Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma sto seriamente pensando di adottare la coppia MitsuixSendoh perchè insieme sono stupendi ^-^.
Avvertenze: la fic è dedicata alle mie splendide sorelline (Seimei, Elichan e Miyuki) e a tutti quelli che mi hanno sostenuta fino a qui. Un pensiero particolare va alla dolcissima Neko (TVTTTTTTB mia dea!!!!).
Buona lettura (stavolta è davvero l’ultima volta)!



La scommessa

di Yurika

Side Story - New Born

La fredda luce di un lampione illumina la mia figura ciondolante. I rari passanti si scostano spaventati dal mio incedere maldestro e dai miei versi affranti, detti, forse, con un tono di voce troppo alto data l’ora tarda. Il mio fiato è inebriato dal dolce sapore del sakè nel quale riesco ad affogare il rancore e a cullare l’indolenza di questi giorni privi di speranza.
Anche il mio orgoglio ormai si è perso nella bottiglia di liquore, naufragato insieme ai miei sogni.
Una coppietta passa guardinga rasente al muro, lanciandomi occhiate di disapprovazione. Come osano?
"Che avete da guardare in quel modo? Siete solo due coglioni da riproduzione. Vai a fotterti la tua troietta e lasciami in pace!"
La stupida coppietta passa avanti in fretta con la ragazza che trascina per un braccio il ragazzo che finge di voler vendicare un oltraggio che, in relatà, non sente; ma il mio monologo è appena l’inizio. E che importa se non c’è nessuno ad ascoltarlo?
"Voi non sapete chi sono io! Io sono Hisashi Mitsui! Io sono il miglior tiratore da tre punti della prefettura! Io sono una delle promesse del basket giapponese. Io sono stato un MVP! Io sono ‘l’anima ardente’! Io sono..... io sono...."
...... un fallito!
Abbraccio il lampione e lentamente mi lascio scivolare contro di esso fino a sedermi per terra. Silenziose, lacrime fastidiose cominciano a scendere dai miei occhi chiusi.
Quando è cominciato tutto questo? O forse dovrei dire Ricominciato, visto che sto pian piano tornando ad essere ciò che ero fino all’anno scorso: un teppista ubriacone. Ma allora avevo la scusante di essere diventato così a causa della delusione provata in seguto all’infortunio. E ora? Posso trincerarmi dietro alla scusa di una delusione amorosa? Amore.... patetico! Come se io mi fossi mai innamorato sul serio! La mia è solo vigliaccheria. Così come ho avuto paura di mettere in gioco la mia carriera sportiva ricominciando a giocare dopo il periodo di fisioterapia, così ora ho paura di mettere in gioco me stesso diventando qualcosa che probabilmente non potrò mai essere.
Diciamoci la verità: io sono nato per essere uno spostato.
Per un po’ ho cercato di nascondermi dietro la facciata da bravo sportivo. Ma dopo l’incidente ho dovuto fare i conti con un lato di me stesso che avevo sempre cercato di oscurare. Le scorazzate in moto, le risse, le bravate, le ubriacature... era un mondo nel quale, tutto sommato, mi sapevo destreggiare molto bene. Il problema era che... non potevo accettarlo! Io non potevo essere diverso dalla persona che tutti pensavano io fossi: il campione!
Le mie due nature hanno combattuto a lungo l’una con l’altra cercando di sopraffarsi a vicenda. Finchè non ho scelto di tornare al basket. Io adoro giocare. Non potrei farne più a meno. Ma per poter giocare devo mantenere una certa condotta.
Per questo mi sono ripulito, ho cambiato pettinatura e atteggiamento. Il mio comportamento doveva essere irreprensibile.
Così, mi sono trovato anche un compagno fisso. Io, Hisashi Mitsui, il re delle avventure di una notte, ho trovato un compagno fisso. Naturalmente, il ragazzo che si poteva fregiare di essere ‘la mia dolce metà’ doveva per forza essere alla mia altezza. E chi meglio di un altro campione di pallacanestro?
In questo modo, Akira Sendoh, uno dei primi cinque giocatori di tutta Kanagawa, entrò a far parte della mia vita.
Di bell’aspetto, gentile, sorridente.... il mio polo opposto, insomma. Sembravamo fatti l’uno per l’altro. Senza contare che a letto è a dir poco strepitoso!
Eppure dovevo capirlo che non poteva andare tutto così liscio.
I primi tempi sono stati fantastici. Tra di noi c’era un’intesa meravigliosa.
Nonostante la mia lontananza di due anni dal campo di gioco, la mia classe e la mia tecnica non erano diminuite.
In poche parole, vivevo in un sogno.
Poi mi sono reso conto che qualcosa non andava. Ogni giorno che passava ero sempre più irrequieto.
Avrei volouto essere il migliore in campo, ma per quanti sforzi facessi, il periodo di inattività si faceva sentire pesantemente. E davanti mi trovavo sempre quella stupida matricola arrogante e presuntuosa, ma con un’abilità che è a dir poco sorprendente. Pur con tutta la migliore volontà, mi rendevo perfettamente conto di essere qualche gradino sotto di lui. Ovunque andassi tutti mi guardavano con timore. Non importava il fatto che ormai non mi lasciavo più coinvolgere nelle risse e mi comportavo come uno ragazzo modello, quello che la gente (compresi i miei stessi genitori) continuava a vedere in me era il teppista scavezzacollo.
Guardandomi intorno vedevo solo un una realtà fragile quanto un castello di carta che poteva crollare ad ogni minimo soffio di vento.
Mi proteggevo nascondendomi tra le braccia di Akira, ma anche questo non andava bene: ero troppo abituato alla mia indipendenza e alla mia libertà per poter accettare a cuor leggere un rapporto che si andava facendo via via sempre più opprimente.
‘Devo fare qualcosa per uscirne’. Da settimane questo pensiero mi tormentava girandomi instancabilmente nella testa. Sentivo l’ineluttabilità della mia decisione, anche se non sapevo dove mi avrebbe portato. Ma, a volte, siamo convinti di prendere delle decisioni che, in realtà, sono state prese da altri.
Così è stata anche questa volta. Io cercavo un modo per uscire da una vita fasulla che mie ero auto-costruito, ma a trovarlo è stato proprio Akira.
Non dimenticherò mai quel giorno.
Io mi sentivo di nuovo dannatamente giù; la voglia di spaccare tutto ciò che mi circondava mi stava dilaniando le interiora. Avevo bisogno di smettere di pensare per un po’. Avevo bisogno di affondare in quel ragazzo dalla pettinatura ridicola e dal sorriso perenne come le nevi di un ghiacciaio polare e fotterlo fino a farlo gridare. Volevo perdermi in lui, volevo essere parte di lui – e chissà se, allora, non mi sarei sentito finalmente completo e in pace. Almeno per un po’.
Ma quando sono arrivato a casa sua non sono state di certo la pace e la completezza ad accogliermi sulla soglia!
Akira, il mio preziosissimo ragazzo, scalzo e vestito dei soli jeans, stava in piedi inquadrato dall’apertura della porta, con la luce proveniente dall’interno che lo illuminava da dietro.
‘Un’apparizione!’ questo è stato il mio primo pensiero.
Senonchè un’acre odore - di sudore, di sesso, di Akira e di un altro ragazzo tutti mescolati – mi investì in pieno come uno schiaffo lasciandomi stordito.
Ho visto il panico nei suoi occhi. Ho visto fino a che punto si sono spalancati quando da dietro le sue spalle è comparso Koshino borbottando le sue rimostranze contro gli scocciatori inopportuni.
"Ma allora sei un bastardo!"
Sono contento, la mia voce è uscita forte e sicura, per nulla arrabbiata, solo velata da una nota di sincero stupore.
"Ti prego, entra un attimo e parliamone".
"Non credo proprio!"
Non penserà davvero che mi sieda ad un tavolino con lui e il suo amichetto, magari sorseggiando una tazza di the, sviscerando con un’analisi approfondita le cause che hanno portato ad una crisi nel nostro rapporto! Santo cielo, mi sembrerebbe di stare in uno di quei programmi alla televisione in cui la gente va apposta per raccontare i fatti propri al resto del mondo!
"Non è come pensi!"
E no, caro il mio campione. Non ci siamo. Stiamo scadendo nel banale!
"Qualche volta piace anche a me stare sopra. Ed è ovvio che con te non lo posso fare".
È icredibile! Anche in una situazione come questa riesce a sorridere – ‘sto cretino!!! Se non avessi una gran voglia di piangere mi metterei a ridere. Che bella situazione del cazzo!
"Immagino che sarà contento il tuo dolce Hiroaki di sapere che per te ha la stessa valenza di una bambola gonfiabile. Ma in fondo ti capisco. Ero troppo impegnativo per una persona così spensierata come te. Forse è meglio se ti trovi un bel giocattolino e lo usi finchè non te ne sei stancato. Ti auguro di divertirti Aki".
"Non andartene".
Incredibile! Che suonino le campane e si faccia festa! Sono riuscito nell’ardita impresa di far incrinare il bel sorriso del porcospino più ilare del mondo. E non ne sono fiero.
Alzo appena le spalle e me ne vado. Cos’altro potrei dirgli ora? Domani, forse, troverò qualcosa. Domani.

Oggi. Oggi sto un pochino meglio. Per lo meno ho trovato qualcosa con cui distrarmi.
Carina l’idea della scommessa. Credo proprio che mi divertirò parecchio alle spalle di quei due.
Certo che, quando l’ho incontrato ieri sera, Hanamichi era proprio ridotto in pezzi! Persino peggio di me. Non pensavo che fosse così innamorato di quella stupidina della Akagi. Ma forse è solo molto deluso dal comportamento di Mito.
Bah! Ormai non mi stupisco più di niente. È sempre dalle persone che ci stanno più vicine che dobbiamo aspettarci una pugnalata alle spalle. Io lo so bene.
Comunque non vedo l’ora di vedere la scimmia rossa in azione. È così goffo in questo genere di cose da fare quasi tenerezza! In più la sua non è certo la preda più facile del mondo da cacciare. Rukawa, la persona più inavvicinabile dell’universo! L’ho scelto apposta. Sì sì, credo proprio che mi divertirò.

Senza rendermene conto mi sono addormentato qui sul marciapiede. E ho fatto di nuovo quel sogno. Ho vissuto nuovamente il giorno in cui Sendoh ed io ci siamo lasciati. E il giorno in cui ho fatto la scommessa con Sakuragi. Maledizione! Credevo che mi sarei divertito e invece quei due, dopo i primi imbarazzi iniziali, sembra che vadano d’amore e d’accordo. Ma è scritto da qualche parte che tutti debbano essere felici tranne me? Se va avanti così sarà Hanamichi a vincere. Che palle! Non è tanto per la posta in gioco (davvero ridicola, si vede che cercavo solo un pretesto per poter trovare un nuovo gioco da fare!), ma è per lo scarso interesse che mi suscita questa vicenda. Speravo mi avrebbe occupato la mente almeno un po’. Un’ltra delusione da mettere in conto alla vita.
Sarà meglio tornare a casa ora o mi prenderò qualche malanno. Fa un freddo cane e sta di nuovo per nevicare. Se domani non vado a scuola perchè mi sono ammalato stavolta i miei si incazzano sul serio. Meglio tenerseli buoni. Almeno per qualche tempo ancora.

Che schifo di giornata!
Stamattina ero ancora in preda ai fumi dell’alcol e mi sono addormentato durante le lezioni, così quella palla del professore di matematica mi ha sbattuto fuori. Ho preso un’altra insufficienza nel compito di inglese. E, come se non bastasse, agli allenamenti mi sono beccato un predicozzo che non finiva più da Akagi. Dice che i miei riflessi si sono purosamente rallentati. Ma che cavolo! Cosa c’entrano i miei poveri riflessi quando è lui che pretende che io recuperi dei palloni imprendibili. E’ agli altri che dovrebbe fare i suoi predicozzi, visto il modo indecoroso con cui eseguono i passaggi.
Meno male che adesso me ne vado a casa e dormo fino a domani mattina.
....No.... non è possibile..... ditemi che è un’allucinazione! Non può essere davvero Akira quello appoggiato al muro di fianco al cancello della scuola. Ditemi che non è venuto anche qui a perseguitarmi!
Sono giorni, ormai, che me lo vedo sbucare ovunque – sotto casa, nei miei locali preferiti, nel campetto di basket dove vado ad allenarmi la domenica. Ora persino a scuola è venuto!
Mi guardo intorno per cercare una via di fuga. Troppo tardi, ormai mi ha visto e si dirige verso di me. Sono in trappola.
"Stai cercando un modo per scappare Hisachan?"
"Sai benissimo che io non scappo davanti a nessuno. E poi non chiamarmi più Hisachan. Non credo tu ne abbia ancora il diritto".
"Voglio che sia chiaro che sei tu a volerlo. Per me tu sei sempre il mio koibito".
"Piantala di fare il melodrammatico, Sendoh. Non sono io quello che se ne va in giro a scoparsi mezza città con la scusa di doversi sfogare perchè il proprio compagno non è all’altezza".
"Ehi, guarda che io non ho mai detto questo! E non l’ho neanche mai pensato. Hai ragione, la colpa è mia. Ho creduto che finchè il mio cuore fosse stato tuo, al mio corpo sarebbe stato concesso qualche svago ogni tanto. I miei sono solo i capricci di un bambino. Perchè l’unico che voglio sul serio sei tu. Perchè l’unico che mi fa godere veramente sei tu. Sono un bastardo e non mi merito nulla. Ma mi manchi così tanto che a volte mi sembra di impazzire!"
"Beh, potevi pensarci prima. Comunque sono daccordo con te: sei un bastardo e non ti meriti nulla, perciò addio".
Mi incammino verso l’uscita dandomi mentalmente del cretino. Perchè non lo perdono e non torno insieme a lui? In fondo ha dimostrato di essere veramente pentito e di tenerci sul serio a me. Eppure dentro di me sento che questa non è la soluzione.
Mentre gli passo accanto lui mi afferra per un gomito.
"So che ti manco tanto quanto tu manchi a me. So che la notte ti rigiri inquieto nel letto alla ricerca del calore del mio corpo. So che per sentirti meno solo ti immagini che io sia con te e ti stia toccando e mentre pensi a questo ti masturbi così forte da farti male. So che quando vieni è il mio nome che gridi e so che il vuoto che senti dopo che sei venuto è così scuro e profondo da farti tremare dalla paura. So anche che non riesci più ad andare a letto con un uomo perchè nessuno è lontanamente comparabile a me".
La sua voce è solo un sussurro dentro al mio orecchio e mille brividi mi stanno attraversando la spina dorsale. Maledizione, com’è che riesce ad eccitarmi soltanto con la sua voce? Non posso cedere, non posso dargliela vinta. E poi cos’è questa storia che io non riuscirei più a farmi qualcuno? Proprio io che ero capace di scoparmene anche tre per volta? Ma proprio questo è il punto. Ero.
Con uno strattone mi libero dalla sua presa e me ne vado a passo spedito. Non posso essere così debole! Io sono forte. Io devo essere forte. Non sono alla mercè di nessuno. Te la farò vedere io, Akira Sendoh.

Sono uscito anche stasera. Volevo rimanere a casa per recuperare un po’ di ore di sonno, ma l’incontro con il gatto del Cheshire (quello di Alice nel Paese delle Meraviglie che ghigna sempre N.d.Y.) mi ha talmente irritato da farmi passare la stanchezza. Sono in un bar di un qurtiere non proprio raccomandabile, almeno qui potrò starmene in pace senza dannati seccatori dai capelli a punta che mi ronzino intorno.
Stasera non riesco neanche ad ubriacarmi. Forse non è stata poi una così gran bella idea quella di uscire. Forse farei meglio a tornarmene a casa.
"Ciao, sei tutto solo?"
E ora chi è questo rompicazzo?
Alzo gli occhi e mi ritrovo davanti quello che definirei come un ‘rispettabile padre di famiglia’ se non avesse quella strana luce negli occhi.
"Così pare".
Non ho proprio voglia di essere gentile con una lurida checca in incognito e che probabilmente ha anche moglie e figli a casa che lo aspettano.
"Ti spiace se ti offro da bere?"
Non si rifiuta mai una bevuta gratuita. Alzo le spalle con un gesto di noncuranza. Lui si siede accanto a me e ordina due tequile. Intanto comincia a parlare di qunato sia stato freddo l’inverno di quest’anno e di quanta neve è scesa nel paesino di montagna dove è nato. A me della vita di ‘sto tipo non me ne frega un cazzo, ma ogni tanto esco con un grugnito sommesso tanto per fargli compagnia e per sdebitarmi per avermi offerto la tequila.
Comincia a girarmi un po’ la testa. Probabilmente sono stanco. In più il tizio continua a guardarmi con quella luce famelica negli occhi e quando si sofferma un po’ di più su qualche particolare che gli piace si passa la lingua sulle labbra screpolate. Sarà meglio andarsene a casa, ora.
"E questa? Come te la sei fatta?"
Prima che riesca a fermarla, la sua mano si è già appoggiata sul mio mento e le dita sfiorano la mia cicatrice in una carezza maliziosa. Dannazione, i miei riflessi devono proprio essere peggiorati!
"E’ una storia noiosa e poi non credo che ti riguardi. Mi spiace amico, ma ora devo proprio andare".
Faccio per alzarmi, ma la sua mano mi trattiene per un polso.
"Aspetta ancora un attimo, dai! Lo sai che sei proprio carino? Assomigli a mio figlio maggiore. Scommetto che anche tu sei un peperino come lui. Allora, ti va di farmi compagnia ancora per un po’?"
Ecco, mi ci mancava pure l’uomo di mezza età con il complesso per il figlio! Tutte a me capitano!
"No guarda, mi spiace ma è meglio se torno a casa".
"Sei sicuro? Non vuoi ascolatare neanche la mia proposta?"
"Quale proposta?"
L’ho chiesto distrattamente mentre mi infilo la giacca. Qualunque sia la proposta tanto la risposta sarà no.
"Se vieni di là nel bagno con me ti do 20.000 yen".
Ora gli spacco quella faccia da bavoso pervertito che si ritrova! Ma per chi mi ha preso? Crede che io mi venda in questo modo?
"No amico, credo proprio che tu abbia sbagliato persona".
"Davvero? Vuol dire che un bel ragazzo tutto solo in un bar malfamato come questo è venuto comprare il the per la nonna malata?"
"Senti vecchio, stai giocando con il fuoco. Ora vedi di lasciarmi in pace o sarà peggio per te".
"Ah, ho capito! Sei qui per una delusione amorosa. Cos’è, da quando ti ha lasciato non ti tira più?"
Un’immagine. Akira. Il suo sorriso sprezzante. La sua voce che sussurra la mia impotenza di andare a letto con altri che non siano lui. Una decisione.
"Vai avanti, io ti raggiungo subito".
"Non è che cambi idea e mi fai aspettare dentro ad un cesso puzzolente per niente, vero?"
"Ti ho detto di andare, arrivo subito".
L’uomo si alza e si dirige verso la toilette. Io ordino un’altra tequila e la butto giù tutto d’un fiato.
‘Ora vedremo cosa penserai di me, mio caro Aki. Chissà se sarai ancora così sicuro del tuo potere su di me’.
Un ghigno si apre a sfigurarmi il volto. Conosco questo sorriso – o dovrei dire smorfia?
Hisashi Mitsui, il teppista, è tornato.
Mi dirigo anch’io al bagno. Quando apro la porta mi trovo di fronte alla disgustosa visione di quell’uomo con i pantaloni già abbassati che mi sta aspettando. Il volto è rosso e imperlato dal sudore, il suo sesso eretto sparisce in confronto al ventre prominente che gli sta sopra. Patetico!
Non mi tiro indietro. Lo faccio sedere sopra alla tazza e mi metto inginocchiato tra le sue gambe. Lentamente lo prendo in bocca. Sa di sudore e di latte rancido, ma almeno mi distrae dalla puzza di orina e deodoranti che permea l’ambiente.
Con la lingua traccio un umida scia dalla cappella allo scroto e ritorno. Aumento il ritmo delle pompate aiutandomi con le mani. Il mio ‘cliente’ emette strani gorgoglii dalla gola mentre la sua pancia non fa che ballarmi davanti agli occhi.
‘Così mi sembra di fare sesso con Anzai sensei’. A questo pensiero non posso trattenermi dal sorridere e contraggo la bocca in un modo che l’uomo deve aver molto gradito visto con quanta forza ha afferrato i miei capelli. È ovvio che si sta trattenendo per cercare di farlo durare più a lungo possibile. Ma io mi sono stancato. Succhiando come un disperato e dando alcuni colpi più forti finalmente viene con un grido. Sputo il suo schifosissimo seme. Prima che possa rialzarmi mi da un bacio sui capelli. Mi viene da vomitare!
Mi allontano da lui il più possibile per non dover continuare a sentire il suo odore.
"Mi devi pagare".
"Avevo capito che tu non fossi ‘uno di quelli’".
Mi guarda con una smorfia soddisfatta e io lo ricambio con un’occhiataccia torva.
"Va bene, visto che sei stato così bravo prenditi i soldi".
Mi lancia il suo portafogli mentre stancamente cerca di tirarsi su i calzoni.
"Ehi, ma qua ci sono solo 15.000 yen! Mi hai fregato!"
"Oh, suvvia! Tanto lo so che è piaciuto anche a te. L’ho capito subito appena ti ho visto che sei una puttanella che ha una gran voglia di cazzo".
Sento la rabbia montarmi dentro. Tentando di calmarmi abbasso lo sguardo sul portafogli ancora aperto che ho in mano e noto qualcosa di interessante.
"E così sarebbe questa la tua famiglia? Chissà cosa direbbe il tuo bel figlio se sapesse che il suo caro paparino si fa i ragazzi dentro i cessi delle bettole".
"Tu mio figlio non lo devi neanche nominare!!!"
Mi strappa il suo portafogli di mano e mi molla un manrovescio che mi colpisce l’orecchio facendomi perdere l’equilibrio. Prima di riuscire a reagire mi colpisce di nuovo e vado a sbattere contro la porta chiusa. Ancora insoddisfatto mi afferra per la maglia e mi sbatte la testa contro il muro.
Mi accascio per terra. Ho un velo davanti agli occhi, è tutto buio. La nausea mi assale e mi vengono dei forti conati. Rimango steso sul pavimento lercio a vomitare.
"Schifoso frocio di merda!"
L’ultimo addio del mio nuovo amante. Sto così male per le botte che ho dentro o per le ferite che ho nell’anima?

Un’altra schifosissima giornata.
Non che sia successo niente di particolare, ma proprio perchè questo è un giorno qualunque come tutti gli altri mi sento disgustato.
I segni del mio recente incontro/scontro sono ben visibili sul mio volto. Nessuno osa dirmi niente in proposito. Solo Hanamichi mi si avvicina e mi sussurra all’orecchio un "vedi di non fare cazzate!".
Ah già, poi c’è Kogure.
Lui ovviamente non può lasciare perdere. Appena mi vede si precipita al mio fianco e sfiorandomi una guancia mi chiede cosa mi sia capitato.
"Niente, megane-kun. Sono solo caduto dalle scale".
Ovviamente non ci crede, ma ha il buon gusto di non fiatare risposta. In cambio, però, continua a fissarmi con aria preoccupata per tutto il tempo dell’allenamento. Ovviamente i suoi occhi non fanno che soffermersi sul vistoso livido che mi occupa tutto lo zigomo.
Mi fermo un po’ di più in palestra per non dover rimanere negli spogliatoi con i miei compagni – oggi non avrei proprio voglia di stare ad ascoltare i loro stupidi cicalecci. Purteoppo sono troppo stanco e il dolore alla testa, un bel ricordino delle botte di ieri, non mi permette di continuare ad allenarmi a lungo. Comunque ormai dovrebbero già essere andati tutti via.
Mentre mi dirigo verso le docce mi accorgo di essermi sbagliato. Seduto su una delle panche dello spogliatoio c’è Kiminobu che mi sta aspettando. Che palle! Ci mancava solo di dover sopportare le manie apprensive della chioccia dello Shohoku.
"Scusami Mitsui, avrei bisogno di parlarti".
"Ma certo Kogure, dimmi".
Mi sforzo di essere gentile. In fondo si sta preoccupando per me.
"So che magari stai passando un brutto periodo....."
Arrossisce. Quella stupida scimmia rossa deve avergli raccontato della faccenda di Sendoh! E’ possibile che non riesca mai a farsi gli affari suoi?
".... però non ti devi abbattere, capitano a tutti momenti molto brutti. Non dovresti lasciare che certi avvenimenti negativi influenzino tutta la vita. Non devi ricadere negli stessi errori del passato".
"Sì sì, ho capito, grazie mammina! Se ora hai finito, io andrei a farmi una doccia".
Ok, tutti i miei buoni propositi su di lui sono andati a farsi friggere. Ma questo ragazzo è così dannatamente irritante! Sempre pronto a mettersi in cattedra e ad allungare una mano verso noi poveri esseri umani dall’alto della sua magnanimità. Sono stufo di stare ad ascoltarlo.
"No, aspetta un momento! C’è un’altra cosa che vorrei dirti. Ecco sì, insomma..... se hai bisogno di un aiuto..... di qualunque genere..... bhe ecco, ricordati che io sono disponibile".
Strano il modo in cui ha sottolineato la parola ‘qualunque’. Mi sfiora il sospetto che forse lui....
"Daccordo Kogure, me ne ricorderò. Grazie".
Gli sfodero uno dei miei migliori sorrisi. Lui mi guarda ed arrossisce violentemente. Quando riprende a parlare le parole gli incespicano tra i denti.
"Ecco io... c’è una cosa che vorrei dirti da molto, ma.... insomma, forse non è il momento più adatto, però..... dunque sì, quello che voglio dirti è che...... sono innamorato di te".
Abbassa il volto e chiude gli occhi in attesa della mia reazione. Che sensazione di potere! Potrei innalazarlo alla vetta più alta della felicità o gettarlo nell’abisso più profondo della disperazione con una sola parola. Da quant’è che non mi sentivo così bene! Avere una persona completamente nelle tue mani, poterla modellare a tuo piacimento.... Dopotutto, questa non è stata una giornata così pessima.
"Sei proprio sicuro di amarmi?"
Alza il volto di scatto e mi guarda con un velo di irritazione negli occhi. Interessante! Evidentemente non sopporta che qualcuno possa dubitare dei suoi sacri sentimenti.
"Certo che sono sicuro! Credi che te l’avrei detto altrimenti?"
Già, lui non è uno che agisce avventatamente. Ci deve aver riflettuto molto sopra prima di decidersi a farsi avanti. Meglio così. Sono curioso di sapere fino a che punto lo spingerebbe il suo amore per me.
"Se ti chiedessi di venire via con me, lo faresti?"
Mi guarda dritto negli occhi con aria sorpresa.
"Hai intenzione di andartene?"
"Forse. Cosa mi rispondi?"
Ha un attimo di esitazione. Giusto un secondo. Poi il suo sguardo ritorna limpido e sicuro.
"Sì, verrei ovunque tu volessi. A me basta sapere di poterti stare vicino".
E bravo il megane-kun! Non lo facevo così determinato. Vediamo se riesco a metterlo in crisi.
"E se ti chiedessi di fare sesso con me?"
E’ di nuovo spiazzato. Il sangue gli affluisce copioso verso la testa colorandogli persino le orecchie.
Ho usato intenzionalmente un’espressione che potesse urtarlo e, a quanto pare, ci sono riuscito. Il respiro gli si fa più accelerato e stringe i pugni posti lungo i fianchi. Il mio sguardo rimane impassibile, parlo con la stessa disinvoltura con cui potrei parlare del tempo.
"Intendi qui? adesso?"
Faccio un cenno affermativo con la testa.
Tira un forte sospiro.
"Daccordo, quando vorrai".
"Perchè mi ami?"
Trasalisce leggermente.
"Non lo so".
Ha esitato leggermente prima di dirlo. Vedendo che rimango ad aspettare la vera risposta, aggiungeabbassando gli occhi:
"Perchè sei infelice".
Ecco, ora mi ha proprio fatto incazzare! Come osa dire una cosa del genere? Con quale diritto giudica la mia vita? Ma soprattutto, come fa a credere realmente che basterebbe il suo stupido amore per poter migliorare la mia vita? Non è di certo di uno come lui che ho bisogno!
All’improvviso mi compare davanti l’immagine di Sendoh. No, dannazione! Neanche di lui ho bisogno! Io non ho bisogno di niente e di nessuno.
Kogure continua a guardarmi con quell’espressione comprensiva. Avrei voglia di prenderlo a schiaffi! Ma sarebbe troppo facile, scommetto che nemmeno reagirebbe. Non ci sarebbe la minima soddisfazione.
"Va bene, allora, qualche ti potrei anche scopare. Scusami, ma ora ho proprio bisogno di una bella doccia".
Forse l’acqua potrà lavare via anche questo senso di irritazione che mi formicola per tutto il corpo.
Le mie ultime parole devono averlo colpito più del dovuto. Riesco ad intuire le lacrime che gli stanno salendo agli occhi e che si sforza di trattenere. Indovino la sua voglia di andarsene via correndo senza voltarsi indietro e la sua voglia di rimanere accanto a me e di parlarmi ancora per convincermi ad amarlo quanto lui ama me.
"Ma.... intanto? Voglio dire, io sono disposto a.... sì, insomma.... lo sai! Però, ecco, io ti amo sul serio, per cui....."
"Sì, questo me l’hai già detto. Senti, possiamo uscire insieme qualche volta e poi vediamo. Sai come si dice: ‘se son rose fioriranno’".
Sì, e se son fiori roseranno (questa battuta è stata gentilmente imposta da Seimei. Tvb gemellina N.d.Y.). Qualcosa di meno banale potevo anche trovarlo, no? Per farmi perdonare gli sollevo gentilmente il viso e gli sfioro le labbra con le mie. Rimane imbambolato a fissarmi con sguardo adorante. Finalmente posso andare a fare la doccia.
Ormai è qualche giorno che esco con Kogure. O meglio, io svolgo normalmente la mia vita e lui mi segue sempre come un fedele cagnolino. Anche se la sera giriamo spesso per locali, da quando c’è lui non mi sono più ubriacato. Non perchè la sua influenza abbia un effetto benefico su di me come crede lui, ma perchè non voglio farmi vedere da questo ragazzino debole o depresso come mi capita sempre di essere dopo una bella sbronza.
Se ne avessi voglia, potrei farmelo quando voglio. Basterebbero due o tre moine e cadrebbe letteralmente ai miei piedi. Nulla di difficile, insomma. Ma non mi va. Perchè ogni volta che guardo lui, è Sendoh quello che vedo.
Sendoh..... non mi ha più cercato da quella volta. Sono un vero stupido! Prima non facevo altro che sperare che si levasse dai piedi e ora che finalmente ha deciso di lasciarmi in pace, non faccio altro che guardarmi intorno per vedere se spunta fuori da qualche parte.
Chissà cosa starà facendo adesso. Forse sta con Koshino. Probabilmente il ‘caro Hiroaki’ gli starà facendo un pompino. Me lo vedo il mio Akira a gambe aperte con Koshino fra le gambe. Le belle mani sottili dell’asso del Ryonan affondate nella massa dei capelli del suo compagno a dare il ritmo giusto al suo succhiare. Vedo il suo viso stravolto dal piacere e il sorriso malizioso e soddisfatto che assume sempre dopo essere venuto.
"Perdonami il ritardo Mitsui. E’ da molto che sei arrivato?"
Cavoli Kogure! Ero troppo assorto nelle mie masochistiche visioni per accorgermi del tuo arrivo.
Gli rivolgo un sorriso imbarazzato per rispondere al suo. Mi ha colto in un momento di debolezza e questo non va bene. Sono infuriato con me stesso perchè continuo a permettermi di pensare a quello stupido porcospino. Basta! Lui è un capitolo chiuso!
Kiminobu mi sta divorando con gli occhi con tanta innocenza da mettermi in soggezione. Ho voglia di strappare via quell’innocenza dal suo sguardo, ho voglia di macchiare indelebilmente quell’anima candida.
Con gesto mellifluo lo prendo sotto braccio e mi avvio verso il centro. Lui si irrigidisce sorpreso dal mio gesto intimo e confidenziale, ma subito si rilassa e mi si stringe al fianco.
"Mitsui, dove stiamo andando?"
"Ti porto al cinema".
Mi guarda con aria smarrita, poi mi rivolge un sorriso dolcissimo.
Povero Kimi-kun! A volte è talmente indifesa da farmi quasi pena. Quasi. Ma visto che non me ne fa, continuo con il mio piano.
In effetti è strano che io lo porti al cinema. Non ci siamo mai stati perchè io mi sono sempre rifiutato. Andare al cinema con lui sarebbe troppo ‘da coppietta’ per i miei gusti. Però è il posto perfetto per realizzare ciò che ho in mente. La luce è poca e non si può parlare. Il luogo ideale per agire.
Quanti ragazzi ho già portato al cinema per fare di tutto tranne che per vedere il film? Ormai ho perso il conto. Comprare due biglietti, scegliere i posti più appartati, accomodarmi con quella sensazione di aspettativa che sempre mi accompagnia in questi momenti fanno parte di un cerimoniale svoltosi parecchie volte.
Kogure si comporta esattamente come tutti gli altri. Questa constatazione mi mette di malumore. Non so cosa mi aspettavo di diverso da lui, ma devo dire che mi sento deluso. Come gli altri si volta a guardarmi nel buio e mi sorride perchè è felice di essere qui, con me, perchè mi è grato di avercelo portato e, come gli altri, rabbrividisce appena mentre gli passo un braccio a cingergli le spalle. Con irritazione si aspetta che io lo baci. Lo faccio, anche se non ne avrei nessuna voglia. Tiene la bocca socchiusa e io vi faccio entrare la lingua. Lui non sa come far muovere la sua e ne risulta un bacio umido e acido. Mi allontano da lui con una leggera smorfia che, per fortuna, non può vedere a causa del buio. Gli appoggio una mano sul ginocchio e la sposto in una lenta carezza verso l’inguine. Come gli altri, lui mi lascia fare. Avrei voglia di alzarmi e andarmene. Akira non si sarebbe mai comportato così. Akira mi avrebbe guardato maliziosamente e avrebbe respinto la mia mano con delicatezza, cominciando una schermaglia silenziosa atta a far crescere fino al culmine il desiderio che sarebbe poi stato sfogato appieno solo una volta ritornati a casa. Akira sa che ciò che faccio e ciò che voglio sono due binari paralleli destinati a non incrociarsi. Akira.... No, basta! Avevo detto che non dovevo più pensare a lui!
Con forza stringo la virilità del mio compagno sopra i pantaloni. Kogure trasalisce.
"Hisashi".
È la prima volta che pronuncia il mio nome e il suo tono ha un’incrinatura dovuta alla preoccupazione. Bene, se non si ribella nemmeno un po’ non mi divertirei affatto.
Lo bacio ripetutamente e lui si illanguidisce sempre di più abbandonandosi completamente. Comincio a sbottonargli i panatloni e lui cerca di fermare la mia mano con la sua. Comincio a massaggiargli l’asta da sopra la stoffa spessa e lui perde le forze e non trattiene più la mia mano anche se continua a tenere la sua abbandonata sopra la mia.
Accosta la bocca la mio orecchio e sussurra di nuovo il mio nome. È il suo modo per comunicarmi la sua resa.
Finalmente sono arrivato all’interno dei suoi boxer e quando sento la pelle liscia del suo sesso sotto le mie dita ritraggo improvvisamente la mano.
Lui è stupito e trattiene il fiato. Deve essere terrorizzato dall’idea di aver fatto qualcosa che non andava, qualcosa che mi abbia disgustato.
Non lo faccio soffrire a lungo. Sottovoce gli ordino di seguirmi, poi lo afferro per un braccio e lo trascino verso i bagni. Lui mi segue imbarazzato incespicando e tenendosi i pantaloni con una mano in modo che non gli cadano.
Appena entrati lo sbatto contro la parete e incollo il mio corpo al suo, investendolo con un bacio violento. Spingo con forza la lingua nella sua bocca, gli mordo le labbra fino a farle sanguinare mentre Kogure emette gemiti soffocati.
Comincio a strusciarmi contro la sua coscia e sento premere contro di me la sua erezione.
Kiminobu fa fatica a respirare, soffocato dalla mia lingua che gli si spinge fino in gola e dalle sensazioni che gli provoca il contatto dei nostri corpi.
Improvvisamente faccio terminare il bacio e mi scosto leggermente da lui. Kogure cerca di eliminare quell’improvvisa distanza stringendosi di nuovo addosso a me, ma io lo spingo via e lo trattengo per le spalle in modo che rimanga attaccato al muro.
"Mi ami, Kimi-kun?"
Mi guarda con gli occhi annebbiati dalla frustrazione per la lontanaza dal mio abbraccio, dal piacere e dall’adorazione.
"C-certo che ti amo.... sei la cosa più importante della mia vita".
Fatica a parlare a causa del respiro che gli si è fatto pesante.
"Sei disposto a qualunque cosa per me, vero?"
Le labbra mi si incurvano nel mio famoso ghigno da teppista. Un lampo di puro terrore passa negli occhi della povera Cappuccetto Rosso finita nelle grinfie del lupo cattivo.
Non posso permettere che si spaventi troppo, prima devo portare a termine il mio giochino. Distendo il ghigno trasformandolo nel sorriso più affascinante di cui sono capace, mentre con una mano gli sfioro delicatamente una guancia. A quel contatto lui si rilassa e mi sorride di rimando.
"Sì, sono disposto a qualunque cosa per te!"
Era proprio quello che volevo sentire.
Con un gesto brusco lo volto schiacciandolo contro la parete. Voglio che senta il mio cazzo premergli contro le natiche. Voglio che realizzi quello che gli sta per accadere.
Kogure ansima emettendo lievi gemiti. Mi vuoi, piccolo? Vuoi sentirmi muovere dentro di te?
Gli abbasso pantaloni e boxer con un unico gesto e gli faccio divaricare di qualche centimetro le gambe. Non lo sto neppure a preparare. Con le mani gli separo le natiche e un tremito percorre tutto il suo corpo.
"No!"
Cerca di divincolarsi, ma io lo tengo prigioniero tra me e la parete.
"No, Hisa aspetta... AAAAH!!!"
L’ho penetrato con un unico movimento. Kami sama com’è stretto! Questo stupidello era ancora vergine. Il suo calore è quasi intossicante. Prendo ad uscire ed entrare con spinte vigorose, mentre il corpo attaccato al mio è scosso da violenti singhiozzi.
Che m’importa se non ho usato la benchè minima delicatezza? Che m’importa se la sua prima volta avviene nel sudicio bagno di un cinema? Che m’importa se ho infranto il suo sogno per cui l’atto sessuale avviene tra coccole e carezza e con reciproca soddisfazione? Che m’importa del dolore che in questo momento sta provando? Che m’importa se sta sanguinando? Che m’importa se sta sentendo di spezzarsi in due?
Anch’io sto soffrendo. Anch’io sto sanguinando. Anch’io mi sento spezzato in due. Perchè io non ho più un sogno che può essere infranto. Perchè io sto scopando con un ragazzo di cui non me ne frega niente mentre il mio cuore sanguina per un ragazzo che non è più mio. Akira, è te che cerco nel suo corpo. È te che cerco nel suo odore. È te che cerco nei suoi gemiti. Akira. Akira!
Vengo con un grido roco. Esco dal corpo di Kogure e mi appoggio contro la porta.
Avrei solo voglia di piangere!
Il mio compagno trema ancora singhiozzando. Lo guardo con una smorfia di disprezzo. Sta facendo una scenata da santarellina oltraggiata quando è evidente che quello che è appena succeso non gli è affattto dispiaciuto. Stringe ancora con la mano il suo sesso ormai inerte, guardando con aria afflitta lo sperma che gli cola tra le dita. Lentamente si volta verso di me e mi guarda attraverso la cortina di lacrime che continuano a cadergli sul viso.
"Mi hai fatto male".
La sua voce è un mormorio flebile rotto dal pianto.
"Scusami".
Abbassa il capo umiliato dal mio tono per nulla dispiaciuto. Sono stufo di questa storia!
"Forza, ora datti una sistemata e andiamocene".
Kogure si limita a mordersi un labbro e ad eseguire il mio comando.
Pochi minuti dopo ci ritroviamo sul marciapiede diretti verso casa. Kiminobu mi segue con un’espressione delusa dipinta sul viso.
La sua passività mi manda in bestia! Più cerco di essere brusco per riuscire ad ottenere una qualche reazione, più lui mi guarda con occhi da cucciolo – un cucciolo che viene continuamente allontanato e che, imperterrito, ritorna festante riversando tutto il suo amore. Mi verrebbe voglia di urlargli: ‘Ma sei stupido? Perchè permetti che ti trattino in questo modo? Urla, ribellati, fa qualcosa, qualunque cosa, ma dimostra di avere una dignità!’. Tanto so che sarebbe inutile. Alzerebbe il suo sguardo contrito su di me, dispiaciuto per avermi dato un’altra ragione per prendermela con lui e continuerebbe a stare in silenzio con la morte nel cuore. Che vada al diavolo!
"Io vado da questa parte, così faccio prima a tornare a casa".
"Ma come, pensavo saremmo stati ancora un po’ insieme!"
Ancora quell’atteggiamento in bilico tra adorazione e delusione. Se rimango qualche secondo in più in sua compagnia finirò per strozzarlo!
"Scusa, ma sono stanco. Tanto ci vediamo domani a scuola. Dormi bene".
"Hisashi io..... sì ecco, volevo solo dirti che non sono arrabbiato con te e che sono contento che abbiamo fatto l’amore. Però, vedi.... la prossima volta preferirei che fosse in un letto".
Credo di non aver capito. Lui non è arrabbiato con me? LUI non è arrabbiato con ME?
La mia mano destra ha un leggero scatto nervoso. Oh, che incredibile desiderio di prendere a schiaffi la sua bella guancia liscia e profumata, fargli saltare via gli occhiali e lasciare un bel segno su quella bocca impertinente!
Come osa dire che non è arrabbiato con me? Dovrei forse ringraziarlo perchè, dopo avermi scocciato con il suo inutile balbettio per giorni e giorni, finalmente mi sono preso una piccola soddisfazione (che, tra l’altro, non è dispiaciuta neanche a lui!) e lui non si è arrabbiato per questo? Non voglio più averlo davanti ai miei occhi!
"Vedrò cosa si può fare. Buona notte!"
Mi allontano il più in fretta possibile senza voltarmi. Se avessi un coltello con me in questo momento, forse mi taglierei le vene.

Da quel giorno non sopporto più di vedermelo attorno. Mi disgusta la sola idea di poterlo toccare di nuovo.
Kogure è uno sciocco. Più cerco di stargli lontano e più lui mi viene a cercare. Mi segue dappertutto anche se gli urlo di starmi lontano, cerca continuamente di intavolare una conversazione anche se io sono trincerato dietro un ostinato mutismo.
L’altro giorno ho trovato una busta nel mio armadietto. Nella busta c’era un foglio con su scritto: ‘perchè?’ e la firma: Kiminobu. Piccolo stupido impertinente! Quell’insulso messaggio mi ha irritato ancora di più, così ho preferito saltare gli allenamenti pur di non vederlo. Immagino la sua delusione! Sicuramente si sarà messo a piangere pensando che la sua vita sia finita.
Ma il megane-kun è più ostinato di quel che pensassi. La mattina dopo me lo sono ritrovato davanti alla porta di casa che mi aspettava. Senza nemmeno salutarlo mi sono avviato verso la scuola e lui mi si è messo silenziosamente al fianco.
"Cerchi di evitarmi?"
Dovevo aspettarmelo che non sarebbe stato zitto a lungo.
"Non dire sciocchezze!"
"Allora perchè ieri non sei venuto agli allenamenti?"
"Avevo delle cose da fare e poi non ti devo proprio nessuna spiegazione!"
"Hisashi!"
"Piantala, non sto cercando di evitare nessuno. Non ti rendi conto di essere ridicolo?"
Si può sapere cosa vuole questo da me? Chiedo troppo se voglio essere lasciato in pace? Questa stupida sanguisuga mi sta strappando via le forze con tutte le sue seghe mentali.
"Tu mi odi?"
"No che non ti odio".
E’ vero, non lo odio. Per odiare una persona bisognerebbe tributargli una considerazione che lui non merita di certo. Tutti i miei sentimenti verso di lui possono tranquillamente essere risolti con il disprezzo.
"Perchè non parli con me?"
Ancora domande? Sono stufo di rispondere al suo insulso interrogatorio!
"Perchè non ho niente da dirti".
"Ho paura, Hisa-kun".
"Di che?"
"Ho paura per te".
"Non vedo perchè dovresti preoccupartene, tu cosa c’entri?"
Il suo sguardo è ferito. Forse ora la pianterà di stressarmi.
"Lo sai. Sai quello che provo per te. Hisashi, io ti a...."
"Sì, lo so, me l’hai già ripetuto un’infinità di volte! E adesso, per favore, cerca di startene zitto finchè non arriviamo a scuola, altrimenti ti pianto qui e me ne vado da solo!"
Kogure abbassa il capo mortificato. Quando arriviamo davanti alla mia aula lui mi augura una buona giornata e io gli rispondo con un cenno secco della testa. Poco prima che comincino le lezioni, Hanamichi entra nella mia classe e con passo spedito si avvicina al mio banco.
"Ti devo parlare, Mitchy. Vieni sulla terrazza durante la pausa pranzo".
Senza aspettare la mia risposta mi volta le spalle e se ne va.

Merda merda merda!!!
Ma insomma, cosa diavolo sta pigliando a tutti? Io ero bello convinto di incontrare Sakuragi per farmi due grasse risate sulle sue disavventure con la volpe artica e invece....? Mi ritrovo a dover ascoltare un angosciante dichiarazione d’amore grondante melassa! Dannazione, mi si saranno cariati tutti i denti!!! E poi, chi diavolo se lo poteva immaginare? Hanamichi innamorato di Rukawa. A questo punto potete anche dirmi che nel Sahara esistono dei pinguni che camminano a testa in giù ballando la Macarena che io ci crederei!
La cosa di cui mi sono più stupito è stata la mia reazione. Come ho potuto lasciarmi trascinare in da quegli stupidi discorsi? Ero patetico! Lì seduto ad elemosinare brandelli della vita sentimentale di Sakuragi (no, dico: vita sentimentale di Sakuragi!!! Ora il mondo può anche finire!). Mi faccio schifo da solo!
"Hisashi, che cos’hai? Sembri furioso. Ma la tua mano sta sanguinando! Si può sapere cos’hai combinato? Aspetta che ora te la fascio".
Ecco, mi ci mancava solo la balia! Kogure è così irritante! Ma almeno l’irritazione verso di lui mi fa dimenticare quella verso Hanamichi. Anzi, quasi quasi direi che stavolta il quattr’occhi è stato provvidenziale.
"Kiminobu che ne dici di uscire stasera?"
Il sangue gli affluisce violentemente alle guance. I suoi occhi brillano di felicità.
"Dici... dici sul serio?"
"Guarda che se non ti va fa lo stesso".
"No no, certo che mi va! Andiamo dove vuoi".
Mi sorride riconoscente per la mia proposta. Sciocco ingenuo! Scommetto che sta pensando che la sua pazienza e la sua disponibilità stanno dando finalmente i suoi frutti. Illuso. Sono ben altri i piani che ho in mente su di lui. Ho appena perso il mio gioco con Sakuragi? E va bene, vorrà dire che ne troverò un altro.

"Ciao Hisa-kun!"
Puntuale come sempre. È raggiante, ammantato in uno splendido sorriso dolce ed emozionato allo stesso tempo.
Perchè sto facendo tutto questo? Perchè non lo rimando a casa prima che sia troppo tardi? Ma forse è già troppo tardi e io non posso tirarmi indietro. Non mi rimarebbe più niente.
Ci avviamo verso la zona dei locali. Ho intenzione di andare al Tropicana Club, una bettola che frequentavo con Tetsuo e gli altri durante il mio trascorso da teppista.
Kogure intreccia le sue dita alle mie con aria imbarazzata, già pronto a scusarsi se mi vedesse infastidito dal suo gesto. Io lo lascio fare. Cosa vuoi che me ne importi?
"Dove stiamo andando?"
"In un posto qui vicino. Eccolo lì".
Davanti a noi una pacchiana luce al neon rosa schocking ci indica che siamo giunti alla nostra meta. Entriamo dalla porta di legno mezzo scardinata e con degli oblò in vetro sporco sulle ante. Dentro il locale è male illuminato e fumoso. In fondo alla sala, su un palco rialzato da tre scalini, si trova un biliardo. Sulla destra si estende il bancone al quale sono seduti gli abituali del locale. Sulla parete di sinistra si apre una porta che dà sulla cucina dalla quale esce fuori un disgustoso odore di fritto. In mazzo stanno i tavolini con le sedie scompagnate e male in arnese.
Ci sediamo ad un tavolino abbastanza vicino all’entrata, in modo da poter vedere tutti quelli che entrano. In effetti sto aspettando una persona.
Kiminobu si guarda intorno con l’espressione spaesata. Si vede subito che non è abituato a questo genere di ambienti. Intorno a noi ci sono solo facce dall’espressione truce e inquietante.
"Che posto è questo?"
Non riesce a nascondere l’apprensione che sta provando.
"Un po’ di tutto. Una trattoria, un bar, un locale notturno. Un posto dove puoi stare tranquillo quando non hai voglia che qualcuno ti rompa le scatole".
"Ci vieni spesso?"
Alzo le spalle con noncuranza.
"Una volta".
"Come mai sei voluto venire qua stasera?"
"Mi andava".
Arriva un cameriere e io ordino due birre. Kogure mi guarda con aria contrariata.
"Lo sai che io non bevo!"
"Per una volta non ti farà certo male".
"Invece sì, io non sono abituato e mi ubriaco subito".
"Senti, questo non è un posto dove puoi venire a bere il the delle cinque. Se non ti va, la birra la lasci a me, ok?"
Abbassa lo sguardo e si tormenta nervosamente le mani.
"Avrei preferito che mi portassi al cinema".
Ma guardatela la verginella come arrossisce! Lo so che avresti preferito il cinema! Per via del buio, vero? Ma io non ho nessuna voglia di buio. Non ho voglia di baciarti e risentire in bocca quel gusto acido. Non ho voglia di sentire la consistenza della tua pelle sulle mie dita. Non ho voglia di ascoltarti gemere come una troietta.
Sto per rispondergli quando, finalmente, entra proprio la persona che aspettavo. Appena ci scorge viene verso di noi e si siede al nostro tavolo.
"Ciao Mitsui, è un sacco di tempo che non ci vediamo. Mi sei mancato".
Dicendo questo appoggia la sua mano sopra la mia accarezzandomela. Kogure spalanca gli occhi e inizia a tremare leggermente. Si volta verso di me in una muta richiesta di spiegazioni. È ovvio che ha riconosciuto il ragazzo che gli è seduto di fronte. Ryo. Uno dei miei amici teppisti che mi ha aiutato il giorno in cui avevo deciso di ‘assaltare’ la palestra dello Shohoku. Ryo è il ragazzo che ha colpito alla testa il povero Rukawa. Quella volta se l’è davvero vista brutta!
"So che vi siete già visti una volta, ma permettetemi di fare le presentazioni. Ryo, questo è Kogure, un mio compagno di squadra. Kimi-kun, lui è Ryo, un mio....mmh... ‘amico’".
Kiminobu ha un piccolo scatto nervoso quando sente il modo in cui pronuncio ‘amico’.
"E così sei tornato a giocare a basket, eh? Cattivone! Trascurare in questo modo gli amici per un brango di ragazzetti in calzoncini corti che si affannano a correre dietro a una palla!"
Ryo mi passa un braccio intorno al collo e si mette a giocare con i miei capelli.
Un lampo passa negli occhi di Kogure. Si alza in piedi di scatto facendo stridere la sedia sul pavimento.
"Ma come? Il tuo amico vuole già andarsene?"
"Certo che no. Ora vedrai che si risiede".
"Io veramente preferirei tornare a casa".
Mi guarda con lo sguardo implorante di un cane che non vuole essere bastonato.
"Siediti!"
Il mio tono duro lo fa trasalire. Lentamente si rimette a sedere e tiene il capo abbassato con lo stesso atteggiamento di un condannato a morte.
"Mitsui, ma non era lui quello che mi hai detto che ti amava alla follia? A me non sembra così felice di stare in tua compagnia".
Il mio compagno alza la testa di scatto.
"Gli hai parlato di me?"
C’è timore nella sua voce, ma soprattutto una nota euforica per la consapevolezza che l’ho ritenuto tanto importante da sentire la necessità di parlare di lui con qualcuno. Chissà che razza di voli mentali si sta facendo in questo momento.
"Già, è proprio lui. Ma forse tutti i suoi bei discorsi su quanto mi ami e su quanto sarebbe disposto a fare per me non sono altro che parole buttate al vento. Forse vuole solo prendermi in giro, tu che ne dici?"
"No, non è così. Hisashi lo sai che sarei disposto a fare qualunque cosa per te?"
"Davvero Kimi-kun? Faresti sul serio qualunque cosa io ti domandassi per rendermi felice?"
Kogure sembra sciogliersi di fronte alla dolcezza della mia voce. Annuisce deciso con la testa e poi rimane imbambolato davanti al sorriso che gli regalo in cambio.
"Interessante".
Ryo sembra divertito dalla scena. Presto cambiamo argomento e ci mettiamo a parlare dei nostri vecchi amici, mentre Kiminobu mi fissa estasiato. Il povero topolino è stato ipnotizzato dallo sguardo seducente del serpente e non si accorge che nel frattempo le sue spire lo stanno stringendo sempre più forte.
I nostri bicchieri sono ormai vuoti e abbiamo ordinato un secondo giro per tutti. Kogure questa volta non ha protestato, anzi, si è scolato velocemente la sua birra e poi mi ha sorriso come a volermi dire ‘visto che bravo?’.
Che divertente! Si vede che non è abituato a bere: ha già lo sguardo appannato e fatica a mettere insieme coerentemente le parole.
Mi volto verso Ryo e ci scambiamo uno sguardo d’intesa. È ora!
"Ragazzi, casa mia è qui vicino. Che ne direste di venire a bere qualcosa da me? Potremmo guardarci un film".
"Ottima idea Ryo! Mi sono stancato di stare in questo posto e poi servono una birra disgustosa. Tu cosa ne pensi Kimi-kun?"
"Beh, non saprei..... è già molto tardi e poi non vorrei disturbare".
"Ma dai, non è tanto tardi! Comunque, se preferisci, puoi andartene a casa. Se mai può venire solo Mitsui".
Ryo mi sorride e mi stringe una mano. Kogure arrossisce e guarda Ryo con aria di sfida. No, così non va. Sarà meglio intervenire. Sfilo via la mia mano da quella del mio amico.
"Mi spiace Ryo, ma se il mio megane non vuole venire, non vengo neanch’io. Non potrei mai lasciarlo da solo".
Kiminobu sprizza felicità da tutti i pori. Se potesse mi salterebbe addosso e mi riempirebbe di baci. È gongolante nel suo momentaneo trionfo.
"Hisa-kun, se ci tieni penso che, dopotutto, potremmo fare un salto".
Basta così poco per convincerlo! Dagli un chicco di riso e sarà convinto di avere il mondo nella sua mano. La sua ingenuità è disarmante. E io sono un mostro.

Ci troviamo nell’appartamento di Ryo. Kogure ha lo sguardo spento dell’ubriaco. Sono bastate poche moine e qualche carezza per convincerlo a bere un bel bicchiere abbondante di vodka.
Il nostro ospite lo guarda con bramosia, passandosi spesso la lingua sulle labbra con fare da bambino goloso. Non aspetterà ancora a lungo. È il momento di portare a termine ciò che ho intrapreso.
Mi siedo sul divano vicino al megane passandogli un braccio intorno alla vita. Lui si appoggia contro di me e mi sorride. Gli poso piccoli baci dall’orecchio fino alla base del collo. Sento il suo respiro farsi più veloce. Lentamente lo faccio stendere sul divano e mi sdraio sopra di lui. Le mie mani cominciano ad esplorare ogni centimetro del suo corpo fermandosi poi sui capezzoli già inturgiditi.
"Ti piace così, Kimi-kun?"
"Mmmh.... sì...."
"Vuoi che continui?"
"Sì... per favore... Hisashi..."
"Però non credi che sia poco carino nei confronti del nostro ospite? Non è gentile trascurarlo mentre noi ci divertiamo".
Kogure sembra risvegliarsi di colpo. Arrossisce vistosamente e cerca di di mettersi a posto la maglia, mentre con gli occhi cerca di individuare la posizione di Ryo.
"Oh ma non dovete preoccuparvi per me! Continuate pure, se volete. A patto, però. Di potermi unire a voi, naturalmente".
Ryo si siede vicino al divano su cui siamo sdraiati e accarezza sensualmente i capelli di Kiminobu mentre io riprendo a baciarlo sul collo.
"N-no... aspettate.... a-aspettate un attimo, vi prego!"
Con uno scatto Kogure riesce a divincolarsi dalla nostra presa e a rimettersi a sedere.
"State... state scherzando, vero? Mi state prendendo in gire perchè sono un po’ ubriaco, è così?"
"Ahhh Kimi-kun, come sei noioso! Guarda che se non ti va non ti costringe nessuno. Certo che sono un po’ deluso. Credevo che avessi detto che per me avresti fatto qualunque cosa. Evidentemente in quel ‘qualunque’ non rientra un piccolo sacrificio che mi potrebbe far star meglio!"
Mi alzo e mi dirigo verso il tavolo dove riempio un altro bicchiere di vodka scadente.
"Mitsui ha ragione. In fondo ti ho sentito anch’io proclamare tutto il tuo amore verso di lui, ma, alla resa dei conti, il tuo amore deve valere pochino".
Il mio compagno ride nervosamente torturandosi i capelli e tenendo lo sguardo spento rivolto alla mano di Ryo che tocca con un gesto casuale la sua coscia.
Mi porto dietro la spalliera del divano e mi chino su Kogure porgendogli il bicchiere. Come per caso la mia bocca si trova all’altezza del suo orecchio quando sussurro:
"Forza piccolo, mandalo giù tutto d’un fiato e vedrai che le cose dopo ti appariranno sotto un aspetto migliore".
Kiminobu sembra non capire le mie parole, ma rabbrividisce a l contatto delle mie labbra sul suo lobo. Afferra convulsamente il bicchiere di vodka indeciso sul da farsi. Bisogna farlo bere, altrimenti cederà. E non deve cedere a qualunque costo!
Non so da dove derivi questa mia determinazione, nè perchè sento tutto questo come necessario. So solo che ci sono cose che non si spiegano e che è inutile tentare di capirle. La faccenda deve avere luogo e solo a quel punto potrò essere tranquillo.
Il ragazzo, infine, sembra decidersi e beve il liquido con lunghe sorsate.
"Allora piccolo, che cos’hai deciso?"
"Ecco io... se è questo che vuoi veramente.... daccordo".
"Sei sicuro?"
Si volta a guardarmi e per un attimo sembra riaquistare lucidità. In mezzo a quello che lui chiama ‘amore’ leggo del disprezzo. Non importa.
"Sì!"
Si avventa sulle mie labbra e mi sorprende con la sua voracità.
Nausea.
Ryo non perde tempo e slaccia i pantaloni di Kogure infilandogli una mano nei boxer.
Nausea.
Sento la sua lingua che mi entra prepotentemente in bocca leccando e succhiando tutto quello che incontra.
Nausea.
Ryo toglie i jeans e la biancheria di Kogure con un unico movimento, dopo di che ricomincia con la bocca ciò che aveva interrotto con le mani. Nausea. Kiminobu rimane rapito dalla suzione delle sue parti intime portata avanti dal mio amico e non si accorge che io mi allontano e vado a sedermi su una poltrona di fronte a loro da dove posso gustarmi tutta la scena. Ma tutto ciò che provo è nausea. Kogure viene con un grido roco e si sdraia privo di forze sul divano mentre Ryo prende a torturare con la lingua i suoi capezzoli duri. Kiminobu solleva lentamente le palpebre pesanti e mi vede tranquillamente seduto lontano da lui. Il terrore si dipinge sul suo volto. Cerca di alzarsi, ma il peso di Ryo lo trattiene. "Hisashi..... Hisashi.... Hisashi....." Allunga una mano verso di me sperando che io gliela afferri, ma rimango immobile a guardarlo. Ryo infila le dita nel suo orifizio e il piccolo quattr’occhi sbatte la testa da una parte e dall’altra. Pian piano la mia coscienza si stacca dal mio corpo. Assisto a tutta la scena, ma è come se la vedessi da anni luce di distanza. Tutto ciò che ho intorno a me – dentro di me – è vuoto, un’angoscia che gli imperla di sudore la fronte e che si concentra nel lato sinistro del petto. Ryo fa voltare Kogure a pancia in giù e gli solleva il bacino mentre l’altro ragazzo non fa nulla per fermarlo, continua solo a guardarmi implorante. Una smorfia di dolore gli sfigura il viso nel momento stesso in cui viene penetrato. Due lacrime gli solcano il viso e il suo corpo sussulta per le spinte che riceve. La mano del teppista scivola sul pene del ragazzo che gli sta sotto masturbandolo. Kiminobu non trattiene più i gemiti e urla il suo piacere invocando un nome. Il MIO nome. Cazzo! E’ possibile che quella troietta pensi a me anche quando si fa sbattere da un altro? Basta, non voglio più sentire ripetere quel nome, perchè quei gemiti me ne fanno ricordare altri, quelli di una persona che non voglio ricordare! Troppo tardi. Ho di nuovo davanti a me due occhi sorridenti e maliziosi, un sorriso dolce e luminoso, ciocche di capelli indurite dal gel, ritte sulla testa... Vedo di nuovo il suo volto trasfigurato dall’estasi, il suono dolce e sussurrato della sua voce che mi chiama, il suo corpo forte e flessuoso che si contorce sotto di me... La mia mano si anima di vita propria e scende sulla chiusura dei miei pantaloni aprendola. Con forza afferro il membro già duro e completamente eretto e comincio a pomparlo vigorosamente. "Hisashi.... Hisashi.... Hisashi...." ‘Akira... Akira... Akira...’ Il mio è un richiamo silenzioso che proviene da tutto il mio essere. Akira... Akira... Akira... I due ragazzi di fronte a me raggiungono il culmine con un grido e io non faccio altro che unirmi al loro coro. Mi appoggio, privo di forze, allo schienale della poltrona. La mano e il ventre sono sporchi del mio stesso sperma. Perchè? Perchè qualunque cosa io faccia, dica o pensi è sempre e solo la sua immagine che mi ritrovo di fronte? Sto sbagliando tutto, lo so. LO SO! Ma cosa devo fare, allora? Cosa? Cerco di trattenere le lacrime che mi sono salite agli occhi. Sento lo sguardo di Ryo puntato su di me. "Sai piccolo? Penso che il tuo amore voglia che tu lo ripulisca". Kogure si lascia scivolare giù dal divano e viene verso di me gattonando sinuosamente. Dopo avermi lanciato uno sguardo adorante si mette a leccarmi prima la mano e poi la pancia con studiata lentezza. Ryo ci osserva sorridendo. È tutto così dannatamente sbagliato! Non posso più sopportarlo. Devo darci un taglio. Afferro Kiminobu per le spalle e lo scosto da me. Mi rialzo aggiustandomi i pantaloni. Mentre esco in fretta da quella stanza sento Ryo ridere sommessamente. Mi accosto ad una finestra, ma non ato guardando niente. Non ne posso più. Il dolore alla sinistra del petto mi sta facendo impazzire! Sto forse morendo? Avrei bisogno di sdraiarmi e di rimanere solo. Non c’è nessuno in grado di capirmi. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto da solo. Gli sbagli, gli errori sono solo miei, non c’è nessuno a cui possa attribuirne la colpa. Vorrei andarmene da qui e scomparire, semplicemente. Ma c’è ancora qualcosa che devo fare. "Hisashi, che stai facendo?" Mi volto a guardarlo. Si è rivestito e si stropiccia nervosamente le mani. Non riesce a guardarmi negli occhi. Perchè l’ho coinvolto? Non che mi interessi sul serio che fine possa fare, ma non voglio averlo sulla coscienza. Mi deve dimenticare. E l’unico modo che conosco per farmi dimenticare, è quello di farmi odiare. "Nulla". Vado verso di lui e mi fermo a pochi passi di distanza. Aspetto che alzi lo sguardo su di me. "Hai fatto il tuo dovere da bravo cagnolino, ora te ne puoi anche andare". È ferito. Ferito come non lo era mai stato finora. "P-perchè mi parli così?" "Perchè? Come dovrei parlarti?" Piange. So cosa deve provare. Come so che un giorno si renderà conto che non potevo fare altrimenti, che per noi non c’è alcuna speranza. "Hisa-kun io ti amo!" "Ed è una cosa grave?" Sobbalza come se lo avessi schiaffeggiato. "Perchè dici così?" "Perchè ne parli come se fosse una tragedia". Non regge più la mia aria indifferente e abbassa il capo mormorando di nuovo: "io ti amo". "Io no". "Ma allora cosa sono io per te? Perchè hai accettato che ti stessi vicino se ti facevo così schifo?" Sta urlando e io ho mal di testa. Voglio che tutto questo finisca al più presto. "Ho solo usufruito del tuo buco" (frase suggerita da Seimei. Grazie gemellina^^ N.d.Y.). Smette di respirare per qualche secondo. Sbatte gli occhi, confuso. Si guarda intorno e non vede niente di familiare o amichevole. E allora fugge. Corre via lasciando la porta di casa spalancata. Non me ne importa niente. Non me ne importa niente. È solo questo maledetto dolore al petto che non decide di andarsene. Due braccia mi stringono in un forte abbraccio da dietro. "Hai fatto bene a mandarlo via. cominciava a darmi sui nervi il suo piagnuccolio". "Non è per questo che l’ho fatto". "Ah no? non dirmi che volevi rimanere solo con me". La sua risatina sommessa mi giunge all’orecchio mentre si porta di fronte a me senza lasciarmi andare. "In effetti non era gran che! Certo, era stretto da far impazzire, ma quell’aria da finto verginello alla lunga è stancante. Io sono decisamente meglio, vero Mitsui?" Ryo avvicina la sua bocca alla mia passandomi la lingua sulle labbra. "Perchè non pensiamo un po’ a noi adesso? Ci divertivamo tanto insieme una volta. Che ne dici di rivangare i bei ricordi?" "Non mi va Ryo. Hai già ottenuto quello che volevi, ora lasciami in pace". Stacco le sue braccia dal mio collo e mi avvio verso l’uscita. ‘Devo andarmene di qui al più presto!’ "Ma certo Mitsui, va pure. Se non ti va adesso non c’è problema. Tanto tornerai da me. Torni sempre da me". "No, questa volta no". Uscendo da quella casa ho la certezza che non ci metterò mai più piede. E’ ancora notte. Non so cosa fare. Sono confuso e stordito. Mi metto a girare per la città come un vampiro assetato. Ma non è il sangue ciò che bramo. In realtà non so neppure io cos’è che voglio. Le ore si susseguono alle ore. Di certo questa è la notte più lunga che io abbia mai vissuto. Ma di tutto questo domani non rimmarranno che pallide ceneri e nulla più. C’è qualcosa che devo capire. Ma non so cosa. E non so come.   Sono passati cinque giorni. Cinque giorni di interrogativi senza risposta. Cinque giorni di angoscia e dolore. Cinque giorni di inutili introspezioni alla ricerca di una risposta che non può essere trovata. ‘Chi sono... io? Che cosa faccio? Che cosa voglio? Perchè?’. Domande domande domande... e io che mi dibatto come insetto invischiato nella tela di un ragno – la mia fine è vicina, eppure non riesco a smettere di lottare per la salvezza, di lottare con tutte le mie forze fino all’inevitabile fine. Magari oggi il ragno non verrà.... magari ha già mangiato e si sente sazio e non ha bisogno di un’altra preda... magari è morto schiacciato da esseri a lui superiori.... magari.... E se fossi io il ragno? O meglio, se fossi carnefice e vittima insieme? Chi mi potrà mai salvare da me stesso? Kogure è sparito. Non si è più fatto vedere nè a scuola, nè agli allenamenti. ‘Mi stai odiando Kimi-kun? Mi disprezzi? O ti sei accollato tu tutte le colpe e ora ti vergogni di mostrarti in giro?’ Almeno a questi ultimi interrogativi voglio dare una risposta.   La casa di Kogure è una bella villetta a due piani con un piccolo giardino. ‘Accogliente’ è il primo aggettivo che mi viene in mente guardandola. L’aria del mattino è fresca e profumata. Si sente l’odore della primavera. È tutto così tranquillo che sembra di essere sospesi nel nulla. Una piccola oasi di pace. Assoporo questo istante perchè so che non può durare. Cerco di trattenerlo più che posso perchè per la prima volta da tanto tempo tutte le mie paure e le mie angosce hanno perso il loro valore. Nell’ineluttabile certezza che il momento di illuminazione sta passando comprendo ciò che devo fare. Devo umiliarmi. Umiliarmi e toccare il fondo. Perchè solo dopo aver toccato il fondo potrò finalmente risalire. Striscerò ai piedi del megane per ottenere il suo perdono – non per il perdono in sè, di quello non ho bisogno. Ma perchè devo essere il verme a contatto con la terra, ciò che la nutre e dalla quale è nutrito. Io sarò polvere, sarò terra, sarò creta e con quella plasmerò la mia nuova forma. "Mitsui-san, sei tu?" "Buongiorno Kogure-san". La madre di Kiminobu mi guarda dalla porta di casa sorridendomi nello stesso modo del figlio. "Sei venuto a trovare il mio bambino? Non sta tanto bene in questi giorni, sta sempre a letto e non vuole uscire dalla sua camera.però sono certa che gli farà piacere vederti". Ne è sicura? Io non credo, ma fingo di niente ed entro in casa. La gentile signora mi accompagna fino alla stanza di suo figlio e, dopo avermi annunciato, ci lascia soli. Entro nella camera un po’ titubante, chiudo la porta alle mie spalle e mi ci appoggio contro con la schiena. "Ciao Kimi-kun. So che in questo momento sono l’ultima persona che vorresti vedere, ma ho bisogno di parlarti". "Ti aspettavo. Sapevo che saresti venuto". Finora era rimasto disteso nel letto voltandomi la schiena, ma, dette queste parole, si alza a sedere e mi guarda con aria ferma e sicura. È ovvio che in questi giorni ha riflettuto e ha preso una decisione. "Sì, dobbiamo parlare, ma non qui. Se mi aspetti un attimo mi vesto e usciamo, così staremo più tranquilli". Annuisco. Lui si alza e indossa gli occhiali, poi, con andatura barcollante dovuta ai giorni di forzata inattività, si avvia verso il bagno. Rimango solo ad osservare la sua stanza. Non è tanto diversa dalla mia. Libri, poster, foto, cd, riviste... qualche nome e qualche soggetto possono cambiare, ma l’essenza è la stessa. Eppure io e il quattr’occhi siamo due persone completamente diverse. O forse no? forse non siamo poi così dissimili come ho sempre dato per scontato? Kogure mi strappa alle mie elucubrazioni rientrando nella camera pronto per uscire. Ci dirigiamo verso il parco a pochi isolati di distanza. Chissà perchè le persone cercano sempre il contatto con la natura quando sono ad un punto cruciale della loro vita? Una dichiarazione perderebbe il suo valore se non venisse fatta sullo sfondo di un tramonto, una decisione sarebbe meno importante se non venisse presa con la luna e le stelle come testimoni, una conversazione grave perderebbe la sua solennità se venisse condotta lontano dall’ombra degli alberi? Probabilmente siamo tutti legati agli stereotipi hollywoodiani impostici dal cinema. Ci sediamo su una panchina. Rimaniamo per un po’ in silenzio con lo sguardo perso nel paesaggio di fronte a noi. Dopo qualche minuto tutta quella pace comincia ad innervosirmi e, così, spezzo l’incanto. "Credo di essere pentito per quello che è successo". "Credi o lo sei?" Esito un istante. "Credo che dovrei esserlo". "... ma non lo sei". Di nuovo si fa silenzio, ma questa volta è un silenzio carico di tensione. Questa volta è lui a parlare per primo. "Non te ne faccio una colpa. In un certo senso me lo sono meritato". Come ribattare a questa affermazione, dal momernto in cui anche io ne sono convinto? Preferisco rimanere zitto. "Non sforzarti a chiedere scusa se non te la senti. Io non lo pretendo. Sapevo benissimo che non era me che volevi, che avevi solo bisogno di qualcuno su cui sfogarti. Ma per un po’ mi sono illuso che il mio amore bastasse a salvarti". "Kogure mi dispiace. Sul serio! Non per quello che è successo nella toilette di quel cinema o per la scena a casa di Ryo. Non sarò tanto ipocrita da chiederti scusa per quello, perchè in quei momenti era ciò che desideravo succeddesse e quindi ne pagherò ogni conseguenza. Mi dispiace per averti fatto credere che avevo accettato il tuo aiuto e che avevo deciso di migliorare per te. Di questo sono sinceramente pentito". Sospira e si prende la testa tra le mani, i gomiti appoggiati sulle ginocchia. "Ti confesserò una cosa Mitsui. quello che mi avete fatto sia tu la sera del cinema che Ryo, beh.... mi è piaciuto". Sono un po’ schockato, lo ammetto. Sospettavo che il quattr’occhi non fosse quello stinco di santo per cui si faceva passare, ma da qui a pensare che fosse una specie di gattina in calore.... non me lo aspettavo! "Beh, sì.... meglio così!" "Con questo non voglio dire che ciò che hai fatto sia giusto. Mi hai fatto molto male e ci vorrà un po’ di tempo prima che io possa riprendermi completamente. Dovrò anche fare i conti con un me stesso che non sapevo esistesse. Ho paura". "Anche io". E’ la prima volta che sento Kogure davvero vicino. L’ho sempre sottovalutato. Pensavo fosse solo un bambino viziato e saccente, invece anche lui conosce lo strazio di un animo tormentato. Guardo questo ragazzo che sta soffrendo a causa mia e mi rendo conto che ha fatto per me più di chiunque altro: ha condiviso i miei orrori senza allontanarmi come se fossi un appestato. Forse non è riuscito a migliorarmi come sperava, ma almeno mi ha fatto capire che non sono quel mostro raro e spaventoso che ho sempre ritenuto di essere. "Sai Kogure, non credo che tu fossi realmente innamorato di me. Credo che ti piacesse l’idea del Mitsui infelice che potevi redimere grazie alla forza del tuo amore". Kiminobu si volta a gurdarmi e dopo qualche attimo fa un cenno di assenso. "Capisco cosa intendi dire. Ero più innamorato dell’idea che mi ero fatto di Mitsui più che di Mitsui stesso. Probabilmente hai ragione. C’è stato un momento, però, in cui ti ho amato veramente. È stato quando hai detto di non amarmi. Ti sembrerà assurdo, ma è proprio così. Eri così bello ed emanavi una tale disperazione dietro quella maschera di indifferenza da sembrare una divinità ultraterrena costretta a rimanere sul nostro mondo per la beffa di un qualche demone. Ed io ero disperato perchè sapevo che, per quanti sforzi potessi fare, non avrei mai potuto intaccare quella distaccata perfezione. Ti prego, ti chiedo solo questo: ricordati sempre che, seppur per un solo istante, qualcuno ti ha amato per ciò che sei veramente". "Te lo prometto. E ti ringrazio. Mi sono sempre considerato superiore a te – superiore a tutti in un modo o in un altro, ma ora mi accorgo di essere solo una persona qualunque, nè più nè meno. Non sono degno dell’amore che mi hai dimostrato". Il megane si illumina di un dolce sorriso. "Sì che lo sei. Devi solo trovare la forza di avere più fiducia in te stesso. Sono certo che ci riuscirai e prima di quanto immagini". "Me lo auguro davvero!" Nella brezza del mattino di una timida primavera, persino io posso ritrovare la speranza?   Stupido! Stupido stupido stupido che non sono altro!!! Come ho potuto far loro questo? Eppure giuro che non volevo! Lo ammetto, ero geloso di Sakuragi e Rukawa, del sentimento che li univa. Ma da qui a fare in modo che rompessero!!! Hanamichi è l’unico che mi si sia dimostrato amico in questi giorni e io avevo solo bisogno di sfogarmi un po’. Dannazione, è tutta colpa di Sendoh! Già, perchè è a lui che pensavo quando sono andato a chiedere consigli sul vero amore alla testa rossa. Ed era sempre a lui che pensavo quando ho rivangato gli avvenimenti che hanno portato alla nostra fatidica scommessa. Poi la situazione non ha fatto che precipitare sempre più in basso: Rukawa che ascolta non visto il nostro discorso, che non vuole sentire le nostre spiegazioni, che colpisce Sakuragi e lui che si lascia colpire senza reagire. E ancora la corsa disperata di Kaede, io che cerco di medicare le ferite di Hanamichi e lui che ancora non reagisce. Non ha detto una parola il mio povero amico. Era distrutto. È’ andato via senza neanche salutarmi. Ma più terribile di tutto è stato il giorno dopo. Sakuragi non è venuto a scuola, si è presentato solo più tardi agli allenamenti portandoci la notizia che Rukawa non sarebbe tornato per un po’ perchè era partito per un viaggio con i suoi genitori. Non ha dato altre spiegazioni e se n’è andato. Gli sono corso dietro, dovevo assolutamente sapere se le cose stavano realmente come ci aveva fatto credere. Quando, infine, l’ho raggiunto e gli ho chiesto cosa fosse successo veramente mi ha detto: "Voleva uccidersi. L’ho trovato chiuso in bagno con una scorta di barbiturici sufficiente a mandarlo dritto al Creatore. Ora sta meglio, ci siamo spiegati, ma per qualche giorno starà ricoverato in una clinica specializzata. Questa che ti ho fatto è una confidenza, ti prego di non dire nulla agli altri". Aveva l’aria stanca e sembrava parlare a fatica. Ha aspettato che gli promettessi il mio silenzio e poi ha ripreso la sua strada senza aggiungere altro. È passata una settimana da allora, ma ancora non riesco neppure a guardarlo negli occhi. Eppure ora sembra che si sia ripreso. È’ più rilassato e tranquillo e ha ricominciato a proclamarsi il tensai. Penso sia un buon segno. Ma i rimorsi che mi attanagliano non mi permettono di rivolgergli la parola.   Quattordici giorni. Trecentotrentasei ore, ventimilacentosessanta minuti, un milione duecentonovemilaseicento secondi. Sono quattordici giorno che tengo duro. Faccio finta di niente, sono tornato alla mia vita morigerata fatta di scuola e allenamenti. Fingo serenità, impegno, disciplina. In una parola resisto. Resisto così bene che potrei quasi scrivere un trattato sulla resistenza umana. Ma dentro di me sto urlando. E quel grido è così forte da smembrare e lacerare ogni mio organo. Sto piangendo, non lo vedete? Sto sanguinando, non lo vedete? Sto morendo, non lo vedete? A volte mi chiedo cosa ne sarebbe stato di me se Rukawa si fosse realmente suicidato, se avrei infine ceduto o se sarei riuscire a sopportatre anche questo peso sul cuore trasformandomi in quel mostro che avevo sempre paventato di diventare. Un mostro di crudeltà e indifferenza, un mostro così meschino da riuscire a fare del male senza neanche rendersene conto e così pavido da continuare a vivere nonostante tutto. Per fortuna non è successo. Per fortuna non devo fare i conti anche con questo. C’è sempre e solo un’ombra che tormenta le mie veglie e i miei sonni. Akira Sendoh. Perchè non faccio che pensare a lui? Perchè sento che finchè non lo avrò affrontato una volta per tutte non potrò trovare le risposte che sto così affannosamente cercando su di me e sulla mia vita? Forse dovrei rassegnarmi e accettare che la mia esistenza non è altro che un enorme punto interrogativo. No, non mi rassegno. Voglio trovare le risposte a qualunque costo. Ora so cosa devo fare. Devo affrontare i miei problemi uno per volta a viso aperto. Oggi parlerò con Sakuragi.   Ho accompagnato Hanamichi sulla strada per la clinica dove è stato ricoverato Rukawa. Oggi, fortunatamente, lo dimettono. Io e il mio compagno abbiamo un po’ parlato lungo il tragitto. Ora so che è felice e so che non ce l’ha con me per quello che è successo. Anzi, in un certo senso credo che sia stato felice di avermi incontrato la famosa sera del suo cinquantunesimo rifiuto. Quel ragazzo è talmente pieno di forza e allegria da farmi invidia. Nonostante il suo grande amore sia stato a un passo dalla morte oggi aveva l’aria di un bambino goloso al quale è permesso di comprare tutti i dolciumi che vuole. Si vede che il ritorno a casa del volpino gli ha fatto proprio bene! Li ammiro moltissimo. Ognuno ha trovato la propria ragione e la propria fonte di energia nell’altro e ora non c’è più nulla che li possa ostacolare veramente. A me non è mai stata data questa possibilità. O forse sì e non me ne sono accorto? Devo ancora fare chiarezza in me, ma sento che di momento in momento mi sto avvicinando di più alla mia meta. Mi rimane ancora un ultimo passo da fare. Già, un ultimo passo. Il più difficile. Affrontare Sendoh. Ho paura, molta paura. So già che quando me lo troverò davanti mille sentimenti diversi scenderanno in lotta tra di loro. Riuscirò ad essere io ad uscirne vincitore? Non lo so. Non ha importanza. O forse sì, ma se mi mettessi a valutare adesso i rischi e le conseguenze non alzerei più un dito. Invece devo muovermi e alla svelta. Un senso d’urgenza mi pervade. Sono quasi arrivato, manca poco ormai. Non mi posso arrendere. Qualunque cosa capiti, andrò fino in fondo. Mi sono lasciato dietro pezzi di me stesso che non riconoscevo più, come un serpente che abbandona le sue vecchie pelli dopo aver praticato la muta. È ora di conoscere il vero Mitsui.   La bella camera spaziosa illuminata dall’ampia vetrata della posrta-finestra, i bei mobili solidi e raffinati, i quadri alle pareti, i premi e le foto sulle mensole, il ripiano con i libri... E l’odore! Oh quel profumo meraviglioso di sandalo che caratterizza tutte le sue cose! Niente è cambiato dall’ultima volta che sono stato qui. la nostalgia mi assale improvvisa stringendomi in una morsa dolorosa lo stomaco e facendomi salire le lacrime agli occhi. Ma non piangerò. Non voglio che mi veda piangere. Mi sta guardando fisso negli occhi con un’intensità tale che mi fanno male le pupille. Sorride, come sempre. Forse vorrebbe parlare, ma l’emozione che lo pervade non gli permette di emettere un solo suono. La nostra è una conversazione silenziosa espressa attraverso i nostri sguardi. La radio, perennemente accesa, trasmette musica rock che non si addice molto all’atmosfera. Ma non importa. C’è la finestra aperta dalla quale entra il sole tiepido del pomeriggio, c’è il pallone da basket con il quale ci siamo allenati tante volte insieme, c’è la foto della nostra gita al mare dell’estate scorsa. In realtà, non c’è assolutamente niente. Solo Akira con quel sorriso sincero dipinto sulle belle labbra vermiglie, i soliti buffi capelli a punta e tanta dolcezza che traspare dagli occhi. E mi sta guardando. Dei! È questa ciò che chiamate ‘felicità’? Continuiamo a fissarci senza muovere un dito, entrambi impauriti di fare la prima mossa. Ma se anche trovassi il coraggio di avvicinarmi o di toccarlo, vorrei davvero spezzare la perfezione di questo attimo sospeso nell’eternità? Mi chiedo come ho fatto a stargli per tanto tempo così lontano. Mi costringevo a credere di odiarlo e di disprezzarlo per quello che aveva fatto, ma il desiderio represso di lui, della sua vicinanza è sempre con me, come il fuoco che rimane a riposo sotto le ceneri per poi divampare più forte di prima appena gli viene accostata nuova legna. Ora ho un incendio che divampa dal cuore per raggiungere ogni cellula del mio corpo. Devo calmarmi, devo assolutamente calmarmi o rischierò di impazzire! Devo riprendere a respirare e controllare i battiti del mio povero cuore. Sono ebbro di gioia e questo non va bene perchè ho perso la lucidità che ora deve essere riconquistata a qualunque prezzo. "Sei qui! sei qui davvero!" Il suo è solo un sussurro, ma rimbomba nella mia testa come la scarica di mille cannoni. E poi, non so come, mi ritrovo a volargli tra le braccia e astringerlo convulsamente. Akira continua a ripetere: "Sei qui! sei qui!" e io mi perdo nel calore del suo petto. È strano, forse anche un po’ ridicolo. Ho passato tutta la vita odiando il mio destino, cercando ogni pretesto per sfidarlo e ingiuriarlo. Ed ecco che ora il destino mi fa questo regalo! Questo è il mio grande tesoro che conserverò per la vita intera, questi attimi di pura felicità sono tutta la mia ricchezza. Non c’è stato niente prima e non ci sarà niente dopo, mi dissolvo nel ‘qui’ e nell’’adesso’. Condenso un’intera esistenza in un solo momento perchè non importa la durata, importa che accada. Lentamente sciogliamo il nostro abbraccio e torniamo a fissarci negli occhi. Vorrei annullarmi nel suo sguardo! Akira mi prende il volto fra le mani e con i pollici mi accarezza dolcemente le guance. "Ti amo". Chiudo gli occhi abbagliato dallo splendore delle sensazioni che queste due semplici parole mi hanno donato. "Sì, è così". La mia è una semplice affermazione. Sapevo già la verità di ciò che mi è stato appena rivelato, esattamente come il neonato sa che succhiando dal seno della madre la sua fame verrà placata, ma lo comprende solo quando la mammella gli viene accostata alle labbra. È il mio istinto a saperlo. È la mia anima a comprenderlo. Mi bacia a fior di labbra. È un bacio fresco, leggero, ma ricolmo di un’infinita tenerezza. "Perchè non sei venuto prima? Perchè mi hai fatto aspettare così a lungo?" "Sono successe tante cose Sendoh e io..." "Sendoh? Non mi chiami più Akichan?" Quanto mi mancavano il suo sguardo malizioso e la sua voce che risuona di lievi venature ironiche! "Se sapessi quello che ho combinato dopo l’ultima volta che ci siamo visti, non credo che avresti ancora voglia che ti chiamassi così". Mi posa gentilmente l’indice sulla bocca, mettendosi poi a giocare con le mie labbra. "Non mi interessa cosa puoi aver fatto. L’unica cosa di cui mi importa veramente è che tu sia qui, con me. E che ci resterai". "Akichan, non è per questo che sono venuto. Io ho assolutamente bisogno di parlare con te". Si allontana di un passo, leggermente indispettito. "Vuoi parlare con me per poi andartene di nuovo?" "Non ho detto questo! È solo che ci sono delle cose che devo assolutamente capire prima di prendere una qualsiasi decisione in merito". "Quindi il mio compito è quello di farti ‘capire’ che quello che vuoi veramente è stare con me?" "Tu non mi stai ascoltan....mph!" Sendoh attacca le mie labbra facendo capitolare la mia scarsa resistenza con l’uso di lingua e denti. Ci stacchiamo senza fiato e io lo guarda con aria contrariata, anche se non posso nascondere che quel bacio mi ha risvegliato istinti animaleschi neanche troppo sopiti. "Cosa c’è, Hisachan? Non dirmi che non ti è piaciuto perchè qui c’è ‘qualcuno’ che ti sta smentendo in pieno": Appoggia la sua mano sul mio membro che preme contro la stretta stoffa dei pantaloni. Non trattengo un gemito di piacere. Questo ragazzo ha delle mani d’oro! Avvicina il viso al mio fino quasi a far toccare le nostre bocche. Mi spingo avanti per baciarlo, ma lui mi tiene a distanza appoggiando l’altra mano sul mio petto. "Allora Hisachan? Non mi volevi parlare?" I movimenti della sua mano sul mio pene si fanno più decisi, mentre le dita dell’altra mi pizzicano un capezzolo. Il suo fiato danza sinuosamente sopra il mio volto e quando passa la punta della lingua sulle mie labbra trattengo a stento un urlo di frustrazione. "No.... non ora". "Ah no, mio bel koibito? Allora cos’è che vuoi ora?" Mi apre velocemente i pantaloni e quando la sua pelle viene finalmente a contatto con il mio sesso turgido mi aggrappo alla sua schiena appoggiando la fronte contro la sua spalla, nel timore che le gambe non riescano più a reggermi. "Ora... voglio... te!" Lo sento sorride mentre mi sussurra: "Molto bene, Hisachan! Non era meglio dirlo subito?" Mi getta bruscamente sul letto e si sdraia sopra di me. La sua lingua percorre la linea del mio collo fino a raggiungere l’incavo alla base di esso, dove si ferma succhiando furiosamente. La sua voglia di me è violenta e inarrestabile. Le sue mani accarezzano e graffiano, la sua bocca morde e lambisce. È un miscuglio di gesti delicati e dolorosi, quasi volesse vendicarsi per la mia prolungata lontananza e ringraziarmi per il mio insperato ritorno. Mi spoglia, quasi strappandomi i vestiti di dosso. Sono completamente in balìa di questo ragazzo meraviglioso che mi tortura offrendomi i doni più preziosi al mondo per poi nasconderli quando cerco di afferrarli. Gli unici suoni che riesco ad emettere sono singulti nei quali a mala pena si distingue il suo nome. "Akira... Akira..." Da quanto tempo volevo gridarlo questo nome! Per me è la parola più bella e ricca di significato che ci sia e mi è stata negata così a lungo che pensavo di morirne! La sua bella mano forte e affusolata si stringe sulla mia dolorosa erezione portandole un po’ di sollievo. Il suo movimento è lento e quasi ipnotico: su egiù... su e giù.... su e giù.... La mia frustrazione giunge al culmine, mi sta facendo impazzire, non ne posso più!!! Affondo le unghie nella carne tenera delle sue spalle e cerco di aumentare il ritmo delle pompate muovendo il bacino, ma sono schiacciato dal peso del suo corpo e agito inutilmente le gambe come una tartaruga caduta sul dorso. "Akira... ti prego... più forte!" "Non ti hanno insegnato che chi va piano va sano e va lontano? Non dirmi che non è la pazienza una delle tue più grandi virtù". "Sei solo un lurido... Ah!" La pressione della sua mano si è fatta maggiore e il movimento improvvisamente più rapido mi toglie la capacità di terminare la frase. "Forza, Hisachan. Dillo: che cos’è che sarei?" "Ah... sei... sei un... ahhhhh!" Il ritmo è aumentato ancora e una spessa nebbia si impadronisce del mio cervello. "Sono un... ahhh? Mmhh... non credo fosse questo ciò che volevi dire. Avanti, dillo! Dimmelo che sono l’unico che vuoi perchè non c’è nessuno che sappia farti godere quanto me". "S-sì... tu... tu sei... fantastico!" "Dì: il migliore". "Il.... m-migliore..." Mi bacia con foga infilandomi la lingua tanto a fondo da rischiare di soffocarmi. Quando si stacca, interrompe anche la sua opera con la mano, ma prima ancora che possa protestare la sua bocca si chiude su di me facendomi urlare di piacere. Mi abbandono totalmente alle mie sensazioni. Chiudo gli occhi e con la mente riesco a vedere tutti i colori che siano mai stati creati dalla natura o dall’uomo. Affondo nel mare del piacere che mi sommerge tranquillizzante e che mi culla come le braccia di una madre. Tutto è così bello, così pulito, così chiaro! Non voglio che finisca mai, mai... Purtroppo la realtà è ben diversa e con un acuto degno del migliore cantante d’opera esplodo nella bocca del mio amante. Sono prostrato e ansante. Quando riapro agli occhi mi trovo davanti un dolcissimo sorriso che mi stringe il cuore in una morsa d’acciaio. "Ah Hisachan! Non sai che delitto che stavi per commettere! Stavi per farmi dimenticare quanto tu potessi essere buono". Solo ora mi rendo conto che lui è ancora completamente vestito. Con uno scatto mi porto sopra di lui e lo bacio con trasporto, mentre le mie mani cercano di sbottonare la camicia il più in fretta possibile. "Se continui così finirai per strapparmela". Gli rispondo continuando nel mio lavoro di svestizione. "Non mi sembra che tu sia stato molto più tenero con i miei vestiti". Scoppia a ridere. Quanto è bella la sua risata! Quel suono così fresco e cristallino mi penetra attraverso i pori della palle irraggiando mille brividi in tutto il corpo. Mi sto eccitando di nuovo. Finalmente anche la fastidiosissima biancheria è stata eliminata. Quando mi ritrovo di fronte al suo bel membro eretto come una sfida contro il cielo non posso fare a meno di sentire un senso di reverenza. Bacio la punta sensibile come un devoto bacerebbe l’immagine di una divinità. Con abili mosse della lingua disegno il contorno di tutta la sua lunghezza. Giunto allo scroto comincio a succhiare i suoi dolci testicoli. "Oh koi, adoro la tua bocca!" Spronato da questa affermazione mi avviccino alla cappella prendendola in bocca. Sendoh mi afferra per i capelli cercando di spingermi più a fondo, ma io faccio resistenza e con una mano gli massaggio le palle gonfie. Quando lo sento irrigidirsi e capisco che è vicino all’orgasmo mi faccio scivolare il suo pene fin quasi in gola aumentando il ritmo delle pompate e l’intensità della suzione. Vengo invaso dalla linfa del mio Akichan e lecco e ingoio tutto per non perdere neanche una goccia di quel preziosissimo liquido. Finita l’operazione di ripulitura mi avvicino al volto del mio bel amante e appoggio la mia fronte alla sua. Lui mi prende il volto tra le mani e mi guarda intensamente negli occhi. "Non crederai che questo mi possa bastare, vero? Voglio molto di più. Voglio sentirti dentro di me. Voglio che mi fai urlare così forte da far credere ai vicini che stiano commettendo un omicidio e che chiamino la polizia". "Sei sicuro di volere questo?" Il mio tono serio e asciutto lo spiazza. "Certo che lo voglio! Non ho desiderato altri che te in tutto questo tempo. Non facevo altro che sognarti: la tua pelle contro la mia, la tua bocca sulla mia, le tue mani che scorrevano sul mio corpo. E tu mi chiedi se sono sicuro di volerlo?" "Va bene, allora. Ma poi non ti lamentare se la polizia ci interrompe proprio sul più bello". Akira mi spinge via, offeso; poi si getta su di me facendomi il solletico. Ed io rido. Rido come non facevo più da molto tempo, rido come quando ero bambino e tutto mi sembrava grande e luminoso e bello! Rido e le mie risate si trasformano in baci, in carezze, in passione. Ci sono solo io e c’è solo Akira. E poi c’è Akira e sopra di lui ci sono io. Ci sono le nostre mani che si intrecciano, la nostra pelle che si sfiora, i nostri respiri che si uniscono, le nostre anime che si fondono. "Hisashi prendimi, prendimi ora!" Entro dentro di lui con lentezza e circospezione per non fargli male, ma lui mi afferra per le anche e mi spinge violentemente contro di lui. È così caldo e accogliente che perdo subito il controllo. Le mie spinte si fanno subito veloci, la mia bocca si avventa a succhiare e mordere un suo capezzolo, le mie mani si muovono senza pace da un punto all’altro del suo corpo lambendo e massaggiando, il suo sesso sfrega contro il mio stomaco. Essere in lui, essere parte di lui... non è forse questo che ho cercato tanto? Mi conficca le unghie nella schiena mentre urla tutto il suo dolore e il suo piacere. Lui chiama me e io chiamo lui recitando la nostra preghiera di comunione. Quando sento lo schizzo violento del suo sperma sulla faccia non riesco più a trattenermi e lo riempio con il mio fluido bollente. Rimaniamo abbracciati. Akira mi sfiora la schiena con languide carezze. Rimaniamo in silenzio, perchè a volte il silenzio ha più valore delle parole. Ci stiamo dicendo che ci amiamo, ci siamo sempre amati e ci ameremo sempre. Un’idea si fa strada in me diventando più forte a mano a mano che passano i secondi, finchè non diventa tanto potente da spingermi a parlare. "Akira, voglio fare l’amore con te". Alza un sopracciglio e un leggero sorriso gli increspa le labbra. "Scusa, ma fin’ora cos’è che avremmo fatto secondo te?" Arrossisco. È un pensiero difficile per me da esprimere. "Sì, certo, ma quello che intendevo dire era un’altra cosa. Insomma io vorrei fare l’amore con te in un’altra maniera". "Ah, ho capito! E così ora ti è venuta la mania della sperimentazione, eh? Bene bene, penso che ci siano tanti giochini che potremmo provare". Mi alzo a sedere di scatto mollandogli un poderoso pugno nello stomaco. "Non hai capito un tubo come al solito. E i giochini li vai a fare con quel pervertito di Koshino, non con me!" Mi abbraccia da dietro la schiena appoggiando il mento sulla mia spalla. "E dai, non te la prendere! E poi non ho intenzione di fare un cavolo con nessuno se non con te. Comunque sei tu che non ti sai spiegare. Si può sapere di cosa stavi parlando?" "Ecco, vorrei.... vorrei che tu facessi l’amore con me come io in genere lo faccio con te". Per un attimo il suo corpo si tende e smette di respirare. "Guarda che se lo fai per me non è necessario. Io adoro il modo in cui lo facciamo, davvero! Non ho bisogno d’altro, anche se l’ho capito quando ormai era troppo tardi. Non voglio che tu debba fare qualcosa che non ti senti veramente solo perchè credi che a me possa far piacere". "Vuol dire che non ti piacerebbe?" Sono un po’ deluso, mi aspettavo una reazione diversa. "Stai scherzando? Certo che mi piacerebbe! Da quando ti conosco mettertelo nel culo è stata la mia massima aspirazione". Gli do una gomitata nelle costole. Non si merita altro questa razza di hentai!!! "Ouch!... Ok ok, ti chiedo scusa per la volgarità. Però è veramente una delle mie massime aspirazioni erotiche!" Come si fa a rimanere arrabbiati di fronte ad un sorriso del genere? È assolutamente disarmante! "Comunque non l’ho detto solo per fare un piacere a te. Lo vorrei veramente". "Ma Hisachan..." "No, ascolta! Voglio farlo, voglio darti tutto me stesso. Voglio provare tutto ciò che provi tu di solito, in questo modo potremo essere davvero una cosa sola". "Ti farà male e io non voglio farti del male". Il suo sguardo è preoccupato e di una dolcezza struggente. "Mi farai male solo se rifiuterai la mia offerta". Rimane a fissarmi per qualche istante per vedere se le mie parole sono sincere e poi mi sorride pieno d’amore. "Sì, Hisashi. Anch’io ho voglia di fare l’amore con te". Ci baciamo con voluttà mentre la nostra passione rinasce prepotente. Sendoh mi fa sdraiare e con baci lievi scende lungo il mio torace fino al ventre, soffermendosi sui punti che mi danno maggiore piacere. Gioca con il mio ombelico facendovi guizzare dentro e fuori la lingua vellutata. Quando sono completamente eccitato sposta il viso verso il basso, sfiorandomi l’erezione con il naso. Arriva con la bocca alla mia apertura e ci infila dentro la lingua bagnandola abbondantemente con la saliva. Sono incredibili le sensazioni che sto provando, non credevo che potesse essere così. I gemiti mi escono prepotenti dalla gola e la mia eccitazione non fa che aumentare. Mi ritrovo a succhiare le dita del mio amante senza neanche ricordare quando me le ha messe in bocca. Akira abbandona quel lavoro così delizioso torna su a divorarmi le labbra. Sento l’intrusione di una delle sue dita, ma non lo trovo tanto doloroso. La questione cambia quando il numero delle dita aumenta. Stringo i denti e a poco a poco il piacere riesce a superare il fastidio, tanto che quando Akira pone termine alla dolce tortura mi sento vuoto. La delusione non dura molto perchè Sendoh prende a massaggiarmi il membro con movimenti diacronici che mi fanno impazzire. Sono completamente concentrato sul nuovo lavoro che all’inizio non mi rendo conto di ciò che sta premendo il mio orifizio. Quando Akira mi entra dentro il dolore è troppo grande e stupide lacrime cominciano a scendermi sulle guance. "Perdonami amore mio, perdonami. Non volevo farti del male, scusa!" Il mio meraviglioso ragazzo mi bacia dolcemente il viso asciugandomi le gocce salate che vi trova sopra. "Non ti preoccupare. Continua". Sento le sue spinte farsi sempre più vigorose. ‘Dannazione, fa male, fa male, fa male, fa male!’ Mi afferro alle sue gambe tese sentendo sotto la pelle il movimento dei muscoli. Avrei voglia di spingerlo via, di porre fine a tutto questo, ma all’improvviso una scarica mi percorre la schiena. Akira sta ancora prendendosi cura del mio sesso, ma non è da lì che proviene tutto il piacere che sto provando ora. È da un altro punto, così nascosto e segreto che non pensavo neppure esistesse. "Così Akira.... più forte!" L’asso del Ryonan esegue il mio ordine e io raggiungo un’estasi che mai avevo provato fin’ora. Il mio seme si spande tra i nostri corpi. Sendoh passa un dito sul mio ventre raccogliendo un po’ di quel succo e se lo porta alla bocca. "Non penserai che sia finita qua, vero? Perchè io ho ancora qualcosa da darti". Sono totalmente intontito. Il mio amante mi fa voltare e mi lascia una scia di umidi baci sulla schiena. Mi prende di nuovo, ma questa volta non fa male, i miei muscoli sono ancora rilassati per il recente orgasmo. "Ti amo, Hisashi.... Non credevo.... fosse possibile, ma.... è così: sono... sono innamorato di te.... Non devi più lasciarmi.... non voglio più stare solo". La sua voce che va a ritmo con i nostri corpi, il desiderio di lui che mi fa andare incontro alle sue spinte, il mio sesso, di nuovo eretto, che sfrega contro le lenzuola. Questa volta raggiungiamo il culmine insieme, avvinti dallo stesso intenso piacere. Dolcemente Akira abbandona il mio corpo e, così abbracciati, dormiamo finalmente il sonno dei giusti.   Mi sveglio che ormai è sera. Il ragazzo accanto a me che mi stringe possessivo dorme ancora. Dio, quanto lo amo! Vorrei che questa pace non finisse mai, vorrei che questa felicità non finisse mai. Eppure, cosa farò una volta lontano dalle sue braccia? Sarà di nuovo tutto come prima? No, non posso. Non lo sopporterei. Ora so che anche io posso essere felice. Ma so anche che, se rimanessi con Akira, mi appoggerei totalmente a lui. Diventerebbe la mia unica ragione di vita, l’unica cosa che possa donarmi serenità. Alla lunga questo minerebbe il nostro amore. Non sarebbe giusto, nè per me, nè per lui. Ho bisogno di trovare il mio equilibrio, di trovare il mio posto nella vita e l’unico modo possibile è farlo da solo. Akira, nel sonno, mi stringe più forte a sè. Mi irrigidisco. Era troppo bello, ma non posso più farvi assegnamento. Non piango. Non posso permettermi di piangere in un momento come questo. Più tardi, forse, sarà possibile. Più tardi me lo concederò. Con delicatezza mi sottraggo dal suo abbraccio e mi alzo. Raccolgo i vestiti sparsi per il pavimento e li indosso. Hanno ancora il suo profumo addosso. Quando sono pronto mi accosto al letto e poso un bacio sulla fronte di Sendoh. "Mmmh... Hisachan". "Sto andando via". Fatica a tenere gli occhi aperti. "Rimani qui, non te ne andare". "E’ necessario". "Ma no che non lo è! Rimani, ceniamo insieme e poi magari usciamo". "Non è possibile. Devo andare via. Da solo". All’improvviso spalanca gli occhi allarmato, forse, dal mio tono di voce. "Cosa vuol dire che devi andare da solo? Tornerai, vero?" Gli sorrido tristemente. "Forse". "Cosa vuol dire ‘forse’?" Si tira su a sedere e mi guarda furioso. "Non mi puoi lasciare di nuovo! Questa volta non te lo permetto! Tu mi appartieni e non ti permetterò mai di andartene!" Si alza e si veste con scatti nervosi. "E’ vero, ti appartengo. Tuttavia me ne andrò". "Perchè?" Mi guarda disperato. Non capisce, non può capire. O forse sì. Forse, se glielo spiego, capirà. "Aki...." "Ti amo. Non andartene". È fuori di sè. Si inginocchia davanti a me e posa la testa sulle mie gambe. Gli passo una mano nei capelli e lo accarezzo come farebbe una madre premurosa. "Sì, è incredibile. Tu hai guardato nel mio profondo e riesci ad amarmi. Chi altro riuscirebbe ad accettarmi, a conoscermi come tu mi conosci e ad amarmi? Eppure tu sei qui, mi guardi e vuoi che resti con te". Alza il volto e fissa i suoi luminosi occhi carichi di lacrime su di me. Mi sorride. "Non potrai fare a meno di me e tornerai". "Probabilmente sarà così. Ma userò tutte le mie forze perchè questo non accada. Voglio tornare da te solamente quando avrò imparato a fare a meno di te". "Questo non ha senso!" E’ in piedi di fronte a me e mi volta le spalle. "Akira io sono debole. Ho sempre cercato di negarlo e di apparire forte ed indipendente, ma non è così. Senza di te non sono nulla. Ma questo è giusto? Questa è vita? Quando sarò forte abbastanza da poter essere qualcuno indipendentemente da te, prometto che tornerò. Se mi vorrai ancora". "Cosa farai ora?" Continua a voltarmi le spalle. "Cercherò la mia strada. Il basket, sai, quello mi piace sul serio. Credo che ricomincerò da lì". "Va bene, allora vattene". In fondo è questo quello che voglio. Eppure lasciare questa stanza mi costa così tanta fatica! "Hai sentito cosa ho detto? Vattene via!!!" Scoppia a piangere. No, amore mio, non piangere! Non posso vederti soffrire così e sapere che ne sono io la causa. Un nodo amaro mi stringe la gola. E’ giusto, è ora di andare. Mi volto, scendo le scale, apro la porta di casa, sono fuori. Respiro dolorosamente l’aria fredda. Possibile provare male anche per un gesto così semplice? Mi avvio verso casa. Dopo pochi passi sento una porta sbattere. "Chi cavolo ti dice che sarò lì ad aspettarti? Posso trovarne decine migliori di te. Dammi una sola buona ragione per cui dovrei accontentarmi di un ‘forse tornerò’". Mi volto un po’ sorpreso. Sendoh è in mezzo alla strada con il volto gonfio e contratto per via delle lacrime, scalzo e con i vestiti stropicciati. A quella vista il cuore mi si scioglie dalla tenerezza. Gli sorrido sinceramente. "Ti amo, Akira Sendoh. Qualunque cosa succederà, che io possa fallire o riesca nel mio intento, continuerò ad amarti. Non ha importanza che tu mi aspetta o no. comunque tu decida, avrai sempre il mio amore con te". Rimane a fissarmi con le guance rigate dal pianto. Poi il suo volto si stende e torna a sorridere. "Tornerai, lo so. E io sarò qui ad aspettarti". Anche io gli sorrido. Sì, tornerò. È’ una promessa.   ‘Sento lo schianto dei polmoni al primo vagito Vedo la luce che mi ferisce le rinnovate pupille Odoro il sentore di vita che mi soffoca e mi sommerge Tocco la nuova impalpabile armonia Gusto l’acre sapore dell’esistenza. Oggi esulto per me, Novella Fenice, Rinata dalle ceneri di innumerevoli passati. E’ l’antica fine che precede l’inizio. E’ il nuovo inizio che precede la fine. Sono l’infante nel corpo di un uomo Sono il vecchio nell’animo del bambino. Nel deserto è nato un fiore Nei miei occhi brilla la speranza’.   FINE      


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