Disclaimers: anche se eravate convinte del contrario i personaggi della combricola di Slam Dunk non sono miei :ma di quel brav'uomo di Inoue...che se avesse deciso di fare il venditore di carciofi non mi avrebbe permesso di sbrodolare con i suoi fantastici pg! Keita Taniguchi e pochi altri sono miei. Questo in particolare, però, ha il nome del mio amico di penna giapponese...quindi gli va parte del mio affetto!
Dediche: a Releuse e a Dea73 che hanno promesso di minacciarmi qual ora poltrissi al posto di scrivere (ma lo fanno per il mio bene eh! ) a Hina sensei *___* e a tutte le ragazze che amano Slam Dunk e che non hanno ancora smesso di ricamarci sopra!
Ed ora… ... benvenute nella mia personalissima Kanagawa!
La Cenerentola del Basket
parte I
di Seika
Il sole scaldava un altro giorno di settembre in quella parte di mondo conosciuta come Kanagawa, Giappone.
Le vacanze estive erano ormai finite da due settimane, ma gli studenti potevano ancora godere di un po’ di caldo e di belle giornate, anche se questo non li invogliava certo a stare più attenti durante le lezioni.
Ed era così un po’ per tutti, ma in particolare per chi alle lezioni non aveva mai concesso una grossa attenzione.
Alto e slanciato. Capelli corvini. Occhi di ghiaccio. Viso imperscrutabile. Kaede Rukawa insomma.
Come d’abitudine, lo studente più desiderato del liceo Shohoku e non solo si dirigeva dormendo e pedalando contemporaneamente verso l’istituto scolastico. Per lui l’estate appena trascorsa era stata a dir poco pregna di avvenimenti e cambiamenti, che contribuivano solo a rendere più noiosa e poco interessante l’ennesima giornata che doveva passare su un banco di scuola, sonnecchiando chiaramente. Legò la sua fida bicicletta alla rastrelliera nel cortile e si diresse ciondolando verso gli armadietti per cambiarsi le scarpe. Sì, sarebbe stata una giornata molto lunga.
Appollaiato sul suo banco, alla ricerca della posizione migliore per dormire, come al solito Rukawa non si preoccupò minimamente del chiacchiericcio dei compagni intorno a sé, che quel giorno era forse più noioso e febbrile del solito. Non riuscì quindi a cogliere i pettegolezzi, seppur inesatti a causa del “passaparola”, che avrebbero ben presto coinvolto lui e tutta la squadra di basket dello Shohoku.
La campanella che annunciava il termine dell’ultima lezione della giornata fu l’unica a ridestare il volpino dal suo stato di coma da sonno profondo. Recuperata la borsa per gli allenamenti si diresse quindi verso la palestra per affrontare la sola cosa che per lui valesse la pena di una giornata passata dormendo sul duro legno: gli allenamenti di basket.
Nonostante come al solito fosse arrivato con un po’ di anticipo, per poter fare qualche tiro a canestro in beata solitudine, Rukawa ritrovò in palestra tutta la squadra al gran completo, Ayako ed Anzai compresi.
- Ve l’avevo detto che non serviva avvisarlo, tanto lui arriva qui a quest’ora tutti i giorni. - Lo salutò Mitsui. - Hn? - Chiese il volpino. Ovviamente i suoi compagni conoscendolo sapevano bene che, con quella particolare inflessione di voce, quel monosillabo stava a significare “Cosa succede?” - Ben arrivato Rukawa, stavo aspettando ci foste tutti per darvi un’importante notizia. - Lo accolse Anzai. *Non proprio tutti*, aveva pensato la kitsune. - Prego signore, ora può iniziare. - - Grazie Takenori. - disse l’allenatore sedendosi - Dunque, sta mattina sono stato convocato per una piccola riunione nell’ufficio del preside. Insieme a noi c’era il Signor Keita Taniguchi, un responsabile della Toei Production, insieme ad un suo assistente. - - La Toei Production signore? - si intromise incredula Ayako - La più grande casa di produzione di video televisivi e musicali del Paese? - - Sì Ayako, proprio loro. Oh oh oh oh! - ghignò l’allenatore al viso incredulo della manager…e ancora non gli aveva detto niente. - Sono stato molto sorpreso anche io, non capivo il motivo della mia presenza lì. Men che meno quella di una casa di produzione. Ma non voglio tenervi troppo sulle spine quindi arrivo subito al dunque. - continuò Anzai serafico - Sembra che una famosa casa di abbigliamento sportivo sia rimasta molto colpita dalla nostra squadra. Per il traguardo che siamo riusciti a raggiungere contro ogni pronostico pare. Ci hanno definiti…ah sì, la Cenerentola del basket! - - La Toei Production ha ricevuto l’incarico di realizzare una nuova campagna pubblicitaria per questa azienda che ha scelto di usare noi, anzi voi, come testimonial. Hanno parlato di girare uno o due spot, qui in palestra, che verranno trasmessi sulle reti nazionali e forse addirittura esportati. Nei prossimi giorni faremo con loro un incontro, per discutere dei vari dettagli. Oltre a questo hanno parlato di nuove divise per tutti, uguali a quelle fino ad ora usate ma con in più il marchio dell’azienda ovviamente. - - Ah! Dimenticavo una cosa che farà molto piacere ad ognuno di voi, si è accennato anche ad un compenso per via degli spot. Una somma in denaro che verrà pagata per l’utilizzo della vostra immagine. Chiaramente, essendo minorenni, perché possiate partecipare è necessaria l’approvazione dei vostri genitori. Ma questo sarà uno degli argomenti di cui discuteremo direttamente con il Signor Taniguchi quando verrà qui. - concluse Anzai.
Si sentì distintamente una mosca posarsi sul vetro più alto della palestra, tanto silenzio regnava in quel momento fra gli increduli e fortunati giocatori dello Shohoku.
- Oh Kami Sama! - soffiò un’attonita Ayako. - Signore, ma è tutto vero? Voglio dire….ma è tutto vero?! - nemmeno il capitano Akagi riusciva a capacitarsi di quanto ascoltato. - Sì Takenori. Devo ammettere che la vostra reazione è del tutto comprensibile e io stesso sono rimasto senza parole una volta ascoltata la proposta della Toei Production. Credo sia una di quelle cose che accadono senza sapere come, ora dobbiamo solo vedere come va a finire. - sentenziò allegro l’allenatore - Bene, io ho concluso. Ora potete tranquillamente procedere con gli allenamenti ragazzi. -
Inutile dire che quelli furono gli allenamenti più disastrosi e sovreccitati che il team Shohoku ricordò. Il continuo chiacchiericcio fra le riserve era incontenibile, sembrava fossero tornati tutti bambini che di lì a poco avessero dovuto incontrare Babbo Natale in persona! Kogure e Ayako, di solito un esempio di disciplina per tutti, non facevano altro che parlottare entusiasti con Mito e gli altri ragazzi del Guntai, pubblico ormai fisso di ogni loro allenamento, raccontando con enfasi l’ultima importante novità. Anche fra i titolari l’eccitazione per quella inaspettata notizia aveva preso il sopravvento sul buonsenso e sia Mitsui che Myagi non facevano altro che ridere e lanciarsi palle addosso, beccandosi così un paio di gorilla punch a testa da Akagi, che li usava più come valvola di sfogo che come metodo punitivo.
L’unico a sembrare immune da tutto questo era, manco a dirlo, Kaede Rukawa. Ma nonostante le apparenze regalassero a chi lo guardasse un ragazzo distaccato intento ad insaccare un canestro dietro l’altro, l’animo del numero undici era turbato. Non gli piaceva essere messo in mostra tipo bambolina, tanto più che temeva che questo avrebbe portato alla sua schiera di fan una bella, si fa per dire, infoltita. Però doveva ammettere che, senza contare il fatto che venivano pagati, comparire in uno spot pubblicitario per meriti conquistati su un campo da basket era una bella soddisfazione. Inoltre era molto orgoglioso di non essere lui il protagonista assoluto, ma che i riflettori fossero puntati sulla squadra intera. Infondo sarebbe stata un’esperienza divertente, forse, che comunque non poteva rifiutare. Sperava soltanto che la casa di produzione aspettasse un paio di settimane prima di decidere di girare gli spot. - Immagina la faccia di Akira quando glielo dirò! - soffiò ghignando Mitsui, passandogli accanto.
Due giorni dopo nella palestra dello Shohoku si presentò Keita Taniguchi, insieme a un paio di persone che avevano tutta l’aria di essere dei tecnici. Mentre il responsabile della Toei Production spiegava dettagliatamente ai ragazzi della squadra il programma di lavoro per girare gli spot pubblicitari, gli altri due vagavano per la palestra cercando di stabilire le migliori angolazioni per le riprese e le luci che potevano essere utilizzate per realizzarle.
Il compito dei ragazzi era molto semplice. Non avrebbero dovuto far altro che allenarsi più o meno come ogni giorno, con l’unica differenza di avere qualche telecamera puntata addosso! Li avrebbero ripresi così, una squadra intenta a fare quello che ci si aspetta da lei: allenarsi e giocare. L’idea era quella di coglierli nel loro ambiente naturale in una normalissima giornata e, proprio per questo, il Signor Taniguchi aveva insistito perché non solo sia Ayako che Anzai fossero presenti, ma che partecipassero anche quei quattro squinternati rispondenti ai nomi di Mito, Okuso, Noma e Takamiya che, per l’occasione, avevano cercato in ogni modo di attirare l’attenzione del produttore su di loro, non volendosi in nessun modo far sfuggire l’opportunità unica di comparire in televisione!
- Bene, direi che è tutto. Credo che le riprese non impegneranno più di un pomeriggio se saremo bravi e fortunati, al massimo due. Vi forniremo noi le magliette con il brand dell’azienda da indossare, ognuna avrà il vostro numero di divisa e nome. Chiaramente questo è parte del materiale sportivo che poi vi resterà. - disse con un occhiolino Taniguchi alla squadra di fronte a lui. - Allora ci vediamo qui fra due giorni ragazzi, subito dopo le lezioni. Non tardate mi raccomando e ricordatevi di riportarci quei moduli firmati dai vostri genitori come liberatoria. –
Erano infine arrivati al dunque. I pensieri dei ragazzi erano del tutto in subbuglio. C’era chi pensava se il proprio parrucchiere avesse posto per una messa in piega dell’ultimo minuto. Chi sperava nel barbiere sotto casa. Chi si preoccupava di chiamare gli amici per vantarsi della sua imminente “celebrità”. Chi invece si sentiva ribollire il sangue perché, va bene l’eccitazione per quell’occasione unica, ma tutti là dentro non si stavano forse dimenticando di qualcosa? Anzi, di qualcuno?!
- Signor Taniguchi, è necessario realizzare dopodomani le riprese? Non è possibile aspettare la prossima settimana? - chiese Anzai rispondendo inconsapevolmente alla muta protesta di Rukawa. - Purtroppo non posso fare altrimenti. Il cliente vuole vedere gli spot realizzati entro la fine di questo mese. Se aggiungiamo ai tempi di ripresa quelli di post produzione le garantisco che non resta alcun margine. Come mai questa richiesta? - - Come vedrà anche dalla lista dei giocatori che vi abbiamo fornito, attualmente manca un elemento della squadra, tra l’altro un titolare, Hanamichi Sakuragi. Si trova in riabilitazione da metà luglio per un infortunio e non rientrerà prima di una decina di giorni. - *Ancora dieci giorni!* pensò la volpe. - Uhm, il ragazzo dai capelli rossi giusto? Lo ricordo, spicca abbastanza all’interno della squadra con quella pettinatura - affermò Taniguchi pensoso - Purtroppo però non possiamo attendere. Posso garantire anche a lui un compenso pari a quello che riceveranno gli altri titolari, basta che mi riportiate un modulo firmato dai genitori, ma anche se la squadra così sarà incompleta non è possibile aspettare che ritorni. Mi dispiace. –
Sakuragi. Tutti i presenti, Guntai compreso, si sentirono subito colpevoli. Nell’entusiasmo per quegli avvenimenti nessuno di loro si era ricordato dell’amico assente ed ora, il suo pensiero e il motivo della sua lontananza, si ripresentò nelle loro menti. In fondo a Sakuragi dovevano una parte del sogno che stavano vivendo.
Kaede Rukawa, però, era l’unico a non sentirsi colpevole, tutt’altro! Era probabilmente il solo che sapeva perfettamente quando il rossino sarebbe rientrato dalla sua lunga vacanza forzata e che, praticamente, faceva il conto alla rovescia nell’attesa.
E di nuovo prepotenti si riaffacciarono nella mente della kitsune i ricordi degli ultimi mesi e di tutto quello che avevano portato nella sua vita.
A luglio con la squadra di basket aveva partecipato ai Campionati Nazionali. Alla terza partita erano stati buttati fuori, è vero, ma l’aver incisivamente contribuito a battere formazioni fortissime contro cui nessuno avrebbe scommesso sulla loro vittoria bè… gli aveva fruttato niente di meno che la convocazione nella Nazionale Juniores! Due settimane di agosto trascorse, fra le altre cose, a sentirsi un passo più vicino al suo sogno! Questo aveva portato nella sua determinazione una ventata di aria fresca. Aveva capito che poteva farcela davvero, che non erano solo utopie di un adolescente. Che aveva i numeri per sfondare e diventare un professionista in quello sport che tanto amava. Aveva toccato il cielo con un dito.
Peccato un piccolo, piccolissimo, trascurabilissimo neo!
Non aveva potuto godere a pieno di quell’esperienza, per quanto un osservatore esterno non l’avrebbe mai neppure sospettato, perché era preoccupato. Durante i Campionati Nazionali, infatti, era successo un evento che aveva tinto di un velo di tristezza e malinconia tutto quello che era poi seguito.
Un infortunio.
No, non il suo! Quello di un compagno di squadra. Quello del Do’aho.
Sakuragi aveva giocato bene, anche se mai lui glielo avrebbe detto, durante la partita contro il Sannoh. Proprio con un’azione in tandem erano riusciti a batterli! Ma nei minuti prima quell’imbecille, per recuperare una palla ormai persa, si era buttato contro il tavolo dei giudici di gara, procurandosi quella che sulle prime sembrava una botta da ghiaccio e crema, ma che poi si era rivelata una lesione alle vertebre che, per non si sa quale grazia divina, non aveva avuto conseguenze davvero gravi.
Tuttavia per Sakuragi era arrivato lo stop da parte dei medici e la partenza immediata per una clinica di riabilitazione.
Kaede ricordava bene la sofferenza celata dietro i soliti sproloqui di grandezza da parte del tensai. Aveva visto alcune lacrime sfuggire al suo controllo quando, a freddo dopo la partita, i primi dolori avevano cominciato a manifestarsi. E nonostante sia Anzai che il capitano Akagi avessero rassicurato la squadra circa la sicura e totale guarigione del numero dieci, nessuno ormai poteva levare dalla mente di Rukawa la prima volta in cui aveva visto quel tornado dai capelli rossi spaventato, impaurito e … indifeso.
Non che si fosse mai presentato davanti a loro in lacrime o altro, no Sakuragi questo mai avrebbe potuto farlo. Ma Kaede era un attentissimo osservatore, chiaramente solo per chi o cosa gli interessava, e aveva imparato a leggere al di là di quella maschera sguaiata che ora, a causa del dolore e del timore di non poter più giocare a basket, il Do’aho faceva fatica a mantenere intatta.
Nel vedere il compagno di squadra in quelle condizioni, si era accorto, qualcosa in lui era cambiato. Si era scoperto preoccupato per la sua condizione. Voleva esserne costantemente informato, voleva essere rassicurato.
Poi era arrivata la convocazione dalla Nazionale e, dopo qualche giorno, la partenza.
Per un piccolo periodo si era illuso che Sakuragi e il suo infortunio, per quanto lo preoccupassero ancora – anche se lo chiamavano tutti “uomo di ghiaccio” non era poi così insensibile e menefreghista – non erano più di quella vitale importanza che avevano ricoperto fino a quel momento.
Ma si illudeva.
Il giorno prima di ritornare a Kanagawa, Rukawa era impegnato nella sua solita corsetta mattutina sulla spiaggia vicino al luogo del ritiro. Perso nei suoi pensieri non si accorse di quanto in là si fosse spinto rispetto al solito. Stava per fare dietro front, non riusciva ad immaginare con che forze avrebbe affrontato gli ultimi allenamenti dopo una corsa così lunga, quando lo vide. Seduto sulla spiaggia, intento a leggere qualcosa, i capelli rossi mossi dal vento, forse un po’ più lunghi di come li ricordava. Hanamichi Sakuragi. Le sue gambe, guidate da una volontà a sé stante, l’avevano portato fin lì, vicino a lui.
Quando il rossino si avvide della sua presenza e i loro sguardi si incontrarono, Rukawa sentì dentro di sé una tensione inimmaginabile. Qualcosa che fino a quel momento aveva ronzato sommessamente risultando per abitudine un rumore di fondo, ma che ora aveva preso a martellare forte e prepotente chiedendo di non essere più ignorata.
E Kaede aveva reagito a questa sensazione nuova ed incomprensibile nell’unico modo che conosceva: provocando Sakuragi. L’aveva sbeffeggiato mostrandogli la maglia della Nazionale. Ma era solo un’innocente frecciata. E questo lo sapevano sia lui che il Do’aho. Non c’era stato vero astio, ma solo la serena felicità di aver rivisto un compagno… o forse un amico.
Era dietro questo pensiero che Kaede aveva deciso di nascondersi, anche se solo per poco.
In fondo Rukawa era sempre stato obbiettivo e coerente con sé stesso. Sapeva perfettamente cosa gli piaceva ed interessava, così come aveva sempre fuggito tutto ciò che invece lo infastidiva e lo annoiava.
Era stato così per il basket. Era stato così per tutte le ragazze che gli sbavavano dietro. Ed era stato così anche per Hanamichi Sakuragi.
A quasi sedici anni, Kaede sapeva bene come un adolescente maschio si poteva sentire quando si trattava di rapporti… ehm… interpersonali. Lui non era mai stato fissato o maniaco da questo punto di vista, probabilmente perché la maggior parte delle sue energie e della sua concentrazione le spendeva per il basket. Ma non era sempre del tutto indifferente a ciò che gli girava attorno, o a chi per meglio dire. Una cosa però la volpe l’aveva capita ed accettata: le ragazze non erano proprio il suo genere.
In concomitanza con l’inizio del primo anno di liceo la sua presa di coscienza si era fatta netta. Era guardando i suoi compagni di squadra infatti, non per forza sotto le docce tra l’altro, che alle volte qualche pensiero sfuggiva al suo controllo. Era guardando i giocatori durante una partita di basket, dove non giocasse ovviamente perché in quel caso non avrebbe pensato ad altro che ad andare a canestro e vincere, che ogni tanto viaggiava con la fantasia. In quei mesi aveva capito che, probabilmente, il suo ragazzo ideale doveva giocare a basket – ogni volta che ci pensava si metteva a sogghignare fra sé, forse era davvero fissato – e che molti dei ragazzi che lo circondavano non gli dispiacevano affatto. Ma, intendiamoci, non che fosse un ossessione o altro! Insomma, aveva pur sempre sedici anni ed era un maschio in piena fase di sviluppo. Gli ormoni in circolo e tutte quelle altre belle cose di cui si parla ma che non si sa davvero cosa vogliano dire. Bè, come condannare qualche pensiero più o meno innocuo?
Ed era in questa sottile bolla di sicurezza che Kaede aveva fatto ricadere anche il suo interesse verso il Do’aho, evitando accuratamente di affrontare l’argomento fin tanto che questo gli era stato possibile.
Era stato un lavoro sporco e duro nascondere i suoi veri sentimenti sia a sé stesso che agli altri. Sì, perché c’erano “altri” a conoscenza della questione, ma per arrivarci è necessario fare un ulteriore piccolo passo indietro, prima del Campionato Nazionale e dell’infortunio di Sakuragi.
Infatti, qualcos’altro di importante era successo nella vita della solitaria kitsune solo poche settimane prima.
Una sera, doveva essere fine maggio o inizio giugno non ricordava, si era ritrovato coinvolto non capendo bene come in un’uscita con Sendoh del Ryonan e Mitsui, la guardia della sua squadra. Sendoh l’aveva beccato ad un campetto dove, tanto per cambiare, si stava allenando.
- Ti alleni di sabato sera? Ma starai scherzando? Ora tu prendi e vieni con me! -
Non riusciva ancora a capacitarsi di non aver tirato un bel pugno su quel viso dal sorriso perenne e di avere, invece, seguito il suo proprietario. Ma si sa, alle volte la vita fa degli scherzi strani. Era riuscito solo a passare un attimo da casa per una doccia veloce e per sostituire con i jeans i pantaloni della tuta ed era poi uscito, trascinato da Sendoh e dal suo continuo chiacchiericcio, fino ad arrivare in un locale di cui ignorava totalmente l’esistenza.
- Babylon - aveva sussurrato Rukawa leggendo l’immensa insegna di fosforescente neon blu. - Sì, è un bel posto fidati. Ti divertirai - aveva risposto l’altro scrutando attentamente la folla tutto intorno. - Ah eccolo! Hisaaaa!!! Sono qui! - urlò poi iniziando a sbracciarsi. - E lui? - disse un divertito Mitsui avvicinandosi. - L’ho incontrato mentre si allenava, pensa! Di sabato sera!!! Non ci volevo credere! Allora l’ho convinto a venire qui con noi, secondo me gli fa bene un po’ di divertimento per smorzare la tensione precampionato. - aveva replicato Akira e, così dicendo, si era poi inoltrato nel locale. Kaede, tanto per non sbagliare, non aveva proferito parola aspettando un qualche commento sarcastico da parte del compagno di squadra. - Uhm, non pensavo ti avrei mai visto in un posto come questo…ma ad Akira è difficile resistere, giusto? - aveva detto Mitsui, concludendo la frase con un occhiolino, per poi sparire anche lui all’interno del Babylon. - … - ed anche Rukawa li aveva seguiti.
Il locale era un discopub la cui musica assordante, come constatò spiacevolmente la volpe, era un po’ meno martellante nei tavoli più appartati, vicino all’entrata. Apprezzò molto il fatto che i due ragazzi avessero preso posto proprio in uno di questi, forse cercando di andargli incontro. - Questo è il mio tavolo preferito - esordì Akira - Da qui posso vedere chiunque varchi quella soglia, così sono sicuro di poter beccare qualcuno che mi piace… bè, hai capito no? - Ok, come non detto…
Mitsui si alzò ed andò a prendere tre birre che portò poi al tavolo. - Venite qui spesso? - Si informò la volpe. - Rukawa che inizia una conversazione di sua spontanea iniziativa, il mondo domani finirà! - ironizzò Sendoh - Ok, ok! Stavo scherzando scusa! - cercò poi di rimediare vedendo l’espressione poco raccomandabile che Kaede aveva subito assunto. - Sì. - rispose per lui Mitsui - Io e Akira veniamo qui spesso, frequentiamo questo posto da un po’. Una sera ci siamo incontrati qui per caso e da allora è diventato un appuntamento fisso. - - Ci si diverte, si sta in compagnia. Poi Hisa non lo ammette ma ormai si sente perso senza di me, siamo diventati amiconi. - Aggiunse Sendoh tutto allegro. - Hey puntaspilli, vedi di non allargarti sai? - ribatté l’altro imbarazzato. - Ahahahahah… comunque sia, Kaede – posso chiamarti per nome, no? – questo posto è il tuo genere, giusto? - - Hn. - aveva risposto con apatia quest’ultimo. - Te l’avevo detto che secondo me ti sbagliavi. - fece Mitsui a Sendoh, con fare cospiratore. - Ma va, ho l’occhio lungo io per queste cose. Secondo me è che si deve abituare ad avere intorno tante persone essendo un tantino misantropo. Senza offesa. - disse poi con un cenno della mano. - Hn? Ma che farneticate? - chiese Kaede spazientito. - Hisashi pensa di no, ma io sono convinto che tu sia gay e allora ho fatto una prova portandoti qui con noi sta sera. - disse Sendoh senza tanti convenevoli, buttando poi giù un sorso di birra. Mitsui quasi cadde dalla sedia incredulo per il poco tatto di Akira, anche se ormai essendo in ballo a poco serviva, mentre Kaede tossiva ad occhi sgranati, cercando di non soffocare a causa della bevanda andatagli di traverso.
Per Kaede il fatto di essere attratto dagli uomini piuttosto che dalle donne non era certo un problema anzi, ma il fatto che anche altri potessero saperlo bè, non era esattamente sicuro di cosa potesse comportare. Sendoh e Mitsui poi, non erano “altri” qualsiasi, erano ragazzi che vedeva e frequentava ma… ma scrutando i loro volti non sembravano affatto infastiditi da questa scoperta, tutt’altro. Sendoh sembrava del tutto a suo agio e perfino divertito. Poi cosa centrava il locale in cui si trovavano? Kaede si concesse così il primo vero sguardo intorno, per capire meglio dove fosse finito.
Era pieno di gente. Alcuni ragazzi ballavano in mezzo alla pista, altri erano al bancone a bere o parlare, altri ancora occupavano i tavoli. Una coppia di ragazzi si stava strusciando in mezzo alla bolgia, altri due vicino ai bagni si baciavano appassionatamente. Quelli nel tavolo di fianco al loro flirtavano in maniera innocente e, oddio, ma erano tutti ragazzi!!! - Ma, ci sono solo ragazzi qui? - aveva espresso il dubbio a voce alta. - E già! L’unica donna è J.B., quel buttafuori con due spalle tipo Superman! Comunque questo è un locale gay friendly…per non dire gay e basta! - gli fece l’occhiolino Sendoh. - Ma, voi due…? - lasciò in sospeso la frase una kitsune alquanto incredula. - Sì, ci piacciono i ragazzi… e anche tanto! - finì per lui Mitsui. - Hn! - commento Kaede ritrovando la sua maschera di indifferenza. Non c’era stato bisogno di altre parole. Non servivano altre spiegazioni. Sia lui che gli altri due sapevano infatti che, in modo forse poco convenzionale, erano riusciti a stabilire fra loro un contatto, una sorta di complicità, qualcosa che non era amicizia ma avrebbe tranquillamente potuto diventarlo. E Rukawa, per quanto non lo ammettesse nemmeno con sé stesso, ne era intimamente felice, quasi rassicurato. Ovviamente a modo suo.
Ok, è inutile girarci intorno. Kaede Rukawa aveva trovato i suoi primi amici.
Ed era stato durante una di queste serata al Babylon che “il caso Sakuragi”, come poi Sendoh avrebbe preso a definirlo, saltò fuori per la prima volta.
Erano seduti al solito tavolino, fosse mai che Sendoh si perdeva il suo “posto in prima fila”, quando ad un tratto proprio Akira iniziò. - Ok ragazzi, è il momento delle confessioni. Chi della vostra squadra vi fareste volentieri? - Gelo ed imbarazzo totale. - Dai su non fate i timidi. Ok, ho capito…inizio io! - continuò imperterrito l’asso del Ryonan. - Bè, esclusi i presenti chiaramente… - disse ghignando fra i denti - direi che per i miei gusti ci resta poco, uhm…opterei per Kogure, con quella sua aria innocente mi viene voglia di vedere se prende fuoco in certe situazioni, non so se mi spiego! - - Giù le mani da Kimi-kun porcospino! - si scaldò subito Mitsui - comunque con lui perderesti il tuo tempo. - - E tu come lo sai? - ammiccò Sendoh. - Non sono affari tuoi! - le guance della guardia erano diventate pericolosamente rosse. - Hn. C’ha provato ma Kogure gli ha detto di tenere solo alla sua amicizia, in quanto etero. - affermò sicuro Rukawa. - …e tu come? - fece incredulo Hisashi mentre Akira tratteneva a stento le risate. - Tsk, era palese ti piacesse. Così come è facile giungere alla conclusione vedendo Kogure mano nella mano con quella tipa della sua classe. - continuò la volpe. - Ok, ok…lo ammetto. Mi piaceva Kimi-kun ma non mi sono dichiarato! Ha risolto prima lui dicendomi che gli interessava quella scialba ragazzina! Che spreco. - commentò Hisashi. - Non me l’avevi raccontata questa. Ci sei stato male? - si informò seriamente preoccupato Akira. - All’inizio un po’ ad essere sincero, ma me ne sono anche fatto presto una ragione. Io e lui siamo amici e a me va bene così. - disse convinto il numero quattordici dello Shohoku alzando il bicchiere di birra a mo’ di brindisi, per poi mandarne giù una generosa sorsata. Gli altri due sapevano che, nonostante l’aria arrogante e il passato burrascoso, Hisashi era un ragazzo sensibile e pensarono che probabilmente fosse meglio non approfondire ulteriormente l’argomento. Se mai avesse voluto, lui sapeva che con loro poteva confidarsi.
Per alleggerire un po’ la tensione Akira decise di riprendere il discorso là dove l’aveva lasciato. - Ok allora, passiamo oltre. Non vi ho ancora detto qual è secondo me il pezzo forte della vostra squadra. Pensate forse di rimanere soltanto voi due? - chiese divertito dai loro sguardi corrucciati. - Ma scusate, dove li avete gli occhi? Il più incredibile di tutti lì dentro è Sakuragi! Ma avete presente che fisico ha? Non ditemi che vi fate la doccia insieme tutti i santi giorni e mai una volta gli avete dato una sbirciata! - - Bè, la testa rossa non è affatto male. - si trovò a concordare Hisashi – certo, le sue manie di grandezza hanno dell’irritante, ma ha un fondoschiena da paura…e non solo! - continuò poi sghignazzando. - E tu che ne dici Kaede? - chiese Sendoh. - Hn. - sì, il Do’aho non era niente male davvero. Quella pelle color bronzo, un fisico scolpito nel marmo e un viso dolce e selvaggio allo stesso tempo. Più di una volta era stato con lui che la sua fantasia aveva galoppato parecchio. - E’ un sì - interpretò Akira. - Bè Rukawa, non è che le tue occhiate al di dietro di Sakuragi siano poi così velate sai? Non vergognarti di ammettere che ti piacerebbe averlo fra le mani. - gli disse Mitsui. - Sì è un bel ragazzo. Ma non è l’unico di cui lo penso. - - Ok, allora se prossimamente lo invitassi per ..ehm…un’uscita non ti ingelosiresti, giusto? - ammiccò Sendoh. - Hn. Fai come ti pare - rispose secco Rukawa buttando giù l’ultimo sorso di birra. - Ma di che parlate voi due? Quello scemo sarà anche un bel pezzo di ragazzo, ma è sicuramente etero. Avete presente i vari “Harukina cara” che va sbraitando ad ogni allenamento? - fece ironico Mitsui. - Scommettiamo? - non si lasciò sfuggire l’opportunità Sendoh - Io non credo a tutti i suoi sbrodolamenti dietro quella ragazzina…e fidati, io ho l’occ… - - Sì, l’occhio lungo! - lo interruppe Hisashi scimmiottandolo - ma a sto giro secondo me sbatteresti il tuo bel faccino sorridente contro un muro. - - Se c’è da sbattere contro Sakuragi io non ho proprio problemi. - sghignazzò Akira. - Tsk. - fu l’unico commento di Rukawa.
E il discorso per il momento morì lì. Distratto soprattutto dall’entrata nel locale di un ragazzo carino che Sendoh aveva giudicato essere proprio il suo tipo e dietro il cui inseguimento si era poi lanciato.
Pochi giorni dopo il campionato prefetturale era iniziato. Gli allenamenti massacranti non avevano però fatto passare ai tre la voglia di passare del tempo insieme, né tanto meno di trascorrere qualche serata nel loro locale preferito. La sana competizione che li caratterizzava, poi, non aveva incrinato i rapporti il giorno in cui lo Shohoku sconfisse il Ryonan, aggiudicandosi l’ultimo posto utile per il Campionato Nazionale. Anzi, i tre proprio quella sera avevano deciso di ritrovarsi al Babylon, chi per festeggiare e chi per essere consolato.
- Bè ragazzi che posso dire, io resto il miglior giocatore di tutta Kanagawa, ma la vostra squadra nell’insieme è davvero forte - esordì un po’ malinconico Sendoh. - Ahi ahi ahi, abbiamo qui un porcospino dagli aculei smussati! Dobbiamo tirarlo su Rukawa. - - Hn, miglior giocatore di Kanagawa? Io non credo proprio. - rispose la volpe. - Ecco appunto. - replicò Mitsui. - Bè, sono contento per voi. Ma ride bene chi ride ultimo! La prossima volta saremo sicuramente noi a vincere! - continuò Akira. - Sì, intanto però finisco la lista delle cose da portare via. Sai, non vorrei scordarmi qualcosa facendo la valigia. - ironizzò Hisashi ricevendo in cambio una smorfia ironica da parte dell’amico. - Abbiamo appena iniziato. Avremo un sacco di partite in cui dimostrare quanto valiamo. - li sorprese entrambi Rukawa. - Che filosofo sta sera abbiamo seduto qui con noi Hisa, hai sentito? Sai che ti dico, hai proprio ragione! Tra l’altro, ammetto, ho notato netti miglioramenti in tutta la vostra squadra ma quello che mi ha sorpreso più di tutti è stato Sakuragi. E’ un principiante ma ha fatto certe azioni….per non parlare del fatto che è ancora più bello di quanto me lo ricordassi. - concluse serio il porcospino. - Tsk. - commentò Kaede. - Su dai non fare così. Non te lo tocco mica, o sì? Mi dai il permesso? - continuò il ragazzo dai capelli a punta. - Perché mi chiedi il permesso? - chiese piccato il bel moretto. - Ma come perché, te lo mangi con gli occhi è palese! Vero Hisa? - - Bè sì, ma a questo c’eravamo già arrivati tempo fa! - Sghignazzò l’ex teppista. - Siete pazzi. - li stroncò Rukawa. - Se certo come no. E dimmi Kaede, sei sicuro di guardare Sakuragi esattamente come guardi tutti gli altri ragazzi? - domandò Sendoh. - Hn, sì. - rispose annoiato l’altro. - E sei sicuro di desiderare il suo corpo senza pensare a come sarebbe bello sentirsi anche rivolgere attenzioni e carezze da lui? - rincarò Mitsui. - Sì. - A Sendoh si accese una strana luce negli occhi. - Ok, allora se io...uhm…diciamo, lo invitassi ad uscire e poi lo portassi a casa mia e magari, favorito dall’alcool, prendessi a baciare quelle sue labbra rosa e piene per poi piano piano accarezzargli la schiena fino ad intrufolare una mia mano sotto la sua maglia… sì poi prenderei lentamente a sfilargliela per assaggiare quei muscoli da infarto che ha. Incomincerei dalle spalle per scendere leggero sui pettorali, poi più giù sugli addominali e poi…. –
Ma Rukawa si era fermato alla parola labbra per incominciare ad immaginarsi tutta un’altra scena, dove era lui il protagonista insieme a Sakuragi e dove non era certo la casa di Sendoh ad ospitarli! Si riprese quando il porcospino, avendo notato lo sguardo fisso ed imbambolato dell’amico, aveva preso a scuoterlo per una spalla. - Hey, Kaede, va che non gli ho ancora tolto i pantaloni. Stammi a sentire! - disse ridendo Akira. - Ora basta! - sibilò stizzito l’ala piccola dello Shohoku alzandosi - vado a prenderne un’altra - fece poi accennando alla sua bottiglia di birra ormai vuota e, così dicendo, voltò le spalle agli altri due dirigendosi verso il bancone del locale. - E’ cotto. - commentò Hisashi dando fondo al suo boccale. - E cocciuto, dato che non lo vuole ammettere manco con noi. Che spreco, se non fosse per lui a quest’ora Sakuragi sarebbe già mio. - affermò Akira. - Illuso. Io non sono affatto convinto che Sakuragi sia gay. - - Tsk, malfidato! Vedrai se non ho ragione! Se ci prendo tu dovrai fare quello che voglio io per una giornata intera! Ci stai? - - Se, come no! -
Kaede intanto, sorseggiando la seconda birra della serata e guardando distrattamente intorno a sé, pensava a quanto gli altri due avevano poco velatamente insinuato. - Hanamichi Sakuragi. - Ogni volta che si trovava a sussurrare o anche solo a pensare quel nome sentiva uno stranissimo nodo in fondo allo stomaco, un evento fastidioso più che interessante, dal quale fuggiva e con cui aveva deciso di evitare di confrontarsi. Sì, lui che evitava un confronto, una sfida! Ma quando si parlava di basket, scazzottate o qualsiasi altra cosa concreta e tangibile bè, era una cosa! Quando invece si trattava di persone, relazioni, eventualmente persino di sentimenti… in questo caso Rukawa non sapeva davvero che pesci pigliare e, nel tentativo di arginare atroci “sconfitte”, riteneva più saggio non affrontare nemmeno il problema.
Però doveva ammetterlo, quel Do’aho si era inserito nella sua vita volente o nolente ed ora non sapeva e forse nemmeno voleva cacciarlo fuori.
Botta e risposta sarcastici e pungenti, risse per ogni minima sciocchezza… non erano forse modi per comunicare un interessamento reciproco? Ok, non c’era bisogno di mettersi a tavolino per specificarne subito motivi e natura ma, intanto, c’era. Era lì, chiaro e palese. A tutti forse, tranne sicuramente ai diretti interessati.
In fondo, doveva riconoscerlo, il primo e vero scossone emotivo della sua apatica esistenza di studente era stato proprio Sakuragi a darglielo. Questo fin da subito, forse già con quella poderosa testata con cui lo aveva “salutato” la prima volta che si erano visti il primo giorno di scuola, sulla terrazza. Kaede si passò una mano sulla fronte. Ogni volta che gli capitava di ripensarci sentiva ancora male!
Non ne era certo ma, alle volte, quando si fermava a riflettere come in quel momento, gli veniva l’assurda idea che il giorno in cui si era fatto trascinare da Sendoh al Babylon la prima volta, invece di scrollarselo di dosso ed ignorarlo, fosse una indiretta conseguenza del suo “rapporto” con Sakuragi. Il Do’aho aveva dato il primo input a tutto, aveva “aperto la strada”. Poi era bastato che qualcuno come Akira non si lasciasse intimorire dai suoi occhi gelidi e dal suo fare scostante perché piano piano emergesse anche in lui un qualche lato sociale, che era arrivato a volte a pensare di non possedere.
Forse era davvero tutto merito di Sakuragi.
Do’aho! Non si cominciava a dare un po’ troppe arie dentro la sua testa? Non stava cominciando a ricoprire un po’ troppa importanza? No! Questo non doveva assolutamente accadere anzi, non stava affatto succedendo! Sì, era un bel ragazzo e se ci fosse stato magari avrebbe anche “approfondito” la loro conoscenza. Ma tutto finiva lì! Quei pensieri valevano per la testa rossa così come per molti altri ragazzi!
Con queste convinzioni Kaede Rukawa era partito per il Campionato Nazionale. Con queste convinzioni aveva assistito all’infortunio del compagno e al suo ricovero nella Clinica di riabilitazione. E sempre queste convinzioni erano poi miseramente crollate quel giorno di agosto, sulla spiaggia, per lasciare il posto a nuove importanti certezze che, fra le altre cose, l’avevano portato a compiere un vero e proprio count down nell’attesa del giorno in cui il Do’aho sarebbe ritornato.
Ora, intento a rimettere le sue cose nella sacca a fine allenamento, non poteva non pensare a come avrebbe reagito Sakuragi, il Suo Do’aho, quando avesse scoperto che occasione si era fatto sfuggire per una manciata di giorni in più in riabilitazione. Sperava non ci rimanesse troppo male, altrimenti sarebbe diventato intrattabile con tutti loro e, probabilmente, con lui si sarebbe sfogato ancora più del solito. Non che la cosa gli dispiacesse, stare al centro dell’attenzione di quel tornado era quanto di meglio potesse chiedere! Però lui voleva parlarci con Hanamichi – meglio abituarsi a chiamare per nome il proprio futuro ragazzo, no? – voleva capire se per lui, per loro, ci fosse qualche speranza. Capire se quel giorno sulla spiaggia qualcosa anche per il rosso era cambiata. Insomma, simili vibrazioni non potevano essere unilaterali!
E se poi fosse tornato sbraitando ai quattro venti il suo “amore per Harukina cara” bè, ci avrebbe pensato lui a fargli cambiare registro a suon di pugni. Ok, non voleva capire se ci fosse speranza, voleva direttamente inculcare in quella testa vuota che con lui e lui soltanto poteva e doveva condividere sentimenti, emozioni e … tutto il resto!
Ma, più di tutto, non vedeva semplicemente l’ora di riaverlo davanti agli occhi. In più di due mesi l’aveva visto solo una volta, di sfuggita. Non poteva permettergli di stare troppo lontano. Di dimenticarsi del loro rapporto speciale, di scordarsi di lui. Aveva paura quando non l’aveva sotto controllo, sapendo cosa faceva e dove fosse.
Assurdo! Se solo glielo avessero detto un paio di mesi prima o forse anche meno, avrebbe regalato un bel pugno all’ingenuo temerario. Ed invece ora era davvero lì, a struggersi impassibile d’amore.
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