Disclaimer:
Come sempre... bla bla bla... bla bla bla...
Mitchi: Ma ti sembra il modo di scrivere i Disclaimer?!
Cioppys: Uffa... che pa**e! Tanto son sempre le stesse cose! ¬.¬
Mitchi: Scrivili!!
Tutti i personaggi di questa storia - soprattutto IL rompiscatole di cui sopra - appartengono ad Inoue-sensei... Io, naturalmente, li prendo solo in prestito per scrivere questa storia assurda e, tanto per cambiare, non ci guadagno un soldo bucato...
Dediche :
Today is Ria Day... Buon Compleanno Ria!!^^
Note :
La trama non è molto originale, visto che l'idea principale su cui si basa è stata trita e ritrita in più di un film. Siccome però mi piaceva, ho voluto comunque scriverla, non senza qualche difficoltà su come far procedere il tutto... ma questo è un'altra storia!^^'
Un ringraziamento caloroso a Violet^^
Buona Lettura!
L'Antico Mondo
di Cioppys
POV.MITSUI
Il rumore della campanella mette fine al mio supplizio. Ancora con il gessetto in mano, sollevato verso la lavagna satura di calcoli e formule, lancio un'occhiata eloquente al professore di matematica. Dovrebbe saperlo che ho gli allenamenti di basket e che non posso fare tardi.
Lui sbuffa e chiude il libro posato sulla cattedra. Lentamente raccoglie le sue cose e mi fa cenno di andare. Lo ringrazio con un leggero inchino, ma non faccio in tempo a fare un passo che parte la predica.
"Mitsui, ti conviene studiare con più impegno se non vuoi avere un insufficienza nella mia materia" e, dopo avermi squadrato da capo a piedi con sguardo severo, si avvia verso la porta sotto la quale già sfilano i miei compagni di classe.
Ritorno al mio posto e sistemo il banco invaso, il quale è invaso per tutta la sua superficie da libri e quaderni, come pure da penne e matite. Raccolgo la cartella, che era appoggiata ad una delle gambe di ferro, e mi avvio lungo il corridoio con passo sostenuto. Giunto alle scale, alzo lo sguardo verso il piano superiore, piano dove si trova la classe di Akagi... che poi è la stessa di Kogure...
Avrò fatto in tempo? Oppure sarà già sceso?
Mi appoggio con la schiena al muro di fronte alle scale, continuando ad osservare la folla di studenti che lentamente le discende. La luce del sole che penetra da una delle tante finestre poste alle mie spalle mi scalda la schiena, facendomi cadere in un dolce torpore.
Socchiudo gli occhi, ripensando a quello strano sentimento che risiede in me da anni, ma a cui sono riuscito a dare un nome solo di recente. E la gioiosa scoperta di amare una persona si rivela terribile quando rammento che questa è un lui. E non un lui qualunque, ma un mio compagno di scuola e squadra... nonchè il mio migliore amico...
Sospiro pesantemente, frustrato dall'indecisione che mi assilla da molti giorni a questa parte: glielo dico oppure no? Una scelta di per sè nemmeno tanto complicata visto che, in fondo, le opzioni sono solamente due. Ma le conseguenze? Incalcolabili... Soprattutto nel caso decida di renderlo partecipe dei miei sentimenti. Si potrebbe passare da quella più felice, ovvero la loro reciprocità, alla più infausta, come l'avversione o il disgusto per ciò che provo e che sono...
E' una mano gentile quella che si posa sulla mia spalla, strappandomi dai pensieri che mi affliggono. E sono due limpidi occhi castani quelli che i miei incontrano, una volta sollevate le palpebre.
"Allora sei sveglio..." mi dice Kogure, esibendo un bellissimo sorriso "Pensavo ti fossi addormentato visto che non rispondevi!"
Muovo le labbra, ma nessun suono le attraversa. Sono così incantato da quella visione idillica, tanto da non accorgermi della presenza di un'altra persona...
"Muoviamoci! La palestra ci aspetta!"
Ecco come un gorilla distrugge un bellissimo momento poetico! Mi son sempre chiesto se Akagi conosca il significato della parola 'tatto'! Comunque è inutile lamentarsi: non essendo a conoscenza nessuno di quello che provo non può capire l'enormità dell'errore commesso...
Con un sospiro rassegnato, seguo il capitano e il vice che stanno già affrontando le scale.
Durante tutto il tragitto che ci porta in palestra rimango sempre alle spalle dei miei due compagni di squadra, i quali discutono pacatamente dell'ultima ora di lezione di letteratura.
I miei occhi scorrono prima lungo la figura di Kogure, analizzando ogni punto dell'esile corpo nonchè del grazioso viso; poi mi soffermo qualche secondo su Akagi, invidiandolo per il rapporto di profonda amicizia che lo lega al mio amato. Certo, Kogure è anche amico mio, ma non c'è la stessa complicità e soprattutto conoscenza. Loro sono compagni di scuola e squadra fin dalle medie, mentre io ho avuto a che fare con Kogure forse per un totale di tempo di qualche mese... Come posso competere?
Sospiro nuovamente, avvilito, mentre voltiamo l'angolo della palestra e ci avviciniamo all'entrata stranamente affollata. Osservando meglio le persone che vi sostano davanti, noto che sono tutti i nostri compagni.
"Che succede?" chiede Akagi una volta raggiunti gli altri.
"Sembra che la palestra sarà inagibile per alcuni giorni..." risponde Miyagi.
"Cosa?!" l'esclamazione del capitano sovrasta qualunque rumore nel giro di diversi chilometri da quanto è acuta.
"Gori! Non c'è bisogno di urlare in quel modo!!" si lamenta Sakuragi, cercando di stapparsi le orecchie con un dito.
"Il coach Anzai è dentro con il preside. Stanno visionando la palestra e discutendo sulla possibilità di usarla" interviene Ayako "Stamattina si è rotta una conduttura dell'acqua, e parte del campo risulta allagato" conclude, indicando un angolo dell'edificio.
Akagi e Kogure si scambiano un'occhiata. Poi si fanno avanti passando in mezzo ai compagni di squadra, i quali si spostano di lato per lasciarli passare. Io rimango dove sono, osservando la confusione che si genera alla constatazione del gorilla che molto probabilmente non sarà possibile fare gli allenamenti in quelle condizioni.
Questa non ci voleva. Il campionato inizia tra pochissimi giorni e noi non possiamo permetterci di saltare gli allenamenti, io in particolare. Sono rientrato da poco e devo riprendere un po' di dimestichezza con la palla, il canestro e il campo da gioco.
Il silenzio cala sui ragazzi quando, sulla porta, intravedo la figura del coach affiancato da un'altra persona, che riconosco essere il preside.
"Mi dispiace ragazzi, ma purtroppo per qualche giorno la palestra non sarà agibile" è proprio lui a parlare, con la sua voce bassa e severa "Gli idraulici arriveranno nel pomeriggio per verificare le condutture. Probabilmente ce ne saranno altre da cambiare, e sostituirle non è così semplice"
"Coach, il campionato è alle porte. Noi dobbiamo allenarci!" interviene il mio amore, nella speranza che il nostro allenatore abbia una soluzione al problema.
"Un po' di riposo non vi farà male, Kogure. Oh oh oh!"
Come non detto...
Anzai e il preside si allontanano. Tutta la squadra li osserva voltare l'angolo per poi riportare lo sguardo all'entrata della palestra.
"Purtroppo per oggi mi sa che non abbiamo scelta" dice mesto Akagi "Visto il cielo plumbeo è impensabile allenarsi fuori... Vorrà dire che ne approfitterò per portarmi avanti con lo studio..." conclude con un sospiro, avviandosi verso l'uscita della scuola.
Anche gli altri nostri compagni si incamminano, parlottando tra di loro della sfortuna che ci ha colpito. L'unico che rimane fermo di fronte all'entrata della palestra, a fissare sconsolato l'interno, è Kogure.
Mi avvicino e gli poso una mano sulla spalla, nel tentativo di confortarlo.
"Non prendertela..." gli dico.
Lui si volta verso di me e mi guarda con occhi tristi. Dal canto mio, faccio una fatica tremenda a trattenermi dall'abbracciarlo e stringerlo a me. Non voglio vedere quell'espressione infelice sul suo volto e cerco quindi una soluzione per farlo sorridere nuovamente...
"Senti... che ne dici di andare in centro a fare un giro per negozi? Tra scuola e allenamenti è da tanto che non abbiamo un po' di tempo libero. Perchè non approfittarne?"
Noto che è indeciso sul da farsi e ci pensa un attimo. Io, intanto, spero in fondo al cuore che accetti la mia proposta, in quanto sarebbe anche un'ottima occasione per passare un po' di tempo insieme.
"Veramente avrei da studiare..." pensa ad alta voce.
"Come se ne avessi bisogno!" lo prendo in giro "Dai, Kogure! Sei uno studente liceale! Un po' di svago non potrà farti che bene!"
"Se lo dici tu..." conclude, accentando implicitamente il mio invito.
Così, uno di fianco all'altro, ci avviamo verso il cancello della scuola. Qui troviamo Akagi che si era fermato ad aspettare il compagno di classe per tornare a casa. Abitando vicino, spesso i due percorrono la strada insieme, ma stavolta il gorilla dovrà farla solo soletto...
"Io e Mitsui andiamo in centro... Ti va di venire?"
Eeeh?! Come sarebbe?! Non può invitare Akagi!! Io voglio stare solo con lui!!
Lo stupore per quella domanda deve essere palese, in quanto il mio amato mi chiede se ha forse detto qualcosa di strano. Naturalmente nego, incrociando le dita dietro la schiena e facendo gli scongiuri affinchè il capitano non accetti quell'invito.
Devo ritenermi fortunato quando sento Akagi mormorare 'no, grazie', anche se pronuncia tali parole con uno strano sorriso sulle labbra. Pensieroso, lo osservo allontanarsi lungo la strada, fino a quando Kogure non mi sfiora un braccio per avere la mia attenzione.
"Andiamo?"
Annuisco e insieme ci incamminiamo dalla parte opposta.
*
Seduti al tavolo di un caffè davanti ad una cioccolata calda, osserviamo la pioggia venir giù a fiotti attraverso l'enorme finestra al nostro fianco. Devo ammettere che per una volta il capitano aveva ragione sul tempo: il cielo prometteva pioggia e pioggia ha dato.
Io e Kogure eravamo in giro per le vie del centro da nemmeno un'oretta quando ha iniziato a diluviare. Così ci siamo rifugiati in questo locale, in attesa che smettesse o, almeno, che diminuisse d'intensità. Il punto è che nessuno dei due ha un ombrello e la strada che ci separa da casa non è poca...
"Certo che è stato un acquazzone improvviso..." mormoro, tentando di rompere lo strano silenzio che si è creato tra noi.
Lui però annuisce senza rispondere e continua a sorseggiare la bevanda calda.
Lo fisso per qualche secondo, chiedendomi quale sia la ragione della poca comunicazione tra di noi negli ultimi giorni. Kogure non è certo un tipo espansivo, ma è comunque strano che da quando siamo seduti a questo tavolo non abbia detto più di tre parole. Ed è passata ormai un'ora da quando abbiamo varcato la soglia del locale...
"Kogure, c'è forse qualcosa che non va?"
Lui alza lo sguardo dalla tazza fumante e mi osserva da dietro le lenti degli occhiali, indeciso sulla risposta.
"Perchè me lo chiedi?" domanda infine.
"Perchè sei inspiegabilmente silenzioso... E non è da te"
Messo a disagio dalla mia affermazione, china il capo e con una mano prende a giocare col numero del tavolo a cui siamo seduti. I minuti passano e lui non aggiunge altro, confermando il mio timore iniziale: c'è qualcosa che non va, ma non capisco cosa... E lui non me ne vuole parlare.
Sospiro rassegnato e osservo nuovamente la strada. La pioggia è diminuita ma non ha ancora smesso. Ormai, però, si sta facendo tardi e non possiamo rimanere tutto il pomeriggio in questo posto. Senza dire nulla, mi alzo per andare alla cassa del locale, dove pago le nostre consumazioni. Quando ritorno, Kogure mi chiede quanto mi deve.
"Niente. Te lo offro io" rispondo, mentre raccolgo la borsa degli allenamenti da terra.
"Ma..."
"Niente 'ma'" interrompo la sua obbiezione "Ho detto che te lo offro io!" e gli sorrido.
Lui mi ringrazia, facendomi però promettere che la prossima volta sarà lui a pagare per entrambi. Naturalmente accetto... D'altronde come posso resistere al suo sorriso?
Usciamo dal caffè e ci prepariamo per una lunga corsa verso casa, nella speranza che la pioggia non riprenda a cadere con maggiore intensità. Peccato che, dopo nemmeno un chilometro, l'acquazzone riacquista vigore e noi siamo costretti a fermarci all'inizio di un piccolo vicolo, sotto la tettoia di un negozio.
"Non è stata una grande idea quella di venire in centro..." penso ad alta voce, senza rendermene conto.
"Infatti è stata una TUA idea, Mitsui..."
Mi volto verso Kogure, il quale mi osserva con un sorriso ironico dipinto sulle labbra.
"Che vorresti dire, scusa?!" esclamo, un po' offeso da quell'affermazione.
Di fronte al mio viso imbronciato, lui scoppia a ridere.
Dovrei sentimi oltraggiato da questa reazione, ma in realtà sono sollevato. Anzi, felice. Finalmente ho di nuovo davanti il Kogure che conosco e non la copia mal riuscita di Rukawa...
Il mio sguardo da Kogure si sposta alle sue spalle, sulla vetrina del negozio. Incuriosito dagli oggetti esposti, mi avvicino per osservarli meglio.
Al centro, in bella vista, è disposto uno splendido scrittoio in legno scuro, perfettamente lucidato. Per dimostrazione, un paio cassetti risultano semi-aperti mentre, sul piano di scrittura, sono stati riposti ordinatamente alcuni fogli e penne stilografiche. A far compagnia a questi piccoli oggetti ci sono anche un antico orologio da tavolo, perfettamente funzionante, e tre a cipolla, uno dei quali è aperto per mostrare il quadrante. A fianco dello scrittoio, sulla sinistra, c'è un piccolo tavolo dai bordi intagliati, sul cui piano è appoggiato un magnifico vaso in ceramica finemente decorato a mano; in quest'ultimo, sono stati riposti degli strani fiori fatti in legno per esaltarne la bellezza. Alla destra dello scrittoio, infine, è collocata una sedia con il rosso cuscino imbottino, i cui decori si rifanno al tavolo di prima.
"Che ne dici nell'attesa che smetta di piovere di entrare a fare un giro?" chiedo al mio compagno di squadra il quale, anche lui, sta osservando la vetrina incuriosito.
"Ma Mitsui... Da quando in qua ti interessi di antiquariato occidentale?"
"Kogure, io lo dicevo tanto per passare il tempo!" esclamo un po' stizzito "Hai forse altro da fare, come ad esempio stare fermo in piedi sotto una tettoia?"
"Beh... In effetti no!" risponde sorridendo.
Varchiamo la soglia del negozio e il tintinnio di una campanella, posta sopra la porta, annuncia la nostra entrata. All'interno del locale, però, non si vede nessuno. Così iniziamo a guardarci in giro, immergendoci nella strana atmosfera che pervade la piccola bottega.
I nostri occhi corrono sui muri ricoperti da quadri e specchi dall'elaborata cornice in legno o in metallo, nonchè da moltissimi orologi a pendolo di diversa grandezza, il cui ticchettio fa da sottofondo rompendo quel silenzio che altrimenti aleggerebbe nel locale. Sotto di essi, rasente ai muri, è disposta non solo altra mobilia simile a quella in vetrina - scrittoi, tavoli e sedie - ma anche cassapanche, librerie, mensole e altri oggetti d'arredo, su cui sono disposti soprammobili e articoli di ogni tipo: candelabri in oro ed argento, dalle più svariate forme; vasi, piatti e servizi da the in ceramica, con decori floreali eseguiti probabilmente a mano; piccole sculture - busti e mezzi busti - in marmo, alabastro, bronzo e terracotta, in stile classico e neo-classico, che rappresentano figure mitologiche o allegoriche; libri e stampe d'epoca, perfettamente ordinati sulle mensole e sugli scaffali; ed infine, spille, collane, braccialetti ed anelli, insieme ad orologi da polso ed a cipolla. Ed è qui che entrambi ci soffermiamo, affascinati da uno splendido orologio a cipolla in oro bianco con il frontale aperto, al cui interno sono incise delle parole in una lingua a noi sconosciuta.
"Benvenuti a L'Antico Mondo, ragazzi..."
La voce bassa e fioca che giunge alle nostre spalle ci fa sobbalzare, colti di sorpresa. Io e Kogure ci voltiamo verso il banco, notando solo allora la presenza del proprietario.
"Posso esservi d'aiuto?" chiede l'uomo, facendosi avanti.
"Stavamo soltanto dando un'occhiata..." rispondo, con un leggero inchino, in segno di saluto.
"Lo immaginavo..." dice lui, con un sorriso "Difficilmente dei ragazzi giovani come voi entrano in un negozio come questo"
"Mi scusi se le faccio questa domanda, ma che lingua è?" chiede il mio compagno di squadra, indicando l'orologio a cipolla di prima.
"Oh!" esclama l'uomo, avvicinandosi "Vedo che, nonostante non siate degli intenditori, avete buon occhio..." con una mano afferra l'oggetto in questione, sollevandolo per la catenella "Vedete, questo orologio è dei primi anni del Settecento e proviene dall'Europa, più precisamente dall'Italia. Si narra che esso fu il dono di un nobile uomo alla sua dama, che amava più della sua stessa vita. Peccato che lei non lo ricambiasse, in quanto lo considerava freddo e scostante e si era unita a lui in matrimonio solo spinta dalla propria famiglia ambiziosa di acquistare un titolo nobiliare più importante di quello che già possedeva. In realtà, il nobile uomo, era molto impegnato a causa del proprio lavoro e per questo trascurava spesso la moglie. Così, disperato per l'incomprensione che si era creata, decise di regalarle l'oggetto più prezioso che esistesse, nella speranza di dimostrare il proprio amore nei suoi confronti..."
"Però un regalo non è sufficiente a dimostrare i sentimenti che si provano per un'altra persona..."
Quelle parole, pronunciate con profonda tristezza, giunsero piano sia alle mie di orecchie che a quelle del proprietario del negozio, interrompendone il racconto. Mi volsi preoccupato verso Kogure, ritrovandolo mesto ad osservare il pavimento, con la testa china e gli occhi nascosti dietro le lenti, le quali mi impedivano di vedere cosa esattamente si celasse nelle sue iridi scure.
"Hai ragione" riprese l'uomo "Un oggetto, qualunque esso sia, non può nè dimostrare nè quantificare un sentimento, nello stesso modo in cui non può sostituirlo... Fu per questo che, il proprietario del negozio al quale il nobile signore si rivolse gli offrì il suddetto orologio... un orologio molto particolare..."
"E che cos'avrebbe di speciale? In fondo è solo un orologio!" dico, alzando le spalle scettico, ma comunque incuriosito da quella storia.
"Ed è qui che ti sbagli, ragazzo!" esclama l'uomo, sorridendo "Vedi, il negoziante disse al nobile che, con questo orologio, poteva far comprendere alla sua dama quale fossero i suoi impegni e le sue responsabilità, nonchè la sua vita di tutti i giorni... il tutto vivendolo con i propri occhi e sulla propria pelle..."
Inarco un sopracciglio dubbioso, cercando di cogliere il vero senso di quelle parole. Che cosa vorrà veramente dire 'vivendolo con i propri occhi e sulla propria pelle'? Alla fine scuoto la testa, non riuscendo a comprendere l'arcano.
Ad un tratto, il pendolo da muro posto dietro il bancone inizia ad eseguire il suo piccolo concerto, fatto di un sordo rintocco per ogni ora della giornata...
"Ma è tardissimo!" esclama Kogure al settimo rintocco, voltandosi a guardare per un momento le lancette "Mitsui, io devo tornare a casa!"
"Beh... Vorrà dire che la conclusione di questa storia ve la racconto un'altra volta" dice l'uomo, rimettendo al suo posto l'orologio a cipolla. Poi si dirige verso il banco.
Kogure lo segue, ringraziandolo per il tempo e la pazienza concessoci e scusandosi per la brusca interruzione della storia. Infine, gli promette che torneremo presto a trovarlo.
Rimasto solo davanti allo scrittoio, quello su cui l'uomo ha rimesso l'orologio, prendo ad osservare l'oggetto in questione, covando una strana sensazione di possesso...
Non chiedetemi a cosa pensassi in quel momento, perchè non saprei cosa rispondere. L'unica cosa che ricordo è la mia mano che si muove lesta, lo afferra e lo infila nella tasca della giacca...
"Mitsui?"
La voce di Kogure mi fa sussultare. Di scatto mi volto ad osservare sia lui che il proprietario del negozio, nel tentativo di capire se, uno dei due, si sia accorto del misfatto appena compiuto.
"Dai, andiamo! Ha anche smesso di piovere!"
Vedendolo incamminarsi in direzione dell'ingresso, capisco che non ha notato niente di strano, esattamente come l'uomo dietro il bancone che, tranquillo, alza una mano in segno di saluto. Interiormente, tiro un sospiro di sollievo e seguo Kogure fuori dal locale, dove velocemente ci incamminiamo verso casa.
Durante il tragitto rimango in silenzio, ripensando a ciò che ho appena fatto. Non posso dire di essere stata la persona più corretta di questo mondo negli ultimi anni, ma mai mi era capitato di commettere un furto simile. E me ne vergogno...
Nel momento in cui si intravede casa mia in fondo alla strada, ricomincia a piovere. In meno di un minuto, le poche gocce che cadono diventano un'infinità, come se sopra le nuvole qualcuno avesse aperto un rubinetto.
Con un ultimo scatto, raggiungiamo la tettoia d'ingresso alla piccola villetta di due piani abitata dalla famiglia Mitsui, da dove osserviamo perplessi il repentino cambiamento del cielo. Nemmeno dieci minuti prima sembrava che finalmente dovesse uscire il sole... Ora invece si sta alzando anche un forte vento.
"Mi presti un ombrello?" mi chiede Kogure.
"E mi spieghi a cosa ti serve? A fartelo portar via dal vento?" rispondo, facendogli notare le violente folate.
"Mitsui, io devo andare a casa..." mi fa notare.
"Ho capito... Ma, a camminare sotto questa pioggia, rischi di prenderti una polmonite!" ribatto, innervosito dall'urgenza che sembra avere. Forse sua madre preferisce che, pur di essere in orario, torni a casa con quaranta di febbre?
Kogure sembra pensarci un attimo. Osserva per qualche secondo la strada che, ormai, si è trasformata in un vero e proprio lago, per poi chinare il capo scoraggiato...
"Senti, perchè non ti fermi per cena?" gli propongo "Per i miei non sarà certo un problema aggiungere un posto a tavola, anzi, gli farà piacere... E poi potresti aiutarmi con i compiti di matematica..." concludo, anche se in realtà non sono proprio per domani...
"Mitsui, io..."
"Per favore!!" lo supplico, giungendo le mani a mo' di preghiera "Quel maledetto professore ce l'ha a morte con me!!"
"E va bene..." cede alla fine, emettendo un lungo sospiro di rassegnazione.
Finalmente entriamo in casa, dove metto al corrente mia madre dell'ospite a cena. Questa, senza nemmeno salutarmi e lasciandomi in disparte, si rivolge immediatamente a Kogure per chiedergli quale pietanza gli piacerebbe mangiare. Faccio finta di niente e torno in salotto dove recupero il cordless, cordless che offro al mio compagno una volta che questi è riuscito a liberarsi dalle grinfie di mia madre...
"Avvisa i tuoi che stai qui a mangiare... Io intanto vado a preparare la vasca e a cercare qualche vestito pulito da prestarti" e mi incammino su per le scale che portano al piano superiore.
"Mitsui... Non c'è bisogno, davvero!" ribatte lui.
"E invece io direi proprio di sì, visto la quantità di fango sui tuoi pantaloni..." con un cenno della testa li indico, e solo ora Kogure sembra accorgersi di quanto sia sporco e bagnato "D'altronde, io non sono in condizioni migliori!" concludo sorridendo, per poi riprendere il mio cammino.
Mentre aspetto che la vasca si riempi, recupero due tute - indumenti che nella mia stanza abbondano - e le sistemo sul letto, pronte all'uso, insieme ad un paio di boxer e calzini per entrambi. Poi ritorno in bagno, giusto in tempo per collocare due accappatoi sugli appendini a fianco della porta che entra il numero cinque della squadra...
Ed è solo in questo momento che mi rendo realmente conto di quello che sta succedendo...
Io e Kogure faremo il bagno insieme.
Soli...
Di colpo inizio a sentire caldo, terribilmente caldo. Nonostante l'aria del bagno non sia ancora così satura di vapore da riscaldare l'ambiente, prendo a sudare. E non parliamo del respiro o dei battiti del cuore, i quali accelerano in modo spaventoso nel momento in cui lui fa per togliersi la maglietta. Immediatamente gli volto le spalle ed eseguo lo stesso movimento con una lentezza disarmante, in modo da dargli il tempo di entrare nell'acqua, la quale, essendo coperta da uno spesso strato di schiuma, mi impedirà di vedere il suo corpo nudo...
Ma perchè non penso mai a quello che faccio?!
Nel momento in cui sento Kogure immergersi all'interno della vasca, finisco di svestirmi e lo raggiungo, rimanendo comunque ad una certa distanza da lui.
Parliamo del più e del meno - anche se il discorso è incentrato principalmente sulla situazione della palestra - e il tempo passa. Così, poco meno di mezz'ora prima che la cena sia servita in tavola, giunge l'urlo di mia madre attraverso la porta del bagno, che ci 'ordina' di uscire dalla vasca e di prepararci...
Ed è a questo punto che il panico mi assale.
Sì, perchè, come in entrata ho voluto appositamente evitare di vedere Kogure nudo come mamma l'ha fatto, vorrei evitarlo anche in uscita, per non ritrovarmi in una situazione decisamente imbarazzante. Peccato che, appena mia madre finisce di parlare, lui si alza in piedi, regalandomi una splendida visione della sua schiena, ma soprattutto, del suo fondoschiena...
"Mitsui! Ti sta uscendo il sangue dal naso!" mi avvisa allarmato il mio compagno di squadra, una volta indossato l'accappatoio.
Immediatamente chiudo le narici con pollice e indice. Ma non è tanto questo a preoccuparmi, quanto una certa cosa, per fortuna ancora nascosta dall'acqua e dalla schiuma....
"V-va tutto bene Kogure!" cerco di tranquillizzarlo "Probabilmente è il caldo... Tu inizia ad andare in camera. Io arrivo subito..."
Con un sorriso, riesco a convincerlo a raggiungere la mia stanza. Una volta lasciato solo, finalmente posso rilassarmi e uscire dalla vasca.
Attendo qualche minuto, in modo che l'eccitazione scemi e che l'emorragia al naso si plachi, e lo raggiungo avvolto nel mio accappatoio verde smeraldo, pronto per prepararci alla cena annunciata da mia madre...
*
"Guarda che il risultato è cinque..."
"Ma come cinque?!" esclamo, afferrando il quaderno farcito di calcoli su cui ho sudato più delle canoniche sette camice "Non è possibile! Non può non essere sette!!"
"Posso dire che in matematica sei un caso disperato?"
Kogure emette un lungo sospiro di rassegnazione. Ormai sono quasi due ore che siamo chiusi in camera mia a decifrare espressioni su espressioni, sempre con il medesimo verdetto: non azzecco un risultato! Per una volta non posso non dargli torto...
Sento un rumore sulla scrivania e noto che il mio compagno di squadra si è tolto gli occhiali per massaggiarsi gli occhi stanchi. Il suo viso non è molto lontano dal mio, anzi, è così vicino che mi basterebbe un niente per annullare la distanza che separa le nostre labbra. Dovrei solamente sporgermi...
Immediatamente scaccio questo pensiero, la cui azione che suggerisce sarebbe solo una pazzia. In compenso, però, rimango a fissarlo come in adorazione.
Quando si accorge di ciò, Kogure si volta e fa per dirmi qualcosa, ma si blocca. Passano alcuni secondi, durante i quali ho come la sensazione che lui mi stia scrutando l'anima attraverso quelle finestre che sono gli occhi, e ciò che vi legge deve metterlo a disagio: il suo sguardo si fa schivo e prende a torcersi le mani.
So che cosa ha scorto nel mio cuore, perciò il suo comportamento mi turba, perchè ancora non sa quanto il mio sentimento sia profondo. E questo dovrò dirglielo io. La mia paura, però, è di compromettere la nostra amicizia, e io non voglio perderlo... Ma ha senso continuare a celargli il mio amore? Da una parte mi sento sleale a nasconderglielo...
E così, in un impeto di coraggio, allungo una mano sulle sue che tiene in grembo, toccandole lievemente. Lui punta immediatamente gli occhi sui miei, capendo che sto per dirgli qualcosa di veramente importante...
"Kogure... Io..."
La porta si spalanca e mia madre fa capolino all'interno della camera, spezzando così il momento propizio per la mia dichiarazione. Sia io che Kogure ci ritiriamo alle nostre postazioni, come due bambini colti in flagrante a fare qualcosa di proibito.
"Ho interrotto qualcosa?" chiede mia madre, non riuscendo ad interpretare il nostro comportamento. Non ricevendo risposta - perchè, almeno da parte mia, sarebbero stati solo insulti - continua il suo discorso "Hisashi, quante volte ti ho detto di controllare le tasche dei vestiti prima di metterli a lavare? Se non lo facevo io questo sarebbe finito in lavatrice..." e solleva l'orologio a cipolla che ho 'preso in prestito' a L'Antico Mondo.
O porc... Ma dove ho la testa in questi giorni?
"Ma quello è..."
Il sussurro di Kogure mi fa capire che ha riconosciuto l'oggetto in questione. Con una velocità che nemmeno credevo di avere, mi alzo, vado verso mia madre e glielo strappo di mano, nascondendolo alla vista del mio compagno. Poi, in modo non molto gentile, la invito ad uscire, promettendole che la prossima volta farò più attenzione.
Chiusa la porta, rimango di spalle alle scrivania, attendendo pazientemente LA domanda...
"Mitsui... Dove hai preso quell'orologio?"
Appunto. E ora che gli rispondo?
"Ecco... Io..." mi volto verso Kogure, cercando di inventare una scusa plausibile... Peccato che il mio cervello oggi si rifiuti di ragionare, soprattutto dopo due ore di matematica!
"Tu l'hai rubato!!" urla lui, sconcertato.
"Shh! Non gridare!" mormoro, avvicinandomi a lui e gettando un'occhiata alla porta "Vuoi che i miei ti sentano?! Se mio padre viene a sapere che cosa ho combinato, mi prende a cinghiate!"
"E farebbe bene!!" esclama, lasciandomi allibito "Quell'uomo è stato molto gentile con noi oggi... E tu lo ripaghi rubando nel suo negozio?! Ma almeno ti rendi conto di cosa hai fatto?!"
"Certo che me ne rendo conto!" rispondo, mostrandomi pentito "E infatti domani volevo restituirlo... Spero solo che non mi denunci e prenda il mio gesto come una ragazzata..." sospiro, lasciandomi scivolare a terra e appoggiando la schiena al letto.
"Ci manca solo che te lo tieni!" Kogure si alza in piedi "Mi hai deluso Mitsui... Molto!" conclude, avviandosi verso la porta.
"Aspetta!" lo precedo, sbarrandogli la strada proprio davanti all'entrata della camera "So di aver sbagliato, ma al momento non mi rendevo conto di quello che stavo facendo..."
"Non è una giustificazione questa..." mormora, evitando di guardarmi negli occhi.
Rimaniamo in piedi uno di fronte all'altro in silenzio per alcuni istanti, durante i quali spero con tutto il cuore che capisca il mio pentimento e non se ne vada. Anche se ha smesso di piovere da circa mezz'ora, vorrei restare ancora in sua compagnia... Ma man mano che il tempo passa, le mie speranze svaniscono. Alla fine, mesto, mi allontano dalla porta.
"Mi dispiace, davvero... Io..." non concludo la frase, non sapendo che altro aggiungere.
Mi siedo alla scrivania, dandogli le spalle, in attesa di sentire la porta che si apre e si chiude al suo passaggio, cosa che accade poco dopo.
E' a questo punto che inizio a maledirmi per la mia idiozia e stoltezza. Col mio comportamento deplorevole ho deluso e ferito la persona per me più importante.
"Sono uno stupido..." mormoro sconsolato, prendendo a rigirarmi nervosamente tra le mani l'oggetto incriminato, mentre una lacrima furtiva si affaccia dai miei occhi neri.
D'improvviso lascio l'orologio dondolare sul piano e nascondo il volto nei palmi, iniziando a piangere sommessamente. Sono proprio cotto a puntino per frignare come un bambino... Chi mi conosce non ci crederebbe e, se mi vedesse, rimarrebbe allibito...
E' una mano gentile quella che si posa sui miei capelli, accarezzandoli, ma questo gesto inaspettato mi fa sussultare sulla sedia. Rimango sorpreso a incontrare gli occhi lieti di quella persona che credevo si fosse allontanata da me.
"Kogure..."
"Mi farà piacere rivedere quell'uomo... anche se non sarà facile spiegargli la situazione..." un sorriso si allarga sulle sue labbra.
"Grazie..." lo ricambio.
Felice che non se ne sia andato, gli chiedo di accomodarsi, e riprendiamo i compiti di matematica dal punto in cui mia madre ci aveva interrotto. Peccato però che ci sia qualcosa che ora mi distrae dagli innumerevoli calcoli...
Ad un certo punto allungo una mano e afferro l'orologio, iniziando ad osservarlo attentamente. Con il pollice, faccio scattare la chiusura e il quadrante si apre, facendo sì che la luce della lampada illumini le strane parole impresse all'interno del coperchio.
"Secondo te cosa può esserci scritto?" gli chiedo, desideroso di sapere.
"Mitsui... I compiti!" esclama lui rassegnato "Sono rimasto a casa tua per aiutarti a decifrare espressioni di matematica, non iscrizioni senza senso..."
"Ma non sei per niente curioso?" domando un po' deluso da questo suo attaccamento ai miei doveri di studente.
"Beh... Se devo essere sincero, sì, un po' curioso lo sono..." ammette alla fine, sorridendo.
Mi gusto per qualche secondo quella visione prima di spostare gli odiosi e incomprensibili libri, creando uno spazio sulla scrivania dove appoggio l'orologio aperto. Accigliati, prendiamo a scrutare quelle parole dal significato oscuro, senza però riuscire a interpretarle. Poi allungo la mano per sfiorare il coperchio in argento lucido, senza accorgermi che Kogure sta facendo il medesimo gesto. Così le nostre dita sfiorano sì l'orologio, ma si sfiorano anche tra di loro. Lancio una veloce occhiata al numero cinque, ma lui sembra non essersi accorto di quel contatto, o forse sta facendo finta di niente...
"Non vogliono dire assolutamente niente..." dichiara lui infine.
"Perchè non proviamo a leggerle ad alta voce?" suggerisco.
Le sue dita si chiudono sulla destra dell'orologio, le mie sulla sinistra, e insieme diamo un suono a quelle enigmatiche parole:
Hec erp nu orgion oi sosap onceroecs a donof al resanop taama.
Hec erp nu orgion oi sosap edveer icò hec edve eil noc i ieim hicoc.
Hec erp nu orgion oi sosap evvier al uas taiv.
Hec erp nu orgion oi sosap ressee lequal resanop.
Finita l'impegnativa lettura ci osserviamo in silenzio, per poi scoppiare a ridere.
"Io non ho capito un'acca!" riesco a dire tra una risata e l'altra.
"Se per questo nemmeno..."
La voce di Kogure scema, fino a scomparire e non terminare la frase. Qualcosa sembra aver attirato la sua attenzione. Appena mi ricompongo, osservo il quadrante dell'orologio, il quale ha iniziato ad emettere uno strano bagliore.
"Ma che..."
Non riesco ad aggiungere altro, perchè la luce sprigionata diventa talmente accecante da costringermi a coprire gli occhi con entrambe le mani. Nello stesso momento, una strana sensazione di leggerezza mi invade, come se il mio corpo non avesse più nessun peso. E mi sento fluttuare. Ma questa percezione di inconsistenza svanisce in pochi attimi, lasciandomi con un enorme mal di testa.
"Ohi ohi..." mormoro, affondando le mani nei capelli. Per un attimo noto che sembrano leggermente più lunghi del solito, ma non ci faccio caso "Kogure... tutto a posto?" chiedo, sentendo che nella mia voce c'è qualcosa di strano... sembra diversa.
Il rumore di una sedia ribaltata a terra mi fa sobbalzare sulla mia. Volgo lo sguardo alla mia sinistra e... chi mi ritrovo?
Io.
Ora mi crederete pazzo, ma sappiate che non lo sono affatto. Vi giuro sul mio talento di giocatore di basket che la persona che ho di fronte sono proprio io... E non mi sto guardando ad uno specchio!
Ma che diavolo sta succedendo?!
Un pensiero - decisamente contorto - si fa strada nella mia mente...
Se io sono in piedi davanti a me, allora chi sono io?
Di scatto, mi alzo dalla sedia spaventando il me stesso che era in piedi, il quale indietreggia di alcuni passi. Mi pianto davanti all'armadio e apro l'anta, spalancando gli occhi di fronte a ciò che vedo riflesso nello specchio attaccato al suo interno.
"N-no... N-non è p-possibile..."
Io... Io sono Kogure!?
Allungo una mano e sfioro la superficie dello specchio, come a voler constatare la sua reale presenza. A quel punto sento le ginocchia cedere e mi lascio scivolare a terra. Nel riflesso mi appare il me stesso alle spalle, il quale guarda anche lui allibito ciò che questo mostra. Lo vedo fare qualche passo indietro per sedersi sul materasso del mio letto.
"M-mitsui... S-sei tu vero?" è la flebile domanda che esce dalle sue labbra.
I nostri sguardi si incrociano attraverso lo specchio, e io annuisco lievemente, ancora troppo scosso dall'assurdità della situazione per parlare.
"C-che cosa è successo, Mitsui?" mormora Kogure, fissando vacuo un punto indefinito del pavimento "Perchè io sono te e tu sei me?"
Legittima domanda, a cui però non so dare risposta. Nemmeno io so cosa sia successo... Almeno fino a quando la mente non mi ricorda la strana luce che ci ha investito, quella luce provocata dall'orologio...
Mi alzo dal pavimento e ritorno di fronte alla scrivania, dove l'oggetto in questione è abbandonato aperto sul piano. Lo prendo in mano e osservo il quadrante. Subito noto che le lancette segnano le dodici meno due minuti... Ma quello che più mi stupisce è la lancetta dei secondi che sta procedendo all'indietro!!
"Kogure... Secondo te cosa significa?"
Gli allungo l'orologio, facendogli notare il conteggio alla rovescia. Lui in un primo momento rimane smarrito dallo strano funzionamento dell'oggetto, poi mi chiede se non sia rotto.
"No, ne sono più che sicuro" rispondo, sedendomi accanto a lui "Quando stavamo osservando le incisioni nel coperchio, funzionava perfettamente... e segnava anche un'ora diversa da quella di adesso!"
"Io non ci avevo fatto caso..." dice, rigirandosi l'orologio tra le mani "Pensi che sia da ricollegare a noi? Al nostro scambio, intendo..."
"Non lo so..." rispondo scotendo il capo "Ma quelle incisioni sul coperchio non sono semplici scritte... In fondo prima di leggerle, ognuno di noi era nel suo di corpo..."
Uno strano silenzio scende nella stanza. Entrambi fissiamo il pavimento pensierosi.
"Perchè non proviamo a rileggerle, allora?" propone Kogure, ad un certo punto "Se hanno provocato lo scambio, potrebbero riprovocarlo e farci tornare come prima!"
L'idea potrebbe funzionare e così le rileggiamo, ma non succede niente. Facciamo altri tentativi, ma la situazione non cambia: io rimango nel copro del mio compagno di squadra e lui nel mio...
Impegnati a pensare sul da farsi, ma senza trovare alcuna soluzione, il tempo passa. Alle undici, fa capolino nella stanza mia madre, la quale dice a Kogure che si sta facendo tardi.
"Si, mamma" rispondo, senza pensarci "Ora lo lascio andare a casa..."
"Scusa?" domanda lei accigliata, facendomi ricordare che, ai suoi occhi, io sono Kogure.
"Ehm... Si signora! Ora torno a casa!" e la ringrazio per l'avviso con un cortese inchino.
Appena la porta si chiude, tiro un sospiro di sollievo, mentre il numero cinque mi chiede per l'ennesima volta 'cosa facciamo'.
"Non c'è altra scelta..." rispondo rassegnato "Io andrò a casa tua..."
"No, non puoi! Assolutamente no!!"
Rimango decisamente sorpreso dalla sua reazione, non capendone il motivo. Nello stesso momento, però, penso al fatto che io non ho mai messo piede a casa sua. Quelle poche volte che ci siamo incontrati al di fuori della scuola, è sempre stato lui a venire da me, mai il contrario...
"Kogure, non posso non andare a casa tua. I tuoi genitori si preoccuperanno!" gli faccio notare.
Lui fa per dire qualcosa, ma alla fine non aggiunge altro, chiudendosi in un silenzio agitato. Cerco quindi di tranquillizzarlo, dicendogli di comportarsi normalmente e non ci saranno problemi. Velocemente mi faccio spiegare come sia suddivisa casa sua, in modo che non debba vagare per l'edificio a cercare le stanze giuste. Infine, gli dò appuntamento al giorno seguente sul terrazzo della scuola al suono della prima campanella. Una bella dormita non potrà che aiutarci a pensare più lucidamente ad una soluzione.
Prima di uscire dalla stanza e lasciarlo, raccolgo l'orologio e lo abbraccio, sussurrandogli all'orecchio che tutto andrà bene.
O almeno spero...
*
Dopo circa venti minuti di cammino sostenuto, giungo finalmente a casa di Kogure. Come la mia, è una villetta in stile occidentale di due piani. Non dovrei sorprendermi: le case in questa zona residenziale sono state costruite quasi tutte con lo stesso stile.
Dalla borsa del mio amato estraggo le chiavi di casa. Prima di riuscire ad aprire il cancelletto passano più di cinque minuti, visto che sono costretto a doverle provare praticamente tutte! Con la porta d'ingresso sono più fortunato: alla terza, l'uscio si apre.
Appena entrato in casa, la mia attenzione viene attirata da due voci - una maschile e una femminile - provenienti dal piano superiore. Nonostante non capisca le parole pronunciate, dal tono forte ed elevato deduco che stia discutendo... o meglio, litigando. Mi tolgo le scarpe e, lentamente, mi avvio lungo il corridoio d'entrata, osservando il punto del soffitto da cui provengono i rumori di passi.
Qualche attimo e, dalle scale in fondo, la figura di una donna fa la sua comparsa. A colpirmi a prima vista non è solo la sua bellezza, una bellezza delicata, ma gli occhi rossi e le lacrime che gli rigano il viso grazioso, un viso che mi sorprende per l'enorme somiglianza con Kogure. Appena lei mi vede, si precipita da me per abbracciarmi con dolcezza.
"Perdonami tesoro..." mi sussurra all'orecchio, con voce rotta dai singhiozzi "Io ci ho provato..."
Mi posa un bacio sulla fronte ampia e poi si avvia verso la porta da cui sono entrato.
"Dove credi di andare?!"
Ai piedi delle scale si trova ora un uomo alto e bruno, sulla quarantina, dal volto tirato e rosso di rabbia. Con occhi di fuoco osserva la donna che, indossati cappotto e scarpe, ha già socchiuso l'uscio di casa.
"Se provi ad uscire da quella porta, io chiedo il divorzio!!" gli urla lui, puntandole addosso l'indice.
Alla parola 'divorzio' sento i muscoli di tutto il corpo irrigidirsi. Ansioso, prendo a spostare il mio sguardo da lui a lei, in attesa di ulteriori sviluppi, ma ormai la rottura sembra definitiva. Sono gli occhi della donna a confermarmelo, occhi tristi e mesti che si abbassano sul pavimento quando incrociano i miei.
"E allora fallo!" urla lei, serrando palpebre e pugni "Non m'importa più niente di te!!"
La porta si chiude con fragore, lasciandosi dietro solo un cupo silenzio.
Rimango a fissare l'uscio per alcuni secondi, turbato da ciò che è appena successo. Poi mi giro verso l'uomo, il quale sembra affranto per la burrascosa fine del suo matrimonio, ma non per questo meno arrabbiato. E il mio sguardo misto di compassione fa risorgere la sua ira.
"E tu che cos'hai da guardare?!" mi grida "Fila subito in camera tua! E la prossima volta, guai a te se torni così tardi!"
Non me lo faccio ripetere due volte. Gli passo di fianco e salgo le scale, raggiungendo la seconda porta a destra, dietro la quale si trova la stanza del mio compagno di squadra, come da lui spiegato.
Una volta chiuso l'uscio, mi ci appoggio contro, lasciandomi scivolare a terra.
"Io non ne sapevo niente..." sussurro attonito.
Ora so perchè Kogure non mi ha mai parlato della sua famiglia o non mi ha mai invitato a casa sua... Ma questo non riesce a consolarmi. Anzi, il fatto che non si sia confidato con me mi ferisce, profondamente. Forse non mi reputa una persona di fiducia su cui contare? Sono sicuro che Akagi è a conoscenza della sua situazione familiare... perchè io no?!
Stanco e spossato dalla lunga e intensa giornata, scivolo lentamente in un sonno senza sogni. Il mio ultimo pensiero da vigile? L'abbraccio con Kogure di quella stessa sera...
*
La prima campanella è appena suonata, ma del mio compagno di squadra nemmeno l'ombra. All'arrivo del secondo trillo non passerà molto tempo e, quindi, spero che quello a disposizione basti per ciò che abbiamo da dirci. Comunque è strano che lui arrivi in ritardo ad un appuntamento... Sarà successo qualcosa?
Nell'attesa, ripenso a stamattina.
A casa Kogure tutto era tranquillo... o almeno, sembrava. Quando mi sono svegliato, ancora appoggiato alla porta della camera, erano da poco passate le sette. Il silenzio che regnava all'interno dell'abitazione era gelido. Dopo essere andato in bagno ed essermi preparato, sono sceso al piano inferiore, ma di suo padre e di sua madre non c'era traccia. Avrei voluto sapere se lei fosse rincasata, ma non avevo il coraggio di controllare nelle altre stanze, temendo di svegliare qualcuno. Così ho fatto colazione e sono uscito, arrivando a scuola addirittura in anticipo. Incredibile, vero?
La porta della terrazza cigola e io mi volto a guardare chi la sta varcando.
"Scusa il ritardo..." mi dice Kogure, avvicinandosi.
"Figurati... E' buona abitudine per me arrivare in ritardo!" rispondo sorridendo, pensando alle facce che farebbero i miei compagni di classe se mi vedessero entrare venti minuti prima del solito!
"In effetti, hai ragione" afferma lui, capendo a cosa mi riferissi "Meglio così..." e si accomoda al mio fianco, senza aggiungere altro.
"Pomeriggio andremo a L'Antico Mondo" gli confermo, osservando il panorama della città che si intravede oltre il muretto perimetrale del terrazzo "Spero che la palestra non sia ancora agibile, così possiamo muoverci subito dopo le lezioni... In caso contrario, ci toccherà sorbirci gli allenamenti..."
Kogure annuisce, rimanendo però in silenzio, come se aspettasse che io gli chieda qualcosa. E io so benissimo cosa si aspetti che gli chieda. Però non voglio fargli il terzo grado. Ci ho pensato stamane mentre venivo a scuola: se lui vorrà parlarmi sarò pronto ad ascoltarlo, ma non voglio costringerlo a farlo...
Così, mi alzo e gli dò appuntamento a pranzo.
"Mitsui..." mi chiama.
Io mi volto e lo vedo abbassare lo sguardo per non incrociare il mio.
"Ecco... Io pensavo che fossi arrabbiato..."
Secondo voi, potrei davvero arrabbiarmi con la gentilezza fatta a persona?
"Beh... All'inizio un po' arrabbiato lo ero" ammetto, accovacciandomi di fronte a lui "Il non sapere dei tuoi problemi in famiglia mi ha parecchio ferito..."
"Perdonami!" esclama, sollevando di scatto la testa e puntandomi addosso i suoi occhi dispiaciuti "Avrei voluto parlartene, ma non ce n'è stata mai l'occasione, ed io... Io non sapevo come affrontare l'argomento. Inoltre non volevo darti ulteriori seccature, visto quello che hai passato negli ultimi due anni..."
"Kogure, non dire scemenze!" lo riprendo, appoggiando le mani sulle sue spalle "Sono o non sono tuo amico?" domando, anche se avrei voluto sostituire la parola 'amico' con qualcosa d'altro...
"Ma certo che lo sei!" mi risponde, in parte offeso da quella domanda.
"E a cosa servono gli amici se non per confrontarsi, confidarsi e aiutarsi nei momenti difficili?"
In un primo momento, lui rimane completamente spiazzato dalla mia domanda. Troppo preso dai suoi problemi e dalla paura di potermi dare grattacapi, non aveva minimamente pensato che io sarei stato più che felice di dargli una mano, o anche solo di offrigli un punto d'appoggio, una spalla su cui piangere...
Una cosa, quest'ultima, che dovrò tra poco fare, mi sa...
La malinconia subentra allo stupore iniziale, malinconia che presto si trasforma in depressione. E io non posso fare altro che accoglierlo tra le mie braccia e lasciargli il tempo di sfogarsi. Quando i singhiozzi diminuiscono, gli sollevo il volto e asciugo con il pollice quelle ultime lacrime che gli solcano ancora le guance.
Ed è a questo punto che osservo gli occhi di quel viso a me così familiare, un viso che tante volte ho guardato allo specchio. Ma ora, in fondo a quelle pupille, intravedo l'animo di colui che amo più della mia stessa vita...
Inconsciamente mi sporgo in avanti, avvicinando le mie labbra alle sue, bramando adesso più di ogni altro momento quel contatto intimo che sogno da molteplici notti. Ma è la seconda campanella a spezzare l'incanto, facendomi ritornare con i piedi per terra.
"Dobbiamo tornare in classe..." mormora Kogure, allontanandosi da me.
Annuisco, alzandomi in piedi. Raggiungiamo la porta del terrazzo e iniziamo la discesa delle scale. Quando al pianerottolo stiamo per separaci, lo fermo.
"Kogure... Devo raccontarti quello che è successo ieri sera a casa tua..." gli dico, risistemandomi gli occhiali sul naso.
La sua espressione si fa scura.
"Ci vediamo a pranzo..." sussurra mesto, per poi riprendere la propria strada.
Lo osservo camminare lungo la successiva rampa di scale fino a quando non scompare dalla mia visuale. A questo punto raggiungo la terza sezione del terzo anno, arrivando giusto in tempo: il professore sta chiudendo la porta scorrevole dell'aula. Questi, con un sopracciglio alzato, mi osserva varcare la soglia, stupito di vedere uno dei suoi migliori alunni sempre puntale entrare in classe in ritardo, ritardo di cui mi scuso con un cortese inchino, esattamente come avrebbe fatto Kogure. Poi raggiungo il mio posto accanto ad Akagi e mi siedo.
"Dove eri finito?" mi chiede il capitano, aprendo il libro di letteratura.
"In bagno..." rispondo, eseguendo il medesimo gesto.
Akagi sembra voler aggiungere qualcosa, ma non fa in tempo. Il professore inizia a spiegare, prendendo a passeggiare avanti ed indietro tra le lunghe file di banchi, libro aperto in mano. Al contrario del gorilla, che segue attentamente la lezione, io mi abbandono ai miei pensieri, scarabocchiando con la matita un foglio bianco come la neve.
E, inevitabilmente, i miei pensieri si concentrano su una sola persona...
*
Le lezioni pomeridiane sono appena terminate, e con loro anche il mio ultimo supplizio.
Mi alzo dal banco, pronto a seguire Akagi in palestra, la quale purtroppo è già tornata agibile. Me l'ha comunicato proprio oggi alla fine della pausa pranzo con sommo piacere, piacere naturalmente non condiviso dal sottoscritto. Infatti avevamo in programma di andare a L'Antico Mondo il prima possibile e gli allenamenti ci obbligheranno a ritardare la nostra visita...
Al termine della prima rampa di scale, si aggrega al gruppo anche Kogure sotto le mie mentite spoglie. Da dietro le lenti dei suoi occhiali lo osservo attentamente, cercando di capire se ha assorbito la notizia dell'imminente divorzio dei suoi genitori, notizia che gli ho comunicato proprio a pranzo.
Al momento non l'ha presa per niente bene. Ho visto il ragazzo calmo e mite che amo perdere completamente il suo autocontrollo e diventare isterico. Non è stato facile acquietarlo, e per un attimo ho avuto anche paura che facesse qualche stupidaggine. Alla fine, fortunatamente, si è sfogato in un forte pianto liberatorio, quietandosi.
E pensare che non lo reso ancora partecipe della orribile figura che gli ho fatto fare stamattina durante la lezione di matematica. Tutta la classe è sbiancata alla mia fantastica risposta... Fantastica non perchè era sorprendentemente corretta, ma perchè era totalmente frutto della mia fantasia! Il professore credeva che stessi male e, addirittura, voleva che Akagi mi accompagnasse in infermeria!
Sicuramente avrò detto una boiata pazzesca delle mie...
Entriamo negli spogliatoi dove le matricole si stanno già cambiando. Come d'abitudine, mi dirigo al mio armadietto...
"Kogure... Che stai facendo?" mi chiede il gorilla, accigliato.
"Mi sto cambiando..." rispondo, afferrando la mia maglietta azzurra.
"Lo vedo... Ma quello non è il tuo armadietto!"
A queste parole mi blocco. Come non è il mio armadietto? Per scrupolo, lo richiudo e guardo l'etichetta sull'anta: Mitsui. Questo è sì il mio armadietto... ma non oggi!
"Oh!" esclamo, guardandomi intorno. Tutti mi stanno osservando perplessi, compreso il mio compagno di sventura che si trova in piedi proprio dietro di me "Kog... Ehm, Mitsui, scusami!" gli dico, porgendogli la maglietta "Non so proprio dove ho la testa oggi!" e mi metto a ridere, sperando di convincere gli altri che il mio è solo uno stupido errore.
Finito di cambiarci, usciamo dagli spogliatoi. Mentre cammino lungo il corridoio che porta in palestra, mi sento afferrare per un braccio.
"Mi spieghi come facciamo adesso?!" mi sussurra allarmato Kogure all'orecchio "Io non ho nè la tua abilità nè il tuo talento!!"
"Non ti preoccupare..." lo tranquillizzo "Gioca come meglio sai fare e tutto andrà bene"
Infatti tutto procede nel migliore dei modi, almeno fino a quando al gorilla non viene in mente di organizzare una partitella per concludere la già faticosa giornata...
E qui iniziano i problemi...
"Mitsui!! Che diavolo stai combinando?!" l'urlo del capitano scuote l'intera palestra "E' già il sesto canestro di fila che sbagli!!"
Osservo Kogure che, impensierito, guarda Akagi avvicinarsi a lui minaccioso. La mia preoccupazione è che ora cerchi una giustificazione per la sua non grande forma, cosa che per il suo carattere sarebbe naturale, ma che io, al contrario, non farei mai...
"Scusami, ma oggi non mi sento molto in forma... Sono un po' stanco..."
Ecco, appunto...
Il gorilla si ferma davanti a lui e lo fissa accigliato, notando immediatamente che oggi sono un po' strano... E ci credo! Quello non sono io!!
"Mitsui? Ma stai bene?" domanda Akagi "Hai appena chiesto scusa... A me!!"
E' a questo punto che Kogure si accorge dell'errore commesso. Non sapendo come uscirne, il panico si impadronisce di lui. Confuso e agitato inizia a guardarsi intorno, incontrando solo gli sguardi perplessi degli altri componenti della squadra, i quali non possono che concordare con il capitano, bisbigliando che, in effetti, oggi non ha nemmeno reagito alle provocazioni di Sakuragi.
Siccome la situazione si sta facendo allarmante, decido di intervenire.
Lesto, mi porto davanti a Kogure e gli appoggio una mano sulla fronte.
"In effetti sei un po' caldo..." dico, facendo così credere agli altri che potrebbe avere un po' di febbre "Akagi, lo accompagno in infermeria... Voi continuate pure ad allenarvi" non attendo la sua risposta e trascino per un braccio me stesso fuori dalla palestra.
"Mi dispiace..." sussurra Kogure mentre percorriamo il lungo il corridoio.
"Non importa..." gli rispondo, fermandomi per guardarlo.
Il suo viso triste mi offusca la mente. La voglia di vederlo nuovamente sorridente e non con quel muso lungo prende il sopravvento sulla mia ragione. In un impeto di profondo amore gli getto le braccia al collo, abbracciandolo, mentre una mano affonda in quei corti capelli sbarazzini, dei quali conosco bene la consistenza essendo i miei. Ora, però, non sono io a sentire quelle dolci carezze sulla mia chioma corvina...
"Te lo prometto" la mia voce è appena percettibile, ma il suo orecchio è a pochi centimetri dalle mie labbra "Troverò il modo per far tornare tutto com'era prima... Quindi non essere triste, ti prego..."
"Mitsui..." mormora Kogure, chiudendo le braccia attorno alla mia vita.
Rimaniamo uniti per un periodo che sembra eterno, ma allo stesso tempo così breve da far urlare il mio cuore per la separazione che avviene quando ci allontaniamo l'uno dall'altro.
"Ora vai in infermeria e restaci fino alla fine degli allenamenti" gli dico, indicandogli la porta situata poco più avanti "Dirò agli altri che hai qualche lineetta di febbre, niente più, ma che è meglio che tu stia a riposo..."
Lui annuisce e si avvia verso l'uscio. Prima di entrare si volta indietro un ultima volta per sussurrarmi un 'grazie', detto con un sorriso così bello da mozzarmi il fiato. Essendo quello il mio corpo, avrà mai lo stesso effetto su Kogure quando sono io a farlo? E' l'ultima cosa che mi chiedo prima di ritornare sui miei passi, verso la palestra...
*
"Mi hai decisamente stupito oggi, Kogure" dice Akagi, infilandosi la divisa scolastica "Non pensavo fossi migliorato tanto nei tiri... Ne hai messi a segno parecchi oggi, soprattutto da tre punti..."
All'interno dello spogliatoio ci siamo solo io e il capitano. Le matricole sono ancora in palestra, intento a pulire il pavimento e a risistemare il palloni. Il resto della squadra è invece nel locale docce, ad eccezione di Kogure che non è rientrato ancora dall'infermeria.
Già pronto per uscire, chiudo l'armadietto e osservo il gorilla. E pensare che molti li ho sbagliati apposta...
"Dici? Probabilmente sarò stato solo fortunato!" gli rispondo ridendo, cercando di giustificare l'inaspettata bravura.
"Allora vorrei averla io la tua fortuna visto che il tuo progresso non riguarda solo i tiri, ma anche la difesa e la marcatura..." aggiunge lui, lanciandomi una occhiata decisamente strana "Il tuo stile di gioco somigliava molto a quello di Mitsui..."
Sussulto, e ciò viene prontamente notato da Akagi. Sulle sue labbra si allarga un sorriso insolito e ambiguo. Che abbia capito che, in realtà, io non sono Kogure?
"Vi siete per caso allenati insieme ultimamente?" domanda, alzandosi dalla panca su cui era seduto, per sistemare armadietto e sacca d'allenamento.
Interiormente tiro un lungo sospiro di sollievo, mentre prendo ad inventarmi di sana pianta un po' di pomeriggi di allenamento trascorsi sul campetto vicino a casa mia.
"Devo dedurre che hai cambiato idea, allora..." aggiunge Akagi, chiudendo il suo armadietto con uno strano sorriso sulle labbra.
"Ma di che stai parlando?" chiedo, dando voce all'enorme punto interrogativo che si formato sopra la mia testa.
"Ma di Mitsui, naturalmente" risponde, un po' sorpreso dalla mia domanda "Oggi non hai fatto che stare con lui: prima delle lezioni, a pranzo, durante il riscaldamento... E pensare che sembravi così convinto della tua posizione di 'solo amico'..."
"Cosa?" esclamo d'istinto, non riuscendo a trattenermi.
L'agitazione mi assale, soffocandomi, mentre l'ansia mi investe e travolge. Dette così, quelle parole possono anche non significare assolutamente niente se non integrate in un contesto, ma, nonostante ciò, riescono comunque ad incrinare le mie speranze, già esili... Perchè, in fondo al cuore, io so che Akagi sta per confermare i miei timori...
"Kogure, ma non ricordi nemmeno quello che ci siamo detti?" nel fare questa domanda, è molto stupito "Ne abbiamo discusso più di una volta del fatto che lui fosse innamorato di te... Ma tu hai sempre detto di non ricambiarlo..."
E' qui che Hisashi Mitsui muore, di una morte atroce che gli dilania il cuore.
"No... Non è vero..." sono le uniche parole che riesco a sussurrare, mentre le mie ginocchia iniziano a cedere.
"Ma sì che è vero! Quando Mitsui ti guarda glielo si legge in faccia cosa..." la voce del capitano si interrompe "Kogure? Ma che hai? Sei pallidissimo..."
Con la mano mi tocca una spalla ed io, d'istinto, la scosto in malo modo, allontanandomi. Intanto il vociferare dei nostri compagni, usciti dal locale docce, diminuisce fino a scomparire di fronte alla strana scena che si sta consumando tra quello che credono Kogure ed Akagi.
"Ma che ti prende?" mi domanda il gorilla, avvicinandosi.
Lui tenta nuovamente di mettermi una mano sulla spalla, ma stavolta la mia reazione è più violenta della prima...
"Non mi toccare!!" urlo, spingendolo indietro con forza.
Akagi riesce a rimanere in piedi solo grazie agli armadietti a cui si aggrappa, e io ne approfitto per andarmene. Mi dirigo di gran passo alla porta ma, quando la apro, una sorpresa mi aspetta...
Kogure, sotto le mie mentite spoglie, si trova proprio di fronte a me. E la disperazione prende il sopravvento, portandomi a compiere un gesto di cui, più tardi, mi pentirò sicuramente... Ma al momento, però, è la sola cosa che più desidero al mondo...
Getto le braccia intorno al suo collo e poso le mie labbra sulle sue. Il bacio che gli dono è colmo d'amore, un amore senza speranza, che è già spirato ancor prima di nascere e vivere. Per un momento, lui si lascia travolgere dal mio sentimento, dischiudendo quei due petali che chiudono la sua bocca, lasciandomi così accesso ad essa. E' l'acme del piacere quello che sento quando le nostre lingue si sfiorano, attorcigliandosi una all'altra. Peccato che, tutto ciò, duri solo qualche secondo, e non abbia possibilità di replica in futuro...
E' lui a sottrarsi da me, allontanandosi quel tanto che basta per separare le nostre labbra. E' lui ad osservarmi con stupore, disorientato da ciò che è appena successo. E' lui a spingermi a sciogliere l'abbraccio che ci lega, facendo leva sulle mie braccia saldamente avvinghiate al suo collo. E sono io quello a cui il cuore sanguina, immaginando la repulsione e il disgusto che potrebbe avere verso di me per questo bacio rubato.
Una lacrima solitaria solca la mia guancia...
"Mitsui..."
No. Non voglio sentire le sue parole di disprezzo... Ma nemmeno di compassione...
Inizio a correre lungo il corridoio, al termine del quale incontro la porta che dà sull'esterno. La spalanco con tutte le mie forze ed esco nell'oscurità della sera, che mi avvolge protettiva, nascondendomi a tutto e a tutti, in modo che io possa abbandonarmi al profondo dolore di un amore impossibile...
*
E' la borsa di Kogure quella che viene lasciata cadere vicino ai miei piedi, su un pezzo di terreno che sto osservando da non so quanto tempo, seduto sopra il seggiolino di questa altalena. Con la coda dell'occhio, senza alzare la testa, riconosco le figure delle due persone che si trovano in piedi di fronte a me...
"E' un'ora che ti cerchiamo, razza di idiota! Ci hai fatto preoccupare!!" inveisce il gorilla, la cui presenza - nonchè tono della voce e parole - mi fa sospettare che ora sappia ogni cosa dello strano scambio di corpo accaduto ieri sera tra me e il suo migliore amico.
"Akagi... Per favore..." interviene proprio quest'ultimo, cercando di calmare il nostro capitano. Poi si rivolge a me "Scusami Mitsui, ma ho dovuto raccontagli tutto... Pensava che fossi pazzo ad urlare quello che doveva essere il mio di nome mentre ti inseguivo..."
Come volevasi dimostrare... Ma non m'importa: che Akagi sappia o no quello che è successo non cambia la situazione tra me e Kogure... Una situazione che ormai è irreversibile...
Il vice-capitano si inginocchia proprio di fronte a me, e i nostri sguardi si incrociano. La commiserazione che leggo nei suoi occhi mi infastidisce, tanto da farmi abbassare i miei. Una parte di me, però, tira un lungo sospiro di sollievo: in essi non ho scorto nessun barlume di odio, astio o disprezzo nei miei confronti... Almeno non si è arrabbiato per il bacio che gli ho rubato...
"Non è la tua compassione che voglio..." sussurro, mentre il pensiero di ciò che vorrei veramente mi trafigge il cuore "Tu sapevi, sapevi che io ero innamorato di te... E non hai detto una parola... Perchè?"
Con la coda dell'occhio lo osservo, rimanendo in attesa di una risposta che nemmeno io so perchè voglio sentire... Forse per farmi ancora più male?
"Io non pensavo che Akagi parlasse sul serio" si giustifica lui "Ho sempre immaginato che lo dicesse per prendermi in giro... Credimi!"
Le sue parole non mi soddisfano, anzi, mi offendono, perchè non solo i miei sentimenti non sono stati presi in considerazione, ma ha anche pensato che fossero un semplice scherzo! Come giustificazione mi sarebbe bastato un semplice 'perchè non ti ricambio e non volevo ferirti', e allora avrei accettato il suo rifiuto... Ma questo no, non ci riesco...
"Bugiardo..." mormoro a denti stretti, mentre nel tentativo di trattenere la mia ira stringo le catene che sorreggono il seggiolino dell'altalena.
"Mitsui..."
"Vattene..." gli dico con rabbia "A L'Antico Mondo ci andremo un altro giorno..."
"Non è per quello che non me ne voglio andare!" risponde lui.
"E allora?! Non m'importa!!" urlo frustato, guardandolo con astio "Non lo capisci quando una persona vuole restare da sola?!"
Probabilmente la mia reazione, dettata unicamente dalla delusione subita, è esagerata. Vedere i suoi occhi farsi lucidi mi fa sentire un verme della peggior specie, ma in questo momento non ho nè la lucidità nè l'umiltà per chiedergli scusa. E così rimango a fissare la sua schiena che si allontana...
"Sei più cocciuto di un mulo, lo sai?" interviene Akagi, facendomi innervosire ulteriormente.
"Guarda che l'invito a lasciarmi solo valeva anche per te..."
"Perchè non impari ad ascoltarle le persone?" aggiunge, voltandomi le spalle "Per un malinteso, non solo stai facendo del male a te stesso, ma stai facendo soffrire anche la persona che più ti è cara..." e si incammina nell'oscurità della sera, seguendo la strada intrapresa dal suo amico in fuga.
Seduto su questa altalena rifletto sulle ultime parole del gorilla, senza però riuscire a capirne il significato. Che cosa intendeva con 'per un malinteso'? Kogure non mi ricambia... me l'ha detto lui stesso!! Che senso avrebbe ascoltare parole di pietà, parole che mi ferirebbero ancor di più e basta?
Sollevo il volto verso il cielo, dove minuscole stelle luminose hanno fatto la loro comparsa, insieme alla falce argentea della luna. Nonostante ora la volta celeste sia meno tetra, io non riesco a non vedere altri colori che il nero dell'oscurità che mi circonda...
*
"Kiminobu! Ma dov'eri finito?!"
La madre di Kogure si precipita immediatamente all'ingresso, appena varco la porta di casa. Non volevo certo farla preoccupare. Semplicemente non mi sono reso conto del trascorrere del tempo e così...
"Perchè non hai avvisato che facevi tardi? Ero in pensiero..." continua, abbracciandomi "Avevo paura che ti fosse successo qualcosa..."
"Scusami..." sussurro, abbandonando la testa sulla spalla che mi porge.
"Non fa niente, tesoro. L'importante è che tu stia bene..." lei si allontana e, appoggiando una mano sotto il mento, mi solleva il volto nonostante le mie rimostranze "Ma... Tu hai pianto..." dice notando quegli occhi rossi che volevo nascondere.
"Non è niente, davvero..." cerco di minimizzare, ma non sono molto convincente a giudicare dall'espressione della signora.
"Non si piange per niente Kiminobu" afferma lei tristemente "Perdona sia me che tuo padre se ti abbiamo fatto soffrire, ma purtroppo le cose non sono andate come avrebbero dovuto. Oggi siamo stati dall'avvocato per avviare le pratiche di divorzio... Mi dispiace tanto..."
La osservo pensando a come reagirà il mio compagno di squadra a questa ennesima notizia infausta sulla sua famiglia; lui che mi ha raccontato di aver provato più volte a far ragionare i suoi, cercando così di non farli separare... Ma, a quanto pare, a nulla sono serviti i suoi sforzi.
"Dov'è papà?" chiedo, temendo di conoscere già la risposta.
"Per ora si è trasferito dallo zio, nell'attesa di trovare un'altra sistemazione..."
'Mio padre non è mai stato affettuoso con me, anzi, si è sempre mostrato molto freddo... Che io rammenti, non ho ricordi particolari legati a lui. Quelli più felici sono sempre e collegati solo a mia madre... Eppure ho sempre cercato di essere il miglior figlio che lui potesse avere...'
Sono queste le parole di Kogure che mi ritornano alla mente alla risposta della signora, parole pronunciate appena questo pomeriggio e che mi hanno trasmesso un forte senso di tristezza ed amarezza. E pensare che io non sono certo un figlio modello, un figlio che ha spesso contrasti con il proprio padre, ma da cui ha ricevuto comunque affetto e amore e con cui ha dei bellissimi ricordi... Chi pensate che mi abbia fatto conoscere il basket?
"Ti preparo la vasca?" domanda la signora "Un bel bagno rilassante non potrà che farti bene..."
Io annuisco, concordando sulla sua affermazione, nella speranza che riesca a conciliarmi il sonno in una notte che si preannuncia agitata dai ricordi di questa lunga giornata...
*
Sdraiato su questo letto, ancora avvolto nel delicato accappatoio impregnato del profumo di Kogure, osservo la finestra coperta da fini tende blu. Sua madre si è appena allontanata dalla porta chiusa a chiave dall'interno. Con enorme gentilezza, più volte mi ha chiesto se volevo qualcosa per cena, ma io ho sempre rifiutato. Il groppo che mi chiude lo stomaco mi impedisce anche solo di pensare al cibo...
Mi distendo sulla schiena, abbandonando la posizione rannicchiata su un fianco di prima. Allungo un braccio oltre il letto, verso il comodino, su cui è appoggiato l'orologio. Chiudo l'oggetto tra le dita e me lo porto di fronte agli occhi. Prendo ad osservare per l'ennesima volta il quadrante, dove le lancette segnano mezzanotte e venti e continuano la loro marcia all'indietro. E per l'ennesima volta mi chiedo quale sia il significato di questo conteggio alla rovescia...
Spazientito dal continuo ragionamento, mi metto a sedere sul letto, lasciando cadere l'orologio sul materasso a pochi centimetri da me.
Ed è qui che il mio sguardo cade sullo specchio a muro posto di fronte, il quale non può che riflettere l'immagine di Kogure.
Attirato da quella figura, mi alzo e mi avvicino ad essa, arrivando a toccare la superficie liscia con la punta delle dita, per poi seguire con gli stessi polpastrelli i lineamenti del volto di Kogure, facendoli scivolare sugli zigomi e sul naso, sul mento e sulle labbra, sulla fronte e sugli occhi, occhi dai quali mi sfuggono alcune lacrime...
Lentamente mi accascio a terra, soffocato dal dolore e dall'amarezza. Questa è la prima e l'ultima volta che potrò sfiorare così il viso del mio amato...
Quando il mio pianto dopo qualche minuto si placa, mi asciugo il volto con una mano. Questo movimento fa sì che l'accappatoio scivoli giù da una spalla, lasciandola nuda. La posizione in cui mi trovo - accovacciato a terra, con le ginocchia piegate e i piedi a sfiorare le natiche - unito all'effetto vedo-non vedo creato dal soffice indumento che copre la pelle, fa sì che io mi incanti sulla figura di Kogure riflessa nello specchio, facendomi pensare a quanto sia sexy la posa da me assunta involontariamente...
In un attimo sento il sangue ribollirmi nelle vene e l'eccitazione crescere. Abbasso lo sguardo in mezzo alle gambe, scoprendo che il corpo ha reagito fin troppo ai miei pensieri impuri. Una voglia sfrenata di sfogare i miei bassi istinti si impossessa di me e una mano si infila sotto l'accappatoio...
"No!" urlo, ritraendola prontamente e alzandomi in piedi.
Questo non è il mio corpo... E se facessi una cosa del genere non sarei più in grado di guardare in faccia Kogure!
Dò le spalle allo specchio e, nel tentativo di distrarmi, afferro nuovamente l'orologio a cipolla che avevo abbandonato sul letto. Prendo ad osservare il quadrante che non solo sembra stranamente più luminoso di prima ma, secondo il quale, mancherebbero pochi secondi - all'indietro - a mezzanotte...
Nel momento in cui tutte e tre le lancette - ora, minuti e secondi - sostano sotto il numero dodici, un'intensa luce mi abbaglia. Nuovamente sento quella strana sensazione di leggerezza che ha accompagnato lo scambio di corpo tra me e Kogure la sera precedente. L'unica differenza? La durata. Questa volta, infatti, quella percezione di inconsistenza svanisce solo dopo diversi minuti...
Quando riapro gli occhi faccio fatica a comprendere il perchè io sia sdraiato sul pavimento, visto che non ricordo di essere caduto per terra. Dal fianco su cui mi trovo mi giro sulla schiena e, dopo aver puntato i gomiti sul caldo parquet, faccio per alzarmi. Peccato che la troppa fretta di sollevarmi da terra mi provoca una vertigine, così forte da costringermi a sdragliarmi nuovamente. Attendo qualche minuto, poi provo a rimettermi in piedi, stavolta con molta più calma.
Mi osservo intorno stupito, pensando che ciò che i miei occhi vedono sia frutto di una allucinazione provocata da una probabile botta in testa. Si, perchè non è possibile che ora io sia nella mia stanza, quella con il letto da una piazza e mezza, con la scrivania tutta rovinata e coperta da libri e quaderni, con l'enorme armadio che copre tutto il muro a fianco della finestra e con il piccolo canestro appeso nell'angolo...
Questa è la mia vera stanza... Insomma, la stanza di Hisashi Mitsui!
Ancora disorientato, mi siedo sul letto. Senza smettere di osservare quelle mura a me tanto famigliari, inizio a pensare ad una possibile spiegazione... E la prima che mi viene in mente non può che essere l'unica e la corretta.
Con uno scatto felino raggiungo all'armadio dove, con energia, apro l'anta dietro la quale si nasconde lo specchio. E l'immagine che riflette da la risposta ad ogni enigma... O almeno a quello che mi ero posto io...
Sono ritornato nel mio corpo.
Faccio un lungo sospiro di sollievo e mi lascio cadere a braccia aperte sul letto retrostante, pieno di gioia. Al momento non m'importa nemmeno di capire cosa sia successo, troppo entusiasta di essere di nuovo me stesso. Mi dimentico anche degli avvenimenti infelici accaduti durante il giorno, i quali però, piano piano, riaffiorano gradualmente nella mia mente, portandomi a chiedermi come stia Kogure...
Solo a questo punto mi accorgo della sedia ribaltata davanti alla scrivania, il cui piano è illuminato dalla piccola lampada da tavolo. E, solo avvicinandomi per spegnere quest'ultima, noto il foglio scritto sotto il fascio di luce.
Le mie dita si chiudono sulla sottile carta, ma sono timoroso a leggere: la paura di trovare frasi spiacevoli o che mi potrebbero ferire è tanta. Nonostante ciò, mi impongo lo stesso di farlo... in fondo è una lettera scritta da Kogure...
"Ciao Hisashi,
Il tempo a mia disposizione è poco, quindi spero di riuscire a concludere questa lettera. Tra non molto, infatti, so che ritornerò nel mio corpo, e tu nel tuo.
Oggi, dopo che ci siamo lasciati al parco, Akagi mi ha convinto ad andare a L'Antico Mondo.
Prima di tutto sappi che hai una buona stella a proteggerti: il proprietario non è affatto arrabbiato per il tuo gesto, anzi, quando gli ho detto cosa avevi fatto ci ha riso sopra. Incredibile vero? Comunque non era solo quello il motivo per cui ci siamo recati lì. Al negoziante ho raccontato anche quello che ci è successo, ovvero dello scambio. Nonostante inizialmente mi era sembrato perplesso - e al momento ho creduto che mi prendesse per pazzo - mi ha narrato la conclusione della storia che aveva iniziato il giorno precedente. E sai che è successo quando il nobile e sua moglie hanno letto insieme le iscrizioni dell'orologio? Esattamente ciò che è successo a noi: si sono scambiati i corpi. La cosa più interessante, però, è stato sapere che tale scambio durava solo un giorno, le cui ventiquattro ore erano conteggiate alla rovescia dall'orologio stesso. Capisci? Il fatto che le lancette procedessero in moto anti-orario non era affatto un caso...
E il termine del nostro scambio è quasi scaduto, lo so, anche se non rammento perfettamente l'ora... E io non ho ancora finito di scrivere questa lettera.
Hisashi, oggi non mi hai lasciato il tempo di palare, di spiegare, eppure di cose da dire ne avrei moltissime. Ti chiedo di perdonarmi se con il mio comportamento ti ho ferito e deluso. Ti chiedo di non odiarmi se non ho preso sul serio i tuoi sentimenti, pensando che Akagi si stesse semplicemente prendendo gioco di me...
Ma come potevo sapere che tu mi amassi?
E ora, di fronte a tale consapevolezza, capisco molte cose: gesti, sguardi e parole che sembravano tanto inusuali tra amici acquistano un enorme significato, che io, da stupido, non ho mai compreso. Adesso, però, i miei occhi sono stati aperti ed io non posso più richiuderli, facendo così finta di niente ed ignorando ciò che provi. Non è questo quello che voglio...
Hisashi, io non so se il sentimento che alberga in me sia amore oppure no, so solo che non voglio perderti proprio adesso che ti ho ritrovato... Perciò, quello che ti chiedo è solo questo: per favore, non allontanarmi da te! Non lo sopporterei! Tu sei la prima persona per la quale nutro un affetto così intenso, la prima per la quale mi preoccupo, la prima per la quale sorrido...
Ti prego, non..."
La sua lettera si interrompe in questo punto, momento in cui, probabilmente, è avvenuto lo scambio. Ma se dovessi continuare a leggere non so se ci riuscirei: le lacrime che mi riempiono gli occhi mi offuscano la vista.
Posso benissimo capire la richiesta di Kogure perchè nemmeno io voglio allontanarmi da lui... Ma come posso vivergli accanto ben sapendo che non potrei amarlo come vorrei?
Inizio a piangere, sommessamente, mentre mi trascino sul letto con la sua lettera tra le mani. Stringo il foglio di carta al petto, nascondendomi sotto la calda coperta e rannicchiandomi su me stesso, come a proteggermi il cuore.
Ed è così che mi addormento, abbracciato a quel messaggio che mi rincuora e mi ferisce allo stesso tempo, perchè Kogure mi vuole sì ancora bene, ma non mi ama come invece io desidero...
*
Il mio ennesimo canestro va a segno, ma ciò non mi dà alcuna soddisfazione.
Troppo stanco di sentire nelle mie orecchie le inutili parole del professore, ho saltato l'ultima ora di lezione e mi sono rifugiato qui in palestra, dove sto ripetendo da sessanta minuti questi movimenti come un automa. Infatti, la mia mente è altrove. Tra poco giungeranno anche gli altri componenti della squadra ed allora sarà impossibile evitare il confronto a cui sto scappando da questa mattina...
Quando sono arrivato a scuola, ho trovato Kogure appostato di fronte alla mia classe. Per la sorpresa sono rimasto impalato come un imbecille in mezzo al corridoio. Fortunatamente non mancava molto al suono della seconda campanella, suono che ha costretto il mio amato a rientrare nella sua classe. Quando però è giunto al mio fianco, si è fermato per dirmi di incontrarci sul terrazzo a pausa pranzo, in quanto doveva assolutamente parlarmi... Peccato che io non mi sia presentato! Spero non ci sia rimasto male... Il punto è che non mi sento ancora pronto per affrontarlo...
La porta della palestra si apre e i miei compagni fanno il loro ingresso, rimanendo un po' sorpresi di trovarmi già qui. Tra di loro, naturalmente, non poteva mancare Kogure.
I nostri sguardi si incrociano. Nel vedere i suoi occhi tristi e leggermente rossi, mi si stringe il cuore. Che abbia pianto? Abbasso mestamente il capo e torno ai miei tiri. Stavolta però la palla rimbalza sul ferro.
"Ehi Mitchi! Hai forse bisogno degli insegnamenti del genio?" mi urla Sakuragi.
"Vorrai dire di una scimmia rossa che riesce a malapena a palleggiare!" rispondo innervosito.
"Cosa?! Come ti permetti di insultare l'asso della squadra!"
"Si, certo... L'asso di picche!" ribatto, voltandomi verso di lui, pronto alla guerra aperta. Ha scelto proprio il giorno sbagliato per stuzzicarmi...
"Ora basta!" interviene Akagi "Iniziamo a correre... Anche tu Mitsui!"
"Veramente io il riscaldamento l'ho già fatto..." gli faccio notare.
"Non m'interessa! Lo rifarai lo stesso visto che la tua condizione fisica è penosa!" aggiunge, portandosi in cima alla fila.
Cosa?! Come si permette di fare una tale affermazione davanti a tutta la squadra! Che non sono in forma lo so benissimo anch'io, non avendo fatto assolutamente niente per due anni... ma che bisogno c'era di ribadirlo davanti a tutti in questo modo?!
"Ehi, Gorilla!" urlo, richiamando la sua attenzione "Vuoi che corra? E va bene, correrò... ma di certo non in tua compagnia!!"
Dopo aver gettato con stizza il pallone nella cesta, esco dalla palestra senza degnare nessuno di una parola. Una volta nel vialetto, mi avvio verso l'uscita della scuola.
"Mitsui!! Aspetta!!"
Poco dopo che ho voltato l'angolo della palestra, entrando così nel piccolo vicolo deserto che la costeggia, la sua voce giunge alle mie spalle facendomi irrigidire e bloccare sul posto. Con una veloce occhiata, lo guardo mentre mi raggiunge e si ferma a qualche passo di distanza.
"Ti prego, non prendertela con Akagi..." mi dice, riprendendo il fiato "Se è arrabbiato con te è per colpa mia..."
"Come se poi lui c'entrasse qualcosa con noi!" ribatto arrabbiato, voltandomi. Perchè il gorilla si dovrebbe sempre impicciare degli affari nostri?
Kogure mi osserva stupito per la mia risposta, decisamente non molto gradita vista l'espressione ferita che subentra dopo.
"Beh, scusa tanto se la tua mancata presenza sul terrazzo l'ho presa così male da mettermi perfino a piangere in classe!" mi urla, sfogandosi "Chi credi che mi abbia accompagnato fuori a calmarmi? Il professore?!"
La vista dei suoi occhi lucidi mi fa sentire terribilmente in colpa di non essere andato a quel maledetto appuntamento. Ad un certo punto, non riuscendo a sostenere il suo sguardo, sono costretto anche a voltarmi...
"Perchè mi eviti?" arriva l'inevitabile domanda "Forse non hai letto la mia lettera?"
"Certo che l'ho fatto..." con la coda dell'occhio osservo la sua reazione di sorpresa.
"Ma allora... Perchè?" insiste.
"Kogure, tu... tu non mi ami! L'hai scritto tu stesso! Come puoi pretendere che io ti stia accanto nella flebile speranza che un giorno il tuo affetto possa trasformarsi in qualcosa di più profondo? Come fai a chiedermelo?!" concludo mordendomi il labbro a sangue. Dire queste poche parole mi costa molto. Ancora non riesco ad accettare la realtà dei fatti...
"Baciami"
Spalanco gli occhi, voltandomi verso quella persona che desidero più di chiunque altra, quella stessa persona che, ora, credo mi abbia chiesto di baciarla... Avrò forse avuto un'allucinazione?
"C-Cosa?!" domando incredulo.
Di fronte al mio sguardo, le guance di Kogure si imporporano. I suoi occhi si fanno schivi, mentre nervoso si torce le dita delle mani.
"B-baciami..." ripete, abbassando il capo imbarazzato.
Ora sono sicuro di non aver avuto nessuna allucinazione. Le labbra che hanno pronunciato quella parola sono proprio le sue. Per un attimo devo trattenere la brama di precipitarmi su di lui e impossessarmi di quella bocca che tante volte ho sognato di esplorare, perchè non posso farlo...
"No" osservo la sua espressione basita. Di certo non si aspettava questa risposta e so che vorrà una spiegazione che giustifichi la mia scelta, quindi anticipo la sua domanda "Tu non capisci. Io voglio una relazione seria e voglio che tu sia convinto di questo... In realtà non lo sei affatto! Non voglio approfittarmi di te!"
E' un attimo quello che scorre in un mio battito di ciglia, un attimo che Kogure sfrutta per venirmi incontro, gettarmi le braccia al collo e unire le nostre labbra. Completamente spiazzato dal suo gesto lo lascio agire indisturbato, fino a quando il desiderio di approfondire quel contatto non prende il sopravvento e rispondo con passione, racchiudendo il suo corpo tra le mie braccia e stringendolo a me. Kogure mi concede l'accesso alla sua bocca, luogo in cui le nostre lingue si toccano, si avvinghiano e si legano, per poi lasciarsi e riavvicinarsi nuovamente. Nel frattempo le mie mani esplorano la sua schiena, coperta dal cotone bianco della maglietta che indossa, fino a quando una non si infila sotto di essa. Sentire la sua pelle calda sotto i polpastrelli mi eccita, così tanto da farmi desiderare più di un semplice bacio. Lentamente mi sposto fino a giungere al muro perimetrale della palestra, dove gli faccio appoggiare la schiena. La mia mano raggiunge il capezzolo sinistro e lo sfiora. Ciò provoca a Kogure un gemito, che interrompe il nostro bacio appassionato. E io inizio a concentrarmi sul collo, ascoltando come rapito il suo respiro affannato e i suoi ansiti di piacere...
"M-mitsui..." sussurra lui, a fatica "Q-qualcuno potrebbe v-vederci... Mmm..."
So che ha ragione, che questo non è il posto adatto per certe effusioni: nonostante non siamo sul vialetto principale, chiunque vi passi ci vedrebbe senza nessun problema... Però io non riesco a fermarmi. E' troppo tempo che desidero vivere questo momento e, spinto dall'eccitazione, oso chiedere di più, probabilmente troppo...
"Mitsui, no!" esclama allarmato, nel momento in cui capisce dove voglio infilare la mano "No, non voglio! Fermati!!"
In qualche modo riesce a svincolarsi dalla mia presa e, con energia, a spingermi lontano, tanto da farmi cadere a terra. Fortunatamente l'erba attutisce il colpo.
Confuso, lo osservo lasciarsi scivolare a terra e rannicchiarsi su sè stesso. E' allora che capisco di aver esagerato e di averlo anche spaventato. Immediatamente mi rimetto in piedi e faccio per avvicinarmi.
"Kiminobu..."
"Non toccarmi!!" mi urla, scostando malamente la mano protesa verso di lui.
A questa sua reazione, io ci rimango malissimo. Non mi aspettavo certo che mi buttasse le braccia al collo, però... Però... Essere respinto in questo modo, in questo malo modo, mi ferisce assai. E la mia espressione deve dirla tutta sul mio stato d'animo, visto che lui tenta di giustificare ciò che ha appena fatto...
"Non dire altro..." dico mesto, alzandomi in piedi "Semplicemente, tu non puoi darmi l'amore che io desidero, quello stesso amore profondo che provo per te... E io sono uno stupido a continuare a sperare in qualcosa che non accadrà mai..." concludo a fatica, con voce tremante.
"Non è vero! Io..."
"Smettila!" lo blocco "Perchè vuoi illudermi in questo modo? Credi che per me sia facile? Credi che io mi diverta? Soffro al pensiero di doverti star lontano, ma non ho altra scelta... Quindi, te lo chiedo per favore, non insistere!"
Sento i miei occhi farsi lucidi e capisco di essere sull'orlo delle lacrime, ma non voglio piangere di fronte a lui, perchè ha già i suoi problemi da affrontare - il divorzio dei suoi genitori - e questo è solo mio. Così gli volto le spalle e inizio a correre, lasciandolo lì, seduto per terra con la schiena appoggiata a quel muro alto e imponente, a chiamare il mio nome, ad implorarmi di tornare indietro perchè sto facendo un errore...
Forse ha ragione. Forse lui mi ama veramente. Forse io sto sbaligando tutto.
Ma il dubbio che ciò che prova non sia realmente amore continua a martellarmi la testa. E' per questo continuo a correre e raggiungo il cancello della scuola, poi la strada ed infine il parco. Ed è qui che lascio che il mio animo si sfoghi con un pianto inconsolabile, nel quale riverso tutta la mia sofferenza e il mio dolore per questa separazione; una separazione crudele ma necessaria, perchè questo forte sentimento che provo non farebbe altro che soffocare quell'amicizia che rivorrei indietro, ma che io, in questo momento, non saprei gestire...
*
Quando ritorno allo Shohoku il sole è già tramontato da un pezzo. Nel cielo cupo stanno facendo la loro comparsa le prime stelle, mentre la luna si affaccia timida sopra l'orizzonte con il suo spicchio lucente. Nelle tenebre del cortile della scuola riesco comunque a distinguere le sagome dei vari edifici che la compongono, così da potermi orientare e dirigere verso la palestra.
Giunto di fronte alla porta, un dubbio mi assale: e se fosse chiusa? Le luci del campo sono spente e quindi gli altri saranno già andati a casa. Ma, visto che ormai sono qui, un tentativo lo faccio. Appoggio la mano sulla maniglia e, con mia sorpresa, noto che è ancora aperta... Che si siano dimenticati di chiuderla? Improbabile. Che non l'abbiano volutamente fatto perchè sapevano che io ero ancora in giro? Più plausibile, ma le direttive scolastiche prevedono che le porte debbano essere chiuse se all'interno non vi è nessuno... E il capitano su questo è abbastanza inflessibile.
Non mi resta che entrare e controllare.
Socchiudo l'uscio e mi incammino lungo il corridoio immerso nel buio. Arrivato a pochi metri dalla porta degli spogliatoio, noto che da sotto di essa arriva una flebile luce. A quanto pare non tutti sono andati a casa... Ma chi è che rimasto ad aspettarmi?
Decido di rompere ogni indugio ed entrare.
La luce dello spogliatoio mi investe, costringendomi a chiudere per un momento gli occhi per abituarmi alla nuova situazione.
"Mitsui!" odo pochi secondi prima che due braccia si chiudano intorno al mio torace "Per fortuna stai bene!"
Le mie mani vanno automaticamente a sfiorare i capelli di Kogure, il cui volto è nascosto nell'incavo tra spalla e collo. Non era mia intenzione farlo preoccupare, e me ne dispiace, molto.
"Era ora che arrivasti..." appoggiato agli armadietti a destra noto, solo ora che ha parlato, la presenza di Akagi "Sono ore che ti aspettiamo..."
"Nessuno ti ha chiesto di farlo..." rispondo, infastidito dal suo tono brusco e seccato.
"Mitsui... Sono stato io ad insistere..." interviene il numero cinque, sollevando il volto dal suo nascondiglio "Per favore, non prendertela con lui..."
Come sempre, quando Kogure mi guarda con quegli occhi così dolci e limpidi, il mio cervello smette completamente di operare. Per qualche secondo rimango a fissarlo, come in trance, cercando di reprimere quel desiderio impellente di allungare il collo e sfiorargli le labbra...
Per una volta Akagi risulta essere di qualche utilità. Il suo tossire spezza l'incanto creatosi e fa si che il mio cervello riprenda la sua attività principale.
"Non ce n'era bisogno..." sussurrò, abbassando gli occhi e sciogliendomi dal suo abbraccio.
"Ed invece sì che ce n'era bisogno!" ribatte seccato Akagi, passandoci a lato e raggiungendo la porta degli spogliatoi "Questa situazione sta diventando insostenibile! Voi due dovete chiarirvi una volta per tutte!"
"Cosa?!" esclamo, voltandomi verso di lui, irritato "Ma come ti permetti di ficcare il naso negli affari nostri?! E poi non abbiamo altro da dirci!"
"Su questo ti sbagli..." sussurra Kogure alle mie spalle "Io non ho finito..."
A queste parole mi irrigidisco. Con una certa apprensione, osservo il capitano uscire in corridoio e chiudersi la porta degli spogliatoi alle spalle, lasciando così me e Kogure soli.
E' il silenzio a predominare per diversi minuti, poi giunge la sua richiesta.
"Vorrei che tu mi guardassi mentre ti parlo... Per favore..."
Nonostante per me sia dura doverlo affrontare nuovamente su una questione che io considero ormai chiusa, mi volto, non essendo corretto da parte mia dargli le spalle. Ed è così che mi ritrovo di fronte un Kogure pensieroso, nei cui occhi scorgo una serietà mai vista...
"Mi dispiace per come ho reagito prima. Il punto è che non mi sento ancora pronto per..." si interrompe, distogliendo lo sguardo per un istante "Beh, hai capito cosa intendo, no?"
"Kogure..."
"Per favore, fammi finire..." blocca il mio intervento "E' vero. Nella lettera ti ho scritto che non sapevo quale fosse l'origine del sentimento che provo per te, se amore o semplice affetto. Però, durante il nostro 'scambio' ho avuto modo di conoscere e di capire meglio te e la tua vita, e ho compreso di non voler assolutamente perderti, perchè senza di te mi sento smarrito, incompleto... Terribilmente infelice..." sussurra nel finale "Credimi Hisashi... Io... Io ti amo, e non sopporterei di vederti allontanare da me... Non un'altra volta..."
Il silenzio cala nuovamente, un silenzio opprimente perchè pieno di aspettativa, di speranza per un sì e di ansia per un no. Kogure rimane fermo immobile di fronte a me, con gli occhi leggermente lucidi fissi nei miei, in attesa di una risposta che potrebbe decidere della sua felicità o meno; una felicità che è nelle mie mani...
La scelta ora è solo mia.
Socchiudo gli occhi e penso a ciò che desidero più di ogni altra cosa, e la risposta non può essere che una sola. D'altronde non dovrei nemmeno sorprendermi di questo, perchè è da parecchio tempo che il mio pensiero è unicamente rivolto a lui... ed è la sua felicità che voglio.
Mi avvicino mentre lui continua ad osservarmi stando sulle spine, attento ad ogni mio singolo movimento, ad ogni mia possibile parola. E' solo quando la mia mano gli accarezza una guancia che si rilassa, abbandonandosi alla dolce carezza che gli sfiora la pelle.
"Potrebbe non funzionare, lo sai?" sussurro, affondando le dita nei suoi capelli castani.
"Non m'importa... Se anche fosse solo per un giorno, voglio vivere questo momento..." risponde deciso, fissandomi intensamente, e la sicurezza della sua affermazione mi fa sorridere, felice.
"Inoltre farò decisamente mooolta fatica a non metterti le mani addosso..." scherzo per alleggerire la tensione creatasi, anche se, in effetti, fatica la farò davvero...
A questa affermazione, però, Kogure arrossisce e appoggia il proprio volto al mio torace per nascondere l'imbarazzo.
"T-tanto me le h-hai messe addosso i-ieri sera, p-prima dello scambio, no?" dice, con un filo di voce.
In un primo momento rimango sorpreso dalle sue parole, non capendo a cosa si sta riferendo. In fondo l'unica volta che ho provato ad approfondire le nostre carezze è stato questo pomeriggio, ma lui sta parlando di ieri... Di ieri sera...
E' qui che la lampadina si accende. Ed è qui che capisco a cosa si riferisce, ovvero a quando ero ancora nel suo corpo e, davanti allo specchio di camera sua, stavo per...
Prontamente lo afferro per le spalle e lo allontano dal mio torace, in modo da poterlo guardare in viso.
"Ehi! Non ho fatto assolutamente quello a cui stai pensando!" rispondo, arrossendo leggermente per la vergogna che provo al ricordo di ciò che stavo per fare.
I suoi occhi indagano per un istante nei miei, poi, convinto della mia sincerità, sorride e si lascia abbracciare. Le mie labbra si posano tra i suoi capelli, sfiorandoli con dolcezza. Successivamente raggiungono la fronte, poi gli zigomi e il naso, ma quando è il turno della bocca mi fermo ad un soffio da esse.
"Ne sei davvero convinto?" domando in un sussurro.
Se verbalmente non ricevo nessuna risposta, a fatti ricevo un mondo intero. E che mondo... Un mondo non solo fatto del piacere dei sensi per aver soddisfatto il forte desiderio di assaporare le sue labbra, ma di pura gioia per il forte sentimento che sento in questo bacio, per il mio amore ora corrisposto...
Lentamente mi lascio travolgere dalla passione, e approfondisco il contatto che ci unisce, facendolo diventare più intenso. Peccato che poi siano le mie dita a reclamare qualcosa di più, ovvero la delicatezza della sua pelle. Come quel pomeriggio, la mano si infila sotto la maglietta a sfiorargli gli addominali e, successivamente, a stimolargli un capezzolo. Nel momento in cui l'indice e il pollice si chiudono sul quel suo lembo di pelle, Kogure emette un gemito ed è costretto ad interrompere il bacio.
"M-mitsui..." sussurra con voce roca e gli occhi socchiusi dal piacere "Ti sei già d-dimenticato di cosa ti ho detto p-prima? E poi f-fuori c'è Akagi che ci aspetta..."
Io mugugno mentre assaporo la pelle del suo collo, così delicata e morbida. Se il problema fosse il gorilla non me ne importerebbe niente: che entri pure e si goda lo spettacolo. Però, avendomi appena detto di non essere ancora pronto per carezze audaci, mi impongo di fermarmi...
"Aspetterò pazientemente che tu sia pronto, perchè non voglio costringerti e nemmeno farmi odiare..." sono le parole che pronuncio prima di baciarlo un'altra volta, soffocando così la frase in risposta che stava per darmi.
Stavolta il contatto è leggero, dolce, pieno di affetto e amore. Le labbra si toccano appena, con sensualità, e ad ogni pausa i nostri occhi si specchiano gli uni negli altri.
"Ehm ehm... Se non vi dispiace, io dovrei andare a casa..."
Akagi, fermo sulla soglia degli spogliatoi, si osserva in giro imbarazzato. Nè io nè Kogure ci siamo accorti della sua entrata, ma non per questo ci allontaniamo, anzi, istintivamente lo stringo a me.
"Mitsui..." sussurra lui, guardandomi intensamente. Avrà forse capito che non voglio che ci separiamo proprio adesso?
"Hisashi... Chiamami Hisashi..." mormoro, sfiorandogli per l'ennesima volta le labbra.
"Ragazzi, io dovrei chiudere la palestra!" inveisce il capitano, interrompendo nuovamente le nostre effusioni.
"Lasciaci le chiavi che la chiudiamo noi!!" rispondo innervosito, fulminandolo con gli occhi.
"Hisashi, guarda che anch'io dovrei andare a casa..."
E' Kogure a parlare, e subito il mio sguardo si fa triste e risentito. Perchè ora che l'ho tra le mie braccia dovrei lascialo andare?
"Ah..." sussurro.
"Anch'io vorrei tanto restare con te ancora un po', Hisashi" mi dice dopo avermi scrutato per alcuni secondi ed aver capito dalla mia espressione cosa sia a rattristarmi "Ma è già tardi e non voglio far preoccupare mia madre... E poi, lo sai anche tu che adesso più che mai lei ha bisogno di me..."
Ha ragione, e per una volta ammetto di essere stato egoista. Così gli chiedo scusa e lo bacio nuovamente. La cosa però fa spazientire Akagi, non tanto per l'ennesima mia dimostrazione di affetto nei confronti di Kogure, ma perchè si protrae per quasi un minuto e lui vorrebbe andarsene...
Ed è così che, una volta chiuse porte e finestre, ci avviamo verso il cancello della scuola dove, prima di lasciarci, ci scambiamo un ultimo dolce bacio.
"Se i miei si lamentano del ritardo, domani vi faccio correre per tutto il tempo dell'allenamento..." sbuffa Akagi "E la cosa, Mitsui, vale soprattutto per te!"
"Gorilla... Guarda che nessuno ti trattiene ora che la palestra l'hai chiusa!" rispondo acido, facendo innervosire ancora di più il capitano.
"Ragazzi... Vi prego, non litigate!" interviene il mio Koibito, riuscendo a calmare gli animi "Ci vediamo domani Hisashi..." e con queste ultime parole, si allontana insieme ad Akagi, incamminandosi lungo la strada opposta a quella che prendo io.
*
"Sono a pezzi..." è il mio commento riferito agli allenamenti di quel giorno mentre, con andatura incerta, percorro la strada che porta verso il centro con destinazione L'Antico Mondo, per riconsegnare al proprietario il prezioso orologio a cipolla che ho sottratto due giorni orso o.
"Akagi ti ha proprio fatto lavorare, eh?" ridacchia Kiminobu, camminando al mio fianco.
"Guarda che non c'è niente da ridere..." ribatto, lanciandogli un'occhiata.
Sentendomi un po' offeso, guardo dritto e accelero il passo, non senza qualche difficoltà a causa del dolore che mi trafigge i muscoli. E' pochi metri più avanti che una mano afferra la mia, intrecciandone le dita. Immediatamente mi volto verso il mio Koibito e lo osservo fisso negli occhi. Lui ricambia il mio sguardo con tanta dolcezza da farmi arrossire. In me sento il cuore battere forte e il desiderio di abbracciarlo e baciarlo crescere... Peccato che il luogo dove siamo, ovvero una strada frequentata, non mi permette di lasciami andare a tali effusioni. Già il semplice tenerci per mano potrebbe attirare sguardi indiscreti, ma non voglio lasciarla, quindi decido di infilarle nella tasca della mia giacca.
Pochi minuti dopo giungiamo all'angolo in cui è situato L'Antico Mondo, o meglio, in cui era situato... Infatti una sorpresa ci attende: i locali dove c'era il negozio risultano vuoti e abbandonati, come se lo fossero da anni e anni. Osservando l'interno dalle vetrine opache e sporche, le quali erano fino all'altro ieri lucide; la pregiata mobilia e i bellissimi soprammobili ed accessori sono stati sostituiti da scatoloni, assi di legno e altre cianfrusaglie.
"Ma cosa significa?" è la domanda che mi pongo ad alta voce.
Perplesso guardo Kiminobu, il quale ricambia con la medesima espressione, alzando le spalle. Nemmeno lui sa spiegare quella strana situazione. La mia attenzione, a quel punto, viene catturata da un'anziana signora intenta a pulire con una scopa l'ingresso del suo negozio, un fioraio.
"Mi scusi..." al mio richiamo, lei si volta verso di me "Noi cercavamo il negozio che stava qui. Si chiama L'Antico Mondo..."
La signora si blocca, osservandoci pensierosa e corrucciata.
"Sicuri di quello che dite?" ci chiede infine "Voi siete troppo giovani per conoscere quel negozio..."
"Cosa intende dire?" domando, non capendo il senso di quelle parole.
"Che il negozio che cercate ha chiuso circa trent'anni fa, quando il proprietario è morto in un incidente stradale..."
"Non è possibile..." è il sussurro che scaturisce dalle labbra di Kiminobu, completamente spiazzato da quella rivelazione.
Esatto, non è proprio possibile... Allora chi era in realtà la persona che abbiamo incontrato l'altro ieri? Che fosse un'allucinazione? Lo spirito del vecchio proprietario? Oppure il suo fantasma? Io non ho mai creduto a queste cose... Ma ora? Che cosa devo pensare? A cosa devo credere?
Istintivamente infilo la mano nella tasca della giacca, ove è riposto l'orologio a cipolla che ero venuto a restituire. Peccato che non è l'oggetto che cercavo ciò che le mie dita incontrano, ma solo un ammasso di fine sabbia lucente come oro bianco. Dal pugno stretto, la lascio scorrere tra le mie dita. D'un tratto il vento si alza e l'afferra, trasportandola lontano, facendola risplendere e luccicare al sole.
Io e Kiminobu rimaniamo lì fermi ad osservarla volare via, incantati dalla sua immensa lucentezza.
FINE
*Owari*
Cioppys: Mmm...
Mitchi: Che c'è?
Cioppys: Non sono pienamente soddisfatta di ciò che ho scritto... u.u
Mitchi: Beh, in effetti non lo sono nemmeno io...
Cioppys: Cioè?
Mitchi: Manca una cosa fondamentale...
Cioppys: Ok, non dire altro... Povero Kogure, ma come farà a sopportarti? ¬.¬
Kogure: Beh, dai... Hisashi avrà i suoi difetti, ma è pur sempre un bravo ragazzo...
Cioppys: °__°
Kogure: Ok, 'quasi' un bravo ragazzo^^'
Mitchi: ...
***
Cioppy's Notes (Ovvero appunti ultra mega poco importanti^^')
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Il titolo iniziale di questa fan fiction era 'Scambio di Ruoli', ma siccome lasciava fin troppo intendere dove volevo andare a parare l'ho cambiato, inserendo il nome del negozio. Tra l'altro, anche l'oggetto magico è stato modificato. Per fortuna mi è venuto in mente l'idea dell'orologio, altrimenti non avrei saputo come far terminare l'incantesimo^^''. Inizialmente era un semplice medaglione...
La frase incisa sull'orologio è la seguente:
Che per un giorno io possa conoscere a fondo la persona amata.
Che per un giorno io possa vedere ciò che vede lei con i miei occhi.
Che per un giorno io possa vivere la sua vita.
Che per un giorno io possa essere quella persona.
Nel testo ho inserito la stessa frase, anagrammando ogni singola parola^^
Concludendo, ammetto che l'idea di questa fan fiction mi venne poco più di un anno fa, ma i protagonisti non erano affatto Mitchi e Kogure, bensì Rukawa e Hanamichi. Purtroppo però, la mia mente riesce a partorire storie assurde solo quando si tratta di Mitchi. Mi dispiace 'tanto' per lui ma è così! XXD
See You! ^__^
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