I personaggi non sono miei ecc…ecc…ecc…ecc…ecc…ecc… ecc… ecc… e ancora ecc… ecc… ora basta!

Comincio con l’avvertire che questa fanfiction è una Ikki/Shaka, ed è anche completamente introspettiva e anche tenerosa, quindi a qualcuno potrebbe risultare un po’ noiosa, nel caso fosse così mi scuso in anticipo, ma volevo tanto scriverla.

E’ stato un lungo lavoro crearla, molto lungo, è rimasta ferma per dei mesi a pagina uno, poi a pagina due ecc… E voi penserete “ma è cortissima come ci si può incartare ad ogni pagina?”eh eh,  bhè, chi mi conosce sa che io ci riesco benissimo, pure troppo. Cmq se non ci credete chiedete a Sasha, lei confermerà tutto.

Cara la mia Sashina sempre disponibile a riguardarmi le fan e a consolarmi nei troppi momenti bui, grazie grazie, smakkete smakkete!

Ok, ho finito, buona lettura.

 


La sesta casa

di Athed


Sono molto legato a questa casa e al suo guardiano, è qui che ho acquisito il settimo senso e mi sono avvicinato al potere ultimo di un cavaliere.

Il tempio non è più stato riparato dal giorno della nostra battaglia, ormai giace qui ridotto a un cumulo di macerie, anche se di tempo ne è trascorso molto.

Sono ritornato per una vecchia promessa.

<<Dopo ogni battaglia tornerai da me, promettimelo cavaliere!>>

Fu il custode della casa a pronunciare quelle parole, e io promisi.

Tornai dopo la battaglia di Asgard, dopo lo scontro con Nettuno e anche ora, dopo la sconfitta di Ade.

Di solito mi attende seduto su uno strano piedistallo a forma di fiore di loto aperto, costruito in marmo, gli piace stare al centro di quello strano trono come se ne fosse il pistillo. Allora, io, mi avvicino, cercando di fare meno rumore possibile, per poterlo contemplare in tutta la sua pace. Percepisce la mia presenza, lo so, ma rimane comunque fermo ad occhi chiusi, solo per me, sa che mi piace. Mi lascia avvicinare fino a poterlo sfiorare con le labbra, a quel punto, solo al tocco della mia bocca sul viso, mi mostra il suo sguardo. Mi perdo sempre in quel mare azzurro e profondo, non ho più paura come la prima volta che lo vidi, non mi farà più del male. Quegli occhi non si poseranno mai più su di me per farmi del male, lo faranno solo per deporre tenere e morbide carezze sul mio corpo.

Prima di abbracciarmi mi dice sempre con la voce ancora colma d’ansia.

<<Sei tornato!>>

<<L’ho promesso!>> E’ la mia abituale risposta.

Non lo trovo seduto sul suo strano trono come speravo e non ne percepisco la presenza nell’enorme edificio.

Mi sento perso senza di lui in questo luogo. Capita sempre quando rimango solo in questo tempio, anche se per poco tempo. Vengo assalito dai ricordi del nostro primo incontro. Quegli occhi tanto dolci trasformati in due specchi d’odio. Disprezzo questi pensieri, quello non era il mio amante, solo un guscio che gli rassomigliava. Divento triste, non voglio pensarci ma se lui non c’è non ne posso fare a meno.

E’ tanto che è cominciato questo gioco, anche se per lui non lo è mai stato.

Dopo la sconfitta del Gran Sacerdote, lasciai gli altri cavalieri di bronzo e cominciai a vagare per l’Europa, non avevo una meta, cercavo solamente di allontanarmi da tutto quello che ero stato ed era stato per me fino ad allora.

Non girovagavo da solo, dopo la prima settimana di viaggio mi accorsi di essere  costantemente seguito da una presenza che non riconoscevo chiaramente, ma che stranamente, anziché agitarmi mi dava sicurezza. 

Fu quel senso di sicurezza che cercavo da sempre, che nessuno era mai riuscito a farmi provare a ricondurmi al Grande Tempio, esattamente alle porte della sesta casa.

Il ritrovarmi faccia a faccia con Shaka mi chiarì tutto. Quell’uomo mi aveva cercato, trovato, seguito, protetto e ricondotto qui, a queste macerie. Mi voleva, desiderava che tornassi da lui, che gli stessi vicino, ma più di tutto che distruggessi lo spirito e il mondo di perfezione e calma che si era creato. 

<<La distruzione pone le basi per la creazione.>>… Strana frase, ma gli è sempre piaciuto essere enigmatico.

      L’amore, strano sentimento, l’ ho lasciato a gridare a vuoto per troppo tempo, e scoprendolo ora, in questa strana relazione mi rendo conto che in passato l’emozioni a cui davo lo stesso nome con leggerezza in realtà non erano altro che fuochi fatui, solo scintille che si disperdevano da un falò. Ma il vero falò è stato appiccato da poco.

Per Shaka darmi amore è stato facile, non ha mai preteso molto da me, solo che gli stessi accanto quando me le sentivo, e alle condizioni da me dettate. 

Sottrarmi alla solitudine a me così familiare era difficile, anche se soffrivo ed ero sempre alla ricerca di qualcosa, mi sentivo a mio agio, in fondo me la imponevo io stesso.

Ma non era così solo per me, questo lo capii presto. 

Anche il cavaliere della sesta casa non aveva fatto altro che vivere nella solitudine, o meglio, in un isolamento spirituale, intorno aveva sempre avuto… <<Ombre che mi oscuravano la vista>>… le persone che gli stavano intorno non riuscivano a catturare il suo interesse, si muovevano, parlavano, amavano, ma a lui rimanevano indifferenti, e a poco a poco, senza che se ne accorgesse, avevano cessato di esistere. Questo fino alla chiamata del gran Sacerdote e all’arrivo di noi cavalieri di bronzo alle dodici case. Che ora giacciono qui in rovina.

Ci misi tempo ad accettare ciò che mi veniva offerto dal cavaliere. 

Il nostro scontro al tempio, per Shaka, aveva posto il punto di partenza per il lungo viaggio che voleva intraprendere, il dubbio si era impossessato da lui fin da quando sentì il mio cosmo che si espandeva mentre combattevo coi suoi allievi. Tempo dopo mi disse che gli aveva trasmesso una strana sensazione…<< una passione calda e immensa  che cercava di liberarsi da una gabbia di razionalità >>…  E lui voleva aiutarla a liberarsi. 

Era stata la prima volta in cui aveva pensato di volere qualcosa, non qualcosa, qualcuno, quel calore intossicante lo emanava una di quelle strane ombre che a lui erano così indifferenti,ma quell’ombra stava cerando di tornare alla luce e di farsi notare.

     A uno spettatore potrebbe sembrare che fra noi due il più debole sia Shaka, ma io so che non è vero, perché in realtà sono io, lo sono sempre stato e lo sarò anche in futuro.

Sono io quello che si arrabbia per stupide frasi.

Sono io che non sono mai sicuro del nostro rapporto.

Sono io che di notte scappo lasciandolo solo.

Sono io che piango senza ritegno quando non gli sono vicino.

Sono io che mi costringo a non cercarlo perché ho paura della felicità che sa darmi.

Sono io che torno da lui gli chiedo di separarmi dalla solitudine che mi circonda.

Sono sempre io che ha paura a sentirsi dire “Ti amo.”

Sono solo due parole, due semplicissime parole, ma ne ho il terrore ora che ne conosco realmente il significato.  

    Le rovine di questa casa nascondono infiniti ricordi, per me che li so trovare, sarebbero potuti essere tutti felici, purtroppo io con il mio orgoglio ho fatto in modo che non fossero tali.

Cedere a lui per me sarebbe stato perdermi, proclamarmi sconfitto e non volevo, non ero ancora capace di accettarlo. Potevo lasciarmi andare ai piaceri della carne, ma i miei sentimenti restavano segregati nel mio ego.

Lui mi ha sempre lasciato fare non domandandomi nulla.

Non voleva, capivo che soffriva e la situazione era sbagliata, ma non ero ancora in grado di cambiarla.

Si sarebbe ribellato se avesse saputo che alla fine avrei ceduto, lasciandogli campo libero, ma la lotta sarebbe stata spietata, ora lo ringrazio infinitamente per la sua pazienza.

…<<I tuoi dubbi,

         le tue paure,

         i tuoi sbalzi d’umore,

         le tue contraddizioni,

         la tua solitudine,

         voglio tutto quello che porti con te, perché tu sei tutto questo>>…

Rimasi impassibile anche a questa dichiarazione.

Come si può riuscire a pronunciare simili parole non l’ho mai capito, tanto meno se rivolte a me, che non ne meritavo neanche una sillaba.

    Ho paura, come ne ho sempre avuta da quando tutto è cominciato e come ne ho ora che mi trovo solo fra queste odiose macerie…non voglio, non voglio ricordare tutto…ora le cose sono cambiate, non sono così, non lo sono più! 

Voglio andarmene da questo posto.

Se solo lo vedessi arrivare, tutto il resto non avrebbe più importanza, la smetterei di tormentarmi in questo modo.

Egoista, sono solo questo, non ho il diritto di dimenticare, per il male che gli ho procurato meriterei di venire imprigionato in questo luogo in compagnia dei miei tristi e dolorosi ricordi per i secoli a venire.

Ma nonostante tutto questo rimane l’unico posto in cui possiamo incontrarci, in cui le nostre vite si fondono, fuori da queste macerie non esiste un “noi”, ci sono solo due anime in pena, in perenne ricerca.

 

Forse ho esagerato questa volta, in realtà è l’unica volta, non mi sono mai permesso di fare una cosa simile, anche se ne avrei avute mille ragioni.

Amare è difficile, amare lui lo è ancora di più. Non me lo permette, tutto risulta essere una sfida.

Prevalere non ha senso, non interessa a nessuno realmente, ma per lui rimane ancora la cosa essenziale.

Vincere o perdere.

Se per continuare ad averlo vicino devo perdere, va bene lo stesso, ho sempre pensato questo.

Ma ora tutto è diverso, entrambi lo siamo.

Un’affermazione, una semplice affermazione potrebbe cambiare tutto, la mia scelta deve vacillare, lui deve riuscire a tenermi con sè, non posso credere che non gli importi nulla.

Sono stufo di dover sacrificare un mio desiderio in questo modo. 

Sono stanco di dividerlo con Atena.

Non voglio più dover morire ad ogni battaglia a cui partecipa.

Un’affermazione, mi basta quella per continuare a crederci, in passato l’ ho fatto, nonostante tutte le sofferenze e i suoi capricci, voglio essere in grado di farlo ancora.

Ancora una volta queste macerie.

Eccolo lì, addormentato su quello che considero il mio luogo sacro, non permetterei a nessuno di toccarlo, figuriamoci di dormirci sopra.

Ma a lui non è mai importato, non sono di certo io che detto le regole.

So perché ha scelto quel posto.

Questa casa la deve odiare con tutto se stesso, sia per quello a cui io avrei dovuto adempiere sia per i patimenti da lui infertemi.

Mi sono domandato infinite volte, e ancora, inutilmente, continuo.

Perché? Perché gli è così difficile farsi amare e fidarsi di qualcuno? Perché?

 

E’ un lieve rumore di passi e la sensazione che qualcuno mi si sia seduto vicino che mi fa svegliare dagli incubi e aprire gli occhi.

Shaka mi sta guardando con un’ espressione triste e preoccupata, sa che effetto mi fa questo posto se vengo abbandonato a me stesso.

Ma sto bene, ora sto bene.

“Sai una cosa?” Gli domando.

“Cosa ?” Mi risponde ovviamente.

“Ti amo.” 

 

Ora sono sicuro, voglio restare con lui anche se per la vita sarò costretto a stargli lontano e a dividerlo con Atena.

Ma per ora ci siamo solo noi due.

 

End



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