DISCLAIMER: I personaggi
sono del maestro T. Inoue...non miei
NOTE: AU
La Tata
parte I
di Koa-chan
Hanamichi Sakuragi si guardava attorno sperduto, tra le mani
teneva saldamente un bigliettino bianco con segnato l’indirizzo che doveva
trovare. Non conosceva quella zona, New York era una grande città e lui ci si
era trasferito da poco. Controllò l’orologio mentre i passanti lo guardavano
incuriositi; la sua altezza non passava certo inosservata, come il rosso
acceso dei suoi capelli. Si stava facendo tardi e quel giorno doveva
assolutamente essere puntuale: da quel colloquio poteva dipendere la sua
permanenza nella grande mela, se non avesse trovato un lavoro il prima
possibile, sarebbe dovuto tornare a casa, i soldi a sua disposizione stavano
finendo. Si decise quindi a chiedere aiuto. Avvicinò un poliziotto
mostrandogli l’indirizzo e questi, molto gentilmente, lo accompagnò a
destinazione. Una volta arrivato, ringraziò l’agente e, facendosi coraggio,
suonò il campanello.
Una voce gentile e garbata gli chiese chi fosse e lui
altrettanto educatamente si presentò
“Sono Sakuragi Hanamichi, sono qui per un colloquio di lavoro con il signor
Rukawa”
“Entri pure” rispose la voce dell’uomo. Subito dopo il cancello si aprì ed
Hanamichi entrò.
Era una villa signorile, non eccessivamente grande, ma già
dall’esterno si vedeva chiaramente l’eleganza di quella casa; l’intonaco
bianco latteo e gli infissi chiari finemente decorati davano alla facciata
un’apparenza di candore; il vialetto lastricato di fine porfido rosso, era
adornato da cespugli di rose ben tenuti; il prato tagliato all’inglese pareva
dipinto ed ovunque sorgevano fiori e statue in marmo raffiguranti eroi greci.
Hanamichi si guardò attorno estasiato, non aveva mai visto un giardino così
bello; il colore vivo del prato e la bellezza ed il profumo delle rose; la
magnificenza di quelle statue dalla parvenza così perfetta, tutto quello gli
ricordava vagamente quei sontuosi palazzi imperiali dell’Europa dell’ottocento
che aveva visto sui libri di storia.
Appena raggiunse la porta, un uomo vestito in giacca e cravatta
gli aprì accogliendolo con un inchino
“Buongiorno” disse timidamente
“Prego, si accomodi.” Hanamichi constatò dalla voce che era lo stesso uomo che
gli aveva risposto al citofono e che in realtà era solo un ragazzo più o meno
della sua età
“Lei è il signor Rukawa?” chiese
“Sono il maggiordomo.” precisò questi.
“Come le ho detto avevo un appuntamento per un colloquio.”
“Il signor Rukawa la sta aspettando, mi segua” il maggiordomo gli fece strada,
percorrendo un piccolo corridoio arredato con quadri e divani, fermandosi solo
il tempo necessario per farlo accomodare su uno di essi. Hanamichi ubbidì,
mentre l'uomo spariva dietro l'ampia porta in mogano che concludeva quella
sala d'attesa.
Sakuragi osservò in silenzio la sontuosità dell’arredamento, la
carta da parati di un giallo paglierino colorava i muri, i quadri appesi gli
trasmisero una punta di malinconia. Guardandosi attorno Sakuragi parve
ripensarci, quella dimora gli trasmetteva tristezza, come avrebbe fatto a
vivere in un posto del genere, era così diversa dalle case in cui aveva sempre
vissuto, i suoi pensieri però vennero interrotti dalla voce composta del
maggiordomo.
“Il signor Rukawa è pronto a riceverla” Sakuragi si alzò e seguì il
maggiordomo dentro la stanza.
Seduto alla scrivania, al centro dell’enorme stanza, un
ragazzo, apparentemente della sua stessa età stava seduto e leggeva
attentamente tra le carte poste disordinatamente sulla scrivania
“Vai pure Mito” sussurrò facendo quasi rabbrividire Hanamichi tanto era roca e
profonda la sua voce.
“Un attimo e sono da lei” aggiunse rivolgendosi al rosso, senza però alzare lo
sguardo.
Doveva essere il suo ufficio: librerie enormi coprivano le
pareti e sulla destra un'ampia portafinestra dava sul giardino, al centro
della stanza una scrivania sulla quale erano appoggiate carte e cartellette
colorate, dietro di essa un bellissimo giovane stava con il capo chino,
concentrato sul suo lavoro. Hanamichi si ritrovò inconsapevolmente a fissare
il ragazzo, non aveva mai visto nessuno di così bello, i capelli color ebano
erano perfettamente lisci, gli occhi azzurri, ora fissi sulle carte gli
parevano bellissimi, i lineamenti del viso perfetti. Si sentì dannatamente
inferiore, un comune mortale al cospetto di una divinità.
“Si accomodi” disse il ragazzo facendolo sussultare, Hanamichi obbedì e si
sedette su una sedia di fronte a lui
“Mi chiamo Hanamichi Sakuragi” disse preso dal nervosismo.
“Lo so.” gli rispose semplicemente e ad Hanamichi parve di leggere un piccolo
sorriso sul suo volto. Arrossì imbarazzato e, non sapendo come rispondere,
iniziò a torturarsi le mani. Inaspettatamente fu il padrone di casa a rompere
il ghiaccio.
“Immagino sappia chi sono, mi chiamo Kaede Rukawa.”
“Molto piacere, ha ricevuto il curriculum che le ho mandato?” Rukawa alzò gli
occhi, sembrava quasi divertito ed Hanamichi non riusciva a spiegarsene il
motivo
“Lei è laureato in pedagogia giusto?” gli chiese, ritornando improvvisamente
serio.
“Certo, con il massimo dei voti come ho scritto, mi sono laureato due anni fa,
ad Harvard, ho anche conseguito un master successivamente.”
“Qui c’è scritto che per un anno e mezzo ha seguito una sola famiglia.”
“Esatto, quando facevo il master, uno dei professori dell’università aveva
bisogno di una tata per i suoi tre figli, io stavo per terminare gli studi e
siccome ero il migliore della mia classe, il mio docente gli fece il mio nome.
Quei bambini erano delle vere pesti, uno peggio dell’altro, ah ma sono
riuscito a metterli in riga come si deve!”
“Quanto la pagava?”
“Beh…mille e cinquecento dollari più vitto e alloggio, una buona paga per un
primo lavoro.”
“Io pagherei altrettanto, con il vitto e l’alloggio ovviamente, le interessa
ugualmente o è in cerca di un aumento di stipendio?” Hanamichi arrossì e non
seppe precisamente il motivo, non aveva mai badato ai soldi, aveva sempre
vissuto con poco e la sua paga era più che sufficiente.
“Mi va benissimo.” rispose secco.
“Bene. Il motivo per cui ho scelto lei, a parte i voti dell’università, è che
è giapponese. Voglio che i miei figli non parlino solo l’americano, ma anche
la mia lingua madre.”
“Va bene, parlerò loro in giapponese se vuole.”
“Ho solo un ultima domanda, come mai ha lasciato il vecchio lavoro ed è venuto
qui a New York, ha qualcuno in questa città?”
“Una zia a Brooklyn”
“Capisco, non mi ha detto perché ha lasciato il lavoro però.”
“Io…è proprio necessario che le spieghi le cause del mio licenziamento?”
“Se devo affidarle la vita dei miei figli, direi di sì!” Hanamichi sospirò,
era arrivato il momento che temeva maggiormente, fino ad allora tutti i
colloqui che aveva fatto si erano interrotti proprio in quel momento, prese
coraggio, da quella risposta sarebbe dipeso il suo futuro in America.
“Io… sono omosessuale… sì insomma gay… in quel senso lì… beh c’è un solo senso
a dire la verità… comunque il mio vecchio datore di lavoro quando l’ha
scoperto mi ha licenziato, con l'accusa di traviare i suoi figli. Che ingrato!
Se non fosse stato per me quei ragazzini sarebbero cresciuti come dei
delinquenti… spero che lei non abbia problemi.”
“No, non ne ho.”
“Davvero?” rispose Sakuragi illuminando lo sguardo, Rukawa annuì e lui quasi
cadde dalla sedia per la contentezza.
“Oh, lei non sa… mi salva la vita… io… grazie… grazie… grazie davvero!!”
“Ho capito, cerchi però di non farsi male, non vorrà rompersi qualcosa proprio
adesso.” Hanamichi si ricompose, ricordandosi che a quel punto anche lui aveva
delle domande da fare.
“Avrei anche io qualcosa da chiederle, se permette”
“Certo” annuì il moro.
“So di dover badare a due bambini, ma quanti anni hanno?”
“Marc ne ha quattro anni e James nove.”
“Nove? Accidenti!”
“Qualche problema?”
“No… è che lei è così giovane ma ha già un figlio di nove anni!!”
“Mi sono sposato molto presto.”
“Capisco. Poi volevo sapere se lei lavora in casa?”
“Quasi sempre, ma a volte sono costretto ad andare in ufficio.”
“ Che lavoro fa?”
“Questo cosa c’entra con i miei figli?”
“Era una mia curiosità, ha ragione non sono affari miei. Dunque, nove e
quattro anni, immagino che andranno a scuola.”
“Il più grande sì, ma il piccolo non ha ancora iniziato l’asilo.”
“Non ancora?”
“È un bambino un po’ timido e la scuola lo spaventa.”
“Sarà timido quanto vuole, ma cosa ha intenzione di fare? Rimanere chiuso in
casa per tutta la vita?”
“La tata precedente ed io abbiamo preferito tenerlo a casa ancora per un
anno.”
“Mi piacerebbe conoscerla questa incompetente!”
“È tornata in Inghilterra, se vuole raggiungerla… ha altre domande?” rispose
ironico.
“Quindi in casa ci sono lei e i suoi figli e sua moglie?”
“Lei è morta poco dopo la nascita di Marc” Hanamichi s’intristì
improvvisamente.
“Si levi quell’espressione dalla faccia, non ho bisogno di essere compatito.”
“Non compatisco certo lei, ma i suoi poveri figli, così piccoli e già senza la
madre, devono essere molto tristi.”
“Nh” rispose Rukawa.
“Lei sembra indifferente alla cosa… lasciamo perdere, mi dica come sono i voti
di James?”
“Le farò avere le sue ultime pagelle, la avverto però che ha un carattere un
po’ particolare”
“Particolare?”
“Se ne accorgerà appena farà la sua conoscenza”
“Ho capito. Non ho più domande, il lavoro mi interessa, la devo però avvertire
di una cosa, io mi prenderò cura dei suoi figli e lo farò mettendo tutto me
stesso, vorrò bene a quei bambini come fossero i miei, ma non voglio che lei
contesti il mio metodo educativo, se dovesse succedere mi licenzierò
immediatamente, e voglio anche che lei mi prometta che farà tutto quello che
le suggerirò di fare.” Rukawa non rispose immediatamente e dopo qualche minuto
di silenzio si decise a parlare.
“Farò del mio meglio.”
“Bene.” rispose Hanamichi alzandosi dalla sedia
“Vuole conoscere subito i bambini?”
“Meglio di no, prima vorrei tornare al mio appartamento a prendere le mie cose
e poi li conoscerò, non voglio creare in loro il distacco immediatamente,
prima mi trasferisco qui e poi li incontrerò, vorrei però che fosse lei a
presentarmeli.”
“Io?” rispose Rukawa scettico.
“Lei, certo, è il padre giusto?”
“Nh”
“Quindi nel bene e nel male ha un rapporto con loro, perché ha qualche
problema?”
“No.” rispose secco dandosi il suo solito glaciale contegno.
“Perfetto, allora vado immediatamente.”
“Aspetti, le chiamo l’autista, farà prima.” Rukawa compose un numero di
telefono e subito dopo nella stanza fece il suo ingresso un uomo molto alto e
dall’aspetto quanto meno gorillesco.
“Akagi, lui è Sakuragi, la nuova tata. Accompagnalo a casa ed aiutalo con i
bagagli.”
“Sì signore.”
“Al suo ritorno, Mito l'accompagnerà in stanza e questa sera prima di cena le
presenterò i bambini.”
“Grazie signor Rukawa, arrivederci.” Hanamichi seguì il gigante fino all’auto,
una lussuosa limousine, e dopo aver dato l’indirizzo partirono verso casa sua.
FINE PRIMO CAPITOLO
|