di sè. Eppure era come se Hanamichi ne colmasse il vuoto. Solo lui avrebbe potuto farlo. Solo lui aveva sempre osservato Kaede in ogni suo movimento. In ogni suo tiro. Solo lui aveva cercato d'imitarne il talento con la scusa di fare colpo su una ragazza, ma in realtà mosso dal desiderio inconscio di essere degno di lui.
“ Fino a quando potrà resistere?” Si chiedeva Ayako, guardando il rossino giocare in quel modo. In realtà non era l'unica a preoccuparsi. Tutta la squadra aveva notato che qualcosa non andava nel loro numero dieci, ma nessuno aveva il coraggio di parlare. Era come se un tacito accordo legasse tutto lo Shohoku. Una squadra che dentro di sé temeva di spezzare quell'atmosfera plastica che regnava in palestra. Che aveva paura di svegliare il sonnambulo nel suo indefinito vagare.
'Rukawa....'
Hanamichi Sakuragi quella mattina decise di non andare a scuola. Si era fatto troppo tardi. Nello svegliarsi aveva lasciato che i suoi pensieri tormentati lo assorbissero totalmente, facendo in modo che il tempo si dilatasse in maniera eccessiva. E ne aveva perso ogni cognizione. Quando finalmente i propri muscoli cominciarono a rispondere agli impulsi della sua testa, trovò la forza di alzarsi ed orientarsi all'interno della sua stessa casa. Purtroppo negli ultimi giorni era in preda ad un'intensa confusione, come se fosse in uno stato di trance in cui, nel momento del risveglio, difficilmente riusciva a capire dove si trovasse. Cosa stesse facendo. Decise comunque di uscire casa, quasi senza meta, con la sola compagnia di un pallone da basket. Come guidato da una mano invisibile, Sakuragi si trovò ben presto al campetto dove lui, Rukawa ed Eriko poche settimane prima avevano giocato a basket. Ed avevano riso per tutto il tempo, divertendosi tanto.
' ...quanto mi manca la piccola Eriko...quel giorno aveva un sorriso bellissimo. Era felice...e anche Rukawa sembrava esserlo...mi sono affezionato ad Eriko, tanto. Eppure...'
Le immagini di quel giorno cominciarono a emergere nei ricordi del rossino, provocandogli una sconfinata nostalgia e una tristezza angosciante. Ed era il sorriso di Eriko che più lo tormentava.
'Eriko. Il suo sorriso è sempre stato così radioso. Mi sentivo fiero di me stesso quando la vedevo sorridere nel vedermi. Ne ero felice. Di fronte a quella sua allegria l'ombra della malattia svaniva all'istante. Finchè lei si presentava così, forse mi era sembrato tutto...semplice? Ma poi...Piccola Eriko...come potrei farmi vedere da te, ora? Cosa penseresti? Tu avevi tanta fiducia in me, e io l'ho... tradita. E poi, lui...'
“ È QUESTO CIÒ CHE VUOI CONDIVIDERE CON ME? CIÒ DI CUI VUOI PRENDERTI CURA?”
Quelle parole gli trapassavano la carne, lo facevano impazzire. E il dolore si faceva più forte, quando il ragazzo ricordava che a pronunciarle era stato Rukawa. I suoi occhi disperati e rabbiosi. Il corpo della sorella. Eriko e Kaede. Kaede ed Eriko. Quella scena cruenta continuava a martellare prepotentemente la testa di Hanamichi. E intanto tirava la palla con un movimento lento e fluido, ma dentro di sé il sangue ribolliva. Canestro. La palla cominciò a rotolare a terra impregnandosi di fango. Perché da pochi minuti aveva cominciato a piovigginare. Era una pioggia sottile. E silenziosa. Ma il rossino parve non farci caso.
'Rukawa...che avrà pensato di me? Che sono un bugiardo. Non potrebbe pensare altro. Sono solo uno stupido che è bravo a parole, ma che di fronte a i fatti...'
Hanamichi aveva difficoltà a raccogliere la palla. Scivolava fra le sue mani, forse perché era bagnata, o forse perché un lieve tremore aveva iniziato a diffondersi nel suo corpo. Poi riuscì ad afferrarla e con un salto improvviso la gettò nel canestro con violenza, rabbia. Tornato a terra cominciò a respirare affannosamente, come se avesse fatto uno sforzo sovrumano. Uno sforzo per liberarsi di quel peso colmo di peccati.
'...di fronte ai fatti sono scappato come il peggiore dei codardi. Ho lasciato che Rukawa affrontasse da solo quel momento doloroso. Perché? Perché l'ho fatto? È troppo facile...è questo che stai pensando, Rukawa? Facile finché Eriko è allegra e mi tende le mani? Perché nel momento in cui ho assaporato la verità non sono stato in grado di affrontarla...?'
Hanamichi ricordò gli occhi dell'amico pochi istanti prima di quel momento doloroso . La sua voce tremolante che quasi supplicava:
“ Cosa...cosa dovrei fare secondo te?”
' Quelle parole...me le hai dette guardandomi con occhi colmi di disperazione, come se fossero un impercettibile richiesta di aiuto. E io cosa ho fatto?'
Sakuragi tentava un tiro da tre punti. Il terreno era sempre più bagnato. E lui era troppo agitato. La palla questa volta rimbalzò sul bordo del canestro diffondendo nell'aria un fastidioso rumore metallico.
'Ti ho illuso di volerti aiutare...e questo pensiero mi fa diventare pazzo!'
Sakuragi si sentiva polverizzare dal senso di colpa. Aveva abbandonato Kaede. Come aveva fatto la madre. Quella madre che aveva accusato lui e Eriko di essere la sua rovina.
'E di cui forse Rukawa si sente davvero in colpa. Anche se non l'ammetterebbe mai...'
Spezzati ricordi cominciarono a riaffiorare nella mente del rossino. Suo padre che sta male. La rissa con quei teppisti. Il corpo esanime del padre.
'Anche io mi sono sentito per tanto tempo in colpa per la morte di mio padre...e la sento tutt'ora. Io e Rukawa siamo simili. Eppure io nonostante non avessi nessuno di cui prendermi cura ho tentato di uscire dalla disperazione. Sono rimasto solo e da solo ho cercato di reagire. Di farmi forza. E ora quella forza raccolta avrei potuto condividerla con... '
Per un istante ripensò al momento in cui Rukawa stava credendo alle sue parole. Quando gli aveva accarezzato il viso per rassicurarlo.
' “Forse dovremmo condividere insieme tutto questo Rukawa”...gli avevo detto...e lui...'
Rabbrividì nel ricordare il respiro del ragazzo così vicino al suo, i battiti del cuore entrare in sintonia con quelli di Kaede...
'Cosa stava per accadere...? Era forse un...'
“...agi...Saku...KAEDE RUKAWA!”
“ Cos...” Sakuragi liberandosi improvvisamente dei suoi pensieri si voltò di scatto per capire chi gridava quel nome.
“ Mito...?” Il rossino era sorpreso nel trovarsi di fronte il suo migliore amico che gli sorrideva con aria furbesca. “ Ah, ah, ah, Hana. Adesso ti volti solo se ti chiamano Rukawa? Pecchi di presunzione amico!” Esclamò Yohei divertito.
Hanamichi strinse nervosamente la palla fra le mani, ma sorvolò su quell'affermazione.
“ Perché non sei a scuola?” Gli chiese serio Hanamichi.
Mito, mettendosi le mani in tasca si poggiò alla rete al bordo del campo e poi alzò le spalle in segno di noncuranza.
“ Bè, non ne avevo molta voglia. Se mi presentassi troppe volte a scuola penserebbero che sto diventando un bravo ragazzo. Non credi?”
Hanamichi accennò un sorriso divertito. Conosceva bene l'amico, e sapeva quale motivo l'avesse spinto lì. Era preoccupato per lui.
“ Non ti farebbe male un po' di fama da bravo ragazzo. Magari poi riusciresti a trovare una ragazza.”
Yohei rise a quella risposta degna del tensai e capì che forse non era troppo tardi. Guardò il rossino. Era completamente bagnato dalla poggia. Sakuragi si voltò nuovamente verso il canestro e tentò un ulteriore tiro che questa volta andò a segno.
“Sei migliorato in maniera impressionante, eh?” Gli sorrise Mito affiancandosi a lui. Hanamichi lo guardò quasi stupito. “ Tu...dici?”
Yohei non capì se stava parlando sul serio, ma in realtà il rossino era veramente sorpreso.
“ Certo che dico sul serio. Sembri bravo quanto...Rukawa!” Azzardò Mito. Per un attimo temette la reazione del ragazzo, ma Sakuragi a quell'affermazione prima lo guardò negli occhi, poi fissò la palla fra le sue mani.
“ Rukawa?” Ripeté a voce bassa.
Hanamichi continuava a guardare il pallone e si concentrò per qualche attimo, finché tutto intorno a lui divenne vuoto e silenzioso. Come se si trovasse dentro una stanza insonorizzata. Sentiva davvero la forza di Rukawa scorrere nelle sue vene. E quel pensiero gli accelerava i battiti del cuore. Poi improvvisamente un lampo balzò negli occhi del rossino, e fu come ricordarsi di qualcosa di veramente importante.
“ Che diavolo dici, Yohei? Quanto Rukawa? È evidente che il tensai è migliore di quella schiappa d'una kitsune!”.
Mito a quelle parole lo guardò sorpreso. Poi non trattenne una forte risata.
“ Sei tornato in te, Hana!”.
Sakuragi nel guardare l'amico cominciò a ridere anche lui. Una risata liberatoria che rilassò finalmente il suo cuore.
“Yohei...” Disse improvvisamente Hanamichi.
Mito lo guardò con gentilezza.
“ Dimmi...”.
Sakuragi distolse lo sguardo fissandosi sul canestro di fronte a lui. Intanto la pioggia cessava di cadere.
“Ho combinato un casino. E mi sento davvero in colpa. Vorrei rimediare, ma non riesco a capire. Non riesco a pensare cosa devo fare.”Le sue parole erano cariche d'amarezza.
Mito sorrise fra sé e con un lieve tono ironico rispose all'amico:
“ ...perchè? Tu hai mai pensato?”.
A Sakuragi non piacque quella battuta. Gli sembrò davvero fuori luogo.
“Non ho molta voglia di scherzare, Yohei”. Sospirò il rossino. “ Il mio non era uno scherzo. Era un consiglio.” “ Eh? Che intendi?” Gli occhi di Hanamichi si fecero curiosi e stupiti da quelle parole.
Mito sorrise come per rassicurarlo.
“Hana, quando mai tu hai pensato di fare una cosa? Tu non hai mai pensato...”.
Sakuragi non capiva dove volesse arrivare il suo migliore amico.
“...tu hai sempre usato l'istinto. Hai sempre agito seguendo il tuo istinto, seguendo quello che ritenevi più giusto fare. Senza pensarci troppo, anzi, spesso, senza pensarci per niente. E sai cosa penso? Che questa in fondo sia la tua migliore qualità. La tua impulsività.”
Le parole di Mito erano estremamente sincere, non dettate dalla voglia di scherzare, e di questo Hanamichi se ne rese subito conto. Il rossino non rispose subito. Non era più sorpreso. Aveva capito bene cosa intendesse il suo migliore amico. Si soffermò a riflettere.
'...Seguire l'istinto?...in realtà...cosa vorrei fare? Dove mi porterebbe?'
“ Dici che dovrei seguire l'istinto, Yohei?”
Sakuragi guardò finalmente negli occhi il ragazzo, cercando un'ulteriore conferma.
“Certo, Hana! Bè...non che sempre il tuo istinto sia stato provvidenziale e necessario, ma....niente è mai stato irreparabile!”.
Mito sorrideva con grande soddisfazione ed anche Sakuragi aveva cominciato a sorridere per le sue allusioni.
“Bè, se sbagliassi potrai sempre scusarti...Rukawa non è stupido, capirà che hai agito con buone intenzioni!” “Che?” Sakuragi nel sentire quelle parole arrossì vivamente e cominciò a balbettare. “Che...che dici, Yohei? Co-cosa c'entra Ru...”.
L'amico lo guardava con fare furbo e sicuro: in fondo lui conosceva Hanamichi più di chiunque altro.
“ Sei un libro aperto per me, Hana!” Sorrise divertito.
Il rossino capì, non poteva mentire a Mito. Sospirò rassegnato.
“...lo so” Disse con lieve imbarazzo. “Eh, eh, nel peggiore dei casi Rukawa ti prenderà a testate fino a sfinirti!” “Cosa? Non permetterò a quella dannata kitsune di prendermi a testate! Io sono il grande tensai! Ho sempre la soluzione a tutto!” Esclamava Sakuragi con le mani ai fianchi.
“Cosa farai allora?”.
Le parole di Yohei giunsero gentili alle orecchie del rossino, che si soffermò...non a pensare. Ma ad ascoltare. Il suo corpo: poteva sentire come si stesse rilassando, abbandonando. Non era più teso come poco prima. Il suo cuore: poteva sentirne i battiti, che lentamente aumentavano di numero e d'intensità. Sentì qualcosa di simile ad una scarica elettrica pervadergli la schiena, una lieve sensazione di entusiasmo e di fervore. Prima di poter usare la testa e di poterci riflettere, il corpo e il cuore di Sakuragi avevano già deciso. Questo era il suo istinto.
“Vieni a darmi una mano, Yohei?”.
Trascorsero alcuni giorni. Kaede Rukawa era nella stanza di sua sorella nell'attesa che si addormentasse. Il viso di Eriko era visibilmente pallido e i capelli legati ne evidenziavano di più la stanchezza. La ragazzina coricata su un lato dava le spalle al fratello, che le accarezzava la testa quasi con timore. Nell'aria regnava un silenzio confuso. Nessuno dei due fratelli parlava, era come se entrambi volessero dar voce a parole nascoste nel profondo, ma il suono si rendeva sempre più muto nella loro gola. Dal giorno in cui Sakuragi se n'era andato via, né Kaede né Eriko avevano parlato di quello che era successo, e neppure del rossino. Un tacito accordo? Forse. Eppure da quel momento Eriko non aveva più parlato, se non lo stretto necessario. Si era rinchiusa in un vuoto silenzio, non solo della voce, ma anche del corpo. Stava immobile tutto il giorno, come se fosse una bambola, come se non volesse creare alcun fastidio al fratello. E questo Rukawa l'aveva capito. E si sentiva morire. Uccidere dal senso di colpa e di impotenza che lo sovrastavano.
'Non riesco a reagire. Non riesco a comportarmi in diverso modo. Cosa devo fare?È sempre peggio...non ho quella forza, quell'allegria, quel carisma. Non sono come ..lui...Perché non trovo la forza?'
Rukawa accarezzava dolcemente la testa della sorella. Voleva essere più forte, comportarsi con lei come gli aveva detto Sakuragi. Farla vivere. Invece si sentiva privo di forza e di coraggio. Non trovava l'energia per uscire da solo da quella trappola in cui si era rinchiuso con le sue stesse mani. Era il suo carattere. Ed erano i suoi timori. Sapeva che da solo non poteva farcela a cambiare. L'aveva capito quando c'era Hanamichi Sakuragi al suo fianco.
'Quel do'hao. Aveva il potere di farmi credere realizzabile la qualsiasi cosa. lui...mi dava la forza di affrontare la situazione...'
Pochi istanti e poi Rukawa scacciò il pensiero del rossino dalla sua testa.
'Ormai è troppo tardi.'
“Buonanotte, Eriko. Riposati, così domani sarai più in forma per la fisioterapia”. Sussurrò Kaede alla sorella mentre si chinava per darle un bacio sulla guancia; la ragazzina annuì silenziosamente. Nel lasciare la stanza Rukawa fu assalito da un'angoscia lacerante. Succedeva ogni volta che chiudeva quella porta dietro di sè. Ogni volta sentiva di abbandonare Eriko.
'La sto uccidendo con le mie mani...sono un...'
Rukawa stava per dare un violento pugno sul muro quando sentì suonare alla porta. Si bloccò. Suonarono di nuovo.
'Chi diavolo insiste così? Mm, magari è la signora Saeko...'
Il moro fece un profondo respiro e si avvicinò al portone d'ingresso Lo aprì. Tutto il suo corpo si bloccò, e così l'aria che lo circondava.
“Heilà Kitsune! Quanto tempo! Come va?”
Hanamichi di fronte a lui sorrideva allegramente. Rukawa spalancò gli occhi e rimase senza parole. Immobile.
“Bè? Cos'hai visto un fantasma kitsune?” Sakuragi si mise a guardare intorno furtivamente. “Ah, no no, ci sono solo io! Eh eh, il grande tensai!” Il rossino continuava a scherzare.
Rukawa continuava a guardarlo incredulo, senza riuscire ad emettere alcun suono, a reagire in alcun modo. Avrebbe voluto fare il serio, dirgli che cosa ci faceva lì, guardarlo con occhi gelidi e scostanti. Ma lo stupore, la meraviglia furono più forti di lui. Non avrebbe mai pensato che quel ragazzo sarebbe tornato. Hanamichi si mise a ridere un po' imbarazzato.
“ Scusa il ritardo, ma vedi...purtroppo in questi giorni avevo la febbre alta. Em, ho preso troppa pioggia! Eh eh...per fortuna che Yohei mi ha aiutato a preparare la roba altrimenti non ce l'avrei proprio fatta!”.
“R-roba?”. Finalmente Rukawa riuscì a balbettare qualcosa.
Sakuragi si voltò e indicò dietro di lui: a terra c'erano ben tre borsoni colorati. Il moro con molta sorpresa li guardò, poi si voltò da Hanamichi non certo di aver afferrato il concetto che si stava affacciando dentro di lui.
“Che...significa?”Chiese titubante.
Hanamichi scoppiò in una risata stile tensai.
“ Bè...dato che tua sorella ha insistito tanto...e poverina non mi sembrava il caso di darle un dispiacere. Quindi...ho pensato di trasferirmi a casa tua!” “Che?” Rukawa credette di aver capito male.
Era confuso, ma Hanamichi finalmente divenne serio. Osservò Kaede con uno sguardo d'intesa.
“Si.” Disse con sicurezza il rossino. “..hn?” Rukawa non capiva. “Sì è la risposta alla tua domanda dell'altro giorno. È questo ciò di cui voglio prendermi cura.”
Aria, finalmente. In quell'istante il cuore di Rukawa si schiuse da un involucro soffocante, come se venisse avvolto per la prima volta dall'aria di quel mondo. Era come capire di poter finalmente respirare. Quelle parole colpirono nel profondo Kaede che sentì cedere ad una ad una tutte le sue resistenze.
“...perchè?” Chiese leggermente turbato.
Non sapeva più se quello che stava vivendo era reale oppure no. Si sentiva...felice? Non lo sapeva.
“...perchè ho capito che ho una forza dentro di me, che non posso usare solo per me stesso. Che la devo donare e condividere con qualcuno...” Disse con orgoglio Hanamichi.
Rukawa lo guardò un attimo perplesso. Sakuragi sorrise poggiandogli una mano sulla spalla.
“...a parte gli scherzi, Rukawa. Io voglio davvero affrontare questa situazione con te. Io...ti starò vicino. E mi prenderò cura di Eriko...”.
Il ragazzo afferrò le spalle di Rukawa incrociando i suoi occhi ancora sorpresi e forse increduli. Lo guardò con estrema dolcezza.
“...e di te! Non ti lascerò solo, Kaede! Non solo Eriko, ma anche tu...sei molto importante per me.”.
Era il suono libero di sentimenti vivi e pulsanti. Finalmente Hanamichi Sakuragi fece affiorare quelle parole da tempo erranti da qualche parte nel suo cuore, che fino a quel momento avevano tentato invano di liberarsi. Nell'udirle il corpo di Kaede Rukawa fu invaso da una forte emozione. Cercò di parlare, ma non vi riuscì. Questo perché le sue labbra vennero chiuse da quelle di Sakuragi che nello stesso momento lo aveva avvolto in un dolce abbraccio. Rukawa si stupì del gesto, ma poi si lasciò avvolgere completamente da quel tepore. Ogni resistenza scomparve dal suo corpo, permettendogli di ricambiare quel bacio e di sentirsi finalmente accolto, riscaldato, protetto. Per lui che non aveva mai legato con alcuna persona, che non aveva mai mostrato le sue debolezze, che non era mai dipeso da nessuno. Finalmente sull'orlo del crollo, dello sfacelo, aveva ammesso a se stesso di aver bisogno di qualcuno.
“...ripeti...quello che hai detto prima...” Sussurrò Rukawa allontanandosi lentamente dalle labbra di Hanamichi.
Questi lo guardò e d'improvviso fu sorpreso da un forte imbarazzo.
“Baka kitsune! Non te lo ripeto!” Esclamò rosso in viso, distogliendo lo sguardo.
Rukawa sorrise, dolcemente.
“Sei un do'hao!” Sospirò. “Ah, come osi insultarmi kitsune malefica?” Brontolava Sakuragi.
Rukawa ridacchiò fra sé e si sporse fuori per prendere una borsa dell'amico.
“Dai, entriamo, altrimenti ti torna la febbre!” “Ah, molla la borsa, kitsune! Le prendo tutte io!”. Urlava Sakuragi mentre trascinava a fatica le altre due.
La porta si chiuse dietro di loro. E una nuova vita si prospettava al suo interno.
“ERIKOOO! IL TENSAI È TORNATO!!!” “WAAAA!!! HANACHAAAN!!!”
Fine quarto capitolo
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