Non ci
posso credere: l’ho finita davvero! Incredibile per i miei standard; quindi
visto che è la prima (e unica almeno per parecchio tempo) fanfic che scrivo
nei disclaimer devo fare parecchi saluti e ringraziamenti. Allora per prima
alla pucci Kia che quale martire si è prestata come cavia per la prima
lettura, poi alle mie altre due pucci Vi e Fra che come bestie ancora non
hanno letto tenipuri e che spero di invogliare con la fanfic anche se è
sappy. E poi ovviamente a Ria che sebbene sia un’amante del “twingo” spero
possa apprezzare anche ciò che non raggiunge tali vette di meraviglia ^O^.
Per finire poi a Greta (che se non finisce il collegio è una donna morta
>__<), a Calipso (che ne ha ben due su cui al momento è carente!!!) e a
Nausicaa (l’unica qui che non lesina mai le sue storie dolcissime) un
bacione ragazze e continuate a scrivere, non prendete esempio dalla mia
proverbiale pigrizia ^O^
Angie
angelgirl@libero.it
PS Ah,
ovviamente Ryoma, Momo-chan, Oishi, Eiji, Tezuka, Fuji, Inui, Kaidoh, e
Kawamura non sono miei ma del puccisimo Takeshi Konomi, sommo maestro
nell’arte degli hints per pucci maliziose come noi ^O^
La perfetta
sincronia "Ah-Un" di
Angie
“L’unico che può
apprezzare a pieno le acrobazie di Kikumaru è Oishi con la sua capacità di
adattarsi a tutte le diverse circostanze.”
“Hai sentito?”
“Si. Questa è la vera
sincronia “Ah-Un”…”
Momoshiro scosse il capo
imbarazzato.
“Già.” Replicò Ryoma stringendosi nelle spalle senza distogliere lo sguardo
dalla coppia d’oro del Seigaku. Ryuzaki sensei aveva proprio ragione,
l’intesa tra quei due era strepitosa sembravano nati apposta per giocare
insieme.
“Come fanno Momo-chan?”
“Non ne ho la più pallida idea, da che mi ricordo è sempre stato così per
loro.”
“Ti
sbagli: il primo anno Shuichiro non sopportava Eiji e i due continuavano a
litigare, erano un vero disastro.”
“Fuji-senpai ci stai prendendo in giro?”
Shusuke rise delle loro espressioni scettiche e stupite.
“Assolutamente no Ryoma, Momoshiro non può saperlo perché si è iscritto al
Seigaku solo l’anno scorso, ma se chiedi a Inui, a Kawamura o al capitano
Tezuka te lo confermeranno certamente.”
“Ma
allora come sono riusciti a diventare il doppio più forte di tutto il
campionato?”
Lo
sguardo di Fuji si posò protettivo sulla coppia di amici poco distanti.
Oishi si era affrettato a porgere un asciugamano a Eiji e controllava che si
asciugasse al meglio; c’era da scommettere che se avesse potuto se ne
sarebbe occupato in prima persona, solo il fatto di trovarsi ancora vicino
al campo sotto gli occhi di tutti gli impediva di lasciarsi andare.
“Eiji stai bene?”
“Si
non preoccuparti è tutto a posto.”
“Sicuro? Prima quando hai fatto la volée mi sembrava ti desse noia il
polso.”
La
bocca di Kikumaru si piegò in una smorfia deliziosa.
“Shuichi dovresti proprio smetterla di notare certi dettagli, in alcuni casi
poi diventa imbarazzante lo sai…”
“Allora ti faceva male veramente! Lasciami vedere… forse è meglio se vai
anche tu in infermeria.”
Si
agitò prendendogli la mano e massaggiandogli delicatamente il palmo per
studiarne le reazioni sperando di non scorgere il minimo segno di dolore;
solo dopo alcuni momenti tirò un sospiro di sollievo e tornò a sorridere.
“Sembra tutto a posto.”
“Si, non sono fatto di porcellana e tu dovresti smetterla di preoccuparti
così per ogni sciocchezza.”
“Dai non tenermi il broncio, infondo ci vuol così poco per accontentarmi.”
“Poco? Non direi davvero per quel che mi ricordo io.”
“Eiji!”
Oishi divenne di un bel rosso brillante alla maliziosa battuta e questo
suscitò ancor più il divertimento dell’altro.
“Andiamo a cambiarci va…” Ridendo Kikumaru afferrò il braccio del compagno
più alto e prese a trascinarlo verso gli spogliatoi, ignaro delle tre paia
d’occhi che lo stavano osservando.
Fuji sospirò riportando la sua attenzione sui due giocatori più giovani.
“Volete sapere come ci sono riusciti? Be’ è un mistero quanto mai
interessante.”
Era il primo giorno nella
nuova scuola: finalmente era iscritto al prestigioso Seigaku e al suo famoso
club di tennis, si sentiva emozionato alla sola idea e non vedeva l’ora di
incontrare i nuovi compagni. I suoi due idoli si erano diplomati ma anche
così restava di certo la squadra più forte del Giappone e lui tra pochi
minuti ne avrebbe fatto parte a tutti gli effetti.
Si
guardò intorno studiando gli altri del primo anno che come lui aspettavano
in fila: stranamente non erano molti, compreso lui solo sei, probabilmente
la fama degli allenamenti massacranti scoraggiava parecchio. Sbuffò, era
decisamente il più piccolino, di nuovo, persino quello infondo con dei
lineamenti talmente belli da sembrare una ragazza era più alto di lui. Il
parlottare al suo fianco lo distrasse da quelle constatazioni e si rese
conto che i due vicino a lui dovevano evidentemente conoscersi, quello con
gli occhiali sorrideva al buffo tipo che gli stava raccontando qualcosa a
proposito della sua giornata scolastica in tono serioso. Un’ondata di
malinconia lo colpi all’improvviso ricordandogli tutti gli amici che aveva
nella vecchia scuola, lasciandogli un gran senso di vuoto e di paura: e se
non fosse riuscito a farsi accettare? Se non fosse piaciuto a quei cinque
ragazzi fermi intorno a lui?
L’arrivo dell’allenatrice e dei senpai distrasse Eiji da quei foschi
pensieri, e senza neanche dargli tempo di capire come si ritrovò con la
racchetta in mano intento a dimostrare il suo livello di preparazione.
Ryuzaki sensei aveva fatto un discorso brevissimo, se discorso si poteva
definire il rapido snocciolare nome e carica, passando poi subito ad un
rapido appello che era servito solo a invadergli la testa di nomi che non
ricordava più. C’era un Inui ricordò ribattendo la palla, e se non
sbagliava Fuji era quello carino che aveva notato prima, l’unico di cui era
ragionevolmente certo si chiamava Oishi ed era quello contro cui stava
giocando, lo stesso che prima parlava con l’amico. Era bravo, decisamente, e
lui si stava divertendo a dispetto della tensione che aveva provato
all’inizio. Il quarto d’ora assegnato finì mentre erano in parità ed
entrambi passarono ad un altro avversario sempre sotto l’occhio attento
dell’allenatrice.
Alla fine dopo aver giocato contro tutti i suoi coetanei aveva collezionato
due vittorie, due pareggi, una sconfitta, cinque nomi ed alcune
informazioni. Era l’unico lì a non conoscere almeno un altro giocatore,
Oishi e Tezuka, quello che l’aveva sconfitto, erano compagni fin dalle
elementari, Fuji, Inui e Kawamura provenivano già tutti dal Seishun Gakuen e
non solo avevano una buona familiarità tra loro, ma anche con parecchi
senpai. Fortunatamente aveva l’impressione di essere simpatico ad almeno due
di loro da come gli avevano sorriso e parlato, ed era un vero sollievo
perché non voleva nemmeno pensare all’idea di rimanere solo. A dispetto
delle apparenze non era per niente bravo a fare amicizia, era sempre troppo
teso per lasciarsi andare davvero e poi più era inquieto più parlava a
sproposito attirandosi le insofferenze degli altri.
Ryuzaki sensei dopo aver discusso brevemente con il capitano della squadra
titolare, almeno di quella che ne restava dall’anno precedente, richiamò la
loro attenzione.
“Bene ragazzi, ora che vi abbiamo visto giocare e sappiamo qualcosa in più
di voi possiamo tranquillamente stabilire gli allenamenti specifici e le
coppie per i doppi. Come ben saprete i nostri due doppi migliori si sono
diplomati e quest’anno siamo piuttosto sprovvisti in tal senso. Ottimi
singoli, ma doppi appena sufficienti, perciò il mio intento fin da ora è
quello di costruire almeno una coppia affiatata che riempia al più presto
questo buco, due andrebbero ancor meglio… Quindi da domani oltre al
programma individuale Fuji si allenerà con Kawamura, Tezuka con Inui, e
Oishi con Kikumaru, dovrete imparare ad armonizzare perfettamente i vostri
stili di gioco, questo sarà il vostro compito principale. Tutto chiaro?”
“Si
sensei.”
“Bene allora per oggi è tutto con voi, ci vediamo domani.”
Nonostante l’immediata risposta di tutti serpeggiava una strana tensione
nell’aria, mentre i ragazzi si scrutavano tra di loro: Fuji rassicurava il
timido Kawamura con voce gentile, Inui e Tezuka si scambiavano opinioni, ed
Oishi vide quel ragazzino, quel Kikumaru muovere un passo verso di lui
sorridendo. Aveva sorriso tutto il tempo da quando aveva posato gli occhi su
di lui la prima volta, e già l’idea gli dava ai nervi, non aveva nessuna
voglia di trovarsi appiccicato proprio lo stupido sempre sorridente del
gruppo, perché non poteva semplicemente finire con Kunimitsu se proprio
doveva giocare in doppio? Infondo loro avevano già anche gareggiato assieme,
c’era abbastanza feeling, e con quello invece… era bravino ma giocava in un
modo… assurdo.
Fece una smorfia alquanto disgustata che raggelò il sorriso di Eiji
immediatamente; il ragazzino pietrificò come se qualcuno gli avesse dato un
ceffone, deglutì e si ritrasse proprio mentre la conversazione tornò
generalizzata e tutti si avviarono verso gli spogliatoi.
Erano passate cinque settimane da quel pomeriggio eppure la situazione non
era cambiata, almeno non tra Eiji e Shuichiro se non in peggio; e il loro
gioco ne risentiva. Nel doppio erano semplicemente un vero disastro: non una
volta erano riusciti a sconfiggere gli avversari, già tanto se riuscivano a
conquistare un set o qualche punto quando uno di loro era al servizio
e la cosa cominciava a pesargli sempre più, il tennis era quanto di
più prezioso avesse e non si era mai sentito così incapace, ed inadeguato
come in quel periodo. Qualunque cosa facesse sembrava uno sbaglio per Oishi
che lo guardava con insofferenza e così si agitava talmente che persino nel
singolo diventava una schiappa. Shusuke cercava di rassicurarlo ogni volta e
lo trattava sempre con dolcezza incredibile: il suo personale angelo
custode. Era stato il primo ad essergli amico e ad aiutarlo con tutti gli
altri, perché a dispetto dell’apparenza delicata e schiva era l’anima del
gruppo, persino più di Tezuka che certo era il migliore tra loro. Ma tennis
o meno nessuno rifiutava nulla a Shusuke Fuji, nemmeno Inui sempre
compassato era immune al suo fascino e Kawamura lo adorava letteralmente;
così almeno era riuscito ad inserirsi nel gruppo e cominciava a rilassarli
gradualmente quando stava con loro. Il suo sorriso era meno forzato e le sue
battute più spontanee, ovviamente finché il suo sguardo non incontrava
quello ostile di Oishi.
In
tutto quel tempo per quanto si fosse sforzato di capire cosa non piacesse di
lui ad Oishi non ci era riuscito, avrebbe voluto chiederglielo se non avesse
avuto così paura di essere mandato al diavolo o di essere rifiutato in malo
modo. Eppure a lui piaceva: era un bravo giocatore ma soprattutto dava
l’idea di essere un ragazzo fantastico, e un amico leale, con tutti tranne
che con lui, e di certo le cose non sarebbero migliorate da quel giorno.
Ryuzaki sensei li aveva strigliati a dovere davanti a tutti quel
pomeriggio. Aveva scambiato i partner per i doppi per provare nuovi schemi,
tranne lui ed Oishi perché avevano sempre fatto talmente schifo che come
punizione l’allenatrice aveva giurato di costringerli a giocare solo insieme
finché non avessero ottenuto un risultato appena decente. Aveva percepito la
rabbia del suo compagno emanare da ogni respiro e si era sentito mortificato
per quell’umiliazione che dipendeva in larga parte da lui.
Proprio per cercare in qualche modo di fare ammenda era rimasto ad allenarsi
un altro po’ ma ora doveva andare se non voleva arrivare in ritardo
all’appuntamento con Fuji e gli altri davanti al cancello della scuola.
Avevano concordato di andare in un locale e cenare insieme tanto per
rilassarsi un po’. Si avviò di fretta verso gli spogliatoi, aveva bisogno di
una doccia prima di cambiarsi: c’era ancora la porta aperta, evidentemente
qualcuno era in rimasto oltre l’orario come lui, forse qualche senpai. Stava
per entrare quando sentì il suo nome e si fermò per cercare di capire chi
stesse parlando di lui.
“Insomma è una vera rogna. Giocare con lui diventa uno strazio e nonostante
tutto continua a sorridere come se niente fosse, non so se mi irrita di più
doverci per forza stare in coppia facendo anche io la figura dell’incapace o
godere semplicemente della sua compagnia. Mi irrita.”
“Shuichiro non essere maligno, Kikumaru sta facendo del suo meglio e lo sai
anche tu.”
“Se
questo è il suo meglio non oso immaginare il peggio…” Ironizzò il ragazzo.
Eiji pietrificò: quelle erano le voci di Tezuka ed Oishi.
“Non è certo solo colpa sua, anche tu non collabori molto.”
“Ti
ci metti anche tu a difenderlo? E poi non si tratta di semplice
affiatamento, quel ragazzo è impedito sempre e comunque, scatta
immediatamente ma poi si blocca come se non sapesse cosa fare e finisce che
nessuno di noi ribatte, non puoi negarlo.”
Il
silenzio fu più eloquente di qualunque parola.
“Appunto. Tu non vorresti certo essere al posto mio e siamo sinceri, nessuno
degli altri lo vorrebbe, compreso Fuji con tutta la sua gentilezza…”
La
racchetta cadde di mano ad Eiji con un tonfo sordo senza che se ne rendesse
conto, gli sembrava di non riuscire più a respirare, si portò la mano alla
gola impietrito. Attirati dal rumore Tezuka e Oishi si affacciarono sulla
soglia trovandosi di fronte l’oggetto della loro discussione. Rimasero a
fissarlo non sapendo cosa dire per risolvere quell’imbarazzante situazione,
Tezuka era sulle spine e Oishi sentiva la faccia bruciargli per la rabbia e
la vergogna. Il fortunoso arrivo di Fuji che li stava cercando mise fine
all’incantesimo: come in un sogno Eiji sbatté le palpebre inghiottendo aria
dalla bocca ancora socchiusa.
“Scusatemi.”
Si
chinò a raccogliere la sua roba e senza dire altro girò sui tacchi
andandosene.
“Eiji?” provò a chiamarlo Fuji ma non insistette vedendo il volto
pallidissimo dell’amico.
“Si
può sapere che è successo qui?”
“Niente… stavamo parlando e lui deve averci sentito…”
“Stavate parlando? Di cosa?”
“Di
lui. Oishi ed io commentavamo il suo modo di giocare.”
“E
cosa stavate dicendo? Ma santo cielo l’avete vista la sua faccia?”
“Mi
spiace moltissimo che ci abbia sentito non era mia intenzione mortificarlo.”
“Vale lo stesso anche per te Oishi? Non credo vero? Non lo sopporti eppure
Eiji non ti ha mai fatto niente.” Fissò il compagno con disapprovazione, non
riusciva a capire il motivo di tutta quell’ostilità verso un ragazzo che era
così evidentemente vulnerabile ed in cerca di amicizia, era impossibile
lasciarsi fuorviare dalla maschera di allegria e spensieratezza fino al
punto da considerarlo solo un sciocco viziato e superficiale. “Scusate vado
a cercarlo.”
Tezuka annuì, avrebbe voluto seguire il compagno e scusarsi con Kikumaru per
quello che aveva detto, o non detto in suo favore, ma non era certo che
l’altro desiderasse vederlo in quel momento..
La
voce di Oishi improvvisamente attirò la sua attenzione.
“Non so cosa farci, davvero… Ogni volta che lo vedo mi si torce lo stomaco.
È stato così da subito: mi basta pensare a lui ed immediatamente mi va il
sangue alla testa, la prima cosa che mi vien voglia di fare è maltrattarlo,
e urlargli contro di smetterla… di smetterla di sorridere sempre a tutti,
perché…”
“Perché cosa?”
“…perché dovrebbe sorridere così solo a chi è importante per lui, dovrebbe
sorridere così solo quando è davvero felice e non per cercare di piacere a
tutti. Ecco io…”
Tezuka gli strinse leggermente il braccio guardandolo con comprensione,
togliendolo dall’imbarazzo in cui l’aveva gettato la foga delle sue
affermazioni. Lo conosceva bene da parecchi anni e sapeva che quello era un
comportamento inusuale per Shuichiro. L’amico di solito era sempre pacato e
gentile con tutti, non l’aveva mai visto agire così prima, con nessuno e ne
era rimasto parecchio colpito. Non pensava però si trattasse solo del
tennis, per quanto quella situazione avesse esacerbato il suo atteggiamento,
c’era qualcosa di più e quelle ultime parole sembravano confermare la sua
ipotesi. Sì, c’era ben altro dietro anche se non avrebbe saputo spiegare
cosa.
“Dovresti chiedergli scusa domani, proprio come farò io.”
“Lo
so.” Rispose l’altro senza guardarlo negli occhi. “Mi sono comportato molto
male…”
Sì,
era veramente stato crudele con Eiji… e da quando pensava a lui col suo
nome? Da un po’ dovette ammetterlo. Fin dall’inizio gli aveva provocato una
strana reazione vedere il sorriso dell’altro, specie perché sembrava così
spesso tremare negli occhi e gli aveva dato immensamente fastidio. Era la
sua aria scanzonata così palesemente fasulla ad irritarlo, e più l’altro
faceva finta di non essere colpito dal suo modo aspro più gli veniva
spontaneo trattarlo male. Fino a quella sera quando aveva visto tutta la
sofferenza che gli aveva causato risplendere in quegli occhi lucidi: si era
sentito un verme, ma al tempo stesso si era ancor più arrabbiato per quella
mancanza di reazione, per quel suo fuggire silenzioso. Aveva esagerato però,
anche tranciando quel giudizio su di lui come giocatore. Per quanto fossero
una frana insieme, era il primo a riconoscere che Eiji aveva un vero talento
quando non si lasciava distrarre; se ripensava ora a come aveva giocato il
primo giorno aveva prove certe della sua bravura, e anche questo lo faceva
arrabbiare: non capiva come potesse farsi condizionare così solo per l’idea
di non andargli a genio, specie perché tra loro il migliore era senza ombra
di dubbio Eiji. Probabilmente a situazione rovesciata lui si sarebbe
arrabbiato e avrebbe reso altrettanta ostilità, invece l’altro si
confondeva, e poi semplicemente faceva finta di nulla sorridendo come se
tutto fosse a posto quando evidentemente non lo era. Tranne stasera…
Si
domani gli avrebbe chiesto scusa e si sarebbe sforzato di trattarlo meglio.
Eiji si asciugò una volta di più le lacrime che gli scorrevano sulle guance
sentendosi ancor più stupido e ridicolo per quel suo piagnucolare pieno di
autocommiserazione, ma per quanto ci provasse non riusciva a smettere,
almeno lì rinchiuso nella sua cameretta al buio ora poteva ammetterlo,
faceva così male da spezzargli il cuore. In tutta la sua vita l’unica
certezza era sempre stata la sua abilità con la racchetta, ma ora lo aveva
abbandonato e lui, oltre a se stesso, stava umiliando lo sport che amava
sopra ogni cosa. Non riusciva a capire come fosse successo eppure il suo
corpo non rispondeva più al gioco per istinto, era sempre distratto, vago, e
alla fine cercava solo di non fare troppi danni invece di impegnarsi per
dare il meglio. Ma non voleva, non poteva nemmeno pensare di affrontare
ancora quello sguardo disgustato che aveva scorto nel volto di Oishi la
prima volta che erano entrati insieme in campo. Per mostrare la sua abilità
si era lanciato su ogni palla cercando di impressionare il compagno e
renderglisi simpatico, riuscendo invece solo a decretare la loro rovinosa
sconfitta. Qualunque cosa era meglio di quello sguardo, anche la rabbia, o
la pietà perché nulla gli aveva fatto più male, nulla e nessuno… Nessuno:
era questo il punto, fino ad Oishi non gli era mai importato così tanto del
parere di qualcuno, alle volte anche prima sbagliava, ma era sicuro della
sua abilità, sicuro di poter rimediare e migliorare; nessun giudizio aveva
mai avuto più valore del gioco in sé, ed ora senza che se ne rendesse conto
era cambiato.
La
presenza del compagno aveva riempito i suoi pensieri reclamando un posto che
non immaginava nemmeno potesse esserci nel suo animo, in campo e fuori.
Aveva fatto di tutto per conquistare la sua simpatia e avrebbe dato ogni
cosa per averla, era arrivato ad essere geloso di Tezuka per ogni gesto di
familiarità che condivideva con Oishi, sentendosi ancor più meschino per
quello. C’era qualcosa in Shuichiro e nel suo modo di muoversi in campo che
lo rendeva unico e lui lo ammirava con una venerazione che non gli era mai
appartenuta, nemmeno con tennisti più abili. Semplicemente Oishi giocava
come avrebbe desiderato poter fare lui, di più, era quello che avrebbe
voluto essere lui: così calmo, intelligente e determinato… e gli stava
tarpando le ali costringendolo a restare in coppia per un doppio che non
avrebbero mai formato. Si tirò a sedere di colpo stringendo l’impugnatura e
scrutando la racchetta come a carpirne un segreto inspiegabile, la soluzione
al suo dilemma veniva proprio da lei: bastava lasciarla scivolare via dalle
dita, fin sul letto a riposare. Semplice: doveva andarsene.
Sì,
lasciare era l’unica scelta giusta, per Oishi, per la squadra in generale,
anche per il suo amato tennis, e sebbene l’idea di non tenere più tra le
mani la sua adorata racchetta gli bruciava lo stomaco alla fine sarebbe
stato meglio persino per lui, doveva essere così! Era così, non c’era altra
possibilità. Con quella risoluzione in mente e il volto posato sulle corde,
Eiji lasciò che le lacrime riprendessero a scorrere libere: aveva diritto di
piangere mentre guardava i suoi sogni infrangersi per sempre, l’indomani
avrebbe consegnato le dimissioni dal circolo.
Oishi era stato sulle spine tutta la giornata in attesa di rincontrare la
sua nemesi, come un vigliacco era persino arrivato in ritardo di qualche
minuto agli allenamenti per evitare i compagni mentre si cambiava. Era dalla
sera prima che quello sguardo infelice lo tormentava. Lo aveva addirittura
sognato: Kikumaru piangente per una imprecisata ragione e lui che lo
consolava rassicurandolo; si era sentito così protettivo verso di lui, e gli
era sembrato così giusto… Non riusciva a capire perché quel ragazzo gli
facesse un tale effetto, immaginava di difenderlo dagli altri quando era lui
l’unico ad essere brusco nei suoi confronti. Era stato così bello stringerlo
nel sogno però… basta! Ma cosa diavolo stava pensando!
Doveva smetterla subito: ora si sarebbe scusato, avrebbe iniziato ad essere
cordiale, e si sarebbe impegnato in quell’accidenti di doppio in modo da
mettere fine a tutta quella situazione assurda.
Inspirando profondamente uscì dallo spogliatoio, dirigendosi verso i campi
che dovevano occupare quel giorno, ma già da qualche metro di distanza si
accorse che aleggiava una strana atmosfera. La sensei era ferma in mezzo a
tutti gli iscritti e pareva aspettare qualcosa, o qualcuno, perché appena lo
vide gli fece cenno di avvicinarsi. E Eiji era immobile di fianco a lei con
il capo abbassato!
Il
suo stomaco già stretto si torse ulteriormente, mentre mille ipotesi gli
attraversavano il cervello. Cosa stava succedendo?
“Bene ora che ci siamo tutti, Kikumaru puoi riferire ai tuoi compagni quello
che hai detto a me dieci minuti fa, prima che io ti comunichi la mia
risposta.”
Il
ragazzino sembrava voler sprofondare, ed esitava a parlare, all’improvviso
però raddrizzo le spalle ed alzò la testa acquistando immediatamente un’aria
dignitosa che suscitò stupore e mormorii tra tutti.
“Non è niente di così strano, semplicemente voglio ritirarmi dal club di
tennis, e Ryuzaki-sensei ha detto che spettava a me farvelo sapere. Tutto
qui.”
Eiji aveva parlato con voce risoluta senza guardare in faccia i compagni, ed
ora continuava a fissare un punto imprecisato davanti a lui, non voleva
incontrare lo sguardo di nessuno. Almeno in quel momento non voleva leggere
la pietà, e il sollievo in quelli che anche se per poco erano stati suoi
amici e che sarebbero sempre rimasti i suoi modelli anche negli anni a
venire. Le sue orecchie registrarono il brusio crescente mentre avvertiva
gli sguardi come punture sulla pelle, ma ormai la decisione era presa, tutto
era finito, quelli erano i suoi ultimi momenti come membro del Seigaku
tennis club.
“Perfetto, ora che hai espresso la tua opinione tocca a me…”
“Sensei per favore posso…”
“Si, sensei possiamo parlare un attimo con Kikumaru?”
Fuji e anche Tezuka avevano mosso qualche passo verso di lui, il primo con
aria preoccupata il secondo contrita, ma prima che potessero continuare
l’allenatrice li bloccò riportando il silenzio.
“Non ora ragazzi, innanzi tutto è giusto che il vostro compagno senta qual’è
la mia decisione al riguardo. Allora Kikumaru, potrai andartene solo se tu
ed Oishi sconfiggerete il nostro primo doppio, altrimenti dovrai restare
fino al diploma, questa è la mia condizione.”
Fuji, e Tezuka tirarono un sospiro di sollievo, era evidente che quello
fosse il modo di Ryuzaki sensei per rifiutare le dimissioni; ma non poteva
andare così, Eiji non aveva intenzione di desistere ora che era riuscito ad
accettare l’idea di abbandonare il tennis. Se doveva compiere quell’ultimo
sforzo l’avrebbe fatto e poi sarebbe stato sciolto da quel peso.
Annuì all’allenatrice che ancora aspettava la sua conferma.
“Forza allora. Vi voglio in campo tutti e quattro tra cinque minuti. Gli
altri possono guardare.”
Oishi non riusciva a credere alle proprie orecchie: Eiji voleva ritirarsi
dal club! Per colpa sua, ci avrebbe scommesso. Lo aveva talmente ferito da
spingerlo a prendere quell’assurda decisione: era un vero idiota! Doveva
rimediare, e subito, pensò avvicinandoglisi.
“Kikumaru, io non…”
“Scusami Oishi-kun, ti prometto che questa è l’ultima volta in cui sarai
costretto a subire… tutto questo. Dopo oggi non ti sarò più d’intralcio.”
Lui
si scusava? Lui! Era lui quello mortificato? Eppure per la prima volta
Shuichiro lesse una determinazione ferrea negli occhi di Kikumaru sotto il
sorriso malinconico ed avvertì il cuore contorcersi per il senso di colpa e
non solo.
Non
voleva che Eiji se ne andasse, non per quello che aveva detto lui
slealmente. Avevano ragione Kunimitsu e Fuji, la responsabilità era anche
sua che non ci aveva nemmeno provato, cocciuto come un mulo aveva deciso
subito e non si era mai smosso. Doveva cambiare la situazione, gli serviva
una seconda possibilità e fortunatamente l’allenatrice gliela stava
offrendo: sarebbe bastato perdere, impresa tutto sommato semplicissima, e
poi ricominciare da capo. Sì, avrebbe fatto così, una volta finita quella
partita ci sarebbe stato tutto il tempo per aggiustare finalmente le cose.
“Non preoccuparti di me, l’importante è la partita.”
Replicò gentilmente, prima di girarsi sorridendo senza nemmeno rendersene
conto. Il cuore di Eiji a quel piegarsi di labbra mancò un battito.
Com’era prevedibile iniziarono male, malissimo, ma inaspettatamente durante
il primo set qualcosa iniziò a cambiare, il loro gioco iniziò a combaciare
sempre più ed all’improvviso Oishi si rese conto che erano in parità. Eiji
non stava giocando come al solito, era un altro, uno incredibilmente agile e
rapido che riusciva ad intuire perfettamente quando buttarsi sulla palla e
quando lasciare spazio al compagno. Pareva tutto così semplice in quel
momento! Era assurdo eppure sembrava che per la prima volta da quando
gareggiavano insieme Eiji giocasse pensando solo al tennis; senza
preoccuparsi di fare buona impressione su di lui, e proprio per questo il
suo livello era schizzato molto più in altro di quanto chiunque si
attendesse. Che Ryuzaki-sensei si aspettasse proprio quello?
No,
non era possibile, loro dovevano perdere se no Eiji se ne sarebbe andato! Ma
il suo corpo rispondeva istintivamente al ritmo di gioco perfetto che
avevano stabilito. Erano persino in vantaggio! Ma com’era possibile? Era un
sincrono assoluto, e nel momento meno opportuno.
Voleva perdere, sapeva di dover perdere, da qualche parte nella sua mente
una vocetta glielo ricordava ad ogni punto ad ogni set che finiva, ma era
troppo esaltante quel match, giocare in quel modo era stupefacente pensò
ribattendo l’ennesima palla su una finta di Eiji. Era tutto così fantastico!
Match point a loro favore: incredibile! Passo avanti, slancio, smash e
vittoria!
Senza curarsi delle urla e degli applausi che si levavano attorno a loro
Shuichiro si lanciò verso Eiji abbracciandolo in preda all’euforia.
“Ce
l’abbiamo fatta! Ce l’abbiamo fatta!”
“Si, è finita…”
Il
tono spento del compagno riportò Oishi alla realtà. Era rigido ed immobile
tra le sue braccia del tutto privo di gioia od orgoglio per l’impresa appena
compiuta. Lo lasciò andare immediatamente indietreggiando di un passo,
osservando il volto triste sebbene la bocca come al solito fosse leggermente
piegata in un sorriso che mai quanto in quel momento avrebbe potuto essere
il simbolo del dolore.
Lasciandosi trasportare dallo scontro si era completamente scordato della
situazione che gli ripiombò addosso come un macigno: avevano vinto ed ora
Eiji se ne sarebbe andato! Non poteva permetterlo!
Ryuzaki-sensei si avvicinò.
“Ben fatto ragazzi, ora Kikumaru se hai ancora intenzione di lasciare il
club sei libero di farlo.”
Un
coro di no e di risate di levò dai ragazzi, era evidente a tutti che non
c’era motivo per cui se ne andasse, che era ridicolo…
“Grazie sensei, mi spiace solo di averla delusa.” Si scusò Eiji inchinandosi
mentre un silenzio attonito scendeva sul campo.
“Ma
Eiji-kun non puoi!”
“È
vero! non puoi andartene Kikumaru.”
“Non è giusto.”
“Basta ragazzi, la scelta è sua. Domani prima degli allenamenti portami pure
le tue dimissioni. E ora vai a cambiarti.”
“Va
bene sensei. Grazie anche a voi ragazzi.”
Con
un altro inchino Eiji si avviò agli spogliatoi sotto gli sguardi dispiaciuti
e tristi degli amici. Oishi rimase a guardarlo immobile incapace di
accettare che stesse succedendo davvero, specie ora dopo aver scoperto come
poteva essere giocare insieme a lui. Non voleva perderlo, non poteva nemmeno
immaginare come sarebbe stato non vederlo più. Mai una volta, nemmeno mentre
si arrabbiava con lui, aveva desiderato che Eiji lasciasse il Seigaku, anzi…
e adesso…
Senza pensare gli corse dietro: doveva fargli cambiare idea a tutti i costi.
Entrò trafelato nello spogliatoio e lo cercò con lo sguardo terrorizzato
all’idea che se ne fosse andato senza cambiarsi, non c’era… non c’era! Stava
per mettersi a piangere come uno stupido quando si accorse dello scroscio di
una doccia e si precipitò nel bagno. Eiji era lì appoggiato al piano bianco
con l’acqua che gli scendeva sui capelli e sulle spalle.
“Eiji…”
Il
ragazzo alzò lo sguardo spaventato sentendosi chiamare e rimase immobile a
fissare Oishi, l’ultima persona al mondo che si aspettava di trovarsi
davanti.
“Eiji non te ne puoi andare!”
Quelle parole impiegarono qualche secondo per penetrare nella sua coscienza
e quando finalmente qualcosa dentro di lui registrò il loro senso una diga
si ruppe dentro di lui e ricominciò a piangere senza poterselo impedire.
Come poteva proprio Oishi chiedergli una cosa del genere? Era per rendere
felice lui che aveva preso quella decisione così difficile, inutile tirarsi
ancora in giro era per lui che aveva rinunciato al suo sogno e ora…
Continuava a guardarlo singhiozzando incapace di dire una parola e
all’improvviso come in una moviola vide il ragazzo tendersi verso di lui e
poi piombargli addosso: aveva inciampato nella sua borsa lasciata davanti
alla doccia; sarebbe stato comico se non fosse stato così disperato.
Il
corpo caldo dell’altro si aggrappò al suo trascinandolo in una rocambolesca
scivolata che lasciò entrambi seduti sul pavimento sotto il getto battente.
“Non andartene…” gli mormorò all’orecchio Oishi restando abbracciato a lui,
con la testa sulla sua spalla. “Non puoi lasciarmi qui da solo.”
“Ma
io pensavo… ero convinto che tu…”
“Sono stato uno stupido, ma se resti cambierà tutto, voglio solo che resti
con me…”
“Ma
perché? Tu non mi sopporti nemmeno.”
“Non è vero! Non è vero! Io…”
Come poteva spiegargli qualcosa che nemmeno lui capiva bene? Lo strinse di
più ma dopo qualche istante Eiji si staccò per guardarlo negli occhi.
“Io
non capisco… Ti prego…”
Era
così bello, così vulnerabile, così adorabile e senza rendersene conto Oishi
avvicinò il volto al suo posando delicatamente le labbra sulla bocca
socchiusa dell’altro. Eiji tremò ma non si tirò indietro e all’improvviso
quello sfiorarsi delicato divenne un bacio vero, ricco di emozioni che
curavano tante ferite e spiegavano tanti misteri.
“Perdonami Eiji. Perdonami perché io ti voglio tanto bene…”
Anche Oishi piangeva consumando dolcemente quell’eccesso di tensione e di
sentimenti travolgenti.
“Anche io ti voglio bene Shuichi.”
“Allora resterai? Resterai con me?”
“Mmm, si.”
“Soltanto per il tennis?”
I
volti rossi per l’imbarazzo e gli occhi lucidi.
“No… se mi vuoi io resto con te…”
“Sì, sì sì!”
Oishi ridacchiò ritornando ad abbracciarlo a baciarlo, finché non lo sentì
tremare, solo in quel momento realizzò che erano entrambi sotto l’acqua
ormai fredda ed Eiji era completamente nudo. Avvampò ancor di più non
riuscendo a distogliere lo sguardo.
“Sei così bello!”
Eiji arrossì enfatizzando maggiormente la pelle d’oca che lo ricopriva,
lasciando che l’altro lo guardasse. Gli sembrava tutto un sogno. Dei rumori
di passi li riportarono bruscamente alla realtà, Oishi chiuse l’acqua e si
affrettò a recuperare un asciugamano per avvolgere il suo nuovo, prezioso,
adorabile ragazzo.
“Stai congelando!”
“Tu
non stai meglio di me, però.” Ridacchiò Eiji scrutando la divisa bagnata
appiccicata alla pelle di Shuichi.
“Siamo una coppia di stupidi tu ed io.”
“Si, per questo forse Ryuzaki sensei ci ha messi insieme: infondo aveva
ragione lei.”
“Già. Appena ci siamo asciugati andiamo a dirle che non te ne vai più, ok?”
“Ok.”
“Ehi ragazzi si può entrare? O il dramma è ancora in corso?”
Si
sorrisero complici al suono della voce canzonatoria di Fuji.
“Non ci sono morti, vero?”
“No. Tutto a posto, ora arriviamo. Eiji non se ne va più.”
Urlò Oishi prima di chinarsi per un bacio rapido verso la bocca veramente
sorridente di Eiji. Ora si era davvero tutto a posto e lui avrebbe fatto in
modo che continuasse ad esserlo.
Momoshiro e Ryoma entrarono negli spogliatoi con un po’ di fiatone per
l’allenamento supplementare a cui Inui li aveva costretti in vista del
torneo e si fermarono sbalorditi nello stesso istante in cui il cervello
registrò quello che i loro occhi vedevano: Oishi seduto su una panca con
Kikumaro seminudo in braccio intenti a scambiarsi baci appassionati e tenere
carezze.
Momoshiro fu il primo a riprendersi e con un sogghigno mise la mano sugli
occhi di Ryoma trascinandolo fuori.
“Be’ a quanto pare abbiamo scoperto il mistero…”
Ridacchiò indicando col capo la stanza da cui erano usciti di soppiatto.
“Già… Pensi che gli altri lo sappiano?”
“Direi che almeno per Fuji è abbastanza evidente e probabilmente anche per
gli altri del terzo anno.”
“Be’ comunque il loro metodo per una perfetta sincronia “Ah-Un” è
decisamente migliore del nostro.”
“Decisamente si. Vogliamo provarlo anche noi Ryo-chan?”
Ryoma lanciò una lunga occhiata verso l’amico.
“Solo per amore del tennis, vero Momo-chan?” chiese ironico il ragazzino.
“Ovviamente.”
“…e
perché no?”
Game set.
Win
01
Nota finale: le prime battute e il titolo sono tratti direttamente dal
manga, per la precisione dal 4° volumetto a pagina 89.
P.S. Allora giusto per chiarezza questa nota viene aggiunta dopo la stesura.
I personaggi di Tenipuri frequentano le medie: shock. Non so per quale
ragione ma nella mia testa era scontato che fossero dei liceali. L’equivoco
è spiegabile col fatto che il liceo in Giappone dura tre anni esattamente
come le medie, e che di certo Tezuka, Fuji, Oishi e compagnia non si
comportano come dei quattordicenni o quindicenni, a me sembravano
decisamente più adulti. Nelle mie fic di conseguenza continueranno a
comportarsi come se fossero più grandicelli esattamente come nel manga.
Gomen ne.
In
caso qualcuno avesse i miei stessi problemi lascio qui sotto lo schema
scolastico giapponese.
Asilo. Fino ai 6 anni.
Elementari. Corso obbligatorio di sei anni così suddiviso: 6/7; 7/8; 8/9;
9/10; 10/11; 11/12.
Medie. Tre anni sempre obbligatori: 12/13; 13/14; 14/15.
Liceo. Tre anni non obbligatori ma frequentati praticamente da tutti: 15/16;
16/17; 17/18.
Università. Quattro anni.
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