Disclaimers: i personaggi non sono di mia proprietà ma degli aventi diritto, quindi non chiedetemi nulla!

Avvertenze: questa parte è vista dal punto di Rukawa. In futuro lui e Hanamichi si alterneranno nel racconto della storia, ma specificherò sempre prima chi sta parlando. Mi scuso ma temo che sarà una fic molto lunga ^^;; per cui armatevi di santa pazienza

Buona lettura!

 


La scommessa

Parte III: Thank You My Angel

di Yurika


Ho sonno. ‘Strano!’ penserete voi. In effetti non lo è. Non lo è mai stato. Almeno non dopo quell’estate. Ma non è a questo che voglio pensare ora. Anzi, a questo non voglio pensare affatto! Tutto ciò che è stato è stato, è passato, è svanito (deve esserlo!) e io non sono più la persona che ero prima. Già, ma chi sono allora? Naturalmente sono Kaede Rukawa, la matricola d’oro del basket, colui che sta per diventare il numero uno del Giappone, futuro giocatore dell’NBA. Nient’altro. Perchè nient’altro conta. Tutto ciò che non riguarda il basket esula dalla mia vita. Le mie giornate sono divise in ore in cui mi alleno e ore in cui aspetto di potermi allenare. Le ore in cui mi alleno sono quelle in cui affermo la mia esistenza nella vita, le ore in cui aspetto di allenarmi sono lunghissime e tediose. È in quei momenti che mi estraneo da tutto e da tutti cercando di impiegare il tempo nel miglior modo possibile, cioè dormendo. E sognando. Di giocare a basket, ovviamente.

C’era un tempo in cui il cesto, il pallone, il parquet lucido, lo stridio delle suole di gomma sfregate sul pavimento, il tonfo ritmico dei palleggi non erano niente per me. Ora sono tutto. Com’è cominciata? Nel modo più banale e sciocco possibile. Avevo bisogno di impegnare tutto me stesso in qualcosa che non mi facesse pensare. Ci sono stati avvenimenti nella mia vita che mi hanno portato sull’orlo della follia. ‘Se non dimentico subito impazzirò!’. Mi ripetevo queste parole giorno e notte come un mantra. Ma era davvero possibile dimenticare? Poi un giorno sono passato davanti al campetto di basket (avrò avuto sì e no nove anni) e mi sono messo a guardare un ragazzo che continuava a provare tiri dalla linea dei tre punti. Dopo un po’ lui si è fermato, mi ha guardato e mi ha fatto cenno di avvicinarmi. Ho avuto paura? Forse, ma non lo ammetterò mai.

"Sai cosa sto facendo?" La palla girava in equilibrio sul suo dito indice.

Cenno di diniego.

"Dall’espressione con cui mi guardavi direi che stavo facendo un incantesimo" ridacchiò. Io lo guardavo dritto negli occhi impedendo ad ogni muscolo del mio viso di compiere il benchè minimo movimento – ‘perchè è così che si comportano i veri uomini’ pensavo.

Lui facendosi serio mi disse " La vuoi vedere una vera magia?"

E fu il miracolo!

Con lo scatto degno di un felino si slanciò in avanti facendo rimbalzare diverse volte la palla al suolo, poi con un balzo si staccò da terra. ‘Sta volando.... ma allora è un angelo!’ pensai. Ma fu un volo di breve durata il suo. Con un vigoroso colpo di braccia infilò la palla nel canestro attaccandosi all’anello di metallo. Rimase appeso per qualche istante, poi si lasciò scivolare a terra con delicatezza.

"Ma come hai fatto? Sei un angelo per caso?"

"Che cosa? Un angelo?" disse mentre scoppiava a ridere. Rise fino a farsi venire le lacrime agli occhi tenendosi il ventre per cercare di fermare i dolorosi sussulti. Io ero sbalordito, da che cosa era dovuta tanta ilarità? Non era forse normale pensare che un individuo così speciale, capace di compiere un’azione tanto meravigliosa fosse un angelo? Lo guardavo immobile mentre la mia espressione si faceva sempre più cupa. Ad un tratto qualcosa nei miei occhi deve averlo colpito perchè si fece serio improvvisamente e con aria grave mi disse "Sì hai ragione. Sono un angelo caduto." "Proprio come te" aggiunse dopo qualche istante di silenzio e con un tono di voce più basso. "Ora torna a casa. I bravi bambini non dovrebbero starsene in giro da soli a quest’ora."

Mi ero già lasciato il campetto alle spalle quando mi sentii chiamare. "Ehi, ragazzino! Dimmi il tuo nome."

"Kaede Rukawa"

"Molto bene Kaede. Noi non ci rivedremo più. Però voglio una cosa da te in cambio della magia che ti ho mostrato."

Che cosa mai poteva volere un essere in grado di compiere tali magie da un una creaturina inutile e repellente come me?

"Devi promettermi che un giorno il tuo nome sarà famoso e che tutti ti conosceranno come la stella giapponese della pallacanestro. Te lo chiedo perchè questo era il mio compito, ma io non posso più portarlo a termine. Ma bada bene. Per poter realizzare questo mio desiderio dovrai compiere sforzi inimmaginabili e sacrifici inenarrabili. Sei pronto ad annullare completamente te stesso nel nome del basket?"

Annullare me stesso? Dimenticare completamente quello ero per poter rimodellare la mia esistenza in modo che mi fosse più confacente? Ma era proprio ciò che stavo così disperatamente cercando!

Ero a una svolta importante nella mia vita, me ne rendevo perfettamente conto. Dovevo prendere l’unica decisione in grado di salvarmi. In effetti era una decisione piuttosto semplice, ma sapevo che il mantenerla non lo sarebbe stato altrettanto. Non importava. Ce l’avrei fatta, a qualunque costo!

"Sì, sono pronto."

Il ragazzo restò a fissarmi per qualche minuto in silenzio e con l’aria concentrata. Probabilmente voleva rendersi conto che io avessi capito la reale gravità della nostra conversazione e che la mia non era stata una risposta dettata solo dall’impulsività e dall’esuberanza infantile. Quando finalmente si fu convinto delle mie sincere intenzioni mi disse semplicemente "Buona fortuna, Kaede Rukawa. Ne avrai bisogno." E si allontanò lentamente. Solo in quel momento mi accorsi che stava zoppicando.

Da allora mi allenai tutti i giorni, in ogni momento libero. Correvo fino a rimanere senza fiato, saltavo fino a sentirmi scricchiolare le ginocchia e tiravo a canestro fino a sentire le braccia talmente pesanti che temevo si potessero staccare dal corpo. Fortuna? Non potevo contare su qualcosa di tanto volubile. La vita mi aveva già insegnato che la fortuna è capricciosa, un momento di sorride e il momento dopo ti sputa in faccia. No, io non ho bisogno di fortuna! Tutto quello che mi serve è giocare, giocare e ancora giocare. Sarò io stesso l’artefice della mia fortuna.

A volte mi domando perchè non ho mai chiesto il nome a quel ragazzo e perchè io non abbia mai cercato di informarmi su di lui. In fondo avrei potuto provare a chiedere a quelli che frequentavano abitualmente il campetto se per caso l’avevano mai incontrato. Forse non sarebbe servito a niente, ma potevo sempre fare un tentativo. Ma se avessi l’opportunità di tornare indietro non preferirei lasciare le cose come sono andate? Sì. Del resto non si chiede il nome ad un angelo. Si potrebbe scoprire che in realtà è il più umano degli uomini.

Ed ora eccomi qui: Kaede Rukawa – 15 anni – iscritto al primo anno dell’Istituto Superiore Shohoku. Promessa del basket.

 

Finalmente quelle noiosissime lezioni sono finite! Non che le abbia seguite, ovviamente. Ho dormito dal momento in cui mi sono seduto al banco fino a quando non è suonata la campanella. Odio dover sprecare tutto questo tempo – chissà quanto sarei migliorato se avessi passato le ore spese a marcire in aula ad allenarmi. Odio rimanere inattivo........

"Allora ragazzi, assisterete anche oggi ai trionfi del genio Sakuragi?"

........ ma soprattutto ODIO quella scimmia rossa!!!

No, non è vero. Sto di nuovo mentendo a me stesso. Io non lo odio affatto. Anzi! Tra tutte le persone che ho incontrato finora lui è quello che più mi assomiglia. So che sembra strano, assurdo, addirittura ridicolo.... ma è così. All’apparenza possiamo sembrare agli antipodi, completamente opposti: lui allegro e chiacchierone e io serio e taciturno; lui desideroso di essere sempre al centro dell’attenzione e io desideroso di passare nell’indifferenza generale; lui sfigato con le donne e io idolo della comunità femminile della scuola; lui istintivo e viscerale e io riflessivo e concentrato; lui presuntuoso e attaccabrighe e io..... bè forse questo lo sono un pochino anch’io (intendiamoci! Non è che io mi dia delle arie, ma so quanto valgo. Quanto all’essere attaccabrighe, se c’è una rissa di sicuro non mi tiro indietro, ma cerco di non mai il primo a cominciare). Insomma, lui è il sole e io sono la luna. Ma, come ho detto, questa è l’apparenza. La verità è che noi siamo le due facce della stessa medaglia. L’ho capito la prima volta che l’ho visto. È stato qui a scuola. Mi trovavo sul terrazzo quando un gruppo di stupidi teppisti dell’ultimo anno ha osato disturbare il mio sonno. Ovviamente ho dato loro la giusta punizione.

Poi è comparso LUI. È entrato come un uragano, sbraitando parole senza senso e dandomi una potentissima testata. Ma non è stata quella, in realtà, a colpirmi. Sono stati i suoi occhi. Erano occhi così scuri e penetranti da sembrare giungessero fino in fondo alla sua anima. Gli si leggeva dentro una passione pronta a esplodere, appena malcelata da quella superficie color del noce. Ma era una passione fasulla quella che poi gli riversò contro. O meglio. La sua vera passionalità non aveva ancora trovato la strada per esplodere in tutta la sua maestosità. 

Quando i nostri sguardi si incrociarono capii che era stato riconosciuto. Il suo era lo sguardo di chi disperato, solo e confuso circondato da persone con cui non aveva niente da spartire vede finalmente un suo simile, qualcuno da cui possa aspettarsi qualcosa. Ma subito dopo, ciò che si riflesse in quello sguardo era solo paura. E aveva reagito. D’istinto. Come era abituato a fare. Un vero do’aho!

  

Anch’io a volte mi sento a disagio per questa situazione. È vero, lui è come me. A entrambi si è rotto qualcosa dentro per cui abbiamo rinunciato ai nostri sentimenti. Ma probabilmente non è stata nemmeno una nostra scelta. Qualcosa, durante la nostra vita, ha fatto sì che si creasse una falla nelle nostre anime e la nostra capacità di sentire è scivolata via come sabbia tra le dita. 

Con gli altri puoi fingere, non è vero do’aho? Agli altri puoi far credere di essere una persona trasparente e cristallina, incapace di celare le proprie emozioni. Ma quali tra le centinaia di emozioni che esprimi sono reali? Quante, tra le centinaia di maschere che tendi ad indossare di fronte al tuo pubblico, non hanno avuto bisogno di un’accurata preparazione, magari di anni? Con gli altri puoi fingere. Con gli altri. Ma non con me. E tu questo lo sai. Lo sai quando assecondo il tuo ruolo, dandoti la battuta per aiutarti a continuare la tua farsa. Come dire: ti faccio da spalla. Quando ci insultiamo, quando ci meniamo.... tutto questo solo per reggerti il gioco. Perchè per me è solo un gioco. Sai anche questo vero? Del resto, prima o poi anche tu ti accorgerai che è tutto solo un gioco. Non un gioco, un’illusione. Ti illudi che vivendo la parvenza di una vita normale prima o poi riuscirai a riempire quel vuoto che senti al posto del cuore. E così ti circondi di amici da divertire, di compagni di sventura e di avventure. E cerchi di innamorarti di ogni ragazza che incontri. Perchè anche l’amore fa parte della vita normale. Ma per quelli come noi non c’è speranza, do’aho.

Quelli come noi non avranno mai ciò che di diritto hanno gli altri. Noi abbiamo solo noi stessi. Tuttavia, qualche volta può capitare che a qualcuno della nostra risma venga offerta una salvezza. Venga dato qualcosa per cui vivere. A me è successo, grazie al basket e al mio angelo. E anche a te è successo (benchè probabilmente tu non te ne sia accorto), grazie al basket e (ironia della sorte ) a quella sciocchina che tu ti ostini a definire il grande amore della tua vita – anche se lei ti vede solamente come un buon amico, la Akagi. È grazie a lei se ti sei accostato all’unica cosa che può dare un senso alle tue giornate, al tuo essere, al tuo talento. Perchè tu hai talento, non credere che non lo riconosca. Però non lo ammetterò mai ad alta voce. Andrei fuori parte e tu questo non l’accetteresti, vero? Ma non riesco a fare finta di niente quando vedo che per continuare il tuo show rischi di buttare all’aria l’unico obbiettivo che dovresti prefiggerti. In quei momenti sento una gran rabbia crescere dentro di me e mi rendo conto che potrei arrivare veramente ad odiarti. Non puoi sprecare così il tuo prezioso talento perchè è l’unica cosa che ti abbia donato la vita. In questo mondo sono talmente poche le cose belle che ci vengono concesse che rifiutarle sarebbe un sacrilegio! Fai quello che vuoi quando sei fuori, ma quando sei in campo l’unica cosa a cui devi pensare è a giocare. Solo in questo modo potrai arrivare alla fine dei tuoi giorni senza rimpiangere troppo la tua permanenza in questo schifo di mondo! E non credere che ci sarò sempre io vicino a te a ricordartelo. In questa vita niente è dovuto e io non posso fermarmi solo per aiutarti ad avanzare. IO non sono dovuto a nessuno. Tanto meno a te, Hanamichi Sakuragi.


continua...


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