DISCLAMERS: i personaggi non sono miei, ma dei mitici Inoue e Takeuchi. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto personale!      ^__^
NOTE: nel primo capitolo vi erano parecchi salti temporali. In questa seconda parte la storia dovrebbe seguire un andamento più lineare.
I personaggi di Sailor Moon sono presi direttamente dal manga, quindi i nomi e i caratteri discordano sensibilmente dall’anime. Per rendere più chiara la lettura, vi prego di leggere prima questo schema che ricapitola i nomi delle guerriere, nel seguente ordine: gruppo - nome originale- nome guerriera- nome italiano.
Inner Senshi (guerriere del sistema solare interno in Italia): Usagi/Sailor Moon (Bunny); Ami/Sailor Mercury (Emi); Rei/Sailor Mars (Rea); Makoto/Sailor Jupiter (Morea); Minako/Sailor Venus (Marta).
Other Senshi (guerriere del sistema solare esterno in Italia): Haruka/Sailor Uranus (Heles); Michiru/Sailor Neptune (Milena); Setsuna/Sailor Pluto (Sylia); Hotaru/Sailor Saturn (Ottavia).


La leggenda

parte V

di Soffio d'argento


 

Aveva trascorso tutta la notte a pensare. Quando si era fermato a quel semaforo, qualcosa aveva colpito la sua attenzione e una sensazione strana di dejavu lo aveva colto del tutto impreparato. Era sicuro di aver visto già da qualche altra parte quel ragazzo dai capelli rossi e così aveva fatto subito una ricerca su internet. Hanamichi Sakuragi, ala della squadra di basket del liceo Shohoku di Kanagawa, ammesso per il secondo anno consecutivo alle nazionali. Aveva trovato un vecchio articolo su di lui. Pare che giocasse solo da un anno, eppure in breve era diventato così forte da rivaleggiare a pari merito con i più grandi giocatori del Giappone. Sua madre era Irlandese e suo padre… di lui si sapeva che era morto in circostanze misteriose. Pare che l’auto su cui viaggiava fosse finita in uno strapiombo sul mare, in Irlanda. Il suo corpo non era mai stato ritrovato, probabilmente trascinato dalle acque. Erano trascorsi solo quattro anni. La sua famiglia si trovava in Giappone durante la tragedia ed in Giappone era rimasta. Dopo mesi di ricerche ed indagini il caso era stato chiuso e archiviato come tragedia e l’uomo dato per morto. D'altronde tutto lo lasciava supporre, a cominciare dalle pessime condizioni in cui era stata ritrovata la macchina. Come il Titanic, la macchina si era spezzata in due. La carrozzeria non aveva resistito all’impatto ed si era sfaldata velocemente, a causa, anche, dei movimenti frenetici della marea.
Mamoru aveva analizzato le immagini scaricate da internet e qualcosa non riusciva a convincerlo del tutto. C’era una nota stonata in tutto quello, ma non riusciva a capire che cosa.
Aveva ricercato delle notizie sulla famiglia materna del ragazzo, ma aveva trovato ben poco. Un vecchio giornale irlandese, riportava la notizia di un incendio scoppiato in un paesino a nord dell’Irlanda e che aveva travolto l’intera cittadina, distruggendola. In pochi si erano salvati e fra questi la madre di Hanamichi ed alcuni parenti. Le cause dell’incendio erano ancora ignote. Si congetturava su un cortocircuito in una vecchia fabbrica abbandonata. Pare che la madre di Hanamichi fosse stata ritrovata completamente incolume sotto le macerie della propria casa. A quell’epoca aveva 12 anni. L’articolo non riportava null’altro di interessante. C’era solo una foto sbiadita che immortalava il momento del recupero della ragazzina.
Mamoru aveva guardato quella foto decine di volte con attenzione. Ogni volta gli sembrava di scorgere qualcosa, ma era solo un barlume che sfuggiva subito. Alla fine si era gettato sul divano stanco. Aveva ripensato a quello sguardo veloce che si erano rivolti lui e il ragazzo dalla capigliatura rosso sangue. C’era qualcosa che sentiva di dover ricordare. Sospirò e pensando che ultimamente la vita si era complicata parecchio. Prima la fuga di Usagi, ora l’arrivo di quel ragazzo… che fossero collegati? Che il comportamento strano di Usa avesse a che fare con l’arrivo in città di quel ragazzo? Però lui era arrivato da poco in città, mentre Usa aveva iniziato a comportarsi in maniera strana da parecchio tempo. Usagi… cosa stava nascondendo quella testolina buffa? Da cosa voleva proteggerli?
Si addormentò di lì a poco, ancora sul divano. La porta del balcone era ancora aperta. Una fresca brezza penetrò leggera nella stanza. Giocò allegra con i fogli sul tavolino di vetro, sollevandoli in aria e coinvolgendoli in mille danze. Mamoru si agitò sul divano. Una nebbiolina consistente penetrò nella stanza silenziosa, coperta solo dai respiri regolari del ragazzo. Avanzando con lentezza, scivolò sotto il tavolo e il divano, circondandolo. Mamoru mugugnò qualcosa nel sonno. Una mano bianca squarciò il velo della nebbia. Le dita erano lunghe e pallide, come quelle di un morto. Le sue unghie erano lunghe e nere, come la notte. Accarezzò la guancia del ragazzo ed egli si agitò nel sonno. La figura ammantata dalla nebbia si chinò sul ragazzo. Il suo alito freddo gli sfiorò le labbra leggermente dischiuse, le guance fredde e si posò sul suo orecchio, sussurrandogli qualcosa, poi scomparve nell’oscurità. La nebbia scivolò lentamente sul pavimento, percorrendo a ritroso il percorso già fatto. La leggera brezza fece scivolare sul tavolino le foto ed uscì come era entrata, socchiudendo la porta.
Mamoru si svegliò alle prime luci dell’alba. Guardò l’orologio. Aveva dormito tre ore. Fece una doccia veloce e si risedette accanto al piccolo tavolino. In cucina il bollitore era già sulla piastra. Osservò nuovamente le fotografie. Non era cambiato nulla. Il bollitore strillò stridulo. Mamoru fece per alzarsi, quando qualcosa di scuro catturò la sua attenzione. Era solo una macchia in una delle foto. Con ogni probabilità si trattava di una porta corrosa dal fuoco o solamente di una macchia della fotografia, dovuta al tempo. Eppure aveva qualcosa di strano, d’inquietante. Era la foto che immortalava il ritrovamento della futura madre di Hanamichi Sakuragi. C’era un vigile del fuoco con in braccio una bambina che sembrava addormentata e sullo sfondo… sullo sfondo c’era quella macchia così simile ad una persona. Mamoru si versò l’acqua calda nella tazza con la bustina di the e si sedette sul divano. Si passò una mano sulle tempie. La testa gli doleva notevolmente. Quella giornata l’avrebbe trascorsa piacevolmente a letto, ma doveva trovare una copia del giornale con la foto e forse sapeva pure dove trovarlo. Sorseggiò il the, mise le foto nella tasca interna della giacca, prese la macchina e tornò all’università.

Ryokan.

Quella sera i ragazzi tornarono in perfetto orario. Hanamichi rimase in silenzio per tutto il tragitto. Appena entrato in camera, si era chiuso in bagno e Kaede aveva sentito l’acqua scrosciare. Era uscito poco dopo e si era sdraiato sul futon. Kaede aveva fatto finta di dormire. Hanamichi si era agitato per un po’, poi si era addormentato. A quel punto Kaede si era alzato e aveva preso il libro nell’armadio. Aveva accarezzato la copertina ruvida al tatto e si era addormentato con il libro ancora fra le braccia. Si sentiva stranamente inquieto.

Il mattino dopo Hanamichi fu il primo a svegliarsi. Si stiracchiò ancora immerso nel tepore del futon e rimase ancora un po’ a crogiolarsi nelle quiete del mattino. Si voltò verso la volpe. Dormiva placido e tranquillo, come sempre insomma. Hanamichi rimase ad accarezzarlo con lo sguardo. La pelle era così stranamente chiara per un giapponese, sembrava una perla. I capelli erano scuri, come quelli delle bambole tradizionali. A vederlo bene, poteva sembrare una bambola di porcellana. Vide il libro che Kaede stringeva fra le braccia, come un bambino con il suo orsacchiotto. Si levò a sedere e prese in mano il libro cercando di fare attenzione a non svegliarlo. Che ci faceva la volpe con un libro sulle leggende irlandesi?
<< Dammelo! >> il tono della volpe era perentorio.
Hanamichi gli porse il libro senza dire nulla. Certo che le volpi giapponesi erano proprio intrattabili di mattina! Tsè! E lui che voleva essere gentile quel giorno!
<< Ehi volpe! >> lo richiamò Sakuragi vedendolo alzarsi: << Da quando in qua t’interessi delle leggende irlandesi? Pensavo che volessi andare in America, non in Irlanda. Comunque se vuoi io sono molto ferrato in materia. >> disse battendosi un pugno sul petto, in segno di orgoglio.
<< Cosa sai della Banshee? >> chiese Kaede risedendosi sul futon.
Hanamichi spalancò gli occhi e scoppiò a ridere.
<< Non mi dirai che credi alle Banshee!? >>
<< Cosa sai delle Banshee? >> replicò Kaede.
<< Ok. Ok. sembri molto interessato. Allora vediamo…. Si dicono tante cose sulle Banshee, lo sai? >> Kaede annuì con il capo: << Alcuni dicono che sia una bellissima ragazza dalle vesti bianche e con le ali, altri invece che sia una creatura orrenda. Tutti però sono concordi nel dire che: quando la Banshee piange, l’uomo muore. Pare che in molti l’abbiano sentita piangere in concomitanza di una morte in famiglia. Si dice che pianga per una notte e le tre successive. Si dice che annunci la morte e la si ritrova nei campi di battaglia…. >> e Hanamichi si fermò come a pensare.
<< Tu credi nelle leggende irlandesi? >> chiese Kaede.
<< Intendi robe del tipo Shefroo, Leprechaun o roba del genere? Non credo alle leggende, anche se... penso che dietro i detti popolari vi sia sempre qualcosa di vero. E tu da quando t’interessi delle leggende? >>
Kaede sembrò non sentirlo. Continuava a pensare alle parole di Hanamichi e a ciò che vi era scritto nel libro. Qualcosa di vero…
<< Mia madre… >> continuò il rossino: << Mi raccontava spesso delle leggende della terra d’Irlanda, cose buffe e divertenti, ma anche cose spaventose, come quelle della Banshee. >>
<< E cosa ti diceva? >>
<< Nulla. Mi raccontava quelle che per me erano favole. Comunque volpe stai tranquillo. Anche se le Banshee esistessero, non verrebbero mai in Giappone. Le Banshee sono legate all’Irlanda. >> detto questo si era alzato ed era entrato per primo in bagno.

Quando Hanamichi uscì, Kaede era ancora riverso sul futon, ma stavolta addormentato.
“Ma guarda questa stupida volpe! Come fa a dormire sempre?”
Hanamichi si cambiò in fretta, indossando la tuta della squadra e, prima di scendere a fare colazione, chiamò la volpe. Questo era un problema non irrilevante. Tutti conoscevano il pessimo carattere del ghiacciolo. Una volta aveva persino picchiato un professore ancora mezzo addormentato, reo di averlo svegliato perché russava durante la sua lezione. Hotta e i suoi amici erano stati ridotti allo strenuo, perché lo avevano svegliato mentre dormiva sul terrazzo. Doveva andarci piano, se non voleva che Rukawa lo prendesse a pugni. Lui poi avrebbe risposto e se le sarebbero date di santa ragione già dal primo mattino. Poi, quando sarebbero scesi, Ayako si sarebbe infuriata e avrebbe usato il suo terribile ventaglio. Quella ragazza era la versione al femminile della furia del Gori. Doveva trovare un modo per svegliarlo e rimanere incolume. Ma come fare? Provò a chiamarlo più volte, ma Rukawa sembrava in coma profondo. Provò a privarlo del cuscino, ma Kaede, per tutta risposta, aveva continuato a dormire profondamente. Fosse stato una bella ragazza, avrebbe potuto svegliarla con un bacio, ma c’era solo il baka kitsune e non poteva di certo baciarlo! Provò a chiamarlo ancora, ma possibile che non si svegliasse? Allora ebbe un’idea. Andò a frugare nella sua borsa. La madre di Hanamichi, che conosceva la pigrizia del figlio, gli aveva messo nella valigia una sveglia. Hanamichi la prese con il sorriso sulle labbra. Mentre si avvicinava al volpino addormentato, la caricò e la piazzò vicino, ma non troppo, alle orecchie di Rukawa e attese. Pochi minuti dopo la sveglia cominciò a strillare, ma… possibile che neppure la sveglia riuscisse a destarlo? Era un caso da Guinness! Ma come faceva la madre a svegliarlo la mattina?
Il tempo passava. Aveva due scelte: o lasciarlo lì o rischiare il tutto e per tutto e svegliarlo. Nel primo caso Ryota sarebbe salito a chiamarlo e, piuttosto che vedersela con un Rukawa mezzo addormentato, l’avrebbe lasciato dormire. Possibilmente avrebbe pure saltato gli allenamenti, così lui avrebbe potuto allenarsi in pace e tranquillità, solo che… non c’era gusto ad allenarsi in silenzio, sena litigare con il freezer. Ricordava di quella settimana in cui Rukawa era rimasto a letto con l’influenza. Gli allenamenti erano stati lunghi e noiosi. Però aveva ancora una seconda possibilità: svegliarlo. Decise di tentare il tutto per tutto! Si avvicinò a Rukawa e… gli diede un pugno in faccia! Rukawa, come prevedibile, saltò su furioso e fu rissa sin dal primo mattino.
Dieci minuti dopo scese Hanamichi, con un cerotto sullo zigomo, mentre Kaede lo seguì qualche minuto dopo, con un cerotto sul naso.
<< Possibile che dobbiate litigare sin da primo mattino? >>
Ayako era esasperata! Quei due ragazzi col tempo, invece di diventare amici e andare d’accordo, litigavano sempre di più.
<< Non guardare me, Ayako! È tutta colpa di quello stupido volpino! >>
<< Se tu non mi avessi preso a pugni mentre dormivo… >>
<< Non ti ho preso a pugni! Ti ho solo svegliato, visto che non hai neppure sentito la sveglia a due centimetri dal tuo orecchio! >>
I compagni di squadra sospirarono e tornarono alla loro colazione. Anche Hanamichi si sedette in fretta, il più possibile lontano da Rukawa, per ordine di Ayako stanca delle continue risse.

La palestra degli allenamenti era un po’ più piccola di quella della loro scuola. Aveva alte finestre rettangolari che illuminavano perfettamente ogni angolo del locale. La palestra era stata divisa in due per permettere anche al Ryonan di allenarsi senza dover spostarsi troppo. Era una scelta fatta dai due mister. Era stata costruita per l’occasione una cinta muraria interna che divideva in parte le la palestra in due, ma che permetteva il passaggio da un’ala all’altra. Gli allenamenti si sarebbero tenuti in silenzio, Rukawa e Sakuragi permettendo.

Anzai sensei diede il via e i ragazzi cominciarono gli allenamenti.

 

Università S. di Tokyo.

Mamoru attendeva l’arrivo del professor Murasashi nella saletta della biblioteca. Il professor Murasashi era un esperto di storia irlandese e conservava in un archivio i maggiori quotidiani irlandesi e molti quotidiani locali, dai quali estraeva le storie più ricche ed interessanti, a suo avviso. Aveva partecipato ad un convegno tenutosi l’inverno precedente all’interno dell’università su “La storia d’Irlanda e le sue leggende: fra mito e verità”. Usagi gli aveva tenuto il muso per una settimana, perché aveva rinunciato ad uscire con lei qualche pomeriggio per vedere quelle “noiose lezioni stile Luna”.
Il signor Murasashi entrò portandosi dietro una fila infinita di libri. Mamoru si alzò per aiutarlo, evitando così che cadesse, sommerso com’era da tutto quel peso.
<< Come va professori Murasashi? Io mi chiamo Chiba Mamoru. È un piacere. >> e s’inchinò con rispetto.
L’anziano signore fece segno a Mamoru di sedersi.
<< Mi dispiace di averla disturbata. È che ho un dubbio che solo lei può togliermi. So che non può ricordarsi di me, ma io ho preso parte alla sua conferenza sull’Irlanda dello scorso inverno. >>
<< Mamoru Chiba. Certo che mi ricordo di te! Fosti tu a pormi la domanda sulla fattibilità reale delle leggende. Mi ricordo di te… e poi sei il miglior studente di questa facoltà! Il fiore all’occhiello della nostra università. >>
<< La ringrazio professore. >> disse Mamoru imbarazzato.
<< Torniamo al motivo del nostro incontro. Mi hai parlato di un incendio in un paesino dell’Irlanda. Mi hai subito insospettito sai? Io ricordo bene quell’incendio. Ma dimmi: perché vuoi averne notizie? >> chiese l’anziano signore aggiustandosi gli occhiali.
Mamoru estrasse le foto dalla giacca e porse quella dell’incendio al professore, senza dire nulla. L’anziano signore frugò nelle tasche alla ricerca degli occhiali da lettura.
<< Conosco questa foto. È quella della bambina sotto le macerie. Cosa vuoi sapere? >>
<< Voglio sapere chi è o cosa è quell’ombra. E poi voglio sapere tutto quello che conoscete sull’incendio. >> rispose deciso.
Il professore tornò a guardare la foto. Effettivamente c’era un’ombra che non ricordava. Prese uno dei raccoglitori e iniziò a sfogliare. Le pagine dei quotidiani erano gialle e consunte dal tempo, eppure erano tenute in un ottimo stato. Il professore aveva racchiuso, con cura certosina, i quotidiani, che aveva ricevuto e raccolto, in quei contenitori con diligenza e delicatezza. Li sfogliò lentamente, pagina dopo pagina, fino a che si fermò. Valutò il contenuto dell’articolo e porse il giornale a Mamoru.
<< Quello è l’articolo scritto da un giornalista sulle cause dell’incendio. >>
Mamoru iniziò a leggere. Il professor Murasashi si accese la pipa e si sistemò meglio sulla piccola poltroncina. Osservò attentamente il ragazzo davanti a sé: gli assomiglia in maniera impressionante!
Mamoru lesse tutto l’articolo, poi osservò la foto, la stessa che lui aveva scaricato da internet.
<< Non c’è la figura nera! Che stupido che sono! Forse era davvero solamente una macchia… >> disse più a se stesso che ad altri.
<< Forse, ma chi può saperlo? >> Mamoru non capì e il professore continuò: << Cosa mi sai dire dell’articolo? >>
<< Si parla dell’incendio. Dice che ha avvolto il paesino e lo ha divorato in breve tempo, alimentato da un vento proveniente da nord. Le fiamme erano alte e divoravano con estrema facilità e velocità tutto ciò che incontravano. Ben poco è rimasto del vecchio paese. Fu ricostruito subito dopo, ma non sulle vecchie macerie. Ciò che ne rimase fu raso al suolo e il nuovo paese fu costruito ad un chilometro di distanza. >>
<< E poi? >> lo incalzò il professore.
<< Parla dei pochi superstiti e ne intervista alcuni. Parla di una bambina scampata miracolosamente al fuoco, ritrovata sotto i detriti della sua casa completamente arsa. Fa risalire la causa dell’incendio ad una fabbrica abbandonata, ma non spiega altro. >>
<< Tu cosa avresti fatto, se fossi stato nei panni del giornalista? >>
<< Avrei indagato. Il compito di un giornalista è un po’ quello del detective: deve andare affondo alla notizia. Avrei cercato di capire le cause dell’incendio e come abbia fatto, una bambina, a restare incolume, mentre la casa ardeva. Ma probabilmente vi saranno altri articoli… >>
Il professore Murasashi scosse il capo. Spiegò a Mamoru che il giornalista che si occupava della notizia, era morto in circostanze misteriose. Pare che la sua auto fosse stata ritrovata fra gli scogli, ai piedi di un’alta scogliera, spezzata in due parti. Il corpo del giornalista era stato ritrovato qualche giorno dopo. Il mare lo aveva riportato nello stesso posto in cui era rimasta incastrata la macchina. Aveva gli occhi spalancati, ma non riportava alcuna ferita. Semplicemente il suo cuore non aveva retto. Le indagini giornalistiche sull’incendio furono archiviate con la sua morte. Il piccolo paese fu ricostruito ad un chilometro di distanza e, sul luogo dell’incendio, fu costruita una grande cappella.
Mamoru chiese di rileggere l’articolo.
<< Non ve ne sono altri? >>
<< Nessuno ne ha mai parlato. Come non fosse mai accaduto. >>
Prese la foto che aveva scaricato da internet e la confrontò con quella originale del giornale. La figura scura sullo sfondo non c’era, ma non solo quella.
<< Professor Murasashi! Queste foto sono differenti! >>
<< Cosa? >> il professore si alzò, agitato, dalla poltrona. Prese in mano l’articolo del giornale e la foto di Mamoru e li valutò.
Erano due foto differenti, senza alcun dubbio. Nella foto del giornale la bambina aveva il volto rivolto verso il corpo del vigile e lui la guardava in viso. Le braccia erano appoggiate sul suo ventre. Nella foto di Mamoru la bambina aveva il viso rivolto verso l’alto, gli occhi chiusi, un braccio sul ventre e uno lungo i fianchi. Il vigile, inoltre, guardava in avanti, impegnato ad uscire dalle macerie. Come avevano fatto a non notarlo prima? Eppure i cambiamenti erano significativi!
<< Professore è proprio sicuro che non vi siano altre foto o articoli sull’incendio? >>
<< Non vi è nulla di più! Per anni sono andato alla ricerca di notizie ed immagini su quel famoso giorno, ma non ho trovato nulla. >> il professore si risedette sulla poltrona ed iniziò a sfogliare il quotidiano: << Ho fatto anche numerose ricerche in rete, ma senza risultati…. Questa storia ha dell’assurdo! >> commentò passandosi una mano fra i capelli. << Ma certo! Internet! Signor Chiba, lei ha detto d’averle trovate ieri notte in rete, le sue immagini. Sarebbe capace di ritrovare il sito? Potremmo andare nell’aula computer. A quest’ora dovrebbe essere vuota! >>
Mamoru prese le foto e seguì il professore. Lo aiutò a sistemare tutto il materiale nel suo ufficio, chiusero a chiave la porta ed andarono nella sala computer. Come immaginato, a quell’ora del mattino era deserta. Si sedettero di fronte al pc principale e Mamoru iniziò la ricerca. Ripercorse tutti i passi fatti la sera precedente, tralasciando la storia riguardante Hanamichi Sakuragi. Ricordava perfettamente ogni passaggio.
<< Ma come diavolo è possibile? Il sito non può non esistere! >>
Nonostante ripetesse con attenzione ogni passaggio, le ricerche non portavano a nessun esito. Decise di provare in altri modi, ma i risultati erano gli stessi. Dopo un’ora di ricerche, le uniche informazioni che trovarono le ricavarono dagli archivi del quotidiano, con quella unica fotografia.
<< Le assicuro che c’è! Quel sito esiste! >> gridò Mamoru al culmine dell’esasperazione.
<< Ti credo Mamoru e poi la foto parla per sé! Questa storia diventa sempre più misteriosa! >>
<< Mi dispiace di averle fatto perdere del tempo, professore. >>
<< E’ stato tempo ben speso, signor Chiba. Mi prometta però che, quando avrà scoperto qualcos’altro o avrà ritrovato il sito, me lo farà sapere subito. Io, nel mio piccolo, continuerò le ricerche, tenendolo aggiornato selle novità. >>
Detto questo si separarono. Mamoru ringraziò ancora una volta il professore Murasashi e si congedò. Scese in fretta le scale della facoltà, pensieroso. Che fine aveva fatto quel sito? Possibile che avesse sbagliato il percorso? Doveva tornare a casa e controllare nel suo computer. Aveva sistemato fra i preferiti quella pagina. Non gli restava che controllare.
Mise in moto la macchina e uscì dalla facoltà.
Il professor Murasashi seguì con lo sguardo Mamoru lasciare l’ateneo. Prese la sua pipa e la riaccese. Il tabacco bruciò su se stesso e il fumo si alzò in piccoli svolazzi.
<< Lo stesso sguardo fiero e combattivo. Che si siano infine destati tutti quanti? >>
Una nebbiolina scura si diffuse nella stanza in penombra. Un corpo immerso nelle tenebre uscì dall’oscurità. La pelle bianca come il riflesso della luna, gli occhi neri come la sua parte oscura.
<< Perché hai coinvolto quel ragazzo? >>
<< Non hai notato i suoi occhi? Sono gli stessi… >>
<< Lascia perdere… >>
<< Non riuscirai a fermarmi. Nessuno riuscirà a fermarmi. Lui è già mio. >> una risata si diffuse nella stanza chiusa. Sapeva di morte e distruzione.
La nebbia si colorò di rosso e scomparve improvvisamente. Solo allora il professore si voltò. Si tolse gli occhiali da lettura e li sistemò nella tasca della giacca. Sorrise impercettibilmente, poi uscì dalla piccola biblioteca.

<< Perché diavolo non c’è più! >>
Mamoru aveva ricercato quel sito fra i preferiti ma non vi aveva ritrovato nulla. Aveva cercato nuovamente nei meandri di internet, ma senza esito positivo.
<< Eppure c’era! L’ho visto! Ho letto il suo articolo, scaricato le immagini. Che fine ha fatto? >>
Dopo un’altra ora di ricerca si era gettato esausto sul divano. Provò ad addormentarsi, per placare un po’ quel senso di impotenza che lo affliggeva e per cercare di far riposare la mente, ma il telefono prese a squillare.
<< Moshi moshi? >>
<< Mamoru? Sono Ami! Dove sei stato fino ad ora? Ho provato a chiamarti pure al cellulare. >>
<< Scusa ma ero all’università. Avevo il cell spento. >>
<< Dobbiamo parlare di qualcosa di importante. >>
<< Possiamo incontrarci di pomeriggio? Stanotte non ho dormito…. >>
<< Va bene. Allora ci vediamo di pomeriggio al Crown. >> rispose Ami un po’ preoccupata.
<< Ami? Di cosa dovremo parlare? >> chiesa Mamoru soffocando uno sbadiglio.
<< Hanamichi Sakuragi. >>
Ancora lui! Tutte le loro ricerche convergevano in un solo punto: Hanamichi Sakuragi. Possibile che lui avesse davvero a che fare con il cambiamento di Usagi? Possibile che avesse a che fare con il motivo che costringeva Usa a tenere tutti lontani?
<< Anche io ho qualcosa da dirvi sul ragazzo. Ci vediamo alle quattro al Crown. >>
Chiuse il telefono e andò in camera da letto a riposarsi. Ebbe appena il tempo di chiudere gli occhi, che Morfeo l’aveva già stretto fra le sue braccia.

Palestra d’allenamento.

Il rumore sordo dei palloni si alternava al respiro affannato dei giocatori. Stranamente sia Rukawa che Sakuragi si allenavano tranquilli, sfuggendo ad ogni richiamo di rissa. Si allenavano nel proprio angolo di palestra, silenziosi, con ancora in viso i segni della rissa del mattino.
Il silenzio veniva interrotto solamente dai “fight!” di Ayako e Kogure che tentavano di tenere alto il morale. Le riserve tremavano ad ogni passo, immaginandosi di essere nel palazzetto dove si sarebbero disputati i vari incontri di campionato. Mitsui e Ryota erano nervosi, ognuno vicino ad un traguardo. La squadra si allenava diligentemente, nonostante il silenzio in cui era calata l’intera palestra. Anche il Ryonan giocava in silenzio, ad eccezione delle continue urla di rimprovero di Taoka nei confronti di Sendo.
<< Sendo! La pianti di fare falli su Koshino? Dobbiamo prepararci per il campionato nazionale e non per un incontro di box! >>
<< Ma coach! È colpa di Hiro-kun! Io sono innocente! >>
<< Sendoooooooooooo! >>
Nonostante i continui richiami del coach del Ryonan e la mancanza di stimoli da parte dello Shohoku, gli allenamenti si protrassero, nel bene o nel male, fino a mattino inoltrato.
All’ora di pranzo i ragazzi tornarono compostamente al proprio ryokan. Taoka chiese scusa ad Anzai per il disturbo apportato, ma Anzai sorrise con il solito viso allegro e il discorso cadde nel silenzio. Il coach in realtà era preoccupato. La squadra sembrava assente e incapace di reagire alla pressione psicologica. Se quel giorno avessero disputato un incontro, avrebbero sicuramente perso. Per quando Sakuragi fosse rumoroso, le sue esaltazione a genio avevano il potere di tenere alto il morale di tutta la squadra e trascinarla nei momenti peggiori. Persino Rukawa risentiva di quello strano silenzio. Il suo gioco era freddo e tagliente, privo dell’energia che lo animava e infuocava durante le partite.
Uscì dal ryokan e vide Kogure parlare con Mitsui ed Ayako. Poco distante era ferma una macchina rossa, un’auto sportiva di grossa cilindrata. I vetri erano scuri e non permettevano di vedervi attraverso, ma era sicuro che vi fosse qualcuno al suo interno. Si avvicinò lentamente e l’auto si mise in moto, allontanandosi rapidamente.
C’era qualcosa di strano nell’aria, ma forse era solo la tensione per il campionato.

Crown Game Center

Mamoru era arrivato da poco. Passando per il passaggio secondario, era sceso alla sala dei computer, dove erano ad aspettarlo Rei e Ami. Minako e Makoto erano in giro a raccogliere altre informazioni. Entrò e vide anche Luna e Artemis.
<< Qualche novità? >> domandò palesando la sua presenza.
Le ragazze e i due gatti si voltarono di scatto e sorrisero al suo indirizzo. Fu Luna a rispondere alla sua domanda con un “forse” che prometteva ben poco di buono.
<< Io e Artemis siamo andati nella vecchia sala di comando del Regno Argentato. Abbiamo consultato il computer centrale, dal quale questo riceve tutte le informazioni, perché avevamo dei dubbi. Purtroppo abbiamo trovato ben poco. >> ammise miseramente.
<< Il computer era in un ottimo stato, ma molti file erano stati danneggiati. Siamo riusciti a recuperare ben poco e Ami adesso li sta analizzando. >> continuò Artemis.
<< Cosa sapete dirmi di Hanamichi Sakuragi? >>
<< Lo abbiamo conosciuto ieri. Era qui, al Crown. Abbiamo avuto una strana impressione, ma nulla di più… però… >>
<< C’è qualcosa che non vi convince, giusto? >> termino Mamoru la frase di Rei.
Mamoru uscì le foto scaricate da internet e cominciò a raccontare quel che aveva scoperto sulla storia della famiglia del ragazzo. C’erano troppi incidenti e strane cause. Ami intanto lavorava incessantemente davanti al computer cercando di analizzare i dati che Luna aveva portato.
<< Maledizione! >> esclamò ad un certo punto Ami.
<< Che succede? >> chiesero gli altri.
<< Un virus! Non riesco a fermarlo! Era nei file portati da Luna, ma il computer non aveva rivelato nulla! >> disse cercando di arginare la falda.
<< Non puoi fare nulla per fermarlo? >> chiese Mamoru accorso ad aiutarla.
<< E’ un virus sconosciuto, alieno! Sta cancellando tutto. Proverò a salvare qualcosa. Tu Mamoru vai nell’altro computer e disconnetti tutti gli altri dalla rete comune. >>
Mamoru si mise al lavoro, isolando il pc in cui lavorava Ami. Controllò ogni file, ma, fortunatamente, nessuno risultò infetto. I dati installati erano salvi. Ami non ebbe la stessa fortuna. Il virus alieno distrusse tutti i dati portati dalla base sulla luna, nonostante gli sforzi di Ami, inglobando anche tutti gli altri file salvati precedentemente nel computer centrale.
<< Maledizione! Come ho fatto a non accorgermene? >>
<< Non è colpa tua Ami. Qualcuno si sta divertendo a giocare con noi… >>
In quel momento rientrarono Makoto e Minako.
<< Abbiamo portato qualcosa da mangiare e da bere! >> sorrise Minako appoggiando le buste, che teneva in mano, sul tavolo. << Qualcosa non va? >>
<< I dati che avevano portato Luna e Artemis sono andati perduti! >>
<< Come? >> chiese Makoto avvicinandosi al gruppo.
<< Un virus. >> rispose laconico Mamoru.
<< Pensavo che questo computer fosse schermato… >>
<< Lo pensavo pure io, Minako. La colpa è solo mia e di Artemis. Avremmo dovuto controllare meglio invece di esaltarci. >>
<< E’ andato perso tutto? >> chiese Makoto titubante.
<< Gran parte. Gli altri computer però sono salvi. E voi? Avete novità? >>
<< Forse sì. Giudicate voi. >>
Minako si sedette accanto a Makoto. Prese una lattina di cola dalle buste e la aprì. Lo “shhh” fresco delle bollicine rimase un po’ nell’aria, inebriandola. Makoto divise le altre lattine. Erano chiuse in quello scantinato dalla mattina e qualcosa di fresco avrebbe aiutato tutti a ragionare meglio. Minako buttò giù un sorso e cominciò a raccontare cosa avevano visto.

Davanti al Crown si fermò una macchina nera. Dai suoi finestrini scuri qualcuno osservò l’interno pieno di clienti e ripartì.

Il coach Anzai diede il pomeriggio libero ai suoi giocatori. I ragazzi si dispersero per le vie della città. Rukawa finse di dormire, poi, quando fu sicuro che nessuno potesse seguirlo, uscì dal ryokan e voltò l’angolo. Ad aspettarlo una macchina sportiva rossa. Aprì la portiera ed entrò. Poco dopo la macchina ripartì, allontanandosi da Tokyo.

Fine quinta parte

Autrice: cavolo che faticaccia! >.<
Ede: non hai scritto nulla di decente in tre settimane e ora te ne esci con questa boiata?
Autrice: ma lo sai che sei cattivo? Guarda che riprendo in mano la death che stavo scrivendo!
Fagi: ehi sist! E secondo te si finisce così il capitolo?
Autrice: sis! Ma tu non dovresti essere dalla mia parte? ;_______;
Fagi: no! Tu non mi fai mai avere Hilo e così sto dalla parte di quello lì! – indicando Rukawa.
Ede: guarda che io ho anche un nome! >.<
Fagi: davvero? O___O e cmq non mi interessa! ^________^ ß diabolic smile! A proposito sist… quando riporti qui il mio Hilo? */////*
Autrice: ^^;;; appena si libera dall’impegno, ok? ^^;;;
Fagi: Hilo tesoro! */////*  
Ede: torniamo a cose SERIE… perché non succede nulla fra me ed Hana? E quando hai intenzione di sbrogliare tutta la matassa?
Autrice: non ti basta essere uscito con lui?
Ede: no che non mi basta! >.< Io voglio altro… */////*
Autrice: e poi ti lamenti che non posso scrivere “Il capolavoro”! Come faccio ad entrare nella tua mente se trovo sempre immagini oscene di te e Hana?
Ede completamente partito: Hana tesoro! *ççççççççççççççç*
Autrice: questa è una gabbia di matti! ¬_¬
Fagi: sist! Andiamo! Dobbiamo recuperare Hiro per la ff sui Guardiani! Ti assillerò finché non la scriverai! Hilo guardiano! *//////*
Autrice: ^^;;; e anche questo capitolo è finito. Preparatevi perché nei prossimi capitoli la storia si farà ancora più interessante ed entreranno in scena altri personaggi. Quanto ad Hana… vedremo!

 Alla prox!


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