Buon Halloween!!! Naturalmente anche questa fic è stata scritta solo per avere la D nella colonna del rating ^o^



La dama e il suo principe

di Hymeko

‘Ma perché mi sono lasciato convincere?’
Sospirando, il Faraone si grattò piano la nuca, dove la parrucca gli dava più fastidio. Ancora non ci credeva, aveva davvero accettato di…vestirsi così. In mezzo a tutta quella gente, poi! Se i suoi sudditi l’avessero saputo…
‘Ma di che mi preoccupo?’
pensò, ricordandosi che non era più un sovrano, e che il suo popolo era morto da circa cinque millenni…il più era ritrovare i suoi amici.
"O non ritrovarli affatto"
mormorò speranzoso, prima di tentare di rallentare il battito del cuore, mordendosi la lingua. Doveva stare attento a come parlava, non doveva farsi riconoscere. E certi pensieri non erano proprio gentili.
‘Non mi importa la gentilezza!’
pensò duro, avanzando a piccoli, misurati passi verso uno dei saloni della festa. Anche se non aveva ricordi del suo passato, era stato così duramente addestrato a essere un regnante, che il portamento regale gli era rimasto inciso nel DNA. Sguardo fiero e fisso di fronte a sé, nessuna esitazione, naso un po’ in su, spalle e schiena ben dritte, incedere sicuro. Certo, era vestito da dama e il tutto doveva essere ammorbidito un po’, ma la sostanza era quella.
Il profumo delle candele speziate lo solleticò, quando varcò l’ingresso della sala.
Subito un cameriere elegante gli si avvicinò, e con un piccolo inchino gli porse un cocktail.
‘Analcolico’
Il liquido d’un intenso color crema lo aveva fatto sperare, ma in fondo era logico che non servissero alcolici. Quella era un festa per liceali.
‘Anche se a me servirebbe ben altro’
Aveva bisogno di qualcosa, per vincere la sua paura. O per annegare la delusione. In fondo, per lui, erano la stessa cosa.
Tutto ruotava attorno a una persona, che in teoria avrebbe dovuto non essere lì, ma che di certo c’era. Ne era sicuro.
Il suo miglior rivale non avrebbe mai disertato una sfida del genere. Anche se, per una volta, non c’entravano duelli, carte o il mondo da salvare.
‘E neppure io, in un certo senso’
pensò, trapassato subito da una fitta di gelosia.
Seto Kaiba era suo, di nessun altro!
Scuotendo la testa, avanzò lungo una delle pareti, osservando tutte le persone presenti nella sala. Erano così tante…ma perché aveva dovuto invitare cinque scuole diverse? Di ragazzi alti come Kaiba, coi suoi occhi, ce n’erano parecchi…quanto ci avrebbe messo a trovarlo?
Gli studenti, tutti in costume, parlavano e ridevano, alcuni danzavano…una festa a tutti gli effetti.
E, al centro, l’autore di tutto quello sfarzo: Ren Nakano, unico erede di una multinazionale informatica straniera, di cui non ricordava il nome. Il Faraone lo fulminò con lo sguardo: davvero quel bamboccio pensava di poter mettere in discussione la leadership della Kaiba Corp?
"Povero illuso"
ridacchiò. Ricordava ancora con un brivido il sorriso diabolico del compagno di classe, quando Nakano era andato a parlare alla loro assemblea generale, e li aveva invitati quasi tutti. Solo di una persona sgradita, aveva parlato. Cui l’invito non era esteso.
E le labbra di Kaiba si erano tese in ghigno da spezzare le gambe. Non aveva detto nulla, naturalmente. La vendetta è un piatto da consumare freddo. E Kaiba lo sapeva perfettamente.
‘Chissà se Nakano ha organizzato una festa in costume per poterlo smascherare in pubblico’
si chiese, provando un po’ di pietà per l’ingenuo pivello. Non avrebbe mai scoperto il ragazzo dagli occhi di zaffiro, se questi non l’avesse voluto.
Scollando le spalle, il Faraone continuò la sua cerca, chiedendosi come facessero le donne a portare i tacchi alti. Non che i suoi fossero vertiginosi, ma…gli facevano male i piedi. Ma perché s’era lasciato convincere da Anzu a metterle? Perché soprattutto era vestito da dama francese di metà seicento?
‘Perché la parrucca alta tre piani è l’unica cosa in grado di mascherare i miei capelli’
si ricordò per l’ennesima volta, ripensando alle parole dell’amica. In effetti, il suo ragionamento filava…quella era una festa in maschera, con un premio finale per il costume migliore, se la vera identità della persona fosse rimasta segreta fino alla fine. E dato che lui era il Re dei Giochi, in teoria avrebbe dovuto vincere anche quella sfida. Ma una parrucca da donna era l’unico modo con cui si potevano nascondere quei suoi capelli.
‘Di conseguenza, anche il vestito…’
Si ammirò nel riflesso di una porta finestra. In effetti, era un bel vestito. Color pervinca, abbastanza orlato di pizzi e fiocchi da non far capire che il reggiseno imbottito era ripieno di fazzoletti di carta.
La maschera dorata, finemente cesellata, copriva più o meno metà del suo viso. Anzu l’aveva convinto a non indossare lenti a contatto, obbligando anche gli altri suoi amici a portarle viola, come lei stessa aveva fatto…trovava i suoi occhi troppo belli, non pensava fosse giusto nasconderli. Di questo, la ringraziava di cuore…le doveva molto. L’aveva davvero camuffato bene.
Anche se, lentamente, si rese conto che…poteva davvero essere una ragazza. L’altezza non era un problema, le giapponesi non avevano certo la fama di essere delle pertiche. La vita stretta, sottolineata da un odiato bustino, che Anzu aveva ripescato da chissà dove, sbocciava in un petto liscio e perfetto, con un seno non esagerato. Anche questo era azzeccato: le nipponiche avevano seno quanto un tavolo da biliardo. Piano, il Faraone si accarezzò le spalle. Erano belle, tonde e lisce…d’improvviso, si guardò attorno.
Molti ragazzi lo guardavano di sfuggita, o più apertamente…e di certo non stavano rimuginando sulla sua vera identità…
‘Oh cielo…’
pensò correndo via, resistendo alla tentazione di invocare Il Dio dell’Obelisco, e di farsi portare via.
‘…sono una ragazza in fuga! Yugi accidenti a te!’
L’amico l’aveva convinto ad andare al posto suo: ricordandogli tutti i pericoli che aveva corso per aiutarlo, le volte che l’avevano ferito, che gli avevano rubato l’anima, e le persone che avevano sofferto a causa sua…l’aveva fatto sentire tanto in colpa, che alla fine aveva accettato.
E così, mentre lui sfuggiva agli sguardi lascivi di maschi arrapati e probabilmente sotto l’effetto di qualche strana erba, il piccolo Yugi se ne stava comodamente rincantucciato da qualche parte all’interno del Millenium Puzzle, affidato alla vigile custodia del nonno.
‘Dove sono gli altri???!!!’
si chiese alquanto disperato, afferrando un bicchiere di Coca gelata, per calmarsi. Anzu era vestita da majorette, Jono-uchi e Honda facevano Stanlio e Ollio, Ryo Bakura era David Copperfield…perché non li vedeva da nessuna parte?
‘Accidenti a te, Nakano!’
Li aveva fatti arrivare separati, per mantenere meglio le identità segrete. Organizzazione inappuntabile, certo. Erano andati a prenderli con una specie di trenino, direttamente alla loro scuola. Lui stesso aveva dovuto truccarsi da Anzu, e poi recarsi là in taxi. Grazie al cielo aveva trovato un’autista donna!
‘Ma intanto siamo divisi’
lo maledisse di nuovo, chiedendosi se i suoi amici fossero già lì. Almeno non sarebbe stato solo, ad affrontare quegli sguardi maniaci. Non riusciva a capire…erano gli uomini di quell’epoca a esser dei veri maiali, o lui irresistibile?
‘Spero la seconda’
pensò, prima ancora di rendersene conto. E incrociando le dita, si augurò d’esserlo anche per un certo ragazzo dagli occhi blu.
Una pendola settecentesca, dai cupi riflessi d’ebano, batté le nove e mezza…il Faraone affrettò il passo, quasi inciampando nella lunga gonna, cercando un posto dove potersi rifugiare, al sicuro da quegli occhi.
Cosa avrebbe fatto, se uno di loro lo avesse invitato a danzare? La serata era lunga, e lui correva il rischio di esser risucchiato in un vortice tumultuoso di balli. E non voleva.
Non con un estraneo che, probabilmente, puzzava di birra.
Desiderava solo ritrovare i suoi amici, e ridere con loro. O incappare in Kaiba, e farsi proteggere da lui. Ecco, quello sì che gli sarebbe piaciuto.
"Ehi bella dama, dove corri così?"
Il Re dei Giochi mandò giù un amaro boccone d’aria. La sua paura si stava concretizzando, aveva fatto colpo. E non era Kaiba.
Facendo finta di non aver sentito, svicolò in un corridoio senza lampade, illuminato solo dallo sfavillio delle sale che vi si affacciavano. Attraversando come un fantasma le cascate di luce, che splendevano attraverso le porte spalancate, il Faraone svoltò a destra, sperando di trovarvi la propria salvezza.
C’era solo una porta finestra aperta. Poi il balcone, che costeggiava l’intera facciata dell’edificio.
La risata alticcia dello studente che lo aveva apostrofato s’avvicinò…il ragazzo comprese in fretta di non avere scelta.
Uscì sul balcone, e si infilò nell’ombra di una pianta profumata, senza guardarsi attorno.
Poi iniziò a pregare.
Cigolando piano, la finestra si aprì di nuovo, e una grossa figura si fece largo, avanzando piano nella luce della luna. Barcollava un po’, col peso dell’alcool che gli gravava nelle vene.
Cosa avrebbe fatto, se gli avesse messo le mani addosso? Non aveva il suo Puzzle al collo…sarebbe stato in grado d’evocare il potere che aveva latente in sé, anche senza quello?
"Scusami…no, non volevo disturbati…vado via subito!"
Il Faraone tirò un leggero sospiro di sollievo, benedicendo la persona che aveva così spaventato il suo ammiratore. Dall’andatura con cui l’aveva seguito, dal rumore dei suoi passi, non gli era sembrato un giovane minuto…chiunque fosse il suo salvatore, doveva avere un grandissimo carisma, per farsi obbedire così da un ubriaco.
Ascoltando col cuore in gola i rumori che provenivano dall’interno, si protese oltre la pianta, per sbirciare il lungo balcone. Non aveva visto nessuno quando s’era precipitato nel suo nascondiglio, ma riconosceva di non aver affatto guardato bene.
Sussultò, e per poco non tirò un grido pauroso, quando i suoi occhi incontrarono un paio di vividi zaffiri, proprio di fronte a loro.
Era di certo lui, il suo salvatore. E sapeva che s’era nascosto lì…non aveva scacciato quel tipo per fastidio personale, o altro.
L’aveva fatto per lui.
Gli occhi color del cielo brillarono, mentre il giovane si inchinava, e gli porgeva la mano.
Ipnotizzato da quelle due pietre preziose, il Faraone adagiò il proprio palmo in quello dell’altro, e si lasciò aiutare ad alzarsi. La gonna lo impacciava molto, i rametti della pianta sembravano volerlo trattenere lì, come piccoli artigli stecchiti, che non acconsentivano a lasciarlo andare.
Ma l’altro fu un vero cavaliere. Spostando con un braccio i rami più lunghi, gli permise di uscire senza troppe difficoltà. Era forte ma asciutto, alto e molto magro, con lunghe mani racchiuse in un paio di guanti candidi.
Ed era vestito come un principe…no, forse un imperatore…aveva già visto quelle vesti, la giacca di un chiarissimo color panna, la fascia che portava di traverso, le decorazioni, e i pantaloni rossi con una striscia in verticale, sul lato della gamba. Era…in un film visto con Yugi, forse. Di un regnante occidentale, anche se la protagonista in realtà era la sua sposa, una bellissima principessa con dei magnifici boccoli castani, la pelle di porcellana e un bocciolo di rosa come bocca.
Quando il ragazzo gli sorrise, il Faraone si riscosse. Non era stato un vero sorriso, assomigliava…al raggiungimento della comprensione.
‘Che mi abbia riconosciuto?’
Il ragazzo più basso avvampò, deglutendo. Il cuore gli batteva come un disperato, mentre la maschera sul suo viso veniva sondata dallo sguardo celeste.
Sembrava…gli assomigliava davvero tanto…poteva forse essere…aveva il diritto di sperarlo?
Poteva pregare di esser stato salvato da Seto Kaiba?
Certo, il fisico era il suo. Suo ma anche di altri ragazzi, invitati lì.
Ma il viso era totalmente nascosto, occhi e bocca a parte. La maschera, d’argento finemente lavorato, era persino più grande di quella che portava lui. A forma di farfalla stilizzata, non copriva solo l’indispensabile.
E nemmeno i capelli sembravano i suoi. Tirati all’indietro, impiastricciati con lacca e brillantina, sembravano anche possedere venature dorate, che Kaiba non aveva. Certo, poteva anche essersi fatto delle mèche, dei colpi di sole o quel cavolo che erano, non l’aveva mai realmente capito, i suoi capelli erano già problematici così, senza che si mettesse anche a pasticciarci.
‘Cosa devo fare?’
Da quanto si stavano guardando? Cosa aveva capito il suo salvatore? Sapeva che era un maschio, in realtà? L’aveva riconosciuto?
Voleva davvero sapere se quello era il suo rivale. Quella maschera così grande poteva esser un modo per non farsi riconoscere, ma avrebbe anche potuto spingere Nakano a controllare.
Non lo sapeva, però…sentiva di potersi fidare. Desiderava fidarsi. E voleva che quello fosse Kaiba.
Gli occhi azzurri si scurirono un attimo, quando la musica di un valzer filtrò dalla sala vicina.
Un attimo di imbarazzo, poi il ragazzo più alto si inchinò, e gli porse ancora la mano.
Senza una parola, che avrebbe potuto compromettere le loro identità, il Faraone annuì.
Avrebbe ballato con lui, anche solo per gratitudine.
Mentalmente, ringraziò Anzu, che gli aveva insegnato a ballare come una donna. Era come volare fra le stelle, sulla luce della luna. Non gli importava più nulla. I suoi amici erano solo un lontano ricordo, lo scocciatore di prima non esisteva più.
Solo loro due, e quella brama incomprensibile di tendere il viso verso di lui.
Sì, era Kaiba.
La voglia di farsi baciare lo assaliva ogni volta che si incontravano, quella non poteva essere una coincidenza.
Un po’ imbarazzato, si morse l’interno delle labbra. Doveva stare attento…non sapeva nulla dei reali sentimenti del rivale.
Non era certo che l’avesse riconosciuto…forse l’imperatore di fronte a lui, stava sognando di danzare assieme a una ragazza dal bel corpo sottile.
Una fitta al cuore per poco non lo fece inciampare, mentre rimpiangeva di non aver portato con sé nemmeno un Millenium Item. Forse, col loro aiuto, avrebbe potuto scoprire la sua identità.
Un brivido lo attraversò, mentre le note li sfioravano.
Cosa avrebbe fatto, se avesse scoperto che quello…non era Kaiba? Se il suo istinto avesse fallito?
Con un sorriso, il Faraone rispose al cenno impensierito dell’altro. Non si sarebbe preoccupato per niente. Non aveva modo di svelare la sua identità, quindi…non gli rimaneva che aspettare.
Sarebbe stato la sua dama, per quella sera. Si sarebbe divertito. E se, nel frattempo, avesse anche avuto il modo di scoprire la verità, non se lo sarebbe lasciato sfuggire.
………
Non si erano ancora detti nulla. Era una delle tacite regole del gioco, in effetti. Parlare avrebbe aumentato le possibilità di esser scoperti.
Ma a lui iniziava a stare stretta, come regola. La curiosità, unità ai suoi sentimenti, rodevano dall’interno la sua sicurezza.
‘Anche se, in effetti, il silenzio è un punto a favore di Kaiba…’
pensò fra sé, osservando il cocktail analcolico che scintillava nel suo bicchiere. Il suo cavaliere l’aveva preso a caso, fra quelli disposti sui tavoli, ma non aveva sbagliato. Anzi, aveva scelto quello che gli piaceva di più, li aveva assaggiati più o meno tutti, da quando era lì.
Al primo colpo, senza che lui dicesse nulla. Poteva essere un caso, forse lo era. Ma se, inconsciamente, Kaiba si fosse ricordato dei suoi gusti, e avesse automaticamente agito di conseguenza? Aveva sempre detestato l’ananas, il suo odore lo infastidiva, e trovava il sapore disgustoso. E, nonostante fosse presente nella maggioranza di quelle bevande, gli aveva portato proprio una delle poche senza.
‘Kaiba…sei davvero tu?’
pensò intensamente, ben sapendo che l’altro non poteva sentirlo.
‘O forse sì?’
Lo aveva guardato all’improvviso, ne era certo. Il suo compagno stava tranquillamente assistendo a uno degli intrattenimenti, e inaspettatamente s’era girato verso di lui.
Come se…l’avesse percepito. E avesse risposto al suo richiamo.
Sentiva un rivolo di sudore scivolare lungo la sua spina dorsale. Si stavano fissando come due amanti. Persi l’uno negli occhi dell’altro. Azzurro e viola, da sempre. Forse anche in passato lui s’era innamorato della vita precedente di Kaiba…provò un tuffo al cuore, e avvertì il rimpianto delle sue labbra sulle proprie. Erano morbide e dolci, sapevano di buono, e lo baciavano piano…non era un ricordo vero e proprio, solo la sensazione che tutto fosse perfetto.
Si riscosse quando l’altro si alzò. Il suo sogno misto a memoria svanì. Il siparietto comico era finito.
Di colpo, le luci lo ferirono, incarnazioni di una crudele realtà, che continuava a perseguitarlo, ricordandogli che in quel tempo, lui e Kaiba erano semplicemente, solamente, unicamente rivali.
Null’altro.
‘Maledizione!’
Non aveva il tempo di pensare ad altro. Aveva intravisto i suoi amici, probabilmente alla sua ricerca.
‘Speriamo non mi abbiano visto!!!’
senza pensare, afferrò il polso del compagno e, con veloce compostezza, lo trascinò via.
‘Meno male, non fa resistenza’
Probabilmente era divertito da quell’iniziativa, forse aveva capito che nella sala erano entrate persone sgradite…non lo sapeva, l’importante era che lo seguisse. Che stesse sempre con lui.
‘O quasi’
ridacchiò, fermandosi davanti a un bagno, e indicandogli la toilette femminile. Lui era pur sempre vestito da donna, poteva entrarci!
‘Sperando non ci sia nessuno dentro…e che il vestito non mi impacci troppo…’
Una musica vivace esplose dalla sala più vicina…era iniziato un nuovo giro di danze.
‘Avrò qualche attimo di relax…’
sperò, scivolando oltre la porta.
In effetti, l’interno risultò vuoto, anche dopo aver sbirciato nei bagni. Tutte le ragazze stavano certamente danzando, e si sarebbero incipriate il naso fra un ballo e l’altro.
"Meno male"
mormorò, liberandosi dalla maschera dorata. Non ne poteva più.
Il Faraone si guardò allo specchio, un po’ preoccupato per la pelle del viso. Per il lungo contatto con la maschera, s’era un po’ arrossata.
‘O forse è solo che sono imbarazzato’
Scuotendo il capo, si sciacquò. Aveva bisogno di qualche minuto, per riprendere fiato. Stare troppo vicino a quel ragazzo gli stava dando alla testa. Doveva calmarsi, e tornare là fuori più sereno.
‘Non potrò scoprire la verità, se sono troppo agitato’
………
Erano passati circa quindici minuti, da quando era entrato. All'uscita, il suo cavaliere non era più lì.
"Sarà andato a prendere da bere…"
mormorò, con un peso sul cuore…era stato così certo di vederlo lì, ad attenderlo.
I suoi occhi si posarono sulla porta accanto quella da cui era appena uscito:
"…oppure è in bagno…"
Senza pensare a nulla, togliendosi semplicemente la maschera, col solo desiderio di scoprire dove fosse, il Faraone entrò nel bagno degli uomini.
Nulla. Completamente deserto.
Con la flebile speranza che la maschera nascondesse la sua espressione avvilita, se la posò sul volto prima di uscire.
Nessuno…non c’era nessuno.
Il ragazzo sentì lo stomaco rivoltarsi. Se n’era andato, l’aveva lasciato solo.
Quasi correndo, si infilò nella sala più vicina.
I tavoli erano circondati da coppie che mangiucchiavano, la musica era cessata. Era il momento di rilassarsi, di ridere e scherzare. In tanti chiacchieravano, brindando alla giocosa felicità di quella serata.
Ma lui non era lì.
Perlustrò la sala, il suo sguardo frugò ovunque, mentre gli occhi tentavano di trattenere le lacrime colme d’amarezza.
Dove aveva sbagliato? L’aveva così tanto annoiato, da farlo scappare alla prima occasione?
Uscì di nuovo.
Troppa rabbia verso se stesso, troppa vergogna.
Cos’aveva di sbagliato? Perché non gli andava bene?
‘Kaiba…’
D’improvviso, si trovò a sperare che non fosse lui. Di aver ballato con un estraneo, di aver perso la testa per il paio d’occhi sbagliato.
Anche nella sala successiva era un momento di pausa.
Ma non era neppure lì. Molti ragazzi lo guardavano, un paio gli avevano anche fischiato dietro.
Lui li aveva a malapena sentiti. Non aveva tempo da perdere con loro. Dove poteva essere?
‘Il balcone!’
Alzando lievemente la gonna, perché non lo impacciasse, il Faraone corse via, al luogo del loro primo incontro.
‘Magari voleva solo prendere una boccata d’aria…sì, di certo è andata così’
Sentendosi molto stupido, per non averci pensato subito, ricominciò a sperare. Era stato semplicemente un malinteso, probabilmente si erano mancati per pochi minuti.
‘In fondo è anche colpa mia, sono rimasto dentro troppo!’
Tentano di giustificare la sua assenza incolpandosi, il giovane si affrettò sul balcone. E il suo sorriso si spense.
Non c’era…non era neppure lì.
Il terrazzo pullulava di coppiette che pomiciavano, e alcune lo stavano guardando anche male, ma a lui non importava. Le esaminò tutte, a costo di passare per maniaco. Ma non lo trovò.
Infischiandosene delle occhiatacce, controllò anche la pianta dietro cui s’era nascosto.
Nessuno. Se n’era andato, probabilmente.
Il suo cuore non era più pesante. Semplicemente, non esisteva più. Era diventato di pietra, aveva smesso di sanguinare. E di chiedersi il perché, di darsi la colpa. Non faceva più male.
Deglutendo, tornò in una sala. Aveva bisogno di bere qualcosa di fresco. Di sedersi a riposare, e poi ballare e divertirsi. Scatenarsi.
Qualsiasi finzione sarebbe stata meglio delle lacrime…
"Faraone?"
Il ragazzo si riscosse, soffocando un grido.
"Anzu…ragazzi…"
Non si preoccupò di mascherare la voce. I suoi amici erano lì, attorno a lui. Lo guardavano sorridendo, pronti a sostenerlo, come sempre avrebbero fatto. Un po’ impacciati da strati di gommapiuma o di pelliccia, si strinsero attorno a lui.
"Non stai bene? No? Avanti…lo sai che noi saremo sempre al tuo fianco…puoi confidarti con noi"
La ragazza si sedette al suo fianco, sorseggiando un succo d’ananas…il giovane arricciò il naso, ma non disse nulla.
Non aveva voglia di parlare. Di niente. Neppure di una sciocchezza come un odore che non piaceva. Non desiderava confidarsi con loro. Non che non si fidasse, ma i suoi sentimenti verso Kaiba erano qualcosa di troppo intimo, per parlarne. Con Jono-uchi poi…chissà quanto avrebbe urlato, se avesse saputo di chi si era innamorato…
Scosse la testa. Non ne aveva parlato neppure a Yugi, che dopotutto era la persona a lui più vicina…
"Ho solo un po’ di mal di testa"
mentì, pur di alleggerire la pressione. Non gli piaceva mentire ai suoi amici, ma davvero non se la sentiva. Voleva solo…rifugiarsi in un angolo riparato, e starsene in pace per un po’.
Se solo il balcone fosse stato libero, si sarebbe potuto di nuovo rincantucciare dietro la pianta…
"Ho io la soluzione!"
Ollio/Honda si frugò nelle tasche, e ne estrasse un’aspirina mezza distrutta, ma con la confezione integra:
"Ecco, prendi questa. Aspetta che ti recupero un po’ d’acqua"
"G-Grazie"
Il Faraone si sentì ancora più in colpa. Non solo aveva mentito loro, ma i suoi amici si stavano comportando anche così gentilmente. Che diritto aveva lui, di prenderli in giro così? Di mentire su un argomento tanto serio, e di approfittare comunque della loro amicizia?
"Non preoccuparti, si sistemerà tutto…"
Anzu gli posò una mano su un braccio, strizzandogli un occhio:
"E non fare quella faccia da funerale, hai un sacco di ammiratori, sceglietene uno e divertiti! Sei uno splendore, Faraone!"
Involontariamente, il ragazzo sorrise. Non era da lei, che voleva sentirselo dire.
"E credo proprio che tu abbia fatto colpo su qualcuno…"
"Eh?"
Il giovane strabuzzò gli occhi, mentre la sala ammutoliva: di fronte a lui, un cameriere in formale livrea nera, gli tendeva un largo cesto, colmo di rose rosse.
Ma il ragazzo non vedeva quei fiori perfetti…il suo sguardo era catturato unicamente dalla maschera che vi era posata sopra, una sottile farfalla stilizzata, in argento minuziosamente rifinito.
Il suo cavaliere…non lo aveva annoiato…il suo cavaliere aveva pensato a lui.
E quella maschera posata su un cuscino di boccioli di rosa, era il suo modo per chiedergli scusa. Gli stava donando la sua identità.
"Wow…"
Il mormorio invidioso di Anzu lo riscosse…tutti stavano guardando lui, e quel cameriere che gli porgeva il cesto. Il brusio della sala raccontava solo della giovane mascherata in abito pervinca, che aveva ricevuto almeno un centinaio di rose. Le altre ragazze stavano già lanciando occhiatacce ai loro partner, rei di non aver fatto altrettanto. Presto la notizia si sarebbe sparsa per tutta la festa, e la curiosità avrebbe vinto sulla discrezione, e sarebbero incominciate le domande.
‘Cosa devo fare?’
Con mani tremanti, s’aggrappò all’unico appiglio che aveva: la maschera d’argento. Nell’attesa generale, la sollevò piano, portandosela al petto.
La folla emise un gemito: nascosto sotto l’argento lavorato, c’era un biglietto.
Scosso dalla speranza, il Faraone non esitò più: aprì la busta, e lesse fra sé quell’unica riga, abbeverandosi alla calligrafia perfetta, risvegliandosi da un brutto sogno:
La vita reale si è sovrapposta. Non avrei voluto. 4.01
Un impegno improvviso, qualcosa di serio si era frapposto tra loro.
Ma era tornato da lui, scusandosi.
"4.01…chissà cos’è"
mormorò Bakura, adocchiando il biglietto.
"Io lo so…"
Il Faraone si alzò di scatto, sistemandosi la maschera dorata sul viso. Poi sorrise ad Anzu, col cuore in gola.
"…custodiscimeli tu, per favore"
mormorò, correndo via.
Non poteva portar via tutti quei fiori. Con sé aveva solo la maschera d’argento, e il bigliettino.
‘4.01, l’Alcova della Musica’
Lo sapeva perché aveva studiato la pianta di quella villa, mentre andavano lì, sul trenino. Era stato uno dei pochi, da quel che aveva visto. Nessuno dei suoi amici l’aveva fatto.
Sorrise, mentre correva per i corridoi deserti. Nessuno lo stava seguendo, i suoi amici probabilmente avevano bloccato ogni tentativo.
‘Grazie’
pensò, colmo di gratitudine. Sarebbe stato merito anche loro, se…
‘Se che cosa?’
Rallentò, col cuore in gola. Non voleva arrivare all’appuntamento col fiatone. Guardò la maschera. Voleva davvero scoprire così la sua identità? Quel biglietto, era da Seto Kaiba?
Non lo sapeva…non ne aveva mai ricevuto uno, da lui.
Lo rilesse piano. Stringato, diretto, chiaro. Non una parola di scuse…non era il suo modo di farsi perdonare. Kaiba aveva sempre preferito i gesti…nonostante tutto, l’aveva sempre aiutato nelle sue battaglie.
Chiuse gli occhi, stringendo a sé la carta. Doveva essere lui.
Continuò a camminare, scortato da un valzer. Non veniva dai saloni di sotto. Il suono si spandeva leggero da un punto poco distante, di fronte a lui.
‘Una guida per il mio cammino’
pensò, rendendosi conto che era il primo valzer su cui avevano ballato.
Con leggerezza, scivolò fra le note gentili, sentendosi bene. L’amarezza provata fino a pochi minuti prima, era stata disciolta. Dalle rose, dal biglietto, dalla musica, soprattutto dalla maschera d’argento…quel misterioso cavaliere aveva un potere infinito, sul suo animo.
‘Dimmi che sei tu’
pensò, una volta arrivato davanti alla sala.
Poi abbassò gli occhi. La musica era cessata. Sorrise. Appoggiò la mano sulla maniglia, la strinse ed aprì la porta, lentamente.
Tenne gli occhi fissi sul pavimento, mentre entrava. Poi si appoggiò con la schiena alla porta, senza guardare di fronte a sé.
Non voleva vederlo in viso.
Avvertì un rumore di passi, e al limite del campo visivo scorse dei pantaloni rossi bordati, e i lembi di una giacca d’un tenue color panna, incorniciati da un leggero bagliore.
Era lui. Il suo modo silenzioso di muoversi, il profumo sottile che sprigionava, l’aura di potere che emanava…era lui.
L’aveva ritrovato. Ed erano di fronte uno all’altro, di nuovo.
Il Faraone chiuse gli occhi, e alzò il viso, sorridendo piano. Nell’oscurità, tese le mani di fronte a sé. Sui palmi, la maschera d’argento. Avrebbe capito, ne era sicuro. Doveva di nuovo indossare quell’esile argento.
Guanti che racchiudevano mani forti accarezzarono le sue, quando l’altro prese la maschera…il ragazzo rimase ancora a occhi chiusi, per sicurezza.
E dopo pochi attimi, si sentì baciare.
Il Faraone spalancò le palpebre, senza potersi ritrarre, intrappolato con delicatezza fra la porta e il corpo del cavaliere.
I due profondi zaffiri, che ben conosceva, lo fissavano dolcemente, a poca distanza dalle sue iridi d’ametista.
Lo stava baciando. Senza passione o violenza, solo il tocco morbido delle sue labbra.
Poi il giovane più alto si staccò, rimanendo a filo della sua bocca:
"Non ti ho aspettato…scusami"
Solo un sussurro, così leggero che sarebbe stato impossibile per chiunque, risalire alla vera identità.
L’altro sentì a malapena quella frase. Il suo cervello aveva compreso solo un particolare, che lo aveva attraversato come un fulmine, facendogli schizzare il cuore in gola: aveva parlato al maschile.
"Quando hai capito che sono un maschio?"
Stesso tono leggero, un po’ rauco per l’emozione…
"Appena ti ho visto"
sillabò l’altro, un lampo di soddisfazione negli occhi azzurri. Poi lo baciò di nuovo, con la stessa dolcezza, solo per fargli capire che no, non gli importava nulla dei pregiudizi.
Dentro il ragazzo più basso, qualcosa si sciolse, e una lacrima rotolò lungo il suo viso. Quello era…un sogno. Doveva esserlo. Era troppo bello, per essere vero. Le loro bocche, a contatto…era così tanto che non accadeva…dai tempi del Regno, quando lui aveva un’intera nazione ai suoi piedi…
"Ssshhhh"
Raccogliendo dalla maschera d’oro la lacrima, il principe gli porse la mano, invitandolo verso l’altro lato della sala.
Accanto al pianoforte, erano disposti bassi tavolini in legno scuro, lucido, sormontati da candele accese. Il loro profumo dolce dava un po’ alla testa, ma nello stesso tempo liberava la mente da tutti i freni. Lì, accanto a lui, con quella fragranza che stordiva le sue paure, il Faraone si sentiva davvero splendido, per la prima volta da quando Yugi aveva ricomposto il Puzzle.
Sul tappeto spesso, rosso cupo, il suo cavaliere aveva disposto una serie di cuscini, tutti in raso bianchissimo. Era come esser abbracciati da un accogliente strato di neve.
Attraverso le enormi porte finestre, una sottile falce di luna proiettava la sua luce su una montagna di salatini, sandwich e dolcetti, che scintillavano perfetti su vassoi di cristallo, decorati con altri boccioli di rose rosse.
Il Faraone non si chiese come avesse fatto a organizzare quella meraviglia, così in fretta. Tutto era così…irreale. Il ragazzo di cui era innamorato, una splendida alcova, la luna che baciava entrambi, cibi e bevande deliziose…senza pensare, senza preoccupazioni, senza un briciolo di paura, chiuse gli occhi. E appoggiò la testa alla sua spalla.
Sorrise, quando l’altro ragazzo gli cinse la vita, e lo strinse a sé. Non gli importava di sembrare davvero una ragazza. Stavano entrambi bene così, con le candele che scaldavano un po’ l’aria, e l’aroma della notte che riempiva la stanza…
Un botto, e il Faraone si rialzò di scatto.
‘Che diavolo…’
L’altro lo ritirò a sé, posandogli un bacio su una palpebra.
A breve distanza, altri due botti singoli.
"Sono solo fuochi artificiali…"
Un sussurro soffiato sulla pelle del suo collo, e il gemito del Faraone si perse nell’esplosione di una immensa dalia dorata…il ragazzo piegò inconsciamente la testa di lato, perché avesse libero accesso al suo collo.
E il suo principe non si face pregare…come aspettasse da tutta la sera quel momento, leccò piano quella cute perfetta, godendo dei sospiri che gli sfuggivano, frammezzati a preghiere incomprensibili.
Le dita fini di quella bellissima dama, s’erano intrecciate fra i suoi capelli, la passione gli bloccava la testa sul suo collo. Il ragazzo sorrise, osservando di sfuggita i colori dei fuochi artificiali, che gli coloravano la parrucca. Non sapeva di chi fosse quell’idea, ma era geniale…
"K-Ka---"
Il resto della parola fu cancellato dal rombo feroce di una serie di stelle filanti, che sfrecciavano nel cielo col loro fischio.
Il cavaliere si permise un sorriso, e gli baciò il mento. Voleva lasciargli un piccolo ricordo, di quella sera…esplorò piano la sua gola, e scelse un angolo laterale, esattamente a metà. E iniziò a succhiare forte.
………
Il Faraone accarezzò ancora il succhiotto che aveva sul collo…Yugi non ne sarebbe stato contento.
Sorrise, nonostante tutto. Avrebbe trovato una valida scusa, in qualche modo.
‘Potrei sempre fingere un attacco a sorpresa…’
sogghignò, senza preoccuparsi troppo del domani.
Accanto a lui, il suo bel cavaliere stava suonando il piano, solo per lui. Una musica dolce si spandeva nell’aria, migliore di quella suonata alla festa.
Sbadigliando, si rese conto che ormai doveva esser finita, e che tutti, probabilmente, si stavano avviando verso casa.
Non che gli importasse molto…gli bastava semplicemente stare accanto all’altro. Non sentiva più la necessità di vederlo in viso…ormai aveva le sue certezze.
Un po’ della nebbia che copriva il suo passato, s’era magicamente diradata. Già nell’antichità, sapeva benissimo che i loro destini erano legati, e che un giorno, anche lontano, si sarebbero incontrati di nuovo, e allora…sarebbero stati assieme, per sempre.
Aveva tanta fiducia nel loro amore…non era certo che quello fosse il momento, però di una cosa era certo: avrebbero lottato assieme, e quel loro desiderio, prima o poi si sarebbe realizzato.
Qualcosa gli accarezzò le labbra, e il Faraone riaprì gli occhi. Non si era nemmeno accorto d’essersi appisolato…il piacevole tepore che lo avvolgeva, lo aveva accompagnato in un perfetto mondo, dove esistevano solo loro due. Tutto il resto, persino le adorate carte e gli amici, era…nebbia.
Guardò l’altro ragazzo…non sembrava stanco. Inconsciamente, fra la veglia e la coscienza, tese il volto, chiedendo un ultimo bacio, un saluto degno di quella sera…il principe posò la bocca prima su una rosa, poi sulle sue labbra.
Il Faraone quasi sentì il sapore dei petali imprimersi sulle loro bocche…mentre il tempo scorreva, e i loro corpi si rifiutavano di dividersi, le mani inguantate armeggiavano con l’orlo del suo vestito, proprio a contatto col suo finto seno. Le sentiva sfiorargli la pelle, premersi sul reggiseno imbottito…un gemito sfuggì alla sua gola quando gli accarezzò la cute scoperta del petto, ma non fece nulla per fermarlo. Voleva che lo toccasse, che tramutasse il suo corpo di ragazzo in una torcia, che le sue cellule si sbriciolassero d’ardore, sotto il tocco delle sue dita.
Infine, il cavaliere si staccò da lui. Una pendola lontana batteva dodici rintocchi.
Semplicemente guardandolo negli occhi azzurri, il Faraone accettò la dura legge delle fiabe: tutti i sogni finiscono a mezzanotte.
L’alto ragazzo si alzò per primo, e gli tese la mano. Accettandola, il giovante dagli occhi viola seppe che era tutto finito.
‘Per questa notte…’
si augurò, uscendo al suo braccio dall’Alcova della Musica, avanzando nei corridoi silenziosi, ammirando alla luce delle candele ciò che prima, nella fretta, gli era sfuggito. I tappeti spessi attutivano i loro passi, erano così alti che era impressionante camminarvisi sopra. I ceri si consumavano piano su candelabri di cristallo, illuminando con ombre cupe i tendaggi alle finestre, donando ai severi ritratti degli antenati ghigni che probabilmente non avevano.
‘Nakano ha davvero un cattivo gusto. Davvero kitsch’
pensò fra sé il ragazzo più basso, ricordandosi d’improvviso il motivo di quella festa.
‘Chissà chi ha vinto’
Non che gli importasse granché…il suo solo dispiacere, era che quella serata era finita.
L’aria fresca li avvolse, assieme al gemito d’ammirazione dei pochi presenti, quando uscirono all’aperto, a braccetto. L’ultimo trenino per il ritorno era quasi piano, mentre una fila di taxi aspettava poco distante.
Il cavaliere aprì lo sportello della sola fila di posti liberi, e lo aiutò a salirvi, prima di richiuderlo.
Era chiaro che non sarebbe andato con lui…il Faraone sorrise. Seto Kaiba probabilmente aveva un taxi privato, non aveva usato la limousine solo per non farsi riconoscere subito.
Tutti li stavano adocchiando, nessuno staccava gli occhi da loro, più o meno esplicitamente.
Forse perché erano la coppia più bella della sera, perché si fissavano, forse semplicemente perché ancora si tenevano per mano…lui non lo sapeva.
Era consapevole solo di non potersene andare senza un altro bacio.
Quando il trenino fischiò, e si mosse, il Faraone si tese. E lo baciò.
Sorrise, quando il suo principe fece qualche passo assieme al mezzo, per non staccarsi dalla sua bocca. Con la morte nel cuore lo spinse via, accarezzandolo con lo sguardo, finché un muro non li divise…

Yugi maledisse lo spirito della sua vita precedente, non era lui a doversi sorbire le lamentele di Anzu! Come diavolo aveva fatto a sporcare di sangue il vestito? Proprio all’altezza del petto poi, non si poteva nemmeno nascondere in qualche modo!
È solo una macchiolina…
gli comunicò il Faraone, galleggiando accanto a lui, mentre entravano in classe. Innalzò una barriera fra loro, prima di fissare la schiena di un solitario ragazzo già seduto al suo banco, intento a lavorare al pc. I suoi capelli erano assolutamente normali.
Un’occhiataccia di Yugi bastò a fargli abbassare il muro…non voleva litigare con lui.
E quel succhiotto?
Il sovrano sospirò piano, contento che nessuno potesse vederlo. La sua giovane vita futura non l’aveva presa per niente bene. Soprattutto quando lui gli aveva rivelato che non era stata Anzu a farglielo…mancava solo che distruggesse il Puzzle…
Dai, è proprio all’altezza del collare, di che ti lamenti?
Ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa, che Kaiba aveva scelto quel punto apposta. Per non farlo finire nei guai, aveva succhiato un lembo nascosto dal collare di cuoio che Yugi era solito portare…era stato davvero dolce, a volerlo proteggere così.
Ringhiando, Yugi si sedette al suo posto, ma la sua risposta venne interrotta da Jono-uchi, che si collocò davanti al presidente dalla Kaiba Corp:
"Ehi Kaiba, perché hai un cerotto su quel dito? L’hai dato da mangiare a una pianta carnivora?"
"Mi sono punto con una rosa…"
mormorò l’altro piano, aggiungendo poi il solito insulto al detestato compagno di classe.
Il Faraone però non lo sentì. Nel sussurrare quelle parole, Kaiba aveva guardato un banco vuoto.
Il banco su cui lui, spirito in teoria invisibile, s’era seduto…

Fine


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