NOTE: I pg non mi appartengono e li uso senza permesso. Oltretutto non ho utilizzato i nomi del manga ma quelli del cartone animato perché con quegli altri mi confondo troppo! Chiedo scusa.
La Tigre parte XXII di Dhely
Mark cercò in tutti i modi di distogliere lo sguardo da Ed. Era una cosa che lo infastidiva, di più, gli dava quasi fisicamente fastidio.. Ed stava sistemando i vestiti nella sacca. Preso sarebbe partito e con lui molti altri della squadra e la cosa gli dispiaceva, certo.
Ma non si poteva preparare una valigia in quel modo! Ed non piegava assolutamente nulla, ficcandolo appallottolato nella sacca, senza degnare la cosa di uno sguardo. Come se fosse *normale*.
A Mark non era mai piaciuto il disordine e il caos faceva proprio fatica a tollerarlo: di fronte a quegli atteggiamenti si domandava sempre cosa avesse potuto far divenire amici lui ed Ed. Condividevano molte, moltissime cose, ma di certo non *quella*..
Sbuffò allungandosi sul suo letto, guardando fuori il cielo che lentamente si scoloriva, segno di un pomeriggio ancora pieno di sole ma le cui ombre si allungavano senza possibilità di errore.
“Allora Mark?”
“Allora cosa?”
“Sei insopportabile! – un sorriso di finto sdegno – Ma smetti di non darmi mai retta! Che avrai da guardare fuori dalla finestra, poi, se hai la possibilità di guardare me!”
Mark sbuffò ma non si sentiva seccato.
“Mi spieghi perché abbiamo dovuto perdere una sera della nostra vita per andare a salutare il primo ministro e la moglie, e tutta quella gente ?”
“Perché siamo una squadra importante, ormai, Lenders!”
“Oh, già, dimenticavo, che abbiamo perso..”
“Sei sempre troppo caustico! I bookmakers ci davano per sconfitti alla terza partita. Chi ha scommesso su di noi ha guadagnato un bel po’.
Un’occhiata di sbieco. “E tu che ne sai?”
“Lo sai che io *adoro* scommettere!”
Warner rise. Rideva spesso, soprattutto negli ultimi giorni. Era un bel suono.
Buttò di lato la sacca e si guardò intorno, spalancando le ante dell’armadio, ficcando le mani nei cassetti, prima di lasciarsi andare a un suono sospirato, quasi malinconico.
“Ho preso tutto, sono pronto.”
Mark si voltò verso di lui e annuì piano.
“Parti domattina, dunque è sicuro.”
Ed gli si sedette accanto.
“Sinceramente avevo poco da scegliere: anche io devo tornare a casa, ogni tanto, e poi c’è la mia squadra che mi aspetta e.. e un paio di cose da sistemare..”
“Non mi sembri entusiasta.”
“Certo che no! Mi fanno partire all’alba!”
Mark lo fissò a metà tra lo stupito e lo scettico.
“Ma se il taxi arriva alle dieci e mezza!”
“Appunto! Non ti pare presto?! Sono in vacanza! E quando uno è in vacanza non si sveglia prima di mezzogiorno.”
“Sei tutto matto, Ed.”
Da Ed, che ora gli dava le spalle, giungeva solo un sussurro soffocato: una risata inghiottita o forse pensieri troppo rumorosi che facevano le capriole e spingevano e premevano per uscire. Mark sollevò una mano e gliela posò sulla schiena: una specie di carezza immobile, un contatto che poteva, doveva parlare, a modo suo.
Il portiere lo lasciò fare, come sempre.
“Sai, ci sono parecchie cose che non ho avuto il tempo di dirti.. nei ritiri è sempre così; credi che due mesi di vita comune forzata facciano esaurire qualunque argomento di conversazione, e invece arrivi alla fine e ti accorgi di non aver detto le cose più importanti. “
Si voltò appena a fissare Lenders che, coricato come prima, ora però aveva il volto girato verso di lui, e lo guardava, interessato. Non un sorriso, che Lenders sorrideva poco e sicuramente non con soluzione di continuità, ma attenzione, e un riverbero tiepido nel fondo di quelle iridi scure e belle.
Ed adorava i suoi occhi, così profondi e insieme aperti e il suo viso, tanto particolare ed attraente.. non elegante.. ma non c’era nulla di elegante’ in Mark. Almeno nulla dell’eleganza solitamente intesa. C’era fascino e poi chissà che altro, che stava così bene accoppiato al suo caratteraccio che tutti, prima o poi se ne accorgevano.
Di solito accadeva ‘prima’.
Un piccolo ghigno gli sfuggì dalla labbra, divertito.
“Io credo proprio di averti detto anche *di più* di quello che avrei dovuto, portiere! Sei tu che rimani indietro!”
Ed ringhiò qualcosa e si allungò, di scatto, verso il suo letto: preso il cuscino glielo lanciò addosso. Mark però sapeva cosa attendersi e occorsero dieci minuti buoni prima che i due ragazzini che erano ritornati ad essere la finissero di rincorrersi per la stanza, saltando sui letti, spargendo piume di guanciali ovunque, colpendosi, facendosi gli sgambetti, inciampando sulle valigie pronte lasciate in corridoio, strappando lenzuola, cortiletti, federe..
“Che disastro..”
“Colpa tua, portiere, come al solito!”
Ed si sedette pesantemente, di nuovo, sul letto di Mark. Schiena contro schiena, respirando pesantemente. Proprio come se fossero due bambini e non due atleti allenati a sopportare di peggio. Ed si ritrovò a sorridere pensando che difficilmente qualcuno avrebbe potuto sopportare di ‘peggio’ che un Mark scatenato con un cuscino di piume in mano pronto a fartela pagare per un paio di parole di troppo scappate chissà come mai dalle labbra in un momento di euforia tipo, di fronte a decine di ministri e mogli di ministri e centinaia di cronisti e miliardi tra fotografi e cameraman affermare ‘oh, è Lenders quello che se ne intende di reporter..’ oppure: ‘sì, sì, ha proprio ragione, qualunque portiere dovrebbe guardarsi le spalle quando c’è Lenders nei paraggi..’
Non aveva detto nulla di male! Era solo la verità!
Gli venne da ridere di nuovo, tirò indietro il capo appoggiandosi del tutto alla schiena di Lenders. Era bella e ampia, forte. Ti faceva sentire.. sicuro, anche se Ed non aveva mai sentito il desiderio di essere protetto. Però era piacevole. Bello. Gradevole.
Era bello chiudere gli occhi e stare lì. Immobile, a sentire il respiro di Lenders e il suo che si torcevano allo stesso ritmo.
“Sai che ho un ragazzo?”
Dal suo fiato, dal lievissimo movimento dei muscoli sotto la maglietta Ed cercò di intuire una risposta che gli parlava di stupore.
“Uno serio? *Tu*?!”
“Bhè, sì. – sollevò le gambe, appoggiò i piedi sul letto. – Perché puoi essere solo tuo quello che si prende le randellate da innamoramento matto e furibondo?”
Un attimo di silenzio poi Mark scosse il capo.
“Non ho detto che tu non potessi innamorarti, ho detto che mi stupisco che tu abbia in piedi una storia seria.”
“Non è ancora seria, Lenders, lo diventerà appena glielo dico..”
“Ah, interessante.. e sei sicuro che il tizio in questione ti dirà di sì?!”
Sarcastico. Lenders che stava diventando sarcastico?! Il mondo doveva proprio andare all’incontrario!
“E chi mi potrebbe dire di no?! – si mise in ginocchio obbligando Lenders a stendersi sotto di lui, supino. Gli si stese addosso e si trovò felice del fatto che, guardandolo negli occhi, così da vicino, era chiaro che Mark stesse sorridendo. – Oh andiamo Lenders! Lo sai benissimo che su certe cose sono un fifone quanto te! Non rischierei mai un rifiuto secco! Questo tipo mi viene dietro da un sacco..”
“E chi sarebbe? Uno della tua squadra?”
“Oh sì, tu non lo conosci. E’ uno nuovo, hanno preso l’altr’anno. La nostra ala destra.. – un sospiro, appoggiò la fronte nell’incavo del collo di Mark – Abbiamo.. mhm .. giocato un po’ anche noi. Ero convinto che questo ritiro mi avrebbe fatto bene, per chiarirmi le idee su di lui e su .. su quello che stavamo facendo. E, in effetti, dopo aver sentito dell’evoluzione storica dell’incontro/scontro Lenders-Price, in effetti..”
“Ma la pianti di tirarmi sempre in ballo, portiere?!”
Non era arrabbiato.
Ed rise baciandolo su una guancia. Si lasciò passare le braccia intorno alle spalle. E gli permise pure di avanzare l’ipotesi che lui non fosse così leggero come sembrava.
“Ti tiro in ballo perché mi hai fatto ammattire per due mesi! E solo perché sei un idiota che non sa gestire i suoi rapporti interpersonali.”
Mark sbuffò.
“Posso accettare questo discorso da chiunque, ma non da te, Ed! Da quando ne sai qualcosa di..”
“Di rapporti interpersonali?! Io ne so abbastanza da riempirci libri! – rise di fronte alla faccia stupefatta di Mark. A volte il loro capitano sapeva essere così buffo..- Al contrario di *te*..”
“Farò finta di non aver sentito.”
Ed lo baciò sulle labbra.
Gli piaceva il suo sapore, il suo calore, sentire quel corpo contro il suo. Gli piaceva stare lì, fra le sue braccia, gli occhi negli occhi, e così vicini come si sentivano dentro. Accanto. Uniti.
“Mi piacerebbe che tu lo conoscessi anche se so che non ti piacerà. Danny dice che non lo sopporta. E non oso immaginare la tua reazione.”
Mark sollevò appena un sopraciglio.
“E’ così male? O è solo una crisi di gelosia?”
“Io opto per la seconda ipotesi, sai com’è sempre stato possessivo Danny.”
“Bhè, se non piace a Danny per questo.. – un piccolo sospiro – vuol dire che può diventare una cosa davvero seria. E temo che non piacerà neppure a me.”
Ed rise.
“Per prima cosa ne sono felicissimo perché temo che, al contrario, tu gli piacerai un casino. Ho sempre avuto ottimi gusti. – un altro piccolo bacio – Secondo: sono lusingato che sei geloso di me..”
“Sei uno scemo, portiere, fattelo dire!”
“Me l’hai già detto! Allora quando sarà la prossima volta che rimetterai piede in Giappone?! Non vedo l’ora di fartelo conoscere..”
“Mha, non saprei.. devo..”
“A meno che .. – Ed si tirò seduto con il viso illuminato da un’idea folgorante che l’aveva preso lì su due piedi – Ma sai che cosa favolosa?! Se mi dice di sì gli propongo un viaggio romantico in Italia e veniamo noi a trovarti! Tanto a casa tua ci saranno due letti in più, no?!”
Mark fissò Ed per un lungo istante, stupito e interdetto insieme. Sbatté le palpebre un paio di volte, aspettandosi una risata che mostrasse che Ed stava scherzando. Quando fu consapevole che Ed stava facendo sul serio si portò le mani sugli occhi con uno sbuffo melodrammatico.
“Warner, sei *davvero* idiota! Come ‘vieni a trovarmi’?! Ma sei fuori?! Fossi in lui ti mollerei un istante dopo questa tua malsana proposta!”
“E perché? Siamo amici! E l’Italia è..”
“Lascia perdere l’Italia! Ma se stai facendo una specie di ..”
“Viaggio di nozze.. sarebbe una cosa così.. oh, Mark non sarebbe dolcissimo?!”
Mark mosse il bacino di scatto, facendolo scivolare giù dal letto. Un tonfo sordo suggerì il contatto del fondoschiena di Ed con il pavimento, accompagnato da un lamento molto poco ortodosso.
“Fortuna che tu sei quello esperto di rapporti interpersonali, e non io..”
“Ma sei… - uno sbuffo seccato, poi si mise in piedi, tendendosi sulla schiena – Ma che ti salta in testa? E che male ci sarebbe?!”
“Ed..”
“No, tu adesso mi devi spiegare che ci sarebbe di male! Sei mio amico!”
“Ehm, Ed..”
“Insomma, ok, a volte andiamo a letto insieme ma non sei un .. un amante! Un amante è un’altra cosa! Non sai distinguere la differenza?!”
“Ed..”
“Guarda che io posso venire a letto con te ma non vuol dire che..
“Hai intenzione di ascoltarmi o vuoi continuare il tuo insulso monologo?”
Uno sguardo un po’ arrabbiato. Ed strinse le braccia sul petto ronfando un ‘ non era insulso’ ma non aggiunse altro.
“Intendevo dire che anche se io sono daccordissimo su quello che hai appena detto, è scontato che .. che il tuo ‘futuro fidanzato fisso’ la pensi in maniera lievemente differente.”
“E’ uno con del cervello, lui! Non è un insulso troglodita..”
Mark non lo lasciò finire. Prese Ed per la vita e lo fece rotolare al sua fianco, sotto di sé, e lo fece tacere con un nuovo bacio.
Warner poteva avere tanti difetti, ma sicuramente era una creatura con uno spiccata propensione a fare a pezzi ogni minuscola remora gli capitasse di avere nel cervello, soprattutto quando era nei pressi di Mark. Liberò le gambe e gliele avvolse intorno alla vita, lo strinse con forza, strusciandoglisi addosso, poi rise nel sentire i denti della Tigre scendergli lungo il collo, in una tortura conosciuta che teneva il piacere in equilibrio con il solletico. Una volta era stato così crudele che l’aveva fatto piangere dalla frustrazione, solo con il tocco di quelle sue dannatissime labbra sulla pelle morbida, e qualche pizzico leggero di quei denti.
Quando Mark si staccò da lui, dovette aprire gli occhi, e cercò di assumere un’espressione lievemente offesa. Per quanto ci potesse riuscire.
“Credo che anche la persona più ‘avanti’ di questo universo, se ci vedesse così non potrebbe mai sospettare che siamo due amici che si stanno solo salutando dopo una lunga lontananza. – sorrise appena, un ghigno sghembo, divertito – Non pretendere troppo dal tuo nuovo ragazzino..”
Ed si rabbuiò.
“Questo vuol dire che.. che se ci vediamo non lo possiamo più fare?!”
“Ohssignore Ed! – Mark si mise seduto e tirò su Ed con lui. Si ritrovarono seduti, uno in grembo all’altro. – Stai diventando noioso e appiccicoso!”
“Ti piacerebbe, eh, tigre!? Oh andiamo! Cosa sono queste storie!”
“Sto solo dicendoti che quando siamo da soli possiamo fare quel che ci pare, ma non puoi pretendere di portarti dietro il tuo ‘ragazzo’ e magari pretendere di farlo alloggiare da me se appena mi vedi mi salti addosso!”
“Io?! *Io* non ti sono *mai* saltato addosso! Sei tu che non sai trattenerti!”
Mark rise.
“Ma come si fa a discutere con un idiota come te?!”
E continuò a ridere. Caso strano, rarissimo: Mark rise per più dei cinque secondi che erano il suo record personale in quella specialità da almeno vent’anni.
Ed lo fissò un po’ stranito e si trovò anche lui a sorridere. Lo abbracciò, semplicemente, posandogli il capo sulla spalla, lasciando che le sue mani si intrecciassero sulla sua schiena.
“Me lo chiedo anche io, a volte, cosa farei senza di te..”
Mark divenne silenzioso, gli sfiorò i capelli con lentezza e delicatezza. Con un attenzione di cui faceva sfoggio solo rarissime volte.
“In effetti la tua vita sarebbe così vuota..”
Sorrisero di nuovo, entrambi, ma nessuno dei due si staccò dall’altro.
“E tu dove andrai? Tornerai subito in Italia?”
Un momento di silenzio, il respiro che diventava il battito ritmico di quel cuore forte che faceva scivolare il sangue sotto la pelle tiepida. Come un attimo che si attacchi con le unghie a quell’istante presente vissuto per dilatarsi all’infinito, per divenire tutto, in un attimo, e inglobare ogni domanda, ogni risposta, ogni cosa i sé. In una presenza palpitante e immobile, viva e immota. Una contraddizione realmente esistente.
“No, non credo. Ho ancora un paio di settimane almeno prima di dover preoccuparmi della ripresa degli allenamenti e cose simili. E’ vero – il tono scese leggermente –a Torino avrei qualche .. qualche ‘cosa’ da sistemare. Ma credo che possano aspettare tutti quanti. Ho bisogno di una vacanza.”
“Dove andrai, hai già deciso?”
“No, ma ho dato disposizioni al mio manager: riposo, nessuno intorno, niente calciatori, portieri, giornalisti, niente rompiscatole, né tv, né giornali..”
Ed sollevò il capo di scatto fissando Mark negli occhi, con un sorriso.
“Che palle, Mark!”
“Appunto! Voglio annoiarmi a morte.”
“Mhm .. ma sei sicuro che vuoi andarci da solo? Non vuoi..”
“Hei! – gli posò un dito sulla fronte e lo obbligò a piegare indietro il capo con quella semplice pressione – Non voglio nessuno tra i piedi. E lo sai che in questo periodo i portieri, nella mia personale lista nera, vengono appena dietro i reporter, no?”
Ed sorrise.
“Poi sono io quello matto, vero?”
Un sorriso in risposta, e un abbraccio che fu semplicemente .. dolce.
Un addio e un arrivederci insieme. Il tocco, quel tocco che era loro da così tanti anni che Ed non avrebbe più potuto separarsi da lui senza .. senza ‘quello’.
Avrebbe voluto dirgli di non inficcarsi in un casino come quello, che fra due anni ci sarebbero stati i giochi asiatici e la Nazionale doveva arrivarci in forma. Avrebbe voluto ricordargli di scegliersi gli amanti, o le persone da frequentare con un po’ più d’attenzione perché, se non era così grave che la loro tigre si innamorasse, lo era se andava in crisi per un idiota figlio di puttana come ‘quello là’. Avrebbe voluto fargli presente per la trecentesima volta che lui era lì, e che per Ed Warner troppo spesso contavano più gli amici che tutto il resto, e lui era un suo amico, e gli voleva bene, ed aveva sofferto moltissimo per quello che aveva dovuto passare e s’era sentito in colpa perché.. perché gli era stato lontano, perché non aveva saputo che fare, perché non aveva fatto niente di utile.
Gli voleva bene, e voleva che fosse felice.
Meritava di essere felice.
Ficcò le dita nella sua maglietta e se lo strinse addosso. Non si stupì nel sentire Mark cedere quasi subito, permettendogli di fare ciò che voleva. La stretta sapeva diventare anche dolorosa, ma non cambiava niente, né dentro né fuori loro.
Erano amici.
Erano legati.
Erano insieme da così tanto che ora nessuno dei due sarebbe stato in grado di spezzare il legame. E Mark era ritornato forte, sicuro, forse un po’ più maturo, ma sicuramente quella persona che Ed avrebbe potuto riconoscere fra mille, anche ad occhi chiusi. E Ed forse aveva trovato, o lo stava facendo, una sua dimensione stabile, un porto sicuro in cui far fermare, almeno per un po’ il suo cuore: ma era sempre lui. Era sempre Ed. Ed era sempre lì. Con Mark.
Alle sue spalle. Accanto. Vicino.
Anche se i loro corpi stavano a mille miglia di distanza.
Si sciolsero lentamente da quell’abbraccio, quando guardarsi negli occhi, ora, era ritornare a riconoscersi, era comprendere qualcosa che si poteva solo percepire. Sorrise, Mark, nell’udire un lieve bussare alla porta.
Ed sbuffò un ‘avanti’ ma Lenders scosse il capo.
“E’ bello che tu sia arrivato proprio ora, Danny. – disse. Il ragazzo più giovane lo fissò stupefatto. Teneva in mano una lettera e gli fu strappata via dalle dita dal suo capitano senza neppure una domanda. La carta che si faldava e dentro la busta: biglietti aerei. Mark lesse la destinazione e si strinse nelle spalle. Quando sollevò gli occhi su di loro aveva una strana espressione: era serio, ma i suoi occhi erano caldi, e morbidi come quando aveva un annuncio privato e importante da fare, come quando manifestava la sua fiducia in quel modo, con un’occhiata e magari un sospiro lievemente differente.. e sorrideva come solo Mark sapeva sorridere. Non con le labbra ma con gli occhi, non col viso ma col cuore, che era una fornace ardente e profonda. – Vi voglio bene.” |