Come sempre il rating è Pg, la storia non è ancora
entrata nel vivo, è ancora il preludio! Ho interrotto la scorsa side, la
terza, che qui riprendo dai pensieri di Phai, appena uscito dal locale si
dirige all’edicola di fronte e poi prosegue alla sua giornata.
Hai mè mi sono dimenticata di dire che la chiamata fatta nello
scorso capitolo da Phai non era stata fatta intenzionalmente ad Alex, per un
caso, (già sempre colpa del caso) Phai invece di comporre il numero del
negozio accanto a quello di Alex, ovvero delle ragazze Berenice e Selene,
compone quello del biondo. Specifico infatti che loro due non sanno nulla
l’uno dell’altro.. o meglio così sembra..
In questo capitolo però capire..
Come sempre la storia è mia!! È quindi originale!
La trama non si è ancora delineata lo so, sto facendo una specie
di presentazione dei singoli personaggi per spiegare un po’ il
perché dei loro caratteri.
In certi versi è tutto un gioco di maschere e ruoli prestabiliti
da recitare, ognuno ha una parte che interpreta al fine della storia.
Eh eh eh.. Pirandello e Goldoni fanno questo effetto sulle persone, lo
so!
Ripeto questa cosa perché è
importantissima:
ad ogni personaggio ho dato un colore, pensieri
e parlato avranno una precisa tonalità e sarà sempre quella,
nella tabella del primo capitolo, ho messo i colori in modo da cominciare a
farci l’occhio.
PS: i componenti delle altre bande
li specificherò la prossima volta ^_^ cercate di non perdervi! Al
massimo mandatemi tante belle
auguro
una buona lettura a tutti e... a dopo!!!
Consiglio:
dato che questo racconto è nato su note hip pop e rap e si è
sviluppato su quelle rock, perfezionandosi su quelle gotiche e del metal in
generale.. sceglite voi che ascoltare ^_^ io vi direi 30 seconds to mars,
soprattutto il primo album, perché le sonorità ci stanno come
sottofondo! ^_^ non disdegnate i linkin park, perché no gli evanescente,
i within temptation.. ehm.. va beh basta.. vi lascio.. su su, leggete e
commentate!!!
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Side 3 - seconda parte
“Chissà
com’è andata alle ragazze! Spero che quel commesso che mi ha
risposto le abbia avvertite.. forse dovrei chiamare, ma d’altronde se
qualcosa fosse andato male lo saprei già.. Demetrio ne sarebbe stato subito informato, e lui
a sua volta avrebbe informato me.. ”
Con i pensieri che sfrecciavano da una parte all’altra del suo cervello si ritrovò a pensare a quel ragazzo che più di cinque anni prima gli aveva sconvolto la vita.. non sapeva bene perché ma era da quella mattina che continuava a pensarci, in modo quasi ossessivo.
Arrivò svogliatamente all’edicola di fronte al bar e comprò i soliti manga, qualche giornale di moto e motociclette americane e un paio sui graffiti.
- Tutto 10. Solo per te.. – il quarantenne sorrise ambiguo, gli poteva essere padre!!
- Grazie – pagò senza dare soddisfazione all’uomo non ricambiò il sorriso e si mise il casco montando poi la sua adorata moto.
“Possibile che il mio viso attiri così tanto?
Cavolo..
Beh ma
l’aspetto davvero buffo é che attiro sia uomini che donne.
Sono tanto
ambiguo?
E poi tutta
gente più grande di me..
Coetanei quasi mai!!!!” si sentiva uno straccio.
Solo in groppa alla sua moto si sentiva un uomo vero, uno che tutti temevano e rispettavano.
“Devo passare a casa a prendere la roba per quelli della cena e magari..” pensava mentre sostava al semaforo rosso “Magari dovrei trovare un vestito.. già.. Ma dove dovrei trovarlo, a quest’ora???”
Era metà pomeriggio e di certo la domenica non erano tutti aperti per lui!
Intristito da quei pensieri, dopo qualche altro minuto di traffico, arrivò nel suo quartiere.
Si fermò davanti ad una
casa a due piani un po' diroccata, maspiccava tra le altre perché era in
netto contrasto con gli alti caseggiati grigi che la cir
condavano.
“Casa dolce casa” gli veniva da pensare osservando la staccionata ormai non più bianca.
- Ehmm.. – sospirò togliendosi il casco.
- PHAI Phai – e in quel momento un gruppo di bambini sbucò dal retro della casa e appena visto il ragazzo gli corsero in contro con aria festante.
Lo bloccarono sul vialetto
assediandolo aggrappandosi alle gambe e alla vita del moretto.
- Sei tornato! – i più piccoli vennero presi in braccio – Ydrier, Electra – sospirò stringendoli a se – i miei piccoletti! – trascinandosi appresso i bambini che ancora non mollavano la presa e tenendo fra le braccia la bimba e il bimbo che conosceva meglio e che amava particolarmente, arrivò quasi alla fine del vialetto ai piedi dei tre scalini che portavano al portico.
- Hey Phai!! – una donna di mezza età con un
grande grembiule e due occhietti lucidi uscì dalla casa e attraversato
il portico aprì le braccia ed ormai quasi in lacrime gli mostrò
un sorriso gentile, bonario, così famigliare..
- Da quanto non veniv
– sign – venivi? – sospirò – Bambini ora lasciatelo!! Su su, da
bravi!! – esclamò con piglio
autoritario e all’istante tutti i bambini si allontanarono se pur a
malincuore.
Phai fu libero di posare a terra anche i due pargoletti che gli si erano avvinghiati al petto e al collo, appena si fu rialzato però si la donna subito lo avvolse in un affettuoso e soffocante abbraccio.
- Ada.. suvvia manco solo da un mese!!!! – disse ricambiando l’abbraccio un po’ imbarazzato.
- Un MESE!! Un MESE?!?! Ma è tantissimo!!! Sei mancato a tutti!!! Tanto! Beh.. soprattutto a me! – mormorò singhiozzando.
- Ehm.. si si ma ora.. sof..soffoco! – finalmente sciolse l’abbraccio comprimente solo però per dare un pizzicotto alla bella guancia del moretto.
- Ehy, ehy, ehy.. ma tu sei troppo magro!! Ma mangiavi?!! Io dico proprio di no!!!! Oh quanto mi fai penare! Si si, ma ora rimediamo, eh??!! – dopo il fiume di parole sorrise e baciò la fonte del suo figlioccio meglio riuscito.
- Oh beh.. io veramente da domani torno al campus, ma se vuoi potrei farti visita ogni tanto!! –
- Oh ma ne avrò sempre voglia. Mi fai felice così, sai?! – sorrise ancora fiera della sua piccola pantera e lo abbracciò di nuovo.
- Ehm.. Adaaa. Chi è quella bimba? – accortosi di una piccola figura appollaiata allo stipite della porta mormorò, per sottrarsi all’immenso affetto della grande donna.
- Oh lei!!! È una
piccola orfanella. L’hanno portata pochi giorni fa.. era sotto un ponte – spiegò affranta, quante volte storie
simili a quella le avevano raccontato?
Troppe!!
Sempre troppe!
- Il suo nome? – chiese avvicinandosi alla bimba.
- Haimei –
- Ciao
piccola Haimei io sono.. –
- Phai.. – soffiò lei aggrappandosi ancora di più allo stipite come impaurita.
- Già!!! – e si grattò la nuca confuso.
- I bambini non fanno che nominarti – spiegò subito la donna – che ne dici di entrare? – chiese desiderosa di stare un po’ con il suo figlio mancato.
- Ehm, io non.. so – l’occhiataccia poco amichevole dell’amata donna lo fece subito annuire – va bene – e allungò le braccia verso la piccola che subito gli saltò al collo senza indugi, era irrimediabilmente amato da qualsiasi essere al di sotto degli otto anni, non che venisse disprezzato dal resto del mondo, ma con i bambini riusciva subito a stabilire un legame diretto e complice.
- Non
hai cambiato molto. Eh??? –
- Si è così. Vieni in cucina con me – fece strada fino ad arrivare ad una piccola stanza con i fornelli, un piccolo frigo, una credenze e un tavolo con tre sedie.
- Non hai bagagli con te?!
Sei arrivato da molto? –
notò in quel momento la donna.
- Già.
Ieri pomeriggio. Ho dormito alla Villa di Demy – spiegò
serenamente sorridendo alla donna.
- Ti vuole bene e anche
molto vero? – chiese un
po’ assorta, sapeva di già la risposta, voleva solo condividere
con il ragazzo una consapevolezza che dava tranquillità a lei e
felicità a lui.
- Lo
so – si mise a sedere con la
bimba tra le braccia. Era cosciente dell’affetto che Demetrio provava per
lui.. come per il resto della Banda. Era il loro capo, ma soprattutto il loro
fratello maggiore.
- Thé o cioccolata? – gli chiese, anche se conosceva la risposta, dopo anni di convivenza aveva imparato a conoscere i gusti del ragazzo.
-
Thé, ma lo sai già –
e gli sorrise complice.
- Allora. Ragazzo anche
quest’anno all’Istituto??? –
- Eh già. È davvero molto impegnativo, ma a me piace ed è la strada giusta per arrivare al meglio! – sorrise sospirando, pensava a quanto lavoro aveva fatto per ottenere e mantenere le borse di studio; doveva ammettere che però grazie alle gare clandestine era riuscito a metter da parte alcuni soldi, per le evenienze, altri 7 anni di scuola erano parecchio costosi e questo lo sapeva benissimo.
- Non è, vero, che ti servono soldi? – chiese portando due tazze e una teiera sul tavolo – ho appena sfornato i biscotti – aggiunse servendone alcuni in un piatto.
L’intenso profumo del cioccolato lo circondò come un caldo abbraccio, ogni volta che tornava in questo posto gli stessi profumi, gli stessi suoni, gli stessi colori lo circondavano ridandogli nuove energie.
Per questo la chiamava Casa, per questo amava tornarci.
- Oh grazie. Mi vizi sempre –
- Sciocchezze. Tu lo meriti figliolo – sospirando ancora appoggiando una mano sulla spalla del moretto gli sorrise convinta.
Sorseggiarono in silenzio per un po’ avvolti nella solita atmosfera casalinga, la bimba invece sgranocchiava l’immenso dolce (per lei immenso) sorridendo beata.
Phai sapeva che Ada stava pensando a qualcosa, lo capiva da come muoveva la mano destra sul tavolo, come si scostava la frangia o come si puliva ripetutamente le mani sul grembiule, con ogni probabilità doveva parlargli.
- Comunque non ho bisogno di soldi. Ne ho diversi da parte e la retta per due anni è già pagata – sorrise nel dirlo, si sentiva orgoglioso di questo, aveva spezzato il silenzio per non farlo pesare alla persona che più adorava al mondo.
- Non è per farmi gli affari tuoi, Phai, ma sai.. due settimane fa è arrivata una raccomandata per te – gli porse la lettera con aria preoccupata – non l’ho aperta – aggiunse concisa e seria. La donna che aveva imparato a conoscere portava rispetto a tutto e tutti, era diliscante, severa ma affettuosa, e ancora una volta glielo aveva dimostrato.
- È..è.. Il bonifico!!! Cavolo sono ricco!!!! – aveva letto l’intestazione e aveva subito capito.
Alzò lo sguardo e sorrise più raggiante che mai, l’aprì e lesse velocemente – siamo ricchi. Ada.. Siamo ricchi – scoppiò a ridere balzando in piedi – ricchi!!! Ada capisci.. ricchi!!! – fece volteggiare la piccola Haimei che si divertiva senza preoccuparsi.
- Calmati e spiega – lo bloccò lei non capendo.
- Ricordi quella gara di maggio???? Quella dove ero il più sfavorito??? Beh l’ho vinta, solo che poi non ho riscosso. Due mesi fa Demetrio ha inviato i dati alla ditta di scommesse che si era occupata della gara eh.. guarda!!! – mostrò il secondo foglio dove una scritta con alcuni zeri spiccava – vedi!!! dicono che sono sul conto che mi ha aperto l’anno scorso Demy. Siamo ricchi – sorrise con quasi le lacrime agli occhi alla donna che si commosse.
- Oh figliolo – lo riabbracciò di nuovo con
impeto – sono felice.
Ora finalmente ti comprerai
una casa e farai la vita da Re che ti spetta di diritto.
La degna vita che ti sei
guadagnato!! – e cominciò a piangere commossa e
toccata nel vivo da quella notizia.
- Oh no. Non piangere Ada.
Io non compro
nessuna casa, io compro questo palazzo e lo sistemo. So che vogliono chiuderlo.
Lo compro e rimango qui!! – saltò
quasi di gioia – allora cosa dici?? – la
donna si mise a sedere boccheggiando, annaspando aria. Comprare.. quel
palazzo?!
Beh era sempre stato il suo sogno,
dare una sicurezza economica costante ai numerosi bambini che soggiornavano in
quella casa era stato per lei sempre qualcosa in cui sperare.. ma non
immaginava che si potesse mai avverare.
- Oh beh.. io sono
così felice!! Ma.. ma sei sicuro?? – frenò
l’entusiasmo per accertarsi delle intenzioni del moretto, credeva in lui,
ma gli erano capitate cose molto brutte nella vita e forse il desiderio di
andare via da li sarebbe stato più forte dall’amore che provava
per lei e per quel luogo, e per i bimbi che lo abitavano.
- Io sì. certo. Tu sei l‘unica persona che mi ha sempre voluto bene, anche quando non sapevi chi fossi ne perché fossi arrivato qui.
Mi hai accolto e curato.
Grazie a te mi
sto riscattando.
Mi hai convinto tu a fidarmi di Demetrio e ad entrare nella sua banda; e poi tutti questi pargoli, tu hai dato un futuro a migliaia di bambini che si sono susseguiti in tutti questi anni e ne darai ancora a quelli che verranno. Io sono solo uno dei tanti, ma tu mi hai voluto davvero bene. Grazie a te sto diventando un uomo.. – sorrise e la donna singhiozzò sempre più emozionata, sentendo quelle parole i segreti che si portava dentro gli divennero improvvisamente pesantissimi..
- Beh allora, credo sia
giunta l’ora di parlare, giovane uomo.
Devo dirti molte cose,
spiacevoli.. – prese un lungo respiro e abbassò lo
sguardo per non incrociare quello stupito del ragazzino.
-
Ma
cosa.. – confuso si
allarmò.
- Siediti e ascoltami senza interrompere – lui ubbidì, si mise a sedere e sistemò la bimba sulle sue ginocchia – è in città – esclamò respirando affannosamente – è tornato per curare tua madre –
- Cu..curare?!?! – chiese incredulo comprendendo subito di chi stesse parlando la donna.
- È un anno che
è malata. Un virus che la costringe a letto, che la obbliga a prendere
antibiotici su antibiotici e medicine, non so quali.
È sempre più
debole, dicono che la malattia la stia distruggendo.
Le piastrine e parte dei
globuli bianchi sono andati –
riferì diligentemente ciò che aveva sentito, avrebbe voluto
indorargli la pillola, ma prima sapeva tutta la verità nuda e cruda, e
prima avrebbe reagito alla notizia.
- Cosa??? – stava lentamente sbiancando.
- Domani sarà
trasferita nell’ospedale del centro, tra una settimana sarà
operata – continuò con aria grave.
- Ma, io.. – combattuto tra i rimorsi e la rabbia non sapeva neanche che pensare – io devo vederla – la ragione superò qualsiasi sentimento.
- Lo so, ma lui.. lui dice che se vuoi vederla devi tornare a casa con lui. Devi tornare ad essere il suo discepolo.. capisci che intendo? – lo capiva bene e questo lo disarmò completamente.
- Devi lasciare tutta la
tua vecchia vita, noi, la banda, la moto.. – elencò
tralasciando volutamente se stessa e quella casa. Rialzò piano il viso
osservando il ragazzo che non versava in un bello stato.
- Ma..ma io.. – tremava, annaspava.
Che uomo era quello?
Che uomo poteva costringerlo a scegliere tra la propria madre e la vita che in cinque anni si era costruito con grande fatica?
- Ma
io.. –
- Ragazzo. Hai una settimana
per pensarci su – voleva aiutarlo, ma era difficile dire qualsiasi
cosa in quel momento.
- No – disse convinto – no.. io.. – meno convinto – e.. cheee.. – sempre meno, non sapeva neanche che dire.
- Senti ragazzo mio, cercheremo
insieme una soluzione.
Qualcosa per vie legali
forse si trova, ricordi quel foglio – si riferiva a un documento che anni prima
Demetrio aveva fatto firmare a suo padre, con questo aveva rinunciato ad avere
alcun dritto sul figlio, ma per la burocrazia questo non bastava. Consisteva
infatti in un contratto fra privati che riconosceva a Demetrio tutti gli
obblighi e i doveri, ma che purtroppo non disconosceva la paternità
all’uomo.
Era pur sempre il padre
biologico.
Ada aveva cercato di adottare Phai, ma la madre si era rifiutata di firmare e così ora si trovavano in questo spiacevole Limbo.
- D’accordo.
Forse riusciamo a trovare un cavillo – ci sperava davvero, ma era
comunque difficile da credere possibile.
- Sì. Ed anzi ne
sono certa. Questo è il giusto spirito!!
– infondo il solo pensare di perdonare un uomo che cacciò
fuori di casa il proprio figlio di appena 10 anni era inimmaginabile, se
pensava poi al futile motivo e a come il suddetto uomo si era comportato non
c’era molto su cui riflettere. L’uomo non aveva scusanti, ne
tantomeno giustificazioni.
E
poi non voleva perdere il suo piccolo Phai. La sua piccola pantera, come aveva
definirsi lui.
- FLASH BACK –
Cinque anni prima
Un ragazzino taciturno e
scostante stava giocando con la sua amata mini moto. A scuola veniva
allontanato da tutti perché era l’unico ad aver un papà
molto ricco, che lo costringeva ad andare a scuola con la limosine. Non poteva
partecipare ad alcuna attività al di fuori delle mura di casa, o se
proprio doveva era scortato, e guardato a vista.
Quel giorno la madre aveva
deciso di accontentare una delle sue poche richieste. Erano andati insieme al
parco, senza “guardie”.
La madre seduta su una
panchina civettuola parlava allegramente al telefonino lanciandogli qualche
volta sguardi sorridenti.
Il ragazzino, con perizia stava pulendo la piccola moto, concentratissimo su ciò che stava facendo non si accorse che alle sue spalle un tornado biondo si stava avvicinando.
- Hey!!! – lo chiamò questo facendolo voltare di scatto, spaventato dalla voce, e fatto il repentino movimento si tagliò con un pezzo di metallo posto sopra il cerchione.
- Ahia!
Ahia! Brucia!!! – biascicò
il castano con voce rotta, il biondo si sfilò la bandana gli
fasciò subito la mano. Preoccupato e spaventato si lasciò
prendere dal panico ma il più piccolo, dopo il dolore iniziale
capì che era un graffio. Così con gentilezza e calma disarmante
convinse l’altro a raggiungere al madre insieme a lui, camminando si
scambiarono i nomi, raccontandosi in che zona abitassero, le scuole, cose
così..
Una volta arrivati dalla donna non smisero di parlarsi. Non smisero per molto anzi..
Da lì i due divennero amici.
Passavano i pomeriggi insieme, le mattine delle domeniche, i giorni in cui non c’era scuola. Ogni volta che potevano.
Si divertivano ed erano in
perfetta sintonia. Phai era finalmente un ragazzino spensierato che non doveva
preoccuparsi del nome e dei soldi della sua famiglia, perché
l’altro lo accettava a prescindere.
Il biondo, un ragazzo vivace, scapestrato, irruento insieme al moretto aveva ricominciato a fare i compiti per casa, a studiare, a comportarsi bene. Insomma l’influenza l’uno sull’altro era molto positiva.
E infatti senza che fosse passato molto i due riuscivano a capirsi al volo; il loro rapporto si andava consolidando fra risate per cose stupide e pensieri profondi frutto di un'insofferenza famigliare comune, (erano pur sempre pensieri di un ragazzino di nove anni e di uno di dodici) quando però un pomeriggio successe..
Il biondo trascinò l’amico nella sua cameretta, aveva un nuovo videogioco "super figo".
- Dicono
che sia super fortissimo!!! – esordì sventolando davanti
agli occhi la confezione ancora plastificata.
Esaltato accese tv e console e
inserì il gioco.
- Già!!! – si sedettero sul letto del padrone di casa e cominciarono a giocare, assorti dall’evolversi degli eventi si concentrarono solo sul gioco.
Sangue, proiettili si susseguirono fino a che il quarto livello non finì.
Erano gasatissimi, quel gioco era fantastico.
Poi però avvenne una cosa strana.
Il protagonista maschile per festeggiare una vittoria prese la ragazza che aveva salvato e la baciò.
- Perché l’ha fatto? – chiese d’istinto il moretto.
- Non lo so – rispose l’altro confuso.
Da quel giorno ne parlarono spesso.
Si chiedevano come doveva essere e cosa si provava.
Il biondo ormai aveva capito di provare un profondo interesse per quel ragazzino, un interesse che surclassava quello che aveva provato fino a quel momento per le compagne di classe.
Ne prese atto ma non se ne fece un problema.
L’altro invece era solo curioso.
Così un sabato pomeriggio erano di nuovo sul letto del biondo, erano stesi di schiena a guardare il soffitto illuminato dalle strane luci.
- È davvero strano questo proiettore – incantato com’era il moretto non aveva notato che l’amico si era messo su un fianco e che lo stava fissando intensamente.
- Mi
prometti che qualsiasi cosa succeda tu non mi odierai? –
Il moretto annuì distrattamente senza pensare al perché di una frase del genere.
Era il suo unico amico e lui
lo adorava, ma i suoi pensieri vennero bruscamente interrotti.
Il biondo si era piegato e aveva posato le labbra sulle sue.
Il moretto spalancò gli occhi, ma rimase immobile.
La sensazione non era male, sentiva tanti strani brividi lungo la spina dorsale e un dolce tepore si stava irradiando per tutto il suo corpo.
No, non era male e poi ora sentiva i leggeri tocchi che le labbra del biondo che provoca con le sue.
Il sapore era strano ma piacevole, chiuse gli occhi e si abbandonò fidandosi completamente dell’amico.
- Oh.. Cavolo è bellissimo! – mormorò allontanandosi dal suo moretto preferito che stordito rimase ancora immobile – Mi odi? – aveva gli occhi che brillavano e ansava leggermente.
- N.. no.. io – mormorò socchiudendo gli occhi – no. Sei il mio migliore amico!! – soffiò con tutto il coraggio che aveva in corpo.
I due si fissarono il moro si perse nei due profondi zaffiri del biondo.
- Anche tu lo sei per me. Nessuno mai ti porterà via da me – soffiò sorridendo, si chinò ancora e gli baciò la guancia, poi si stese a pancia in giù appoggiando la guancia sullo stesso cuscino di Phai, rimase a guardare il bel profilo del moro con trasporto.
- Tu.. tu mi vuoi bene?? – chiese voltando di poco il capo.
- Certo. Perché non dovrei? –
- Ehm.. i tuoi te lo dicono sempre, la tua sorellina ogni volta che ti vede. Io, beh, i miei non lo dicono mai. Quindi.. – fissò di nuovo quei pozzi blu e ci affogò.
- Io ti voglio bene e ogni volta che ne dubiti pensa a.. questo – si avvicinò e accostò ancora le loro labbra.
Da quel giorno molte cose cambiarono fra loro e nella vita dei due.
Il timido moretto stava molto più spesso a casa del biondo.
Il padre di questo infatti era sempre in giro per lavoro e la madre e la sorella erano felici di avere qualcun altro da accudire e viziare con manicaretti e regali.
I mesi passavano ed era quasi dicembre.
Faceva freddo, molto freddo, la neve cadeva spessa.
Il moro quella sera per la prima volta rimase a dormire dall’amichetto.
- Tu hai freddo? – chiese il biondo da sotto il suo ingombrante piumone.
- Si – soffiò l’altro sedendosi a fatica spostando le pesanti coltri di coperte.
- Vuoi..vuoi venire nel mio letto. In due si sta comunque comodi e così ci scaldiamo – dormirono pacificamente al caldo, il più piccolo non poteva certo capire come le attenzioni del più grande nei suoi confronti stavano mutando.
Quei timidi bacetti stavano diventando qualcosa di più..
Due giorni dopo il moro era a letto con la febbre e così il biondo dovette andare a casa sua.
C’era stato solo una volta, non gli piaceva molto, soprattutto perché il padre del moretto era inquietamente freddo e oscuro, incuteva il terrore al solo sguardo.
Col tempo capì che
quelli erano solo i pensieri di un ragazzo di appena 13 anni. (>sono
passati diversi mesi dall’incontro dei due e nel mentre il biondo a
compiuto gli anni, quindi nel corso di queste ultime vicende ha 13
anni!<n.d.A)
Il biondo salì sicuro
le scale e andò dall’amico che dormiva beatamente nella sua cameretta.
- Piccolino come stai? – mormorò scherzosamente baciandogli la fronte.
- Uhm. Non bene, ma ora meglio – soffiò sorridendo, alzò un po’ il capo e trovò le calde labbra del biondo.
Si baciarono lentamente per diversi minuti.
Il biondo ormai cercava sempre più contatto, e accarezzava le languide labbra dell’amico con la lingua.
Non riuscivano proprio a staccarsi fino a..
- Figliolo il medi.. – il padre del moro spalancò la porta
e li vide.
Subito sbiancò, poi reagì e s’infuriò.
Scattò e afferrò il biondo per un braccio sbattendolo fuori dalla stanza senza neanche parlargli.
- Che schifo!! Un figlio
finocchio. Che vergogna!!! Appena ti passa la febbre facciamo i conti –
Il moro si rimise in due giorni.
Il piccolo ingenuo non capiva che cosa avesse fatto, aveva provato a parlare con l’amico ma il telefono di casa e cellulare erano staccati.
Una mattina, poi, scese e trovò sulla porta una valigia e il padre più nero che mai.
- Da domani starai dalla sorella di tua madre. Ora esci c’è un taxi che ti aspetta – il ragazzino si volse alla ricerca della madre che però non c’era.. Era solo, completamente.
Ormai del tutto abbattuto afferrò la valigia e uscì senza dir nulla.
Camminò fino al cancello e si voltò un’ultima volta.
Ora lo sapeva, lì non vi avrebbe più rimesso piede.
Come ogni mattina aveva preso il suo zainetto. Lì c’era tutta la sua giovane vita, il suo Mp3, le chiavi del garage dove stava la moto del nonno, la foto di se con la mamma e la "bandana" ora pulita.
Non vi tornò più in quella casa.
In casa della zia ci rimase meno di tre mesi. Nulla lì gli piaceva, confuso su se stesso, depresso perché solo, triste perché neanche i cugini lo accettavano, scappò.
Erano passati 14 giorni dalla
sua fuga e in quella città lo sapevano bene tutti, i ragazzi e i bambini
sparivano e spesso non ricomparivano più.
La madre però lo aveva
cercato e infine trovato.
Gli diede un po’ di soldi e vestiti, un indirizzo dove andare a dormire e le chiavi della moto del nonno chiusa nel garage.
Non si scusò per il suo passato comportamento né di quello del marito, non gli disse nulla e non chiese nulla.
Se ne andò.
Non rivide più la sua famiglia né il “suo migliore amico”.
Non tornò nella casa del biondo per paura della reazione della famiglia.
Cinque anni, cinque anni d’Inferno e Paradiso.
Un tempo lunghissimo per un quindicenne.
- FINE FLASH BACK –
- Tu,
Ada, sei ciò che posso chiamare famiglia. Ora lo so.. quando venni qui 5
anni fa tu non mi chiedesti nulla e mi accogliesti.
Mi desti una
camera e mi vestisti.
Mi hai pagato
tutto quello che mi serviva, per un anno mi hai mantenuto. Per te ero un
estraneo eppure non t’importava.
Demetrio, Elai,
i ragazzi sono venuti dopo.
Credo che qualsiasi cosa accadrà tu rimarrai mia.. beh se vorrai.. mia madre! – la donna scoppiò a piangere di nuovo e andò ad abbracciare il povero ragazzo ormai stritolato, Ada non era un tipo molto dolce e non piangeva di solito ma quel giorno il concentrato di emozioni la stava commuovendo.
Side 4
Non lontano da lì, anche un altro ragazzo stava pensando al proprio passato.
- FLASH BACK –
- Figliolo, le cose con
tuo padre non vanno bene. Ci stiamo separando anche se per un po’ lui
rimarrà qui con noi.. le cose fra noi saranno diverse.. voglio che
tu lo capisca bene –
Era appena stato sbattuto fuori dalla casa del suo migliore amico, il padre del suo amico non gli aveva dato il tempo di fiatare scaraventandolo fuori la camera, era corso poi lui stesso fino all’uscita e aveva continuato a correre, senza fermarsi, era rientrato da soli cinque minuti nella sua villetta.
- Ci trasferiremo in centro, in un appartamento – tutto il discorso non lo aveva affatto recepito, solo l’ultima frase era giunta alle sue orecchie.
- Vendiamo
casa?? –
- No di certo. È
troppo importante per tutti noi, lo so. Non preoccuparti –
Si trasferirono dopo una
settimana e per la vergogna e per la paura il biondo non cercò
più l’amichetto bensì cominciò a cacciarsi nei guai
fin a che non si immischiò con droga e alcool.
Il divorzio dei suoi genitori, il distacco violento con quel ragazzino che gli aveva fatto trovare un equilibrio, lo aveva portato a ricercare stimoli, positivi o negativi non gli importava, che dessero senso alla sua vita.
A 17 anni aveva provato metà delle droghe in commercio e tutti i cocktail prodotti nella città.
Aveva smesso perché il
capo della sua banda lo aveva prima pestato a sangue e poi sbattuto in un
ricovero per tossici.
Se entrare in una banda era
stata la mossa più intelligente che avesse fatto in quegli anni la
più stupida, o meglio la più disperata era stata di impasticcarsi
prima di un allenamento di basket, sport che adorava.
La svolta era avvenuta infatti dopo un infortunio.
Faceva basket da anni ma per colpa dell’alcool che lo aveva stordito gli era accaduto un incidente.
Il suo ginocchio era andato e ci vollero mesi per la guarigione.
Il periodo era stato durissimo tanto che stava per ricascare nel vortice della droga, ma in quei giorni intervenne di nuovo il capo e allora smise definitivamente.
Aveva combinato un casino cinque anni prima perché non aveva usato il cervello e le cose erano degenerate.
Era appena tornato a casa quando gli fu detto del trasferimento, per lungo tempo ne era rimasto frastornato chiedendosi cosa mai potesse essere successo di così grave per spingere la sua famiglia in una tale direzione.
Solo parecchio tempo dopo
scoprì che era stato per colpa sua.
- Fine FLASH BACK
–
- Eh.. chissà dov’è?? E poi.. quella voce.. mi pareva proprio di conoscerla.. quasi mi ricordava la sua! Beh però è impossibile, non penso sappia il mio numero. Come potrebbe? Ormai ci siamo persi.. – in piedi in un angolo di un autobus malandato e scassato stava attraversando la città.
- Aleex ho fame!! – cantilenò un bambino di quattro anni saltellando per attirare l’attenzione del biondo.
- Scricciolo calmati o cadrai – aveva cominciato a pensare al suo vecchio amico per colpa sua, per colpa di quel bambinetto.
Dopo appena un’ora di lavoro aveva chiuso.
Niente clienti e tanta noia.
Aveva bighellonato fino ad arrivare alla vecchia centrale nucleare, ora in totale disuso e svuotata da ogni macchinario e prodotto.
Adorava vedere come l’edificio d’intero vetro speciale, rifletteva tutto il paesaggio intorno.
Tornando in città si
era imbattuto in quello scricciolo che cercava di rubare una mela da un
fruttivendolo (>fa molto la principessa Jasmin di Alandin, quando si aggira
per il mercato e ruba appunto una mela rossa.. eh eh eh< n.d.A)
Lo aveva preso in braccio, chiedendogli prima dove erano i suoi genitori, perché stava rubando quella mela, e se abitava in quella zona, poi non avendo avuto risposte esaurienti aveva deciso di portarlo nel negozio di Berenice.
Il piccolo lo aveva coperto di insulti (più o meno corretti, non sapendone dire molti, forse li aveva sentiti dire, spesso per la forza con cui li diceva era quasi sicuro che provenissero dagli stessi genitori o chi gli era molto vicino).
Aveva anche urlato che era un
maniaco, poi però quando aveva visto le ragazze si era calmato ed ora
era appiccicato ad Alex.
Il biondo aveva capito che non aveva famiglia solo quando il bimbo aveva mormorato che se voleva i suoi doveva andare al “ciiiimiteo”. (>fate un po' voi< n.d.A)
Il bambino si era fidato del ragazzo solo dopo aver mangiato a sufficienza da essere sazio ma soprattutto dopo aver visto che non aveva alcuna intenzione di fargli del male, il ragazzo dal conto suo lo aveva preso con se perché i suoi occhi gli ricordavano tanto quelli di quel ragazzino spaurito di cui forse si era approfittato anni prima.
Si era sempre ripetuto solo un altro bacio, uno solo, ma non era riuscito a smettere, almeno fino a che non erano stati scoperti, o meglio lui era stato scoperto!
Per un periodo aveva
addirittura pensato che avesse tendenze sessuali pedofile; poi, ringraziando il
cielo, aveva aperto gli occhi realizzando che ciò che era successo era
legato solo ed esclusivamente al quel moretto, l'emozioni che aveva provate non
erano per un "bambino o ragazzino" qualunque, ma erano proprio per
lui!
Questo non lo aveva rasserenato molto, ma almeno aveva escluso quella conclusione perversa dalle ragioni per cui aveva fatto ciò che aveva fatto.
Negli anni, ossessionato dai pensieri riguardanti il ragazzino, aveva riflettuto moltissimo, nei suoi ragionamenti contorti era finito a chiedersi il perché del divorzio dei suoi.. aveva infine saputo che i suoi genitori si erano allontanati proprio per quell’amicizia.. particolare, finita in quel modo quasi tragico.
Suo padre voleva cacciarlo o mandarlo alla scuola militare, ma la madre lo aveva affrontato e così alla fine si erano divisi.
- Hey guarda: una barretta. Deve averla messa Bery prima. È proprio un angelo –
Il piccolo era vestito proprio come lui, con la mitica tuta nera.
Come il suo amico aveva i capelli simili alla sabbia bruciata e la pelle piuttosto chiara con un taglio degli occhi molto particolare.
Stava appoggiato alla gamba del più grande per paura di cadere.
- Dai. Vieni qui – lo prese in braccio e gli diede la barretta.
- Che bello.. grazie – gli schioccò un bacio sulla guancia e addentò il dolcetto.
Nel negozio aveva mangiato e bevuto, si vedeva che era affamato, lo avevano lavato e vestito.
Ora lo stava portando in una vecchia casa-famiglia di cui Berenice gli aveva dato l’indirizzo.
- Pecché non potto stare con te? –
- Piccolo io vado a scuola e lavoro, farò un corso sui motori e devo.. va beh.. Ho molto da fare, non riuscirei a starti dietro – gli sorrise e gli pulì il muso con un fazzolettino.
- Uff.. Ma.. dove sto? –
- Il posto dove starai è carino, lì ci sono altri bimbi e una signora molto buona –
- Ma..ma tu verrai a trovarmi? – chiese con gli occhi lucidi.
“Certo che per avere 4 anni parla, eh?” pensò prima di rispondergli serio – ogni volta che ho tempo ti porterò in giro con le mie auto –
- Ne hai tante??? –
- Uhm.. mie tre, ma ho un amico che ne ha un magazzino pieno –
- Davvero? – esaltato aveva ormai dimenticato la tristezza.
- Oh guarda. Questa è la nostra fermata –
Scesero di fronte ad
un’edicola e subito il bimbo – Guadda..guagga.. ne voglio una... Ti peeeeeego –
- D’accordo – gli diede un soldo e lo lasciò andare, fischiettando poi si avvicinò al chiosco. Pensava che forse poteva comprargli qualcosa, magari un fumetto e un giornalino con delle cose da colorare, gli sarebbero sicuramente piaciute.
- Uhm. Beh.. scusi – chiamò il giornalaio che però non si vedeva.
- Ma.. chissà!??! Beh questo è carino, ad un bimbo di quattro anni dovrebbe piacere, no?! – non si intendeva di bambini ma era quasi sicuro che con quel giornaletto avrebbe fatto sorridere il bambino.
- Scusa eh, se non compri nulla spostati!! Oh guarda il giornalino preferito del mio bimbo – la ragazza gli prese di mano il giornalino e chiamò per nome l’uomo che sbucò.
- Ohh Signorì, da quanto? Mi dica!! – chiese gentilmente l’uomo ignorando palesemente Alex.
- Ma, mi scusi. Lo stavo comprendo io – esclamò piccato, d’accordo che sembrava un perditempo e forse un teppista, ma chi dava il diritto a quei due di giudicarlo e tagliarlo subito fuori?!
- Picciotto non è un po’ grandicello per questo, no? – lo canzonò l’uomo con malcelata sufficienza.
- Infatti!! Non è per me.. – si arrabbiò prondo a scattare, e forse fare qualche cavolata.
- Aaaallex mi ha preso i soldi quella stupia macchina uffa!!!! – ma il bimbo, correndogli incontro si mise a brontolare per colpa della macchina sputa palline, e stava quasi per mettersi a piangere.
- Ti do un altro soldo, ok? – il bambino con ancora un broncetto arrabbiato sorrise un po’ e poi si volse incuriosito verso i due.
- Pecchè ti guardano??? – Alex si volse e gli degnò di una semplice occhiata, poi con grande compiacimento esclamò:
- È per lui – la donna gli restituì il giornale e Alex senza dar peso allo sguardo afflitto di quest’ultima chiese il prezzo.
Pagò e lo porse al bimbo.
- Che
ne dici scricciolo? –
- Gazzie!!!!! – gli schioccò un bacio sulla guancia e sorrise ora davvero contento.
- Mi scusi!!!!! –
si profuse in scuse dato l’imbarazzo in cui si era ritrovata, ma il
biondo continuò a sorridergli beffardo.
- Già scusi anche
me, sa l’apparenza inganna – anche l’uomo, visibilmente
in difficoltà per l’errore fatto, si scusò.
- Già.. Lo so. Hey cucciolo vuoi salire sulle spalle? – ignorandoli di nuovo si piegò e sollevò lo scricciolo che strideva dalla contentezza.
S’incamminarono così, dopo aver preso la palla e tirato un calcio alla macchina mangia soldi, che in teoria doveva sputare palline in cambio di soldi ma che aveva osato far arrabbiare il piccolo protetto di Alex.
Il piccoletto ora, tutto
contento, si stringeva al suo gigante personale, Alex dall’alto dei sui
- Senta. Io.. sa.. – la donna di poco prima li aveva raggiunti – Beh io ho un fratellino della sua età e.. non l’ho mai visto all’asilo – stava cercando di giustificarsi?
- Infatti!!!! Siamo nuovi di qui – risposte subito aumentando di poco la velocità dei passi.
- È.. per caso
suo.. figlio?? – chiese lei
titubante.
Sembrava ci stesse provando.. Alex dimostrava almeno vent’anni e lei ne aveva all’incirca venticinque quindi per i parametri della ragazza doveva essere il suo tipo..
- Beh.. In un certo senso.. – ci pensò su un secondo, si era accorto di come la ragazza lo stava guardando, ma come dire non sapeva esattamente che fare, come comportarsi in questo caso.
- Dai Alex!! A casa!! – il bambino però lo salvò dall’imbarazzo, saltellò finché non la ebbe vinta e Alex si congedò dalla donna.
- Mi scusi, devo andare. Magari ci si vede – la salutò sotto il suo sguardo piccato e ricominciò a camminare.
Seguirono i numeri civici
osservano il quartieri, certo non era dei migliori ma non sembrava infestato da
bande di qualsivoglia genere.
Dopo dieci minuti di cammino trovarono quello che interessava loro.
- Ohy scricciolo, su il cappuccio così sembriamo due gemelli fighi – gli propose con fare giocoso.
Osservarono la casa, era a due piani, non molto diroccata come molte altre in giro per quel quartiere, un giardino pieno di giochi e una staccionata grigiastra.
- Scricciolo ti piace? – il piccolo annuì, ma poi aggiunse
- Mi giuri che torni!! – tornò per un attimo ad essere triste.
- Certo
Philè, nessuno ti porterà mai via da me – quelle parole..
Le aveva già dette!!
Ricordava di averle dette, ma ora gli sfuggiva quando.
Fece scendere il bimbo e lo abbracciò.
Superarono la staccionata
arrivando a metà vialetto quando:
- Ehm.. ragazzo!!! – una donna sulla cinquantina con un grande grembiule attirò l’attenzione del biondo.
- Oh scusi. Io.. beh.. –
- Ada io devo anda.. – un moretto uscì dalla casa con in braccio una bimba bionda, appena vide il biondo però si bloccò, in suo soccorso venne la donna con il grembiule.
- Si si certo. Ma la bimba? –
- Si..si è addormentata.
Beh magari.. la tengo io, non, preoccuparti.
Oh ma quello chi è? – l’ultima frase la mormorò facendo un cenno con il capo verso il biondo.
- A..mpfh – venne bloccato dal biondo che si riscosse dalla sua semi paralisi e parlò.
- Lui
è Philè, non sa dove stare e io non posso tenerlo.. se lei
può io.. ho pensato che potrebbe star qui.
Se le servono soldi pago e se vuole qualcosa, non so vestiti, scarpe per lui mi dica, farò tutto io – sorrise un po' intimidito dallo sguardo indagatore della donna.
- Beh.. caro Philè
benvenuto – esclamò
poco dopo sorridendo e Alex tirò un sospiro di sollievo.
- Per le pratiche agli assistenti sociali.. vedrò di sbrigarmela
io – Alex gli sorrise ancora guardando poi il bambino.
- Avanti Philè – lo spinse ad andare ma il bimbo sembra restio.
- Ma..ma.. ora?? Io.. tu torni domani, veroooo? – cantilenò preoccupato.
- Certo!! Con una delle mie auto. Lo giuro!! – gli sistemò il cappuccio e gli scompigliò la frangetta che usciva ribelle dalla stoffa – Ciao Campione –
- Piccolo vedrai che starai bene, sa ha fatto la cosa giusta portandolo qui.. signor??! –
- Oh..
beh signor??? No, no... Alessandro, Alessandro e basta.
Ora devo andare. Ehm scusate sapete dov’è la fermata d’autobus più vicina per i quartieri a nord?? –
- Beh.. veramente non ce
n’è!! – rispose dispiaciuta avvicinandosi al
bambino che ancora titubando camminava per andargli incontro.
- Oh.. davvero?? Bene.. molto bene!!! – esclamò sarcastico verso se stesso, ogni volta che faceva qualcosa di buono questo era il ringraziamento!!!!!
- Dagli un passaggio – il moretto stava fissando assorto la tuta del biondo, quasi boccheggiava e così non afferrò subito la frase ma quando lo fece..
- Chee? Ma la bimba?? –
- Ehm.. potrei tenerla io e.. – disse subito, non era maleducato non voleva approfittarsi in quel modo del passaggio, ma doveva farlo! Sarebbe arrivato a sera tardi se fosse andato a piedi, e non gli andava affatto!!
- Dove vai ragazzo? – continuò a parlare la donna prendendo per mano il bimbo e portandolo verso il portico.
- In via ******* al numero ******* –
- Oh beh.. allora.. va bene, non è lontano da dove vado io – mormorò avvicinandosi al biondo, la donna gli aveva lanciato una profonda occhiata che lo aveva subito convinto – Sta attento!!! – e gli diede la bimba, s’infilò il casco e poi ne porse uno al biondo senza mai guardarlo in faccia.
- Hey
Campione fai il bravo – strizzo
l’occhio al suo ormai “figlioccio” e montò in sella
dopo il moro.
Si era fidato subito della
donna perché aveva visto qualcosa nel suo sguardo, un senso di pace e
tranquillità mai provato, quello che di solito ti trasmette la mamma o
il papà, o al massimo zii o nonni.
A lui però questo non era mai capitato.. e per questo motivo aveva visto nella donna quella sicurezza che sapeva servire al piccolo.
Procedettero a passo sostenuto senza grandi manovre per non scuotere troppo la bimba.
Dopo alcuni minuti avevano raggiunto il centro senza incontrare molto traffico.
Non faceva freddo in quei giorni eppure il corpo del moro era scosso da molti brividi.
Superarono il centro senza incontrare auto della stradale.
Dopo altri minuti raggiunsero la prima periferia, quella ricca.
Svoltarono in uno dei vialetti più pittoreschi e incantevoli procedendo più lentamente per poter frenare comodamente una volta arrivati alla villa.
Era piuttosto grande ma non fastosa, un magazzino al fianco e un semplice giardinetto anteriore alla porta d’ingresso, un'eccezione alle molte altre della zona, chi era ricco lì lo doveva mostrare per forza per sentirsi superiore.
C’erano solo tre luci accese, le si notavano subito, denotava che lì non ci abitassero in molti, a quell’ora se la famiglia c’era doveva essere in casa ma non ce n’erano segni.
- È qui!! – mormorò un attimo prima che la moto si fermasse.
Scese e porse la bimba
all’altro, per un attimo fu perplesso, come avrebbe portato la bambina?
Quanta strada avrebbe fatto? Dove sarebbe andato?!
Arrivato a quest’ultimo pensiero si fermò di colpo, scuotendo piano il capo! Che diavolo di pensiero era quello?
- Ci rivedremo – soffiò stringendo la bimba al petto forse per calmare i brividi che lo attraversavano facendolo scuotere a tratti.
-
Beh.. io.. – cominciò a
rispondere cercando nella sua mente parole sensate, perché sentiva di
conoscere quel ragazzo?! Perché aveva la sensazione di essere già
affogato in quello sguardo smeraldo?
- Manterrai la promessa – disse con un filo di foce, non aveva neanche tolto il casco quindi la voce era anche attutita da questo.
- Cosa??? – sobbalzò confuso, di che parlava?
“A che allude?? Non può avermi riconosciuto, io ci ho messo un pacco di tempo e lui..” e nel pensarlo il nome che tanto aveva cercato di seppellire nel suo cuore riaffiorò..
- Al bambino hai detto che saresti passato – chiarì subito, non dava segni di cambiamento, non sembrava aver intuito chi fosse il biondo.
- Oh
si si, certo – sospirò.. per
quale motivo non lo sapeva neanche lui, era uno scampato pericolo? Non avrebbe
dovuto giustificarsi?
Non avrebbe dovuto affronta?
Non avrebbe più
dovuto.. pensare a quelle labbra, che aveva baciato e desiderato..
- Beh allora tieni pure il casco, me lo renderai poi – esclamò prendendolo di sorpresa tanto che spalancò gli occhi ed ebbe il tempo di vedere solo la schiena del ragazzino che una volta messo in moto era partito lasciandolo lì a bocca aperta.
“È
lui???
No, non
può essere!!!
Come fa a
portare una moto se è lui?? No non può essere” cercava di convincersene,
disperatamente ma cercava. Non poteva davvero essere lui, perché
così fosse, avrebbe dovuto riaprire quel capitolo della sua vita e
affrontarlo, per davvero questa volta!
Side 5
- Idiota – la solita voce fredda lo riscosse della sua accozzaglia di intricati ragionamenti mentali.
- Si certo: Buona sera anche te Leandro, oh sì, io sto bene. Oh cosa ho fatto? Beh sai io.. – cominciò a sproloquiare inventando una conversazione a due, visto che con l’altro sarebbe stato quasi impossibile averne una, continuò per alcuni secondi il suo monologo fino a che il bruno non sbottò.
- Idiota sali – aveva sibilato rientrando in casa dal balcone da cui lo aveva chiamato.
- Agli ordini – rispose tornando a sorridere allegramente, qualsiasi cosa sarebbe successa con il moretto l’avrebbe affrontata al momento. Ora voleva solo rilassarsi un po’.
Era semplice l’ingresso della villa, nulla a che fare con il lusso sfrenato della villa che sua madre aveva comprato a Parigi, che oltretutto lui detestava!!
Sbuffò pensandoci, perdendosi per l’ennesima volta nei meandri della sua mente bacata.
- Bella tuta – la voce fredda lo raggiunse di nuovo.
- Grazie
– aveva parlato senza mostrare il suo lato canzonatorio per una
volta, troppo preso dal respingere i pensieri legati alla madre, alla sua
famiglia.. e quel giorno.
- Che fai qui? – chiese poi raggiungendolo.
- Mi serve la “Piccola” – e vedendolo scendere gli ultimi scalini ritornò ad essere il solito strafottente.
- Tu e la tua fissazione di dar nomi alle auto. È la rossa? – stridì quasi accigliandosi scontroso come al solito.
- Ohy non me la sminuire, la offendi sai? – l’altro non lo ascoltò incamminatosi per il magazzino era già uscito prendendo le chiavi.
- Si si, ti seguo, ma no non essere così petulante, smetti un po' di parlare no? – una delle solite occhiatacce gelide lo bloccò, stava per partire uno dei suoi sproloqui contro il mutismo del proprio Capo ma non continuò stavolta, lui al contrario di Cassandro afferrava al volo il grado di scocciatura del Capo e quindi cercava di darsi una regolata.
- Puffhhh – non riuscì però a non sbuffare, nonostante tutto quelle scenette gli ridavano un po’ di equilibrio e calma, per lo meno poteva sempre contare sull’indifferenza e solidità di Leandro.
Arrivarono al magazzino e Leandro aprì il cancello ed entrò.
- Batti le mani per la luce? – lo prese in giro ridacchiando.
- Tzè – ignorandolo si avvicinò all’interruttore e lo spinse, una dopo l’altra le luci si accesero a scatti illuminando tutto l’interno del magazzino.
- Uau!!! Ma non mi avevi detto che eri arrivato a 23 auto? – constatò Alex contandole – Cazzo Leandro queste sono.. sono al meno il doppio e.. Oh Porca ma questo è un vero fuori strada della.. –
- Oh stolto se lo tocchi così lo macchi. Giù le mani – e con il suo solito portamento regale, che faceva strepitare di rabbia chiunque lo incontrasse con la propria tipa al fianco, perché facevano tutti puntualmente brutta figura al suo confronto, s’incamminò tra le auto.
- È stata lucidata e le gomme sono nuove e provate. Dentro ci sono un paio di compilation niente male – il volto del biondo si illuminò.
- È.. è la mia? O bella, ma guardati!! Sei
uno schianto “Piccola” – fece
un giro intorno all’auto saltando – ti ho mai detto che ti amo? Avanti fatti abbrac.. – un’altra occhiataccia, ancora
più gelida, lo bloccò – va bene, va bene.
Lo so che
comunque anche tu mi ami, solo che non lo ammetti! – sorrise e saltò nell’auto – oh per la
miseria. È divina.
Ma senti come sono comodi (chissà come si sta mentre, eh eh eh) già già Leandro TI AMO. Sposami – si voltò e vide solo la schiena di Leandro che si stava allontanando.
Alex tastò con cura i sedili ed esaminò le apparecchiature, mise in moto e fece cantare il motore, tutto contento (per il suo nuovo giocattolino) fece manovra e uscì dal magazzino.
- Biondo. Dai questo a Sandro – gli lanciò uno scatolino.
- Non mi dirai che vuoi sposare lui?? – improvvisò un melodramma da teatro ricevendo in cambio solo un..
- Stolto
–
- Si si. D’accordo, ti adoro anche io!– si allacciò la cintura e uscì dal cancello laterale sorridendo allegro al bruno.
- Se riesci, rimani in vita – gli disse in risposta continuando a guardarlo gelido, il biondo invece gli sorrise pigiò il piede sull’acceleratore e si allontanò velocemente.
“Chissà
che ha.
Di solito
è meno scontroso!!!
E poi che
diavolo faceva vestito di bianco?
Togliendo il giaccone nero era completamente bianco. Mah???”
Side 6
- Da quando sei padre??? – il moro aveva accolto in casa il moretto
sorridendogli come un fratello maggiore fa con quelli più piccoli, aveva
dato disposizioni affinché la moto fosse riposta nel garage e ora stava
facendo strada ai due all’interno della villa.
- Demy.. ehm è una lunga
storia. Lei è Haimei – gli rispose un po’ scocciato,
no di certo per la domanda, ma per tutta quella situazione. Era dalla mattina
che si sentiva scombussolato e la cosa non gli piaceva!
- Piccola io sono Demetrio –
si presentò il più grande, lasciando perdere il discorso, aveva
capito che c’era qualcosa che turbava il suo piccolo Lupo, ma non voleva
intervenire.. per ora.
Nella grande casa di Demetrio i tre stavano percorrendo il
corridoio per arrivare alle scale per poi salire al piano superiore.
- Phai hai per caso con te un
vestito? – chiese con voce pacata lanciando ai due qualche
occhiata per accertarsi che la bambina non cadesse.
- Ve...vestito?? –
balbettò sobbalzando.
- Si. Certo. Ormai sono le.. sette.
Su vieni – salirono velocemente
le scale, capendo che Phai non aveva portato nulla con se gli sorrise benevolo
e continuò a parlare tranquillamente
- La
piccola va bene così. Ehy biondina ti va di vedere degli animaletti? -
- Ti..ti – saltò
contenta.
- Allora entra lì – era la sua vecchia camera dei giochi.
C’erano peluche a centinaia e tutti diversi
– Tu di qua –
Insieme il Demetrio e Phai entrarono in un’enorme stanza,
in fondo al corridoio, interamente dedicata ai vestiti, un’intera parete
in particolare era dedicata alle divise della banda.
- Sono tutte quelle che abbiamo
avuto fin ora? – chiese
osservandole il ragazzino, molte se le ricordava altre non gli dicevano nulla,
non le aveva mai viste.
- Già e alcune sono del secolo
scorso, altre sono del periodo in cui era mio padre il capo.
Comunque quello che interessa a te è qui – indicò
un armadio posto di fronte alle divise, si avvicinò e aprì
un’anta valutandone il contenuto.
- Ma da dove vengono? Non ti credevo
un maniaco della moda! – esclamò
sorpreso Phai vedendo il contenuto dell’armadio.
- Cosa? Ma che dici?!?!
Questa roba è per voi!
Me la regala la ditta che si occupa delle
forniture del negozio di Berenice una volta al mese.
Vi devo vestire no??? – spiegò con voce calda e tranquilla, così
profonda e rasserenante che non si poteva non credergli.
- Che bravo paparino.. – lo canzonò bonariamente il moretto, in
effetti quelle erano attenzioni da padre, ma a lui non importava!
- Bene! Direi che questo gessato ti
sta molto bene, cravatta nera e camicia panna e.. – ignorando la battutina scelse il completo e poi gli
porse i polsini, ovvero due lupi, come al solito!
- Firma ovunque eh??? –
scherzò ancora guardando però con una certa soddisfazione quei
due piccoli lupi.
- Certo!! – Demetrio infatti ci teneva che facesse
bella figura davanti ai damerini della casa automobilistica, ma soprattutto che
ci fosse con loro sempre un segno di riconoscimento. Un vanto? Un semplice
segno di appartenenza? O un modo per identificarsi?
Fatto sta che vi era sempre e comunque.
Sorridendo al ragazzino uscì dalla stanza e Phai solo al
suo interno.
Demetrio infatti percorrendo tutto il corridoio tornò
alla stanza dove aveva lasciato la bambina.
La trovò seduta in groppa a un enorme lupo, stava
accarezzando un micetto vero, si vedeva che era già una Lupetta!!
- Hai trovato Trudy. Gli sei
simpatica sai?? –
Si accucciò vicino alla piccola e la osservò.
Forse ora capiva l’interesse di Phai per lei, i tratti
somatici e il colore di occhi e capelli erano molto simili a quelli del
ragazzino della foto che portava sempre con se.
“Aspetta.. come si
chiamava?!?! Al... No Xa..”
- Tignoe.. dov’è Feeeeiii??? – la
bimba non gli permise di finire il pensiero riportandolo alla realtà.
- Chi??? Oh Phai. È.. di
là – proprio in quel momento fece la sua titubante entrata
un elegantissimo moretto con mocassini ai piedi e i polsi a forma di lupo.
- Uau.. farai secchi tutti! – mormorò alzandosi, un brivido strano
lo percorse, qualcosa molto simile a quello provato anni prima quando aveva
visto il bel volto del suo fratellino, qualcosa come un senso di fierezza,
simile a.. L’essere orgogliosi di qualcuno di famiglia.
- Beh io.. non è nulla di
che.. –
- Come? Ma scherzi? È
davvero.. no aspetta – lo
afferrò per un polso e lo porto in bagno, aprì il rubinetto
spalmò un po' di gel sui palmi passando poi le mani sotto l’acqua,
mischiò e le portò sul capo del moretto che lo guardava stranito.
- Il mio ometto – mormorò soprappensiero, poi scosse
il capo e sorrise.
- Beh.. Io – in
imbarazzo, con le guance che si stavano imporporando, il ragazzino si
tirò in dietro sbuffando un po’, non perché quei gesti gli
dessero fastidio, ma perché non era molto abituato.
- Sei bello!!!! – sussurrò la
piccola, la bocca della verità.
- Io..sai.. No, io.. non sono.. –
- Detto anche Alex.. – continuò la bimba con
aria sognante.
- Alex – urlarono in coro, uno perché aveva
ricordato il nome e l’altro.. l’altro perché aveva
realizzato chi fosse il buon samaritano del bimbo!!!
- Piccola, ma il ragazzo quello
sulla moto? –
- TI – sbiancarono
e Phai si aggrappò alla porta per non cadere.
- Vieni qui – lo afferrò e lo portò nel
salottino affianco alla stanza da bagno – la
vuoi rimandare la cena o pensi di farcela? – gli chiese preoccupato
notando il pallore improvviso sul viso del ragazzo.
- Si..io.. – si sedette e sospirò – io..io.. Tu..
Tu devi vestirti no? Vai, vai.. io mi riprendo!! Ce la faccio! –
balbettò prima poco convinto, poi sempre più sicuro.
- Si certo. Beh.. però, se sei
proprio sicuro! – Phai
annuì e lui non oppose altra resistenza – Io..
allora vado – e uscì
lasciandolo solo a riflettere.
- Piccola ma cosa ti ha detto?
– chiese alla piccola che lo stava seguendo, forse aveva percepito che
era meglio stare con lui in questo momento.
- Niette.. solo che era bello!!
– e indicò la stanza dove ora stava il moretto.
- Ahh.. sai che quel vestito ti sta
proprio bene? – gli sorrise e le
accarezzò i capelli, era davvero simile a quel ragazzo.
Demetrio la fissò ancora alcuni attimi e poi andò
a cambiarsi lasciandola di nuovo nella stanza, dando disposizione a uno dei
maggiordomi che stava sul piano di prestargli attenzione.
Doveva valutare bene la situazione, soprattutto perché
non sapeva minimamente cosa fare con Phai..
Doveva parlare con Leandro.. questo era certo!
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Allora.. per cominciare: nessun commento -_- come siete
cattivi! Mi avete lasciato tutta sola! -_-
Ma va beh, io non dispero! Sono convintissima che
c’è qualcuno là fuori che apprezza il mio lavoro! ^_^
Ad ogni modo, se qualcuno si scomodasse a fare anche mezzo
commentino io ne sarei entusiasta ^_^’’’
Ringrazio ancora una volta quella rompi..bip di mia cugina e
Ale.
Questo mese non è stato per niente facile per me, e
loro lo sanno, vero?
Ma ora sono tornata e cari miei non vi libererete tanto
facilmente di me ^____^ questa è una promessa!!
L’Acquilotta cara, ovvero mia cugina, ha corretto
queste pagine nonostante la resistenze del suo computer, che non collabora mai!!
Mi da una grande mano, ma è una schiavista -_-!! Cattiva Acquila!!
(acquila con la C non è un errore, è il lo pseudonimo che gli ho
dato io!! ^_-)
Bene.. ed ora come sempre se volete insultarmi, congratularvi
o chiedere, che “cavolo” ho scritto, perché non ci avete
capito nulla questo è il mio indirizzo email: ombradipantera@gmail.com
Beh direi alla prossima, spero che per Natale sia pronto il
prossimo capitolo di Compagno.. ma chissà!