NOTE: Ok, gente. Questa è la prima fic che
posto, quindi vi prego di essere clementi...
(ehi, riponete immediatamente tutti gli oggetti contundenti che avete in
mano...^^).
Dunque, vi avverto che non è un granchè... è una cosa nata da un sogno
che ho fatto ieri notte... volevo svilupparla meglio, ma è venuta fuori così.
La promessa
di Antares
Viene a prendermi.
Il pensiero gli brillò veloce nella mente, e poi corse giù, lungo la spina
dorsale, rapido come una cometa in un cielo estivo.
Stava fissando le montagne, bagnate dalla luce della luna, l'oscurità
argentea che sfavillava in incredibili toni di bianco.
Attorno a lui, cominciavano già a serpeggiare le prime umide spirali della
nebbia, che andava alzandosi dal fiume... saliva tranquilla, con sinistra
determinazione, guadagnando a poco a poco tutta la valle vuota.
Lui rimase a guardare, ipnotizzato, quelle onde spettrali che andavano
gonfiandosi lentamente, arrampicandosi sugli alberi, aggrappandosi ad ogni
sporgenza, avvolgendosi attorno alle cose, acciambellandosi nelle pozze
d'ombra... quando la mano evanescente della nebbia gli sfiorò leggera la
caviglia, lui dovette mordersi le labbra per impedirsi di urlare.
Con gli occhi dilatati, scrutava quel mare illusorio, cercando...
cercandoLo...
Sospirò, tentando di calmarsi.
Tanto nulla aveva ormai più importanza...
Ora sapeva che Lui stava per ritornare.
Lo sentiva nell'aria, nella carezza del vento che gli portava il suo odore,
un misto di pioggia e cenere; lo sentiva nel silenzio innaturale che
avvolgeva quel lembo di terra come un invisibile sudario.
Stava ritornando per mantenere la promessa, quell'antica promessa che lui
credeva dimenticata, spezzata.
Dei!
Paura, incertezza, amore... una ridda di sentimenti si mescolò nel suo
cuore, un magma ribollente di sensazioni indefinibili, che erano rimaste a
ristagnare per anni nella sua anima, bloccando i pensieri, bloccando le
parole, cementando una quiete illusoria...
Anni... lunghi anni spesi a rivivere il suo peccato, che in fondo era anche
la sua unica gioia.
Aveva atteso così tanto!
Così tanto che ora temeva di non riconoscerLo più... aveva sempre tentato
di tenere nascosto al suo cuore il Suo volto...
Perchè quello che provava era sbagliato.
E' sbagliato.
Perchè non era normale che il suo respiro si mozzasse solamente
guardandoLo, che le sue mani cominciassero a tremare incontrollabilmente....
No!
Stava ancora tentando di mentire a se stesso... dopo tutti quegli anni stava
ancora tentando di giustificarsi... di creare assurdi pretesti per sentirsi
meno in colpa...
C'era stato un tempo in cui lo aveva amato.
C'era stato un tempo in cui la consapevolezza di chi in realtà fosse non
gli aveva impedito di regalargli il cuore, senza condizioni.
Lo aveva amato... che Dio avesse pietà di lui...nonostante tutto e tutti,
lo aveva amato... e aveva giurato di farlo per sempre e sempre, in questa e
in tutte le vite a venire.
Scosse la testa, sconfitto.
Era inutile invocare Dio... per lui e per tutti quelli come lui non c'era un
dio compassionevole a cui appellarsi.
Aveva giurato... e poi aveva avuto paura...
Paura di quel sentimento che non aveva accennato a placarsi mai, di quel
devastante calore che lo bruciava da dentro, senza requie... di quell'amore
proibito e terrificante che gli aveva incatenato l'anima...
Una lacrima gli attraversò solitaria il viso, andando a spegnersi sulle sue
labbra... il sapore salato del suo dolore.
Dolore.
Già.
Era così che Lui voleva essere chiamato...
-Io ho un solo nome... Dolore. Io sono la sofferenza, io sono la pena... Io
sono il lamento della stagione che muore, la cenere che resta dopo
un'incendio.-
Un'altra lacrima, e un'altra, e un'altra ancora.
Aveva giurato di rimanergli accanto, allora, sempre... e aveva riso alle sue
parole, riso di gioia.
-Tu sei la tempesta che ha portato vita nel mio deserto, il vento che ha
sconvolto i miei piani, che ha mutato i miei desideri in morbidi abbracci.
Sei il sole e la luna, il mio cielo e i miei ricordi.
Sei ciò che mi protegge dalla mia oscurità, la brezza fresca nella
canicola ardente.
Tu sei la pace-
E invece lo aveva abbandonato.
Lo aveva condannato, ripudiando la sua promessa...
Infine era fuggito lontano, lasciandoLo solo, nelle mani di chi ne aveva
paura...
Si, era scappato lontano, ma non abbastanza.
La distanza che aveva percorso non poteva disperdere le parole che Lui gli
gridava direttamente nell'anima...
-Per questa e per tutte le vite a venire-
Parole che lo straziavano, durante tutte quelle notti solitarie che avevano
costellato la sua esistenza senza di Lui, la metà oscura del suo io, la
parte in ombra del suo cuore... essenziale come l'acqua nel deserto, letale
come il veleno dello scorpione...
Parole che rimbalzavano, ogni ora della sua vita, fra le pareti del suo
spirito, scandendo ogni giornata in cupi rintocchi.
No, la promessa non era stata dimenticata.
-Pace. Tu sei la mia pace.-
L'uomo alzò gli occhi, quegli splendidi occhi di velluto rimasti inalterati
nel tempo.
Faticosamente scese gli scalini della veranda, aggrappandosi alla ringhiera
con le lunghe dita ad artiglio, deformate dall'artrosi, sentendosi a mano a
mano più leggero.
Procedeva silenzioso, nella lattea opacità della nebbia; gli sembrava che
tutto attorno a lui avesse la consistenza di un sogno, di quelli in cui si
scivola subito dopo aver chiuso gli occhi, di quelli in cui ti rendi ancora
conto di stare sognando...
Laggiù, oltre le montagne, Lui stava arrivando... Lui, l'inferno che lo
aspettava, e che lui temeva e bramava... l'ultimo desiderio di un
condannato.
Il grano frusciava, alle sue spalle.
La luce della luna si spense, risucchiata da una nuvola.
La natura parve ritrarsi.
Si limitò a sorridere di un sorriso amaro; dimenticava che Lui era il
cattivo, non l'eroe.
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