Fic
yaoi very, ma very very, fuori di capoccia. Una roba da spararsi in mezzo
agli occhi senza passare per il via. O_o Affangiro, ormai l'ho scritta.
Invoco la klemenza degli spiriti superiori!
di Yu la pazza
Lei continuò ad inseguire Fury di corsa, fino ad un vicolo dove lo perse di vista. Vide una porta interrata sbattere con violenza e vi si gettò dentro. Il buio l’avvolse. La porta che l’aveva accolto cigolando si richiuse con un tonfo sordo alle sue spalle. L’uomo si guardò intorno smarrito. Completamente inutile. Era circondato dall’oscurità più totale. Sentì un soffio gelido alla nuca. Poi la puzza di fumo. Si voltò e vide una sigaretta accesa cadere al suolo ed essere calpestata. Istintivamente la mano corse alla pistola, giusto per rendersi conto che non c’era più. “Cercavi questa, Wulong?” La tetra voce che ormai conosceva bene richiamò la sua attenzione. Alle sue spalle Bryan Fury se la prendeva comoda. Le sue capacità cibernetiche comportavano anche movimenti velocissimi e la vista non era certo impedita da un’inerzia come il buio. Il poliziotto si guardò attorno. “Dimmi quante persone ci sono qui dentro.” “Due. Siamo solo tu ed io. Se vuoi arrestarmi puoi anche farlo. C’è un piccolo particolare che ho dimenticato di dirti, sai. Io riesco a vedere al buio e, hai presente quella magnum che hai di solito in dotazione? Ce l’ho in mano io. È carica, è puntata, basterebbe una mia mossa e il tuo cervellino si spalmerebbe su tutti i muri di questa topaia.” “Che cosa vuoi da me?” “Ah ah ah! Ancora non ci sei arrivato?” Lei si sentì bloccare i polsi, mentre veniva sbattuto con forza contro il freddo cemento del muro. La voce insolente e penetrante sussurrò al suo orecchio. “E’ te che voglio, Wulong.” Il poliziotto sentì una mano serrarsi sul suo mento, costringendolo a guardare in faccia il killer. Infantilmente, serrò gli occhi e le labbra, aveva capito l’intento del suo carnefice. Inaspettatamente, i suoi polsi furono lasciati liberi. “Perché fai così? Mi odi a tal punto?” Vide la sagoma di Bryan allontanarsi da lui. Passi lenti, regolari. “Che cosa dovrei fare?” In risposta, la sua pistola arrivò fino ai suoi piedi. “Perché adesso fai così?” “Ragiona un solo momento, agente Wulong.” Di nuovo la figura si avvicinò. “Perché dovrei temerti?” “Io ho una pistola, potrei ucciderti.” “No, non potresti. Il mio corpo e costituito anche da una percentuale di titanio, collocato sotto la pelle, per resistere ai colpi di arma da fuoco fino ai carri armati.” “…ah…” “Ti è chiaro ora perché non mi fai nemmeno venire dei dubbi?” Silenzio. “Fury, prima cosa intendevi? Con…mi vuoi…che cosa volevi dire?” “Tzè! Sei adulto e vaccinato, no? Pensaci.” Il suo primo pensiero corse a quella mano protesa verso il suo viso. La pelle era così fredda, ma nonostante le sue aspettative, si muoveva con delicatezza. Pensò alla sensazione di quel corpo freddo contro il proprio. E un fremito percorse la sua schiena. Ancora una volta l’assalitore lo bloccò contro il muro. Qualcosa di freddo gli si appoggiò alla fronte. “Non tentare inutili fughe, non ci metterei niente a riprenderti e farti fuori. E non voglio farti del male inutilmente.” Le labbra calde del poliziotto si premettero contro le sue. La lingua di Bryan le dischiuse appena, entrando in quell’anfratto caldo, ingaggiando una strana lotta con quella dell’eterno rivale. Intanto, le mani entravano sotto il tessuto della camicia, facendo rabbrividire l’altro, al contatto con la pelle bollente, contro quelle mani fredde, lisce, affusolate e così esperte. Con le dita, Fury arrivò a sfiorare un capezzolo. Wulong ebbe un sussulto, si lasciò sfuggire un gemito, il primo di una lunga serie. Il poliziotto si ritrovò presto senza camicia. Una mano del compagno salì al volto, accarezzando una guancia, per poi infilarsi fra i capelli, fra quei bellissimi capelli neri come la notte, così lisci e morbidi, la seta più pregiata, al tatto di quell’uomo innamorato, non avrebbe minimamente retto il confronto. La bocca dell’assassino si spostò sul collo di Lei, strappandogli un mugolio a metà tra lo scocciato, per il perduto contatto con quelle labbra, e l’eccitato, per le sensazioni che era in grado di trasmettergli. Le mani dell’uomo stringevano convulsamente il collo dell’amante, passando di tanto in tanto, distrattamente, tra i capelli corti, ispidi. Le dita affusolate di Bryan slacciarono i pantaloni ormai completamente inutili di Lei. Con un unico movimento secco, abbassò sia i pantaloni che i boxer. Si staccò di mala voglia dal compagno, ammirando il corpo che a lungo aveva bramato. Osservò attentamente ogni particolare, marchiandolo a fuoco nella sua memoria, per non dimenticare mai, per l’eternità, tanto era il tempo che gli restava sulla terra. Il torace muscoloso, le spalle larghe, su cui ricadevano morbidamente i capelli sciolti, lo sguardo scese velocemente agli addominali scolpiti, poi la svettante e fiera virilità eretta. Ed era alla sua completa mercé. “Bryan…” “Sì?” “Comincio a sentirmi un po’ stupido ad essere l’unico dei due completamente nudo.” “Rimediamo subito.” Detto fatto, si sfilò la maglia, arrivando al contatto con l’altro petto nudo. “E il resto?” Il killer si sporse verso il suo orecchio sinistro. “Pazienta, ogni cosa a suo tempo, agente.” Di nuovo si baciarono, avvertirono ancora quei sapori, quelle sensazioni. Le labbra di Fury, gelide, con uno strano sapore quasi metallico, misto a quello dolciastro della nicotina, avevano uno strano potere erotico sulla mente di Lei. Quando le dita frementi di Lei sfiorarono la cicatrice sulla schiena, l’uomo si bloccò improvvisamente. “Bryan...cos’è?” “Niente, un piccolo monito di come dovrò passare l’eternità su questa terra.” Il poliziotto fece come per allontanarsi, ma fu afferrato per la vita e costretto nuovamente contro il gelido cemento della parete. “No, non si fa, agente.” Le labbra dell’uomo (?) corsero al collo della vittima, mordendo lievemente la pelle sopra la carotide, passandoci varie volte la lingua, per sentire il sangue che scorreva caldo sotto la pelle, poteva sentire battere il cuore. Era veloce, irregolare, un non so che di concitato, nel ritmo del battito. Il collo del compagno lo divertiva e lo eccitava più del resto. Una parte così vitale, importantissima. Sarebbe bastata una pressione troppo forte e l’altro sarebbe stramazzato al suolo, privo di sensi. Per questo ne era così eccitato, l’idea di avere il completo dominio creava in lui una sorta di sollecito. Mancava poco alla completa conquista di quel territorio nuovo, che pareva essere inesplorato, almeno per i suoi intenti. Una mano scese ai glutei sodi del poliziotto, separandoli, sfiorando l’apertura. Wulong ebbe un singulto. Essere violato dove nemmeno lui si era mai toccato, essere completamente sottomessi a qualcuno, per di più un suo nemico, non rientrava nel suo ordine d’idee. Un uggiolio* contrariato sorse dalla sua gola, motivando di più Fury, spingendolo a continuare. Con l’altra mano cominciò a stimolarlo, accarezzando con veemenza il membro turgido. Una tempesta di sensazioni pervase Lei, il piacere di quelle dita fredde, a contatto con la pelle bollente, quelle strane carezze. Veniva sfiorato, poi le dita si ritraevano, tornando poi ad attaccare, in uno strano ritmo. In quel momento si rese appena conto di ciò che l’altro stava facendo, anche se era ormai giunto ad infilare in lui due dita. Provò a sfilarle, provocando un mugolio di protesta. Rientrando, aggiunse il terzo dito. I gemiti si fecero più forti, i fianchi si muovevano, esigendo di più. Ormai ad un passo dall’orgasmo, Lei si sentì abbandonare dalle mani dell’altro. Non sentiva neppure più il respiro concitato. Se n’era andato? Improbabile, ma non impossibile, ma cosa ne avrebbe ricavato? Era ancora tutto buio, non poteva accertarsi di dove fosse. Raccolse da terra la pistola, pur sapendo che non sarebbe stata molto utile. Mosse qualche incerto passo in avanti, tentando di ritrovare Bryan. Sentì una specie di mantello che gli veniva posato sulle spalle, di nuovo le ormai famigliari mani fredde. Inconsciamente, se ne sentì rassicurato e protetto. “Vieni con me.” Gli disse Fury, allacciandogli in vita qualcosa di simile ad una cintura, chiudendo quella che ormai aveva intuito essere una vestaglia. “Dove?” “Non importa, tu seguimi.” Bryan gli prese la mano, portandoselo dietro. Perché Lei si sentiva così sicuro alla presenza del suo **peggior nemico**? Non doveva esserne almeno in parte **spaventato**? No. Qualcosa gli diceva che non aveva motivi per preoccuparsene. E lui si fidò del suo istinto. Le sue pupille ormai assuefatte al buio furono aggredite dalla luce di alcune candele. Era una luce fioca, ma sufficiente a lasciarlo momentaneamente abbagliato. “Tutto a posto?” Finalmente il poliziotto riuscì a vedere quello che lo circondava. Erano in una stanza, le cui pareti, ed anche il soffitto, erano coperte da drappi di velluto nero. Sul pavimento c’erano enormi cuscini scuri dall’aria soffice. Dai candelabri di ferro battuto, candele dai colori tetri mandavano bagliori sinistri, accompagnati da profumi forti, vagamente stimolanti. Lei guardò ciò che aveva addosso. Una vestaglia di seta nera, decisamente grande per lui. Pensò appartenesse a Bryan e ce lo immaginò, provocandosi un’altra erezione al solo pensiero del corpo scolpito, così pieno di cicatrici che non facevano che accentuarne la sensualità, stretta dal tessuto, che fasciava perfettamente i muscoli ben torniti. Vedendolo arrossire, il killer si stupì del fatto che quell’uomo fosse così pudico. “C’è qualcosa che non va?” “Che posto è questo?” Per tutta risposta l’altro cinse la vita dell’altro, baciandolo sensualmente. L’impazienza spinse le mani del poliziotto a slacciare i pantaloni al compagno, liberando la chiara eccitazione, fino a quel momento repressa dalla stretta pelle rettile*** che l’avvolgeva. Non lo spogliò completamente, lo lasciò in mutande. “Che c’è? Sei timido?” Il poliziotto si limitò ad uno sbuffo spazientito ed uno sguardo irritato. Il compagno lo gettò su uno dei grandi cuscini, quindi si diresse verso un candelabro e raccolse una candela. Con incedere lento posò a terra l’oggetto e sparì fuori dalla porta, per poi rientrare con le manette di servizio del compagno. “Che ci vuoi fare con quelle?” “Usa un po’ d’immaginazione, mai sentito parlare di De Sade?” “Che cosa vuoi farmi?” Con uno scatto fulmineo, Bryan ammanettò l’altro al candelabro retrostante. “Per prima cosa, bloccarti.” Quindi prese in mano la candela e la avvicinò pericolosamente al ventre dell’altro. “Bryan…” “Ssssssh.” Fury inclinò la candela. Una goccia nera cadde sulla pelle chiara del poliziotto. Un grido di dolore squarciò l’aria. “Andiamo, non ti sembra di esagerare? È soltanto cera.” “…ngh!...è cera bollente, mi sono ustionato e tutto quello che sai dire è: è soltanto cera?!?” “Se è così…” Il killer staccò la cera rappresa con le dita, quindi leccò la pelle arrossata. Un gemito sofferente, con una sfumatura di piacere, rispose all’azione. Fury proseguì l’operazione, risalendo lungo il torace, seguendo la linea dello sterno. Tornò a torturare il collo, in un gioco di morsi e leccate che sembrava eccitare il poliziotto. Con le dita giocava con il capezzolo sinistro. Gemiti trattenuti e mezzi sospiri riempivano la stanza. Improvvisamente le attenzioni di Bryan tornarono al torace. Il killer cominciò a succhiare e mordicchiare l’altro capezzolo, Wulong buttò indietro la testa dando voce a tutto il suo piacere senza più trattenersi. Bryan interruppe l’operazione. Baciò la vittima, lasciando carta bianca a Lei, che succhiò avidamente la sua lingua. Di malavoglia si staccarono e si fissarono negli occhi. Da parte di Bryan, uno sguardo sprezzante e avido; da parte di Wulong, un ardente desiderio lampante negli occhi scuri. Ancora una volta, Fury abbandonò il corpo del compagno, provocando mugolii di protesta che zittì con uno sguardo gelido. “Stai buono lì e non pensare a come liberarti, altrimenti ti ammazzo.” <E chi si muove?!> Quando tornò, Bryan aveva in mano una benda. “E adesso che intenzioni hai?” “Aspetta e vedrai, anzi, sarebbe più corretto dire che sentirai. Ahahah!” Infatti, poco dopo gli calò sugli occhi la benda. Un dito percorse il solco tra le labbra, violando delicatamente la bocca del prigioniero. Lei baciò la punta del dito, cominciando a leccare, ed infine a succhiare, senza poter vedere la reazione che stava scatenando sul suo carnefice. Al primo dito ne aggiunse se ne aggiunse un altro. “Avanti, fammi vedere quanta voglia hai.” Il poliziotto spinse la bocca fino all’attaccatura delle dita, mordicchiando di sfuggita e suggendo tra gemiti dovuti alla tensione e alle carezze dell’altro. Bryan ritirò lentamente le dita, per congiungere le sue labbra a quelle del prigioniero. Nel frattempo la mano scese all’apertura e con l’indice cominciò a preparare Lei al dopo. Contrariamente alle aspettative, però, il poliziotto serrò con forza le gambe. “Se non mi sleghi, il mio bel culo te lo puoi sognare.” “Ah, davvero? E da quando saresti così deciso?” “Mi vuoi o no?” “Dannazione, sì!” “Allora toglimi le manette. Molto semplice, no?” “Tzè! Potrei violentarti, lo sai?” “Non lo faresti.” “E perché sei così sicuro?” “Perché se no l’avresti fatto dall’inizio, no?” “Mi piace come ragioni.” Poco dopo, Wulong si ritrovò i polsi liberi, anche se aveva ancora la benda sugli occhi. Quando fece per levarsela, Bryan lo fermò. “Ho detto che puoi slegarti, non che la benda te la puoi togliere, e comunque adesso tocca a te. Sdraiati, allarga le gambe e lasciami fare.” Lei obbedì, aspettando in silenzio che il carnefice cominciasse. “Mio Dio, sei di una bellezza sconvolgente.” Il poliziotto sorrise appena, stupendosi che dalla bocca di Fury potesse uscire un complimento. E in più con quel tono! Un breve fruscio di tessuto, una pressione esitante tra le gambe e poi un dolore lancinante lungo tutta la colonna vertebrale. Pochi attimi, e in mezzo al dolore si fece largo un’altra sensazione, un piacere fisico del tutto inaspettato, man mano che il ritmo delle spinte si faceva più regolare, il dolore ed il fastidio venivano rimpiazzati dall’estasi. Gemiti incontrollati si intrecciavano, si fondevano a mezz’aria, esplodendo in grida di piacere puro, perle di sudore andavano perdendosi tra i due corpi avvinghiati, giochi di labbra, danza o lotta tra le lingue che si cercavano, pelle bollente assaporata da una fredda bocca. Il mondo attorno andava scemando, idee, pensieri e sensazioni vorticavano furiosamente in una mente annebbiata dal piacere. Un urlo squarciò l’aria, un altro si unì e la libidine esplose, respiro affannoso della gioia o del desiderio, abbraccio tenero di due amanti sfiniti, infine l’amore. Bryan gli tolse la benda. Un lunghissimo minuto a fissarsi negli occhi. “Ti amo, tu questo lo sai?” Lei sospirò, un tocco gentile sulle labbra dell’altro. “Ormai ti appartengo. Anima e corpo. Per sempre.” “Sei un bugiardo. Non potrai starmi a fianco per sempre. Hai un tuo lavoro, una tua vita. Siamo due mondi contrapposti. “Allora facciamoli unire. Anch’io ti amo.” “Sei la prima persona al mondo alla quale abbia mai detto una cosa del genere.” “E tu sei il primo che lo sente da me. Sinceramente, almeno.” “Non siamo proprio due rubacuori, eh?” Un sorriso dolce, quasi materno. “Pare proprio di no.” Sospiri pensierosi. Sbuffi d’indecisione. “Vorrei poterti stringere così in eterno.” “E’ strano, anche se la tua pelle è fredda, sento come un tepore.” “Dicono che sia l’anima innamorata a scaldare un’abbraccio.”
“Dicono anche che le mani fredde siano tipiche delle persone innamorate.” “Ora
che sei con me è come se finalmente avessi riempito un vuoto nella mia
anima.” “Hai freddo?” “Solo un po’.” “Aspettami qui.” Passi che si allontanavano, ampia figura di spalle che scostava una pesante tenda nera e attizzava il fuoco nella stufa retrostante. Pareti trasparenti di vetro. Le fiamme che guizzavano vivaci creavano strani riflessi. “Hai un bel corpo, sai?” La figura voltò la testa, espressione interrogativa. “Dico davvero.” Bryan abbassò il volto. “Grazie.” “Bryan.” “Cosa c’è?” “Niente, ma vorrei continuare in eterno a chiamarti. Amo il tuo nome quanto amo te.” Fury raccolse una coperta e tornò da Lei. “Vieni qui con me.” “Hai ancora freddo.” “Un po’ sì.” Bryan si sdraiò accanto all’altro, coprendo entrambi con il telo. “Lei.
“Mh.” “Non ho intenzione di lasciarti.” “Lei…” “Dimmi.” “…ti amo.”
(?) Non sono esattamente sicura di poterlo definire uomo inteso come un essere umano. *Lo so che uggiolare si usa per i cani, ma rende l’idea, no? **Ormai è solo un’idea lontaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaana dalla sua mente. ***Sono pantaloni di pelle di pitone. Molto poco ecologico >.<# Che dite, si vede molto che l’ultima parte l’ho scritta dopo aver letto Hiroshima mon amour?
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