La spiaggia

 

di Bads

 


 

Nami avvisò la ciurma di aver avvistato la fatidica isola.

Erano quasi due giorni che cercavano di raggiungerla.

Secondo i libri di Robin era un’isola disabitata, non particolarmente grande, né abbastanza strana per suscitare la curiosità di Rufy.

L’unico suo pregio era di essere un’isola estiva.

Da quando ormai avevano percepito il cambiamento atmosferico dovuto alla sua vicinanza, in tutti i componenti della ciurma si era instaurato uno stato insofferente e inquieto, che poteva essere solo sedato da un costume da bagno e da un’intera giornata in riva al mare.

Per Zoro fu un sollievo calare l’ancora della Merry in prossimità della spiaggia.

Era a dir poco stufo degli sbuffi, dei sospiri e dell’irrequietezza dei compagni, neanche stessero sempre sulla Merry!

Era stufo dell’impazienza quasi maniacale di Nami, che aveva accentuato, se possibile, quel lato condottiero e tedioso del suo carattere infinitamente dolce e altruista!

Era stufo dello stato di noia di Rufy che continuava ad essere sbattuto in faccia a tutti.

Era stufo delle lamentele di Chopper che nel gruppo era forse quello cui la situazione non gradiva affatto, essendo abituato a climi più freddi ed essendo coperto da una pesante coltre di pelo.

In sostanza, si ritrovò a ringraziare il cielo di aver fatto trovar loro quella dannata isola.

Mentre camminava sulla spiaggia sentendo le loro grida gioiose si maledì miliardi di volte per non aver mai comprato un costume da bagno essendo poi costretto a chiederne uno a Sanji.

Zoro si fermò arrossendo.

-No, non devo più pensarci! Non è successo nulla prima!- pensò scuotendo la testa, cercando di dimenticare chissà quali avvenimenti.

Zoro abbassò di nuovo lo sguardo sul costume e arrossì, incapace di non ricordare le vicende avvenute sulla Merry.

Zoro alzò lo sguardo minaccioso e respirò profondamente, calmandosi e cercando di focalizzare la sua attenzione di nuovo sul costume.

Ecco, si era calmato. E quel costume non lo sopportava!

Passi il colore che si poteva anche ignorare, di un bel marrone cupo, passi, anche se più a malincuore, che il proprietario era quel maledetto cuoco, ma quel costume era tremendamente piccolo!

Fasciava in modo indecoroso le sue gambe e zone molto più recondite che secondo il suo parere dovevano rimanere tali.

Sospirò e si guardò attorno. Avvistò una palma più rigogliosa e in ombra delle altre e vi si diresse lentamente lanciando vaghe e rapide occhiate sorridenti ai suoi compagni che se la spassavano più o meno tranquillamente.

Sorrise e si adagiò su quella confortevole palma, appoggiando le sue tre spade poco lontano.

Dopo qualche istante una voce lo riscosse dal suo sonnellino.

“Ti ho prestato il costume perché lo usassi, non per rimanere qui immobile a far nulla” disse la voce annoiata.

Zoro s’irrigidì e trattenne il respiro, immobile.

Dopo qualche secondo si girò, posando lo sguardo su Sanji, in piedi, di fianco a lui.

E alcune cose gli tornarono alla memoria, senza che lui opponesse troppa resistenza.

Sospirò afflitto e ripensò a tutto.

Dal momento in cui aveva chiesto il costume a Sanji al dopo

Ma non aveva potuto chiederlo a qualcun altro? Aveva dovuto proprio chiederlo a lui?

Certo che se avesse saputo a cosa andava incontro sarebbe andato di corsa da Rufy o Usopp!

Che razza di situazione!

Il ricordo di quell’avvenimento lo faceva arrossire come una donnetta!

E pensare che ci aveva pure pensato alla possibilità di chiederlo a qualcun altro!

Era mentre camminava sul ponte della nave, osservando i suoi compagni senza speranza, lì si ritrovò a pensare che forse aveva fatto male a chiedere un costume al cuoco quando qualcosa di morbido lo aveva colpito sul viso.

 

 

“Credo che quello possa andarti bene” disse Sanji da dietro di lui.

Zoro si tolse l’oggetto dal viso, per poi constatare che era un costume da bagno marrone, e guardò Sanji, ancora vestito di tutto punto.

“Se mi aspetti mi cambio anch’io” disse sorridendo.

Zoro lo guardò dubbioso, quel cuoco aveva qualcosa di strano.

Poi Sanji si voltò e andò verso la balaustra opposta, lontana dagli sguardi indiscreti dei loro compagni.

“Allora?”

Zoro si guardò attorno, poi lo fissò e disse: “Dobbiamo… cambiarci qui?”

“Non ti vergognerai!” disse Sanji in un tono tra il canzonatorio e il perplesso.

Zoro gonfiò il petto come un tacchino.

“Attento a come parli cuoco!” disse alzandosi e dirigendosi verso Sanji che lo guardava fin troppo intensamente.

Zoro arrossì un poco e appoggiò il costume sulla balaustra di fianco a quello di Sanji.

Poi lentamente cominciò a sfilarsi la maglia, notando tuttavia che il biondino non si cambiava.

“Beh?” chiese notando lo sguardo del ragazzo.

“Nulla…” disse Sanji sorridendo in modo strano e voltandosi di spalle aprendo piano la giacca.

Zoro stette ad osservarlo ancora per un po’ per poi arrossire vistosamente e voltare lo sguardo deciso.

Perché doveva stare a fissarlo mentre si cambiava?

Stizzito si tolse le scarpe, senza tuttavia riuscire a non guardarlo. Ogni istante tentava di guardarlo di soppiatto, accorgendosi che anche Sanji lo osservava, senza nasconderlo.

“Si può sapere cosa vuoi?” chiese alzando un po’ la voce, ancora rosso per un motivo che non sapeva spiegarsi.

“Come?” chiese Sanji fingendo stupore.

“La smetti di fissarmi?”

“Non ti sto fissando!” disse Sanji corrugando la fronte: “E poi cos’hai, sei in imbarazzo?”

“Non sono imbarazzato!” urlò Zoro arrossendo ancora di più: “Mi da solo fastidio essere fissato!”

“Allora va bene…” disse Sanji voltandosi e sbottonando la camicia: “Basta dirlo…” sussurrò guardandolo con la coda dell’occhio.

Zoro si zittì osservando i movimenti lenti e calcolati del cuoco che si sfilava la camicia lasciandola scivolare sulle spalle, per poi lasciarla cadere a terra.

Zoro seguì tutti i suoi movimenti con la bocca aperta, finché Sanji non fece scivolare i pantaloni a terra.

Poi si voltò di nuovo, fissando dritto davanti a lui il resto della ciurma che se la spassava.

Senza riuscire a non pensare al cuoco si tolse i pantaloni, mentre con la coda dell’occhio notò che Sanji si era già cambiato.

“Ce la fai?” chiese l’altro guardandolo un po’ seccato.

“Smettila di fissarmi!” ripeté Zoro per l’ennesima volta.

“Sembri un disco rotto…” disse Sanji seccato guardando sempre nella sua direzione: “Cosa ti fa pensare che stia guardando te?”

“E chi guarderesti se no?” disse Zoro, seccato più dell’altro.

Intanto Sanji era arrossito, secondo Zoro perché si era tolto i boxer, e tentava di infilarsi il costume.

“E’ troppo stretto…” disse mentre lo faceva salire lentamente su per le gambe.

“Dai sbrigati…” disse Sanji senza neanche ascoltarlo, mentre prendeva un lembo del tessuto e lo metteva al suo posto, per poi correre verso la spiaggia mormorando “andiamo”

Zoro intanto era rimasto immobile, sentendosi avvampare dal lieve contatto che aveva avuto con il compagno.

 

Quando era andato in spiaggia quasi si era aspettato che Sanji tornasse da lui.

Non pensava di avere un ascendente simile su di lui, e ne era rimasto colpito.

Almeno fin quando Sanji non lo avvicinò chiedendo: “Secondo te ci hanno guardato?”

Zoro lo guardò senza capire.

“Ma si, le ragazze… quando siamo rimasti sulla caravella ci hanno guardato… e da quella posizione, secondo me ci hanno visto…”

Zoro spalancò la bocca incredulo, mentre Nami li chiamava.

“Arrivo mio tesoro!” urlò Sanji in risposta, mentre Zoro, rimasto sotto la palma, tentava di suicidarsi.