Disclaimer: tutti i diritti appartengono al loro autore (Nobuhiro Watsuki) e alle case editrici che in Giappone, Italia e in tutto il mondo hanno pubblicato la relativa opera; il seguente racconto è solo opera di fantasia (malata vabbe’, ma pur sempre fantasia  è  ^___^)

e non è stato scritto per nessun scopo di lucro ma solo per puro diletto di chi lo ha ideato e di chi lo leggerà (se qualcuno si degnerà di farlo….  ^.^)

 

Piccole note iniziali: avendo riletto da poco il manga di Kenshin, ed avendo già da qualche tempo alcune ideuzze al riguardo, mi sono detta “perché non scrivere qualche fic su questi due?”  …. In effetti mi è sembrato strano che nessuno finora l’abbia mai fatto qui sull’ysal, visto che almeno secondo me sono una coppia perfetta; non so quanti di voi abbiano letto il manga, ma ci sono molti momenti, episodi ed occasioni in cui Kenshin e Sanosuke dimostrano di credere  e di tenere molto l’uno all’altro, e di avere molta fiducia ed ammirazione reciproca, oltre ad avere un rapporto di amicizia molto intimo… insomma, secondo me sono proprio perfetti insieme!!!!  *______*

Spero che la fic vi piaccia e anche se così non fosse fatemi comunque sapere

Buona lettura!!!!!   ^_______^

 


 


 

 

L'attaccabrighe

 

di Rumiko

 

 



 

Era incredibile. Semplicemente incredibile. Gli si stava presentando un’occasione straordinaria: l’occasione della sua vita. Gli avevano chiesto di combattere con un uomo, come al solito dietro pagamento, ma stavolta non con uno qualsiasi: stavolta si sarebbe scontrato con Battosai, proprio quel Battosai, uno di quei samurai ambiziosi che avevano massacrato la sua amata Squadra Rossa - quella che lui aveva da sempre considerato come la sua vera famiglia, la sua casa, il posto in cui far sempre ritorno ogni volta - e trucidato il suo adorato comandante Sagara, dopo averli trattati come falsi membri dell’esercito ed averli meschinamente usati come capri espiatori per coprire le loro menzogne e la loro ingorda sete di denaro e di potere....

Ed ora aveva la possibilità di vendicarsi di loro, battendo il più forte tra tutti, il più terribile, il più temuto: il suo animo ardeva e tutto il suo essere si sentiva come in fiamme al solo pensiero, tanto che quella notte quasi non riuscì a dormire per l’eccitazione e la sete di vendetta che ora più prepotentemente che mai era tornata a farsi strada in lui: aveva l’impressione che tutti quegli anni di lotte e di risse erano serviti a renderlo più forte nel corpo e nello spirito solo per quell’unico momento della sua vita, solo per lo scontro con l’uomo più forte del Giappone....

 

 

La mattina dopo, ebbe però una sorpresa, non seppe nemmeno lui se sgradita o meno, nello scoprire l’identità del tanto famoso assassino: era quel ragazzo che aveva conosciuto il giorno prima e che lo aveva piuttosto colpito ed incuriosito, quando lo aveva incontrato nella taverna dove di solito andava a mangiare  - a scrocco, dato che era in debito eterno con la proprietaria – ed insieme a lui erano riusciti in qualche modo a salvare il locale e la proprietaria da alcuni fastidiosi individui.

A pensarci bene, forse prima di tutto lo aveva colpito l’aspetto quasi femminile del ragazzo in questione, aspetto però che allo stesso tempo sembrava nascondere tutt’altro, poi dai suoi modi gentili: infatti, aveva notato come avesse salvato di proposito la ragazza che era con lui dall’oggetto che era stato scagliato in direzione di lei, prendendo la botta al suo posto; infine, anche il suo sguardo gli era sembrato che avesse un che di speciale, così dolce, sincero, e premuroso.... ma mai avrebbe detto che dietro quello sguardo si celasse il tremendo Battosai... ad ogni modo, sul momento quel ragazzo gli era parso in qualche modo interessante e si era preoccupato per lui, chiedendogli se la ferita alla testa  fosse grave e proponendogli poi un’amichevole rissa con lui, ovviamente gratuita, cosa che raramente faceva, e lo faceva solo con chi gli piaceva davvero, e quel ragazzo in qualche modo gli era piaciuto fin dal primo istante, e anche se aveva cortesemente rifiutato la proposta lui si era augurato dentro di sé di poterlo rincontrare al più presto, da qualche parte.... ed ora era lì, di nuovo davanti a lui, come Battosai.... strani davvero, i casi della vita, pensò ironicamente tra sé e sé….

 

 

Anche Kenshin era stato in qualche maniera colpito dal ragazzo moro, dalla sua determinazione, prontezza di riflessi e dalla sua forza, ma anche dalla sua simpatia e disinvoltura, nel momento in cui gli aveva proposto di fare una rissa, in modo tanto spontaneo e amichevole; inoltre lo aveva incuriosito l’ideogramma che aveva notato sulla sua schiena: l’ideogramma di “cattivo”, col quale il ragazzo sembrava volersi identificare… ma lui non aveva affatto creduto che potesse essere veramente un malvagio, e dopo quel primo incontro, mentre l’altro se ne andava, Ken lo aveva seguito a lungo con lo sguardo incuriosito e luminoso di un bambino che fa le sue prime meravigliose scoperte nella vita: chissà, magari si sarebbero rincontrati, e lo strano ragazzo avrebbe anche potuto diventare un buon amico…

 

 

Rimase quindi anche lui sorpreso nel percepire, quel giorno, quello stesso spirito combattivo avvicinarsi alla palestra Kamiya, e quando se lo trovò davanti lo accolse subito con gentilezza e con un sorriso rassegato, col quale voleva fargli capire che non era intenzionato a battersi con lui.

La vera sorpresa però doveva ancora arrivare e lo colpì quando il moro gli rivelò di aver saputo che il samurai che aveva davanti era Battosai Himura….

 

 

….Battosai Himura…. la scuola Mitsurugi Hiten… assassino…. samurai vagabondo… queste parole continuavano a rimbombare nella testa di Kenshin, che di fronte all’altro si sentiva ormai come quasi del tutto a nudo e non poteva pensare che anche lui, che invece avrebbe voluto rincontrare come amico, aveva saputo della sua vera pesante identità passata… ed ora avrebbe dovuto scontrarsi anche con lui, nonostante avrebbe voluto fare tutto il possibile per evitarlo… ma non era da lui indugiare troppo, quindi si riprese subito dalle sue elucubrazioni e prima di iniziare lo scontro, volle esprimergli ciò che pensava di lui, chiarire dei dubbi sul suo modo di comportarsi e di agire, perché non capiva come mai uno come lui, che aveva dimostrato di detestare chi maltrattava i deboli facesse l’attaccabrighe e portasse l’ideogramma di  “cattivo” : gli sembrava tutto così assurdo e contorto, e voleva sapere chi fosse in realtà quel ragazzo, perché stesse buttando via così la sua vita, quando invece avrebbe potuto fare molto per tante persone…

 

 

Sanosuke Sagara fu colpito dalle parole di  quello che ora era, suo malgrado, il suo avversario: gli riportava alla mente troppi ricordi dolorosi, e fu sul punto di cedere e raccontare tutto, ma liquidò la domanda del samurai con un “lasciamo stare!”, e tornò ad insistere per iniziare lo scontro; anche se all’apparenza si mostrava calmo, il sangue gli ribolliva nelle vene e le mani gli prudevano sempre più man mano che il tempo passava, e per diverse ragioni: perché aveva di fronte il più forte samurai ambizioso, per la sete di vendetta, per i tanti tristi ricordi che proprio grazie al suo avversario erano riaffiorati dal suo passato… e solo con un combattimento avrebbe potuto mettere a tacere tutto e placare la sua agitazione e la sua rabbia, che esplose quando urlò con ferocia che era proprio il samurai assassino colui che tra tutti avrebbe voluto abbattere dal profondo del cuore.

 

 

Kenshin rimase colpito dalla rabbia di quelle parole, ma non solo: ne fu anche ferito, perché in quella rabbia aveva anche scorto tanta tristezza e sofferenza, e alla fine capì che l’unico modo per dare pace all’animo di quel ragazzo e aiutarlo era combattere, e decise dunque che non si sarebbe tirato indietro.

 

 

 

… mal di testa… ricordi confusi… una lotta violenta, come se fosse stata l’ultima della sua vita, quella  per la sopravvivenza, e poi qua e là memorie di frasi dette e pensate….

 

Fra me e lui non c’è confronto … non posso vincere….  

Rassegnazione.

 

“Basta così…smettiamola con questa battaglia insensata! Non voglio più puntare la mia lama verso di te! Accetta umilmente la sconfitta!”

Un invito.

 

Comandante Sagara…la Squadra Rossa…

E poi, rabbia.

“Non mi farò sconfiggere! Non posso assolutamente farmi sconfiggere!”

 

Dopo che la Squadra Rossa è stata annientata, sono diventato  un attaccabrighe e ho dedicato tutto il mio tempo alle risse! Mentre lottavo riuscivo a dimenticarmi di tutto!

Il dolore che ritornava.

 

“Ora con la mia forza posso abbattere il più forte samurai ambizioso della restaurazione!”

Un grido. Per mettere a tacere tutto il resto.

 

“La tua forza non può abbattermi!”

Uno sguardo deciso, spietato quasi.

 

E poi… la spada spezzata… altri colpi…

“Sei proprio massiccio! Sei il primo uomo che non cade, dopo aver incassato i Lampi del Drago… però immagino che adesso tu ti regga in piedi a malapena! Vado a chiamare un medico, aspettami qui!”

 

No.

“Non ancora! Non è ancora finita! Non sono ancora caduto! Non sono ancora sconfitto!”

Ancora determinazione.

“In nome di Sagara e della Squadra Rossa… anche se dovessi morire, non potrei mai farmi sconfiggere da un samurai ambizioso!”

Ancora rabbia, ancora sete di vendetta, nelle sue parole.

 

Poi, la svolta… un ultimo colpo, un ultimo, banalissimo pugno, per lui come uno schiaffo dato ad un bambino troppo capriccioso, e quella frase…

“La Squadra Rossa ti ha insegnato ad abbattere i samurai ambiziosi? Oppure a compiere la restaurazione?”

… e altre ancora…

“…la gente che ha veramente bisogno di trovare un po’ di felicità è ancora nell’epoca antica, dove i deboli vengono schiacciati! Perciò, per quel poco che mi è possibile… vorrei aiutare quella gente usando la mia spada a lama invertita!”

“…in questo modo penso di risarcire le vittime della restaurazione Meiji… E’ un modo per risarcire la gente uccisa dall’assassino Battosai… è così…”

 

La sua schiena, carica di chissà quanti e quali pesi, e dolori…

 

E finalmente, la consapevolezza…

E’ come… il comandante Sagara, che ha combattuto sognando una nuova epoca… questo samurai è uguale al comandante….

 

… e il senso di colpa…

Invece, io ho perso la speranza e ci ho rinunciato!

Volevo dimenticare tutto andandomene in giro a provocare risse…

Perdonami, comandante Sagara…

 

L’incontro col suo sguardo limpido, onesto e così preoccupato per lui…

… sono stato totalmente…

… ed infine, la rassegnazione, quella vera, e la pace dello spirito, da tanto cercata ed agognata..

... sconfitto da lui….

 

 

 

“Sconfitto…”, fu la prima parola che gli venne in mente appena riprese coscienza di sé, e nel pronunciare quella parola portò una mano a coprirsi gli occhi, per la vergogna che ancora provava… ma poteva dirsi davvero vergogna? Il semplice aver ritrovato sé stesso, e la propria strada?

Fu interrotto nelle sue riflessioni dal lieve respiro di qualcuno nella stanza in cui l’avevano portato e medicato, si girò e alla sua destra vide disteso, su un altro futon, quello che era stato il suo avversario… e colui che allo stesso tempo lo aveva salvato dalla brutta piega che la sua avita aveva preso: lui non c’era riuscito con le proprie forze in ben dieci anni, e quell’uomo che ora dormiva sereno accanto a lui gli aveva fatto cambiare idea e modo di pensare in un solo giorno…

Lo osservò meglio: pur nella penombra, poteva comunque distinguere i lineamenti del suo viso, rivolto verso di lui, l’espressione di tranquillità e di totale abbandono che aveva mentre dormiva, i lunghi capelli sciolti, le labbra socchiuse, sulle quali si soffermò più a lungo, e il leggero kimono, che lasciava sensualmente scoperta parte del suo petto…

 

sensualmente?  Ripeté stupito tra sé e sé… possibile che quell’uomo, dopo avergli cambiato totalmente la vita in pochissime ore, adesso gli facesse anche quell’effetto?

Era davvero troppo, e non era ancora pronto anche per quello: doveva allontanarsene al più presto, per pensarci e rifletterci… o tentare di non pensarci più, affatto…

Cercò quindi di riprendersi e di allontanare lo sguardo che a lungo aveva indugiato sulla figura distesa vicino a lui, e lentamente, senza far rumore, sgattaiolò via, fuori dal futon, da quella stanza, dalla palestra Kamiya Kasshin…

 

 

Il giorno dopo Kaoru, non trovando più Sanosuke nella stanza a lui assegnata, era uscita di casa a cercare informazioni e più tardi in mattinata, mentre era in giro per compere con Kenshin e Yahiko, disse loro che aveva saputo che il ragazzo era stato ricoverato con una prognosi di tre mesi. Kenshin, dal canto suo, aveva in volto un’espressione tremenda: nella notte si era accorto della inaspettata fuga di Sanosuke, ma stavolta non aveva tentato di fermarlo perché, si era detto, non potevano costringerlo a stare dove non voleva e poi doveva avere i suoi motivi , e loro non avevano alcun diritto di interferire… ma la cosa non lo aveva di certo lasciato tranquillo, e sperava di rincontrare il ragazzo al più presto; magari sarebbero potuti andare a trovarlo, uno di quei giorni…

All’improvviso, sentì un terribile frastuono provenire dalla solita taverna, vide due persone volar fuori e sfondarne la porta… poi udì una voce ormai familiare: “Accidenti, non c’è nessun problema se qualche ubriaco vuole attaccare briga con me… ma vorrei che almeno lo facesse dopo essersi allenato ed essere diventato un po’ più forte!”

 

Era lui!

 

“Zanza!” lo chiamò Kenshin, entusiasta  e ben lieto di rivederlo in piedi e tutto sommato, in buono stato di salute. Dopo alcune battute proprio sulle sue condizioni fisiche, Kenshin notò che il ragazzo moro aveva ancora quell’ideogramma sulla schiena; la cosa lo colpì, e temette che nulla fosse cambiato in lui dopo la violenta lotta del giorno precedente, e che potesse tornare sulla cattiva strada, ma le parole del più giovane lo tranquillizzarono, quando alla fine gli disse: “ … per verificare se tu sei diverso dai finti samurai ambiziosi… d’ora in poi ti seguirò sempre, finché non avrò le prove!” , e ancora: “Adesso sono soltanto l’attaccabrighe per diletto Sanosuke Sagara! Così come tu non sei più l’assassino Battosai! E così, senza il mio permesso non puoi vagabondare! Hai capito? Kenshin?”

Ken ne fu molto contento: quel ragazzo ormai era davvero cambiato, aveva capito, e non vi sarebbero stati più rischi; le sue parole, il suo sguardo lo avevano colpito, e dal momento in cui aveva iniziato a rispondergli non aveva distolto i suoi occhi da lui per un solo istante: erano stati come incatenati l’uno all’altro… aveva avuto l’impressione che in quei pochi istanti fossero esistiti solo loro due, e il mondo intorno fosse scomparso… aveva avuto la sensazione che con quelle parole il ragazzo avesse voluto dire molto, molto più di ciò che potesse sembrare… una promessa, una qualche… confessione, forse?

 

 

Che scusa stupida che aveva trovato! Per restargli accanto poi, quando invece solo la notte prima si era ripromesso di sfuggirgli il più possibile….

“… d’ora in poi ti seguirò sempre… senza il mio permesso non puoi vagabondare…”

Mentre si allontanava da Kenshin, le sue stesse parole gli rimbombavano in mente: erano proprio tanto sembrate come una promessa, una forma di confessione, una sorta di imposizione… o piuttosto erano state il frutto del timore di perdere di nuovo e per sempre, ancora una volta – come era stato per il comandante Sagara – l’uomo che gli aveva salvato la vita, riaperto gli occhi, e così semplicemente mostrato di nuovo la retta via?

Non lo sapeva, ma sapeva che aveva trascorso il resto della notte precedente insonne, nella sua baracca, a pensare agli eventi della giornata, a riconsiderare tutto di sé stesso e delle sue idee… e poi, quell’immagine di Kenshin abbandonato al sonno, che non lo aveva lasciato in pace un solo attimo… e aveva deciso che no, non poteva fuggire così, come… come… non sapeva neanche lui dire come: insomma, non poteva e non doveva scappare solo per una cosa del genere!! Anzi, avrebbe dovuto tentare di stargli più vicino, per capire, o per lo meno per tentare di capire cosa ci fosse di tanto strano che non andasse in lui, o in quello che gli era sembrato di aver provato quella notte… vicino a Ken.

 

 

Nel tardo pomeriggio, si presentò dunque di nuovo alla palestra Kamiya, e quando Kaoru gli aprì, gli disse che Kenshin stava per fare il bagno e che stavano scaldando l’acqua da versare nella tinozza che si trovava nella stanza del samurai, aggiungendo allegramente che se li avrebbe aiutati nelle operazioni, avrebbe potuto usufruire anche lui di un bel bagno caldo.

Sanosuke si trattenne per poco dall’inghiottire rumorosamente, nel tentativo di ricacciare al suo posto  il cuore che gli era finito in gola, e senza dare a vedere le sensazioni che lo avevano investito, raccolse tutto il suo coraggio e accettò l’offerta: fare il bagno con Ken…

cominciamo bene… pensò ironicamente tra sé e sé.

 

Quando entrò nella stanza, vide Kenshin già intento a versare i primi secchi di acqua bollente nella tinozza; il samurai lo accolse con un ampio e dolce sorriso, e fu contento nell’apprendere da Kaoru che per quella sera avrebbe avuto compagnia: sarebbe stato divertente come andare alle terme o ai bagni pubblici, e Sano a quell’affermazione non poté che sorridere  nel vedere il samurai con in volto un’espressione felice come quella di un bimbo.

 

Ben presto la tinozza fu piena al punto giusto di acqua calda, e i due vi si immersero, dopo essersi separatamente cambiati dietro un paravento, ed essersi annodati degli asciugamani in vita.

E parlarono tranquillamente come due amici di vecchia data, di tutto e di niente: del tempo, di come avevano trascorso la giornata… e quando passarono poi a lavarsi, Kenshin notò che Sano aveva qualche difficoltà ad arrivare alla schiena: a causa dei lividi e del dolore che forse ancora un po’ provava, vide che non gli era facile e che i suoi movimenti erano un po’ impacciati. Prese dunque il panno dalle mani dell’ ormai amico, che gli stava dando le spalle, e gli disse gentilmente: “Lascia, ti aiuto io…”

Sano subito fu sorpreso, ma poi pensò che questo poteva essere benissimo uno dei tipici gesti di Kenshin, una sua piccola premura, come tante altre elargite a chissà quante altre persone: di sicuro aveva notato la sua piccola difficoltà nei movimenti e attento come era, aveva voluto rendersi utile… pensava a tutto ciò mentre  seduto ad occhi chiusi godeva beatamente del tocco delle mani di Ken sulla sua pelle: un tocco leggero e… fresco, gli sembrava, tanto quelle mani erano delicate e leggere come piccole ali di farfalla, e le dita così sottili e affusolate, che se non l’avesse conosciuto, mai avrebbe pensato che fossero in grado di brandire una spada, e con quale terribile abilità… poi, accompagnata a quei tocchi e a quelle carezze, c’era anche l’immagine stessa di Kenhin di pochi istanti prima: i capelli sciolti e umidi che gli accarezzavano tutta la parte visibile del sottile ma allo stesso tempo ben formato corpo, e di nuovo quel petto, così… così… invitante… e quelle labbra… emise inconsapevolmente un sospiro di piacere, ancora sotto l’effetto dei massaggi, poi quando se ne rese conto cercò di ritornare un po’ in sé, si voltò verso Kenshin, interrompendolo e prendendo un altro panno pulito dal bordo della tinozza, cercando di simulare tutto ciò che gli si stava agitando dentro, e con voce più naturale e normale possibile gli disse: “Voltati, ora faccio io”

Passò un lungo sguardo tra i due, a cui però entrambi non seppero dare un vero e proprio significato, ma Kenshin acconsentì: gli diede le spalle, e Sano iniziò le sue operazioni; prima di tutto raccolse con una mano i lunghi e morbidi capelli di Ken e glieli scostò da un lato, sopra la spalla destra, aiutato dal samurai che per facilitarlo aveva chinato il capo, mostrandogli la sensuale nuca: già con quel semplice movimento con quella piccola parte resa così esposta a lui, per Sano fu terribilmente difficile resistere e desistere da una qualsiasi reazione, ma riuscì comunque a controllarsi e procedette oltre…

Iniziò a passare con le sue ampie mani il panno lungo tutta la schiena di Ken, in lenti movimenti, per percepirne ogni muscolo, ogni forma, ogni piccolo particolare, indugiandovi a lungo, e quando ebbe fatto abbandonò il panno per fare quello che Ken non aveva fatto: iniziò, quasi inconsciamente, a massaggiarne ogni minuscolo centimetro con le sue dita, ad accarezzarne ogni parte con i suoi palmi, finché non cedette al bisogno e all’impulso di volere di più.

Cominciò quindi ad accarezzare, lentamente e con gesti sensuali, anche i fianchi dell’altro ragazzo, salendo e scendendo in un suadente invito a lasciarsi andare, mentre iniziava anche a depositargli dei lievi baci e leggere lappate alla base del collo.

Ken, in un primo momento stupito, aveva poi iniziato anche lui a lasciarsi andare: aveva in qualche modo intuito che sarebbe andata a finire così, tra loro due… era un profondo conoscitore dell’animo umano e la sua esperienza gli aveva insegnato a riconoscere cosa celasse una persona dal solo semplice sguardo… e nelle ultime volte che aveva incrociato quello sguardo aveva percepito quel  qualcosa di diverso negli occhi di Sano, lo aveva immaginato.. ed ora stava succedendo, e lui gli si era totalmente abbandonato… era così piacevole… ed era da così lungo, troppo tempo che non stava tanto bene come ora con qualcuno….

Sano, ormai reso più sicuro dall’abbandono con cui Ken si lasciava accarezzare e corteggiare, iniziò a risalire con una mano lungo il torace dell’altro e con l’altra verso il basso, e mentre raggiungeva la virilità del compagno, provocando in lui un lieve fremito, lo invitava girare il capo vero di lui, per dare inizio ad un lento e sensuale bacio, in cui le loro lingue si incontrarono, si vezzeggiarono e danzarono calde e morbide l’una nell’anfratto dell’altro.

Durante il bacio, entrambi i loro sessi si erano risvegliati, e Sano abbandonò quello di Kenhsin, invitandolo tacitamente  a voltarsi verso di lui.

Ken si girò e gli si mise a cavalcioni; si guardarono di nuovo intensamente ancora per un istante, l’azzurro immerso nella notte più buia, prima di riprendere a baciarsi profondamente e, come in un muto accordo, a sciogliersi reciprocamente gli asciugamani che ancora avevano in vita: non appena libere, le loro erezioni vennero a contatto, e ciò provocò un sussulto in entrambi, che soffocarono i loro gemiti nell’intimo bacio che ancora si stavano scambiando.

Quando lo interruppero, Ken si strinse di più a Sano e portandogli le braccia al collo gli aderì con tutto il suo  corpo, affondando il viso nel suo collo, mentre Sano gli accarezzava la schiena e gli afferrava i glutei con un gesto improvviso e deciso che portò a sbattere i loro membri e fece mugolare i due ragazzi.

Ma a Sano non bastava: no che non bastava, ora che sapeva che lo avrebbe avuto per sé e solo per sé… risalì con le mani e tenendo possessivamente stretto a lui Ken con un braccio intorno alla vita, con l’altro iniziò a scendere di nuovo lungo la schiena, di nuovo fino ai glutei, percorse il solco che li separava e ne cercò l’intimità nascosta; la trovò, e cominciò lentamente a violarla con un dito, facilitato dal fatto che erano in acqua: infatti sentì Ken fremere di solo e puro piacere, e muoversi per andargli incontro, e dunque comprese che non doveva temere di fargli male. Aggiunse quindi un altro dito al primo e continuò quell’esplorazione, sotto i movimenti ipnotici e lievi di Ken, che in quel modo sembrava volergli chiedere di più e sempre di più… e lo ebbe, quando Sano raggiunse finalmente un punto più in profondità, che al primo tocco lo fece sussultare, gettare indietro la testa e socchiudere le labbra.

Sano colse quell’invito, e tornò a divorare quella bocca, a cercare quella lingua, che prontamente gli rispose, e mentre continuava a stimolare con tocchi sempre più rapidi e ritmati l’interno del compagno, Ken fece una cosa per l’altro inaspettata: senza interrompere nulla di quanto stavano  facendo, con una mano scese al di sotto della superficie dell’acqua, fino ai loro sessi, ormai durissimi e congestionati, tesi e desiderosi di soddisfacimento, li avvolse insieme ed iniziò a masturbarli.

All’inizio i movimenti  furono lenti, poi quando Sano cominciò a spingere più violentemente e profondamente in Ken, anche la mano di questi rispose muovendosi più velocemente, stringendo ancora di più fra loro le eccitazioni, portandole  ancora di più allo spasmo e alla tensione, su e giù, su e giù per tante, infinite volte, mentre continuavano anche i sempre più sincopati movimenti delle dita di Sano in lui, avanti e indietro…

Ken era preso da tutte quelle stimolazioni dentro e fuori di lui, e Sano dai loro baci, dalle lappate che a volte giusto per riprendere fiato si scambiavano separando per poco le loro bocche, dai mugolii di Ken, dallo sciabordare aritmico dell’acqua ai loro violenti  ed ininterrotti movimenti… finché non giunse, finalmente, liberatorio, il tanto agognato orgasmo per entrambi, e vennero insieme, gemendo e con rochi versi di godimento, il loro seme che si mescolava e si dissolveva nell’acqua, così come a loro parve di essersi dissolti l’uno nell’altro… e abbandonati l’uno all’altro rimasero per un bel po’, anche dopo che i loro respiri e i battiti dei loro cuori si erano regolarizzati, finché l’acqua non divenne completamente fredda, ed iniziarono a percepirne le conseguenze, quando furono colti dai primi brividi.

Staccarsi però non fu facile, non dopo la profonda intimità che avevano condiviso, ma in qualche modo riuscirono ad allontanarsi l’uno dall’altro, ed in quel momento ci fu per Ken la sorpresa: si sentì all’improvviso sollevato da terra, e si accorse che era stato Sano a prenderlo con un braccio dietro le spalle e l’altro sotto le ginocchia, sorridendogli.

Ken gli sorrise di rimando, ma non fece in tempo a dire nulla che si trovò, bagnato come era, subito disteso sul suo futon con un divertito Sano che lo baciò  delicatamente e gli disse, ancora sorridendo ma stavolta con sguardo malizioso: “Dove credevi di andare? Mi sembrava di essere stato chiaro, ricordi? Senza il mio permesso non puoi vagabondare…”

Ken gli sorrise di nuovo e ricambiò il bacio che venne e tutti quelli  dopo ancora, mentre Sano gli si stendeva sopra, facendo tornare a contatto i loro corpi ancora bagnati e approfondendo di volta in volta sempre più l’incontro delle loro bocche: le lingue tornarono a cercarsi e a danzare, a scivolare l’una sull’altra, a fuggire e a rincorrersi, mentre le mani tornarono ad accarezzare e a desiderare ancora la pelle prima accaldata e ora fresca e umida del compagno. I membri tornarono a sfregarsi l’uno sull’altro e lentamente a risvegliarsi, finché Ken, durante un altro profondo bacio, non li fece stringere ancora di più l’uno all’altro, scendendo con le mani lungo la schiena muscolosa e imperlata di Sano e afferrandone le rotondità : se era ciò che voleva, Sano lo avrebbe accontentato.

Il moro si sollevò quindi dall’amante, e dopo un leggero bacio, scese con la bocca, la lingua e le labbra lungo tutto il corpo di Ken, raccogliendo le goccioline d’acqua ancora rimaste su quella invitante pelle, ed ammirando il suo compagno nel fiducioso abbandono in cui era, con i capelli ancora sciolti, umidi e sparsi sul cuscino, a coronare un volto le cui iridi azzurre iniziavano a velarsi di sottile piacere  e le cui labbra erano appena schiuse da lievi  sospiri e mugolii… scese fino a raggiungere il sesso, che vezzeggiò e corteggiò anch’esso maliziosamente e languidamente con la bocca, la lingua e le labbra, fino a farlo risvegliare completamente.

Continuò con quei gesti e quei baci, e con lappate lungo tutto il membro, anche mentre con due dita tornava ad intrufolarsi nelle profondità del compagno, incoraggiato ed invitato da costui a procedere con delle lievi carezze sui suoi morbidi capelli neri.

Ken poi iniziò anche ad andare incontro a quelle stimolazioni, inarcandosi verso la bocca dell’amante e andando verso le sue dita, con movimenti lenti, leggeri e ondulatori, girando il volto da un lato, chiudendo gli occhi, gemendo e mordendosi le nocche della mano libera. Sano comprese che ora il ritmo dei suoi gesti e dei suoi movimenti era quello giusto da usare, e fu attento a mantenerlo costante, finché sentì tra le sue labbra il sesso di Ken indurirsi ancora di più, vibrare e pulsare, desideroso di una conclusione, e decise che stavolta avrebbe dato al suo amante di più, molto di più.

Avendolo preparato a lungo, non ebbe paura di fargli male: estrasse le dita dal caldo canale e le sostituì sospirando di soddisfazione col proprio membro, anch’esso duro  e teso per le scene a cui aveva assistito, che lentamente si aprì la strada attraverso le infuocate, strette ma al tempo stesso accoglienti pareti interne del ragazzo sotto di lui. Poi il moro si fermò un attimo per riprendere fiato e guardare Ken, che al suo ingresso aveva emesso un lungo verso di piacere all’unisono col moro e lo aveva cercato per un bacio, stretto nel suo abbraccio.

E mentre il bacio continuava, approfondendosi sempre di più, interrotto soltanto da qualche breve pausa nella quale però non separavano mai le loro bocche più del minimo necessario, Sano si spingeva sempre più in profondità  nel suo compagno, con movimenti che ben presto divennero veri e propri colpi, sempre più calibrati e mirati, diretti verso quel punto, che sapeva,  dava tanto piacere al suo amante.

Se la loro unione all’inizio era stata lenta e dolce, ora Ken, di nuovo, sembrava volere di più, sempre di più, e Sano iniziò a spingere con maggiore forza e violenza verso quel punto, mentre il sesso di Ken e tutto il suo corpo ora in fiamme come quello dell’amante sobbalzavano sotto le sue spinte, e la sua bocca lo cercava continuamente, vogliosa e famelica, mentre da essa uscivano al contempo rochi gemiti e versi che riversavano l’uno nell’altro e che si fecero più forti quando finalmente, dopo alcuni colpi più violenti di altri lo spadaccino venne, riversando il proprio sperma tra di loro, quasi insieme all’attaccabrighe che si svuotò in lui, stimolato dai versi del compagno e dalle contrazioni del suo bollente e fremente anfratto.

Ora esausti, finalmente appagati, stettero abbracciati per altri lunghi istanti, fino a quando Ken, ripresosi dal dormiveglia che lo aveva colto, aveva iniziato ad accarezzare l’ampia schiena di Sano e lo aveva chiamato, sussurrando, per nome.

“Mmh?” rispose l’altro, ripresosi un po’ anch’egli, e sollevato lo sguardo verso l’amante.

“…mi sa che veramente non vagabonderò più… per un lungo periodo di tempo…” concluse, sorridendo e accogliendo con quel sorriso l’ultimo leggero bacio che l’attaccabrighe gli diede, prima che si riaddormentassero di nuovo entrambi tra le braccia l’uno dell’altro.

 

 

 

FINE