DISCLAMERS: i personaggi non sono miei, ma dei
mitici Inoue e Takeuchi. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto
personale! ^__^
NOTE: nel primo capitolo vi
erano parecchi salti temporali. In questa seconda parte la storia dovrebbe
seguire un andamento più lineare.
I personaggi di Sailor Moon
sono presi direttamente dal manga, quindi i nomi e i caratteri discordano
sensibilmente dall’anime. Per rendere più chiara la lettura, vi prego di
leggere prima questo schema che ricapitola i nomi delle guerriere, nel
seguente ordine: gruppo - nome originale- nome guerriera- nome italiano.
Inner Senshi (guerriere del
sistema solare interno in Italia): Usagi/Sailor Moon (Bunny); Ami/Sailor
Mercury (Emi); Rei/Sailor Mars (Rea); Makoto/Sailor Jupiter (Morea); Minako/Sailor
Venus (Marta).
Other Senshi (guerriere del
sistema solare esterno in Italia): Haruka/Sailor Uranus (Heles); Michiru/Sailor
Neptune (Milena); Setsuna/Sailor Pluto (Sylia); Hotaru/Sailor Saturn
(Ottavia).
La leggenda
parte V
di
Soffio d'argento
Aveva trascorso tutta la notte a pensare.
Quando si era fermato a quel semaforo, qualcosa aveva colpito la sua
attenzione e una sensazione strana di dejavu lo aveva colto del tutto
impreparato. Era sicuro di aver visto già da qualche altra parte quel
ragazzo dai capelli rossi e così aveva fatto subito una ricerca su
internet. Hanamichi Sakuragi, ala della squadra di basket del liceo
Shohoku di Kanagawa, ammesso per il secondo anno consecutivo alle
nazionali. Aveva trovato un vecchio articolo su di lui. Pare che giocasse
solo da un anno, eppure in breve era diventato così forte da rivaleggiare
a pari merito con i più grandi giocatori del Giappone. Sua madre era
Irlandese e suo padre… di lui si sapeva che era morto in circostanze
misteriose. Pare che l’auto su cui viaggiava fosse finita in uno
strapiombo sul mare, in Irlanda. Il suo corpo non era mai stato ritrovato,
probabilmente trascinato dalle acque. Erano trascorsi solo quattro anni.
La sua famiglia si trovava in Giappone durante la tragedia ed in Giappone
era rimasta. Dopo mesi di ricerche ed indagini il caso era stato chiuso e
archiviato come tragedia e l’uomo dato per morto. D'altronde tutto lo
lasciava supporre, a cominciare dalle pessime condizioni in cui era stata
ritrovata la macchina. Come il Titanic, la macchina si era spezzata in
due. La carrozzeria non aveva resistito all’impatto ed si era sfaldata
velocemente, a causa, anche, dei movimenti frenetici della marea.
Mamoru aveva analizzato le immagini scaricate
da internet e qualcosa non riusciva a convincerlo del tutto. C’era una nota
stonata in tutto quello, ma non riusciva a capire che cosa.
Aveva ricercato delle notizie sulla famiglia
materna del ragazzo, ma aveva trovato ben poco. Un vecchio giornale
irlandese, riportava la notizia di un incendio scoppiato in un paesino a
nord dell’Irlanda e che aveva travolto l’intera cittadina, distruggendola.
In pochi si erano salvati e fra questi la madre di Hanamichi ed alcuni
parenti. Le cause dell’incendio erano ancora ignote. Si congetturava su un
cortocircuito in una vecchia fabbrica abbandonata. Pare che la madre di
Hanamichi fosse stata ritrovata completamente incolume sotto le macerie
della propria casa. A quell’epoca aveva 12 anni. L’articolo non riportava
null’altro di interessante. C’era solo una foto sbiadita che immortalava il
momento del recupero della ragazzina.
Mamoru aveva guardato quella foto decine di
volte con attenzione. Ogni volta gli sembrava di scorgere qualcosa, ma era
solo un barlume che sfuggiva subito. Alla fine si era gettato sul divano
stanco. Aveva ripensato a quello sguardo veloce che si erano rivolti lui e
il ragazzo dalla capigliatura rosso sangue. C’era qualcosa che sentiva di
dover ricordare. Sospirò e pensando che ultimamente la vita si era
complicata parecchio. Prima la fuga di Usagi, ora l’arrivo di quel ragazzo…
che fossero collegati? Che il comportamento strano di Usa avesse a che fare
con l’arrivo in città di quel ragazzo? Però lui era arrivato da poco in
città, mentre Usa aveva iniziato a comportarsi in maniera strana da
parecchio tempo. Usagi… cosa stava nascondendo quella testolina buffa? Da
cosa voleva proteggerli?
Si addormentò di lì a poco, ancora sul divano.
La porta del balcone era ancora aperta. Una fresca brezza penetrò leggera
nella stanza. Giocò allegra con i fogli sul tavolino di vetro, sollevandoli
in aria e coinvolgendoli in mille danze. Mamoru si agitò sul divano. Una
nebbiolina consistente penetrò nella stanza silenziosa, coperta solo dai
respiri regolari del ragazzo. Avanzando con lentezza, scivolò sotto il
tavolo e il divano, circondandolo. Mamoru mugugnò qualcosa nel sonno. Una
mano bianca squarciò il velo della nebbia. Le dita erano lunghe e pallide,
come quelle di un morto. Le sue unghie erano lunghe e nere, come la notte.
Accarezzò la guancia del ragazzo ed egli si agitò nel sonno. La figura
ammantata dalla nebbia si chinò sul ragazzo. Il suo alito freddo gli sfiorò
le labbra leggermente dischiuse, le guance fredde e si posò sul suo
orecchio, sussurrandogli qualcosa, poi scomparve nell’oscurità. La nebbia
scivolò lentamente sul pavimento, percorrendo a ritroso il percorso già
fatto. La leggera brezza fece scivolare sul tavolino le foto ed uscì come
era entrata, socchiudendo la porta.
Mamoru si svegliò alle prime luci dell’alba.
Guardò l’orologio. Aveva dormito tre ore. Fece una doccia veloce e si
risedette accanto al piccolo tavolino. In cucina il bollitore era già sulla
piastra. Osservò nuovamente le fotografie. Non era cambiato nulla. Il
bollitore strillò stridulo. Mamoru fece per alzarsi, quando qualcosa di
scuro catturò la sua attenzione. Era solo una macchia in una delle foto. Con
ogni probabilità si trattava di una porta corrosa dal fuoco o solamente di
una macchia della fotografia, dovuta al tempo. Eppure aveva qualcosa di
strano, d’inquietante. Era la foto che immortalava il ritrovamento della
futura madre di Hanamichi Sakuragi. C’era un vigile del fuoco con in braccio
una bambina che sembrava addormentata e sullo sfondo… sullo sfondo c’era
quella macchia così simile ad una persona. Mamoru si versò l’acqua calda
nella tazza con la bustina di the e si sedette sul divano. Si passò una mano
sulle tempie. La testa gli doleva notevolmente. Quella giornata l’avrebbe
trascorsa piacevolmente a letto, ma doveva trovare una copia del giornale
con la foto e forse sapeva pure dove trovarlo. Sorseggiò il the, mise le
foto nella tasca interna della giacca, prese la macchina e tornò
all’università.
Ryokan.
Quella sera i ragazzi tornarono in perfetto
orario. Hanamichi rimase in silenzio per tutto il tragitto. Appena entrato
in camera, si era chiuso in bagno e Kaede aveva sentito l’acqua scrosciare.
Era uscito poco dopo e si era sdraiato sul futon. Kaede aveva fatto finta di
dormire. Hanamichi si era agitato per un po’, poi si era addormentato. A
quel punto Kaede si era alzato e aveva preso il libro nell’armadio. Aveva
accarezzato la copertina ruvida al tatto e si era addormentato con il libro
ancora fra le braccia. Si sentiva stranamente inquieto.
Il mattino dopo Hanamichi fu il primo a
svegliarsi. Si stiracchiò ancora immerso nel tepore del futon e rimase
ancora un po’ a crogiolarsi nelle quiete del mattino. Si voltò verso la
volpe. Dormiva placido e tranquillo, come sempre insomma. Hanamichi rimase
ad accarezzarlo con lo sguardo. La pelle era così stranamente chiara per un
giapponese, sembrava una perla. I capelli erano scuri, come quelli delle
bambole tradizionali. A vederlo bene, poteva sembrare una bambola di
porcellana. Vide il libro che Kaede stringeva fra le braccia, come un
bambino con il suo orsacchiotto. Si levò a sedere e prese in mano il libro
cercando di fare attenzione a non svegliarlo. Che ci faceva la volpe con un
libro sulle leggende irlandesi?
<< Dammelo! >> il tono della volpe era
perentorio.
Hanamichi gli porse il libro senza dire nulla.
Certo che le volpi giapponesi erano proprio intrattabili di mattina! Tsè! E
lui che voleva essere gentile quel giorno!
<< Ehi volpe! >> lo richiamò Sakuragi
vedendolo alzarsi: << Da quando in qua t’interessi delle leggende irlandesi?
Pensavo che volessi andare in America, non in Irlanda. Comunque se vuoi io
sono molto ferrato in materia. >> disse battendosi un pugno sul petto, in
segno di orgoglio.
<< Cosa sai della Banshee? >> chiese Kaede
risedendosi sul futon.
Hanamichi spalancò gli occhi e scoppiò a
ridere.
<< Non mi dirai che credi alle Banshee!? >>
<< Cosa sai delle Banshee? >> replicò Kaede.
<< Ok. Ok. sembri molto interessato. Allora
vediamo…. Si dicono tante cose sulle Banshee, lo sai? >> Kaede annuì con il
capo: << Alcuni dicono che sia una bellissima ragazza dalle vesti bianche e
con le ali, altri invece che sia una creatura orrenda. Tutti però sono
concordi nel dire che: quando la Banshee piange, l’uomo muore. Pare che in
molti l’abbiano sentita piangere in concomitanza di una morte in famiglia.
Si dice che pianga per una notte e le tre successive. Si dice che annunci la
morte e la si ritrova nei campi di battaglia…. >> e Hanamichi si fermò come
a pensare.
<< Tu credi nelle leggende irlandesi? >>
chiese Kaede.
<< Intendi robe del tipo Shefroo, Leprechaun o
roba del genere? Non credo alle leggende, anche se... penso che dietro i
detti popolari vi sia sempre qualcosa di vero. E tu da quando t’interessi
delle leggende? >>
Kaede sembrò non sentirlo. Continuava a
pensare alle parole di Hanamichi e a ciò che vi era scritto nel libro.
Qualcosa di vero…
<< Mia madre… >> continuò il rossino: << Mi
raccontava spesso delle leggende della terra d’Irlanda, cose buffe e
divertenti, ma anche cose spaventose, come quelle della Banshee. >>
<< E cosa ti diceva? >>
<< Nulla. Mi raccontava quelle che per me
erano favole. Comunque volpe stai tranquillo. Anche se le Banshee
esistessero, non verrebbero mai in Giappone. Le Banshee sono legate
all’Irlanda. >> detto questo si era alzato ed era entrato per primo in
bagno.
Quando Hanamichi uscì, Kaede era ancora
riverso sul futon, ma stavolta addormentato.
“Ma guarda questa stupida volpe! Come fa a
dormire sempre?”
Hanamichi si cambiò in fretta, indossando la
tuta della squadra e, prima di scendere a fare colazione, chiamò la volpe.
Questo era un problema non irrilevante. Tutti conoscevano il pessimo
carattere del ghiacciolo. Una volta aveva persino picchiato un professore
ancora mezzo addormentato, reo di averlo svegliato perché russava durante la
sua lezione. Hotta e i suoi amici erano stati ridotti allo strenuo, perché
lo avevano svegliato mentre dormiva sul terrazzo. Doveva andarci piano, se
non voleva che Rukawa lo prendesse a pugni. Lui poi avrebbe risposto e se le
sarebbero date di santa ragione già dal primo mattino. Poi, quando sarebbero
scesi, Ayako si sarebbe infuriata e avrebbe usato il suo terribile
ventaglio. Quella ragazza era la versione al femminile della furia del Gori.
Doveva trovare un modo per svegliarlo e rimanere incolume. Ma come fare?
Provò a chiamarlo più volte, ma Rukawa sembrava in coma profondo. Provò a
privarlo del cuscino, ma Kaede, per tutta risposta, aveva continuato a
dormire profondamente. Fosse stato una bella ragazza, avrebbe potuto
svegliarla con un bacio, ma c’era solo il baka kitsune e non poteva di certo
baciarlo! Provò a chiamarlo ancora, ma possibile che non si svegliasse?
Allora ebbe un’idea. Andò a frugare nella sua borsa. La madre di Hanamichi,
che conosceva la pigrizia del figlio, gli aveva messo nella valigia una
sveglia. Hanamichi la prese con il sorriso sulle labbra. Mentre si
avvicinava al volpino addormentato, la caricò e la piazzò vicino, ma non
troppo, alle orecchie di Rukawa e attese. Pochi minuti dopo la sveglia
cominciò a strillare, ma… possibile che neppure la sveglia riuscisse a
destarlo? Era un caso da Guinness! Ma come faceva la madre a svegliarlo la
mattina?
Il tempo passava. Aveva due scelte: o
lasciarlo lì o rischiare il tutto e per tutto e svegliarlo. Nel primo caso
Ryota sarebbe salito a chiamarlo e, piuttosto che vedersela con un Rukawa
mezzo addormentato, l’avrebbe lasciato dormire. Possibilmente avrebbe pure
saltato gli allenamenti, così lui avrebbe potuto allenarsi in pace e
tranquillità, solo che… non c’era gusto ad allenarsi in silenzio, sena
litigare con il freezer. Ricordava di quella settimana in cui Rukawa era
rimasto a letto con l’influenza. Gli allenamenti erano stati lunghi e
noiosi. Però aveva ancora una seconda possibilità: svegliarlo. Decise di
tentare il tutto per tutto! Si avvicinò a Rukawa e… gli diede un pugno in
faccia! Rukawa, come prevedibile, saltò su furioso e fu rissa sin dal primo
mattino.
Dieci minuti dopo scese Hanamichi, con un
cerotto sullo zigomo, mentre Kaede lo seguì qualche minuto dopo, con un
cerotto sul naso.
<< Possibile che dobbiate litigare sin da
primo mattino? >>
Ayako era esasperata! Quei due ragazzi col
tempo, invece di diventare amici e andare d’accordo, litigavano sempre di
più.
<< Non guardare me, Ayako! È tutta colpa di
quello stupido volpino! >>
<< Se tu non mi avessi preso a pugni mentre
dormivo… >>
<< Non ti ho preso a pugni! Ti ho solo
svegliato, visto che non hai neppure sentito la sveglia a due centimetri dal
tuo orecchio! >>
I compagni di squadra sospirarono e tornarono
alla loro colazione. Anche Hanamichi si sedette in fretta, il più possibile
lontano da Rukawa, per ordine di Ayako stanca delle continue risse.
La palestra degli allenamenti era un po’ più
piccola di quella della loro scuola. Aveva alte finestre rettangolari che
illuminavano perfettamente ogni angolo del locale. La palestra era stata
divisa in due per permettere anche al Ryonan di allenarsi senza dover
spostarsi troppo. Era una scelta fatta dai due mister. Era stata costruita
per l’occasione una cinta muraria interna che divideva in parte le la
palestra in due, ma che permetteva il passaggio da un’ala all’altra. Gli
allenamenti si sarebbero tenuti in silenzio, Rukawa e Sakuragi permettendo.
Anzai sensei diede il via e i ragazzi
cominciarono gli allenamenti.
Università S. di Tokyo.
Mamoru attendeva l’arrivo del professor
Murasashi nella saletta della biblioteca. Il professor Murasashi era un
esperto di storia irlandese e conservava in un archivio i maggiori
quotidiani irlandesi e molti quotidiani locali, dai quali estraeva le storie
più ricche ed interessanti, a suo avviso. Aveva partecipato ad un convegno
tenutosi l’inverno precedente all’interno dell’università su “La storia
d’Irlanda e le sue leggende: fra mito e verità”. Usagi gli aveva tenuto il
muso per una settimana, perché aveva rinunciato ad uscire con lei qualche
pomeriggio per vedere quelle “noiose lezioni stile Luna”.
Il signor Murasashi entrò portandosi dietro
una fila infinita di libri. Mamoru si alzò per aiutarlo, evitando così che
cadesse, sommerso com’era da tutto quel peso.
<< Come va professori Murasashi? Io mi chiamo
Chiba Mamoru. È un piacere. >> e s’inchinò con rispetto.
L’anziano signore fece segno a Mamoru di
sedersi.
<< Mi dispiace di averla disturbata. È che ho
un dubbio che solo lei può togliermi. So che non può ricordarsi di me, ma io
ho preso parte alla sua conferenza sull’Irlanda dello scorso inverno. >>
<< Mamoru Chiba. Certo che mi ricordo di te!
Fosti tu a pormi la domanda sulla fattibilità reale delle leggende. Mi
ricordo di te… e poi sei il miglior studente di questa facoltà! Il fiore
all’occhiello della nostra università. >>
<< La ringrazio professore. >> disse Mamoru
imbarazzato.
<< Torniamo al motivo del nostro incontro. Mi
hai parlato di un incendio in un paesino dell’Irlanda. Mi hai subito
insospettito sai? Io ricordo bene quell’incendio. Ma dimmi: perché vuoi
averne notizie? >> chiese l’anziano signore aggiustandosi gli occhiali.
Mamoru estrasse le foto dalla giacca e porse
quella dell’incendio al professore, senza dire nulla. L’anziano signore
frugò nelle tasche alla ricerca degli occhiali da lettura.
<< Conosco questa foto. È quella della bambina
sotto le macerie. Cosa vuoi sapere? >>
<< Voglio sapere chi è o cosa è quell’ombra. E
poi voglio sapere tutto quello che conoscete sull’incendio. >> rispose
deciso.
Il professore tornò a guardare la foto.
Effettivamente c’era un’ombra che non ricordava. Prese uno dei raccoglitori
e iniziò a sfogliare. Le pagine dei quotidiani erano gialle e consunte dal
tempo, eppure erano tenute in un ottimo stato. Il professore aveva
racchiuso, con cura certosina, i quotidiani, che aveva ricevuto e raccolto,
in quei contenitori con diligenza e delicatezza. Li sfogliò lentamente,
pagina dopo pagina, fino a che si fermò. Valutò il contenuto dell’articolo e
porse il giornale a Mamoru.
<< Quello è l’articolo scritto da un
giornalista sulle cause dell’incendio. >>
Mamoru iniziò a leggere. Il professor
Murasashi si accese la pipa e si sistemò meglio sulla piccola poltroncina.
Osservò attentamente il ragazzo davanti a sé: gli assomiglia in maniera
impressionante!
Mamoru lesse tutto l’articolo, poi osservò la
foto, la stessa che lui aveva scaricato da internet.
<< Non c’è la figura nera! Che stupido che
sono! Forse era davvero solamente una macchia… >> disse più a se stesso che
ad altri.
<< Forse, ma chi può saperlo? >> Mamoru non
capì e il professore continuò: << Cosa mi sai dire dell’articolo? >>
<< Si parla dell’incendio. Dice che ha avvolto
il paesino e lo ha divorato in breve tempo, alimentato da un vento
proveniente da nord. Le fiamme erano alte e divoravano con estrema facilità
e velocità tutto ciò che incontravano. Ben poco è rimasto del vecchio paese.
Fu ricostruito subito dopo, ma non sulle vecchie macerie. Ciò che ne rimase
fu raso al suolo e il nuovo paese fu costruito ad un chilometro di distanza.
>>
<< E poi? >> lo incalzò il professore.
<< Parla dei pochi superstiti e ne intervista
alcuni. Parla di una bambina scampata miracolosamente al fuoco, ritrovata
sotto i detriti della sua casa completamente arsa. Fa risalire la causa
dell’incendio ad una fabbrica abbandonata, ma non spiega altro. >>
<< Tu cosa avresti fatto, se fossi stato nei
panni del giornalista? >>
<< Avrei indagato. Il compito di un
giornalista è un po’ quello del detective: deve andare affondo alla notizia.
Avrei cercato di capire le cause dell’incendio e come abbia fatto, una
bambina, a restare incolume, mentre la casa ardeva. Ma probabilmente vi
saranno altri articoli… >>
Il professore Murasashi scosse il capo. Spiegò
a Mamoru che il giornalista che si occupava della notizia, era morto in
circostanze misteriose. Pare che la sua auto fosse stata ritrovata fra gli
scogli, ai piedi di un’alta scogliera, spezzata in due parti. Il corpo del
giornalista era stato ritrovato qualche giorno dopo. Il mare lo aveva
riportato nello stesso posto in cui era rimasta incastrata la macchina.
Aveva gli occhi spalancati, ma non riportava alcuna ferita. Semplicemente il
suo cuore non aveva retto. Le indagini giornalistiche sull’incendio furono
archiviate con la sua morte. Il piccolo paese fu ricostruito ad un
chilometro di distanza e, sul luogo dell’incendio, fu costruita una grande
cappella.
Mamoru chiese di rileggere l’articolo.
<< Non ve ne sono altri? >>
<< Nessuno ne ha mai parlato. Come non fosse
mai accaduto. >>
Prese la foto che aveva scaricato da internet
e la confrontò con quella originale del giornale. La figura scura sullo
sfondo non c’era, ma non solo quella.
<< Professor Murasashi! Queste foto sono
differenti! >>
<< Cosa? >> il professore si alzò, agitato,
dalla poltrona. Prese in mano l’articolo del giornale e la foto di Mamoru e
li valutò.
Erano due foto differenti, senza alcun dubbio.
Nella foto del giornale la bambina aveva il volto rivolto verso il corpo del
vigile e lui la guardava in viso. Le braccia erano appoggiate sul suo
ventre. Nella foto di Mamoru la bambina aveva il viso rivolto verso l’alto,
gli occhi chiusi, un braccio sul ventre e uno lungo i fianchi. Il vigile,
inoltre, guardava in avanti, impegnato ad uscire dalle macerie. Come avevano
fatto a non notarlo prima? Eppure i cambiamenti erano significativi!
<< Professore è proprio sicuro che non vi
siano altre foto o articoli sull’incendio? >>
<< Non vi è nulla di più! Per anni sono andato
alla ricerca di notizie ed immagini su quel famoso giorno, ma non ho trovato
nulla. >> il professore si risedette sulla poltrona ed iniziò a sfogliare il
quotidiano: << Ho fatto anche numerose ricerche in rete, ma senza
risultati…. Questa storia ha dell’assurdo! >> commentò passandosi una mano
fra i capelli. << Ma certo! Internet! Signor Chiba, lei ha detto d’averle
trovate ieri notte in rete, le sue immagini. Sarebbe capace di ritrovare il
sito? Potremmo andare nell’aula computer. A quest’ora dovrebbe essere vuota!
>>
Mamoru prese le foto e seguì il professore. Lo
aiutò a sistemare tutto il materiale nel suo ufficio, chiusero a chiave la
porta ed andarono nella sala computer. Come immaginato, a quell’ora del
mattino era deserta. Si sedettero di fronte al pc principale e Mamoru iniziò
la ricerca. Ripercorse tutti i passi fatti la sera precedente, tralasciando
la storia riguardante Hanamichi Sakuragi. Ricordava perfettamente ogni
passaggio.
<< Ma come diavolo è possibile? Il sito non
può non esistere! >>
Nonostante ripetesse con attenzione ogni
passaggio, le ricerche non portavano a nessun esito. Decise di provare in
altri modi, ma i risultati erano gli stessi. Dopo un’ora di ricerche, le
uniche informazioni che trovarono le ricavarono dagli archivi del
quotidiano, con quella unica fotografia.
<< Le assicuro che c’è! Quel sito esiste! >>
gridò Mamoru al culmine dell’esasperazione.
<< Ti credo Mamoru e poi la foto parla per sé!
Questa storia diventa sempre più misteriosa! >>
<< Mi dispiace di averle fatto perdere del
tempo, professore. >>
<< E’ stato tempo ben speso, signor Chiba. Mi
prometta però che, quando avrà scoperto qualcos’altro o avrà ritrovato il
sito, me lo farà sapere subito. Io, nel mio piccolo, continuerò le ricerche,
tenendolo aggiornato selle novità. >>
Detto questo si separarono. Mamoru ringraziò
ancora una volta il professore Murasashi e si congedò. Scese in fretta le
scale della facoltà, pensieroso. Che fine aveva fatto quel sito? Possibile
che avesse sbagliato il percorso? Doveva tornare a casa e controllare nel
suo computer. Aveva sistemato fra i preferiti quella pagina. Non gli restava
che controllare.
Mise in moto la macchina e uscì dalla facoltà.
Il professor Murasashi seguì con lo sguardo
Mamoru lasciare l’ateneo. Prese la sua pipa e la riaccese. Il tabacco bruciò
su se stesso e il fumo si alzò in piccoli svolazzi.
<< Lo stesso sguardo fiero e combattivo. Che
si siano infine destati tutti quanti? >>
Una nebbiolina scura si diffuse nella stanza
in penombra. Un corpo immerso nelle tenebre uscì dall’oscurità. La pelle
bianca come il riflesso della luna, gli occhi neri come la sua parte oscura.
<< Perché hai coinvolto quel ragazzo? >>
<< Non hai notato i suoi occhi? Sono gli
stessi… >>
<< Lascia perdere… >>
<< Non riuscirai a fermarmi. Nessuno riuscirà
a fermarmi. Lui è già mio. >> una risata si diffuse nella stanza chiusa.
Sapeva di morte e distruzione.
La nebbia si colorò di rosso e scomparve
improvvisamente. Solo allora il professore si voltò. Si tolse gli occhiali
da lettura e li sistemò nella tasca della giacca. Sorrise
impercettibilmente, poi uscì dalla piccola biblioteca.
<< Perché diavolo non c’è più! >>
Mamoru aveva ricercato quel sito fra i
preferiti ma non vi aveva ritrovato nulla. Aveva cercato nuovamente nei
meandri di internet, ma senza esito positivo.
<< Eppure c’era! L’ho visto! Ho letto il suo
articolo, scaricato le immagini. Che fine ha fatto? >>
Dopo un’altra ora di ricerca si era gettato
esausto sul divano. Provò ad addormentarsi, per placare un po’ quel senso di
impotenza che lo affliggeva e per cercare di far riposare la mente, ma il
telefono prese a squillare.
<< Moshi moshi? >>
<< Mamoru? Sono Ami! Dove sei stato fino ad
ora? Ho provato a chiamarti pure al cellulare. >>
<< Scusa ma ero all’università. Avevo il cell
spento. >>
<< Dobbiamo parlare di qualcosa di importante.
>>
<< Possiamo incontrarci di pomeriggio?
Stanotte non ho dormito…. >>
<< Va bene. Allora ci vediamo di pomeriggio al
Crown. >> rispose Ami un po’ preoccupata.
<< Ami? Di cosa dovremo parlare? >> chiesa
Mamoru soffocando uno sbadiglio.
<< Hanamichi Sakuragi. >>
Ancora lui! Tutte le loro ricerche
convergevano in un solo punto: Hanamichi Sakuragi. Possibile che lui avesse
davvero a che fare con il cambiamento di Usagi? Possibile che avesse a che
fare con il motivo che costringeva Usa a tenere tutti lontani?
<< Anche io ho qualcosa da dirvi sul ragazzo.
Ci vediamo alle quattro al Crown. >>
Chiuse il telefono e andò in camera da letto a
riposarsi. Ebbe appena il tempo di chiudere gli occhi, che Morfeo l’aveva
già stretto fra le sue braccia.
Palestra d’allenamento.
Il rumore sordo dei palloni si alternava al
respiro affannato dei giocatori. Stranamente sia Rukawa che Sakuragi si
allenavano tranquilli, sfuggendo ad ogni richiamo di rissa. Si allenavano
nel proprio angolo di palestra, silenziosi, con ancora in viso i segni della
rissa del mattino.
Il silenzio veniva interrotto solamente dai “fight!”
di Ayako e Kogure che tentavano di tenere alto il morale. Le riserve
tremavano ad ogni passo, immaginandosi di essere nel palazzetto dove si
sarebbero disputati i vari incontri di campionato. Mitsui e Ryota erano
nervosi, ognuno vicino ad un traguardo. La squadra si allenava
diligentemente, nonostante il silenzio in cui era calata l’intera palestra.
Anche il Ryonan giocava in silenzio, ad eccezione delle continue urla di
rimprovero di Taoka nei confronti di Sendo.
<< Sendo! La pianti di fare falli su Koshino?
Dobbiamo prepararci per il campionato nazionale e non per un incontro di
box! >>
<< Ma coach! È colpa di Hiro-kun! Io sono
innocente! >>
<< Sendoooooooooooo! >>
Nonostante i continui richiami del coach del
Ryonan e la mancanza di stimoli da parte dello Shohoku, gli allenamenti si
protrassero, nel bene o nel male, fino a mattino inoltrato.
All’ora di pranzo i ragazzi tornarono
compostamente al proprio ryokan. Taoka chiese scusa ad Anzai per il disturbo
apportato, ma Anzai sorrise con il solito viso allegro e il discorso cadde
nel silenzio. Il coach in realtà era preoccupato. La squadra sembrava
assente e incapace di reagire alla pressione psicologica. Se quel giorno
avessero disputato un incontro, avrebbero sicuramente perso. Per quando
Sakuragi fosse rumoroso, le sue esaltazione a genio avevano il potere di
tenere alto il morale di tutta la squadra e trascinarla nei momenti
peggiori. Persino Rukawa risentiva di quello strano silenzio. Il suo gioco
era freddo e tagliente, privo dell’energia che lo animava e infuocava
durante le partite.
Uscì dal ryokan e vide Kogure parlare con
Mitsui ed Ayako. Poco distante era ferma una macchina rossa, un’auto
sportiva di grossa cilindrata. I vetri erano scuri e non permettevano di
vedervi attraverso, ma era sicuro che vi fosse qualcuno al suo interno. Si
avvicinò lentamente e l’auto si mise in moto, allontanandosi rapidamente.
C’era qualcosa di strano nell’aria, ma forse
era solo la tensione per il campionato.
Crown Game Center
Mamoru era arrivato da poco. Passando per il
passaggio secondario, era sceso alla sala dei computer, dove erano ad
aspettarlo Rei e Ami. Minako e Makoto erano in giro a raccogliere altre
informazioni. Entrò e vide anche Luna e Artemis.
<< Qualche novità? >> domandò palesando la sua
presenza.
Le ragazze e i due gatti si voltarono di
scatto e sorrisero al suo indirizzo. Fu Luna a rispondere alla sua domanda
con un “forse” che prometteva ben poco di buono.
<< Io e Artemis siamo andati nella vecchia
sala di comando del Regno Argentato. Abbiamo consultato il computer
centrale, dal quale questo riceve tutte le informazioni, perché avevamo dei
dubbi. Purtroppo abbiamo trovato ben poco. >> ammise miseramente.
<< Il computer era in un ottimo stato, ma
molti file erano stati danneggiati. Siamo riusciti a recuperare ben poco e
Ami adesso li sta analizzando. >> continuò Artemis.
<< Cosa sapete dirmi di Hanamichi Sakuragi? >>
<< Lo abbiamo conosciuto ieri. Era qui, al
Crown. Abbiamo avuto una strana impressione, ma nulla di più… però… >>
<< C’è qualcosa che non vi convince, giusto?
>> termino Mamoru la frase di Rei.
Mamoru uscì le foto scaricate da internet e
cominciò a raccontare quel che aveva scoperto sulla storia della famiglia
del ragazzo. C’erano troppi incidenti e strane cause. Ami intanto lavorava
incessantemente davanti al computer cercando di analizzare i dati che Luna
aveva portato.
<< Maledizione! >> esclamò ad un certo punto
Ami.
<< Che succede? >> chiesero gli altri.
<< Un virus! Non riesco a fermarlo! Era nei
file portati da Luna, ma il computer non aveva rivelato nulla! >> disse
cercando di arginare la falda.
<< Non puoi fare nulla per fermarlo? >> chiese
Mamoru accorso ad aiutarla.
<< E’ un virus sconosciuto, alieno! Sta
cancellando tutto. Proverò a salvare qualcosa. Tu Mamoru vai nell’altro
computer e disconnetti tutti gli altri dalla rete comune. >>
Mamoru si mise al lavoro, isolando il pc in
cui lavorava Ami. Controllò ogni file, ma, fortunatamente, nessuno risultò
infetto. I dati installati erano salvi. Ami non ebbe la stessa fortuna. Il
virus alieno distrusse tutti i dati portati dalla base sulla luna,
nonostante gli sforzi di Ami, inglobando anche tutti gli altri file salvati
precedentemente nel computer centrale.
<< Maledizione! Come ho fatto a non
accorgermene? >>
<< Non è colpa tua Ami. Qualcuno si sta
divertendo a giocare con noi… >>
In quel momento rientrarono Makoto e Minako.
<< Abbiamo portato qualcosa da mangiare e da
bere! >> sorrise Minako appoggiando le buste, che teneva in mano, sul
tavolo. << Qualcosa non va? >>
<< I dati che avevano portato Luna e Artemis
sono andati perduti! >>
<< Come? >> chiese Makoto avvicinandosi al
gruppo.
<< Un virus. >> rispose laconico Mamoru.
<< Pensavo che questo computer fosse
schermato… >>
<< Lo pensavo pure io, Minako. La colpa è solo
mia e di Artemis. Avremmo dovuto controllare meglio invece di esaltarci. >>
<< E’ andato perso tutto? >> chiese Makoto
titubante.
<< Gran parte. Gli altri computer però sono
salvi. E voi? Avete novità? >>
<< Forse sì. Giudicate voi. >>
Minako si sedette accanto a Makoto. Prese una
lattina di cola dalle buste e la aprì. Lo “shhh” fresco delle bollicine
rimase un po’ nell’aria, inebriandola. Makoto divise le altre lattine. Erano
chiuse in quello scantinato dalla mattina e qualcosa di fresco avrebbe
aiutato tutti a ragionare meglio. Minako buttò giù un sorso e cominciò a
raccontare cosa avevano visto.
Davanti al Crown si fermò una macchina nera.
Dai suoi finestrini scuri qualcuno osservò l’interno pieno di clienti e
ripartì.
Il coach Anzai diede il pomeriggio libero ai
suoi giocatori. I ragazzi si dispersero per le vie della città. Rukawa finse
di dormire, poi, quando fu sicuro che nessuno potesse seguirlo, uscì dal
ryokan e voltò l’angolo. Ad aspettarlo una macchina sportiva rossa. Aprì la
portiera ed entrò. Poco dopo la macchina ripartì, allontanandosi da Tokyo.
Fine quinta parte
Autrice: cavolo che faticaccia! >.<
Ede: non hai scritto nulla di decente in tre
settimane e ora te ne esci con questa boiata?
Autrice: ma lo sai che sei cattivo? Guarda che
riprendo in mano la death che stavo scrivendo!
Fagi: ehi sist! E secondo te si finisce così
il capitolo?
Autrice: sis! Ma tu non dovresti essere dalla
mia parte? ;_______;
Fagi: no! Tu non mi fai mai avere Hilo e così
sto dalla parte di quello lì! – indicando Rukawa.
Ede: guarda che io ho anche un nome! >.<
Fagi: davvero? O___O e cmq non mi interessa! ^________^
ß
diabolic smile! A proposito sist… quando riporti qui il mio Hilo? */////*
Autrice: ^^;;; appena si libera dall’impegno,
ok? ^^;;;
Fagi: Hilo tesoro! */////*
Ede: torniamo a cose SERIE… perché non succede
nulla fra me ed Hana? E quando hai intenzione di sbrogliare tutta la
matassa?
Autrice: non ti basta essere uscito con lui?
Ede: no che non mi basta! >.< Io voglio altro…
*/////*
Autrice: e poi ti lamenti che non posso
scrivere “Il capolavoro”! Come faccio ad entrare nella tua mente se trovo
sempre immagini oscene di te e Hana?
Ede completamente partito: Hana tesoro! *ççççççççççççççç*
Autrice: questa è una gabbia di matti! ¬_¬
Fagi: sist! Andiamo! Dobbiamo recuperare Hiro
per la ff sui Guardiani! Ti assillerò finché non la scriverai! Hilo
guardiano! *//////*
Autrice: ^^;;; e anche questo capitolo è
finito. Preparatevi perché nei prossimi capitoli la storia si farà ancora
più interessante ed entreranno in scena altri personaggi. Quanto ad Hana…
vedremo!
Alla prox!
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