Lacrime
nascoste nella pioggia che cade
parte II
di Victor
Gojo deglutì vistosamente e bussò con
delicatezza alla porta. Era notte fonda e non aveva alcuna intenzione di
svegliare l’intera locanda. La porta si spalancò e quel sorriso dolce e
accattivante lo invitò ad entrare. Il ragazzo ebbe appena il tempo di
lasciar cadere il mazzo di chiavi sul rozzo tavolino di quella stanza
spoglia, prima che le mani della ragazza gli cingessero il collo e le sue
labbra si impossessassero avidamente della sensuale bocca del demone
rosso.
Il sapore di una donna… il corpo di una donna…
quanta morbidezza e quanto calore… era così diverso amare un uomo e amare
una donna. Non che gli ripugnasse il fatto di amare Hakkai (anche se
all’inizio tutto gli era sembrato così strano), ma amare una donna… era così
diverso…
Quelle labbra gli strapparono ogni capacità di
raziocinio, impedendogli di esporre le ragioni che lo avevano guidato in
quella stanza. Non aveva alcuna voglia di tradire Hakkai, almeno non ne
aveva avuta prima che quelle labbra gli rubassero l’anima con tanta
passione. La ragazza, della quale non conosceva neanche il nome, lo gettò
sul letto e gli si mise addosso a cavalcioni.
I suoi meravigliosi occhi si specchiarono in
quelli del kappa che l’attirò di nuovo a sé per un bacio ancora più intenso,
lasciando che le sue mani scivolassero senza esitazioni dal collo fino al
prosperoso seno che rinchiuse fra le sue dita. Era così diverso amare una
donna… non riusciva a pensare ad altro, mentre le sue mani arrancavano alla
ricerca di quelle rotondità che un uomo non avrebbe mai potuto avere… si
spogliò freneticamente, mentre quella creatura, che aveva risvegliato il suo
amore per le donne, lo seguiva, smaniosa di addossarsi alla sua pelle
ambrata e calda.
Le labbra di Gojo avanzarono freneticamente
sul corpo sodo e sulla pelle vellutata, senza preoccuparsi di essere troppo
gentile, in fondo quella ragazza non era una verginella alla prima
esperienza… si bloccò di colpo…
Che cosa diavolo stava facendo???
Ecco a cosa si riduceva per lui l’amore? Un
corpo? Un corpo in grado di dare piacere e soddisfazione?
Tremò!
Il suo pensiero volò ad Hakkai! Il suo Hakkai!
Il suo amore!!!
Il sorriso falso che gli aveva rivolto quello
stesso pomeriggio quando aveva declinato il suo invito…
Cosa stava facendo ad Hakkai???
Si sollevò dalla ragazza che lo guardava
stupito. “Cosa ti succede? Perché ti sei fermato?”.
Gojo si chinò a raccogliere i suoi indumenti
rivestendosi in silenzio, mentre la ragazza si ricoprì con un lenzuolo.
“Non ti piaccio?” disse interrompendo la
quiete che Gojo aveva improvvisamente creato, ma lui si voltò e le sorrise.
Il suo indecente sorriso da seduttore incallito. “No, tutt’altro! Ma non
sono solo! C’è una persona molto importante per me e adesso sta soffrendo!
Sai, non me n’ero mai accorto fino a questo momento, fino a quando non ho
desiderato il tuo corpo con tutto me stesso!” le posò un candido bacio sulle
labbra e si allontanò dal letto. La ragazza lo seguì fin sull’uscio della
stanza.
“Deve essere una persona molto importante se
rinunci così ad una notte già iniziata!” gli sussurrò di rimando.
“Lo è! Perdonami!”
“Non potrò mai perdonarti! Anche se non
smetterò di invidiare questa persona speciale tanto presto!” disse
chiudendogli delicatamente in faccia la porta della stanza.
Gojo sorrise divertito, perché quando andava
dietro alle ragazze nessuna accettava di essere mollata così facilmente???
Si voltò nel corridoio in direzione della
stanza che divideva con Hakkai, ma i suoi occhi di fiamma si scontrarono con
quelli del demone che si trovava a pochi passi da lui.
L’espressione sul volto di Hakkai non lasciava
posto a nessun tipo di fraintendimento. Lui aveva capito tutto. Inoltre
vederlo uscire mezzo nudo (non aveva indossato la maglia e il gilet) dalla
stanza di una donna coperta solo da un lenzuolo non lasciava spazio a
nessun’altra possibile interpretazione.
L’espressione di smarrimento e sorpresa negli
occhi di Hakkai venne lentamente sciolta da un sorriso. Un sorriso ancora
più falso di quello del pomeriggio.
“Hakkai, aspetta non è come pensi… io” cercò
di giustificarsi il mezzo-demone, ma ogni suo tentativo di intraprendere una
discussione fu distrutto dal tonfo della porta della stanza che Hakkai si
trascinò letteralmente parlando dietro.
“Che cosa è stato?” chiese Goku assonnato
destandosi per il tremendo rumore dovuto alla porta della stanza accanto,
richiusa senza molta cura. Una mano affondò fra i suoi capelli castani,
riportando la sua testa al petto di Sanzo che con voce impastata di sonno
disse: “Dormi, scimmia!Non sono affari che ci riguardino!”. Goku non se lo
fece ripetere due volte e si addormentò di nuovo, beatamente steso sul corpo
del suo amato.
“È finita – pensò Hakkai lasciandosi scivolare
per terra e posando le spalle alla porta – Adesso è finita davvero!” ma non
c’era rabbia in quelle parole sussurrate appena, solo una profonda tristezza
e un imprevisto senso di abbandono. Si sentiva sconfitto… un’altra volta.
Gojo rimase intirizzito davanti all’uscio
della stanza che divideva con il demone dagli occhi verdi. Quel pazzo non
gli aveva dato neanche il tempo di spiegarsi che subito era saltato alle
conclusioni sbagliate.
Che stupido!!! In fondo anche lui avrebbe
pensato alla stessa cosa se solo le parti fossero state invertite. Sollevò
la mano per bussare, ma gliene mancò il coraggio. Si lasciò cadere posando
le spalle alla porta, che Hakkai aveva usato per dividersi da lui, e si
accese una sigaretta. I suoi occhi rosso fiamma si posarono sul cielo
filtrato attraverso la finestra del corridoio. Aveva ricominciato a piovere
un’altra volta… proprio come quel giorno…
C’era sempre la pioggia ad incorniciare gli
eventi importanti della sua vita. La pioggia che cadeva giù il giorno in cui
conobbe Hakkai, la pioggia fredda e sferzante che si abbatteva su di loro
quasi un anno prima, quando si baciarono per la prima volta…
La pioggia… le lacrime che Hakkai nascondeva
sotto la pioggia mentre il suo cuore urlava per un dolore impossibile da
sconfiggere e la sua anima si dilaniava tormentata da un senso di colpa
inutile, ma irrinunciabile. Lo ricordava bene quel giorno lontano… il
secondo anniversario della morte di Kanan.
Non c’erano stati corpi da seppellire o lapidi
da erigere, poiché la follia della violenza lo aveva privato anche del
debole conforto di una lapide sulla quale disperarsi e così tutto il mondo
era diventato la tomba di Kanan e tutti i luoghi erano adatti per pensare a
lei e lasciarsi annegare nel dolore, e poi c’era la pioggia…
Lacrime del cielo che piangeva per tutti i
figli perduti… lacrime che nascondevano altre lacrime… le lacrime di Hakkai…
Gojo non sarebbe mai riuscito a liberarsi del
ricordo dell’amico sotto la pioggia sferzante, che sollevava il viso verso
un cielo cupo e tenebroso, gli occhi chiusi mentre le sue lacrime calde si
confondevano con quelle gelate del mondo. Il suo dolore, seppur ben nascosto
e protetto all’interno di quel meraviglioso cuore, in quei momenti era
talmente tanto forte da diventare quasi tangibile. Gojo odiava quel tipo di
dolore… il dolore che trovava sfogo attraverso le lacrime… le lacrime di sua
madre che voleva ucciderlo… … le lacrime di sua madre che non era riuscito
ad amarlo…
Hakkai non aveva idea che lui lo stesse
osservando, era convinto di essere solo quella sera, solo con il suo dolore,
quindi non aveva cercato di tenerlo sottocontrollo così come faceva di
solito, ma gli aveva dato infine sfogo, rivelando la profonda ferita che
ancora gli lacerava il cuore, nel suo caso il tempo era stato un pessimo
dottore.
Il vero Hakkai, aveva pensato Gojo
osservandolo sotto l’acqua sferzante, questo è il vero Hakkai, l’uomo che si
nasconde dietro mille falsi sorrisi.
Aveva percepito la sua solitudine, il suo
bisogno di sentirsi amato. Aveva percepito il suo insano desiderio di essere
abbracciato e consolato… insano perché lui chiedeva calore e consolazione
alla pioggia. Le braccia di Gojo lo strinsero forte, nel più dolce abbraccio
che il kappa avesse mai donato, mentre le sue labbra gli avevano sussurrato:
“Non sei solo!”.
Hakkai si era voltato verso di lui convincendo
se stesso a credere in quelle parole. “Non ci riesco Gojo, non riesco a
liberarmi dal dolore!” aveva confessato ancora stretto nell’abbraccio. Gojo
ricordò di aver sorriso a quelle parole e di essersi chiesto chi poteva
liberarsi realmente da dolore? Il dolore era un punizione che ogni uomo
inconsciamente infliggeva a se stesso per mantenere vivo il ricordo e i
sentimenti, ecco la sua vera natura.
“Nessuno si libera mai del dolore! Bisogna
solo imparare ad accettarlo e stabilire con lui una buona regola di
convivenza!” affermò cercando di dare alla sua voce un tono leggero, per
sdrammatizzare quello che aveva appena detto, senza però riuscirci.
“Quindi soffrirò per sempre?”, ma il kappa non
lo fece neanche finire di parlare che lo baciò. Un bacio che non aveva nulla
a che fare con il desiderio o con la sessualità.
Hakkai trovò su quelle labbra il calore ed il
conforto che la pioggia non riusciva a dargli. Da quanto tempo non veniva
baciato?
Perché aveva cercato quelle labbra? Era questa
la domanda che si porgeva in quell’istante, ma non ebbe modo di rifletterci,
perché la consapevolezza di star baciando un uomo lo disgustò portandolo a
respingerlo con un mano. Gli occhi del kappa si sollevarono pieni di
vergogna verso quelli dell’amico, turbato più da quell’ultimo gesto che dal
bacio in sé per sé.
“Scusami Hakkai, questa sera devo aver bevuto
un po’ troppo!” disse come giustificazione rientrando in casa. Hakkai rimase
da solo a fare i conti con la sua coscienza. Quella era stata la scusa di
Gojo e la sua qual era?
Rientrato in casa, aveva cercato con lo
sguardo il suo coinquilino, ma Gojo si era rinchiuso in bagno sotto la
doccia. Forse era meglio non indagare oltre su quanto successo… forse era
meglio non indagare affatto. Si ritirò nella sua stanza e si limitò a
restare davanti alla finestra a guardare la pioggia scendere. Era stato solo
perché si sentiva solo, decise, era stato solo per quel motivo che aveva
permesso a Gojo di baciarlo, non ce n’era nessun altro.
Era ormai notte fonda e non riusciva ancora a
chiudere occhio. Per quale ragione?
Qualcuno bussò alla porta della sua stanza e
il demone dagli occhi di smeraldo si sollevò a sedere sul letto, invitando
l’amico ad entrare. Gojo stava fumando e aveva in mano due bicchieri colmi
di succo di frutta al quale sicuramente aveva mischiato qualche alcolico.
“Io non riesco a dormire e tu?” affermò e come
se nulla fosse successo accese la luce ed entrò, sedendosi sul suo letto.
Hakkai accettò il drink notturno e annusandolo
scoprì di essersi sbagliato, era un bicchiere di liquore colorato appena con
un po’ di succo di frutta e non il contrario.
“Hai deciso di ricorrere alla tua tisana per
le notti insonni?” affermò il demone sollevando il bicchiere verso di lui
quasi per invitarlo ad un brindisi.
“Scusa per prima!” affermò invece Gojo
abbassando lo sguardo e spegnendo la sigaretta
“È colpa mia, non dovevo lasciare che tu
vedessi il mio dolore!” rispose Hakkai posando la schiena sul cuscino.
“Odio i legami – confessò Gojo – li odio
perché si spezzano troppo facilmente! Ma non posso impedirmi di volerti
bene, come amico si intende e per questo la tua sofferenza mi ha invaso!”
disse mandando giù un abbondante sorso del suo drink
“Li odi a causa di tua madre?” chiese Hakkai e
Gojo per poco non si affogò
“Possibile che tu debba sempre essere così
perspicace?” chiese non appena finì di tossire posando il bicchiere sul
comodino.
“Mi dispiace, non volevo essere così diretto!”
si scusò prontamente abbassando lo sguardo.
“Non scusarti, sono io che sono troppo
sensibile all’argomento! Ulteriore prova che non ci si libera mai dal
dolore, ci si convive e basta!”.
“Vorrei poter convivere con il mio altrettanto
bene di te con il tuo!” esclamò Hakkai e trangugiò il drink tutto ad un
fiato, abbandonando il bicchiere vuoto accanto a quello dell’amico.
Gojo gli sorrise e si fece largo nel suo
letto, sotto il suo sguardo stupefatto.
“Stanotte ti farò compagnia io, ma bada non
prenderci l’abitudine!” gli disse canzonandolo e Hakkai se lo strinse forte
al petto.
“Grazie Gojo!” gli sussurrò prima che il sonno
venisse a scacciare ogni dubbio e tentennamento.
***********
“Mi ero ripromesso che
non l’avrei mai più baciato, ma quella stessa mattina risvegliandomi nel
calore delle sue braccia ho capito che lo amavo! Quando i suoi occhi verdi
si erano incollati ai miei l’ho baciato ancora e lui ha baciato me! Senza
parole e senza spiegazioni ci siamo amati e da quel giorno siamo diventati
una cosa sola, io e il mio Hakkai, ma adesso… Ho rovinato tutto! Sono uno
stupido! Ho rovinato tutto!” pensò distrutto mentre fuori il sole cercava di
emergere al di sopra delle spesse coltri di nubi che avevano comunque smesso
di inondare il mondo con le loro lacrime.
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