Ciò che state per leggere (perdonate la mia pazzia) è tratto da un bellissimo libro di Anne Rice “La Mummia” appunto. (Mi perdonino tutte le persone che l’hanno letto e a cui è piaciuto)

Alcune frasi (le più belle) e avvenimenti sono completamente copiati dal libro, naturalmente adattati alle mie necessità.

Tutto il resto è mio (non molto a quanto sembra) (;_;) e del grande Inoue

Ora vi lascio leggere i “miei” vaneggiamenti, abbiate pietà.

Grazie Kinuko.

 


La Mummia

capitolo III - Il risveglio

di Kinuko

 

La stanza in cui avevano messo Ramses il dannato, non era enorme, ma sufficientemente ampia da poter disporre tutto il materiale ritrovato nella tomba, come in originale.

Hanamichi non aveva avuto ancora l’occasione di osservare bene la mummia dal suo arrivo, e ora era l’occasione adatta.

Yohei era stato trattenuto dai funzionari del museo per sbrigare le ultime formalità, la mummia sarebbe rimasta in Giappone solo il tempo della mostra, poi sarebbe tornata al legittimo proprietario, il museo del Cairo.

Il sole filtrava vitale dalle finestre, anche se ristretta la stanza era molto ben illuminata, alcuni raggi cadevano sulla maschera d’oro, donandole un riflesso luccicante, sembrava avvolta da pulviscolo dorato.

Uno strano effetto.

Anche lo scrittoio era immerso nella luce del mattino, tutti i vasi e le monete, che il fotografo aveva tentato di rubare, risplendevano grazie all’effetto del sole.

Avevano fatto proprio un bel lavoro, Hanamichi era soddisfatto ed era sicuro che la mostra avrebbe avuto un enorme successo.

L’unica cosa era un pesante odore di muffa, che per fortuna, anche se a rilento stava scomparendo.

Ecco, di nuovo quel rumore.

Come un sussurro, un respiro sommesso.

L’aveva avvertito anche la sera prima, mentre lui e Yohei sistemavano le ultime cose, ma non vi aveva badato più di tanto attribuendolo a qualche fruscio d’assestamento della vecchia casa presa in affitto per l’occasione.

Ma ora…non ne era più tanto sicuro.

Sospirò, lievemente a disagio, chiudendo lievemente gli occhi color dell’oro fuso.

Di nuovo quel fruscio, e sembrava provenire dalla mummia.

Si avvicinò all’uomo imprigionato nel sudario, osservandone bene il volto.

Accidenti la sera prima non l’aveva notato, impegnato com’era, ma ora nella luce splendente del mattino sembrava…sembrava diverso.

Tutta la struttura sembrava più piena, lo sfiorò delicatamente sul volto, era caldo!

Tolse in fretta le dita dal volto, come se si fosse scottato, probabilmente era dovuto al sole.

Diede una scrollata di capo, strofinandosi gli occhi e dandosi mentalmente dell’idiota, si stava facendo suggestionare, e non era da lui.

Si allontanò di scatto, come un ladro colto in flagrante con le mani sul bottino, appena sentì dei passi arrivare.

Non voleva farsi vedere in quello stato da Yohei, ne sarebbe scaturita certamente una nuova discussione, e in quel momento non gli andava proprio di litigare.

Trasse un sospiro di sollievo quando vide che il nuovo venuto non era il suo amico.

- Accidenti Hanamichi, quella cosa da proprio i brividi!-

- Ti sbagli Akira, tu dai i brividi!-

- Sempre il solito, è così che si salutano i vecchi amici?-

- Noi non siamo amici, siamo cugini, e ora dimmi cosa vuoi ho molto da fare e pochissimo tempo-

- Sono venuto per vedere il trofeo impagliato, che ti sei portato dietro dall’Egitto, il fatto che tu non abbia mai avuto una ragazza fissa, mi ha sempre insospettito, lo sapevo che ti piacevano i ragazzi, ma da qui ad una mummia ce ne passa di acqua sotto i ponti! Cugino!-

Sendoh rideva con fare canzonatorio, erano cresciuti insieme come cugini-amici, anzi di più come fratelli, ma le cose erano lentamente cambiate nel corso degli anni.

Si chiese con una punta di amarezza, come, e quando fosse successo.

Hanamichi era rimasto orfano di tutti e due i genitori in tenera età, e suo padre Sasaki Sendoh, l’aveva accolto come un figlio.

In realtà l’aveva accolto come la manna dal cielo.

Già! Perché Hanamichi era ricco! Anzi stra ricco, i suoi genitori morendo, gli avevano lasciato un impero finanziario in piena ascesa, che suo padre Sasaki,come tutore, aveva saputo gestire in maniera eccellente, ed era grazie a lui se poteva permettersi tutti i lussi, le donne e perché no! Anche gli uomini, che voleva.

Ma ora la storia stava per cambiare di nuovo, tra poco Hanamichi sarebbe venuto in possesso di tutti i suoi averi, al compimento del ventunesimo anno d’età, e lui si sarebbe trovato sicuramente sotto un ponte.

Beh! Proprio sotto un ponte no! Hana era molto generoso, sicuramente non avrebbe permesso che la “sua famiglia” l’unica che avesse mai avuto, patisse la fame.

Ma Akira Sendoh non era fatto per l’elemosina, lui voleva tutto, e subito.

Aveva sperperato molto danaro del patrimonio di Hanamichi, tra debiti di gioco e di donne.

Fino ad ora suo padre gli aveva sempre concesso tutto, anche di più, aveva sempre pagato pur di tirare fuori dai guai suo figlio, e mantenere una parvenza di prestigio.

Ma se Hanamichi fosse entrato in possesso di tutto, lui non sarebbe riuscito a sopravivere solo con l’assegno mensile, certamente congruo, ma non sufficiente a mantenere i suoi sfizi.

Doveva fare qualcosa, ecco perché era venuto, doveva convincere Hanamichi a dargli di più.

- Vieni al punto Akira, e smettila di dire stronzate-

- Non essere così bacchettone cugino, io volevo solo…-

Le parole gli morirono in gola sotto lo sguardo infuriato di suo cugino, non era mai stata una buona cosa farlo arrabbiare, e ora men che meno, se voleva ottenere qualcosa doveva tirarlo dalla sua parte, non essere preso a pugni.

- Senti Akira so benissimo cosa vuoi, soldi!

Mi cerchi solo per quelli, e so già cosa vuoi chiedermi e la risposta è no!

No, non ti aumenterò l’assegno mensile che ti è stato assegnato, mi sembra abbastanza sostanzioso

No, non pagherò tutti i tuoi debiti futuri, dovrai arrangiarti da solo d’ora in poi, è ora che tu cresca!-

Akira lo fissò con uno sguardo gelido e una rabbia trattenuta a stento nelle parole, ma che sembrò sfuggire ad Hanamichi.

- Avanti Hana-chan mi credi proprio così meschino? Io volevo solo rivederti dopo tanto tempo, e tu mi accusi di opportunismo! Hei! Sono io, Akira, tuo cugino, quasi tuo fratello mi riconosci? Senti che ne dici di berci un caffè mentre mi racconti cosa hai fatto in questi due anni, e mi illustri tutto di questi… come dire… meravigliosi ritrovamenti-

Akira sorrise, il solito meraviglioso sorriso che riservava solo alle persone cui voleva bene, alla sua famiglia.

Hanamichi si rilassò, forse dopo tutto si era sbagliato, Akira non poteva essere cambiato fino a questo punto, si diede mentalmente dell’idiota e un pizzico di vergogna gli imporporò le guance, sorrise a sua volta, battendogli una pacca affettuosa sulle spalle, ritornando su un terreno più sicuro, almeno per lui, l’archeologia.

- Quindi se ho capito bene, tutti questi vasi contengono veleno…-

Bussarono alla porta, Yohei entrò con due tazze di caffè nero bollente, che posò sul piccolo tavolo che Hanamichi aveva fatto portare apposta per studiare le pergamene in santa pace.

- Senti Hana puoi venire un secondo, devo parlarti della mostra-

Hanamichi guardò le monete d’oro per una frazione di secondo prima di spostare lo sguardo su Sendoh, che tutto intento nell’osservare la mummia non dava peso a loro due.

Scosse lentamente la testa sospirando, chiedendosi perché era giunto al punto di non potersi più fidare nemmeno della sua famiglia, al pensiero gli si strinse il cuore, ricacciò le lacrime che sembravano voler fuori uscire prepotenti dai suoi occhi, e uscì dalla stanza con Yohei.

Al rientro, Akira gli si avvicinò sorridente, con la tazza di caffè fumante, già aggiunta di latte.

- Come piace a te cugino, caldo e macchiato, come vedi mi ricordo ancora-

Hanamichi prese la tazza, sorridendo, un sorriso aperto e caldo, che fece tremare Sendoh fin nel profondo, la mano tremò leggermente mentre la ritraeva da quella di Hanamichi.

Solo un breve contatto, per un attimo tutto il suo auto controllo vacillò, calda come i suoi occhi, occhi che non…scosse la testa, gli dispiaceva ma doveva farlo, Hanamichi era solo un ostacolo oramai.

- Allora non bevi?!-

La mummia si stava movendo.

La tazza gli cadde di mano, andando frantumarsi in tanti piccoli pezzi, sul pavimento pulito.

Uno strano sfrigolio provenne dal pavimento quando il liquido caldo toccò terra.

Hanamichi non ebbe il tempo di ragionare sull’accaduto, era troppo impegnato a non urlare.

Guardava impietrito oltre la spalla del cugino, il braccio proteso della mummia, bende strappate si muovevano leggere, come bandiere mosse dal vento.

Assurdo.

Assurdo era l’unica parola che gli girava a circuito chiuso nel cervello.

Spalancò ancora di più gli occhi, la mummia si stava avvicinando a Sendoh, l’aria mancò improvvisa dai polmoni, deglutì a vuoto, il grido d’avvertimento gli morì in gola, mentre osservava la mano putrefatta della mummia stringersi sul collo d’Akira.

- Ma che diavolo ti prende adess…-

Sendoh non finì in tempo la frase, che si sentì afferrare, una presa ferrea gli attanagliava la gola.

Un gemito soffocato gli uscì a stento dalle labbra socchiuse.

Si girò in tempo, per vedere la creatura sollevare anche l’altro braccio e afferratolo, stringere maggiormente.

Urlò.

Urlò con tutto il fiato che gli rimaneva, quella cosa era viva, viva!

Un cieco terrore s’impadronì di lui, riuscendo a respingerla con una spinta disperata, corse fuori della stanza, senza voltarsi, Hanamichi sentì solo la porta sbattere violentemente.

Il rossino guardava la creatura stesa a terra, con rinnovato terrore, mai, mai in tutta la sua giovane vita aveva avuto più paura.

Arretrò di qualche passo, un fascio leggero di luce, colpiva in pieno la mummia, arretrò ancora.

L’odore di muffa si era fatto più penetrante, muto con il respiro affannato, indietreggiò ancora di qualche passo, andando a sbattere contro lo scrittoio, con una mano colpì inavvertitamente uno dei vasi contenente veleno, che si frantumò a terra con un tonfo secco.

Sussultò.

La cosa lo stava fissando, da dietro le bende ormai lacerate, occhi scuri, glaciali, poi si mosse, strisciando verso il centro della stanza.

Si fermò proprio al centro del fascio di luce, che proveniva dalle finestre inondate di sole.

Sembrava respirare, lentamente, si sembrava respirasse luce.

Era incredibile e folle.

Sì, tutto ciò era incredibilmente folle.

Hanamichi si mosse lentamente, avvicinandosi di poco e mantenendo comunque sempre una certa distanza.

Poteva vedere la cosa prendere sempre più forma, poteva sentire le bende lacerarsi, le vedeva cadere a terra una ad una, mentre quel corpo deforme somigliava sempre più ad un giovane uomo, tutt’altro che morto.

Hanamichi indietreggiò di qualche passo, la creatura si stava alzando, oddio era altissimo, quasi quanto lui, se non di più, lo fissava con calma, mentre si strappava il resto delle bende dalla testa, liberando una folta capigliatura.

Ciocche seriche, di un nero corvino gli ricadevano dolcemente sulla fronte, andando a coprire leggermente gli occhi scuri.

Oddio e il viso… la pelle ora era liscia, la carnagione pallida quasi diafana, sembrava quella di un bambino, morbida.

I lineamenti regolari, i denti candidi e quegli occhi, imperiosi, forti e…

Quel ragazzo era bellissimo.

La cosa avanzò verso di lui.

Hanamichi indietreggiò.

Con gesti precisi e automatici si levò le ultime bende che andavano a coprire il collo, le spalle, il petto.

Il petto nudo e sodo, le braccia robuste, non aveva mai visto nulla di più bello.

Hanamichi chiuse gli occhi.

Forse era solo un brutto sogno, un incubo.

Li riaprì piano, era ancora lì.

Ed era completamente nudo.

Gemette.

Con passi leggeri e silenziosi continuava ad avanzare verso di lui, ad un certo punto raggiunto il tavolo su cui era posato il caffè di Sendoh, si fermò.

- Come piace a te cugino, caldo e macchiato-

La cosa aveva parlato, un giapponese perfetto, un brivido percorse Hanamichi lungo tutta la spina dorsale.

Avanzò ancora, di pochi passi, andando a fermarsi, vicino ai cocci sul pavimento.

Hanamichi spostò lo sguardo, seguendo quello del ragazzo di fronte a lui.

Rimase impietrito.

Il pavimento era corroso, sembrava che vi fosse stato versato dell’acido, i cocci della tazzina che Akira gli aveva porto, erano anch’essi consumati.

La cosa parlò di nuovo, scandendo bene le parole, e usando la stessa intonazione usata da Sendoh

- Allora non bevi ?!-

Hanamichi a quelle parole gemette piano, il significato non poteva essere frainteso, rimase fermo, con gli occhi nocciola sbarrati ad osservare, quello strano, bellissimo, essere che in pochi secondi aveva fatto crollare tutto il suo mondo di certezze.

Il cuore gli faceva male, da morire.

Akira, suo cugino, il suo amico, colui che amava come un fratello, aveva cercato d’ucciderlo.

Barcollò.

No! Non poteva, non voleva crederci.

Eppure non poteva essere altro che la verità.

Si spostò leggermente di lato, le gambe non riuscirono a sostenere il suo peso, sarebbe certamente caduto, se due forti braccia non l’avessero sorretto.

Protetto.

Si sentì protetto, e quasi al sicuro.

Alzò lo sguardo verso Ramses il dannato, guardò il suo bel viso, e quegli occhi glaciali, che ora esprimevano dolore?

Possibile che fosse in pena per lui?

Calde lacrime fuoriuscirono dai suoi occhi, irrefrenabili.

E non potendo fermarle, si limitò ad assecondarle, posando il capo su quel petto forte, diede libero sfogo a tutto il suo dolore.




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