La mummia parte
V
di Kinuko
Sasaki Sendoh, guardava
seduto comodamente in poltrona, i tizzoni ardere nel camino, ascoltando
suo figlio, raccontare nuovamente quella storia assurda,veramente
inconcepibile.
Il calore era piacevole
e la tenue luce del camino rilassante, Sasaki era ancora furioso con il
figlio.
Aveva fatto una figura
pessima, davanti al nipote e alla
polizia, e questo non poteva permetterselo, l’immagine è molto
importante per un uomo d’affari e lui aveva un prestigio e una posizione
da mantenere.
Sospirò, movendosi
sulla poltrona in cerca di una posizione più comoda.
Tutta quella faccenda
era pazzesca, ma al contempo doveva anche ammettere che n’era rimasto
affascinato, spostò lo sguardo stanco sul figlio, stupendosi di quanto il
suo viso fosse teso e affranto.
Era in uno stato
pietoso, la vendetta di Dio per tutti i peccati commessi da quel ragazzo,
era stata quasi totale.
Sicuramente devastante.
-devi averlo
immaginato….-sospirò stancamente.
-immaginato?IMMAGINATO?!….Io
non sono un visionario, non avevo nemmeno bevuto e quella cosa
orrenda…mia ha stretto il collo…voleva uccidermi per dio!-
Sasaki si sforzò di
mantenere un tono calmo e rassicurante, voleva un bene dell’anima a quel
ragazzo…per lui aveva mentito e imbrogliato, aveva corrotto poliziotti e
pagato debiti esorbitanti…aveva perfino ingannato il suo unico nipote
cui voleva bene come ad un figlio… per Akira avrebbe fatto di tutto,
qualunque cosa… ma ora stava veramente esagerando.
L’alcol e le donne lo
stavano distruggendo mentalmente, e sapeva che la colpa era maggiormente
sua, non sapeva imporsi, non aveva saputo dare a quel ragazzo una via da
seguire.
Inspirò una boccata di
fumo dalla pipa, esalando poi, con un lamento soffocato.
-e poi dimmi, secondo
te da dov’è sbucato quell’amico egittologo è?-
-mi stai dicendo che
credi che la mummia sia quel ragazzo?-
Sasaki sembrava
sorpreso, questa poi!quel bel ragazzo una mummia!scosse leggermente la
testa, Akira era veramente andato.
-Hana, non ha mai avuto
molti amici, a parte quell’idiota che gli sta sempre appresso!vuoi che
se ne avesse avuto un altro non l’avremmo saputo?Allora? Da dov’è
sbucato fuori quel bastardo?-
-Akira modera i termini
non sei in un bordello, tanto meno in una delle tante bettole malfamate
che frequenti tu, tua madre potrebbe sentirti-
Akira continuò
imperterrito.
-e poi…e poi quando
sono arrivato non c’era, e tu l’hai visto no? Non è sicuramente una
persona qualunque-
-e adesso è là, da
solo con Hanamichi?-
Gli sguardi sorpresi
dei due uomini si posarono immediatamente sulla ragazza che aveva parlato.
Si erano completamente
dimenticati di lei.
Haruko Akagi sedeva
impettita sul morbido divanetto, guardando prima l’uno poi l’altro con
sguardo angosciato e un po’ ingenuo.
La ragazza, viveva da
loro oramai da diverso tempo, erano parenti, più precisamente cugini da
parte di madre, e Akira la considerava una mezza deficiente.
Ne aveva conosciute
tante di ragazze… ma lei gli urtava i nervi, era…era così stupida.
E per fortuna era
innamorata persa di Hanamichi, lui non avrebbe sopportato una spasimante
così sciocca.
Akira riprese a
parlare, ignorando completamente la ragazza e rivolgendosi al padre, come
se fosse stato lui a porre la domanda.
-è quello che sto
cercando di spigare da più di un ora, possibile che non ci sia nessuno
disposto ad ascoltarmi in questa fott…emm…benedetta città? Inoltre
Hanamichi lo sta proteggendo, lui…l’ha visto…l’ha visto mentre mi
aggrediva-
-mmm…Ramses….
Ramses il dannato e Kaede Rukawa….Se ciò che dici è vero…ma no!non è
possibile.
Perché non vai a
riposare un po’ Akira sembri piuttosto stanco, penseremo al da farsi più
tardi, a mente fresca-
-e cosa dovremmo fare a
mente fresca?!-
Akira era impaziente,
il tono volutamente ironico, ma al padre non sfuggì il lampo di
soddisfazione che passò negli occhi scuri.
La sua rabbia si
riaccese.
-che diavolo vuoi che
ne sappia io!e poi perché quella cosa che tu dici essere la mummia
avrebbe aggredito solo te, e non Hanamichi?-
Un espressione di
spavento si dipinse sul volto del figlio, sostituita subito da un debole
sorriso riparatore.
Sasaki Sendoh ebbe la
certezza in quel momento, che il ragazzo stesse mentendo, o che in ogni
caso non gli avesse raccontato tutta la verità, sospirò nuovamente,
versandosi dello scotch in un bicchierino, bevve con un unico sorso.
Akira tremava
leggermente, e piccole gocce di sudore gli imperlavano la fronte, la voce
leggermente tesa quando riprese a parlare, confermò nuovamente il suo
pensiero.
Stava mentendo.
-cosa…cosa vuoi che
ne sappia io, sicuramente ci sarà una spiegazione per tutto ciò.
Comunque rimane il
fatto che anche Hanamichi possa trovarsi in pericolo in futuro-
-capisco…-
-NO! Tu non capisci tu
credi che io sia pazzo!ma non lo sono!-
Così dicendo si alzò
dalla poltrona su cui era seduto.
Sasaki Sendoh non lo
guardò, sentì strascicare i passi pesanti sul pavimento, lo sentì
salire le scale e chiudere la porta violentemente.
Rimase immobile.
-e…Hanamichi? Lo
lasciamo solo con quella cosa?-
Sasaki si voltò
sorpreso. L’aveva dimenticata nuovamente.
Le sorrise
bonariamente, in fondo non era poi così male, forse solo un po’ingenua.
-perché tu gli credi
mia cara?-
-certo che gli credo
zio!Akira è un po’… come dire…irresponsabile, ma non si metterebbe
mai raccontare una storia simile solo per il gusto di farlo, non credete?-
Sasaki non rispose,
forse non era poi tanto ingenua, in effetti, aveva sempre pensato che la
nipote avesse un lato oscuro nascosto…un non so che d’inquietante.
Sorrise nuovamente
avvertendo il passo felpato della moglie, alzò lo sguardo sul suo volto.
Era bellissima
nonostante l’età, dio quanto l’amava.
Era una fedele compagna
e una mogli esemplare, lui non l’aveva mai tradita…e non se ne era mai
pentito, nonostante le molte occasioni.
Sua moglie era tutto
per lui…
Si sedette accanto alla
nipote, Haruko non era bella come la zia, ma faceva la sua figura, chissà
se accanto a lei Hanamichi sarebbe stato felice, non erano ancora
ufficialmente fidanzati, ma si sa come vanno queste cose, e quel benedetto
ragazzo aveva solo l’archeologia in mente, avrebbe dovuto risolvere
anche questo problema, prima o poi.
Si alzò a fatica.
-stavo per uscire
cara-La moglie lo guardò.
-Akira è di nuovo nei
guai forse?-
-no, non preoccuparti
cara, nulla d’irrisolvibile- sorrise tristemente.
-non è colpa tua, tu
non c’entri con quello che è diventato-
La guardò, gli occhi
dolci fissi nei suoi, non era sorpreso, sua moglie aveva sempre avuto
l’ottima qualità di capire al volo i suoi pensieri e gli stati
d’animo. Come avrebbe fatto senza di lei, non lo sapeva e preferiva non
pensarci, al solo pensiero si sentiva soffocare, come se una morsa
d’acciaio gli stritolasse il cuore e l’anima.
Lei era la sua anima.
-si forse hai ragione
tu-
Lei sorrise, le si
avvicinò sfiorandole la fronte con un tenero bacio e uscì.
Gli batteva forte il
cuore.
Una miriade di pensieri
gli frullavano incoerenti per la mente, senza però produrre un effetto
preciso sul suo stato d’animo.
La cosa era
semplicemente straordinaria.
Ramses l’immortale
era seduto al tavolo della piccola cucina, indossava ancora i vestiti
offerti. Adesso i capelli erano completamente cresciuti, non erano lunghi,
alcune ciocche seriche e lucenti ricadevano morbide appena sotto il lobo
dell’orecchio, e un ciuffo ricadeva leggero sulla fronte celandone gli
occhi d’ebano.
Il tavolo su cui
appoggiava era pieno di cibarie.
Era sbalorditivo vedere
con quanta delicatezza e insaziabilità mangiasse, senza utilizzare
nessuna posata, un po’ di frutta qua, un po’ di pane là.
Mangiava e leggeva, non
aveva fatto altro nelle ultime tre ore.
Leggere e mangiare.
Aveva sfogliato con una
velocità impressionante il dizionario giapponese-egiziano, poi era
passato all’attacco del dizionario di giapponese-latino, dedicandosi
successivamente a varie riviste e non trascurando di leggiucchiare anche
una piccola enciclopedia.
Non che leggesse tutto,
ovviamente, si dedicava alle parti salienti, alle parole principali della
lingua.
Hanamichi lo comprese
quando gli chiese il nome di tutti gli oggetti presenti nella stanza,
ripetendo ogni parola con un accento perfetto.
Strabiliante…la
rapidità con cui imparava, Yohei gli portò altro cibo, lanciando uno
sguardo sgomento a Hanamichi, che a sua volta annui sorridendo.
-dopo di questo abbiamo
terminato, penso che dovrò uscire e rimpinguare la dispensa, altrimenti
moriremo di fame-
Ramses posò uno
sguardo distratto sul ragazzo che gli stava di fronte, prendendo dalle
mani il bicchiere di vino che gli veniva offerto, e trangugiandolo tutto
d’un fiato.
Strano che non fosse
ubriaco dopo tutto il vino bevuto.
-si forse è meglio che
vai, e cerca di sbrigarti non vorrei che finito il cibo, accarezzasse
l’idea di mangiarsi anche me-
Hanamichi sembrava
stranamente felice, e Yohei ne era compiaciuto, anche se stentava a
mantenere un minimo di razionalità.
Avevano una mummia
vecchia di millenni seduta in cucina.
Scosse la testa
sospirando, doveva tenessi occupato, per non impazzire, doveva….Uscire
di lì.
-allora vado…-
Hanamichi non lo sentì
uscire, si avvicinò al ragazzo, sedendosi di fronte, Ramses alzò il capo
e indicò una foto sulla rivista che stava leggendo.
-oh…è una
bicicletta, serve per portare le persone, per non farle andare a piedi-
-grazie-
Hanamichi arrossì
vistosamente sotto lo sguardo penetrante di quello strano essere, la gola
improvvisamente secca, il cuore che non ne voleva sapere di riprendere a
battere regolarmente.
Deglutì aria.
Perché doveva fargli
quell’effetto? Perché doveva essere così dannatamente bello.
Sembrava un demone
bellissimo e sensuale, e al contempo esprimeva una sorta di forza e
fierezza non comuni.
-emm…molto bene, stai
imparando ad una velocità impressionante-
-Giappone!-
-si siamo in Giappone e
tu vieni dall’Egitto-
Ramses si alzò di
colpo facendo quasi cadere a terra la sedia sui cui era seduto.
Senza proferire altro,
afferrò per il polso un stupefatto Hanamichi e si diresse velocemente
nella stanza egizia.
Direttosi verso la
parete più interna della stanza, indicò con un dito l’esatta
ubicazione del Giappone sulla vecchia mappa appesa come ornamento.
Hanamichi si chiese
quando l’avesse vista, ma fu riportato al presente da un impaziente
moretto che strattonatolo, spostò il dito dal Giappone direttamente
sull’Egitto.
Hanamichi annuì
sbalordito.
-si…si giusto
Giappone, Egitto!-
Ramses annuì a sua
volta, si vedeva che voleva sapere di più, che voleva chiedere di più.
Hanamichi ebbe il forte
desiderio di trascinarlo fuori per fargli conoscere il mondo, si
trattenne, per quello avrebbero avuto sicuramente molto tempo più avanti.
-ventesimo secolo? Cosa
vuol dire Anno Domini?-
Hanamichi strabuzzò
gli occhi, ma certo!che stupido era stato, il tempo, quanto tempo era
trascorso mentre lui dormiva, quante cose erano successe, l’avvenuta di
Cristo per i cristiani, l’anno zero.
Ma come spiegare….Ma
certo! Prese carta e penna dal piccolo scrittoio che utilizzava per le
traduzioni, e scrisse la data odierna, dopo di che scrisse il nome di
Cesare Ottaviano, il ragazzo annuì, allora scrisse il numero romano uno
sotto il nome, e partendo da quel punto tracciò una lunga linea fino
all’estremità del foglio, dove scrisse il proprio nome e l’anno
sempre in numeri romani.
Lo vide sbiancare, per
un attimo pensò che stesse per svenire, ma fu solo un attimo, prese il
foglio dalle mani di Hanamichi e lo fissò per un lungo momento.
Poi prese a camminare
per la stanza assorto in chissà quali pensieri.
Hanamichi rimase in
silenzio.
-molto tempo…molto-
Hanamichi guardò
l’espressione greve del volto, era un lampo di dolore quello che gli
aveva appena visto negli occhi? Non lo sapeva con precisione, era
scomparso subito insieme alla serietà del viso.
Era tornato ad essere
il solito silenzioso ragazzo.
Hanamichi avrebbe
voluto abbracciarlo, consolarlo, come quello strano essere aveva già
fatto con lui, desiderava ardentemente…baciarlo.
Distolse lo sguardo,
arrossendo imbarazzato al pensiero, e anche un po’ confuso, non aveva
mai provato nulla di simile, per nessuno, tanto meno per un ragazzo, forse
aveva ragione Akira nel dire che era…Akira…quel nome riportato alla
mente, gli fece male al cuore, un dolore sordo, potente, che gli lasciava
solo un’amara sensazione di perdita e tradimento nell’anima.
Un gemito spezzato,
sfuggì dalle sue labbra.
Forse stava impazzendo
o forse era già folle…probabilmente era solo un sogno,
presto si sarebbe svegliato, accorgendosi che nulla era cambiato,
che quello splendido ragazzo
non esisteva, che Akira…Akira era sempre l’amato cugino, e tutto il
suo mondo non era miseramente caduto in pezzi con una tazzina da caffè.
Si passò nervosamente
la mano fra i morbidi capelli, sussultò nel sentire il calore di forti
braccia, stringersi dolcemente, attorno alla vita.
Spalancò gli occhi
nocciola, sorpreso, di sentire il fiato caldo di Ramses sul collo, il suo
torace premere contro la sua schiena.
Vero.
Era tutto vero.
Si rilassò contro quel
corpo caldo, ne poteva sentire i contorni sodi, il dolce profumo, e il
battere lento del cuore.
Reale.
Ed era lì per lui.
Stava consolando
lui…possibile che avesse capito?
-lascialo a me!-
-no!-
-bisogna
fermarlo…tenterà ancora di farti del male, è malvagio!-
Hanamichi cominciò a
tremare, aveva le lacrime agli occhi,
Si sciolse dal calore
di quell’abbraccio, allontanandosi un poco.
-voleva ucciderti…-
Hanamichi si girò per
fronteggiarlo.
Non voleva…non
poteva….uccidere Akira….lui…seguì un momento di silenzio, in cui
Ramses lo guardò, i suoi occhi scuri parevano leggergli direttamente
l’anima, abbassò gli occhi, incapace di sostenerne lo sguardo, avvertì
una lacrima sfuggire al suo controllo, improvvisamente si sentì
afferrare, il suo torace fu subito contro il petto dell’altro, la bocca
premuta contro l’altra.
Lo stava baciando.
La vampata di calore
che lo colse fu improvvisa, il braccio si mosse per allontanarlo ma finì
per accarezzare i morbidi capelli corvini.
Poi Ramses si ritrasse
lasciandolo attonito e confuso.
Aveva il viso in
fiamme, le gambe molli, non riusciva a parlare.
-Akira sa chi sono, mi
ha visto quando mi sono mosso per salvarti…non può vivere è malvagio e
merita di morire-
Hanamichi si riscosse
un poco, faticava a concentrarsi…possibile che un solo bacio potesse
essere così devastante….
-non… gli crederà
nessuno….Non tenterà più di farmi del male-
Il rossino lo guardò
sorpreso e anche un po’ spaventato, poteva percepire il mutamento
sottile, all’apparenza poteva sembrare il solito ragazzo, ma ad uno
sguardo più attento, si poteva avvertire una forza trattenuta, come una
corrente sotterranea d’energia pronta ad esplodere, sembrava vibrare…
Gli occhi del moretto lampeggiarono di una furia cieca, lo sguardo dolce
sostituito da due pozzi neri come l’inferno.
Il rossino tremò, capì
improvvisamente, perché quel ragazzo bellissimo dall’apparenza fredda e
tranquilla, fosse in realtà Ramses l’immortale….Sterminatore di
popolazioni intere.
Il moretto gli si
avvicinò, si chinò un poco per baciarlo, Hanamichi non sì
ritrasse…era dolce e caldo.
Quando tornò a
guardarlo lo sguardo di prima era scomparso, e un leggero sorriso gli
incurvava le labbra.
-come vuoi…mio
re…ma …ti ho già perduto una volta, non lo permetterò una seconda-
Detto questo si
allontanò, uscendo dalla stanza egizia, lasciando Hanamichi più confuso
che mai.
Ramses il grande.
L’amante di
Cleopatra.
Il tempo si era come
fermato.
In quel momento, in
quel misero istante in cui i suoi occhi d’ebano si erano posati su di
lui, il tempo si era congelato, niente sembrava cambiato, ma in realtà
era cambiato tutto.
Non era stato
punito, aveva avuto fortuna, forse troppa.
Era rimasto fermo,
immobile, in attesa della sua sorte, sicuramente non benevola.
Cleopatra non era
clemente, non lo era mai stata, per questo era un’ ottima regina, non
ammetteva errori, nemmeno il più piccolo.
Lui l’aveva
salvato.
Ramses.
Le aveva sorriso.
Un sorriso dolce e
solare, semplicemente bellissimo.
Ramses non sorrideva
mai.
Cleopatra non era
riuscita a resistergli, avevano ripreso a fare l’amore, dimenticandosi
di lui, dimenticandosi del cibo, dimenticandosi del mondo intero.
Ma era certo, anche
se non sapeva spiegarsi il perché, che in realtà quel sorriso era per
lui…solo per lui.
Un fruscio…due
forti braccia l’avvolsero, stringendolo con delicata violenza.
Sussultò.
I suoi occhi si
spalancarono increduli, dalla bocca uscì solo un leggero gemito.
Sentiva la sua
dolcissima bocca muoversi sul suo collo…sentiva il proprio corpo tremare
sotto quelle inaspettate carezze.
Così…dolcissimo e
profumato…
Ramses!
Ramses era lì per
lui…
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