PARING: RuHana
RATING: PG
DISCLAIMER: I personaggi sono del maestro T. Inoue...non miei
La Tata
parte II
di Koa-chan
Rukawa
chiuse la cartellina verde, sistemando ordinatamente al suo interno tutti i
fogli. Guardò l’orologio, erano le sei e mezza passate, i suoi figli avevano
l’abitudine di cenare per le sette, ma lui non mangiava mai insieme a loro. Il
più delle volte si tratteneva al lavoro fino a tarda ora, vedeva i suoi figli
solo per colazione, ma anche allora ci scambiava poche parole, ma era sicuro,
anzi sicurissimo, che le cose presto sarebbero cambiate. C’era qualcosa in
quello strano ragazzo dai capelli rossi che lo lasciava inquieto, quel
Sakuragi aveva qualcosa di magnetico, si era stupito non poco quando gli aveva
rivelato di essere omosessuale, aveva letto nei suoi occhi la paura di un
rifiuto che, l’aveva intuito, doveva essere l’ennesimo, Rukawa però non aveva
nessun pregiudizio, soprattutto perché anche lui aveva i suoi stessi gusti.
Si era sposato a soli diciassette anni, età in cui si era trasferito in
America, suo padre aveva combinato un matrimonio con la figlia di un ricco
imprenditore americano e lui non si era opposto. Sebbene Juliet fosse una
bellissima ragazza, dai modi molto fini e raffinati, lui non ne era
innamorato, aveva dormito nel suo letto solo per i primi mesi del matrimonio,
le aveva dato un figlio e cinque anni dopo, su pressione dei suoi genitori
gliene aveva dato un secondo. Juliet era morta già da quattro anni, subito
dopo il parto per delle complicazioni a cui i medici non erano riusciti a far
fronte. La sua morte lo lasciò del tutto indifferente, odiava quella donna, la
detestava, perché lo teneva prigioniero in un matrimonio senza amore, ma
soprattutto la odiava perché lei era a conoscenza dei suoi gusti sessuali, più
di una volta l’aveva trovato a letto con un uomo, mai uno fisso, non si era
mai innamorato di nessuno, solo amanti occasionali, solo delle comparse
protagoniste di un’ora di passione.
Non conosceva i suoi figli e non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva
tenuto in braccio Marc, non lo faceva per cattiveria, ma tutte le volte che li
vedeva si ricordava della prigione in cui era caduto, della sua sessualità
repressa e del ricatto di sua moglie, quindi si teneva il più alla larga
possibile da loro. Marc e James passavano gran parte del loro tempo con la
tata, che non aveva mai preteso niente da lui, ora però Kaede Rukawa non era
più tanto sicuro che le cose sarebbero rimaste come lo erano state fino ad
ora.
Si alzò dalla scrivania ed uscì dalla stanza dopo aver spento le luci ed aver
chiuso la porta a chiave e andò in cucina a cercare Mito, il suo maggiordomo e
il suo tutto fare. Yohei in casa faceva di tutto: cucinava, puliva, si
prendeva cura del il giardino senza lamentarsi mai di niente. Anche lui era
orientale. Erano cresciuti insieme, il padre di Mito serviva i Rukawa da molti
anni prima della sua nascita e Mito, fedele al suo amico d’infanzia, gli era
rimasto accanto dopo la morte della moglie, occupandosi lui di tutto.
“Mito!” lo chiamò Kaede entrando in cucina. Il ragazzo, intento a preparare la
cena, si voltò verso il suo padrone.
“Ha finito di lavorare?” chiese il maggiordomo riprendendo a cucinare.
“Nh, la tata dov’è?”
“Ah, intende Hanamichi, è in camera sua, ha detto che l’aspetta.”
“Bene.”
“Lo sa, ha fatto davvero un’ottima scelta!”
“Hai avuto modo di conoscerlo?”
“Sì, è una vera forza della natura, non vedo l’ora di vederlo al lavoro con i
bambini.”
“Nh, tra quanto è pronta la cena?”
“Per le sette, come al solito, i bambini sono in salone gli ho detto di
aspettare lì.”
“Sì li ho visti entrando.” Rukawa salì le scale che dalla cucina conducevano
al piano superiore e bussò nella stanza di Sakuragi.
“Avanti!” disse una voce calda, Kaede aprì la porta e trovò Hanamichi a petto
nudo intento ad abbottonarsi la camicia.
“Non volevo disturbare.”
“Nessun problema, mi sono incespicato con questi stupidi bottoni!” Hanamichi
teneva lo sguardo basso fisso sui bottoni, alzò lo sguardo solo per un
istante, Rukawa vide i suoi occhi sorridenti e le guance leggermente
arrossate, il moro si imbarazzò a vederlo così, era davvero bellissimo.
Finito di vestirsi, il rosso, si rivolse al proprio capo con un ampio sorriso,
l’imbarazzo sembrava sparito e le sue guance non erano più arrossate. Rukawa
se ne dispiacque, gli piaceva vederlo arrossire
“Sono pronto!” esclamò felice, Rukawa rimase a fissarlo, quel ragazzo emanava
un'allegria immotivata.
“Sta bene?” chiese avvicinandosi
“Nh” mormorò Rukawa facendo strada.
I due entrarono in salotto, dove i due bambini aspettavano come gli era stato
detto. Il piccolo Marc dai capelli scuri e dai grandi occhi azzurri, in tutto
e per tutto simili a quelli di suo padre, sedeva composto su una delle
poltrone, mentre il più grande James, dai folti capelli biondi e dagli occhi
verdi, correva per tutta la stanza brandendo un attizzatoio del camino.
“James!” tuonò Kaede, il più piccolo sobbalzò e spaventatosi si rannicchiò su
se stesso, mentre il maggiore si fermò di colpo e, voltatosi verso il padre,
si accorse finalmente del giovane dai capelli rossi.
“Lui è Hanamichi, si occuperà di voi al posto di Miss Clarke.”
James osservò attentamente il nuovo venuto e gli si avvicinò con fare
minaccioso.
“Vedi di non darmi fastidio!” ringhiò all’indirizzo di Sakuragi.
“Ma tu guarda! Non sapevo che ci fosse un cane da guardia così piccolo e
carino! E dimmi un po’ bel cagnolino perché non dovrei darti fastidio?”
“Ecco…pe…perché…perché….”
“Avanti dimmelo, se non lo so come faccio poi a non darti fastidio? Perché se
non sei sincero poi io potrei darti fastidio per caso senza accorgermene e non
mi piace quando faccio del male a qualcuno inconsapevolmente. Mi è successo
una volta; ricordo da bambino, una ragazza aveva una cotta per me ma io non me
n'ero accorto e ho continuato a prenderla in giro. Lo facevo solo per scherzo!
Un giorno, un mio amico mi disse che lei piangeva di nascosto a causa del mio
comportamento ed io ci rimasi malissimo! Non voglio ripetere lo stesso errore.
Perciò devi essere sincero e dirmi in che cosa io non devo infastidirti!”
stordito dalla marea di parole uscite dalla bocca della tata, James mollò
l’attizzatoio e si sedette silenzioso sul divano. Sakuragi si voltò verso
Rukawa e ammiccò mormorando un “Funziona sempre!” che lo lasciò ancora più
basito di quanto già non fosse.
Subito dopo, molto cautamente, Hanamichi si avvicinò al piccolo Marc;
s’inginocchiò a terra di fronte a lui e lo guardò regalandogli un ampio
sorriso.
“Ciao, io sono Hanamichi!” disse dolcemente, il bambino rassicurato dal suo
sorriso ed attirato dal rosso acceso dei suoi capelli, gli si avvicinò
scivolando in avanti. Allungò una manina ed afferrò una ciocca di capelli,
tirandola con forza.
“Non tirargli i capelli!” tuonò serio Rukawa, ma Sakuragi lo fermò con un
gesto della mano.
“Non faccia così, va tutto bene, lo deve fare, è il suo modo di approcciarsi a
me, è attirato dal colore dei miei capelli, ringrazi che si comporta così!”
Marc mollò la presa sui capelli rossi e si soffermò a guardare lo sconosciuto.
“Come ti chiami?” gli chiese.
“Marc.” sussurrò il bambino con voce impercettibile.
“E quanti anni hai?”
“Quattro e mezzo!” disse con una punta d’orgoglio che non sfuggì alla nuova
tata. Bene: il piccolo era timido, ma aveva la sua personalità, sarebbe stato
più facile del previsto.
“Ti va se passiamo un po’ di tempo insieme io e te?” il bambino annuì e
sorridente Hanamichi si rialzò tendendogli la mano. Il piccolo però aveva
altri progetti, alzò il viso e tese entrambe le mani verso il rosso pregandolo
di prenderlo in braccio. Rukawa stupito da quel gesto sgranò gli occhi, da
quanto aveva appreso da Miss Clark, Marc non si faceva toccare da nessuno,
figurarsi se pregava per farsi prendere in braccio.
Hanamichi lo prese in braccio ed il piccolo guardò in basso ridendo del fatto
di trovarsi così in alto, il rosso fece poi qualche passo verso James, che lo
guardava senza riuscire a distaccare gli occhi da lui.
“Hai fame James?”
“Sì, ma chiamami Jim!”
“Jim?” chiese stupito mentre il bambino gli afferrava la mano.
“Esatto come Jim Morrison!”
“Jim Morrison!? Ma sai almeno chi è?”
“Sì! La signora Clark ascoltava delle sue canzoni.”
“Hai capito la signora Clark….”
“Però di qui non si va in cucina.” osservò James
“Infatti andiamo a lavarci le mani.”
“Non voglio!” si lamentò il bambino piantandosi sul posto.
“Oh se vuoi mangiare con le mani sporche e se ti va di ingoiare microbi e
germi orripilanti fa pure.” il bambino lo ascoltò attentamente e poi parve
rifletterci.
“Davvero?! Succede questo se non mi lavo le mani?”
“E non ti ho detto tutto! Una volta da piccolo non mi sono voluto lavare le
mani e mi è venuto un mal di pancia che non ti dico! Così non ho potuto
mangiare il dolce al cioccolato che la mamma aveva preparato!”
“Allora dobbiamo lavarcele subito, non mi piace il mal di pancia!” disse James
trascinando Hanamichi verso il bagno.
Rukawa osservò la scena esterrefatto. Sakuragi aveva avuto un impatto sui suoi
figli che non si sarebbe mai immaginato. Per tutto il pomeriggio aveva cercato
d’immaginarsi la scena, temeva di dover mettersi ad urlare con James, ed
invece non ce ne era stato bisogno. Meglio così, non avrebbe dovuto faticare
più di tanto. Si avvicinò all’armadietto con gli alcolici, girò la chiave e
fece per afferrare una bottiglia di Burbon, quando la voce di Sakuragi lo
distolse dal suo intento
“Beh lei che fa, non viene?”
“Come?” chiese stupito.
“Ho detto, non viene a lavarsi le mani?”
“Io?”
“C’è solo lei in questa stanza.”
“Devo venire a lavarmi le mani?”
“Ma è sordo?! Forza venga! I bambini non vedono l’ora e hanno anche una gran
fame quindi forza, muoversi!” sempre più sconvolto, Kaede seguì il trio nel
bagno adiacente al salone.
Sakuragi fece largo a Rukawa che, dubbioso, si avvicinò al lavandino.
“Non si è mai lavato le mani in vita sua? Coraggio!”
“Che do’hao!” sussurrò impercettibilmente mentre, imbarazzato, si versava un
po’ di sapone liquido su una mano. Alzò lo sguardo su James, che gli tendeva
una mano aspettando che ne versasse un po’ anche a lui. Padre e figlio insieme
si lavarono le mani, sotto lo sguardo soddisfatto di Hanamichi. Quando i due
ebbero finito, Sakuragi aprì l’acqua calda, prese Marc da sotto le ascelle e
lo avvicinò al rubinetto.
“Forza Marc!” lo incitò, mentre il bambino s’insaponava le manine per poi
sciacquarsele per bene.
“Adesso siamo belli puliti, contenti?”
“Sì!” urlò James, mentre un timido, “Sì.” usciva dalla bocca del fratellino.
“Io però non sono ancora soddisfatto.” borbottò la nuova tata.
“Dobbiamo lavarci qualcos’altro?” chiese con innocenza James.
“No, dobbiamo spogliare il tuo papà!”
“Spo… spogliare?!” balbettò Kaede spaventato.
“Esatto! Che ne dite bambini? Leviamo al papà quella giacca orribile e quella
cravatta stretta?”
“Sì!” urlarono i due in coro,Hanamichi si avvicinò a Kaede, gli tolse la
giacca e poi con l’aiuto di Marc, balzato di nuovo tra le sue braccia, gli
slacciò la cravatta, sbottonandogli i primi bottoni della camicia.
“Si alzi quelle maniche, stia un po’ meno rigido, non vorrà che i suoi figli
pensino che il suo viso sia congelato!” Sakuragi sciolse i polsini della
giacca e sollevò le maniche fino al gomito.
“Abbiamo fatto un bel lavoro” osservò guardando prima Kaede e poi i bambini.
“E adesso andiamo a mangiare!!” proclamò ad alta voce come se fosse un capo
banda.
Più tardi quella stessa sera, dopo aver messo i bambini a letto, Hanamichi
fece ritorno in salotto e si lasciò andare su una poltrona.
“Stanco?” chiese Mito mentre faceva ordine nell’armadio degli alcolici.
“Un pochino, il trasloco è stato faticoso.”
“Dovrebbe andare a riposare.”
“Prima vorrei parlare al signor Rukawa. Sa dov’è?”
“Sono qui.” disse Kaede a bassa voce, entrando in salone. Teneva tra le mani
un bicchiere di whisky con ghiaccio.
“Ogni tanto me ne concedo uno.” continuò il moro facendo trillare il ghiaccio
contro il cristallo del bicchiere.
“Ne gradisce uno?” domandò Mito voltandosi verso il rosso
“Non bevo, grazie.”
“Mi voleva parlare?” chiese Rukawa lasciandosi andare su una poltrona.
“Sì, dei bambini. Sono davvero meravigliosi e decisamente meno problematici di
quel che credevo.”
“Davvero?” chiese Rukawa scettico alzando un sopracciglio, aveva sempre
sentito dire cose ben diverse sui suoi figli.
“Certo! Sono bambini normali, sono solo un po’ soli e tristi, ma c’è rimedio a
questo. C’è solo una cosa che mi preoccupa.”
“Sarebbe?” chiese Kaede sorseggiando il suo drink.
“Hanno paura di lei.”
“Non ho mai alzato un solo dito su di loro se è questo che sta insinuando!”
“Oh, lo so bene! I suoi non sono certo bambini maltrattati… il problema è che
lei non ha nessun rapporto con loro, i bambini la vivono come un estraneo,
sanno che è il loro padre, ma sanno anche che lei non c’è mai.”
“Io lavoro anche per loro.”
“Ma lo fa soprattutto per se stesso, non menta con me!” a sentire quelle
parole Rukawa si alterò e la sua maschera di ghiaccio si incrinò facendo
trasparire i suoi sentimenti.
“Non sono qui per giudicarla, ma devo per forza di cose cambiare questa
situazione e lei dovrà collaborare” lo avvertì la tata.
“In che modo?” chiese Rukawa rilassandosi, in fondo Sakuragi sembrava sincero
e aveva un modo di fare e di parlare con lui che lo tranquillizzava. Non lo
aveva giudicato, non lo aveva lodato e non aveva cercato d’ingraziarselo in
nessun modo, anzi sembrava fargli di continuo critiche costruttive. Rimase
quindi ad ascoltarlo, fermamente deciso a collaborare con lui. Così aveva
deciso e così avrebbe fatto.
Sakuragi parve quasi divertito dalla situazione. Gli sembrava incredibile ma
aveva in pugno quell’uomo, avrebbe potuto approfittarsi di lui, per quella
volta si limitò a qualcosa di soft per far sì che si adattasse alle nuove
regole.
“Colazione e cena tutti insieme. Sempre e ogni ora libera sarà tutto per loro,
ovviamente quando non sono a scuola, e poi voglio che lei non indossi la
giacca e cravatta quando sta con i bambini.”
“Perché?”
“Perché è la sua divisa da lavoro. I bambini sanno che quando li indossa sta
lavorando e potrebbero pensare che lei stia insieme a loro solo per dovere e
non per affetto, potrebbero arrivare a pensare seriamente che non li ama.”
“Ho capito”
“Si può fare?”
“Credo di sì!”
“Perfetto! E un'altra cosa: Marc. Siamo già ai primi di Ottobre, ma credo che
all’asilo lo prenderebbero ugualmente.”
“Lo vuole iscrivere?”
“Devo! Farò passare alcuni giorni, lascerò che il piccolo si fidi di me, è
vero che si è lasciato prendere in braccio, ma la fiducia non si costruisce in
poche ore. Poi lo porterò all’asilo e quando lo farò sarà proprio lui a
chiedermi di andarci tutti i giorni, è meglio però che lei ne stia fuori per
il momento. Col passare del tempopotrà andarlo a prendere o portarcelo.”
“Mi fido di lei. Domani la mia segretaria le farà avere le pagelle di James
dello scorso anno.”
“A proposito, cos’è questa storia di Jim Morrison?” a quelle parole Mito
scoppiò in una fragorosa risata.
“Miss Clark aveva dei gusti strani ultimamente.” spiegò il maggiordomo.
“Sarà!” commentò Sakuragi alzandosi.
“Vado a letto, ci vediamo domani mattina. Ah, dimenticavo! Signor Rukawa, i
suoi figli sono cresciuti bene, nonostante tutto!” detto questo il rosso sparì
su per le scale.
“Che intendeva dire?” chiese Mito, osservando la figura del nuovo arrivato
salire sinuosamente le scale.
“Nh.” abbozzò il padrone di casa, lasciandosi andare sulla poltrona.
“Che ne pensa di lui?” chiese il maggiordomo curioso.
“Che è un idiota, ma sa quello che fa!” rispose Kaede serio.
Fine Secondo Capitolo
* una piccola nota: Non sono laureata in pedagogia né in qualcosa di simile, è
quindi possibile che nei metodi educativi che Hanamichi propone ci siano degli
errori madornali...
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