La mia canzone d'amore

di Naika

 

Un profondo, riverente, silenzio.

E migliaia, milioni di occhi fissi sul grande palco lucido, candido.

 

L’oceano s’infranse sugli scogli, esplodendo in una miriade di cristalli resi sanguigni nella luce morente del tramonto.

E il cantate dei Black Cat, emise un piccolo sospiro che vibrò piano attraverso le maglie metalliche del microfono di fronte a lui, spandendosi come brezza leggera tra il pubblico in attesa.

A capo chino, i capelli neri, lucenti, sciolti sul volto candido in liquide ombre scure, ad accarezzare dolcemente le palpebre chiuse, il ragazzo rimase immobile, in attesa.

La lunga camicia di seta nera, svolazzò alle sue spalle disegnando incerte ali scure, mentre solo il suono della stoffa sferzata dal vento e l’ipnotico rincorrersi delle onde riempivano il vuoto lasciato da quel suo piccolo ansimo di dolore.

Lentamente la mano candida del ragazzo si sollevò afferrando stancamente il microfono mentre dietro di lui, il sole carminio, affondava nell’oceano disegnando onde d’oro rosso tra le spume turchine.

 

Un colpo.

Uno solo, cupo e profondo, come il battito di un cuore spezzato che prova a pulsare senza averne la forza.

Un’altro dopo troppo tempo, mentre le dita candide si stringevano sul microfono.

Un disperato tentativo di ritornare alla vita.

Di uscire dalle tenebre per bagnarsi in quell’ultima aura rossa che ancora conservava il ricordo del giorno e della sua luce.

Hisashi colpì di nuovo la tela del tamburo con forza, con rabbia.

La disperazione di chi ha trovato e poi perduto.

Un suono, vibrante e lontano, come un tuono solitario.

Un grido, inascoltato, che chiedeva al cielo: perchè?

 

Akira strinse con forza la chitarra, tirando le corde con la stessa forza, con la stessa disperazione, mentre il lungo, straziante, grido dello elettrico si allungava nell’aria rincorrendo il respiro del vento.

I colpi del tamburo risuonarono di nuovo con più forza ripetendo all’infinito la loro domanda: perchè? Perchè? Perchè?

Mentre la chitarra intrecciava i suoi lamenti con essi.

La rabbia data dall’impotenza.

La disperazione data dalla consapevolezza.

Di aver gettato l’unica possibilità.

La chitarra e il tamburo si fusero in quel canto di aggressiva disperazione finchè con un singulto il grido della prima non si spezzò, Hisashi fece scorrere le bacchette sui piatti creando il tintinnio di tanti sogni infranti che finivano a terra spezzandosi, bagnandosi nei singulti del pianto disperato che Akira traeva dal suo strumento.

E il sole morì alle loro spalle annegando nel mare, rosso del suo sangue, azzurro delle sue lacrime, mentre le tenebre avvolgevano il pubblico silenzioso.

Solo allora, quando l’ultima luce fu risucchiata nel mare, quando l’ultima speranza si spense sulla sabbia dorata, solo allora Rukawa sollevò il capo, lasciando che il vento gli spingesse indietro i capelli corvini, lasciando che la neonata luna candida fosse l’unico riflettore ad illuminare la sua pelle argentea, sfiorata dai lembi della camicia, svolazzante, così scura da fondersi con le ombre della notte, amalgamandosi con esse, tendendosi sulla sua pelle chiara ghermendolo per lasciarlo subito dopo, per poi cercarlo ancora, in una danza insensata e crudele.

Lentamente le sue palpebre fremettero, sollevandosi a velare le iridi blu, lontane e vuote, sottolineate dalla lunga linea viola della matita.

La sua voce vibro limpida, chiara e profonda, nella notte silente.

 

<<Il profumo del mare

Qualcosa che non posso scordare...>>

 

Le sue parole scivolarono tra le onde, vennero prese e sollevate dal vento, sospinte nel cielo scuro che si stava illuminando di stelle.

E la chitarra divenne lontanamente nostalgica mentre la batteria rallentò il suo respiro acquietandosi, prendendo il lento ritmo dello rincorrersi delle onde sulla battigia.

 

<<Quel sole rosso vivo

Il calore accecante del tuo sorriso>>

 

Un mezzo sorriso sul volto di Kaede.

Un sorriso spezzato dalla malinconia che da un ricordo splendente di qualcosa andato in frantumi per sempre.

 

<<Mi chiedevano di parlare dell’amore

Mi chiedevano di regalare sussulti al cuore>>

 

Era cominciato tutto così.

Il loro era un gruppo famoso, ma non avevano mai prodotto una canzone d’amore.

E il loro agente aveva proposto loro di cimentarsi in una di esse.

“E’ con le canzoni d’amore che si fanno i miliardi!” aveva detto.

E Rukawa aveva scosso il capo scettico.

Non ci si vedeva a scrivere una canzone d’amore.

Che ne sapeva d’amore lui?

Non poteva dire di essersi mai innamorato.

Tutto ciò che conosceva lo aveva imparato per sentito dire o dovendo convivere tutto il giorno con quei due hentai che erano il suo batterista e il suo chitarrista.

Akira e Hisashi stavano insieme da anni e lo conoscevano ormai da così tanto tempo che non si facevano più nessun problema a scambiarsi effusioni di fronte a lui.

 

<<Ma il mio non ne aveva di battiti da regalare

Nessun volto che valesse la pena ricordare.>>

 

Di storie ne aveva avute tante.

Ma nessuna che fosse durata più di qualche settimana, nessuna di cui ricordasse qualcosa di particolare, niente per cui valesse la pena di sprecare un frammento di memoria.

 

<<Mi chiedevano l’amore che cos’è?

E io non avevo che vuoto dentro me...>>

 

Come poteva dunque lui cantare una canzone che parlasse d’amore?

Quello era un canto di cui lui non aveva imparato le parole.

Come poteva far vibrare quel sentimento nella sua voce se egli stesso non ne conosceva il tono e la melodia?

 

<<Canterò

Per riempire questo silenzio

Un’altra melodia

Un’altra nota in questa sinfonia>>

 

Cantare.

Gli restava soltanto quello.

Spingere la sua voce nel vento sperando che la portasse lontano, fino a lui.

Lui, che l’amore gliel’aveva insegnato.

Lui che maldestro e casinista era piombato nella sua vita, prendendosi il suo cuore senza chiedere.

 

<<La sabbia dorata

La luce nei tuoi occhi, il suono della tua risata>>

 

Aveva detto al suo agente che aveva bisogno di un periodo di riposo prima di cominciare la nuova tournè.

Che si sarebbe cercato un posto tranquillo dove scrivere quella dannata canzone.

Aveva scelto un piccolo hotel in riva al mare, in Giappone, dove con la sua band non era stato mai.

Dove i suoi dischi sarebbero arrivati solo con l’inverno per il nuovo tour promozionale.

Lì poteva girare per le strade senza doversi nascondere per paura delle fans.

Aveva scelto un hotel discreto, dove potersi rilassare.

E lì l’aveva conosciuto.

 

Il rossino casinista.

 

Quel ragazzo solare, irruente, luminoso ed irresistibile.

Non aveva mai creduto al colpo di fulmine Kaede.

Non credeva alle anime gemelle.

Ma quando quello stupido ragazzo era inciampato sulla sua sdraio rovesciandogli addosso la coca cola ghiacciata....

Era balzato in piedi furibondo pronto a distruggere colui che lo aveva destato dal suo sonno in maniera tanto brusca e...

 

E non era riuscito a fare nulla.

 

Era affogato in quegli occhi che avevano la stessa dolcezza del cioccolato, lo stesso profondo calore di un caffè forte.

Era rimasto abbagliato dalla luce che giocava tra i suoi capelli di fiamma.

Affascinato dalla calda, possente, bellezza di quel corpo abbronzato.

 

E poi, lui, aveva sorriso ed era arrossito.

 

Splendido.

Come nient’altro egli avesse visto mai.

 

Lo aveva invitato a cena.

 

“Paghi tu, naturalmente, devi scusarti!” aveva aggiunto serafico.

“Stupidissima volpe se tu non mettevi la sdraio sul passaggio io non sarei inciampato!” si era ripreso la sua visione, rivelando un carattere ribelle e mille sfaccettature dorate in quegli occhi scuri, che scintillavano divertiti.

“Io pagherò la mia parte e tu la tua!” aveva deciso il rossino.

 

<<Riscoprire come si fa a volare

Ricominciare a respirare>>

 

In lui aveva riscoperto la gioia e la lucente meraviglia per la vita.

L’innocenza e la sorpresa con cui scopriva ogni piccola meraviglia.

Come un bambino che non aveva smesso di chiedersi il perchè delle cose nemmeno una volta cresciuto.

Aveva imparato a vedere di nuovo.

A sentire ancora una volta.

Aveva ritrovato la libertà di ridere e sbuffare.

La gioia di litigare e fare la pace.

 

<<Chiamavano a milioni il mio nome

Gridavano dichiarazioni di eterno amore

Ma in me non c’era sentimento

Nessun’anima nella voce che donavo al vento>>

 

Quella notte quando era tornato nella sua stanza, quando nell’addormentarsi si era chiesto se avrebbe usato il numero che l’altro gli aveva lasciato, aveva ripensato alle milioni di fans che lo osannavo.

Alle loro continue dichiarazioni d’amore.

A quella canzone che avrebbe dovuto scrivere.

E gli era tornato in mente il suo volto.

E il suo sorriso.

Forse, forse poteva scriverla quella canzone.

Forse Hanamichi gli avrebbe insegnato le parole.

 

<<Mi chiedevo l’amore che cos’è?

E non sapevo chi avesse la risposta per me>>

 

Kaede staccò il microfono dalla lunga asta argentea reclinando il capo per fissare il cielo stellato mentre la chitarra saliva, nota dopo nota, con i suoi pensieri verso il cielo nero puntellato di luci brillanti.

 

<<Canterò

Canterò fino a perdere la voce

Un’altra canzone

Una nuova sensazione>>

 

All’inizio non aveva capito che cos’era quella ‘cosa’ che cresceva dentro di lui.

All’inizio il calore era stato lieve.

Un tepore dolce che lo scaldava come la carezza del sole sulla pelle.

Stare con lui lo faceva sentire bene, ascoltarlo ridere riempiva la sua anima di luce.

Prenderlo in giro lo divertiva, lo faceva sentire libero di dire quello che pensava senza preoccuparsi che qualche giornalista lo travisasse per fare uno scoop.

E poi nel tramonto, in quel tramonto...

 

<<Inseguire il tuo respiro

Sentirmi per la prima volta davvero vivo>>

 

Quando i loro volti erano stati così vicini e lui, senza pensare aveva rincorso il suo respiro finchè le labbra non si erano sfiorate e le anime fuse.

 

Allora aveva scoperto di non aver mai vissuto davvero.

 

Si era sentito un neonato che apre gli occhi per la prima volta alle meraviglie del mondo.

E la sabbia tiepida era divenuta un manto dorato su cui stenderlo piano.

Un giaciglio accogliente su lasciarsi andare al calore dei baci e delle carezze.

I raggi rosso fuoco del sole, un lenzuolo che aveva coperto i loro corpi nudi nell’incontrarsi, contrarsi, e liberarsi tra le piccole onde sulla battigia.

 

<<Guardarti riposare dopo aver fatto l’amore

La tua pelle dorata e il tuo sapore>>

 

Coccolarlo mentre il respiro rallentava, bearsi del suo arrossire nell’incontrare gli occhi dell’amante e poi ancora il sapore della sua pelle, qualcosa di morbido e vellutato, come quello sguardo lucente solo per lui, quel sorriso sensuale regalatogli nell’abbraccio degli ultimi strascichi di quel giorno che non avrebbe più dimenticato.

 

<<Ma la realtà mi a reclamato a se,

volevo solo un attimo per me>>

 

Voleva solo un po’ di pace, ancora qualche notte da passare con lui, tra le lenzuola dell’hotel, a fare il bagno, a prendere il sole o a passeggiare.

Perchè anche la cosa più stupida se fatta con lui diveniva speciale, divertente, unica.

Voleva solo un attimo ancora per assaporare il dolce calore di quel sentimento cresciuto tra loro.

Ma senza avvertirlo l’agente aveva spostato la data della tourné.

 

Aveva mentito ad Hanamichi.

Non voleva che anche lui mi guardasse e vedesse solo il cantante dei Black Cat, che come tanti s’innamorasse della sua immagine sul palco, idealizzandolo per quello che non era.

E così gli aveva detto quella piccola, innocente bugia.

Un cognome falso, un lavoro fittizio.

A tempo debito gli avrebbe detto la verità.

Dopo aver scritto quella canzone d’amore.

Dopo avergliela regalata e avergli chiesto di andare con lui, in tournè.

 

Ma Hanamichi vide il servizio in tv.

 

E scoprì che l’angelo a cui aveva dato la sua anima aveva ali attaccate con la colla e il fil di ferro.

Il suo Kaede Kawaru gentile e possessivo, il semplice ‘rappresentante’ di cui si era innamorato, non esisteva.

 

Sentì i reporter scandagliare la vita del cantante.

Parlare delle sue fans.

Delle sue amanti.

Delle conquiste durate pochi giorni.

Delle donne dal cuore spezzato.

Della sua prossima tournè in Giappone.

Delle sue momentanee ‘ferie’ per svagarsi e ‘divertirsi’ un po’ prima di tornare alle cose ‘serie’.

 

E Kaede non fece in tempo a cercarlo, non fece in tempo a spiegare.

 

<<E ho dovuto imparare

Che chi ha un cuore lo può spezzare>>

 

E’ così Kaede Rukawa che non conosceva l’amore si ritrovò con un cuore a pezzi, seduto alla piccola  scrivania della sua stanza, a ripetere in continuazione un numero di telefono che suonava a vuoto, all’infinito.

 

<<Mi chiedi l’amore che cos’è

Non lo so, ma l’avevo trovato in te>>

 

Ancora, ancora non aveva la risposta a quella domanda.

Ancora non avrebbe saputo definire l’amore, ma aveva una certezza.

Qualunque cosa esso fosse...

 

Era in Hanamichi.

 

 <<Canterò

Sperando che la mia voce arrivi a te

Che non viaggi invano, lontano

Per portarti il mio: ti amo... >>

 

Le ultime parole della canzone si sciolsero nell’aria e Kaede lasciò cadere il microfono mentre la batteria scandiva il suo tumulto interiore e la chitarra gridava il suo dolore.

 

L’aveva perduto.

 

L’aveva perduto ma non si sarebbe arreso.

Aveva ancora la voce e la musica.

La sua voce l’avrebbe cercato.

Si sarebbe propagata dalle casse delle radio, rimbombando nei muri dei locali e lui, lui avrebbe finito per sentirla.

E allora... poteva solo sperare che capisse.

Che sentisse quello che aveva rinchiuso in quelle parole scritte per lui.

 

Rukawa scese dietro il palco ignorando le grida del pubblico

Che fischiassero o applaudissero per lui non faceva alcuna differenza.

Non era per loro che cantava.

Sospirò passandosi una mano tra i capelli, scacciando i pensieri, aveva poco tempo per rinfrescarsi e tornare sul palco per cantare le altre canzoni.

 

“Baka kitsune...” quella voce calda, morbida, leggermente emozionata.

 

“Hana...” a malapena un sussurro incredulo.

 

“Quando stavi con me non parlavi mai, e adesso ti metti a gridare da un palco?” sussurrò divertito il rossino, emergendo da dietro la pesante tenda che separava le quinte dal retro del palco, dove erano montate le apparecchiature audio.

 

Rukawa non riusciva a muoversi per paura che lui gli si dissolvesse dinanzi come un miraggio portato dalle ombre della sera.

“Ho sentito il tuo ti amo” mormorò il rossino avvicinandoglisi piano.

“Mi dispiace Hana... mi dispiace di averti mentito...” sussurrò Kaede, allungando una mano per sfiorargli delicatamente una guancia.

Il rossino socchiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare “Ho capito Kaede” disse piano.

“Allora il dolore era troppo forte, ma ascoltando... ho capito” ripetè “Sono qui Kaede, per stare con te...”

 

“Hana!” ansimò Rukawa attirandolo contro di se, stringendolo con forza al proprio petto, spingendo le labbra sulle sue in quello che si trasformò presto in un lungo, passionale, bacio.

 

“Hey Kaede ti sei perso dobbiamo...” Mitsui s’interruppe sorpreso prima di sorridere sornione, fissando i due che si erano affrettati a separarsi.

“Tu devi essere Hanamichi, immagino.” disse il moretto con la cicatrice.

Il rossino annuì ricambiando il sorriso “Tu sei uno dei due colleghi hentai invece, vero?” disse divertito “Mitsui?” provò ad indovinare ricordando le descrizioni di Kaede dei due.

Quello non sembrava un istrice quindi doveva essere l’ex teppista.

Hisashi lanciò un’occhiataccia al cantante che scosse le spalle con uno sguardo divertito.

“Hey ragazzi, il pubblico reclam...” anche il nuovo arrivato si fermò a metà frase, osservando Hanamichi.

“Hanamichi...” glielo presentò Mitsui con un sorriso.

“Il do’hao!” esclamò felice il chitarrista.

Il rossino non parve altrettanto entusiasta di essere riconosciuto, dato il termine usato dal chitarrista, voltandosi di scattò verso il leader del gruppo.

“Maledetta volpaccia spelacchiata è così che mi chiami quando parli di me ai tuoi amici!?!” ringhiò allungando le mani per strangolarlo.

Rukawa fu però lesto ad intrappolargliele nelle proprie, attirandolo a se.

“Meglio andare...” disse Hisashi spingendo Akira lontano dei due “Kaede tra dieci minuti si ricomincia!” gli ricordò prima di uscire dalla loro visuale.

“E guarda che la lingua gli serve per cantare!!” arrivò il commento di Akira da dietro le tende che li separavano dall’altra zona delle quinte.

“Sono davvero scemi come me li avevi descritti...” commentò Hanamichi che all’ultimo commento non aveva potuto fare a meno di sorridere.

“Hn...” sbottò il volpino con una scrollata di spalle.

“Argh! Ma è mai possibile! Che c’è appena fuori dal palco devi far riposare le corde vocali?!” protestò il rossino di nuovo alle prese con i monosillabi dell’amante.

“Do’hao tu invece parli sempre troppo...” mormorò divertito Rukawa attirandolo a se per un’altro lungo bacio.

Si separarono solo quando i loro polmoni reclamarono a gran voce aria.

“Ti stanno chiamando...” gli sussurrò Hanamichi sulle labbra e il moretto si riscosse accorgendosi in effetti che il tempo a sua disposizioni era già finito.

“Mi aspetterai qui?” gli chiese incerto.

“Ti aspetterò...” gli rispose il ragazzo con voce seria e occhi lucenti.

Il cuore di Rukawa perse un battito nell’udire quelle parole e sorrise, sorrise dolcemente al suo compagno, prima di correre su per i pochi gradini che portavano al palco e raggiungere gli altri due membri del gruppo.

E mentre impugnava il microfono pronto ad esibirsi ancora una volta pensò che l’aveva trovata, alla fine, la sua canzone d’amore.

Aveva capelli rossi come il fuoco della loro passione, un sorriso lucente come la loro gioia, e una sola parola da ripetere all’infinito: Hanamichi.

 

 

 

Fine.

 

 

Disclaimer finale: la canzone appartiene ai Black Cat e agli aventi diritto.

Attualmente si trovano poche copie del cd sul mercato perchè pare che il cantate, dopo la sua tournè in Giappone, si sia ritirato a vita privata per godersi i miliardi con la sua nuova ‘fiamma’ ^_-

 

 


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