NOTE: i personaggi della Rowling continuano ad essere suoi, ma tanto ci faccio lo stesso ciò che voglio...^^

NOTE2: questa ff l'ho iniziata subito dopo aver finito di leggere HP6 (ore 3:45 a.m.) perciò è più che altro una cura per la mia anima triste per il finale del libro. La prima parte è piena di riferimenti al sesto libro, perciò se non l'avete ancora finito siete avvisate, mentre le altre due sono il frutto della mia immaginazione.

Commentate numerose^^

 

 



Lasciare/ritornare

di Ash(lynx)


Parte 1

Un pallido sole illuminava timidamente le scure acque del grande e immobile lago. La foresta, alle sue spalle, appariva più tetra del solito. Il silenzio era talmente fitto da sembrare irreale.

Il ragazzo avanzò lentamente tra l'erba verde, mentre i flebili raggi solari gli riscaldavano tiepidamente le gote. I suoi piedi calpestarono solitari quel prato tanto conosciuto, una volta gremito di giovano maghi. Poco distante, la maestosa scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, silenziosa e tetra anch'essa, regnava sul quel paesaggio desolato.

Il giovane sentiva il peso, quasi soffocante, di quel luogo. Antichi ricordi felici gli affiorarono in mente, sostituiti in breve da orrende maledizioni e da spietati assassinii. Nonostante lo stato di malessere che provava, però, non aveva intenzione d'andarsene senza prima aver fatto ciò che doveva.

Presto sarebbe partito per mete ancora ignote e probabilmente non avrebbe mai più rimesso piede in quella scuola, ma prima doveva dire addio ad una persona. La persona più importante: colui che giaceva, indimenticabile, in quel prato.

Continuò a camminare mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Sapeva d'essere quasi arrivato a destinazione, ma non affrettò il passo per l'impazienza come avrebbe fatto tempo prima. Non aveva alcuna fretta. Si sentiva, inspiegabilmente, come se avesse avuto tutto il tempo del mondo.

Finalmente, a dieci metri da lui, la grande lapide che adornava la tomba si rivelò ai suo occhi. Bianca e maestosa.

Una fitta gli colpì il cuore, facendogli provare più vivo che mai il conosciuto groppo alla gola. Ormai, però, si era abituato a soffrire e tutto il dolore che provava diventava istantaneamente la fonte della sua fredda sicurezza.

Non fermò la sua camminata nemmeno nel vedere, seduta ai piedi della tomba, un'esile figura nera. Anche se ne fu subito incuriosito, si accorse che non gli importava realmente chi potesse essere, né rimase stupito che qualcun altro fosse andato a fargli visita. Silente, dopotutto, era stato il più grande mago che fosse mai esistito.

Pochi minuti e raggiunse la lapide.

La sagoma nera lo sentì arrivare e, veloce, si voltò, impugnando la bacchetta ancor prima di capire di chi si trattasse. Harry, sotto tiro, rimase immobile a fissare l'altro ragazzo negli occhi, senza mostrargli alcuna paura. L'idea di prendere la propria bacchetta non lo sfiorò minimamente.

Silenziosi, i due si scrutarono per alcuni minuti, tempo sufficiente perché Harry si rendesse conto delle pessime condizioni dell'altro: gli occhi, una volta freddi ed imperscrutabili, erano segnati da due profonde occhiaie e contornati da un rosso malato, il volto era talmente pallido e scarno da farlo apparire un scheletro, i capelli, che sempre erano stati pettinati con cura estrema, adesso gli cadevano liberi e ribelli sul viso. La bacchetta tremava leggermente nella sua mano.

<Che ci fai qui, Potter?>

La sua voce, una volta perennemente provocatoria, era rotta dalla paura che, evidentemente, non lo aveva abbandonato da quella fatidica nottata. Harry, però, dubitava che fosse lui a suscitargli quel sentimento: doveva aver avuto un incontro ravvicinato con Voldemort. Gli faceva pena. Fin da quando Silente gli aveva parlato tentando di portarlo dalla propria parte, si era reso conto del terrone che provava Malfoy. Non riusciva proprio ad odiarlo. 

<Posa la bacchetta, Malfoy. Non sono venuto qui per litigare con te> gli rispose senza scomporsi.

<Non dirmi cosa devo fare, sfregiato> fu la dura risposta.

Harry se l'aspettava. In fin dei conti, le vecchie abitudini non muoiono mai.

<Te lo ripeto: che diavolo ci fai qui?>

<Sono venuto a trovare Silente. Che altro potrei fare qui, sennò?>

Draco non rispose. Sapeva che Harry non gli stava mentendo, gli leggeva la mente, ma non riusciva comunque a fidarsi.

Incurante della bacchetta ancora puntata sulla sua testa, il moro si sedette davanti alla tomba, lasciando poco più di un metro tra lui e Malfoy.

<Non dovresti essere morto?> gli chiese dopo un po'.

Draco lo guardo senza rispondergli.

stato Piton ad uccidere Silente. Voldemort> Draco sussultò nel sentire quel nome <avrebbe dovuto ucciderti>

<Ti dispiace che io sia ancora vivo, Potter?> chiese sprezzante.

Harry ci mise un po' per decidersi a rispondere.

<No> rispose solo.

Draco rimase interdetto per alcuni secondi.

<Certo> disse dopo un po' <sei un Grifondoro...>

<Molti Grifondoro vogliono la tua testa, nel caso ti fosse sfuggito. Certo, non quanto bramano quella di Piton!>

<E tu no?>

<A me interessa solo Voldemort> Draco sussultò nuovamente, ma Harry fece finta di niente.

Smisero di parlare e posarono la loro attenzione sulla tomba.

Il famoso groppo alla gola sembrava non voler abbandonare Harry. Questa volta il dolore per la perdita si fece più intenso del solito. Tentò di controllarsi, ma dubitava che sarebbe riuscito a mantenere l'autocontrollo ancora per molto. Aveva una gran voglia di urlare, piangere e distruggere.

Fu nuovamente Harry a parlare per primo:

<Sai qual è la cosa buffa, Malfoy?>

Il ragazzo si voltò verso di lui, infastidito.

<Io sapevo che tu stavi tramando qualcosa e sapevo che Piton non era fedele all'Ordine>

<Però non ne hai fatto parola con nessuno> disse senza espressione.

<Ti sbagli. L'ho detto a Ron e a suo padre, ad Hermione, a Lupin, alla McGranitt e allo stesso Silente. Sai cosa mi hanno risposto tutti? Che mi sbagliavo e che se Silente si fidava di Piton, allora avrei dovuto farlo anche io>

Draco non provò nemmeno a trattenere una risatina di vittoria.

<E, naturalmente, sapevo che tu sei un Mangiamorte>

Malfoy si rabbuiò.

<Da quella volta in treno, immagino> disse secco.

Harry scosse il capo.

<Da quella volta a Diagon Alley>

<Come...?> ci pensò due secondi, giungendo alla conclusione più ovvia <Mi hai seguito!>

Annuì.

<Però nessuno ti hai creduto, dico bene?> non aspettò la risposata, tanto era scontata <Povero Potter! Sei così incompreso!>

<Pensavano che fossi ossessionato da te, che ingigantissi la faccenda>

<Bè, non è la prima volta che qualcuno ti dà del pazzo, sfregiato! Non ci hai ancora fatto l'abitudine?>

Non rispose. Rimase zitto chiedendosi per quale assurdo motivo avesse rivolto la parola proprio a lui. Insomma, lo sapeva che ne avrebbe approfittato per prenderlo in giro!

Si rese conto, dopo alcuni minuti di irreale silenzio, che quell'atmosfera gli urtava i nervi. Troppo, assolutamente troppo, silenzio.

<E tu? Cosa ci fai qui? Sei venuto a trovare il mago che tu stesso hai tentato d'uccidere?>

Non gli giunse risposta. Decise di proseguire, questa volta più seriamente.

<Ero anche io sulla torre quella notte, so bene come sono andate le cose. So cosa vi siete detti>

L'altro annuì.

<L'avevo immaginato>

<Come mai sei qui?>

In un certo qual modo, il ricordo di ciò che i due si erano detti- della paura di Malfoy e della gentilezza di Silente- lo aveva travolto. Era stata la prima- no, la seconda- volta che aveva visto Malfoy sotto un aspetto umano.

Non lo odiava. No, non ci riusciva proprio. Era la prima volta che gli capitava una cosa del genere.

Draco rimase stupefatto dal modo in cui Harry gli rivolse quelle parole. Sembrava che non ce l'avesse con lui, che avesse messo una pietra sopra a tutto. Sapeva che era una speranza vana, ma lui aveva bisogno di quel piccolo spiraglio, soprattutto ora che era più solo che mai.

<Mi ha proposto una via di salvezza> rispose infine, mettendo via la bacchetta.

Harry annuì. Si ricordava bene la proposta di Silente di combattere dalla parte giusta, garantendogli protezione. Si ricordava ancora meglio che il quel momento Malfoy aveva cominciato ad abbassare la bacchetta.

<Non lo avrei mai ucciso> disse quasi sottovoce.

Sapeva anche questo. Lo aveva capito dal primo istante in cui Silente gli aveva parlato.

<Non lo volevi abbastanza> aggiunse Potter <uccidere non è cosa da poco. Anche io, quella volta, non ci sono riuscito>

Draco lo guardò senza capire. Harry immaginò che stesse pensando a Voldemort, così si spiegò meglio.

<Bellatrix. É stata lei ad uccidere Sirius. Quella volta ci sono andato vicino, ma non sono riuscito a finirla. L'odiavo come mai nessuno prima, ma non è stato sufficiente>

<Sì, mi pare d'aver sentito qualcosa a proposito>

Ancora silenzio.

Harry pensò che quello era di sicuro il momento più strano che avesse mai vissuto: stava parlando, senza scagliare maledizioni, con il suo rivale, adesso anche suo nemico mortale. Non aveva molto senso. Però, si disse, la sofferenza che entrambi provavano- per un motivo o per un altro- non li rendeva altro che due semplici ragazzi.

<Sai> disse cambiando completamente sguardo e tono <in questo momento sarei anche disposto ad offrirti qualcosa da bere al bar, ma ho idea che poi ci troveremmo circondati da Auror e da Mangiamorte>

<Non verrei mai a bere qualcosa con te, Potter> cercò di essere freddo, ma anche il suo tono era diverso dal solito.

<Se ci vedessero penserebbero che li abbiamo traditi> era quasi divertito, eppure capiva che non c'era nulla di divertente in quello che diceva.

<Il tradimento è punito con la vita, non lo sapevi?>

<Certo, soprattutto tra le file dei Mangiamorte. Io, invece, rischio Azkaban, se va bene>

<Non sopravvivresti un secondo lì dentro>

<Probabile. Bè, alcuni pensano che non sopravvivrei un secondo nemmeno contro Voldemort stesso, perciò non è che faccia molta differenza>

Solo in quel momento si accorse che i sorrisi di entrambi non erano altro che contorte smorfie che nascondevano il loro dolore più profondo, le loro paure più segrete. E che quelle parole, buttate lì come per scherzo, non erano altro che l'orribile realtà cui ogni giorno dovevano far fronte.

<Non è che abbiamo molte chance di salvezza, vero?> chiese Harry.

<Già. In un modo o nell'altro moriremo entrambi>

<Bè, magari Voldemort ci farà compagnia>

<Perché, pensi di riuscire a sconfiggerlo, sfregiato? Non hai speranze>

<Bè, allora sarà Piton ad accompagnarmi nell'Aldilà>

<Un pessimo compagno di viaggio. Per di più è molto più bravo di te in duello>

Harry scosse le spalle, come se non gliene importasse granché.

<Comunque anche tu hai la tua bella gatta da pelare. Solo per questa conversazione rischi di lasciarci la pelle!>

<Senza contare gli Auror che mi danno la caccia!>

<Maghi talmente esperti che è difficile sfuggirgli!>

<E io sono un Mangiamorte sedicenne che non ha nemmeno fatto l'esame per Smaterializzarsi!>

Solo allora si bloccarono. Le loro parole aleggiavano nell'aria attorno a loro. Nei loro occhi semi lucidi la consapevolezza che niente di ciò che avevano detto era uno scherzo, mentre le loro bocche, ancora contorte in quella smorfia sorridente, cercavano di comunicare il contrario. Solo loro due potevano capire appieno ciò che provavano. Si trovavano risucchiati in qualcosa di troppo grande per loro, con responsabilità che avrebbero fatto impallidire persino un mago navigato. Addirittura Silente era stato restio a comunicare l'intera faccenda ad Harry e lo aveva fatto solo perché, ormai, non c'era stato più tempo. E Draco, bé, lui aveva ormai capito che non sarebbe mai riuscito ad eseguire appieno i crudeli ordini del Signore Oscuro. In più, da quel che sapeva, lui era un Mangiamorte solo perché Lui voleva vendicarsi di Malfoy senior. Per nulla incoraggiante.

Uno da una parte e uno dall'altra, in due schieramenti talmente opposti quanto la luce del giorno e il buio delle notti senza luna, eppure, per una volta, talmente simili da riuscire a capirsi.

Distolsero lo sguardo l'uno dall'altro. A nessuno dei due era mai successo nulla del genere prima d'ora.

<Probabilmente> continuò Harry fissando la lapide <questa sarà l'ultima volta che ci vedremo, senza cercare d'ucciderci, s'intende>

<Ti spiace, Potter?>

Scosse le spalle.

<Nemmeno a me>

Dio, che bugiardi.

<Allora, forse è il caso di dirci addio, non credi?> chiese il moro.

<Sì> rispose lentamente.

Di nuovo tra loro scese il silenzio. Il vento, arrivato in quel triste momento dalla foresta, scompigliò loro i capelli e cullò i loro pensieri. La lapide riluceva nella flebile luce del sole e Harry si disse che Silente non sarebbe stato fiero di tutto ciò. Lui avrebbe voluto che Draco cambiasse, che abbandonasse Voldemort. Harry, però, lo conosceva fin troppo bene per credere che sarebbe riuscito a convincerlo. Sapeva- oh sì, lo sapeva per certo- che al rivale non piaceva combattere da quel lato della barricata, ma era anche sicuro che non lo avrebbe smosso da lì, non lui. Era troppo cocciutamente rassegnato e impaurito per tradire il *suo* Signore.

Per la prima volta in vita sua, davanti alla tomba del mago più potente di tutti i secoli, dell'uomo che aveva dato tutto per la sua salvezza, sperò che Malfoy non venisse ucciso. Supplicò spiriti invisibili di cui nemmeno immaginava l'esistenza di prendersi cura di lui, di non lasciare che gli venisse fatto alcun male. Ma, più di qualsiasi altra cosa, pregò che non perdesse sé stesso, diventando un vero Mangiamorte. Niente doveva corrodere, distruggere, l'anima che viveva in lui.

Si alzò in piedi, sicuro come poche volte lo era stato in vita sua. Lanciò un'ultima occhiata alla tomba, dopodiché tornò a guardare Malfoy, ancora seduto tra l'erba con lo sguardo perso chissà dove.

<Silente ti avrebbe voluto dalla sua parte> disse <puoi ancora cambiare squadra, non lo dimenticare. Addio Malfoy>

Non diede segno d'averlo udito.

Harry si voltò e cominciò ad allontanarsi.

<Addio Potter>

Queste ultime parole gli giunsero alle orecchie trasportate dal vento, portatore incauto di messaggi e di flebili singhiozzi che Draco avrebbe senz'altro preferito fossero rimasti segreti. 

 

PARTE 2

Diagon Alley era molto diversa dall'ultima volta che l'aveva vista, cinque anni prima. Molti maghi, sia giovani che anziani, camminavano allegri per il quartiere, sorridenti e chiacchieroni, mentre il sole batteva sulle loro nuche e un leggero venticello smorzava il caldo. Tutti i negozi erano aperti e anche i maghi che erano scomparsi durante la guerra- bé, tranne quelli che erano morti- erano tornati ad esercitare la loro professione. Stavano tutti bene e parevano aver dimenticato i tempi bui da poco trascorsi.

Harry vagava tra la folla ascoltando il gioviale suono delle voci, mischiate e dissonanti, che tanto gli erano mancate. Era stato via per tanto tempo, forse troppo, ma ne era valsa la pena.

Adesso conosceva il mondo.

Adesso conosceva la *vera* magia. Quella talmente antica e potente da suscitare paura negli altrui cuori. Quella che nessun professore sarebbe riuscito ad insegnare dentro le mura scolastiche, la cui essenza poteva arrivare nel profondo del cuore ed essere compresa appieno tramite una sola via: l'esperienza. E lui, d'esperienza, ne aveva fatta parecchia.

Aveva cominciato a viaggiare assieme a Ron e ad Hermione subito dopo la il matrimonio di Charlie con Fleur, alla disperata ricerca degli Horcrux rimasti. Prima, però, era andato a trovare i suoi genitori. Non aveva mai visto le loro tombe fino a quel momento, e quando finalmente ci si trovò davanti, non riuscì a trattenere le lacrime represse da tanto tempo.

Erano stati mesi difficili, durante i quali avevano dovuto combattere numerose battaglie e maturare in fretta. Avevano imparato nuovi incantesimi e potenti maledizioni e, poco alla volta, curandosi di volta in volta le ferite riportate negli scontri, erano riusciti nell'impresa. Sei dei sette frammenti dell'anima di Voldemort erano stati definitivamente distrutti.

Solo allora erano tornati, ma il tempo passato- poco più di un anno- era stato feroce. Voldemort era stato feroce. Molti che conoscevano erano morti. Tra questi lo stesso Lupin, ucciso da Greyback. Unica e amara consolazione era che a quest'ultimo era stato reso pan per focaccia: era stato fatto fuori da una Tonks fuori di sé. Gli ultimi istanti di vita del lupo mannaro, da quel che dicevano i racconti, erano stati terribili. 

Consumati dal dolore, i superstiti dell'Ordine avevano raccolto le loro energie e, fattisi più alleati possibili, avevano dichiarato battaglia direttamente al Signore Oscuro.

L'ultima grande battaglia.

Harry, in prima fila, non aveva visto altro che l'ora di sistemare una volta per tutte quel mostro che si faceva chiamare *Lord*. Dopo aver ucciso molti Mangiamorte, si era finalmente trovato faccia a faccia con Lui. Sapeva che avrebbe dovuto avere paura, ma l'unico sentimento che provava era l'odio.

Per lui non era altro che Tom Orvoloson Riddle, un assassino.

Avevano duellato, ed era stato uno dei duelli più cruenti che la storia ricordasse. Erano state pronunciate formule terribili, talmente malvagie da far gelare gli spettatori ancora in vita. Fu uno scontro lungo e feroce, durante il quale entrambi dimostrarono appieno il loro ossessionante desiderio di vittoria. Non si fermarono un istante.

Infine, feriti e piegati da atroci fitte di dolore, avevano scagliato le loro ultime maledizioni. Sfortunatamente per Voldemort, Harry riuscì a scansare di pochi millimetri l'Avada che gli aveva mandato.

Venne colpito a morte.

I secondi che precedettero la morte del più terrificante mago oscuro di tutti i tempi furono lunghi quanto l'eternità. Il corpo straziato cadde lentamente all'indietro, contorto, e solo quando ebbe toccato terra e la testa ruzzolò lontana dal collo, il mondo tirò un sospiro di sollievo.

In quel momento, ancora prima delle urla esultanti dei suoi compagni, Harry si rese conto d'aver vinto.

Era finita.

Ricordava ancora l'immensa sensazione di sollievo che aveva provato in quel momento.

La bacchetta gli era scivolata di mano e lui, ricoperto da sangue e da profondi squarci su tutto il corpo, non era più riuscito a reggersi in piedi. Era crollato a terra, prossimo alla perdita dei sensi.

Aveva sentito le urla, prima di gioia e poi preoccupate, dei suoi amici.

Chiudendo gli occhi aveva visto un volto: quello stanco e affannato di Draco Malfoy. Forse, però, se l'era solo immaginato.

Era stato al San Mungo per un mese e, durante tutto quel lungo periodo, non era mai riuscito a trovare un minuto di pace. A parte i suoi amici, curiosi e giornalisti venivano da ogni parte del mondo per parlargli e, qualche volta, riuscivano anche ad avvicinarsi al suo letto. In ogni caso, non riuscivano mai a strappargli qualche parola.

Vedeva volti sorridenti ovunque voltasse le sguardo, ma lui...lui si sentiva sempre peggio.

Si sentiva solo e lo scoprire alcuni dei nomi di coloro che erano deceduti in battagli non gli fu d'aiuto: Percy Weasley, Ninfadora Tonks e la professoressa McGranitt. Quello che, però, lo fece stare ancora peggio, era sapere che Piton era ancora in vita.

Il desiderio d'ucciderlo si impossessò di lui.

Appena poté uscire dall'ospedale, partì per un altro viaggio, questa volta da solo, alla ricerca del Principe Mezzosangue.

Ci mise cinque lunghi e faticosi mesi, ma, alla fine, lo trovò. Duellò aspramente con lui, dando fondo a tutte le sue energie. Quando finalmente vinse l'unica cosa che fu andarsene lasciando il corpo dell'odiato assassino lungo disteso nel fetido nascondiglio dove l'aveva trovato. Il suo cuore giaceva morto a pochi metri da lui, mentre un'orribile squarcio segnava il punto in cui gli era stato strappato dal petto.

Finalmente era realmente tutto finito, eppure non tornò a Londra.

Viaggiò per il mondo, accompagnato solo dalla voglia di sapere cosa ci fosse lontano da casa. Per anni non mandò alcuna notizia di sé ai pochi che erano rimasti e per i quali lui era un eroe.

La magia non gli fu mai più utile come in quei lunghi spostamenti. Grazie alla Smaterializzazione poté andare ovunque volesse senza rendere contro a nessuno dei proprio spostamenti. Solitario, imparò molto più in quei viaggi sulla magia che in sei anni di scuola.

Dapprima andò in Norvegia, in Russia, in Romania e in Bulgaria. I suoi viaggi, normalmente, furono veloci e solitari, non richiedevano più di qualche settimana di luogo in luogo.

In Bulgaria, però, incontrò, quasi per caso, Viktor Krum.

Il bulgaro insistette per uscire con lui, così lo accontentò, accorgendosi che la sua compagnia non era affatto sgradevole. Cominciarono ad uscire assieme molto frequentemente, diventando poco a poco sempre più intimi, finché, un giorno, sotto una grande e magica luna piena, si baciarono.

La loro storia durò poco più di tre mesi.

Dopo quel primo bacio, le loro uscite si trasformarono in incontri privati in lussuose camere d'albergo. Da quel che Harry ne capiva, non c'era alcun sentimento simile all'amore a legarli, solo un forte desiderio carnale.

Fu con lui che il Prescelto perse la sua verginità. Quella loro prima notte fu indimenticabile per entrambi. Urlarono dal piacere per tutto il tempo, travolti da vigorose eccitazioni. I tocchi di Viktor, forti e decisi, mandarono Harry in visibilio, facendogli raggiungere l'orgasmo parecchie volte prima dell'alba.

Questi piacevoli incontri continuarono quasi tutte le notti, finché, dopo l'ennesima scopata, Harry sentì che era ora di ripartire. Il suo desiderio di viaggiare era diventato ossessionante, non poteva non soddisfarlo.

Così, senza una parola, lasciò il bulgaro- inconsapevole e dormiente- e se ne andò.

Continuò il suo viaggio toccando varie parti del mondo, tra le quali l'India, la Cina, il Giappone, l'Australia, il Canada, il Messico e buona parte dell'America meridionale. Imparò molte cose dai popoli che i Babbani chiamavano "del terzo mondo", così come dalle varie tribù locali ancora ligie alle antiche tradizioni. Assistette a diversi antichi rituali e ne rimase come ipnotizzato. La magia che quei popoli utilizzavano era molto diversa da quella moderna che aveva conosciuto fino a quel momento. Era più forte e rispettosa della natura e, come presto apprese, era la natura la fonte di tutto.

In quegli anni la sua consapevolezza e il suo controllo del potere crebbero a dismisura, portandolo a livelli inimmaginabili.

Si trovava in Egitto quando decise di tornare a casa.

Non c'era stato alcun motivo speciale che gli fece prendere questa decisione. Si era solo accordo che viaggiare non aveva più senso, che aveva appreso ciò che desiderava e che la vera essenza della magia era in lui. Si sentiva pronto a tornare e a ricominciare da capo una vita senza battaglie da combattere e senza uomini da uccidere.

Anzi, forse un motivo reale c'era stato, solo che non voleva ammetterlo: *lui* gli mancava. Lui, la sua nemesi. Il ragazzo che più di tutti aveva odiato mentre frequentavano la scuola. 

Adesso si trovava lì, in mezzo alla folla allegra, pochi giorni prima dell'inizio delle scuole, avvertendo chiaramente le speranze e le piccole paure delle persone che lo circondavano.

Erano così invidiabilmente normali, loro!

Sorrise, dirigendosi verso l'uscita di Diagon Alley.

Non aveva nulla da fare là, poteva solo avviarsi verso casa, il numero 12 di Grimmauld Place.

 

PARTE 3

La porta dell'ex dimora dei Black si aprì spontaneamente non appena si presentò alla sua soglia. L'abitazione lo accolse scura ed austera come la prima volta che vi aveva messo piede, sette anni prima.

Sapeva che, ormai da anni, l'Ordine non si riuniva più là- a dire il vero, non si riuniva affatto- perciò non si stupì nel trovarla deserta e silenziosa, fatta eccezione per gli indiscreti sussurri dei quadri.

Chiuse la porta senza proferir parola e, con un tocco della bacchetta, fece apparire i suoi bagagli, lasciandoli, subito, incurante nel grande atrio.

Si trovò in poco tempo davanti al dipinto, stranamente silenzioso, della madre di Sirius. L'antipatica megera se ne stava immobile al centro della tela con la bocca aperta in un'esplosione di assoluta rabbia.

Posa decisamente innaturale.

Si chiese di chi ne fosse il merito e perché nessuno avesse mai pensato di scagliarle contro una Pietrificus Totalus prima. Chiunque fosse stato, comunque, non l'avrebbe mai ringraziato abbastanza.

Si guardò meglio attorno, passando oltre. La casa era in perfette condizioni, pulita e ordinata come mai l'aveva vista prima. Di certo non era merito di Kreacher- l'elfo domestico era ancora di stanza ad Hogwarts- né tantomeno poteva esserlo di Dobby, perciò non riusciva proprio ad immaginare chi si fosse preso la briga di mantenere presentabile la dimora dopo il passaggio degli appartenenti dell'Ordine, soprattutto senza che lui, il legittimo proprietario, lo fosse venuto a sapere.

Era stupito.

<E così sei tornato>

Si voltò rapidamente, colto alla sprovvista. La voce maschile che aveva sentito, melliflua e profonda, non poteva che appartenere ad una sola persona.

<Furetto> lo salutò ricomponendosi, notando quanto il passare del tempo avesse giovato all'esile figura che gli stava di fronte e lo guardava con occhi di fuoco.

<Sfregiato> rispose al saluto, sorridendo amaramente.

<Che ci fai qui?>

<Ci vivo>

<Questa è casa mia>

<Tu sei sparito senza una parola e io non avevo un posto dove stare>

<Malfoy Manor non ti soddisfaceva più?> chiese sprezzante.

<É stata distrutta, ricordi? Cinque anni fa, dopo la sua caduta. Ah, ma tu non potevi saperlo: te ne sei andato in giro per il mondo, eroe!> lo disse in modo talmente freddo da sembrare arrabbiato.

<Risentito, Malfoy? Saresti voluto venire con me?>

<Per nulla, Potter> poi cambiò tono, diventando, se possibile, ancora più tagliente <Immagino che, ora che sei tornato, i giornali cominceranno nuovamente ad annoiarci con la storia della tua vita>

<Geloso?>

<Di te, Potty? Diversamente da quello che pensi, io non me ne farei proprio nulla della tua sporca notorietà>

Il volto di Harry si aprì in un inspiegabile sorriso. 

Draco rimase fulminato, senza riuscire a spiegarsi il perché di tale espressione.

<Siamo entrambi abbastanza maturi da riuscire a dirci ciò che pensiamo, Malfoy> disse tranquillo.

<E con ciò?>

<Sai, mi è mancato litigare con te>

Tra i due calò un breve silenzio d'incredulità, poi anche Draco sorrise, questa volta sinceramente.

<Sì, anche a me>

Erano cresciuti molto in quegli anni, non solo fisicamente. Non erano più i due ragazzini di un tempo, sempre e solo intenti a lanciarsi contro le maledizioni più improbabili. Nessuno di loro due aveva più voglia di lottare, di discutere, e, ora che la guerra era finita e non dovevano più temere per le loro vite, l'unico nemico che li divideva era l'abitudine. Abitudine a ferirsi, s'intende. Però anche i loro caratteri, una volta incompatibili, erano mutati, grazie alle esperienze che avevano fatto, e i loro sentimenti, un tempo ballerini tra rabbia feroce ed odio cieco, si erano ridimensionati. Si erano chiariti.

Avevano visto l'uno dietro la maschera dell'altro, scoprendo quell'umanità, quella sensibilità, che allungo avevano creduto inesistente.

Ne erano rimasti affascinati.

Quello era in assoluto il primo sorriso che si scambiavano in undici anni di conoscenza.

Ritornarono subito seri. I loro sguardi, però, non erano più provocatori come prima, non presentavano più alcuna traccia della rabbia che tanto bene conoscevano e che aveva guidato le loro azioni per anni. Erano sguardi indecifrabili, un misto fatale tra impazienza e desiderio represso.

Nessuno di loro due aveva più voglia di fingere oltre.

Draco si staccò dal muro a cui era appoggiato e mosse qualche breve passo in direzione di Harry.

Il Ragazzo-Che-Sopravvisse-E-Salvò-Il-Mondo si passò una mano tra i lucenti e disordinati capelli.

<Siamo proprio due bravi attori...> disse.

<Fingere per tutto questo tempo...>

<Certo, non posso dire che sia stato difficile: non mi sei mai stato tanto simpatico...>

<Nemmeno tu>

<A volte ti ho persino odiato...>

<La cosa è stata reciproca...>

Fu Harry ad annullare definitivamente la breve distanza che li separava. Avvicinò sensualmente alla bocca di Draco, sussurrando:

<Però, adesso le cose sono diverse...>

Draco mosse le labbra a pochi millimetri dalle sue.

<Mi sono reso conto di volerti> bisbigliò <e non mi tirerò indietro>

Le loro labbra si toccarono in una tenue carezza. Questo loro primo baciò durò pochi secondi e, quando si allontanarono, si lessero negli occhi il desiderio d'andare oltre.

Le loro bocche si unirono nuovamente e le loro lingue cominciarono a ballare sensuali una danza erotica. I loro corpi coincisero e si tennero strenuamente aggrappati l'uno all'alto, quasi avessero paura di venir divisi.

Un bacio denso di violenta passione capace d'annebbiare loro la mente.

Si mossero privi di ragione, guidati solamente dalla necessità della ricerca del piacere assoluto.

<Andiamo di sopra> disse Draco riprendendo fiato.

Harry non gli rispose, non ne era in grado: era troppo impegnato a torturare il collo indifeso della sua nemesi, guidato dai sospiri di piacere che uscivano incontrollati dalla sua gola.

Lentamente gli sfilò la camicia e si mosse verso il basso inginocchiandosi a terra.

Aveva appena tirato giù la lampo dei pantaloni quando Draco decise di cambiare luogo.

Riacquistò un minimo di autocontrollo e riuscì a Smaterializzare sé stesso e il compagno.

In quel preciso istante Harry toccò con la punta della lingua la base della sua virilità.

Draco perse il controllo, ma nemmeno se ne accorse, avvolto com'era tra le cure di un Harry adulto straordinariamente, e stranamente, esperto. 

Quando la fastidiosa sensazione provocata dalla Smaterializzazione cessò, entrambi avevano gli occhi chiusi, ma sentirono chiaramente un bisbiglio confuso attorno ai loro corpi.

Aprirono lentamente gli occhi. Davanti a loro quattro volti li fissavano divertiti, appartenenti ai quattro ragazzi dai capelli rossi che sorridevano in loro direzione. 

<Ehi, Harry, che combini?> chiese scherzosamente Fred, o era George?

Harry si staccò a malincuore dal corpo del compagno, che si sistemò frettolosamente.

<Ehm...ecco...io...> non trovò le parole, almeno fino a che i suoi occhi non si posarono sulla contorta posizione dei loro corpi <e voi, allora!?>

Tutti parvero arrossire, e non a torto. Draco soffiò divertito alla sue spalle.

I quattro ragazzi erano distesi su un grande letto matrimoniale. Charlie se ne stava comodamente a pancia in alto, sopra le lenzuola, con Bill tra le sue gambe e Fred, o George, che teneva il bacino vicino alla sua bocca. L'ultimo Weasley era in ginocchio dietro il suo gemello.

Tutti e quattro sorridevano come se nulla fosse, ma le loro grandi erezioni erano la prova concreta del disturbo che l'inaspettata visita stava loro recando.

<Però, vi date da fare!> fu il commento di Draco.

<Volete unirvi a noi?> chiese Bill.

Harry stava per declinare l'invitante offerta, quando il braccio sinistro del biondo gli circondò le spalle. Poté vedere, prima di sentirlo parlare, il vecchio simbolo di Mangiamorte: gli sfregiava ancora la pelle diafana, ma sopra di esso c'era una profonda cicatrice, segno di una ferita che si era provocato per strapparselo di dosso con la forza. Nessun altro parve notarlo, forse tutti sapevano già che l'aveva fatto.

<Mi dispiace, ma Harry è solo mio>

Esterrefatto da quelle parole, il moro si voltò verso il ragazzo, che lo baciò dolcemente sulle labbra.

<Ohhhhh, che carini!> fu il commento sarcastico di Fred.

<Dove sono i pop-corn? E i fazzoletti? Mi viene di piangere!> continuò George.

I due antichi rivali si staccarono e sorrisero nella loro direzione.

<Scusate, adesso andiamo: c'è un letto che ci attende!> disse Harry

<Ma non temete: prima o poi accetteremo la vostra offerta!>

<Ci contiamo!>

Con un rumoroso "pof" sparirono dalla scena e, lasciando i quattro fratelli alle loro incestuose ed eccitanti attività, andarono a portare finalmente a termine ciò che avevano iniziato e che avevano segretamente sognato per molte notti.

 

Owari