Disclaimers: anche se eravate convinte del contrario i personaggi della combricola di Slam Dunk non sono miei :ma di quel brav'uomo di Inoue...che se avesse deciso di fare il venditore di carciofi non mi avrebbe permesso di sbrodolare con i suoi fantastici pg! Keita Taniguchi e pochi altri sono miei. Questo in particolare, però, ha il nome del mio amico di penna giapponese...quindi gli va parte del mio affetto!

 

Dediche: a Releuse e a Dea73 che hanno promesso di minacciarmi qual ora poltrissi al posto di scrivere (ma lo fanno per il mio bene eh! ) a Hina sensei *___* e a tutte le ragazze che amano Slam Dunk e che non hanno ancora smesso di ricamarci sopra!

 

 

 

Ed ora…

... benvenute nella mia personalissima Kanagawa!

 




 


 

 

La Cenerentola del Basket

 

parte II

 

di Seika

 


 

La sveglia suonava ogni mattina alle 7.30.

La mezz’ora successiva la dedicava ad una ritemprante doccia e a vestirsi, con una tuta comoda ovviamente.

Alle 8.00 faceva colazione in mensa. Fortunatamente il cibo era buono ed abbondante e, dato il motivo per cui si trovava lì, a parte i primi tempi non aveva dovuto seguire diete speciali.

Finito di mangiare aveva qualche minuto per sé. Per tornare in camera se voleva, o semplicemente per camminare assaporando la fresca aria salmastra che dal centro fisioterapico si poteva respirare.

Alle 9.00 in punto iniziavano gli esercizi di fisioterapia. In principio gli erano risultati davvero duri e faticosi, i dolori erano lancinanti e i muscoli sempre indolenziti. Ma ora faceva tutto senza batter ciglia, con enfasi, per la volontà ferrea di voler guarire perfettamente e al meglio. Due ore fra straching, torsioni, macchinari che aveva imparato a conoscere… tutto sotto la supervisione di Sachiko, l’infermiera che lo seguiva da quando era entrato in quel posto.

Finita la trafila di esercizi in “sala attrezzi”, come ormai l’aveva ribattezzata, si spostava nella grande piscina olimpionica dell’istituto. Purtroppo, nonostante la bella stagione, la vasca si trovava al coperto, in un capannone. Per questo spesso chiedeva di poter eseguire direttamente in mare la sua successiva ora e mezza di riabilitazione, anche se raramente ciò gli veniva concesso.

 

Non aveva mai amato particolarmente nuotare.

Certo, ogni estate andava in spiaggia con gli amici a Kanagawa. Gli piaceva giocare a beach volley e si divertiva da matti a schizzare Takamiya insieme a Mito, fino quasi ad affogarlo! Ma non si era mai soffermato sul nuoto in sé.

Al centro invece, dopo le prime due settimane dedicate totalmente al recupero motorio, il Dottor Toshiki – a cui presto avrebbe eretto un busto per quello che era riuscito a fare con la sua schiena – gli aveva prescritto diverse ore di nuoto al giorno. Partendo con una “dose” molto leggera di poche bracciate, fino ad arrivare alle tre ore quotidiane delle ultime settimane, suddivise fra mattina e pomeriggio.

Non ne era rimasto affatto entusiasta all’inizio, eseguendo ogni direttiva con il gusto amaro di una medicina presa a forza. Ma a poco a poco ci aveva fatto la mano.

Ora scivolava tranquillo per un imprecisato numero di volte in quell’acqua che sapeva di cloro. Era felice quando lo faceva, perché si rilassava totalmente e riusciva a svuotare la testa da tutti i timori e le preoccupazioni che in quei mesi si erano piano piano accumulate.

Se non ci fosse già stato il basket nella sua vita, era sicuro si sarebbe appassionato al nuoto. Infondo, bisognava ammetterlo, era già diventato un tensai anche in quello!

 

All’una, sfiancato da una mattinata trascorsa a muovere ogni singolo muscolo del suo corpo, si abbandonava su una sedia della mensa, mangiando tutto quello che riusciva a buttare giù.

 

- Non riesco a spiegarmi come fai ad essere così in forma con tutto quello che ingurgiti ragazzo. Senza contare che lo stomaco avrebbe dovuto scoppiarti già due ciotole di riso fa! - gli ripeteva quasi ogni volta la signora Kaori Sawa, una simpatica vecchietta al centro dopo una protesi all’anca.

- Kaori-san non hai visto come mi muovo tutto il giorno? Il Dottor Toshiki è uno schiavista! Non ho nemmeno le domeniche di riposo qui! Peggio che se lavorassi! E poi devo crescere ancora io! - le rispondeva sempre con un largo sorriso, tra un boccone ed un altro.

 

Alle tre del pomeriggio la sinfonia riprendeva, con un’altra ora in “sala attrezzi” seguita poi dalla seconda sessione di vasche in piscina.

 

Finita l’ultima ora e mezza di nuoto, aveva il tempo che restava della giornata libero fino a cena, seguita poi da un coprifuoco molto ristretto che però lo vide lamentarsi solo i primi tempi, essendo poi in effetti troppo spossato per decidere di rimanere sveglio per protesta.

 

Questa era la giornata tipo di Hanamichi Sakuragi, da due mesi a quella parte.

 

Nei primi tempi tutto gli era stato decisamente stretto, tanto da avere il legittimo timore di impazzire.

Hanamichi infatti non era mai stato un ragazzo capace di stare con le mani in mano, calmo e tranquillo. Lui era fatto per gli spazi aperti, per andare in giro a fare cagnara con gli amici, non per stare rinchiuso in quattro mura quasi impossibilitato a muoversi.

La televisione via cavo, con le partite dell’NBA e i cartoni animati, era riuscita solo in parte a lenire le sue sofferenze. Nemmeno i videogiochi che si era portato da casa, o i vari libri e manga che leggeva, riempivano davvero i momenti vuoti.

 

Lì dentro, la signora Kaori Sawa era stata la sua prima ventata di aria fresca.

 

Sawa-san era l’unica con cui fosse riuscito a stringere un rapporto. Questo ovviamente non per sua volontà, fosse stato per Sakuragi ogni giorno al centro si sarebbe organizzata una festa con tutti i degenti come invitati, ma a causa del fatto che il via vai in quel posto era incessante e i più non restavano che una quindicina di giorni. L’essere in piena estate, poi, faceva sì che il numero dei ricoverati fosse decisamente sotto la media, cosa che tuttavia giovava alla sua riabilitazione potendo ricevere al meglio le attenzioni del personale medico.

 

Kaori Sawa, però, era appunto l’eccezione.

Quando agli inizi di luglio Hanamichi era arrivato all’istituto la donna era già ricoverata da qualche settimana e ci sarebbe rimasta ancora per un bel periodo. Questo non tanto perché la sua operazione fosse particolarmente complicata o la sua riabilitazione incerta, no. Semplicemente Sawa-san era la nonna del Dottor Toshiki e il nipote voleva avere l’arzilla signora sotto costante controllo, ben sapendo che nonostante i suoi quasi ottant’anni di età non avrebbe esitato a fare sforzi eccessivi, anche con la protesi che si ritrovava.

 

*Oh, beata gioventù!* aveva pensato la donna la prima volta che aveva assistito alle lagne che era in grado di fare quel rossino soltanto sentendo parlare di punture!

Ed era stato amore a prima vista.

La signora Sawa, infatti, si era da subito molto affezionata a quel “cucciolo” dalle dimensioni di un cavallo, arrivato al centro timoroso ed impaurito di restare menomato a vita.

Dal canto suo anche Hanamichi fu colpito dall’esuberanza e dalla simpatia della donna, rimanendone conquistato.

Nei giorni in cui Sakuragi sembrava perdere motivazioni e forze per poter portare a termine la propria terapia, era la signora Sawa a stargli accanto incoraggiandolo.

- Usciti da qui verrò a vederti durante una partita, voglio assistere a qualche mirabolante avventura sportiva del genio! Quindi vedi di guarire e tornare in forma presto, non ho mica tutto questo tempo per aspettare i tuoi comodi, sai? - gli diceva sempre.

E il tensai, da queste poche parole, traeva la forza sufficiente ad andare avanti ancora un altro giorno e poi ancora quello successivo.

 

 

 

***

 

 

 

- Va bene ragazzi. Oggi affronteremo una prova decisamente difficile. Ci siamo allenati tanto per giungere a questo traguardo e sono sicuro che possiamo affrontare questa sfida e vincerla, ma dobbiamo collaborare - il capitano Akagi stava cercando di trovare le parole giuste per spronare i giocatori della sua squadra - voglio che ognuno di voi dia il meglio, voglio gioco di squadra! Noi dobbiamo dimostrare quanto valiamo perché il risultato ottenuto non ci deve bastare, ma ci deve solo spingere ad andare avanti per fare sempre meglio! - disse serio guardando uno ad uno i compagni negli occhi.

- Sì capitano. - risposero in coro tutti, o quasi, i giocatori dello Shohoku.

- Bene allora, possiamo andare! SHOHOKU... -

- …FIGHT! - urlarono tutti i ragazzi uscendo finalmente dallo spogliatoio, in cui si trovavano rinchiusi sin dalla prima mattinata!

*Hn.* pensò invece qualcun altro, alzando gli occhi al cielo.

 

Erano ormai diversi giorni che tutti i membri della squadra di basket venivano considerati a scuola come delle specie di “idol”. Non c’era ragazzo, dal capitano all’ultima riserva, che non fosse perennemente attorniato da curiosi, ragazze dalla risata facile e persino cacciatori di autografi.

Stare al centro dell’attenzione in quel modo era un ottimo diversivo nella noiosa quotidianità per molti di loro ma c’era anche chi fuggiva, come il diavolo l’acqua santa, tutta quell’attenzione indesiderata.

 

Kaede Rukawa però non aveva avuto scampo.

 

Tallonato dalla sua incredibile schiera di fan il volpino cercava rifugio sulla terrazza o dentro il bagno maschile, fintanto che la campanella non segnava la ripresa delle lezioni o la fine delle stesse, per poter poi letteralmente fuggire in palestra ad allenarsi.

 

Tuttavia quel giorno, il giorno delle riprese, la cosa era diventata quasi insostenibile.

Chiunque incontrasse un membro della squadra di basket cercava in qualche modo di farsi “invitare” in palestra per assistere ai lavori o, meglio ancora, per apparire nello spot seppur di sfuggita. Il preside, per cercare di arginare la situazione così degenerata, aveva deciso di far saltare a tutti i ragazzi le lezioni spedendoli già di prima mattina in palestra, al fine di lasciare loro modo di concentrarsi circa l’importante compito che li attendeva.

 

Perché, diciamola tutta, non sarebbe stata solo la squadra di basket a trarre vantaggio da questa opportunità. La scuola intera ne avrebbe avuto un buon ritorno di immagine, che si sarebbe tradotto in maggiori iscrizioni con conseguenti maggiori entrate e sovvenzioni.

Insomma, tutti i partecipanti al video avevano il preciso compito di fare del loro meglio per non far sfigurare l’istituto Shohoku, pena gravi ritorsioni da parte dei “piani alti” della scuola, nella persona del preside innanzitutto.

Così quella mattina, alla ricerca di quiete e rifugio, i ragazzi erano stati tutti spediti in palestra, dove il personale stesso della Toei Production avrebbe impedito ai fastidiosi curiosi di avvicinarsi più del dovuto.

 

Peccato però che la produzione si fosse già messa in moto per allestire il luogo delle riprese. Masse infinite di intricatissimi cavi, luci e riflettori di ogni genere, macchine da presa e varie altre attrezzature tecniche occupavano ormai più della metà dello spazio disponibile della palestra…ed ancora molto doveva essere montato.

La squadra, a cui si era unito il Guntai e la sorella del capitano che in qualche modo era riuscita ad inserirsi nel “cast”, si ritrovò così relegata nell’angusto spazio degli spogliatoi, dove erano stata costretta a trascorrere tutta la lunghissima mattinata.

 

Ora però era arrivata la resa dei conti.

Un’ora prima era andato da loro il Signor Taniguchi, accompagnato da una ragazza che aveva distribuito le magliette da indossare per le riprese.

La numero dieci, con il nome di Sakuragi, venne consegnata invece a Mito, perché la lasciasse a casa del rosso.

 

Tutto era pronto.

 

 

 

***

 

 

 

Era stato decisamente un periodo lungo e stressante.

Non vedeva l’ora di poter tornare a casa, riabbracciare finalmente la madre – il padre era sicuro fosse in viaggio per lavoro, nonostante i medici gli consigliassero riposo e prudenza dopo l’infarto dell’anno precedente – rivedere Yohei e gli altri per farsi aggiornare su tutto quello che in quel periodo si era perso e ricominciare gli allenamenti di basket, a tempo pieno.

 

Basket.

Era al massimo da due settimane che il dottor Toshiki gli aveva dato il permesso di poter tirare a canestro, ma per non più di un’oretta al giorno. Doveva evitare movimenti bruschi però, salti sconsiderati, stare attento a come si muoveva… insomma, avesse dovuto giocare legato al terreno sarebbe stato probabilmente più libero di agire.

Ma questo era  quanto gli veniva permesso ed Hanamichi non aveva alcuna intenzione di rovinare con le proprie mani tutto il lavoro fatto in quel periodo. Era un tensai lui… mica come quel baciapiselli di Mitchy!

Tuttavia questo era stato per lui solo un contentino, come un pezzetto di pane dato ad un affamato… non era servito ad altro che a fargli venire sempre più voglia di giocare.

 

Fortunatamente, tutte le ore di quotidiano esercizio e la possibilità di tenersi un po’ allenato con i tiri a canestro erano serviti ad Hanamichi a restare sempre in forma, evitando così di sentirsi eccessivamente indietro rispetto al punto in cui pensava avrebbe ritrovato i compagni al suo rientro.

 

La squadra.

Sì, nell’elenco delle persone che gli mancavano anche quei buoni a nulla rientravano a pieno titolo. Aveva proprio voglia di rivederli e prenderli un po’ in giro, scherzare con loro …ritornare a vivere l’atmosfera che li aveva uniti durante le partite.

 

Voleva tornare per riappropriarsi del suo mondo, delle sensazioni e delle persone che era abituato ad avere intorno. Si sentiva tagliato fuori.

Mito e il Guntai in due mesi non erano mai riusciti ad andarlo a trovare. I pochi risparmi che avevano accumulato erano stati spesi per seguire lo Shohoku nella sua trasferta per i Campionati Nazionali ma, dopo quelli, nessun’altro yen si era aggiunto al gruzzolo e Hanamichi si era dovuto accontentare di sentire il suo migliore amico solo per telefono.

 

Le chiacchierate con Yohei erano un toccasana per l’umore del rosso anche se le notizie che questi gli forniva, circa la squadra di basket e le ultime trovate sceme del Guntai, non gli erano sufficienti per potersi ritenere soddisfatto. Lui voleva essere lì.

 

Altre frammentate notizie gli venivano dalle saltuarie lettere che Haruko gli spediva. In quelle la ragazza gli scriveva le ultime novità sulla squadra, qual ora ce ne fossero, e poco altro. Gli aveva infatti raccontato come inizialmente Akagi e Kogure si fossero ritirati dal club per affrontare meglio gli esami di ammissione all’Università, per poi decidere di rientrare in vista dei campionati invernali che non volevano assolutamente perdere. In quel piccolo frangente era stato Miyagi a diventare capitano ma, per il sollievo dello stesso play maker che non aveva ancora voglia di assumersi una tale responsabilità, la cosa era durata poco.

Gli aveva poi raccontato entusiasta di come si fosse proposta come seconda manager della squadra. Ruolo che però aveva abbandonato in breve a causa degli impegni scolastici, aveva affermato. Sakuragi però a questa versione non credeva un granché e, comunque, gli importava ancora meno.

 

Nemmeno i suoi genitori erano riusciti ad andarlo a trovare spesso come gli sarebbe piaciuto. Gli oltre duecento chilometri che distanziavano il centro da casa sua e i loro vari impegni lavorativi, avevano permesso alla famiglia Sakuragi di riunirsi solo per un paio di giorni. Certo la madre, apprensiva come poche, lo chiamava un giorno sì ed uno pure è vero, ma Hanamichi amava il contatto fisico con le persone, sentirle vicine e poterci parlare viso a viso, e tutto questo alla lunga si era ripercosso sul suo umore.

 

…e poi…bè poi voleva rivederlo!

 

Ma per fortuna lì con lui c’era Kaori-san.

 

Per Hanamichi era geneticamente impossibile non avere vicino qualcuno con cui poter parlare, ridere, scherzare ed anche confidarsi, sfogandosi a volte, per più di qualche giorno. Era come chiedergli di tingersi i capelli di nero… un’eresia!

 

Così aveva apprezzato la confidenza che da subito la donna si era presa nei suoi confronti, sopportando poi l’iniziale vergogna quando, soprattutto la sera dopo cena, la signora Sawa aveva preso l’abitudine di fargli qualche domanda, anche se per lui un po’ troppo personali ed imbarazzanti.

 

- Allora Hana-chan hai la ragazza? - gli aveva domandato una delle prime sere.

Sakuragi non aveva un rapporto stretto con nessuno dei suoi nonni ancora in vita. Non sapeva quindi che questa era una di quelle domande standard, una prassi per gli anziani verso i propri nipoti. E dato che Kaori Sawa considerava ormai il rosso come un suo nipote e che Hanamichi, dal canto suo, la considerava in effetti un po’ come una nonna – o zia non aveva ancora deciso – cercò di inghiottire a denti stretti la risposta sarcastica che gli aveva per un attimo sfiorato le labbra, decidendo invece di rispondere sinceramente.

- …no…. - un bisbiglio.

- Ma come è possibile! Un così bel ragazzo! - aveva insistito la donna.

*Meno male che questa terrazza non è abbastanza illuminata!* aveva pensato Sakuragi nel sentirsi avvampare per la vergogna. L’argomento ragazze e sentimenti era per il rosso un terreno minato in cui inoltrarsi. I cinquanta rifiuti collezionati e il suo ignorato interesse per Haruko non gli avevano esattamente infuso una grossa autostima da questo punto di vista. Per non parlare poi del sarcastico “sostegno” dei suoi amici…

- …è così… - aveva pigolato in risposta all’incredulità di Sawa-san.

- Bè dai non è un dramma, sei giovane per queste cose… e poi la persona giusta arriva quando meno la si aspetta! Potrebbe essere domani o fra un anno, ma quando arriva il momento non si scappa! - aveva risposto la donna cercando di chiudere per il momento l’argomento, accortasi dell’imbarazzo di Hanamichi.

 

 

 

***

 

 

 

La palestra era irriconoscibile.

Il soffitto era pieno di travi, sostenute da grosse colonne metalliche, da cui pendevano un’infinità di fari ad illuminare al meglio ogni angolo del campo. Altri riflettori erano posti poi alle due estremità del perimetro di gioco.

Tre tecnici imbracciavano altrettante telecamere, mentre dei bracci meccanici permettevano a due macchine da presa di alzarsi ed abbassarsi di svariati metri, per cogliere al meglio l’immagine dell’intera palestra. Un paio di fonici stavano finendo di sistemare vari microfoni sparsi lungo il campo, con il compito di registrare tutti i “suoni proveniente dal gioco”.  

Taniguchi stava parlando con i suoi collaboratori, ricontrollando che ogni cosa fosse in ordine e pronta per il ciak di inizio.

Sembrava di stare davvero su un set cinematografico.

 

Appena si accorsero della loro presenza, la squadra dello Shohoku venne accolta dall’applauso di tutti gli addetti ai lavori.

Era a dir poco galvanizzante.

Solo le partite più importanti che avevano affrontato erano riuscite a fargli sentire la stessa emozione. Anche se in questo caso, oltre a questa, c’era anche una buona dose di timore e paura. Dovevano allenarsi e giocare, lo facevano tutti i giorni diamine! Ma non era affatto la stessa cosa.

Ora l’evidenza dei fatti, potere toccare con mano che quanto fino a quel momento immaginato era vero e concreto, li aveva messi sotto pressione.

Persino i più indomiti fra loro, da Mito a Rukawa, si sentivano un tantino in soggezione per quello che da lì a poco avrebbero dovuto affrontare.

 

- Benarrivati! - li accolse il signor Taniguchi con un sorriso - su, non dovete essere così impauriti. Sono sicuro che non appena inizierete a giocare non vi accorgerete neppure di quello che vi circonda. -

Le facce dei ragazzi dimostravano però poca convinzione.

- Ok. Allora, prima che iniziate con il vostro allenamento ho bisogno di fare qualche minuto di ripresa con i titolari della squadra. Non dovete fare altro che stare fermi contro quella parete bianca laggiù, uno alla volta per un paio di minuti, cercando di rimanere seri e concentrati, come prima di una partita! -

 

Silenzio.

*Sono rimasti scioccati!* Pensò il produttore.

 

L’allenatore Anzai, vedendo l’assenza di reazioni nei suoi ragazzi e la perplessità nel signor Taniguchi, decise di prendere in mano la situazione.

- Forza ragazzi, non siete arrivati fino a questo punto lasciandovi intimorire così dagli avversari. Questa è solo un’altra sfida da giocare e vincere. Non vorrete farmi credere di essermi sbagliato su di voi fino ad ora, di aver erroneamente pensato di avere in squadra non solo giocatori ma anche persone valide e di ritrovare invece liceali paurosi! -

La bomba era stata sganciata e Anzai lo sapeva bene. Nonostante la sua aria bonacciona e a volte assente, l’allenatore aveva anni di esperienza alle spalle e gli bastava ben poco per inquadrare i ragazzi che allenava.

Sapeva che teste calde formassero quell’anno la squadra dello Shohoku e mettere in discussione il loro coraggio e la loro forza di carattere, sicuramente, era l’unico modo di farli reagire.

 

E così fu.

 

Akagi scrollò la testa come per sgombrare la mente da strani pensieri e si mosse verso la parete indicata dal signor Taniguchi.

Miyagi subito lo seguì soffiando al vento - Paura io? Mai! -

- Signor Anzai adesso vedrà di cosa sono capace! - fece invece Mitsui incamminandosi.

- Tks! - commentò Rukawa.

 

- Numero cinque, vai anche tu con loro. - disse poi il signor Taniguchi all’indirizzo di Kogure.

- Ma… ma, io non sono un titolare! Il quinto è Sakuragi! -

- E’ vero Kogure. Ma in sua assenza è stato necessario decidere per un sostituto e dato che tu sei il vice-capitano nonché il primo fra le riserve ho proposto te. - lo informò Anzai.

- Va bene signore. - disse titubante il giocatore, raggiungendo i compagni.

 

La scelta era logica ed inevitabile, lo sapeva bene, ma Rukawa non amava lo stesso quella situazione. Avrebbe davvero voluto che il Do’aho fosse lì a godersi quella gloria inaspettata, voleva condividere con lui quel momento. Senza, era come viverlo a metà.

 

- Iniziamo con il numero quattro, Takenori Akagi. - disse un assistente.

- Sì, eccomi! - rispose il capitano piazzandosi al centro della larga parte bianca con il viso rivolto alla telecamera di fronte.

- Come ho detto prima non devi far altro che restare lì, fermo sul posto, per un paio di minuti. Finché non dico io stop! Guarda dritto in camera e cerca di essere rilassato, ok? - disse Taniguchi controllando che l’obbiettivo della macchina fosse bene a fuoco.

- Allora pronti, azione! -

 

Ben poco era cambiato da prima che il produttore pronunciasse la parola “azione” a subito dopo che questa era stata detta, ma Akagi si sentì come proiettato su un altro pianeta.

Cominciò quasi istantaneamente a sudare e ad irrigidirsi sempre di più, registrando solo lievemente l’esistenza di qualcos’altro al di là dell’occhio nero puntato su di lui.

- Ma guarda che faccia da scimmione che sta facendo! - ghignò Mitsui.

- Già, adesso tirano fuori una banana e gliela lanciano per farlo rilassare un po’! - lo seguì a ruota Miyagi.

 

- …e stop! - All’urlo di Taniguchi, Akagi si concesse nuovamente di respirare.

- Hey capitano, grande interpretazione! Secondo me quest’anno lo vinci tu l’oscar per i migliori effetti speciali. Quella faccia fa concorrenza a quelle apparse ne “Il pianeta delle scimmie”! - lo schernì Mitsui facendo scoppiare una risata generale.

- Te la faccio passare io la voglia di sfottere, deficiente! - gli urlò dietro il capitano diventato rosso peperone, accompagnando la minaccia con uno dei suoi famosi gorilla punch - voglio proprio vedere cosa combinerai quando toccherà a te! -

- Hey! Non puoi malmenare la star dello show! - si lamentò Hisashi.

- Oh oh oh oh! - commentò Anzai.

 

Il ghiaccio era stato rotto.

 

 

 

***

 

 

 

Una sera di metà agosto, Sawa-san come al solito si stava gustando il suo tè verde seduta su un dondolo nella terrazza del centro, ammirando il mare illuminato solo dalla luna e dalle stelle.

Come spesso accadeva con lei c’era Sakuragi a farle compagnia. I due avevano preso l’abitudine di sedersi lì a chiacchierare, prima di ritirarsi ognuno nella propria stanza.

Contrariamente al solito, però, Hanamichi era alquanto pensieroso e taciturno, cosa che non sfuggì all’anziana donna che ormai aveva imparato a leggere in quel libro aperto che era l’animo del rossino.

 

- Ragazzo qualcosa ti turba? Anche a cena ti ho visto più spento del solito. Ti hanno fatto lavorare troppo oggi? - incominciò la signora Sawa.

- No Kaori-san …. -

- Uhm, non mi vuoi dire che cosa è successo allora? -

Hanamichi titubava. Non che volesse nasconderle qualcosa, ormai con lei aveva instaurato un rapporto tale per cui le poteva davvero parlare di tutto. Il punto era che neanche lui era sicuro del perché il suo umore fosse così malinconico.

- Sta mattina ero in spiaggia a leggere una nuova lettera di Haruko. - incominciò il rosso - quando per caso ho incontrato un mio compagno di squadra, Rukawa. -

- La kitsune surgelata? - Kaori ne aveva sentito spesso parlare.

- Sì, lui. -

- Ti è venuta nostalgia di casa incontrando qualcuno che conosci? - cercò di indovinare la donna.

Sakuragi sembrò soppesare la possibilità.

- Uhm no, non più del solito. E’ strano non so capirlo nemmeno io! All’inizio, appena l’ho visto, sono rimasto sorpreso… non mi aspettavo certo di trovarlo qui! Poi quel baka mi ha mostrato la maglietta della Nazionale Juniores! Pensa, l’hanno convocato per un ritiro! Ma non ne ero infastidito, forse un po’ invidioso, ma in fondo sono contento per lui… e già questo non me lo spiego! -

- Poi se n’è andato. Non abbiamo nemmeno scambiato una parola! Non so, ci sono rimasto male! Avrei voluto si fermasse e mi raccontasse qualcosa della squadra da quando sono qui, che mi dicesse che fa …che mi chiedesse che faccio io! - continuò Hanamichi.

- Bè Hana-chan, è normale! Hai ritrovato un amico dopo tempo che non lo vedevi e avresti voluto poter rimanere con lui un po’! Comunque se è andato via subito avrà avuto un motivo. - cercò di rincuorarlo la signora Sawa.

- No, Kaori-san. Non è questo il punto! E’ che per me quella kitsune è tutto fuorché un amico! Io lo detesto, litighiamo sempre! Non ti ho forse raccontato come sia altezzoso e quante arie si dà?! Non mi spiego come possa aver voluto parlare con lui e soprattutto come possa esserci rimasto male per non averlo fatto! Mi sa che soffro un po’ troppo di nostalgia, per essere arrivato a sto punto per quel baka! – affermò infervorandosi Sakuragi.

- Sì, mi hai raccontato del vostro rapporto. Ma io ci vedo amicizia non astio! Da quello che mi hai detto lui non parla con nessuno, ma con te invece sì. Anche se il più delle volte litigate io credo che il vostro sia un modo di interagire e comunicare. Quindi credo che oggi, quando l’hai visto, tu abbia ritrovato un amico e non un nemico! - rispose la signora Sawa.

- No no no no! Quello che dici è impossibile! Io odio Rukawa e lui odia me! - Hanamichi non poteva credere a quanto la donna affermava.

- Ragazzo sei più cocciuto di un mulo e più cieco di una talpa! Comunque lo capirai da solo, vedrai! E secondo me anche questo Rukawa lo capirà che fra voi c’è una vera amicizia, se non c’è già arrivato! -

Così dicendo Kaori si alzò per dirigersi verso la sua stanza.

Sapeva quanto fosse inutile continuare a discutere con Hanamichi su quel punto, quando quel ragazzo si intestardiva su un argomento nemmeno Kami riusciva a fargli cambiare idea.

Ma lei non aveva vissuto un’intera vita senza imparare niente e sapeva di non sbagliarsi! Aveva colto dai discorsi del rosso che legame speciale unisse quei due ragazzi, anche al di là delle parole di scherno e disprezzo con cui Sakuragi condiva ogni racconto.

 

Hanamichi dal canto suo era turbato.

Sapeva di potersi fidare dell’intuito e delle opinioni di Kaori-san. Era stato parlando con lei che aveva capito che Haruko non lo ricambiava e che, in fondo, sprecava tempo a corrergli dietro. Era anche riuscito a capire che, tutto sommato, non era una grande rinuncia passare oltre quella cotta e cercare qualcuno di più adatto a lui. Ma, in questo caso, la sua saggezza aveva sicuramente preso un grosso granchio!

Lui non apprezzava in alcun modo Rukawa. Solo con un enorme sforzo poteva affermare che gli mancasse. Sì, per menare un po’ le mani si capisce! Era da quando stava al centro che non si sfogava con una sana scazzottata e avere la kitsune a disposizione gli sarebbe proprio servito!

Che genio!

Ecco perché ci era rimasto così male quella mattina!

Avrebbe voluto mettere la testa congelata della volpe sotto la sabbia e divertirsi un po’ tirandogli qualche testata! Sì, perché lui si divertiva a menar le mani con Rukawa.

Cioè, si divertiva nel senso che gli piaceva fare a pugni… non che fosse divertente farlo con il volpino! Oddio, non ci capiva nulla! Perché anche le cose più semplici e sicure che conosceva prima di entrare in quel posto, ora si erano tutte complicate?

 

Maledizione!

A lui piaceva Haruko!

Poi si era innamorato del basket!

E nel frattempo odiava Rukawa!

Non c’era nulla di difficile, nulla su cui ragionare e la sua vita andava più che bene così!

 

Ed ora perché tutti questi dubbi? Queste paturnie?

Haruko non gli interessava più, va bè avrebbe sicuramente trovato un’altra ragazza più carina che l’avrebbe ovviamente ricambiato!

Il basket non aspettava altro che il ritorno del suo genio sublime!

E la kitsune… e la kitsune?

Perché provava tanta nostalgia dopo averlo visto per quei pochi minuti? Perché voleva parlarci, stare in sua compagnia? Come era possibile?!

Stava impazzendo! Ecco la spiegazione più logica nonché unica! Non c’era altro, solo un po’ di pazzia… con cui poteva benissimo imparare a convivere.

 

 

 

***

 

 

 

Dopo Akagi fu il turno di un Kogure imbarazzato e rosso come un peperone.

Miyagi fu chiamato subito dopo, ma i suoi due minuti di ripresa furono più una gara di apnea che altro. Dietro le spalle del cameraman, infatti, Mitsui si faceva in quattro per farlo ridere, sfoggiando espressioni al limite del contorsionismo facciale e mimando con la bocca parole e frasi irripetibili.

Il play, per non scoppiare a ridere davanti a tutti e non fare una figuraccia colossale, si era dovuto davvero sforzare al massimo delle sue capacità, risultando però molto espressivo ed entusiasmando così il signor Taniguchi, che alla fine gli fece persino i complimenti!

- Maledetto! - urlò dietro al numero quattordici non appena ebbe di nuovo la possibilità di parlare.

- Dai, che grazie a me alla prossima pubblicità per i tacchi alti la Toei ti chiamerà di sicuro! – replicò  Hisashi, prendendo il posto del compagno davanti alla parete bianca per le riprese.

- Azione! - urlò per la quarta volta Taniguchi e tutto ricominciò da capo.

 

Era più forte di lui! Mitsui non riusciva proprio a stare buono e fermo, come i compagni avevano fatto prima. Assunse così la miglior posa da teppista incallito del suo repertorio e cominciò ad ammiccare verso l’obbiettivo.

- Pezzo di cretino, ma cosa stai facendo?! - lo investì Akagi.

- Va bene anche così, non preoccuparti. - rispose Taniguchi e Mitsui non poté trattenere un sorriso di trionfo, che andò ad illuminare il suo bel viso.

 

Per ultimo toccò a Rukawa.

Serio e composto come al solito, con un cipiglio che poteva significare da “ma che palle” a “cosa cavolo ci faccio io qui”, non badò minimamente ai tentativi del numero sette e del numero quattordici di farlo ridere o distrarre.

- Ok, stop! - urlò nuovamente Taniguchi - ora dateci qualche minuto dopo di che potrete iniziare a giocare. - disse rivolto ai ragazzi per poi sparire con alcuni assistenti, per finire di sistemare le ultime cose.

 

I cinque protagonisti raggiunsero così il resto del gruppo, sistematosi su un lato della palestra.

- Ah ah ah ah! Ma allora è tutto vero! - li accolse la voce allegra di Sendoh.

- E tu come sei riuscito ad entrare?- gli disse Mitsui avvicinandosi per salutarlo.

- Scherzi? Non potevo certo mancare a questo vostro importante debutto! E per fortuna la vostra incantevole manager mi ha visto e mi ha permesso di passare! - disse poi rivolto ad Ayako, con un ampio sorriso.

- Hey tu, non prenderti troppe confidenze con Aya-chan! - si arrabbiò Miyagi.

- Non ti preoccupare tappo, Sendoh ha gli aculei ma è innocuo! - gli disse Mitsui - Hai intenzione anche tu di apparire nello spot? - continuò poi rivolto all’amico.

- Fossi matto! Fare da tappezzeria allo Shohoku? Attenderò piuttosto la mia personalissima grande occasione! - rispose Akira.

- Tsk. - commentò Rukawa.

- Ma, non vedo Sakuragi! Non ditemi che girate lo spot senza di lui! - chiese poi all’indirizzo di Akagi.

- Non possiamo fare altrimenti. Abbiamo cercato di rimandare ma non è stato possibile. - rispose il gorilla.

- Ma non l’avete nemmeno avvisato? - continuò Akira.

- Bè la famiglia lo sa, ho portato io stesso i moduli da firmare a casa di Hana - si intromise nel discorso Mito - ma la madre ha preferito non avvisarlo, voleva evitare che si mettesse in testa strane idee. Magari che fuggisse dalla clinica per partecipare anche lui alle riprese, sarebbe capacissimo di farlo! Dice che gli dirà tutto con calma quando tornerà. – concluse, un po’ triste per il suo miglior amico.

- Uhm, cavoli che peccato! Bè, Kaede, sfrutta l’occasione per consolare il suo dispiacere quando lo verrà a sapere - disse poi sottovoce il giocatore del Ryonan al volpino.

- Hn, sì lo farò. - rispose l’interpellato sorprendendo i suoi due amici.

Allora alla fine c’era arrivato e l’aveva ammesso, almeno con sé stesso e con loro, anche se con la sua solita flemma e non-chalace.

 

- Bene ragazzi, riprendiamo. - li informò Taniguchi che, con l’aiuto di due collaboratori, distribuì i vari partecipanti all’interno del set.

Il Guntai e l’Akagi furono posizionati all’esterno del campo, vicino alla porta metallica che dava sul cortile, che sarebbe rimasta semi aperta per sfruttare la luce del sole di quella splendida giornata. Anzai, seduto su una sedia con una tazza di tè fumante in mano, restava poco più in là degli spettatori, intento ad osservare i propri ragazzi allenarsi. Al suo fianco un’emozionatissima Ayako era in piedi, ventaglio alla mano e maglietta rossa con scritto Shohoku a risaltare i suoi capelli neri. Le era stato detto che poteva comportarsi come faceva di solito, ciò comprendeva urlare tranquillamente all’indirizzo dei giocatori se fosse stato necessario.

La squadra al completo era invece in campo. Avrebbero iniziato con il solito riscaldamento, corsa, scatti, passaggi e tiri a canestro, per poi finire con una partitella di allenamento. Il tutto sarebbe durato un paio d’ore e i vari spostamenti dei cameraman e dei macchinari non li doveva riguardare. Loro avrebbero giocato e gli altri li avrebbero ripresi.

 

Akira, che aveva subito da più parti pressione per prendere parte al video, decise di restare invece “dietro le quinte”, curioso di vedere come funzionasse la registrazione di un video e non volendo in alcun modo dare la soddisfazione allo Shohoku di avere il neo capitano del Ryonan come sua comparsa.

 

 

 

***

 

 

 

Dopo il giorno in cui Sakuragi aveva incontrato Rukawa per caso in spiaggia ma, soprattutto, dopo averne parlato con Sawa-san la sera stessa, per Hanamichi era iniziato un lento ma costante calvario.

L’ostinazione a non credere alle parole di Kaori-san e la ferma intenzione di restare ancorato alle sue convinzioni, non avevano trovato corrispondenza nei suoi pensieri.

Tormentato dai dubbi il rosso, infatti, aveva preso incessantemente a pensare alla kitsune, al suo rapporto con lui e a cosa tutto quel subbuglio di sensazioni potesse mai significare. Solo quando era concentrato nel fare gli esercizi della sua terapia la sua mente gli dava tregua facendolo respirare, ma tanti altri erano i momenti in cui invece testa e cuore ingaggiavano battaglia, lasciando Hanamichi sempre più disorientato.

Maledetta volpaccia!

Non solo si divertiva a prenderlo in giro, a schernirlo, a dimostrarsi sempre un passo avanti a lui! No! Ora doveva pure occupare tutti i suoi pensieri, anche se con ogni probabilità lui non si ricordava nemmeno più della sua esistenza troppo occupato dal basket e dalle sue dormite! Doveva essere presente come se gli stesse accanto, anche se lontano chilometri!

Gli faceva una rabbia!

E più i giorni passavano, più il tormento di Sakuragi aumentava invece di scemare, portandolo vicino all’esasperazione.

 

Forse avrebbe dovuto mettere da parte l’orgoglio – Kami! Ma è una cosa che poteva fare?! – e cercare aiuto in Kaori-san. Parlando con lei avrebbe potuto capire, in fondo era già successo per la questione di Haruko, no?

 

Così, a poco più di due settimane dal suo ritorno a Kanagawa, Hanamichi aveva deciso di prendere il toro per le corna e di affrontare la situazione. Con questa convinzione era andato sulla terrazza quella sera, ben sapendo di trovarci la signora Sawa.

- Kaori-san, ti devo parlare! - esordì subito il rosso.

- Era ora ragazzo! Mi chiedevo quanto tempo ti ci voleva per arrivare a farlo! - rispose la donna - Lasciami indovinare, l’argomento è quel tuo compagno, Rukawa, giusto? - concluse poi.

- …bè ecco io… - al sentire il nome del suo tormento la determinazione di Sakuragi era venuta meno, sostituita dall’imbarazzo.

- Hana-chan, anche se poi hai fatto finta di nulla io ho notato che molti pensieri occupavano la tua testa. E di argomenti non ce ne sono tanti. Quindi non esitare e tira fuori tutti i tuoi dubbi! - lo incoraggiò dolcemente Kaori.

- Bè, insomma. Io…ecco, Kami Kaori-san, non faccio altro che pensarci! Pensare a lui capisci? Mi viene in mente in ogni momento della giornata! Anche se faccio cose che ho sempre fatto, come fare colazione o guardare la televisione, in qualche modo quella kitsune salta fuori e non mi lascia in pace! Io sto impazzendo! - si lamentò Sakuragi abbandonandosi sulla sedia accanto alla donna.

- Uhm, ma che cosa ti viene in mente di lui? Voglio dire, ti ricordi di quando l’hai incontrato sulla spiaggia? - indagò lei.

- Anche, ma non solo! - ammise Hanamichi determinato a sfogarsi e vuotare il sacco, solo così si sarebbe sentito un po’ più leggero pensava - Mi vengono in menti momenti a scuola, durante gli allenamenti, durante le partite! Qualcosa che magari ha mugugnato, sai lui più che parlare si esprime a monosillabi, qualcosa che ha fatto. E’ assurdo, non sapevo nemmeno di avere in testa così tanti ricordi legati a lui! -  continuava il rossino sempre più sconsolato.

- E ogni volta che ci penso, quindi spesso, mi viene voglia di tornare a Kanagawa. Sapere cosa fa, ricordargli che esisto… e poi mi prende un nodo qui, nello stomaco. - affermò infine guardando verso il basso, indicandosi il ventre piatto con una mano.

 

Kaori Sawa rimase in silenzio. Quel ragazzo grande e grosso non se n’era affatto accorto, ma lei sì. Hanamichi aveva appena sciorinato una dichiarazione d’amore per quel ragazzo, quel kitsune come lo chiamava. Ne era innamorato, non c’era dubbio.

 

- Hana-chan, tu hai degli amici no? - iniziò la donna.

- Certo! -

- E provi lo stesso tormento pensando che loro hanno vissuto questi mesi senza di te? - continuò.

- Bè no, non direi! Insomma, ho voglia di rivederli ed uscirci, poi Yohei è un fratello per me quindi mi manca molto. Ma so che quando ritornerò a casa tutto riprenderà da dove l’ho lasciato! - affermò il rosso sicuro.

- Quindi, correggimi se sbaglio, quello che provi pensando a Rukawa è un tantino differente dall’amicizia che hai nei confronti di quei ragazzi o dal legame che hai con Mito, giusto? - disse Sawa-san.

- Certo che è differente! Il genio mica si tormenta così per tutti! E’ che forse ho capito che infondo, come mi dicevi tu, Rukawa non lo odio ma lo considero un amico e quindi mi spiace che lui possa pensare il contrario! - quanto gli costava dire di essersi sbagliato, anche se era a Kaori-san che lo stava ammettendo.

- Eh no! Tu hai appena detto che il sentimento per i tuoi amici è diverso. -

Portare Hanamichi ad una certa consapevolezza, lo sapeva bene, non era affatto semplice. Tra l’altro non era per niente sicura che poi, la cosa, sarebbe stata accettata. Testardo come si era dimostrato soltanto a pensare ad una possibile amicizia con questo compagno, figurati ora se poteva arrivare a prendere in considerazione un legame più profondo.

Ma valeva la pena tentare. La signora Sawa voleva davvero bene a Sakuragi, non l’avrebbe lasciato a torturarsi ancora, anche perché dubitava che da solo sarebbe mai approdato da qualche parte e aveva dubbi anche sul fatto che lui trovasse il coraggio di affrontare nuovamente con qualcuno questo discorso così personale.

 

- Hana-chan, ascoltami attentamente. Nemmeno quando due mesi fa mi parlavi di Haruko Akagi ti ho visto così insicuro e titubante. Mai in questo periodo, parlando di una qualsiasi persona o cosa che ti mancasse, sei stato così tormentato. Con Rukawa sì, non sai proprio darti una spiegazione? - provò di nuovo l’anziana donna.

- Io, io non lo so! - o almeno, pensava di non saperlo.

- Posso dirti in tutta sincerità cosa credo io? - ad un cenno affermativo del rosso Sawa-san continuò - io credo fermamente che tu sia innamorato di Rukawa. -

 

Hanamichi sgranò gli occhi incredulo, aprendo e chiudendo la bocca come un pesce, senza proferire parola. Non sapeva cosa dire.

Una volta ed una soltanto aveva preso in considerazione la cosa, cassandola poi immediatamente impaurito dalla possibilità.

Ma ora, anche Kaori-san gli diceva la stessa cosa, gli confermava il suo stesso timore.

 

- Io….ma ….io sono un ragazzo, lui anche…ecco! - voleva essere una giustificazione, a cosa nemmeno il rosso sapeva.

- Lo so Hana-chan, sono anziana ma non rimbambita. E lasciati dire una cosa, anche se si può pensare il contrario data la mia età non sono così bigotta o ristretta di vedute. - rispose la donna offesa dalla poca fiducia del ragazzo.

- No, io non intendevo questo! - si scusò Sakuragi.

- Sì lo so, scusa tu sono stata brusca. Ascolta, io mi rendo conto che non ho prove da darti per quanto ho affermato. Insomma, si parla di sentimenti e solo tu puoi sapere quello che hai nel cuore. Tanto meno voglio minimizzare il fatto che scoprire di essere innamorato di un ragazzo, piuttosto che di una ragazza, sia per te semplice da accettare. Io questo non posso saperlo. Però so che l’amore è amore. E tu è questo che provi, ne sono convinta. E secondo me la situazione di questo Rukawa non è tanto differente dalla tua. Bada, la mia è solo una sensazione Hana-chan, ma di solito non mi sbaglio! - disse poi facendo un occhiolino di intesa al rosso.

 

Hanamichi l’ascoltava attento. Era una consapevolezza difficile e del tutto nuova da accettare.

Lui era innamorato, innamorato per Kami! Di un ragazzo poi! E di chi fra i mille e più ragazzi che nella sua vita gli era capitato di incontrare?! Ma della kitsune surgelata, di Rukawa! Come sarebbe sopravvissuto a questo?

La signora Sawa leggeva il turbamento sul viso di Sakuragi, ma scorgeva anche una lenta presa di coscienza. Sorprendendola, il rosso non aveva rifiutato del tutto l’idea.

Non sapeva come l’amore di Hana-chan sarebbe finito, ma almeno sapeva che rispetto a pochi minuti prima il ragazzo aveva fatto un bel passo avanti. I dubbi e il tormento ormai erano passati e una nuova sicurezza era stata conquistata.

 

- Io, penso che forse può anche essere ….ecco, forse! - non si sbilanciò Sakuragi, anche se le sue guance, diventate dello stesso colore dei capelli, rivelavano ben più delle sue parole.

- Ok ragazzo, mi pare già abbastanza come ammissione conoscendoti. Ora, l’unico consiglio che ti posso dare è di capire a fondo questi tuoi sentimenti. E se arriverai alla conclusione che il tuo è vero amore bè, Hana-chan, non farti sfuggire la possibilità di essere felice! -

Kaori-san si alzò e, dopo avergli posato un bacio sulla fronte, si diresse in camera.

Sakuragi restò invece ancora qualche minuto sulla terrazza a rimirare lo splendido paesaggio. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza Kami per avergli fatto incontrare la signora Sawa, che con la sua dolcezza ed intelligenza era stata sempre capace di farlo ragionare, in un modo o nell’altro. Forse l’infortunio doveva capitargli proprio per avere la possibilità di arrivare al centro e conoscerla, pensò. In fondo non tutti i mali vengono per nuocere.

 

E mentre si perdeva in questi ultimi pensieri e nel riflesso della luna sul mare, sul suo viso si allargava disteso un sorriso. Il primo vero e sincero, da due mesi a quella parte.

Il suo cuore aveva finalmente deciso.

 

 

 

***

 

 

 

Alla fine aveva avuto davvero ragione il signor Taniguchi.

Una volta iniziato l’allenamento, la tensione nei ragazzi era scomparsa del tutto. Persino il Guntai e Ayako si erano ritrovati a comportarsi esattamente come facevano ogni altro normalissimo giorno.

La squadra era stata davvero grande. Tutti si erano impegnati a fondo, soprattutto quando si era trattato di fare la partitella finale e lo staff della Toei Production ne erano rimasto entusiasta.

 

Anche chi non seguiva quello sport si era fermato ad ammirare il gioco dello Shohoku, l’abilità dei suoi giocatori e l’amore e l’entusiasmo che trasmettevano.

Persino Akira era sorpreso degli ulteriori progressi dei suoi avversari, ripromettendosi di far sudare davvero sette camice ai suoi compagni per poter rivaleggiare degnamente con loro.

 

Le due ore erano quindi trascorse in un attimo, nella soddisfazione generale per l’ottimo lavoro svolto.

- Credo proprio che riusciremo a montare un buonissimo spot con le immagini che siamo riusciti a filmare oggi! - affermò Taniguchi.

- Oh oh oh oh! - anche Anzai era soddisfatto ed orgoglioso dei suoi ragazzi, si erano fatti davvero onore!

- Credo che il video sarà pronto per la prossima settimana più o meno, ne manderemo una copia al preside in modo che possiate conservarla. - disse poi rivolto alla squadra.

- Ah! Un’ultima cosa - aggiunse il produttore - la scuola ci ha autorizzati a lasciare qui, questo week end, alcune telecamere accese. Ci servono per filmare la palestra vuota per tutta una notte e un giorno. Così in caso di necessità avremo altro materiale per montare lo spot. Volevo quindi avvisarvi di non usare la palestra solo per questi due giorni. - concluse.

- Non si preoccupi. - lo rassicurò il capitano Akagi.

 

Era finita.

La squadra si ritirò quindi negli spogliatoi per una meritata doccia.

Sul volto di tutti l’entusiasmo e la soddisfazione erano evidenti, ora restava la curiosità di vedere il frutto di quel pomeriggio di lavoro.

 

 

 

***

 

 

 

La nuova consapevolezza acquisita da Hanamichi aveva accompagnato l’ultima parte della sua degenza presso il centro di riabilitazione. Ormai mancava poco più di una settimana al suo rientro a Kanagawa ma, per un assurdo scherzo del destino, proprio gli ultimi giorni erano quelli più lunghi ed interminabili, quasi impossibili da far passare.

 

E questo principalmente perché Hanamichi era impaziente. Già, perché molte cose si potevano dire sul rosso, ma non che fosse capace di aspettare.

Era stato così per tutto.

Appena iniziato a giocare a basket, perfettamente conscio di sapere a malapena di che gioco si trattasse, pretendeva già di essere un fuori classe, di saper far tutto come e meglio degli altri. Perché era impaziente di dimostrare la sua abilità, la sua grandezza, di emergere e farsi notare.

Così ora era di nuovo in fermento, incapace di stare fermo, come camminasse costantemente su carboni ardenti.

Voleva tornare a casa e scovare la kitsune, mettendolo di fronte al fatto compiuto. Fargli assumere la responsabilità dei sentimenti che gli sconvolgevano il cuore e fargli ammettere che mai e poi mai, un tensai come lui, poteva non interessargli.

Certo, pensarci era una cosa, farlo sarebbe stata un’altra. Sakuragi sapeva perfettamente di essere un timido cronico, ma questo non disturbava certo tutte le sue fantasie.

Per ora gli bastava la certezza dei suoi sentimenti e poi il resto sarebbe venuto da sé.

 

- Dottor Toshiki mi ha cercato? - chiese Hanamichi entrando nello studio del medico.

- Sì, Sakuragi, siediti! -

- Guardi se è per quella sedia rotta è stato un incidente! Io non volevo e poi Kaori-san….- incominciò a farfugliare il rosso agitato.

- Ah ah ah ah! Sta tranquillo, non ti ho mica chiamato per sgridarti o cose simili! Tra l’altro ti ringrazio per la compagnia che fai a mia nonna. Io credo che questo sia il posto migliore per lei per trascorrere l’estate, c’è anche il mare ed è libera di uscire. Ma ho paura che lei non sia esattamente della stessa opinione. - disse il medico.

- Ah, non si preoccupi! E’ più Kaori-san che tiene compagnia a me che il contrario! E poi lei è più felice di stare qui di quello che dà a vedere, mi creda! - rispose più rilassato il rossino.

- Bene, mi rincuori davvero. Comunque veniamo a noi. - continuò l’altro prendendo in mano la cartella clinica di Hanamichi - Ormai la tua riabilitazione si può dire conclusa, con mia enorme soddisfazione tra l’altro, dato che il tuo recupero è del cento per cento! -

Il rosso sorrise di cuore.

- Dovresti restare qui ancora questa e la prossima settimana, ma io ritengo tu possa rientrare a Kanagawa già questo week end se vuoi. Le ultime cose le puoi sbrigare nell’ospedale della tua città e, per quanto mi riguarda, basta che segui attentamente le indicazioni che ti darò e puoi riprendere subito ad allentarti. -

Hanamichi non poteva credere alle sue orecchie.

Non solo l’incubo di non poter più giocare a basket era totalmente svanito, ma poteva ritornare a casa da lì a due giorni! Non stava più nella pelle!

Entusiasta come poche altre volte nella sua vita, Sakuragi saltò letteralmente su dalla sedia ed andò ad abbracciare il dottore fin quasi a stritolarlo fra le sue possenti braccia.

- Eh eh eh eh! Sono contento per te Sakuragi. Ma ora lasciami che soffoco! -

 

Subito dopo aver chiamato casa per comunicare la bella notizia, Hanamichi era corso in camera della signora Sawa per raccontare anche a lei che quel sabato sarebbe rientrato a Kanagawa.

La donna ne fu chiaramente felice, sapendo bene quanta impazienza avesse il rosso di tornare, ma non si poteva impedire di essere triste.

Si era affezionata davvero a quel ragazzo, tanto quanto sapeva che Hana-chan lo era a lei. Le promesse di mantenersi in contatto e vedersi c’erano, così come la reale intenzione di farlo, ma Kaori sapeva che la distanza e la differenza totale delle loro vite li avrebbero portati a perdersi piano piano, come purtroppo a volte è inevitabile che accada.

Ma questo non impediva certo di conservare nel proprio cuore tutto quello che la loro amicizia gli aveva regalato, nonché il ricordo di quell’estate diversa da ogni altra vissuta prima e, sicuramente, diversa da quelle che sarebbero seguite dopo.

 

- Hana-chan… in bocca al lupo per tutto! - tutte le parole che voleva dire a quel ragazzo speciale le aveva ormai dette, non c’era altro da aggiungere. Solo forse qualche lacrima di commozione, ma quelle le avrebbe versate in privato.

- Ti voglio bene Kaori-san. - rispose solo il rossino, restando poi incollato al finestrino a guardare la banchina della stazione che, metro dopo metro, risultava sempre più piccola e lontana.

*Si ricomincia!*.