DISCLAMERS: i personaggi non sono miei, ma dei mitici Inoue e Takeuchi. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto personale!      ^__^
NOTE: nel primo capitolo vi erano parecchi salti temporali. In questa seconda parte la storia dovrebbe seguire un andamento più lineare.
I personaggi di Sailor Moon sono presi direttamente dal manga, quindi i nomi e i caratteri discordano sensibilmente dall’anime. Per rendere più chiara la lettura, vi prego di leggere prima questo schema che ricapitola i nomi delle guerriere, nel seguente ordine: gruppo - nome originale- nome guerriera- nome italiano.
Inner Senshi (guerriere del sistema solare interno in Italia): Usagi/Sailor Moon (Bunny); Ami/Sailor Mercury (Emi); Rei/Sailor Mars (Rea); Makoto/Sailor Jupiter (Morea); Minako/Sailor Venus (Marta).
Other Senshi (guerriere del sistema solare esterno in Italia): Haruka/Sailor Uranus (Heles); Michiru/Sailor Neptune (Milena); Setsuna/Sailor Pluto (Sylia); Hotaru/Sailor Saturn (Ottavia).
 


La leggenda

parte IV

di Soffio d'argento


 

Il bus arrivò a Tokyo in perfetto orario sulla tabella di marcia. Fece un giro completo della città e si fermò in uno dei ryokan poco lontani dalla cittadella sportiva. Le matricole scesero dal bus e si guardarono attorno con aria spaesata. Per loro era la prima partita fuori Kanagawa e la prima volta in assoluto che mettevano piede a Tokyo. Fecero un lungo respiro e seguirono i senpai all’interno dell’albergo, lo stesso in cui avrebbe alloggiato il Ryonan. Il Kainan era stato sistemato poco lontano a neppure un centinaio di metri. L’armata Sakuragi, Fujima e Hanagata trovarono posto nello stesso ryokan dello Shohoku, mentre Maki, per ovvie ragioni, preferì trasferirsi in quello del Kainan.

Sakuragi entrò sbuffando in camera. Diede un’occhiata veloce alla stanza e cominciò a lamentarsi.
<< Uffa! I futon li odio! Una delle più grandi invenzioni del mondo occidentale è proprio il meraviglioso letto rialzato e noi che facciamo? Dormiamo ancora sui futon! Così non riuscirò a dare il meglio di me durante il campionato! Mi verrà un mal di schiena da paura! >>
Kaede, che aveva ascoltato attentamente tutto lo show del do’hao, si limitò ad alzare lo sguardo con fare rassegnato, cosa che non sfuggì al rossino che mormorò qualcosa a mezza voce.

Hanamichi decise che, poiché si trattava dell’unico genio del basket esistente, toccasse a lui farsi la doccia per primo. Per fortuna quella camera aveva un pregio, anche se unico, possedeva il bagno incorporato e così non dovevano fare file enormi, com’era accaduto l’anno precedente, con Ryota che rimaneva mezz’ora in bagno per sistemarsi i capelli!
Kaede sentì Hanamichi aprire la doccia e l’acqua scorrere impetuosa. Decise di sistemare i vestiti nell’armadio a muro. Aprì allora la valigia, n’estrasse gli abiti ad uno ad uno e li sistemò ordinatamente nell’armadio, poi prese lo zainetto che aveva tenuto tutto il tempo sul bus, accanto a sé e n’estrasse un libro. Aveva una copertina nera e una scritta argentata.
Appoggiò le spalle su una parete, aprì il libro lentamente e iniziò a leggere. I suoi occhi si muovevano veloci rincorrendo un filo immaginario che attraversava ogni parola e apriva ogni porta, come una dorata chiave universale. Non sentì neppure Hanamichi uscire dal bagno, canticchiando la solita canzoncina demenziale, né lo vide privarsi dell’asciugamano bianco e rivestirsi. Non sentì neppure la porta aprirsi e chiudersi. Non vide la luce del sole diminuire lentamente e, quando rialzò lo sguardo dal libro, era pomeriggio inoltrato.
Guardò un’altra volta il libro chiuso e lo ripose nell’armadio, sotto le tute, poi andò a farsi una doccia veloce. Lui non era mai stato un ragazzo dai facili sorrisi, però adesso gli veniva davvero difficile persino immaginare un volto sorridente.
Entrò nel piccolo bagno e fece scorrere l’acqua facendola intiepidire. Entrò nel box e chiuse gli occhi, mentre l’acqua scivolava lenta fra i suoi capelli, abbracciando ogni lembo di pelle. Usagi aveva affidato a lui, proprio a lui, una missione importante. Ne sarebbe stato all’altezza?

Quando uscì trovò il rossino seduto in mezzo alla stanza, con le gambe e le braccia incrociate e uno sguardo arrabbiato sul volto.
<< Era ora che ti svegliassi, stupida volpe! Ero tentato ad entrare e prenderti a pugni! Ma lo sai da quanto sei lì dentro? >>
Kaede continuò ad asciugarsi i capelli dando le spalle al rossino, cosa che, nei limiti del possibile, fece ancor di più innervosire Hana.
<< Stupida volpe! Mi ascolti? Sto parlando con te! >> disse Hanamichi alzandosi e prendendolo per un braccio, costringendolo a voltarsi.
<< Che diavolo vuoi rosso scimmia! >> rispose Kaede spingendo il rossino: << Lasciami in pace! Non sono affari tuoi quanto tempo sto sotto la doccia, capito do’hao? >>
Gli occhi di Hanamichi si ridussero ad una fessura. Kaede vide la rabbia arrossare il suo volto. Hanamichi s’inginocchiò e diede un pugno sul pavimento, con così tanta forza che Kaede temette si fosse rotto qualche osso. Hanamichi si rialzò ansimando. Alzò il pugno verso Kaede:
<< Immagina che quel pugno l’abbia dato a te. Sai Kitsune? Ormai non c’è più nessun gusto nel prendere la tua stupida faccia a pugni. >> e detto questo uscì sbattendo la porta.
Kaede rimase qualche minuto interdetto. Perché si comportava sempre così con la scimmia? Invece di cercare di avvicinarlo e renderselo amico, cosa faceva? Lo trattava male! Era così difficile ascoltare quella voce sussurrare cosa dovesse fare.
Si rivestì in fretta. Si mise dei pantaloni scuri, una maglia rossa e si sistemò l’orologio sul polso sinistro e fu allora che si accorse del tempo che aveva trascorso sotto l’acqua. Per lui era stata una doccia veloce, eppure era trascorsa quasi un’ora. Logico che Hanamichi si fosse preoccupato.
Sbuffò infastidito. Adesso avrebbe dovuto chiedere scusa alla scimmia, ma lui non c’era abituato. Già immaginava le esaltazioni a genio che ne sarebbero venute, ma sarebbero state di gran lunga più gradite dei borbottii perenni del rossino.

Quando scese giù i compagni di squadra lo attendevano in sala da pranzo. Diede uno sguardo di sfuggita al nutrito gruppo e ritrovò Hanamichi vicino alla sua armata. Questi lo ignorò per tutta la serata, scherzando con Yohei e gli altri.
Kaede si sedette tra Ayako e Yasuda, proprio di fronte a Mitsui e Kogure. Poco distante si sentiva il fracasso prodotto da quei rumorosi dell’armata che, come sempre accadeva, prendevano in giro Hanamichi. Di fronte al loro tavolo c’era il Ryonan al completo, mancava solo Uozumi che non era riuscito a liberarsi degli impegni del ristorante. In compenso Ikegami era riuscito a liberarsi dagli impegni universitari e analizzava con il coach la nuova squadra. C’era Fukuda che scherzava con Aida e Sendo… cosa stava facendo Sendo? Parlava con Koshino, il playmaker, che però non sembrava molto contento. Infatti, mentre Sendo intramezzava ai sorrisi delle risate pure, il play passava dall’imbarazzo alla rabbia, concludendo lo show con un “Akira” gridato a mezza voce e con gli occhi spalancati. Quei due sembravano tutto tranne che semplici amici. Inoltre ogni tanto la mano di Akira scivolava con noncuranza sotto il tavolo, seguita da quella di Koshino con una forchetta in mano. Allora Sendo tornava a mangiare sorridendo ancora di più.
Ad ogni modo, con somma gioia di Kaede, la cena finì e i ragazzi furono lasciati liberi di uscire per il resto della serata. Gli allenatori fissarono il coprifuoco per le 23:30.
Kaede vide Hanamichi prendere accordi con Yohei e il resto dell’armata e poi salire in camera. Lui seguì con lo sguardo ogni piccolo spostamento, cercando il momento opportuno per parlargli, sperando sempre di non arrivare ai pugni. Quando Hanamichi salì le scale per entrare in camera, Kaede lo seguì ed entrò nella stanza subito dopo di lui.
<< Che diavolo vuoi Rukawa? >> quasi ringhiò il rossino.
<< Scusarmi. >>
Hanamichi si voltò incredulo. Se un disegnatore di manga avesse provato a disegnare quella scena, ne sarebbe uscita una super deformed con la mascella di Hanamichi che toccava il pavimento e gli occhi a palla. La realtà non differiva di molto dall’immaginativo generale e Hanamichi guardava Kaede senza riuscire a spiegarsi cosa stesse accadendo.
<< Tu vuoi chiedere scusa a me? >> chiese Hanamichi scandendo ogni parola come stesse parlando con un marziano dalla pelle viola.
<< Senti scimmia, è già difficile di per sé chiedere scusa a un decerebrato come te, se poi ti metti a fare l’idiota diventa ancora più difficoltoso. >>
<< Ehi volpe! Meno male! Per un attimo ho pensato che gli alieni ti avessero rapito e sostituito con una copia, non certo all’altezza dell’unico Genio del mondo, ma comunque…. >> sospirò.
Hanamichi aprì l’armadio e uscì una camicia nera: << Allora? Sto ascoltando. >>
<< Non mi sembri molto attento, ma forse è meglio così. Volevo scusarmi per come ti ho trattato oggi pomeriggio. >> e la camicia di Hanamichi rovinò a terra: << Riconosco che, per qualche strano motivo tu ti sia preoccupato per me e deve essere stato uno sforzo visto che mi odi. Non avrei dovuto reagire in quella maniera. Scusa. >>
Hanamichi, nel frattempo, si era privato della maglia e messo la camicia e Kaede, troppo intento ad osservare le sue scarpe, non se n’era neppure accorto. Quando rialzò lo sguardo Hanamichi stava abbottonando fino in fondo la camicia, mentre Kaede si dava dell’emerito idiota per essersi perso, per la seconda volta, uno spettacolo del genere.
<< Caspita kitsune! Scommetto che hai parlato più oggi che in tutta la tua vita! Comunque, poiché sono il più grande Tensai della clemenza, ti scuso. E un’ultima cosa: io non ti odio. >>
Questa volta toccò a Kaede fare la faccia da deformed con tanto di occhi a palla.
<< Scusa ma tutte le “maledizioni” che mi mandavi quando giocavo? Oppure tutti gli insulti che mi rivolgevi? O le palle che mi lanciavi sperando di farmi ruzzolare a terra? Oppure… >>
<< Kitsune! Ma proprio oggi dovevi ritrovare l’uso delle tue corde vocali? E comunque quello è il passato. Prima mi piaceva Haruko, ma ora lei sta con Yohei e poi… sono cambiate tante cose… e comunque non ti odio! Anzi sai che ti dico? Ti va di uscire con me e i miei amici? >>
Forse non era poi tutto perduto, si disse Kaede. Afferrò una camicia dall’armadio e se la mise sopra la maglia. Uscì con Hanamichi, ben lieto, finalmente, di aver detto le parole giuste.

Stessa ora, lato opposto della città.

Mamoru aveva saputo da Ami che Usagi era tornata a casa quella mattina. Lei l’aveva vista scendere dalla macchina sportiva di Haruka ed entrare in casa di fretta. La macchina poi era partita velocemente, scomparendo fra i vari vicoli. Mamoru era stato impossibilitato ad uscire dall’università, perché impegnato in un seminario.
Appena finito si era catapultato a casa di Usagi, ma lei era già uscita, con le Other probabilmente. Aveva chiesto alla madre di Usagi il permesso di aspettarla lì e la madre aveva cercato di convincerlo ad attenderla dentro, ma lui era rimasto fuori dal cancello, voltandosi precipitosamente verso la direzione di ogni rumore che sentiva o percepiva.
Era già trascorsa un’ora e di Usagi non c’era ancora traccia. Stava per andarsene, quando due fari avevano illuminato la strada semi oscurata.
Haruka aveva posteggiato la macchina di fronte la casa di Usagi ed era uscita insieme a lei.
<< Usagi. Haruka. >> aveva salutato freddamente Mamoru: << Hai bisogno delle guardie del corpo per difenderti da me, Usa? >>
Usagi aveva salutato Haruka, dandole appuntamento per il giorno dopo. Haruka era stata un po’ riottosa, ma alla fine era salita in macchina ed era ripartita. Usagi aveva fatto cenno a Mamoru di aspettarla fuori e lei era rientrata per avvisare la madre del suo rientro. Quando era uscita nuovamente aveva chiesto a Mamoru di accompagnarla a fare una passeggiata.
Passarono di fronte al Crown Game Center e si diressero al parco, deserto a quell’ora della sera.
<< Usa… dove sei stata tutto questo tempo? Kami sama! Mi sembrava di impazzire. >>
<< Mamoru, noi due non dobbiamo vederci più. >> aveva detto Usagi con un tono calmo, come stesse parlando del tempo o di quello che aveva appreso quel giorno a scuola.
<< Usa? >>
Mamoru sentiva la sua voce tremare e la sua coscienza rimproverargli la sua incapacità. Usagi lo stava lasciando perché non era in grado di fare nulla. Lei era la futura Regina Serenity e lui un consorte ombra, incapace di proteggere la sua famiglia, come sarebbe accaduto in futuro, nella battaglia contro il Principe Diamond. Lui era solo un incapace e Usagi meritava di più, questo lo aveva sempre saputo, eppure il suo amore, pensava, sarebbe riuscito ad unirli, come aveva fatto millenni dopo la loro disfatta, nel Regno Lunare.
<< Mamo… io… >>
<< E’ per quella leggenda? Tu pensi che io non possa essere all’altezza della situazione? >>
<< Sì. Né tu e né le Inner Senshi potete aiutarmi. Mi sareste solo d’impiccio. Non voglio vedervi più. Mi dispiace… >>
E tutto questo Usagi lo disse guardando Mamoru, l’uomo per il quale si era privata della vita una volta in un tempo passato e per il quale sarebbe morta ancora un milione di volte, per rinascere ancora insieme. Eppure Usagi disse tutto con una freddezza che neppure lei conosceva, guardando l’unico ragazzo che avrebbe mai amato negli occhi. Perché adesso Usagi era cresciuta e doveva fare affidamento solo su se stessa. Non poteva permettere che qualcuno mettesse in pericolo la propria vita per colpa della sua incapacità a combattere. Si era risvegliata in quell’epoca martoriata come Regina e come Guerriera e con lei si erano risvegliati tutti i suoi nemici. Quante volte aveva visto cadere a terra, sotto i colpi inferti dai nemici, le persone a lei più care? Quante volte aveva temuto di aver sorpassato quel breve confine fra la vita e la morte? Quante volte si era svegliata con il terrore che quel giorno potesse essere davvero l’ultimo? No. Questa volta Usagi avrebbe combattuto la sua battaglia da sola, facendo affidamento sulle sue stesse capacità. Ormai Mamoru e le altre guerriere conoscevano la verità, ma questo non avrebbe rallentato i suoi piani. Avrebbe combattuto da sola la sua battaglia, proteggendo chi amava. E quello era l’unico modo che Usagi conoscesse.
Mamoru non disse nulla. Prese la mano di Usagi fra le sue e baciò l’anello che le aveva regalato, prima di partire per gli Stati Uniti, prima di diventare polvere cosmica. Quante volte aveva assistito impotente e terrorizzato alle battaglie dell’amata? Quella volta Usagi sembrava decisa a voler fare tutto da sola e lui le avrebbe donato quell’illusione. Mai e poi mai, nonostante tutte le parole che potesse trovare quella testolina buffa, avrebbe abbandonato la ragazza che amava, per la quale aveva combattuto ed era morto. La ragazza che aveva rincorso per millenni, nella speranza di ritrovarla, riabbracciarla e vivere per sempre con lei.
Quell’anello, quello che aveva baciato, quello che Usagi non si toglieva mai, quell’anello aveva svelato tutto ciò che Usagi aveva tenuto nascosto. Quel piccolo anello con la perla a forma di cuore. Usagi lo teneva anche mentre gli diceva di non volerlo più accanto a sé…. Quel piccolo anello sarebbe stato sempre con lei, come un piccolo filo rosso che li avrebbe legati sempre.
Mamoru baciò due volte quell’anello, poi uscì dal parco, lasciando Usagi seduta su una panchina rossa…...
Il cellulare cominciò a suonare. La suoneria dolce ripeteva all’infinito un vecchio successo dei Three Lights. Prese il cellulare senza neppure controllare e rispose alla chiamata.

Mamoru tornò al quartiere di Usagi per riprendere la moto. Mise il casco e ripartì, lasciandosi alle spalle la casa di Usagi. Si fermò un attimo al bar Crown, a causa di un semaforo rosso. Il suo sguardo incrociò quello vacuo di un ragazzo alto, dalla pelle bronzea e dagli strani capelli rossi. Il semaforo cambiò in verde e la moto ruggì sfrecciando sull’asfalto. Doveva aveva visto quel ragazzo? Perché era stato investito da una strana sensazione di deja vieu?

<< Ehi kitsune! Non hai proprio mangiato nulla! >>
<< Al contrario di te, la cena del ryokan mi ha saziato. Ma come fai a mangiare così tanto? >>
<< E non hai visto nulla ancora, Rukawa. >> sorrise sibillino Yohei: << Dovresti vedere quando fa a gara con Takamiya a chi mangia più biscotti e torte di cioccolato! Un vero spasso! >>
<< Ehi voi… >> provò a difendersi Hanamichi vedendo la banda ridere alle sue spalle, ma si fermò.
Si sentì osservato da qualcuno che la sua mente aveva riconosciuto. Fece vagare lo sguardo attorno a sé e trovò presto l’oggetto della sua ricerca. Un rombo di moto catturò l’attenzione dell’armata e di Kaede, intenti ancora a sghignazzare alle spalle del rosso. Una moto di grossa cilindrata si era fermata al semaforo rosso e fin qui nulla di strano, se non fosse stato per il comportamento di Hanamichi. Questo sembrava completamente in trance e guardava il motociclista senza neppure comprendere cosa facesse. Tutto durò meno di un attimo, perché scattò nuovamente il semaforo verde e la moto, rombante, se n’andò.
<< Ehi Hanamichi. >> gli si avvicinò Okuso intento a non farsi scappare un’occasione così ghiotta: << Non mi dire che ti piacciono i ragazzi…. >>
<< Beh Hanamichi potresti provarci con loro. >> continuò Noma, per lasciare finire a Takamiya: << Almeno da lì il conto inizierebbe da zero! Sai che ridere! >>
Ma Hanamichi era troppo impegnato a seguire i suoi ricordi per badare alle parole dei compagni, così liquidò tutto con un “idioti” detto a denti stretti e prese a camminare più velocemente. Gli altri lo seguirono senza aver capito quel che fosse accaduto.
Si fermarono poco dopo di fronte ad una sala giochi. Incalzato dai compagni Hanamichi sembrò recuperare un po’ del tuo temperamento. Kaede invece era molto nervoso. Capiva che qualcosa aveva turbato Hanamichi e quel qualcosa aveva a che fare con quel motociclista. Il fatto di non riuscire a capire cosa lo avesse turbato l’aveva innervosito.  
Hanamichi adesso sembrava tornato quello di un tempo.
Kaede si sedette al bar e rimase a guardarlo un po’, mentre fuori Usagi, tornava a casa da sola. Kaede la vide passare come una fata in un bosco. Il volto serio e teso, lo sguardo fisso davanti a sé, le spalle dritte e sicure. Per un attimo gli parve di sognare, poi tornò a bere la cola fresca, mentre il ragazzo biondo dietro al bancone parlava con una ragazza dagli strani orecchini a forma di rosa e dai lunghi capelli castani racchiusi in una coda.
<< Davvero Furuhata? >>
<< Dico sul serio Makoto. La torta che hai cucinato ieri era degna di uno chef! >>
La ragazza lanciò un sospiro estasiato e tornò a sedersi vicino al videogioco di Sailor Moon, dove un’altra ragazza dai capelli corti faceva strage di nemici superando ogni livello con una velocità incredibile. Accanto a lei, un’altra ragazza, dai lunghi capelli biondi e un nastro rosso che li bloccava, guardava estasiata tutta la scena.
<< Ami sei un genio! Sei bravissima! Ma perché non sono brava come te? >>
<< E’ questione di tecnica e amore, Minako. Io amo i computer e loro amano me! >>
<< Uffi. Ami-chan? Mi insegneresti come si supera il terzo livello? >>
<< Va bene! Siediti accanto a me e vedremo di superare i livelli insieme. >>
Rei ascoltava distrattamente le amiche scherzare. Da qualche minuto si sentiva strana, come se non riuscisse a ricordare qualcosa d’importante. Cercava di capire, ma la sua attenzione era tutta concentrata su uno strano ragazzo dai capelli rossi, innaturali per un giapponese. Un ragazzo alto, dall’aspetto possente, quasi quello di un guerriero. Accanto a lui, un altro ragazzo, un po’ più basso e dall’aria furba e attenta. Aveva la sensazione di averli già visti.
In quel momento la porta del Crown si aprì. Rei rabbrividì mentre due ragazzi entravano chiacchierando allegramente. Minako smise di giocare e si voltò a guardare i nuovi arrivati. Sentiva qualcosa di negativo fondersi con quella sala giochi, diventando un tutt’uno con il suo microcosmo. Vide Rei agitarsi sul piccolo sedile, Ami perdere la partita e Makoto smettere di sorseggiare la sua cola fredda. Osservarono in silenzio, e nascoste da un alto videogioco, i due ragazzi raggiungere la piccola comitiva e sedersi accanto a loro. Uno di essi aveva degli occhiali tondi e Ami doveva già averlo visto perché scrutò la sua mente alla ricerca di un ricordo. Il ragazzo accanto a lui aveva una piccola cicatrice sul mento ed erano riuniti attorno ad un fuoco rosso.
Rei chiuse gli occhi e smise di pensare. Cercò nei suoi vecchi ricordi di guerriera speciale al servizio della Principessa Serenity nel vecchio regno lunare. Eppure questo ricordo sembrava sfuggirle ogni volta che si avvicinava, nascondendosi nelle tenebre, di cui faceva parte.

Quella sera attesero la chiusura del locale, prima di andare a casa. Videro la piccola compagnia uscire e dirigersi a nord. Attesero che anche l’ultimo cliente uscisse per tornare a casa e scesero nella sala computer, nascosta dal videogioco di Sailor Moon.
Furuhata le seguì poco dopo. Ormai aveva preso l’abitudine di seguirle nelle ricerche. Era elettrizzante vedere il passaggio aprirsi e il grande computer illuminarsi e collegarsi a quello lunare. Luna e Artemis non c’erano quella sera e a dire il vero non si facevano vedere da molto….
<< Trovati! >> esclamò Ami dopo neppure cinque minuti di ricerca.
Aveva fatto una ricerca veloce negli schedari odierni, andando a scavare fra i quotidiani e le notizie nazionali. Avrebbe voluto fare una ricerca nel computer del regno lunare, ma non vi era riuscita. Il computer sembrava fuori allineamento e non sapeva spiegarsene il motivo.
<< Ma certo! Ecco dove li avevo visti! >> esclamò Furu osservando attentamente le foto.
<< Li conosci? >> chiese Rei.
<< Ma certo! Forse non lo sapete ma sono un esperto di basket e in questi giorni a Tokyo si svolgono i campionati nazionali. Inizieranno fra 4 giorni. Le migliori squadre della regione si scontreranno qui per vincere il torneo. Loro sono i giocatori dello Shohoku, una delle squadre più forti e accreditate alla vittoria. Lo scorso anno fece un campionato da urlo! >>
Furuhata continuò per un po’ analizzando le squadre di quell’anno e gli elementi di cui erano composte. Parlò di schemi e giocatori.
<< … e poi c’è lui: Hanamichi Sakuragi! Secondo me è un fenomeno! Pensate che gioca da un solo anno! Tre mesi dopo aver cominciato a giocare, dava filo da torcere ai migliori giocatori della sua prefettura. Certo è ancora un po’ grezzo, ma diventerà qualcuno sicuramente! >>
<< Hanamichi Sakuragi? >>
<< Sì. Proprio lui! Il pazzo rosso, come viene soprannominato. Sapete, per via dei suoi capelli. >>
<< Sono strani per un giapponese. >> osservò Makoto.
<< O ma lui lo è solo per metà! Sua madre è Irlandese ed è da quel ramo che discendono quei capelli rossi che ormai sono diventati il suo distintivo. >>
<< E questo lo conosci? >> chiese Ami mostrando un altro ragazzo.
<< Ma sì! Hisashi Mitsui! È un campione dei tiri da tre punti. È stato MVP mentre frequentava le medie. Si prospettava un grande futuro per lui, ma al primo anno di liceo è stato costretto a lasciare la squadra di basket a causa di un infortunio. Ha vissuto degli anni da teppista e quando è rientrato in squadra ha faticato a tornare agli antichi splendori, ma adesso è uno dei giocatori più bravi non solo della sua prefettura, ma anche di tutto il Paese. E quello accanto è Kaede Rukawa, detto anche il killer freddo, per il suo modo di giocare. Uhm… qui c’è qualcosa che non va… >>
<< Cosa? >> chiesero le inner senshi.
<< Questa è la squadra di quest’anno e quindi non c’era Kiminobu Kogure, il vice della squadra dello scorso anno. Era il ragazzo con gli occhiali, ricordate? >>
<< E gli altri? >> lo incalzò Rei.
<< Gli altri? Ah! Vi riferite a quei produttori di schiamazzi! >> rise un po’ Furuhata: << Loro sono la famosa Armata Sakuragi. In pratica sono i primi fan del pazzo rosso, nonché a capo della tifoseria dello Shohoku. Non si perdono nessuna partita. Per quel che ne so, i nomi dei ragazzi dovrebbero essere: Yohei Mito, il ragazzo dall’aria furba, che è anche il miglior amico di Sakuragi, poi c’è… >> e così fino a descrivere la tifoseria e le tecniche di squadra, allenatore compreso.

Quella sera le Inner tornarono a casa molto tardi. Furuhata le accompagnò per un lungo tratto di strada, poi le salutò all’incrocio per la metropolitana. Le inner proseguirono un po’ assieme e poi si divisero al solito incrocio, rimandando al giorno dopo ogni spiegazione. Forse la notte, come spesso era accaduto, avrebbe portato loro consiglio, eppure, nessuno si sentiva più tranquilla. Da quando la loro stella le aveva abbandonate, si sentivano perse, prive di ogni sostegno.

Prima di rientrare in casa, ognuna di loro si volse verso la luna che ancora splendeva alta. La guardarono alla ricerca di una risposta ai loro dubbi. Se la Regina Selene fosse stata ancora con loro….
Ami rientrò nella casa vuota, aspettando il ritorno della madre dal turno serale in ospedale. Minako si sorbì i rimproveri dei genitori per essere arrivata troppo tardi a casa. Makoto innaffiò le piccole piante del suo appartamento e si addormentò cullata dal profumo della torta preparata quel pomeriggio, quella al cioccolato, che piaceva tanto ad Usa. Rei salì le scale che portavano al vecchio tempio in compagnia di Phobos e Deimos, mentre la notte chiudeva le sue spirali attorno alla città del destino.

FINE QUARTA PARTE

Autrice: cavoli quanto ci ho messo!
Ru: tre settimane per questo schifo!
Autrice: Ede ;_______; beh tecnicamente c’ho messo solo alcuni giorni, se consideri che l’ho iniziata tre settimane fa, ma poi l’ho finita solo adesso…
Ru: è lo stesso! E poi guarda questo capitolo! Non succede nulla!
Autrice: ma adesso si capisce qualcosa, no?
Ru: sì. Che sei una scrittrice incompetente!
Fagi: ehi tu! Tratta bene la sist! >.<
Ru: O_________O e tu che ci fai qui?
Fagi: veramente vorrei saperlo anche io. Ero a casa mia che leggevo un libro e puf! Mi trovo in questo mondo bidimensionale! Sist! >.<
Autrice: sisssssssssss! Benvenuta nei miei siparietti! ;______; me commoss! Mi mancavi e quindi ho pensato di richiamarti in qualche maniera! ^__^;;;
Fagi: sist! >.< Dov’è Hiro?
Autrice: ehm… ^^;;; beh veramente… è laggiù con il porcospino. Tieni il binocolo, che li vedi meglio….
Fagi: O_____________O Maledetto porcospino! >.< Giù le mani dal mio Hilo!!!!!!!!! Hilo! ;_____;
Autrice: bene bene! Anche questo capitolo è andato. Direi che posso riposarmi un po’…
Fagi: riposarti? Ma se non fai altro da settimane!
Autrice: ma sis.. ;_____;
Ru: finalmente qualcuna che ragiona qui!
Fagi: zitto tu! A proposito: tu chi sei?
Ru: -____-
Fagi: sist! Al lavoro! Voglio il prossimo capitolo de “I cinque guardiani”, voglio “Il capolavoro”, voglio “La cosa meravigliosa”, voglio “Un altro giorno” (e non fare del male al mio Hiro! >.<) e tutte le ff che mi hai promesso! >.< Al lavoro! è___é
Autrice: ;___________; Aiuto! Help! Che qualcuno venga a liberarmi! ;__________;


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