La lettera
di Mau-chan
<<Non so se leggerai
mai questa lettera…è stata dettata dalla disperazione, dal desiderio di
sfogarsi, anche se solo con un pezzo di carta.
Molto
probabilmente non riuscirò a infilarla dentro il tuo armadietto…le mani mi
tremeranno, quasi implorandomi di rinfilarla nella tasca della divisa. E so
che la farò.
E
forse è per questo che ti scrivo, sapendo che queste righe rimarranno
inascoltate, il cuore è più leggero…e meno preoccupato delle inevitabili
conseguenze.
…………..
Fuori
sta piovendo…le gocce scendono fredde e pigre sul vetro della mia finestra.
Il mio sguardo è vacuo…cerco le parole adatte per scrivere. Stupido…vero?
In
questo periodo sono diverso…te ne sei accorto? La mia risata è falsa, come
tutto il mio essere.
Ognuno porta una maschera…e tu lo sai. Maschere…sono così radicate sulla
nostra pelle, che ormai ci scordiamo di indossarle. Ci sono e basta. Ci
distruggono, annientando i nostri veri desideri e le nostre piccole
felicità. E così quella maschera che ti eri costruito per non farti
soffrire, diventa la prima a farlo.
Ma la
mia maschera da un po’ di tempo non esiste più…e sinceramente non so se
disperarmi o esserne contento.
Non
riesco più a fare il buffone, lo stupido, il do’hao…
Sì…sono io. Te l’aspettavi una lettera da me?
Forse
incominci a chiederti perché ti scrivo queste cose.
La
maschera non esiste più ed è per colpa tua. Solo tua.
……………
Quello che sto per scrivere non è stato facile da ammettere, da accettare,
da dire…
Mi
odierai e ti farò schifo.
Ma
ormai la maschera si è rotta ed è inutile fingere quello che non sono.
Ti
amo.
Chissà se hai cambiato espressione.
Io
quando l’ho capito non solo l’ho fatto, ma ho incominciato anche a piangere.
Ed è lì che la maschera è scomparsa. Quelle lacrime prepotenti l’hanno
bagnata, fata scivolare via e accartocciata per terra. Non potevo amare un
ragazzo. Un mio compagno di squadra. Un ragazzo.
E
adesso quando cammino non sorrido più. Quando scherzo la mia risata è falsa
e metallica. Quando gioco in campo non faccio più il buffone. Muto ascolto
svogliato quello che mi si dice. Non rispondo. E soprattutto non litigo più
con te.
Tutto
questo non perché sono gay. Lo accetto come parte di me, con tutte le
conseguenze che ne sono derivate.
Ma
perché è un amore impossibile. Impossibile per me…per te…per il mondo e
quello che ci circonda.
Quante notti ho passato senza dormire…sperando di dimenticare…invano.
Vorrei comandare al mio cuore…pregarlo di cancellare la tua immagine dalla
mia mente, di rallentarlo quando i miei occhi incontrano i tuoi, di non far
arrossire le mie stupide guance quando ti penso. Dio come vorrei poter
comandare questo. Ma è impossibile…così ti penso…e arrossisco.
Sono
patetico…
E
allora perché ti scrivo?…
Umiliarsi davanti a te un’altra volta…nel modo più mostruoso…
Lascio Kanagawa Kaede (posso chiamarti per una volta almeno con il tuo
nome?)…
Sì la
lascio.
Ti
libererai di quello sciocco…stupido…falso…do’hao.
Pensi
che sono un codardo? Forse.
Pensi
che non voglia affrontare la realtà? Vero.
Pensi
che questo sia uno scherzo? Falso.
Nulla
di quello che ho scritto è finzione…perché quando la maschera non esiste
più…non puoi più fingere. E per questo ti odio.
E ti
amo…
Addio.
Hanamichi Sakuragi>>
Il
ragazzo rilesse le due pagine sgualcite. Il desiderio di strapparle e
andarsene senza un saluto in quel momento lo attirava…molto.
A cosa serviva in fondo
quella lettera? Perché quell’ulteriore umiliazione davanti ai suoi occhi?
Non bastavano quelle di ogni giorno? E poi l’aveva scritto anche nella
lettera che lui non gliela avrebbe mai data…
Si
guardò intorno…era prestissimo e i corridoi della scuola erano ancora
deserti.
Guardò l’armadietto che aveva davanti…era normale, metallico, grigio,
uniforme a tutti gli altri centinaia di armadietti. Con solo una targhetta
che lo rendeva unico.
“Rukawa Kaede”
Ed ecco il suo stupido cuore incominciare
a battere più forte. Si diede dello stupido, per poi prendere la lettera e
riporla nella tasca della divisa. Non l’avrebbe mai infilata in quell’armadietto…sospirò.
Perché si era illuso…?
Sapeva di essere un codardo.
Si
sistemò meglio la borsa a tracolla…aveva svuotato tutto il suo armadietto, e
staccato il cartellino con il suo nome. Adesso era diventato un armadietto
vuoto…contenente solo dei ricordi…e basta. Niente più libri e quaderni mesi
alla rinfusa…niente foto ricommemorative…niente oggetti…vuoto. Come lui in
quel momento.
Prese
le chiavi dalla tasca per pei riporle dentro l’armadietto…era accanto al
“suo”…a volte, pensò, il destino poteva essere sadico…
Uscì
fuori dalla scuola. Non si girò, non diede un ultimo sguardo all’edificio.
Sapeva che se l’avesse fatto avrebbe pianto.
E lui
odiava piangere.
>>>>>>>><><><><<<<<<<<
Il ragazzo arrivò in
anticipo, forse per la prima volta nella sua vita. Lo sguardo era più
assonnato del solito, e i capelli neri coprivano quegli occhi desiderosi di
dormire. I corridoi erano quasi vuoti. Solo alcune ragazzine che al suo
passaggio svenivano e alcuni ragazzi che ripassavano, con dei libri in mano.
Sbuffò…era tutto così monotono in quella scuola.
Arrivò vicino al suo armadietto. Notò una busta da lettera per terra. La
prese con sufficienza. La girò…
“Per Rukawa Kaede”
Naturalmente. Un’altra
lettera da parte di qualche ragazza. La osservò. Poi se la mise in tasca.
In
seguito si sarebbe chiesto perché proprio quella lettera, così identica a
tante altre buste, avesse destato in lui una curiosità inconscia. Non
avrebbe trovato risposta.
Ma in
quel momento non pensò a quello che faceva. Fu un gesto spontaneo. E forse
per questo ancora più carico di significato.
Aprì
l’armadietto…e come ogni giorno valanghe di lettere uscirono, depositandosi
ai suoi piedi. Con un moto di stizza le prese, per poi buttarle in un
cestino vicino.
Poi
andò in classe. E si addormentò.
>>>>>>>><><><><<<<<<<<
*Avviso per i
passeggeri del volo AC69810, direzione Yokohama, stiamo procedendo
all’imbarco. Ripeto: avviso per i passeggeri del vol…*
Era
lì, eppure avrebbe voluto essere da tutt’altra parte.
Magari in una casa con una famiglia. Ma lui la sua casa l’aveva venduta…e
una famiglia non ce l’aveva più.
Perché rimanere?
Per vederLO ogni giorno e bearmi di Lui…
Perché avere rimpianti?
Per non avergli detto quanto fosse
importante per me…
Perché esitare?
Perché non voglio
partire.
-
Signore…
-
…mh?
-
Signore mi scusi, stiamo procedendo all’imbarco. Fa parte di questo volo?
In quel
momento non si rese conto che la sua vita sarebbe potuta cambiare per una
sola risposta.
Sapeva soltanto di avere di
fronte un hostess carina e che lo stava incitando a sbrigarsi…per
non perdere l’aereo.
Per non
perdere l’aereo…
-
Signore? Signore fa parte di questo volo?
-
…
-
….
-
No- un sussurro.
-
Scusi?
-
No…no non faccio parte di questo volo…
-
Ah…mi perdoni per il disturbo arrecatole. Buon giorno.
La vide
allontanarsi…e con lei tutti i passeggeri del suo volo.
Lui rimase
immobile, non ancora conscio di quello che aveva fatto.
Immobile…con
un solo sorriso sulle labbra.
E fu così che
lo trovò Kaede.
Dopo minuti
disperati alla sua ricerca, in un aeroporto diventato grande come il mondo
ai suoi occhi azzurri.
Lo trovò lì
immobile. Davanti a una sala d’aspetto ormai vuota…
Con un solo
sorriso ad incorniciare il viso.
Lo abbracciò.
E non ci
furono parole per spiegare il perché della lettera per terra.
Non ci furono
parole per spiegare il perché della presenza di Kaede all’aeroporto.
Non ci furono
parole per spiegare il perché Hanamichi non fosse partito.
Non ci furono
parole sul perché si stavano baciando, lì davanti a migliaia di persone.
Non ci furono
parole…
Soltanto una
lettera strappata per terra, ormai inutile.
Accanto a due
maschere sgualcite…
OWARI
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions
|
|